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Sommario del 01/11/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa Angelus: appello per Centrafrica. Festa dei Santi, imitiamo quelli “della porta accanto”

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Nella festa di Tutti i Santi, Papa Francesco all’Angelus, rende omaggio ai santi “della porta accanto”, esempi vivi e coraggiosi da imitare nella vita quotidiana. Poi un appello per la pace il Centrafrica, attraversato da una nuova ondata di violenze  interreligiose e interetniche. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Francesco si è detto vivamente preoccupato dall’inasprimento del conflitto nella Repubblica centrafricana:

“Faccio appello alla parti coinvolte affinché si ponga fine a questo ciclo di violenze”.

Spiritualmente vicino ai Padri comboniani della parrocchia Nostra Signora di Fatima in Bangui, che accolgono numerosi sfollati”, il Papa si è rivolto all’intero popolo centrafricano:

“Esprimo la mia solidarietà alla Chiesa, alle altre confessioni religiose e all’intera nazione Centrafricana, così duramente provate mentre compiono ogni sforzo per superare le divisioni e riprendere il cammino della pace”.  

Quindi l’annuncio segno della “vicinanza orante” della Chiesa a questa “Nazione cosi afflitta e tormentata” e auspicio perché tutti “siano testimoni di misericordia e di riconciliazione”:

“..domenica 29 novembre ho in animo di aprire la porta santa della cattedrale di Bangui, durante il Viaggio apostolico che spero di poter realizzare in quella Nazione.

Nella festa di Tutti i Santi, Francesco all’Angelus ha ricordato che questi sono “persone che appartengono totalmente a Dio”, cosi come li presenta il libro dell’Apocalisse: “una moltitudine immensa di ‘eletti’” “segnati dal sigillo di Dio”.

"Siamo consapevoli di questo grande dono? Tutti noi figli di Dio! Ci ricordiamo che nel Battesimo abbiamo ricevuto il “sigillo” del nostro Padre celeste e siamo diventati suoi figli? Per dirlo in un modo semplice: portiamo il congnome di Dio, il nostro cognome è Dio, perché siamo figli di Dio. Qui sta la radice della vocazione alla santità!"

Santi “esempi da imitare”, ha sollecitato il Papa:

"Facciamo attenzione, non soltanto quelli canonizzati, ma i santi, per così dire, “della porta accanto”, che, con la grazia di Dio, si sono sforzati di praticare il Vangelo nell’ordinarietà della loro vita, non sono canonizzati."

A questi santi dobbiamo essere grati, e grati a Dio che ce li ha donati e messi vicini, “esempi vivi e contagiosi del modo di vivere e di morire”, fedeli a “Gesu e al suo Vangelo”.

“Ma quanta gente buona abbiamo conosciuta nella vita, e conosciamo, e noi diciamo: “Ma, questa persona è un santo!”, lo diciamo, ci viene spontaneamente. Questi sono i santi della porta accanto, quelli non canonizzati ma che vivono con noi”.

Quindi l’invito ad imitare a loro gesti d’amore e misericordi, a perpetuare la loro presenza in questo mondo:

“…un atto di tenerezza, un aiuto generoso, un tempo passato ad ascoltare, una visita, una parola buona, un sorriso... Ai nostri occhi questi gesti possono sembrare insignificanti, ma agli occhi di Dio sono eterni, perché l’amore e la compassione sono più forti della morte”.

Dopo la preghiera mariana, il Papa ha reso omaggio a Madre Teresa Casini fondatrice delle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù, proclamata ieri beata. Poi i saluti particolari ai partecipanti alla Corsa dei Santi e Marcia dei Santi, che hanno affollato Piazza San Pietro, promosse dalla Fondazione “Don Bosco nel mondo” e dall’Associazione “Famiglia Piccola Chiesa”.

Infine l’annuncio della visita questo pomeriggio al Cimitero romano del Verano, dove Francesco celebrerà la Messa in suffragio dei defunti, unendosi  spiritualmente a tutti quanti in questi giorni si recano a pregare sulle tombe dei loro cari in ogni parte del mondo.

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Giornata santificazione universale. Don Maspero: solo Dio ci fa santi

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Nella solennità odierna di Tutti i Santi, ricorre anche anche la Giornata della santificazione universale. L’evento, ideato dal Servo di Dio Guglielmo Giaquinta fondatore del Movimento Pro-Sanctitate, ha l’obiettivo di far comprendere come la vera santità sia alla portata di tutti e non invece un ideale astratto impossibile da raggiungere. Federico Piana ne ha parlato con don Giulio Maspero, teologo, docente alla Pontificia Università della Santa Croce: 

R. – La santità è opera di Dio quindi non è una cosa che facciamo noi. Quando pensiamo che la santità sia qualcosa di inarrivabile è perché identifichiamo la santità col fare alcune cose molto difficili, un po’ come se i santi fossero dei “Rambo”, dei supereroi dei film… E invece non è così, nella santità è Dio che agisce. Solo Dio è santo. E’ un’osservazione biblica molto molto chiara: la santità è un attributo che è solo di Dio in un certo senso. In ebraico il senso dell’espressione che è “kadosh” è proprio “separato”, quindi solo Dio è santo, noi non siamo santi. Un po’ come quando il giovane ricco incontra Gesù e lo chiama “maestro buono” e Gesù gli dice: “Perché mi chiami buono? Solo Dio è buono”. Il punto è partire da Dio. Dio ci fa santi ed è opera sua. Quindi è facile proprio perché è qualcosa che Dio ci dona e allora il santo non è una persona perfetta, è una persona che ha scoperto la via della felicità perché ha scoperto che là dove lui ha i limiti Dio entra.

D. – E’ possibile che luogo per la nostra santificazione sia il nostro quotidiano, le nostre cose piccole, il nostro lavoro?

