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Sommario del 25/03/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa prega per Sinodo: Chiesa non abbandona famiglia anche se nel peccato

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“Il legame tra Chiesa e famiglia è sacro e inviolabile”, perché la famiglia è “una comunità di amore e di vita” benedetta da Dio “fin dal principio”. Papa Francesco ha riaffermato questo principio all’udienza generale in Piazza San Pietro, dedicando la catechesi al Sinodo sulla famiglia e invitando i cristiani a pregare in vista della prossima assise sinodale di ottobre. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

La legge dell’ovile è la “misericordia” per questo le sue porte sono e restano aperte, non importa se di quell’ovile si faccia parte o no. Francesco parla di famiglia e come sempre allarga il cuore. Nel giorno della Solennità dell’Annunciazione interrompe le catechesi su un tema trattato da settimane, ma in realtà continua a parlare di famiglia dall’ottica del Sinodo. E quello che lancia alla folla zuppa di pioggia in Piazza San Pietro – i malati in Aula Paolo Vi li ha salutati poco prima – è un messaggio di tenerezza e disponibilità:

“Il legame tra Chiesa e famiglia è sacro ed inviolabile. La Chiesa, come madre, non abbandona mai la famiglia, anche quando essa è avvilita, ferita e in tanti modi mortificata. Neppure quando cade nel peccato, oppure si allontana dalla Chiesa; sempre farà di tutto per cercare di curarla e di guarirla, di invitarla a conversione e di riconciliarla con il Signore”.

Misericordia per chi è sfinito
Le migliaia di ombrelli lucidi che tappezzano Piazza San Pietro – sotto i quali trovano riparo centinaia di mamme, papà e bambini – riflettono la facciata della Basilica creando un legame-simbolo con la promessa che Francesco sta facendo pubblicamente. La Chiesa, dice, “si impegna solennemente a prendersi cura della famiglia” che nasce da una coppia di sposi, “come dono di Dio per la sua stessa vita, nella buona e nella cattiva sorte”:

“Vorrei che questa preghiera, come tutto il cammino sinodale, sia animata dalla compassione del Buon Pastore per il suo gregge, specialmente per le persone e le famiglie che per diversi motivi sono ‘stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore’. Così, sostenuta e animata dalla grazia di Dio, la Chiesa potrà essere ancora più impegnata, e ancora più unita, nella testimonianza della verità dell’amore di Dio e della sua misericordia per le famiglie del mondo, nessuna esclusa, sia dentro che fuori l’ovile”.

Famiglia, comunità d'amore
Poco prima, ricordando che esattamente il 25 marzo di 20 anni fa Giovanni Paolo II promulgava la sua Enciclica “Evangelium vitae”, Francesco aveva esaltato la “bellezza” del legame familiare tra Gesù, Maria e Giuseppe e dunque la sacralità del matrimonio nell’ottica divina, così come cantata da Papa Wojtyla, grande maestro per tante famiglie:

“La parola del mio venerato Predecessore ci ricorda che la coppia umana è stata benedetta da Dio fin dal principio per formare una comunità di amore e di vita, a cui è affidata la missione della procreazione. Gli sposi cristiani, celebrando il sacramento del Matrimonio, si rendono disponibili ad onorare questa benedizione, con la grazia di Cristo, per tutta la vita”.

La preghiera per il Sinodo
La catechesi finisce in preghiera, quella composta come viatico fino al prossimo Sinodo, distribuita alla folla sul retro di un’immaginetta e recitata in modo corale. Una preghiera alla santa famiglia, icona “dell’amore vero”, perché renda anzitutto le famiglie cristiane “autentiche scuole del Vangelo e piccole Chiese domestiche”:

“...Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione...”.

L’udienza generale si conclude, fra l’altro, con il benvenuto di Francesco al Movimento per la Vita e ad altre Associazioni costituite con la stessa finalità, presenti in Piazza: il 25 marzo, aveva ricordato, è la “Giornata per la vita” in "molti Paesi”.

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Francesco: lottare per diritto al lavoro, no a logica profitto

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Occorre lottare per il diritto al lavoro. E’ questo l’appello che ha lanciato a fine udienza generale, rivolto ai circa duecento lavoratori in piazza provenienti dalla provincia di Vibo Valentia e da mesi alle prese con vertenze, fallimenti e crisi occupazionali. Servizio di Francesca Sabatinelli

"No alla logica del profitto, sì alla logica della giustizia e della solidarietà": è un vero e proprio grido quello che Francesco lancia, rivolto alle duecento persone arrivate dalla provincia di Vibo Valentia per ascoltarlo all’udienza:

“Rivolgo un accorato appello, affinché non prevalga la logica del profitto, ma quella della solidarietà e della giustizia”.

"Al centro di ogni questione, specialmente quella lavorativa - afferma - va sempre posta la persona e la sua dignità e per questo avere lavoro è una questione di giustizia":

"E' una ingiustizia non poter avere lavoro. Quando non si guadagna il pane, si perde la dignità! Questo è il dramma del nostro tempo, specialmente per i giovani, i quali, senza il lavoro, non hanno prospettive per il futuro e possono diventare facile preda delle organizzazioni malavitose”.

Francesco chiede quindi di lottare per la giustizia del lavoro. Così come, in questi mesi, ha lottato accanto a chi il lavoro lo ha perso, o lo sta per perdere, mons. Luigi Renzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, la cui diocesi comprende quasi per intero la provincia di Vibo Valentia, che ha accompagnato a Roma la delegazione di lavoratori:

R. – Certo, non ci aspettavamo tanto! Io ero venuto qui 15 giorni fa a portare la lettera di richiesta a mano al Santo Padre. Vedo che ha preso a cuore la posizione di queste persone della Provincia di Vibo, che hanno perso il lavoro o che non sono pagati o che son lì lì per essere licenziati. E’ stato un fatto molto, molto bello, sentito, e la gente lo ha apprezzato. Ho aspettato la fine dell’udienza e quando il Santo Padre stava per rientrare, mi sono fermato con un gruppo dei lavoratori, si è fermato anche lui, ha commentato ancora, dicendo che è una cosa gravissima ed ha ripreso un po’ il discorso che lui aveva fatto durante i saluti prima della benedizione.

D. – Queste parole così sentite saranno un incoraggiamento per persone che veramente, forse, hanno perso la speranza…

R. – Il commento che tanti hanno fatto è stato: “Meno male che c’è la Chiesa! Non speravamo di arrivare così in alto. Meno male che ci siete voi che ci date non solo un po’ di coraggio nell’andare avanti, ma allo stesso tempo ci scuotete anche per continuare a lottare e a battere su questo”. Nel saluto personale al Santo Padre, mentre lo ringraziavo per le sue parole, alla fine mi ha detto: ‘Coraggio, bisogna lottare. Bisogna lottare, perché dal lavoro dipende la dignità della persona umana ed è opportuno e necessario che noi ci siamo dentro’. Ed io volentieri accolgo questo invito del Santo Padre e così come li ho accompagnati, è chiaro che continuerò ad accompagnarli come vicinanza e come solidarietà. Certo è un momento difficile, come ha anche sottolineato il Santo Padre, ma dobbiamo tenere duro!

Nella provincia di Vibo Valentia, negli ultimi sei anni, sono andati persi 10mila posti di lavoro, inoltre, su circa 160mila abitanti il rapporto è di un lavoratore su cinque. Luigino Denardo, segretario provinciale della Cgil di Vibo, ha ascoltato a Piazza San Pietro le parole del Papa accanto agli altri lavoratori:

R. – Un effetto straordinario, quasi indescrivibile! Non ci aspettavamo tanta attenzione e tanta sensibilità rispetto a quello che sta passando questo piccolo territorio della Calabria, che ormai da anni soffre in modo inascoltato e forte e che ha problemi molto, molto seri. Sono state parole forti, significative, che hanno davvero colto tutta la realtà difficile che stiamo vivendo.

D. – Papa Francesco ha ripetuto: “No alla logica del profitto”. E ha richiamato alla necessità della solidarietà e della giustizia. Non avere lavoro, ha aggiunto, è una ingiustizia e soprattutto può favorire le organizzazioni malavitose. Le parole di Francesco sono state chiarissime…

R. – Forti e chiare! E ci stanno tutte, perché è una terra, purtroppo, ad alto indice di criminalità. E se togliamo sicurezza sociale, giustizia sociale, se indeboliamo quel territorio e togliamo attività produttive significa ovviamente che alimentiamo la criminalità e questo perimetro devastante dell’illegalità. Ha chiaramente compreso e descritto le criticità da questo punto di vista. C’è un problema irrefrenabile, perché è un territorio che come tanti altri sta soffrendo una crisi, ma la sta soffrendo molto di più dove chiudono industrie, dove chiudono aziende, dove continua il precariato, dove addirittura abbiamo in default una Provincia, che non solo non paga stipendi da mesi, ma che addirittura non eroga i servizi fondamentali, da quelli scolastici a quelli sulla viabilità e le strade, a quelli sulla sicurezza del territorio. Siamo stati completamente abbandonanti! Fortunatamente, almeno in tutta questa disperazione, c’è stata la straordinaria vicinanza di mons. Luigi Renzo, il vescovo del nostro territorio, che ha captato chiaramente le difficoltà che abbiamo. Cito dei dati: nel nostro territorio un bambino che nasce, una creatura che nasce, da questo momento in poi ha il 50 per cento matematico di probabilità di essere un povero, perché questi sono gli indici di povertà e di difficoltà che noi abbiamo. C’è una situazione che continua ad essere inascoltata dal governo centrale, dalla politica, dalle istituzioni. Qui c’è questo di importante: con un posto di lavoro riusciamo ovviamente ad alleviare il disagio sociale, la povertà e la miseria in cui vive il territorio, ma allo stesso tempo riusciamo anche a creare forza civile, democratica, di resistenza contro l’illegalità. E questo è il fatto ancora più importante.