R.  – Assolutamente sì. Proprio perché è opera di Dio, anche quando si parla di virtù eroiche, tuttora i processi di canonizzazione e identificazione devono riconoscere questo: riconoscono un’azione che è superiore alle forze umane, che solo Dio può compiere in qualche modo, quindi riconoscono la presenza di Dio. Allora, la santità è amicizia con Dio, è la presenza di Dio nella nostra vita e quindi nella nostra vita intera. Noi possiamo lavorare, alzarci domani mattina, lunedì - è sempre un po’ difficile alzarsi lunedì mattina! - e andare a lavorare da soli o andare a lavorare con Dio, con Gesù, con la Madonna. E possiamo cucinare, preparare le cose di cui abbiamo bisogno da soli, oppure con Gesù. Possiamo farlo perché ci sentiamo obbligati, possiamo farlo sbuffando, possiamo guidare la macchina andando al lavoro dicendo, così, qualche insulto ogni tanto a chi ci taglia la strada, oppure possiamo cercare di fare queste cose in compagnia di Dio, farle bene, per le persone che amiamo, farle con amore, trasformando veramente tutto. Ci sono tante strade che portano alla santità. A Joseph Ratzinger una volta chiesero quante strade esistevano per incontrare Dio e quindi per diventare santi e lui rispose: “Tante quanti sono gli uomini”. Quindi c’è chi si sente chiamato ad andare missionario, ad andare in monastero e c’è chi si sente chiamato al matrimonio… Papa Francesco sta insistendo molto su questo punto: c’è una vocazione al matrimonio, il matrimonio è un cammino di santità. La vita quotidiana, la vita qui è una vita eroica. Quante madri sono altroché sante d’altare, quanti papà sopportano, si sacrificano, lottano, sono altroché santi d’altare. Non hanno fatto cose che risuonano, non sono andati in Africa, non hanno fatto grandi viaggi però hanno saputo voler bene ai loro figli, vivere per loro, hanno saputo tacere, hanno saputo parlare… Quante storie di un eroismo quotidiano bellissimo che scoprono la presenza dell’amore di Dio nella nostra vita e quindi trasformano, come diceva san José Maria, la prosa quotidiana in endecasillabi eroici: cioè, la nostra vita quotidiana può diventare da prosa una poesia d’amore magnifica.

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Papa al Verano Messa in suffragio dei defunti

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Oggi pomeriggio Papa Francesco sarà al Cimitero romano del Verano per celebrare  una Messa di suffragio, alla vigilia della commermorazione dei defunti. Ma quale importanza riveste questa ricorrenza nella vita di un cristiano per entrare nel mistero della morte? Federico Piana ha intervistato mons. Michele Masciarelli, preside dell’Istituto teologico abbruzzese-molisano: 

R. – Il tema della morte è un tema che riguarda la vita. E’ l’ultimo atto di vita. Anzi , l’idea di morte si accompagna dall’inizio con l’idea di vita. Dicevano i romani: “Quotidie morior”. Ogni giorno noi moriamo, la morte è inserita nella nostra vita e dunque espellere questo tema è una scelta non prudente, non savia perché l’idea di morte significa tra l’altro la consapevolezza che la vita dell’uomo si gioca proprio nella sua ultima data. E’ il sigillo finale ciò che serve ed è più decisivo per la vita di ognuno di noi.

D. - Qual è il senso della morte per un cristiano, quale dovrebbe essere il senso della morte per un cristiano?

R. - C’è una espressione propria di un cristiano, Blaise Pascal, diceva così: “L’ultimo atto della nostra vita è terribile: per bello che sia stato il resto della commedia, un po’ di terra addosso ed è finita per sempre”. Questa è l’idea di chi non crede. Però dal punto di vista semplicemente umano e che è anche l’idea del cristiano è che la nostra morte è veramente nell’ordine della fine dell’annullamento di tutto ciò che noi abbiamo fatto. Tuttavia noi non ci fermiamo alla descrizione esterna della morte. La morte non la conosce nessuno, noi guardiamo la morte degli altri, ma la morte dentro di sé mantiene segreta la sua verità per cui la morte è nell’ordine del mistero. Occorre credere per decifrare la morte. La morte è proprio il mistero. E credo che sia il mistero più denso, più cupo che c’è nella vita dell’uomo. Nella “Gaudium et spes” il Concilio, parlando della morte, dice: “L’enigma più difficile, più oscuro, più impenetrabile della vita dell’uomo, rispetto al quale enigma, l’uomo ha un senso di ribrezzo”. Però, ecco il cristiano, poi si riprende, dice: “Io sono più grande della morte che mi colpirà. Sento che dentro di me c’è un istinto di risurrezione”. Questo testo è stupendo, il  numero 18 della “Gaudium et spes,” perché dice che Dio ha posto in noi creandoci un seme di risurrezione, un istinto di risurrezione che noi credenti percepiamo. Non siamo fatti per la morte per sempre, la morte è un passaggio: l’idea della morte come porta e come parto. Come porta: cioè è un passaggio, un valico, doloroso, fa piangere chi resta al di qua di quel varco e poi però quel varco, se noi crediamo, è lo sforamento verso un altro mondo, un’altra vita. E il parto. Nel pensiero antico, gli antichi scrittori cristiani parlavano della morte come parto ed è un’idea che hanno ripreso i teologi latinoamericani. La morte è un parto, cioè l’espulsione da un piccolo mondo: come il parto è l’espulsione di un bambino dal seno piccolo, oscuro della madre, per l’immissione dentro un mondo più grande ed è così la morte. Noi usciamo da un piccolo mondo, tutto sommato qual è il mondo degli uomini, e andiamo nell’altro mondo. Questa bellissima espressione della nostra cultura anche popolare, l’ “altro mondo”, altro in più sensi. Nel senso che è un mondo che non conosciamo ancora ma significa anche un mondo diverso e noi crediamo che sarà migliore di questo. La Scrittura dice che nell’altro mondo non ci sarà più il potere della morte, Dio asciugherà per sempre il volto di ogni uomo che ha pianto in questa vita. Lo renderà allegro, felice per sempre.