D. – Chi è venuto con lei a Roma? Chi era in Piazza San Pietro ad ascoltare le parole del Papa?

R. – Erano 200 straordinarie persone, lavoratrici e lavoratori, disoccupati ed inoccupati. Anche perché, tra l’altro, tutta quella gente che nel corso di questi anni è finita fuori dal circuito lavorativo, oggi vive di tanto in tanto con qualche sussidio, che si chiama “ammortizzatore in deroga regionale”. Quindi, c’era veramente tutta quella gente che vive quotidianamente queste difficoltà e che sta lottando insieme a noi. Bisogna dire che c’era anche un altro pezzo importante di forza civile ed istituzionale: almeno una dozzina di sindaci che hanno voluto accompagnare le diverse realtà da cui questi lavoratori arrivano. E’ una forza, da un punto di vista della denuncia, che sta crescendo, ma chiaramente bisogna trovare qualcosa, esattamente come ha fatto stamattina il Santo Padre, per segnalare una gravità irreversibile del territorio.

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Disastro aereo in Francia, si cerca la verità. Il dolore del Papa

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In corso a pieno ritmo sulle Alpi francesi dell'Alta Provenza le ricerche delle 150 vittime dell'Airbus 320 della Germanwings precipitato ieri mattina mentre volava da Barcellona a Dusseldorf. Sulle cause ancora solo ipotesi: escluso l’attacco terroristico, ma si cerca la seconda scatola nera per fare chiarezza. Attesi sul luogo della tragedia i familiari delle vittime al cui fianco ci saranno i leader di Francia, Germania e Spagna, Paesi più colpiti. Il Papa ha espresso il suo profondo dolore per quanto accaduto, assicurando le sue preghiere per "le persone decedute" che affida alla misericordia di Dio. Si è detto quindi vicino "a tutti coloro che sono toccati da questo dramma, così come ai soccorritori" che stanno operando "in condizioni difficili". Il servizio di Gabriella Ceraso: 

Minuti di silenzio e giorni di lutto in tutto il mondo ma in particolare in Germania che piange oltre 70 vittime e in Spagna dove i morti nella tragedia aerea sarebbero una cinquantina. Alle loro famiglie che da oggi sono in viaggio verso l’Alta Provenza accompagnate da specialisti medici, il Papa ha assicurato preghiere chiedendo al Signore di "donare a tutti forza e consolazione". Intanto i soccorsi procedono senza tregua, come le indagini. A Parigi è iniziato l’esame della prima scatola nera che, seppur danneggiata, può svelare i colloqui tra i piloti, mentre si cerca la seconda, contenente i dati di volo. Saranno la fonte della verità che, per ora, lascia spazio solo alle ipotesi. Terrorismo e sabotaggio sembrano escluse. L’ufficio francese delegato ha aperto un’inchiesta per disastro colposo. Gli interrogativi maggiori si concentrano sugli 8 minuti impiegati dall’Airbus, subito dopo le 10.30 di ieri, per passare da 11 mila metri di altitudine ad appena 2000, senza avere il tempo di lanciare un SOS, forse per un problema tecnico grave e improvviso. Restano dubbi anche sul rispetto della rotta e sui controlli effettuati sul velivolo dopo un guasto ad un carrello nei giorni scorsi. Di “condizioni perfette”, “piloti esperti” e quindi di un “incidente inspiegabile” parla la compagnia madre del Low cost, la Lufthansa. Ma i piloti oggi e domani si sono rifiutati di volare, prima di essere più sicuri sulle cause della tragedia. Sul luogo del disastro la visita oggi del presidente francese Hollande, con la cancelliera Merkel e il premier spagnolo Rahoy; alle 16 invece è prevista la conferenza stampa degli inquirenti. "Senza prove certe non bisogna speculare" afferma il prof. Bruno Franchi, presidente della Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo. Ascoltiamolo al microfono di Massimiliano Menichetti:

R.- Prima di tutto mi lasci precisare che l’inchiesta  di sicurezza - ovvero un’inchiesta finalizzata a capire le cause dell’evento in un’ottica di prevenzione perché eventi simili non capitino più -  è di competenza dell’autorità investigativa francese nostra omologa, cioè il Bea che, sulla base della normativa internazionale, è l’unica titolata a rilasciare informazioni sull’evento. Quindi sull’inchiesta in corso, dopo di che non è serio – subito dopo un incidente – avventurarsi in ipotesi di qualsiasi tipo. Le autorità investigative parlano soltanto per evidenze, per certezze, mai per ipotesi. Questo per una quesitone di serietà e di rispetto soprattutto nei confronti dei famigliari di quelle persone che sono decedute nell’incidente. Sicuramente sarà un’inchiesta complessa, come tutte le inchieste che coinvolgono aeromobili dell’aviazione commerciale come nel caso in questione che comporterà l’acquisizione di tantissime informazioni. E finché tutte le informazioni non verranno acquisite, non si potrà dire con certezza cosa è accaduto.

D. – Il resto è speculazione dunque …

R. – Dopo un incidente c’è tantissima gente che si avventura in speculazioni, in ipotesi non supportate da alcuna evidenza, proprio perché noi sappiamo quanto è complessa un’inchiesta  di sicurezza. Noi in Italia abbiamo svolto delle inchieste molto complesse; penso all’incidente dell’Atr 70 ammarato al largo di Palermo, all’incidente di Linate … Sappiamo che finché tutte le evidenze non sono state raccolte tutte le certezze possono essere messe in discussione un attimo dopo. È come fare un puzzle: finché non si hanno tutti i pezzi messi giù non si ha il puzzle.

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Sinodo. Papa ratifica nomine di membri e sostituti

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Papa Francesco ha ratificato le nomine di membri e sostituti eletti dalle rispettive Conferenze episcopali in vista del Sinodo dei Vescovi del prossimo ottobre.

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Papa a Torino 21 e 22 giugno per l'Ostensione della Sindone

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Si è tenuta stamattina in Sala Stampa vaticana la presentazione dell'Ostensione della Sindone 2015 che si terrà a Torino dal 19 aprile al 24 giugno prossimi e che, tra i “pellegrini”, vedrà anche Papa Francesco. Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e custode pontificio della Sindone, ha illustrato il programma della visita del Papa. Il servizio di Adriana Masotti

Si terrà in coincidenza con il secondo centenario della nascita di San Giovanni  Bosco l’Ostensione della Sindone e sarà dedicata in modo particolare ai giovani e ai sofferenti. Prima di entrare nei dettagli dell’evento, mons. Nosiglia, ha annunciato con gioia il programma ufficiale della visita pastorale del Papa a Torino, nei giorni 21 e 22 giugno. Una visita che inizierà con l’incontro del Papa con il mondo del lavoro e, subito dopo, lo vedrà in Cattedrale in preghiera davanti alla Sindone. Tanti poi nelle due giornate gli appuntamenti: con alcuni giovani detenuti del carcere minorile insieme a immigrati e senza dimora, con i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, con gli ammalati e i disabili del Cottolengo, con i ragazzi e i giovani. Ci sarà poi la celebrazione eucaristica in Piazza Vittorio e la visita al Santuario della Consolata e uno spazio per il dialogo ecumenico attraverso l’incontro con la Chiesa evangelica valdese. Nella mattinata del 22, in forma privata, Papa Francesco incontrerà anche alcuni suoi familiari, con loro celebrerà la Messa nella cappella dell’arcivescovado e pranzerà.

Pellegrinaggio dell'anima
E’ “L’Amore più grande” “il motto scelto per l’Ostensione di quest’anno e l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, spiega di averlo scelto perché nel Sacro lino si possono leggere i segni della Passione del Signore che così ci ha donato la salvezza e continua:

"Il pellegrinaggio a Torino ha  caratteristiche sue proprie, che non si  riscontrano in altre tipologie. Non è un viaggio ai Luoghi Santi, né alle tombe dei martiri; non è un itinerario alla riscoperta di apparizioni o miracoli. È un viaggio insieme comunitario e interiore, un  'pellegrinaggio dentro se stessi', che ha il suo culmine nell'incontro con l'immagine dell'Uomo dei  Dolori. Un incontro che, l'abbiamo visto tante volte, provoca alla commozione e insieme invita alla  conversione e al servizio". 

La Famiglia di Don Bosco
Il viaggio del Papa a Torino, come l'intera Oostensione, spiega mons. Nosiglia, si caratterizza anche come un ringraziamento per il dono  del "Santo dei giovani" e per il servizio che la Famiglia salesiana continua a svolgere a Torino e in  tutto il mondo nei campi dell'educazione, della missione, dello sport, della comunicazione:

"Il mondo giovanile è coinvolto più di altri nella missione salesiana: per questo ho voluto che l'Ostensione si caratterizzi con un invito forte ai giovani – torinesi, italiani, di tutto il  mondo. Nei giorni della visita del Papa a Torino proporremo una 'mini-Gmg", una serie di incontri, confronti, preghiere, momenti di festa che ci aiutino a rientrare in contatto con i giovani: per conoscerci a vicenda, ascoltarci, dialogare. Anche qui la Sindone sarà il richiamo forte: ci saranno pellegrinaggi notturni in Duomo e i giovani torinesi 'presenteranno' le realtà vive della Chiesa nella nostra città ai  loro coetanei italiani e stranieri. Un segno straordinario sarà la presenza della Croce delle Gmg, che  farà tappa a Torino nel suo viaggio verso Cracovia".