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Cordoglio del Papa per 224 vittime aereo russo

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Preghiere per le vittime e i familiari che ne piangono la perdita e l’invocazione della forza e della pace del Signore affinché scenda su tutte le persone coinvolte nelle operazioni di soccorso. Così Papa Francesco, in un telegramma indirizzato al presidente russo Putin a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha espresso la propria vicinanza al popolo russo colpito dalla tragedia dell’aereo che precipitando ieri in Egitto ha ucciso 224 persone, tra cui almeno 27 bambini. Il servizio di Roberta Barbi: 

Arrivano nel giorno in cui la Russia si stringe nel lutto nazionale, all’indomani di uno degli incidenti aerei più gravi della sua storia, le condoglianze del Papa che esprime vicinanza alle famiglie delle vittime dello schianto del velivolo della compagnia Metrojet nella zona di Hasana, sul Sinai egiziano, avvenuto una ventina di minuti dopo il decollo. In un’area blindata dall’esercito egiziano, sono riprese questa mattina le ricerche dei 61 corpi che mancano all’appello, mentre in serata arriverà a San Pietroburgo – la città russa da dove provenivano la maggior parte delle vittime – il primo cargo con a bordo 80 cadaveri. In giornata inizierà presso il Ministero dell’Aviazione civile al Cairo anche l’esame delle due scatole nere, che potrebbe far luce sulle dinamiche dell’incidente, rivendicato come atto terroristico dallo Stato islamico in un videomessaggio. L’ipotesi, però, è stata smentita sia dal Cairo che da Mosca e attualmente si segue la pista del guasto tecnico di un aereo che aveva alle spalle 18 anni di volo e che sarebbe accreditata anche da una telefonata intercettata tra il copilota e la figlia. Intanto, per motivi di sicurezza, dopo Air France e Lufthansa, anche Emirates ha deciso di sospendere i voli sul Sinai; interrotti anche i voli della Metrojet, la compagnia cui apparteneva l’aereo precipitato.

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Oggi in Primo Piano



Turchia al voto tra violenze e censure. Erdogan: riportare stabilità

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Urne aperte dalle 8 di questa mattina in Turchia per il rinnovo del Parlamento dopo 5 mesi di stallo politico e il fallimento delle trattative per un governo di coalizione. Tanta la paura di brogli e violenze: a presidiare i seggi, infatti, sono stati schierati 385mila agenti. Quattro gli schieramenti in lizza, per un totale di 16 partiti e una soglia di sbarramento eccezionale, al 10%. Il premier Erdogan è tornato a chiedere ai turchi di scegliere un esecutivo monocolore dell’Akp “che riporti stabilità e fiducia” e annuncia che alle prossime elezioni, per aumentare l'affluenza, si potrebbe votare anche nelle moschee. “La scelta oggi è tra dittatura e democrazia”, ha replicato il leader del partito filocurdo Hdp che nelle ultime elezioni di giugno ha ottenuto il 13 per cento dei seggi, sfilando la maggioranza all’Akp, ora accreditato nei sondaggi tra il 39 e il 43 per cento. Tanti i fattori che pesano su questa tornata funestata da violenze a attentati terroristici: dalla stretta sulla stampa all’incognita sicurezza nel Sudest curdo, fino alla questione immigrazione. Quali le aspettative per questo voto? Cecilia Seppia lo ha chiesto ad Alberto Rosselli, giornalista esperto dell'area mediorientale: 

R. – Questa tornata elettorale - molto probabilmente - non smuoverà più di tanto le cose, anche perché stando agli ultimi sondaggi, dovrebbero esserci dei movimenti molto, molto leggeri: si parla del 2-4 per cento; ci sono quattro schieramenti che sono praticamente in lizza, ma il punto focale è la questione delle coalizioni. Il partito di Erdogan, l'Akp, potrebbe anche prendere una cospicua percentuale, ma non sarebbe comunque possibile – per lui – riuscire a continuare a governare senza un appoggio perlomeno esterno, vuoi che sia il Movimento Nazionalista,(Mhp), vuoi che sia il Partito Popolare Repubblicano (Chp)… Però dobbiamo ricordare che all’interno della Turchia esiste anche un partito curdo che si sta comunque facendo spazio.

D. – Se il partito di Erdogan non dovesse avere i numeri, si aprirebbe uno scenario in cui – forse – ci sarebbe bisogno di un’altra tornata elettorale. La Turchia può sopportare questo?

R. – Secondo me si andrà di nuovo ad un’altra tornata elettorale e di qui a breve, nell’arco di 4-5 mesi, perché questa matassa non si sbroglia. Il problema è che l’atteggiamento anche autoritario del partito di Erdogan, che viene anche chiamato il "sultano", ben difficilmente lo porta a rinunciare alle sue priorità di intervento, sia in politica interna che in politica estera.

D. – Ci sono tante varianti che pesano su questa tornata: una importante è la questione dell’immigrazione. L’Europa, con la cancelliera tedesca Merkel, aveva offerto sostegno ad Ankara, nel caso avesse accolto i profughi… Come l’Europa, oggi, vede la Turchia?

R. – Non esiste, secondo me, una politica unitaria europea di comportamento nei confronti della Turchia, ma varia a seconda dei singoli accordi. Ricordiamo che la Germania ha degli accordi molto forti con il governo turco, sia sotto il profilo economico, sia sotto il profilo anche della sicurezza. Accordi che non ha la Francia, che non ha l’Italia e che non ha la Spagna. Quindi si va un po’ in ordine sparso.