Sindone, malati in prima fila
L'altra particolarità della prossima Ostensione è l'attenzione al mondo della sofferenza proprio perché forte è, nella Sindone, il richiamo al dolore ma anche alla speranza e alla solidarietà concreta. Quest'anno, ha annunciato mons. Nosiglia, i pellegrini malati e i loro accompagnatori avranno a disposizione nuove strutture di ospitalità, realizzate appositamente per l'Ostensione:

Le offerte per il Papa
Il pellegrinaggio alla Sindone vuole essere anche occasione per avvicinarsi al Sacramento della  Riconciliazione, segno concreto del perdono e, in diversi luoghi, assicura l’arcivescovo di Torino, i sacerdoti ascolteranno le confessioni dei fedeli in tutte le lingue del  mondo: è già programmato un pellegrinaggio di giovani cinesi, studenti universitari in Italia e poi pellegrinaggi provenienti dall'Europa e dall'America. Infine, un’iniziativa che vorrà essere un dono a Papa Francesco: tutte le offerte che spontaneamente i pellegrini vorranno lasciare durante l’Ostensione, verranno consegnate al Papa il 21 giugno per destinarle a un'opera, un progetto di sostegno per i poveri o i bisognosi.

A parlare è poi la dott.ssa Elide Tisi, vicesindaco di Torino e presidente del Comitato Ostensione:

"La città si sta preparando ad accogliere i pellegrini che arriveranno per l’ostensione. Naturalmente, la presenza del Papa nella nostra città, che sarà più lunga di quella che inizialmente si pensava, è un segnale molto forte per Torino, che è una città che sta vivendo sicuramente una fase molto difficile, molto delicata, di profonda trasformazione, ma anche con molte fatiche. L’attenzione che il Santo Padre riserverà anche alle fasce più deboli della popolazione, alle persone che necessitano di attenzioni particolari, credo sia un segnale importante, importante per tutti. Certamente, infatti, in questo momento storico, e in occasioni come queste, non dobbiamo dimenticare, ma anzi forse dobbiamo maggiormente accorgerci di chi ci sta accanto e di chi magari fa più fatica". A oggi, sono quasi 850 mila i pellegrini che hanno già prenotato la visita alla Sindone, la maggior parte italiani, ma tanti anche gli stranieri, afferma Tisi, 4.500 sono i volontari che presteranno servizio e sottolinea: “La preparazione dell’Ostensione ha coinvolto tutta la città. Il contributo in termini di risorse e servizi offerto da chi ha lavorato insieme all’arcidiocesi di Torino e agli enti promotori è risultato non solo importante, ma fondamentale”.

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Dopo 20 anni l'"Evangelium Vitae" è sempre attuale

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“Rispettare la dignità umana e promuovere la vita è una luce che la Chiesa continua ad accendere a difesa dell’umanità e del Vangelo”. Così si è espresso mons. Jean-Marie Mate Musivi Mupendawatu, segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, a margine della giornata di studio, tenutasi oggi presso l’aula San Pio X, per i vent'anni della “Evangelium vitae”. L’anniversario, che coincide con il giorno in cui la Chiesa ricorda l’Annunciazione del Signore, è stato preceduto ieri sera da una veglia internazionale di preghiera, che si è svolta contemporaneamente presso i santuari di Fatima, Lourdes, Guadalupe e presso la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Il servizio di Elvira Ragosta

A vent’anni esatti dalla pubblicazione dell’"Evangelium vitae",  mons. Mupendawatu  sottolinea l’attualità dell’Enciclica con cui San Giovanni Paolo II ha manifestato la verità sul valore e l’inviolabilità della vita umana, da quella nascente a quella sua via del tramonto:

“Rispettare questa dignità e promuovere questa vita stessa che è dono di Dio nell’uomo è un compito non solo della Chiesa, ma di tutta l’umanità, di tutto il mondo. E’ una luce che ancora oggi la Chiesa continua ad accendere per tutti, perché la difesa della vita è la difesa dell’umanità, di noi stessi”.

Lo "scarto" dell'aborto e dell'eutanasia

E sulla continuità tra il contenuto dell’"Evangelium vitae" e le parole di Papa Francesco nel condannare la cultura dello scarto, il segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari aggiunge:

“Lo scarto oggi – possiamo dire – che è il bambino cui non si dà questa opportunità di nascere, come Dio vuole. Questa è quindi spesso per decisione degli uomini, certamente per decisioni immorali, di diventare scarto per la nostra società. E ce ne sono tanti, tanti… Non solo questo, c’è anche l’eutanasia: quindi anche gli anziani, i malati fanno parte di questo scarto di cui parla Francesco oggi. Tutte le vittime dei conflitti, delle guerre, i morti che sono provocati dall’odio, dal non riconoscere il fratello, dal non riconoscere che la vita è di Dio. Noi l’amministriamo, ma non siamo noi i padroni della vita”.

Segnali di vita e cultura di morte
Ma come e quanto è cambiato il contesto socioculturale dell’"Evangelium vitae" in questi vent’anni? Mons. Mauro Cozzoli, consultore del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari e ordinario di Teologia morale alla Pontificia Università Lateranense:

“Non è cambiato molto anzi per certi aspetti, pur essendo tanti i segnali di una cultura della vita e sono davvero tanti, magari si vedono meno, però ci sono. Peraltro, lo slittamento, lo smottamento verso una cultura della morte purtroppo c’è stato ed è in atto. I delitti contro la vita sono tantissimi, da quelli microscopici a quelli macroscopici”.

L'amore è della famiglia
Di sfida antropologica parla mons. Carlos Simòn Vazquez, Sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e sul ruolo della famiglia in questa sfida afferma:

“La famiglia è in grado di manifestare al mondo che l’uomo è un essere irrepetibile, unico, prezioso. La famiglia è in grado di mostrare questa singolarità. Questa unione famiglia e vita ha come denominatore comune l’amore. E quindi riscoprire la questione antropologia porterebbe alla riscoperta di questa logica dell’amore sia nell’istituto familiare e matrimoniale, sia nella vita. E questa è la bella notizia, la buona notizia che il mondo di oggi può ricevere”.

Nel messaggio fatto pervenire alla Giornata di studi da parte del presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, mons. Zygmunt Zimowski, oltre a sottolineare l'importanza dell'iniziativa, si rivolge agli operatori Sanitari e scrive loro: "Dobbiamo essere coraggiosi difensori della vita umana”.

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Musei Vaticani: visita speciale per 150 senzatetto

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Visita speciale ai Musei Vaticani e alla Cappella Sistina per un gruppo di 150 senzatetto. Per iniziativa dell’Elemosineria apostolica, guidata dall’arcivescovo Konrad Krajewski, domani, 26 marzo le bellezze artistiche vaticane potranno essere ammirate anche dai senza fissa dimora che solitamente di San Pietro conoscono solo i gradini del colonnato. 

Percorso speciale prima di arrivare ai Musei
La visita, riferisce “L’Osservatore Romano”, “è fissata nel primo pomeriggio: gli ospiti faranno il loro ingresso in Vaticano all’entrata del Petriano dove saranno divisi in tre gruppi, ciascuno affidato a una guida, e dove riceveranno gli auricolari per ascoltare le spiegazioni. Prima di arrivare ai Musei i gruppi godranno di un privilegiato percorso all’interno dello Stato, passando davanti alla Casa Santa Marta, proseguendo dietro l’abside della Basilica di San Pietro, poi attraverso il piazzale della Zecca, lo stradone dei Giardini e il Cancello di Gregorio”. 

Dopo la visita, ai senzatetto sarà offerta una cena
​La prima sezione dei Musei a essere visitata sarà quella recentemente riallestita del padiglione delle Carrozze, dopodiché i visitatori, attraverso la Scala Simonetti, accederanno alle gallerie superiori (dei Candelabri e delle Carte geografiche) fino ad arrivare alla Cappella Sistina. Il capolavoro di Michelangelo sarà uno spettacolo totalmente riservato agli ospiti dell’Elemosineria: per l’occasione, infatti, la chiusura al pubblico sarà anticipata (ultimo ingresso alle ore 16). Dopo la spiegazione delle guide e una preghiera comune, l’intero gruppo sarà accompagnato nel posto di ristoro dove verrà offerta la cena. La fine della visita è prevista per le 19.30. (R.P.)

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Dentro e fuori l'ovile: all'udienza generale Papa Francesco invita a pregare per tutte le famiglie.

Il 21 e 22 giugno il Papa a Torino.

La prefazione (primo maggio 2006) di Jorge Mario Bergoglio, allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires, e l'introduzione dell'autore, Victor Manuel Fernández, al volume "Contemplativi nell'azione attivi nella contemplazione".

Vita nuova per "donna chiesa mondo": il mensile dell'Osservatore Romano da questa settimana viene pubblicato in spagnolo dalla rivista "Vida nueva".

Parola d'ordine profezia: Ugo Sartorio a cinquant'anni da "Perfectae caritatis".

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Oggi in Primo Piano



Nigeria, 400 rapiti. Mons. Kaigama: Boko Haram non sono umani

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La Nigeria ancora nella spirale di violenza degli estremisti islamici di Boko Haram. Alla vigilia delle elezioni presidenziali e legislative di sabato, i terroristi islamici sono tornati a colpire Damasak, nello Stato di Borno, e hanno rapito oltre 400 tra donne e bambini. Prima di ritirarsi, hanno ucciso una cinquantina di persone. Ad aprile dell’anno scorso, sequestrarono circa 300 liceali, molte delle quali ancora nelle mani dei miliziani. Proprio per motivi di sicurezza, nel giorno del voto – posticipato dal 14 febbraio a causa degli attacchi – sarà interdetta in tutto il Paese la circolazione dei veicoli privati, ad eccezione dei mezzi di soccorso. Rimane l’incognita delle procedure elettorali nelle zone colpite dall’offensiva dei Boko Haram, soprattutto nel nordest, dove l’emergenza riguarda in particolare gli sfollati a causa delle violenze. Di loro si parlerà domani e venerdì a Roma, in un incontro convocato da Caritas Internationalis per coordinare un piano d’azione umanitario con la Caritas nigeriana e quelle dei Paesi limitrofi. La crisi pesa anche sull’esito della sfida per le presidenziali: a scontrarsi sono il presidente uscente, Goodluck Jonathan, del Partito democratico popolare (Pdp), e il candidato dell’opposizione, Muhammadu Buhari, del Congresso progressista (Apc). Ma in che modo la gente si sta preparando a votare e come i Boko Haram potranno condizionare le consultazioni? Giada Aquilino ne ha parlato con mons. Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale nigeriana: 

R. – È un’altra tragedia ancora. Avevamo pensato che le cose andassero meglio perché i soldati hanno fatto dei progressi nella riconquista dei luoghi occupati da Boko Haram. Però, questa storia è una grande tragedia, ci dà tanto fastidio e a pochi giorni dalle elezioni semina paura e ansia.

D. – Perché, secondo lei, i Boko Haram continuano a rapire soprattutto donne e bambini?

R. - Entrare nella loro mente è difficile, come lo è pensare che un gruppo possa fare queste cose. Il loro modo di pensare, il loro punto di vista della vita sono diversi dai nostri, quindi è difficile capire come è possibile uccidere o prendere così donne e bambini. Una persona normale non può fare questo. Appartengono ad una categoria non umana, se così possiamo dire.

D. – A cosa puntano?

R. – Fin dall’inizio, hanno dichiarato che vogliono un califfato islamico e vogliono costringere tutta la Nigeria a convertirsi all’islam. Ma questo è impossibile. Sono un gruppo di fanatici. In questo momento, non si sa cosa vogliano e dove puntino ad arrivare.

D. – Proprio nello Stato di Borno si prevede un voto a favore del candidato dell’opposizione, Buhari. Il presidente uscente, Goodluck Jonathan, viene accusato di non essere stato in grado di fermare i Boko Haram...

R. – Sì, in questo la politica entra sempre. Ma per noi la politica non è importante. Noi vogliamo un clima pacifico, non vogliamo entrare nella politica. È importante riprendere il controllo della situazione, riconquistare i luoghi e che la gente possa rientrare nei propri villaggi e città. Ma quando la politica entra in queste questioni, la situazione diventa un po’ complicata. Preghiamo affinché possiamo superare la politica per unirci come cristiani, dimenticando se un candidato è di destra o di sinistra. L’importante è unirci per dare la pace alla gente.

D. – In che modo la Chiesa nigeriana e i vescovi nigeriani si sono impegnati per accompagnare la popolazione al voto?

R. – Noi facciamo tutto il possibile per educare. Partecipare alle elezioni è una cosa importante per scegliere dei leader che possano darci una direzione. Per noi è importante che le elezioni si svolgano correttamente per individuare chi sarà il nostro leader. In Nigeria abbiamo molte sfide da vincere, come il malgoverno, la corruzione, la mancanza di infrastrutture e di sicurezza.

D. – Di fronte alle minacce del terrorismo islamico dei Boko Haram, che speranze ci sono e come la Chiesa è impegnata nel dialogo di riconciliazione?

R. – La riconciliazione tra cristiani e musulmani moderati non è un problema. Anche ieri ero con un imam, leader dei musulmani qui a Jos. Parlavamo di come poter dare speranza alla gente. Abbiamo rilasciato insieme un’intervista televisiva, parlando di come la gente dovrebbe affrontare queste elezioni e di come le nostre religioni devono ispirarci a fare del bene, invece di fare cose cattive. Ma coloro che sono fanatici come i Boko Haram non ascoltano, non vedono, non sentono, non vogliono dialogare.

D. - Il Papa più volte ha pregato per la Nigeria, per le vittime della violenza. In che modo le parole del Papa giungono nel vostro Paese?

R. – Noi vescovi e la popolazione abbiamo ricevuto nei giorni scorsi la lettera scritta dal Papa, con cui ci ha dato tanto coraggio per i problemi che ci troviamo ad affrontare. Noi cattolici siamo molto contenti così come lo sono anche altri che non sono cattolici o cristiani: sanno che il Papa è sempre con noi e che il suo augurio di pace è per tutta la popolazione nigeriana, cristiani e non cristiani.

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Yemen: ribelli houthi verso Aden. Onu: Paese al collasso

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Regna l’incertezza in Yemen. Si rincorrono le voci sulla fuga del presidente Hadi verso Gibuti mentre i ribelli sciiti Houthi avanzano intorno ad Aden, suo quartier generale. Intanto, l’Onu sta provvedendo all’evacuazione del suo personale e teme una catastrofe umanitaria. Il servizio di Benedetta Capelli

Aden sta per cadere. I ribelli Houthi che, nei mesi scorsi avevano conquistato la capitale yemenita, Sana'a, hanno deciso di arrivare a prendere il sud e quindi allungare verso il Golfo di Aden, il più importante snodo economico dell’area. Caccia bombardieri stamani hanno sparato missili contro il quartiere del presidente Hadi e messo su di lui una taglia di circa 90 mila dollari. Sulla sorte del capo dello Stato si rincorrono varei voci: c’è chi parla di una fuga verso Gibuti, altri affermano che si è solo spostato in un luogo sicuro. Arrestato il ministro della Difesa. Nei giorni scorsi, Hadi aveva scritto all’Onu per far intervenire militarmente a difesa dello Yemen i membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) e la Lega Araba che venerdì terrà un summit. Una richiesta parzialmente accolta dall’Arabia Saudita che sul confine aveva inviato delle truppe. L’Onu intanto sta provvedendo a far evacuare il suo personale da Aden e teme una catastrofe umanitaria.

Sulla difficile situazione che sta vivendo il Paese, Benedetta Capelli ha intervistato Paolo Lembo, coordinatore delle Nazioni Unite per lo Yemen: 

R. – Il sud è storicamente ostile a queste forze sciite, quindi gli houthi potrebbero conquistare il sud. Ma a che costo? E poi come mantenerlo? Con quale futuro per il Paese, nel momento in cui c’è una milizia sciita che ha il potere militare di conquistare il territorio, ma non ha la capacità politica di gestirlo? E questo provocherebbe anche l’accensione di un conflitto terroristico, come abbiamo visto, che potrebbe dare delle caratteristiche settarie a questa guerra. Perché di questo si tratta: la guerra non è più una preoccupazione, ma è una realtà. Fino adesso, è stato un conflitto di tipo militare e di tipo politico con conseguenze regionali gravissime ovviamente. Ci sono degli importanti Stati limitrofi allo Yemen che sono estremamente tesi in questo momento, perché il sud controlla lo Stretto di Hormuz, dove il 40% del commercio marittimo internazionale transita. Quindi, chiunque controlli quello stretto tra il Corno d’Africa e il mondo arabo ha un controllo politico enorme sul commercio marittimo internazionale, con un impatto economico globale molto significativo.

D. – Per questo motivo possiamo dire che, in un certo modo, l’interesse dell’Arabia Saudita è così presente e forte? Ricordiamo che sul confine arabo-yemenita sono state schierate delle truppe saudite…

R. – Sì, credo che questa decisione dello schieramento delle truppe saudite al confine settentrionale dello Yemen con l’Arabia Saudita per il momento sia da concepirsi come una decisione di tipo strategico-difensiva e non offensiva. Credo che sia improbabile che ci siano degli invii di truppe straniere. Sarebbe una decisione gravissima! Siamo molto preoccupati. Come Nazioni Unite abbiamo chiesto una riunione, probabilmente a Doha nel futuro più immediato, con tutte le parti, per cercare di portare un po’ di ragionevolezza. Adesso, però, siamo molto preoccupati e siamo anche occupati a cercare di evacuare alcuni funzionari dell’Onu che sono ancora ad Aden, abbiamo 15 funzionari internazionali e stiamo cercando di mandare il nostro aereo. I funzionari internazionali sono ovviamente particolarmente esposti e poi quel territorio dove si trovano è molto vicino alla zona controllata da al-Qaeda. Quindi, non devo dirle altro…. Nel momento in cui c’è caos, guerra civile e anarchia, dobbiamo fare in modo di non esporci.

D. – In questa partita che ruolo gioca, secondo lei, l’Iran?

R. – L’Iran è un Paese molto importante. Il movimento revivalista Houthi è un movimento zaidi, quindi ha delle affiliazioni sciite, ma in modo molto largo. Recentemente, abbiamo notato dei comunicati ufficiali del governo iraniano che ha espresso delle considerazioni positive nei confronti di certe istanze proposte da questo movimento degli Houthi. Penso che la potenza con cui dobbiamo avere a che fare in questo momento è però al Qaeda, che controlla tutto l’oriente del territorio e che potrebbe riattivarsi giovandosi del vuoto che si sta creando con l’avanzamento delle truppe degli houthi nel territorio di Aden.