D. – Diciamo anche che la Turchia è un "player" importante, gioca un ruolo determinante a livello regionale…

R. – Certamente! Ora come ora, non fosse altro per il rapporto fra Occidente e mosaico mediorientale. Faccio riferimento alla questione dell’Is, faccio riferimento alla questione siriana… La Turchia, sì, è un giocatore importante nello scacchiere, ma è un giocatore che vuole fare anche la sua partita: Erdogan invece vuole regolare la questione curda a modo suo e non credo che la sua strategia, che è estremamente dura nei confronti del popolo curdo, possa essere condivisa dalla comunità internazionale alla stessa maniera. Certo, Erdogan dice: “Io combatto l’Is, io combatto il terrorismo, però voi – in fin dei conti – mi lasciate fare le cose a casa mia come voglio io…"" Tanto è vero che il comportamento della Turchia nei confronti della minoranza curda non è assolutamente cambiato! La minoranza curda vuole una indipendenza – come minimo – di tipo amministrativo e Erdogan non gliela concederà mai.

D. – Poniamo per assurdo che queste elezioni abbiano, invece, un esito positivo che si riesca a raggiungere una maggioranza per governare: quali sono le sfide che aspettano il nuovo governo?

R. – Tanto per cominciare ci sono delle sfide anche di tipo economico, perché la Turchia sta passando un periodo non certo brillante: dopo una crescita che si è evidenziata alla fine degli anni Novanta e i primi di questo decennio, il Paese ora non sta navigando in buone acque. C’è una insoddisfazione totale della popolazione ed è una insoddisfazione trasversale. Lo abbiamo visto nelle manifestazioni di piazza, quindi c'è una sfida sociale anche… Però di fatto il punto è che o cambia questa forma di autoritarismo o ben difficilmente riusciranno a cambiare le cose. Certo è che le prospettive sono brutte, perché potrebbe anche essere un Paese che rischia una guerra civile…

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Libia: stallo nel processo di pace, continua lavoro Onu

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In Libia continua il lavoro delle Nazioni Unite per giungere alla creazione di un governo di unità nazionale che inglobi il parlamento, internazionalmente riconosciuto, di Tobruk e quello islamista, non riconosciuto di Tripoli. Ma al momento il processo di pace sembra in una fase di stallo per il mancato accordo tra queste due realtà politiche e per l’influenza che su di esse hanno le rispettive ali massimaliste e le milizie tribali; proprio oggi il governo di Tobruk ha "condannato con fermezza" la violazione delle proprie acque territoriali da parte di tre navi da guerra italiane nei pressi della costa di Bengasi. La violazione, però, è stata smentita dal Ministero della Difesa italiano. Allo stato attuale, dunque, si può parlare di fallimento del processo di unificazione? Elvira Ragosta lo ha chiesto a Marco Di Liddo, analista del Centro Studi Internazionali e autore dell’approfondimento “Le sabbie mobili della crisi libica”: 

R. – Purtroppo sì. Nonostante la grande volontà messa in campo dalle Nazioni Unite e dal mediatore Bernardino León, i risultati politici fino ad ora sono mancati, perché l’accordo proposto dal Palazzo di Vetro non soddisfa né Tripoli né Tobruk. E soprattutto non include nel meccanismo negoziale ed istituzionale del futuro del Paese i veri detentori del potere: i "signori della guerra", le milizie sul territorio, e tutti quegli attori che, pur non sedendo in Parlamento, hanno un potere ben più grande sul territorio libico.

D. – A proposito di questi attori, che tipo di controllo hanno sul territorio e quale influenza politica esercitano poi all’interno dei due parlamenti?

R. – Le milizie sono gli attori più influenti: controllano il territorio, hanno uomini armati e dispongono di discrete risorse economiche che derivano dai traffici illeciti. Sono diverse centinaia: le più importanti hanno una base solida nelle principali città libiche, e la loro agenda politica varia. Alcune intendono partecipare attivamente nella costruzione di quella che sarà la nuova Libia. Altre usufruiscono della situazione di anarchia per arricchirsi e comportarsi quasi come un’organizzazione criminosa sul territorio. E, indipendentemente dal futuro politico del Paese, queste cercheranno di imporre il loro peso nelle future negoziazioni, e di avere la loro fetta di torta.

D. – In questa galassia di milizie troviamo tra le tante Ansar al-Sharia, legata ad al-Qaeda nel Maghreb islamico, e il Califfato di Beida, legato al sedicente Stato Islamico: che ruolo hanno queste due formazioni nel processo politico che sta tentando di ricompattare la Libia?

R. – Per fortuna sia Tripoli che Tobruk sono abbastanza, e nettamente, lontane da Ansar al-Sharia e dal Califfato di Beida. Queste sono due organizzazioni marcatamente jihadiste, anti-occidentali, e i loro primi nemici, anziché essere gli occidentali, sono gli stessi musulmani che non condividono la loro visione. Purtroppo queste due organizzazioni hanno, come le altre milizie, il controllo del territorio e anzi: sono diventate organizzazioni parastatali, perché danno alla popolazione servizi, lavoro, sicurezza ed educazione.

D. – Il lavoro delle Nazioni Unite continua, quali possono essere i tempi secondo lei per l’arrivo ad un governo di unità nazionale, per la soluzione della crisi, e per ricompattare tutte le ali politiche e partitiche che governano la Libia di oggi?

R. – Il piano proposto ad oggi non soddisfa nessuno schieramento: bisogna, in primo luogo, cambiare i termini di quell’accordo, perché è troppo sbilanciato, al momento, verso il parlamento di Tobruk. Tripoli non accetterà mai di far parte di un esecutivo in cui i propri rappresentanti siano relegati al ruolo di dipendenti o abbiano un potere minore, o dei ruoli inferiori rispetto ai corrispettivi di Tobruk. In secondo luogo, bisognerà necessariamente parlare con i capi miliziani, perché questi ultimi governano il territorio, e se si fa un accordo senza di loro, c’è il rischio di avere un governo di unità nazionale "meraviglioso", ma che comanda soltanto nel palazzo dove fa le riunioni. La Libia, anche sotto Gheddafi, era un equilibrio molto fragile di interessi tribali e oggi sembra quasi che ce ne siamo dimenticati. Invece dobbiamo sempre ripartire dalla società e dalla base: se non si pensa ad un futuro in cui il centro politico del Paese saranno la tribù e le autorità locali, nessuno accetterà mai un sistema che non abbia come protagonista il potere locale, il potere decentralizzato. 