D. – La popolazione come vive questo conflitto, che si protrae ormai da tanto tempo e che diventa sempre più violento?

R. – Dobbiamo stare attenti a questo Paese, che è il Paese più povero del mondo arabo e che negli ultimi due mesi ha continuato a sopravvivere senza un governo – non dobbiamo dimenticarci che il Paese è abbandonato a se stesso – con milizie sovrapposte e incrociate che si combattono in modo diverso, con questa ulteriore crisi determinata dal conflitto tra alQaeda e Is per la supremazia terroristica nello Yemen. Non so, cosa altro ci dovremmo aspettare per fronteggiare una crisi umanitaria di proporzioni enormi? Ecco perché noi, come Onu, cerchiamo di restare quali che siano le condizioni di sicurezza, perché sappiamo che molto presto ci sarà un collasso delle istituzioni e una grandissima crisi umanitaria e per la quale dovremo, molto presto, sensibilizzare la comunità internazionale.

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Ebrei, cristiani e musulmani insieme contro i fondamentalismi

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Il ruolo del dialogo interreligioso contro la crescita del fondamentalismo è stato al centro della Conferenza che ha riunito cristiani, ebrei, musulmani, ieri pomeriggio al Parlamento Europeo. Su iniziativa del vice presidente Antonio Tajani, sono intervenuti esponenti della Conferenza delle Chiese europee (protestanti, anglicane, ortodosse e vetero-cattoliche - Cec), della Commissione degli Episcopati cattolici della Comunità Europea (Comece), della Conferenza dei Rabbini europei, della Conferenza degli Imam di Francia, della Comunione anglicana. L'ha seguita per noi la nostra inviata a Bruxelles Fausta Speranza:

Di fronte alla crescita del radicalismo e alle atrocità commesse in nome del fondamentalismo religioso fuori e dentro l'Europa, è fondamentale che tutte le persone di fede, che rifiutano intolleranza e violenza, si ritrovino in una casa comune. Questo il messaggio condiviso da tutti gli esponenti religiosi presenti che – proprio tutti – affermano di ritrovarsi nel valore della tolleranza e del rispetto della dignità umana, alla base della Costruzione europea. L'Imam Hassen Chalghoumi, presidente degli Imam di Francia, sottolinea che non è la religione dell'Islam a ispirare violenza ma purtroppo quello che in tanti, in particolare attraverso il web, sostengono è un messaggio che strumentalizza la religione. Ai nostri microfoni sottolinea così l'importanza di un incontro come questo per rilanciare la speranza:

“Ce n'est pas seulment important c'est crucial...
Non è solo importante, ma è cruciale. La speranza è importante! Nel momento in cui le barbarie cercano di separarci, di creare la tensione, la paura e il terrore in nome della religione, in nome di Dio, l’Unione Europea ha voluto riunire tutte le confessioni: ebrei, musulmani, cristiani. Tutti coloro che credono ai valori: penso che questo sia importante. Questa immagine è più forte di quella dell’Is, un’immagine che lo Stato islamico cerca di distruggere. Questo incontro vuole essere anche un omaggio a tutte le vittime, una preghiera affinché la vita umana non venga banalizzata soprattutto per i cristiani d’Oriente … Io ho un pensiero forte per i cristiani di Oriente: tutti quei massacri, quelle distruzioni in Siria, in Iraq e da altre parti.  E’ un pensiero di solidarietà per dire: noi siamo tutti insieme, resistiamo a questa minoranza, perché  la pace e l’amore devono regnare”.

Non è solo  importante, è cruciale, dice, chiedendo e offrendo collaborazione per la formazione dei giovani europei perché abbiano un futuro e non siano attratti dal radicalismo. Il rabbino Riccardo di Segni spiega:

R. - É un momento in cui i timori in realtà sono per tutti. I terroristi che attaccano – e lo abbiamo visto – prendono di mira vari obiettivi e poi per segnare la loro presenza, attaccano anche luoghi ebraici come sinagoghe o negozi alimentari. Quindi la nostra preoccupazione è antica; noi viviamo blindati da anni  - se non da decenni – nelle nostre istituzioni. Questo è il momento in cui c’è una crescita di attenzione e di allarme che coinvolge tuttala società. La situazione è quindi molto complessa. Per quanto riguarda i rischi che affrontano le comunità ebraiche nello specifico, purtroppo la situazione non è nuova; ci trovavamo in queste situazioni già da parecchio tempo e fatti di attacchi anche sanguinosi contro le istituzioni ebraiche – come la scuola di Tolosa  l’anno scorso – esistevano già prima di questa ondata di carattere più generale.

D. – L’importanza di incontri come questi oggi, musulmani, ebrei, cristiani insieme nel cuore delle istituzioni europee ….

R. – Sono importanti sia dal punto di vista simbolico che sostanziale; non sono mere cerimonie, ma occasioni di incontro in cui si parla tra di noi e al pubblico, e si dimostra che l’immagine violenta che viene trasmessa dai media come immagine che rappresenta le religioni è sostanzialmente falsata e non bisogna cedere alla tentazione dell’espressione della violenza quando la situazione è differente.

Condivisa, dunque, la consapevolezza della gravità del momento, in qualche modo si avverte che condivisa è anche la speranza di una risposta forte comune. In qualche modo, l'incontro promosso dall'Europarlamento rappresenta un appello alle religioni. Padre Patrick Daly, aegretario generale della Comece:

R. – Mi auguro di sì, perché viene riconosciuto che le religioni, e la voce della Chiesa cattolica in particolare ha un valore unico, un carattere specifico per parlare, ispirato dalla Dottrina sociale della Chiesa su una grande gamma di questioni politiche e sociali nell’ambito del progetto europeo. Mi sembra che ci troviamo in un momento chiave nello sviluppo del progetto; ci sono state le elezioni, abbiamo una nuova presidenza e anche la voce di Papa Francesco che ha parlato in modo particolare della dignità umana quando è venuto al Parlamento europeo. Penso che il progetto europeo sia ispirato da una visione nobile dell’essere umano, dell’uomo e della donna. In un momento di crisi c’è la tendenza a dimenticare l’origine nobile del progetto. Dopo l’orrenda sfida della Seconda Guerra Mondiale, i padri fondatori del progetto europeo credevano nella nobiltà dell’uomo, nelle sue possibilità di creare qualcosa di buono, durevole. Abbiamo vissuto 70 anni di pace, di collaborazione, un livello di vita molto alto per tanti cittadini, anche se dal 2008 è stata registrata una crisi. Penso che ci sia una riscoperta del valore dell’essere umano al centro del progetto.

Dell'iniziativa,  il vicepresidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, che ricorda in apertura il messaggio forte lasciato da Papa Francesco alle istituzioni europee nella visita a dicembre scorso a Strasburgo, dice:

R. – E' un messaggio di difesa dei valori, della centralità della persona, della dignità, della solidarietà. Dobbiamo arricchire l’impegno dell’Europa contro il terrorismo e contro il fondamentalismo; è un impegno che si attua anche con azioni militari e di sicurezza per tutelare i nostri valori rafforzando il dialogo religioso facendo in modo che le religioni siano sempre più impegnate per difendere il progetto europeo che è quello della centralità della persona, della solidarietà, della difesa di valori che sono il contrario di quelli che vengono propugnati dai fondamentalisti e dai terroristi.

D. - Il trattato di Lisbona aveva istituzionalizzato il dialogo con le religioni, con le Chiese. In qualche modo questo parlamento ora non solo promuove il dialogo tra le religioni ma le ascolta?

R. – Assolutamente sì, l’Art. 17 del Trattato – io ne sono responsabile nel Parlamento europeo – ci chiede di fare questo, ma non vorrei che si trattasse solo di un impegno formale ma di un’azione sostanziale applicata anche alle criticità di queste settimane, di questi mesi, di questi anni. Quindi utilizzare il dialogo interreligioso per combattere il fondamentalismo e difendere i diritti dell’uomo.

In definitiva, l'Europa rappresentata dall'assemblea dei rappresentanti dei cittadini cerca di trovare vie di azione perché – sottolineano i parlamentari presenti - non si può rispondere solo militarmente al terrorismo. Si parla di integrazione, inclusione. E qualcuno raccomanda di non dimenticare i disperati che sbarcano sulle coste europee del Mediterraneo: mentre si uccide in nome del radicalismo, l'Europa che difende la dignità umana non può non cominciare da quella dei poveri che bussano.

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Card. Montenegro: Europa sappia accogliere chi soffre

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“Le migrazioni sono per l’Europa, la grande sfida umana”. E' quanto ha detto il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, in qualità di rappresentante della Santa Sede, alla 28.ma sessione del Congresso dei poteri locali e regionali, presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. Il porporato ha ribadito l’imprescindibilità dell’accoglienza sia a livello nazionale sia europeo e ha invocato norme per la gestione di frontiere rispettose dei diritti umani. “La Santa Sede – ha evidenziato – auspica che gli Stati europei possano condividere efficaci misure comuni per affrontare questioni di prioritaria importanza, come l’assistenza di emergenza ai richiedenti asilo e la creazione di canali umanitari per facilitare le procedure burocratiche e ridurre i centri di detenzione, la protezione dei minori non accompagnati, il ricongiungimento familiare e il contrasto alla migrazione irregolare per vincere la battaglia contro il contrabbando e il traffico di esseri umani”.Ma ascoltiamo il cardinale Francesco Montenegro al microfono di Massimiliano Menichetti: 

R. – "Il mondo nuovo" dovrà essere un mondo che sa accogliere. Un mondo che respinge e che tiene le distanze e che guarda gli altri con perplessità non è il mondo che dobbiamo costruire. E questo richiede l’attenzione da parte di tutti.

D. – Lei ha sottolineato che quando si parla di tecnologie e ricchezze si è aperti all’interazione, quando si parla di esseri umani che fuggono si alzano barriere…

R. – Sì, è strano che per globalizzazione dobbiamo intendere l’invio di merci, invio di denaro, ma quando si tratta di uomini chiudiamo le porte. Ormai in un mondo che è un grande villaggio, il villaggio globale, dove ognuno di noi può fare e può ricevere qualcosa, sembra strano che gli uomini dobbiamo tenerli a distanza.

D.  – Quanto è importante creare canali umanitari per i richiedenti asilo?

R.  – Ritengo che sia una delle vie da studiare e vedere come attuarle. Veder morire perché si vuol vivere, credo che sia proprio la morte che nessuno accetta e vuole.

D. – Si è riferito ad un piano di protezione per i più deboli, in che senso?

R. – Perché arrivano tanti... Penso ai minori, penso alle donne, penso a tutte queste situazioni, alle famiglie che vengono smembrate... Accoglienza è saper aiutare questa gente a trovare un posto e un posto dignitoso. Non è soltanto: "ti tiro fuori dal mare". Sono persone che arrivano e tra loro ci sono alcuni che sono più poveri dei poveri.

D.  – Ha sottolineato che l’Europa dovrebbe aprirsi di più…

R. – Certo, chi arriva non vuole spesso restare in Italia, hanno voglia di ricongiungersi, di andare altrove per poter lavorare. E allora se il loro desiderio è raggiungere le altre nazioni, sono i Paesi che devono attrezzarsi per l’accoglienza.

D.  – Lei ha definito questa realtà che vive l’Europa non come un problema ma una sfida, con un’accezione positiva, dunque…

R. – Sì, sono popolazioni che stanno venendo e quando le popolazioni – l’ho sempre detto – si spostano vuol dire che c’è una pagina nuova di storia da scrivere. E non possiamo fare come lo struzzo che mette la testa sotto la sabbia. Questa realtà c’è: o l’affrontiamo o restiamo schiacciati.

D.  – Lei è il vescovo di Agrigento, in questi anni ha visto tante persone sbarcare sulle coste siciliane…

R.  – E’ proprio questa esperienza che mi fa parlare così. Arriva gente che nel proprio Paese non può vivere, persone che non hanno più nulla, ma anche gente che ha in mano anche una laurea, un diploma... e Lampedusa mi sta insegnando proprio questo: è diventato un quadrivio dove tutti si incontrano e dove ognuno potrebbe davvero, incontrando gli altri, dare il meglio di sé. Non si può vivere soltanto con la sindrome della paura, perché anch’io potrei far paura agli altri.

D. – Ha parlato nella sede del Consiglio d’Europa ma qual è il suo messaggio al mondo intero?

R. – Di aprire gli occhi e se vogliamo costruire un mondo diverso dobbiamo anche "saper rischiare" l’accoglienza. Se davvero ci metteremo insieme tra noi e noi con gli atri, senz’altro ci sarà un’alba diversa. Per adesso viviamo tutti con la paura: perché non costruire tutto sull’accoglienza e noi credenti sull’amore?

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Tunisi. Forum sociale, il fanatismo non frena il dialogo

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Di nuovo in Tunisia, per parlare di condivisione e solidarietà internazionale: per 4 giorni infatti, Tunisi accoglierà l'annuale Forum Sociale Mondiale, durante il quale centinaia di organizzazioni della società civile rifletteranno su come promuovere pace e giustizia a livello globale attraverso politiche ed economie alternative. I partecipanti hanno scelto di confermare la loro presenza e vicinanza alla nazione tunisina, dopo e nonostante la strage compiuta al Bardo. Da Tunisi, il servizio di Silvia Koch

Continuare a visitare la Tunisia, venire per il Museo del Bardo, per le sue spiagge e per le altre meraviglie del Paese, non bloccarne l'economia che si regge in larga parte sul turismo. Questo chiede al mondo la Tunisia del post-attentato. Una nazione che ha preso coscienza della minaccia terroristica, e che nonostante tutto si è fatta trovare pronta ad accogliere decine di migliaia di partecipanti al Forum Sociale Mondiale.

Tunisi blindata
La presenza dei militari è massiccia nelle zone limitrofe al parlamento e al campus universitario El Manar che ospita il Forum, ma non nel resto della città. D'altra parte, non erano i turisti italiani né quelli spagnoli il bersaglio dei killers del Bardo. L'azione era pensata per colpire il palazzo del parlamento, limitrofo al Museo, nel giorno dell'esame di una legge speciale antiterrorismo. Non a caso dal 2013 la Tunisia, culla e Paese di successo delle “primavere arabe”, dove la rivoluzione ha portato davvero a una graduale apertura della politica, è scelta come sede del Forum. Con esso si vuole riflettere in particolare sulla complessità geopolitica del mondo arabo, cercare di comprenderne le dinamiche, arginare il pericolo che l'Isis continui ad essere un'alternativa attraente per giovani delusi dagli esiti delle rivoluzioni.

Solidarietà contro fanatismo
I protagonisti della società civile del Nord Africa e Medio Oriente cercheranno di individuare, attraverso la condivisione delle esperienze, dibattiti e attività collettive, le possibili vie per combattere la diffusione del fanatismo religioso, ma nel pieno rispetto dei diritti individuali e dei popoli. Tutto questo si traduce in reti transazionali di solidarietà e di azione, alleanze tra associazioni dei vari Paesi e continenti che condividono le medesime istanze, al di là dello specifico contesto geografico, all'interno di uno scenario in cui il pericolo da combattere si muove anch'esso su reti fluide e alleanze internazionali (sia esso rappresentato, di volta in volta, dal capitalismo spregiudicato, dalla globalizzazione intesa come impoverimento culturale e negazione della libertà politica, o ancora, dalle varie forme di fondamentalismo e violenza).

Le “buone pratiche” dei diritti umani
Esperti e cooperanti del Maghreb direttamente a confronto con corrispettivi referenti delle società del Masrek, e a livelli successivi, con i partecipanti provenienti dagli altri continenti ed aree geografiche. E ancora, condivisione di “buone pratiche”, di rispetto e promozione di diritti umani, tra le organizzazioni impegnate nelle varie aree tematiche: si articola secondo queste logiche di fratellanza, da ormai 15 anni, il processo del Forum.

La realtà delle donne
Tra i focus di quest'oggi, giornata di apertura dei lavori, la libertà di informazione da un lato, e la realtà delle donne dall'altro, in Paesi che attraversano fasi delicate di transizione politica o conflitto, come la Tunisia, l'Egitto, l'Iraq, lo Yemen, le cui delegazioni si contano numerose ad animare le oltre mille attività in programma. Oltre alla geopolitica del mondo arabo, sempre presenti in agenda i temi classici dell'attivismo sociale: dalla promozione delle donne all'incoraggiamento dei giovani, dalla tutela dell'ambiente all'immigrazione, alla difesa dei popoli nel mondo ancora oggi senza una Patria ufficialmente riconosciuta, al confronto costruttivo tra le varie religioni.

Terrorismo non ferma il Forum
Cambiano di anno in anno le sfide e priorità dei difensori dei diritti umani, ma il percorso del Forum non si arresta, non davanti la follia omicida e il fanatismo religioso, non a causa delle difficoltà di spostamento oltre le frontiere, tanto meno per la diffusa sordità di istituzioni e organizzazioni che governano la politica e l'economia mondiali.

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“Tv del dolore”. Iacopino: in onda l'oltraggio alla dignità

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“La Televisione del dolore”, un genere in ascesa nella tv italiana, come rivela una ricerca dell’Osservatorio di Pavia sulle “cattive pratiche televisive”, commissionata dall’Ordine dei giornalisti per puntare l’indice contro la spettacolarizzazione della sofferenza a scopo di audience. Tre mesi di osservazione, da settembre a dicembre 2014, sui programmi delle sette reti generaliste della Rai, di Mediaset e de La7. Il servizio di Roberta Gisotti

La “Tv del dolore” è quella incentrata su fatti di cronaca nera e giudiziaria o gravi disagi individuali e sociali, dove la sofferenza privata è oggetto di spettacolarizzazione pubblica, enfatizzata con ogni mezzo – dal gossip sulle persone, al racconto efferato di violenze e abusi, all’esposizione mediatica dei protagonisti, rei o vittime, oltre che di parenti, amici, avvocati, magistrati, ed esperti del caso – al solo  fine di suscitare emozioni forti, indurre curiosità morbose, attrarre l’attenzione del pubblico per conquistare audience. Omicidi e scomparse, "serializzati" nel tempo, occupano l’80% cento di questa programmazione, 287 ore al mese, circa 3 ore al giorno. Rai 1 e Canale 5 – reti dedicate alla famiglia – da sole ne assorbono il 70%, concentrate in quattro trasmissioni “Storie Vere”, “La vita in diretta”, “Mattino Cinque”, “Pomeriggio Cinque/Domenica live”. Sul banco degli imputati anche “Quarto Grado”, “Amore criminale” e “Chi l’ha visto”, nonostante la professionalità e la sobrietà di gran parte dei servizi. Meno problematiche “Uno mattina” e i “Fatti vostri”. Una ricerca parziale che esclude programmi spesso accusati di indulgere su delitti mediatici come “Porta a porta”, che nel periodo preso in esame non ha mostrato criticità.