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Nepal: a 6 mesi dal terremoto, è emergenza bambini

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A sei mesi dal terremoto che lo scorso 25 aprile ha sconvolto il Nepal, Save the Children denuncia che “sono circa 240 mila i bambini costretti ad assistere alle lezioni in aule non adeguate ad affrontare il rigido clima invernale, un milione non ha più una scuola vera e propria e sono oltre 170 mila quelli che hanno bisogno di supporto per poter continuare il proprio percorso scolastico". Francesca Di Folco ha parlato della difficile condizione legata alle esigenze della ricostruzione e ristrutturazione dei locali adibiti per lo studio con Marco Guadagnino, responsabile dei programmi internazionali della Ong:  

R. – C’è un’emergenza nell’emergenza: a sei mesi dal terremoto si sono susseguite in qualche modo due stagioni meteorologiche per il Nepal. C’è stata una stagione più calda, ci sono stati i monsoni piovosi, ma non particolarmente freddi; adesso si entra nell’inverno. Abbiamo paura che le decine di migliaia di bambini che in questo momento stanno frequentando scuole temporanee - tantissime da noi allestite; ne abbiamo allestite quasi 600 nelle zone più remote del Paese  - possano subire l’arrivo del freddo e quindi frequentare scuole al gelo, perché è di gelo che si parla. Sono stato da pochissimo in Nepal, sono rientrato da pochi giorni e la situazione che ho lasciato è veramente drammatica.

D. - Subito dopo la scossa del 25 aprile sono state costruite tremila scuole e oltre 600 spazi di apprendimento temporanei per consentire ai bambini di non interrompere l’attività scolastica ….

R. - Per noi è fondamentale che i bambini dopo traumi cosi forti rientrino immediatamente nella normalità; frequentare la scuola è la primissima cosa che noi proviamo a fare anche nei contesti più complessi come il Nepal. Quindi noi immediatamente abbiamo allestito centinaia di scuole temporanee fatte di materiali locali, quindi bambù, tetti in lamiera e tutto quello che può servire per consentire ai bambini di ritornare a scuola in un ambiente sicuro quindi a prova di altre scosse ma sicuramente non in grado di affrontare l’inverno. Nei nostri programmi ci sono 70 mila bambini che purtroppo rischiano di passare un inverno al freddo.

D. - Con l’arrivo dell’inverno all’esigenza scolastica si unisce anche il freddo. I bambini devono poter far lezione in ambienti adeguati non esposti alle intemperie …

R. - Assolutamente sì. I bambini devono innanzitutto frequentare la scuola. Devono ritornare alla normalità, devono poter studiare in condizioni adeguate. Nelle zone che ho visitato recentemente le temperature possono andare di moltissimi gradi sotto lo zero e i bambini hanno il diritto di frequentare la scuola in strutture che lo possano consentire. In questo momento l’emergenza è molto grave: le scuole nepalesi non sono in grado, nelle zone colpite dal sisma, di poter ospitare i bambini in un contesto minimo, adeguato, normale quindi dove possano stare al caldo e frequentare le lezioni senza morire congelati, perché è di questo che si parla.

D. - L’emergenza continua anche su altri fronti: in molte zone mancano cibo, generi di prima necessità, acqua. Molte famiglie vivono da sfollate nei campi in condizioni di estrema povertà …

R. - La zona dei due terremoti in realtà, perché sono state due le fortissime scosse seguite poi da tantissime altre di assestamento; sono zone molto complicate da raggiungere, molto remote. La densità di popolazione è molto bassa. Queste famiglie vivono su crinali di montagne di collina molto spesso franati; le frane hanno interrotto le vie di comunicazione; è molto difficile raggiungere tutti. Lo si può fare nella maggior parte dei casi soltanto con l’elicottero. Purtroppo i fondi destinati anche al trasposto di beni di prima necessità - quelli provenienti dalle Nazioni Unite - sono terminati o stanno per terminare. Qui tantissime famiglie nelle zone più montuose più difficili da raggiungere al momento sono ancora prive di quelli che sono i primissimi beni di necessità e soprattutto non sono in grado di poter affrontare l’inverno che sta arrivando.

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Benin: costruire un centro studi per dare futuro ai giovani

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In Benin la costruzione di un centro studi può essere decisivo per formare i giovani a costruire il loro futuro ed evitare i rischi dell’immigrazione clandestina. E’ quanto si propone il progetto “Benin: priorità all’educazione” della fondazione “il Cedro onlus”, che ha l’obiettivo di creare un centro studi in cui i ragazzi possano avere le strutture e i mezzi necessari per studiare. Michele Raviart ha intervistato Il giornalista Jean-Baptiste Sourou, promotore del progetto: 

R. – Il progetto riguarda un centro dove ci sono dei libri, una mensa, elettricità, Internet… tutto ciò che serve ad un ragazzo per poter studiare. Noi per il momento abbiamo il terreno, però bisogna costruire tutto! Abbiamo bisogno concretamente di fondi per poter iniziare a costruire qualcosa. Questo è un centro dove si possono trovare quelle infrastrutture, quei mezzi di cui si ha bisogno per studiare. Ricordiamoci che San Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2005 ha detto: “Che i popoli  africani diventino protagonisti del proprio futuro e del proprio sviluppo”. Come si fa a diventare protagonisti del proprio futuro nel mondo di oggi senza educazione? L’Africa ha bisogno dei suoi figli lì.

D. – Come nasce l’idea di un centro per aiutare i giovani africani nello studio?

R. – Questo progetto nasce dal fatto che personalmente lavoro da più di dieci anni sull’immigrazione. In Africa mi sono reso conto che i miei studenti che non hanno luce: studiano sotto la luce dei lampioni alla sera per prepararsi a diventare leader dei Paesi; ci sono poi quei ragazzi che muoiono nella stiva degli aerei perché vogliono andare a studiare in Europa. Io dico: “No! non si può morire per un libro”. Questo centro nasce da queste constatazioni che io ho fatto sul terreno.