Ma che ruolo hanno i giornalisti nella "Tv del dolore"? Enzo Iacopino, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti: 

R. – Hanno colpe anche loro. Molte volte queste nascono da necessità, perché la gran parte dei giornalisti coinvolti in queste trasmissioni, che io considero vergognose, non sono contrattualizzati come tali ma sono assunti come programmisti-registi, assistenti ai programmi o con Partite Iva. Sono persone che lavorano a chiamata per un breve periodo e rifiutarsi di assecondare la produzione, gestita quasi sempre da giornalisti, significa che il loro telefono non squillerà più. Quindi, commettono delle violazioni per necessità ma questo non li esime da responsabilità. Il problema più grande, a mio avviso, è il devastante silenzio delle tre autorità che hanno competenze su queste vicende – mi riferisco all’Autorità per le comunicazione, al Garante della privacy e a quello dell’infanzia – che sembrano guardare dall’altra parte, come oggi gli è stato detto apertamente e pubblicamente. L’Agcom fa sanzioni alle tv perché c’è un disequilibrio nei minutaggi della politica, ma quando si invade la vita delle persone, si oltraggia la dignità dei morti guardano dall’altra parte. Non è tollerabile!

D. – Esistono però una gran quantità di Carte e Codici deontologici disattesi. Sarà anche un problema dello stesso Ordine dei giornalisti e anche di cultura della società italiana...

R. – Sì, noi abbiamo troppe Carte. Se avessi il potere assoluto, farei una norma che obbliga ad avere per gli altri lo stesso rispetto che si reclama per sé. Tra l’altro, è una norma che già esiste nella nostra Legge e nella Carta dei doveri, quindi le altre carte sono tutti orpelli aggiuntivi e specificativi dei singoli settori. Io non credo che i giornalisti non commettano errori… Succede. Ma l’apporto devastante, almeno nel settore del quale ci siamo occupati è quella Tv che davanti ai bambini che sono sdraiati su un divano e fingono di giocare ma l’orecchio è lì, parla senza neanche tanti giri di parole di morti, di amanti, di amicizie più o meno singolari… Non è possibile che questo avvenga nell’indifferenza di chi ha l’incarico di vigilare su quello che viene trasmetto dalle Tv.

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Ai "Dialoghi in cattedrale" la testimonianza di mons. Coutts

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“La libertà religiosa e la libertà d’espressione nella società multiculturale” è il tema della seconda serata dei "Dialoghi in Cattedrale" promossi dalla diocesi di Roma, che si sono svolti ieri sera nella Basilica di San Giovanni in Laterano. L’ultimo appuntamento dei tre incontri, che hanno come filo conduttore “Dio abita la città”, si svolgerà il prossimo 14 aprile su “Noi-tutti: costruire insieme la città”. Il servizio di Marina Tomarro

“La libertà religiosa è un diritto di tutti, ma bisogna proteggerla da tutti i fondamentalismi“. E’ partita da questa riflessione del cardinale vicario, Agostino Vallini, la seconda serata dei "Dialoghi in Cattedrale". Una libertà non scontata ma spesso ostacolata e sofferta, come spiega Carlo Cardia, docente presso l’Università Roma Tre:

R. – Si vanno perdendo non solo i simboli, si va perdendo la libertà religiosa. Sono ricominciate infatti le persecuzioni in diverse parti del mondo e in Occidente è iniziato di nuovo un tentativo di silenziare la religione: una cosa più sottile, diversa dalle persecuzioni. Questo, però, è un momento di decadenza che noi stiamo vivendo e il dialogo interreligioso dovrebbe poter porre rimedio se esce però dai diplomatismi, se esce cioè da una concezione in cui non si nascondono i problemi. Le religioni se si riuniscono dovrebbero mettersi d’accordo prima nel rispettare la libertà religiosa di tutti.

D. – Quando si parla di tolleranza, la parola “tolleranza” che cosa vuol dire secondo lei?

R. – La parola tolleranza ha una tradizione alta che è quella di Locke e di Voltaire. La tolleranza in senso negativo è quella di alcuni Paesi islamici, in cui cristiani ed ebrei sono tenuti in stato di “dhimmitudine”, cioè di subalternità. Tolleranza in senso alto è quella che dovremmo cercare di raggiungere tutti quanti, che vuol dire libertà religiosa.

D. – Molto importante oggi è anche il tema dell’educazione. Qual è il modo migliore per educare i più giovani?

R. – Dirgli la verità, non nascondergli niente, comprese le immagini che fanno male, di quello che sta avvenendo ai confini di casa nostra. Questo è il primo passo, poi ci si ragiona attorno. Ma se non si dice la verità, non si introduce nessun argomento sulla libertà.

E testimone della serata è stato l’arcivescovo Joseph Coutts, presidente della Conferenza episcopale pakistana, che ha raccontato da una parte le grandi sofferenze e discriminazioni che i cristiani nel suo Paese subiscono, ma anche la solidarietà che nasce tra musulmani e cristiani come in occasione degli attentati dello scorso 15 marzo in due chiese a Lahore, dove hanno perso la vita 15 persone. Ascoltiamo il suo commento.

R. – Domenica, durante la Messa, nella mia cattedrale, un gruppo di musulmani ha fatto una catena con le mani. Sono venuti per solidarietà, per dire “noi siamo con i cristiani e vogliamo proteggerli, perché non accettiamo questa violenza contro di loro”. Tutti hanno partecipato. Dopo la Messa, andando fuori, c’erano studenti universitari e anche tante altre persone.

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Documentario sull'Holodomor, memoria negata di un eccidio

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“Holodomor, la memoria negata” è il titolo del documentario in proiezione in questi giorni a Roma. Il reportage racconta gli effetti della carestia indotta dal regime comunista sovietico come ritorsione nei confronti dell'Ucraina negli anni trenta. Il servizio di Davide Dionisi

“Holodomor”, in lingua ucraina significa assassinio di massa per fame, e ricorda lo sterminio attuato dal regime sovietico tra il 1932 e il 1933 quando Stalin, con l'intento di distruggere una intera classe sociale di potenziali oppositori politici, ordinò la confisca di tutti i generi alimentari, vietò l'approvvigionamento e ogni commercio nelle zone rurali dell'Ucraina causando la morte, per fame e malattie da essa derivate, di almeno 7 milioni di persone tra cui 3 milioni di bambini. “Holodomor” è il titolo del documentario promosso in questi giorni a Roma da Alternativa Europea, con il patrocinio della Regione Lazio. Ascoltiamo Olimpia Troili, presidente dell’associazione:

R. – Parliamo di una tragedia nella tragedia: non solo i fatti, ma poi la negazione di tutto questo. Infatti, nella storiografia ufficiale dell’Unione Sovietica non vi è traccia di questa carestia. Addirittura, in Ucraina si aveva così tanta paura di parlare di questo, che molti - gli anziani - parlavano di fame, ma mai di carestia. Quindi, anche i protagonisti di queste vicende non hanno voluto parlarne fino ai giorni nostri. Abbiamo comunità ucraine in Italia che addirittura sentono parlare di questo quasi per la prima volta, oggi!

D. - Distruzione di tante famiglie, dissesto di un’intera compagine sociale. Perché questa strage è rimasta fin troppo tempo nel silenzio?

R. – Per la propaganda del regime sovietico, che fu estremamente efficace, e la sua capacità di censura che funzionò effettivamente, tanto è vero che nel documentario c’è anche la testimonianza di uno studioso che ha cercato nei giornali del 1933 la testimonianza di quanto è accaduto, e non ha trovato nulla!

D. - Perché riproporre “Holodomor” oggi?

R. – Se noi immaginiamo che questo genocidio ha avuto la portata della Shoah, proporre oggi di visionare un video, un documentario, delle immagini che ripercorrono storie e ci spiegano certe cose, può aiutarci a capire, a comprendere in qualche modo, o comunque a ricordare, affinché la memoria del male non si cancelli, e quindi non si ripeta.

D. - Considerata l’attuale situazione, sembra che la memoria degli eventi passati non sia affatto diventata fonte di ispirazione per le generazioni che sono venute dopo quei tragici fatti…

R. – Il processo di integrazione europea è fondato su questo sforzo: ricordare gli errori del XX secolo, del Novecento, quello che accadde in Europa, affinché non si ripeta mai più. Abbiamo un’occasione importante di imparare da questi avvenimenti.

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Nella Chiesa e nel mondo



Egitto: al Sisi approva nuovo regolamento elezione Patriarca copto

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Il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha approvato ieri, il decreto contenente le norme e le procedure per l'elezione del Patriarca della Chiesa copta ortodossa. Fonti del patriarcato copto riferiscono che la presidenza ha ratificato il regolamento che era stato proposto dalla stessa Chiesa copta ortodossa, senza apportare modifiche.

Coinvolgimento delle comunità copte ortodosse della diaspora
“Nella bozza sottoposta all'approvazione presidenziale - riferisce all'agenzia Fides Anba Botros Fahim Awad Hanna, arcivescovo copto cattolico di Minya - erano stati rivisti o eliminati gli articoli non più corrispondenti allo stato presente della Chiesa copta ortodossa. Tra le altre cose, era previsto per la prima volta il coinvolgimento nel corpo elettorale di rappresentanti delle comunità copte ortodosse della diaspora, che adesso contano più di due milioni di fedeli. Erano state ritoccate anche le percentuali riservate alle diverse categorie e alle diverse diocesi all'interno del corpo di rappresentanti incaricato dell'elezione”.