D. – L’obiettivo del progetto è anche quello di far conoscere all’esterno la cultura africana …

R. - È un centro aperto anche ad accogliere i ragazzi di tutte le provenienze che lavorano che vogliono conoscere la cultura africana e vivere con la popolazione africana. Il centro darà quella possibilità. Sei cinese? Vuoi conoscere le culture africane? Noi ti ospitiamo. Sei italiano? Noi ti ospitiamo, perché in questo modo vivi a contatto con la realtà africana, la conosci e quindi parti con gli occhi aperti verso la nostra realtà.

D. – Molti di quelli che partono dall’Africa non sanno poi quali sono i rischi nell’attraversare il Mediterraneo …

R. – Ogni ragazzo africano che muore nel Mediterraneo mi provoca sofferenza … il mio cuore sanguina. Il nostro centro vuole proprio dire “no” a questo e allo stesso tempo vuole aiutare i ragazzi a riflettere, a pensare, a decidere. Perché andare via? Infatti è per questo motivo che insieme alla mia associazione organizziamo conferenze, usiamo mezzi come radio, tv, stampa per informare e dire: “Guardate la realtà è questa: c’è la morte dietro, c’è la depressione dietro, ci sono le malattie, perché non tutto quello che vi sembra in Europa è come pensate. Quindi attenzione! Quello che la tv vi presenta non è sempre vero”.

D. – E l’Europa che trovano rischia di essere diversa da quella che si immaginano …

R. – Molti di loro vorrebbero venire in Europa per lavorare due o tre mesi e risparmiare. Ma in Europa, con due o tre mesi, come fai a risparmiare se non hai nessuno che ti accoglie, se non sai dove dormire? Cosa puoi risparmiare? Ma sai come si vive in Europa? Sai come si fa ad andare avanti? Sai quello che ti aspetta se si parla di tasse, quando fa freddo, … Tu lo sai come si vive? Quando fai loro queste domande, loro dicono: “Non lo sapevamo”.

D. – Il progetto nasce anche dall’esigenza di ritornare in Africa da parte di chi in Europa ha invece trovato una strada …

R. - È un dovere per me ed invito anche agli altri a riportare in Africa ciò che abbiamo imparato. Penso che ciascuno di noi, chi lavora nell’ambiente della comunicazione, chi nella sociologia, possa fare qualcosa. Si può fare qualcosa di bello come io sto facendo con il mio centro. Si può fare qualcosa di interessante, si può fare qualcosa di nuovo. In questo modo l’Africa si svilupperà.

Il sito per raccogliere i fondi è https://www.gofundme.com/progettobenin

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EXPO: bilancio positivo ma manca piano riconversione sito

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Cerimonia di chiusura per l’Expo Universale di Milano con il Presidente della Repubblica Mattarella, i rappresentanti del Governo e del Bie. Giochi pirotecnici ed un coro di mille elementi per l’atto finale di sei mesi di incontri, iniziative e visite. Il servizio da Milano di Fabio Brenna

Ha chiuso dopo 184 intense giornate l’Expo universale di Milano. Gli organizzatori accreditano 21 milioni e mezzo di visitatori; 10 mila gli eventi, come eredità morale gli impegni affidati alla Carta di Milano consegnata all’Onu per spingere gli Stati ad un maggiore impegno per gli 800 milioni di persone che soffrono la fame e il sottosviluppo. Eredità concreta di Expo, il Refettorio Ambrosiano, realizzato dalla Caritas, segno tangibile che solo con le eccedenze alimentari si può dare cibo a chi ne è escluso. Un modo per concretizzare quanto richiesto da Papa Francesco all’inaugurazione di Expo, il I maggio scorso: prendere coscienza dei volti dei molti che hanno fame.

Chiusi i varchi, terminate le lunghe code per accedere ai padiglioni più richiesti, in testa l’ormai mitico Giappone, si apre l’importante partita per dare un futuro al milione di metri quadrati del sito. Da domani partono i lavori per smontare e riutilizzare altrove le strutture. Installazioni destinate a diventare un campo sportivo a Milano; un ambulatorio o una scuola in Africa o semplicemente materiale per altre realizzazioni. Resteranno in piedi invece Palazzo Italia, il Padiglione Zero e qui rimarrà pure l’Albero della Vita oltre a qualche infrastruttura di servizio. Ancora non c’è un piano sulla riconversione del sito: fra le proposte, una cittadella della scienza ed innovazione con università ed imprese. Bisognerà pure cercare una ricollocazione per i 3300 lavoratori impegnati nell’Esposizione.

La Chiesa con la sua presenza ha cercato di portare gli esclusi, mantenere Expo nel suo tema, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Un milione ottocento mila i visitatori del padiglione della Santa Sede, chiamato “Non di solo pane”; duecentomila le persone passate all’Edicola Caritas e alle sue iniziative riunite sotto il titolo “Dividere per moltiplicare”. Iniziative che hanno messo insieme rappresentanti di diverse religioni nell’impegno comune per la giustizia e la salvaguardia del Creato.

“Onorato e soddisfatto” di questa esperienza per il sistema Paese, si è detto il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, chiudendo ieri alle 19.13 l’Expo milanese. La bandiera di Expo è stata consegnata al Kazakistan, che organizzerà l’edizione internazionale del 2017 e a Dubai che ospiterà la rassegna universale del 2020 sul tema: “Unire le Menti, Creare il Futuro”: dalla discussione sul futuro dell’alimentazione si passerà a quella su sostenibilità, opportunità e mobilità.