La legge civile garantisce ai copti il diritto di eleggere il proprio patriarca
Il nuovo regolamento è composto da 36 articoli, e dispone che, per diventare patriarchi, occorre essere nati da genitori egiziani copti ortodossi, essere monaci da almeno 15 anni e avere un'età compresa tra i 45 e i 64 anni. L'elezione del patriarca rientra nel diritto comunitario dei copti ortodossi sancito dalla Costituzione, che garantisce ai cristiani il diritto di eleggere i Capi delle rispettive comunità ecclesiali. Si tratta quindi di una procedura garantita dalla legge civile, e per questo deve ottenere il placet di conferma degli uffici della Presidenza della Repubblica. (G.V.)

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Lahore: spari contro agenti davanti alla chiesa di S. Pietro

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Resta alta la tensione a Lahore, capitale del Punjab pakistano, soprattutto nella comunità cristiana: come riferisce l'agenzia Fides, ieri due uomini mascherati, in motocicletta, hanno esploso colpi d’arma da fuoco contro gli agenti di polizia presenti davanti all’ingresso della chiesa cattolica di San Pietro. La polizia ha risposto al fuoco e messo in fuga i malviventi. Nello scontro due passanti sono stati lievemente feriti.

Spontanea manifestazione contro il terrorismo
L’episodio è avvenuto in pieno giorno, alle due del pomeriggio. Al momento dell’attacco all’interno dell’edificio, essendo un giorno feriale, c’erano solo 25 persone. Anche gli studenti della scuola annessa alla chiesa avevano già lasciato le aule. I cristiani locali hanno ringraziato pubblicamente “la resistenza coraggiosa dei poliziotti che tutelano la nostra sicurezza” e intonato slogan a favore della polizia e contro il terrorismo. Una folla di passanti si è unita all’improvvisata manifestazione invitando tutti a lottare contro l’estremismo.

I cristiani chiedono giustizia contro gli attacchi
La polizia ha detto di aver acquisito i filmanti dalle telecamere di sorveglianza della chiesa. Il primo ministro del Punjab, Shahbaz Sharif, è stato informato del nuovo attacco e ha ordinato agli inquirenti di presentargli un rapporto sui fatti. L'avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, difensore dei diritti umani e presidente dell'Ong "Lead" dichiara a Fides: "Sollecitiamo il governo a prendere misure adeguate per contrastare i gruppi militanti presenti nella società e ad intraprendere un'azione legale senza discriminazioni religiose. Chiediamo giustizia per gli attacchi alle chiese di Youhanabad. Quest'ultimo incidente alla chiesa di san Pietro crea nuova paura e insicurezza nella comunità cristiana"

Indagini speciali per i coniugi cristiani arsi vivi
Intanto in un altro caso sensibile, quello dei coniugi cristiani arsi vivi da una folla di musulmani a Kot Radha Kishan (in Punjab), solo perché accusati di blasfemia, la polizia proseguirà le indagini con una nuova “speciale squadra investigativa”: lo ha ordinato la Corte Suprema. Per quel massacro sono 25 i sospettati tuttora agli arresti e i magistrati hanno ascoltato diversi testimoni. (P.A.)

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Nigeria: studenti cattolici e musulmani per la tolleranza religiosa

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Studenti cattolici e musulmani della Nigeria hanno dialogato insieme sulla tolleranza ed il rispetto delle religioni, nell’ambito di una conferenza interconfessionale svoltasi ad Abuja. L’incontro – riferisce l’agenzia Cathnews – è stato organizzato dalla Gioventù studentesca cattolica della Nigeria (Ycsn) ed ha visto la partecipazione di giovani non solo musulmani, ma anche di altre confessioni cristiane. Tra i relatori, mons. Hypolite Adigwe, cappellano dell’Ycsn a livello nazionale, il quale ha invitato i ragazzi a “non manipolare la religione per raggiungere obiettivi lontani da Dio”. Sulla stessa linea anche il presidente dell’Ycsn, Uchenna Enebe, che ha esortato all’unità tra i fedeli di credo diversi, invitando i giovani ad evitare manifestazioni violente in vista delle elezioni politiche e presidenziali che si terranno nel Paese il prossimo 28 marzo.

Appello a rispettare le Chiese cristiane
Dal suo canto, i musulmani presenti all’incontro hanno evocato la “Carta dei Privilegi ai monaci del monastero di Santa Caterina del Monte Sinai”, concessa nel 628 dal profeta Maometto, nel quale si sottolinea che “le Chiese cristiane saranno rispettate” e che nessuno deve distruggere un luogo di culto cristiano, né danneggiarlo. La Carta sottolinea, inoltre, che “se una donna cristiana è sposata con un musulmano, ciò non potrà aver luogo senza la sua approvazione; Non le sarà impedito di recarsi alla sua chiesa a pregare”. (I.P.)

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Colombia: preoccupazione della Chiesa per dialogo di pace

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La possibilità di rimandare l'insediamento di un tavolo di dialogo formale per la pace tra il governo colombiano e l'Esercito di Liberazione Nazionale (Eln) porterebbe a fermare i colloqui di pace con le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) in corso a L’Avana. Di fronte a questa eventualità, padre Dario Echeverri González, segretario generale della Commissione di Conciliazione nazionale, ha affermato che ciò potrebbe togliere importanza e legittimità ai negoziati con il gruppo di guerriglieri delle Farc ed ha espresso la viva preoccupazione della Chiesa per questo eventuale fermo.

La Chiesa auspica che le trattative con le Farc vadano avanti
In una nota inviata all'agenzia Fides dalla Conferenza episcopale colombiana, padre Echeverri ha ribadito: "Alla Chiesa interessa che i negoziati con le Farc continuino ad andare avanti e non si aspettino le trattative con l'Eln. Le trattative con le Farc devono giungere a buon fine". L’Eln infatti non si è ancora organizzato indicando i suoi rappresentanti ai colloqui di pace. Alcuni politici premono perché i colloqui con le Farc siano fermati fino a quando non saranno avviati anche quelli paralleli con l’Eln.

In discussione ai colloqui di Cuba: cessate il fuoco e sminamento
Secondo le ultime informazioni sulla 34ma sessione dei Colloqui di Pace in corso a Cuba, l’attuale argomento di discussione riguarda le vittime del conflitto. Sebbene si sia arrivati ad un accordo su molti temi, i membri di entrambe le parti hanno confermato che ancora c'è molto da discutere. Fra l’altro un tema molto importante: il cessate fuoco definitivo e lo sminamento del territorio colombiano. Su questo ultimo tema le Farc hanno rilevato che non è compito solo della guerriglia, perché, purtroppo, nel territorio colombiano ci sono zone che sono state minate anche dall'esercito. (C.E.)

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Assisi: prima mostra di manoscritti e documenti su San Francesco

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Per la prima volta assoluta in Italia saranno esposti al pubblico, in un'unica mostra,  i più antichi manoscritti e documenti riguardanti il Santo di Assisi in una speciale esposizione nel Museo del Tesoro della Basilica di San Francesco in Assisi dal 28 marzo al 31 maggio, tutti i giorni dalle 10.00 alle 17.30. 

Successo della Mostra alla sede Onu di News York
Si tratta dell’ultima occasione per ammirare dal vivo manoscritti francescani del XIII e XIV secolo. La mostra dal titolo "Frate Francesco: tracce, parole, immagini", è stata, tra novembre e gennaio, a New York presso la sede Onu e al Brooklyn Borough Hall riscuotendo un grande successo di visitatori.

Un tesoro mai esposto in modo unitario
Sono 13 codici e 6 documenti d’archivio, quasi tutti dei secoli XIII e XIV, provenienti dal Fondo Antico della Biblioteca comunale di Assisi presso la Biblioteca del Sacro Convento di Assisi. Un tesoro documentario mai finora esposto in modo unitario; raramente anche singoli pezzi sono comparsi all’interno di altre mostre. L'"evento" inaugurale si terrà il 28 marzo alle 10.00 presso il Museo della Basilica di San Francesco d'Assisi. (R.P.)

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Terra Santa: il 27 marzo la Maratona di Betlemme

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L’edizione 2015 della Maratona di Betlemme si terrà il 27 marzo. La partenza sarà alle 8.00 orario palestinese. Giunta alla sua terza edizione, la maratona è organizzata dal Comitato Olimpico Palestinese e dall’associazione “Right to movement”. A Betlemme non è possibile correre un percorso di 42 km senza passare attraverso un check-point israeliano e sconfinare in territorio israeliano, quindi, per assicurare alla popolazione palestinese la possibilità di partecipare alla corsa, gli organizzatori si sono visti costretti a prevedere un percorso di 21 km che verrà ripetuto due volte per coloro che correranno l’intera maratona.

Un evento per attirare l'attenzione sul popolo palestinese
“A prescindere dai risultati sportivi - afferma Stefano Sozza, un volontario del Vis, l’Ong dei salesiani, uno dei podisti che parteciperà alla maratona -, quello che realmente conta è partecipare, dando così un appoggio simbolico al popolo palestinese. La mia speranza è che l’evento possa attirare in modo pacifico l’attenzione su questa parte di mondo spesso dimenticata, mostrando i duri effetti dell’occupazione militare israeliana sulla vita di tutti i giorni e come ogni persona dovrebbe essere in grado di muoversi senza essere fermata da muri e check-point. Saremo semplicemente un gruppo di persone uguali che corrono per lo stesso sogno, quello di una Palestina libera”. La partenza e l’arrivo sono presso la Chiesa della Natività. Gli atleti correranno vicino al muro di Betlemme e ai campi profughi. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 84

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.