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"Una magia saracena", film sulla dimensione spirituale della matematica

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“Dio è il limite dell’amore che tende a infinito”: è con questa formula matematica che Leonardo, il protagonista del film “Una magia saracena”, spiega ai suoi amici la componente spirituale della matematica. Spiegando come i numeri siano presenti in ogni aspetto del quotidiano, la pellicola didattica vuole avvicinare i ragazzi alla matematica. Alla Festa del Cinema di Roma, dove è stata presentato il film, Corinna Spirito ha intervistato l’ingegnere Aldo Reggiani, autore del soggetto e fondatore dell’associazioni “Spettacoli di Matematica”: 

R. – La scena centrale di questo film si svolge in carcere. Nel parlare del cuore e del limite, Leonardo dice: “Guarda che c’è il limite del cuore che tende a infinito: è Dio!”. Perché la mia convinzione è che la formazione dei giovani non debba limitarsi a saper fare delle cose, delle operazioni o a saper risolvere dei problemi – quindi non debba limitarsi a un livello intellettuale – ma debba andare oltre: a un livello spirituale cosicché la parte logica-concettuale ne tragga non solo alimento, ma addirittura giustificazione. La trasmissione di certi valori che avviene anche senza le parole – con gli sguardi, l’atteggiamento, la luce degli occhi – quella non può essere delegata a Internet. La scuola e le università devono riscoprire e inserire una parte spirituale in tutte le discipline, anche quelle paradossalmente più meccanicistiche, quale potrebbe essere l’ingegneria per esempio.

D. – Quanto è importante educare alla matematica?

R. – Noi pensiamo che la matematica sia una componente fondamentale per migliorare in tre tipi di competenze di cui oggi in Italia c’è scarsità e verso i quali noi cerchiamo di indirizzare i giovani, indipendentemente dal fatto che facciano poi studi prettamente matematici o "ingegnereschi". Queste tre competenze di cui vediamo grande bisogno nel nostro Paese sono: il “problem solving”; l’innovazione – ossia la creatività applicata ai bisogni dell’uomo; e la capacità di convincere. Noi pensiamo che con degli spettacoli che uniscano matematica, arte, poesia e musica, possa arrivare un messaggio che sappia anche incuriosire i ragazzi.

D. – Spesso tendiamo a dire che ci sono dei ragazzi non "portati per la matematica": è vero o è soltanto una questione di esercizio e di metodo?

R. – Non è così perché tutti abbiamo sia una parte sinistra che una parte destra del cervello. E quindi l’equilibrio tra queste due parti porta ad una visione più completa: la capacità di interpretare il mondo in una maniera più equilibrata. Noi pensiamo che vadano coltivate entrambe.

D. – Dopo la Festa del cinema di Roma “Una magia saracena” sarà anche proiettata nelle scuole italiane…

R. – Questo film sarà presentato in tutte le scuole dei principali Comuni italiani, ma il film è solo una parte del progetto. Usciti dal cinema, i ragazzi potranno rivedere alcune scene del film nel sito di Redooc, che è la palestra di matematica più grande d’Italia, e potranno fare esercizi di matematica relativi a quelle scene. Inoltre, se andranno in giro per la città a cercare immagini – fiori, tombini, cerchioni di automobili o giornali stradali – e le correderanno di qualcosa di artistico, di matematico, attraverso Instagram al nostro account Maxsfera, potranno vincere dei premi e stare in contatto con noi. Quindi un grande progetto che ha bisogno di una rete di distribuzione che stiamo creando e che è tutta fatta da giovani. Contiamo di arrivare su 6-7 mila scuole nella stagione 2015-2016.

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Nella Chiesa e nel mondo



Violenze in Centrafrica, 2 morti a Bangui

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Ancora violenze tra musulmani e cristiani nella Repubblica Centrafricana. Ieri sera a Bangui due persone sono morte e due sono rimaste ferite negli scontri che si sono verificati. Secondo fonti militari, molte case sono state incendiate nel quartiere cristiano, sono stati avvertiti colpi di arma da fuoco e avvistati uomini, donne e bambini che fuggivano in tutte le direzioni. Miliziani cristiani, inoltre, si sono organizzati per presidiare le case contro l’assedio di miliziani islamici armati. A dicembre in Centrafrica si svolgeranno le elezioni presidenziali. (R.B.)

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Somalia. Attacco di al-Shabaab a hotel Mogadiscio, 15 morti

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Almeno 15 persone sono morte in un attacco avvenuto questa mattina all’alba all’Hotel Sahafi di Mogadiscio ad opera di uomini appartenenti ad al-Shabaab, il gruppo estremista islamico somalo legato al sedicente Stato islamico. Dopo l’irruzione dei terroristi nell’albergo, si è scatenato uno scontro armato con le forze di sicurezza durato alcune ore, prima che la polizia riuscisse a riportare la situazione sotto controllo, come è stato confermato anche dalle Nazioni Unite.

La dinamica dei fatti

Intorno alle 5.30 ora locale, un kamikaze a bordo di un’autobomba si è schiantato contro l’hotel che si trova non lontano dal quartier generale della polizia internazionale. L’albergo, tra l’altro, era già stato teatro, nel 2009, del sequestro di due agenti segreti francesi sempre ad opera degli al-Shabaab. Subito dopo la prima esplosione, secondo testimoni, ne è stata avvertita un’altra, seguita da colpi sparati da mitragliatrici. Alle operazioni di messa in sicurezza dell’albergo hanno partecipato anche gli uomini dell’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia. Tra le vittime, anche un generale e il proprietario dell’hotel.

"I terroristi non prevarranno"

“Esprimo il più profondo cordoglio e la solidarietà del governo e degli italiani al popolo e alle istituzioni somale per il vile atto terroristico – scrive in un messaggio il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni – i terroristi non prevarranno”. (R.B.)

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Migranti. Naufragio sull’isola greca Samos, altri 11 morti

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Ennesima tragedia del mare, oggi nelle acque dell’isola greca di Samos. Undici persone – tra cui quattro donne, quattro neonati e due bambini – sono state trovate morte all’interno della cabina di un’imbarcazione proveniente dalla Turchia e colata a picco in una zona rocciosa. Un altro cadavere sarebbe poi stato successivamente recuperato in acqua, mentre secondo i testimoni ci sarebbe anche un disperso. Quindici, invece, le persone tratte in salvo dalla Guardia costiera ellenica.

Migranti nascosti in un tir in Bulgaria

Erano 129 i migranti – per lo più profughi siriani – trovati nascosti all’interno di un tir frigo dietro un carico di bottiglie d’acqua, al confine tra Turchia e Bulgaria. A riferirlo è il Ministero dell’Interno bulgaro. La salute dei migranti – 33 donne, 58 bambini e 38 uomini – non desta preoccupazione. L’autista del mezzo è stato arrestato. (R.B.)

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Tronca, neocommissario di Roma insediato al Campidoglio

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Francesco Paolo Tronca è il nuovo commissario di Roma che svolgerà le funzioni di sindaco fino alle prossime elezioni. Tronca ha ricevuto formalmente l’incarico questa mattina a Palazzo Valentini, sede della Prefettura, dalle mani del prefetto Franco Gabrielli, con il quale è rimasto a colloquio per circa due ore. Dopo la formalizzazione della nomina, Tronca ha raggiunto il Campidoglio entrando dall’ingresso principale del Palazzo Senatorio e si è affacciato dal balcone del suo nuovo studio da dove ha salutato i fotografi.

Oggi alla Messa del Papa al Verano

Si è così concluso il mandato di Ignazio Marino, dopo le dimissioni di 26 consiglieri comunali. Oggi alle 16 il primo impegno ufficiale del neocommissario Tronca: rappresenterà la città di Roma al Verano per la tradizionale Messa del Papa in occasione della commemorazione dei Defunti.  (R.B.)

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Australia. Catholic Mission: non dimenticare i bambini bisognosi

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Mancano meno di due mesi alle solennità natalizie e la Chiesa australiana si è già attivata per offrire il suo sostegno ai più bisognosi. In particolare, l’organismo “Catholic Mission” ha lanciato un appello affinché, durante le feste, non vengano dimenticati i bambini più vulnerabili. In un comunicato diffuso sul suo sito web, l’organismo ricorda, in particolare, il lavoro dei missionari cattolici nelle Filippine impegnati con i minori più bisognosi, esortando al contempo i fedeli a sostenere progetti in favore dei bambini non solo nelle Filippine, ma anche nel resto del mondo.

Bambini filippini a rischio a causa di tifoni e malattie
La campagna di solidarietà 2015 ha per tema “Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me”, tratto dal Vangelo di Luca (Lc 9, 48) e dà risalto all’opera di suor Baptistine Corazon Riconalla, Superiora della Casa di Nostra Signora della Provvidenza a Cebu: la religiosa si dice particolarmente preoccupata per la salute dei bambini filippini, considerata la recente ondata di tifoni e l’aumento dei patologie in tutto il Paese. Di qui, l’invito a contribuire alla campagna di solidarietà, vero “regalo di Natale” per i più piccoli.

Catholic Mission, dal 1822 a fianco dei più bisognosi
Agenzia missionaria internazionale appartenente alla Conferenza episcopale australiana, Catholic Mission è stata fondata nel 1822 da Pauline Jericot, religiosa francese, fondatrice dell'Opera della Propagazione della fede. Oggi, l’organismo opera in 160 Paesi del mondo, supportando 1.100 diocesi. (I.P.)

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Camerun. Progetto interreligioso per allontanare i giovani dalle armi

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Con l’obiettivo di combattere il reclutamento dei giovani nei gruppi armati nell’estremo nord del Camerun, la diocesi di Maroua-Mokolo, in collaborazione con l’Associazione camerunese per il dialogo interreligioso (Acadir), ha dato vita ad un progetto di formazione in agricoltura e allevamento. Giovani cristiani e musulmani – circa un centinaio – hanno seguito insieme un corso che si è concluso recentemente.

Religione e Stato uniti nella lotta alla povertà
L’iniziativa interreligiosa, spiega il segretario generale dell’Acadir, Abdourahman Saidou citato da Cameroun Tribune, si iscrive in una logica di accompagnamento alle azioni del governo volte alla lotta contro la povertà nel nord del Paese. “Oltre alla formazione – ha detto Abdourahman Saidou – abbiamo offerto a questi giovani doni della natura perché possano applicare le tecniche acquisite e per lanciarli nel mondo del lavoro. Siamo sicuri che da qui a qualche mese ci saranno dei frutti”.

Incoraggiare lavoro autonomo e accrescere interazione sociale
Pensato fondamentalmente per scoraggiare i giovani attratti dalle armi, il progetto vuole incoraggiare il lavoro autonomo e far accrescere l’interazione sociale e la coesione tra i giovani credenti attraverso la collaborazione e la condivisione di attività socio-economiche comuni. (T.C.)

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Lutto nella redazione francese della Radio Vaticana

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È venuto a mancare nella serata di ieri il nostro collega Bernard Decottignies. Originario del Hainaut, in Belgio, aveva 56 anni. La sua bella voce era nota ai nostri ascoltatori da una trentina d’anni; giornalista esperto, attento alle dinamiche di politica internazionale, era molto apprezzato per la correttezza delle sue analisi. Ha seguito da vicino diversi viaggi pontifici, comprese le visite di Benedetto XVI in Angola e a Cuba, e quella di Papa Francesco in Terrasanta. Sensibile alle tragedie umane e vicino alle persone che le sperimentano, viveva con passione il proprio impegno in diversi progetti umanitari. Dotato di un’innata vitalità, apprezzava molto il contatto umano e non mancava mai un’occasione per confrontarsi con i colleghi, anche con quelli delle altre redazioni linguistiche. Amante degli animali e della natura, era appassionato di arte e di poesia. Egli è presente nelle nostre preghiere e rimarrà sempre nei nostri cuori.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 305

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.