Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 02/11/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco nel pomeriggio in preghiera nelle Grotte Vaticane

◊  

In ginocchio davanti a chi lo ha preceduto sul soglio di Pietro. Papa Francesco si recherà, come di consueto nel giorno in cui la Chiesa commemora i defunti, in visita nelle Grotte Vaticane, alle ore 18, per un momento di preghiera in forma strettamente privata sulle tombe dei Pontefici. Domani, alle 11.30, il Papa presiederà la Messa in San Pietro per i cardinali e i vescovi scomparsi nel corso dell’anno. Il servizio di Alessandro De Carolis

L’essenza ultima della fede cristiana sta in un masso rotolato via e in una tomba vuota. La concretizzazione della notizia che la morte è stata sconfitta dall’Amore che non muore.

Nelle Grotte Vaticane
Lo ricordava Papa Francesco nella Messa per i cardinali e i vescovi defunti dello scorso anno – celebrazione che in modo analogo presiederà domattina alle 11.30, dopo la visita che alle 18 di oggi farà come sempre nelle Grotte Vaticane, in preghiera davanti alle tombe che custodiscono le salme dei suoi predecessori.

Risurrezione, non persuasione
“L’avvenimento della Risurrezione”, ha affermato Francesco, “risponde alla lunga ricerca del popolo di Dio, alla ricerca di ogni uomo e dell’intera umanità”. “Siamo chiamati – ha detto – ad andare alla tomba, per vedere che il grande masso è stato ribaltato, per ascoltare l’annuncio: ‘E’ risorto, non è qui’. Lì c’è la risposta. Lì c’è il fondamento, la roccia. Non in ‘discorsi persuasivi di sapienza’, ma nella parola vivente della croce e della risurrezione di Gesù”. Altrimenti, osserva San Paolo, “se Lui non è risorto, la nostra fede è vuota e inconsistente”. Ma poiché Cristo è risorto – anzi, è Egli stesso “la Risurrezione” – allora la nostra fede “è piena di verità e di vita eterna”.

I tre giorni del chicco
Ed anche i tre giorni di silenzio, dall’ultimo respiro sul Calvario al lampo di luce che squarcia il sepolcro, vanno compresi nell’ottica delle fede, ha spiegato il Papa. Sono i tre giorni del “chicco di grano”, i tre giorni in cui “cadde nella terra” e vi rimase “per il tempo necessario a colmare la misura della giustizia e della misericordia di Dio”, per poi finalmente produrre “molto frutto”, la salvezza per l’umanità.

inizio pagina

Papa al Verano: la santità è controcorrente, ma è via della felicità

◊  

“La via della santità è la stessa via della felicità: è la via percorsa da Gesù, chi cammina con Lui entra nella vita eterna”. Così il Papa ieri pomeriggio celebrando la Messa nella Solennità di Tutti i Santi nel Cimitero del Verano a Roma. Presente al rito, il nuovo commissario di Roma, il prefetto Francesco Paolo Tronca. Francesco ha deposto una rosa bianca sulla tomba di una famiglia romana come segno di omaggio alla memoria dei defunti della diocesi. Il servizio di Paolo Ondarza: 

I santi ci precedono nella patria celeste, ci accompagnano ed incoraggiano ad andare avanti nel nostro pellegrinaggio terreno. Con queste parole Francesco invita ogni uomo a mettersi in cammino sulla strada per raggiungere la vera beatitudine. Gesù è questa via, chi cammina con lui entra nella vita eterna:

“È un cammino difficile da comprendere perché va controcorrente, ma il Signore ci dice che chi che va per questa strada è felice, prima o poi diventa felice”.

Beato – spiega il Papa – è il povero in spirito, perché ha il cuore spogliato, libero dalle cose mondane: è atteso nel Regno di Dio. E’ beato chi è nel pianto perché chi “chi non ha mai provato tristezza o dolore non conoscerà mai consolazione”:

“Felici invece possono essere quanti hanno la capacità di commuoversi, la capacità di sentire nel cuore il dolore che c’è nella loro vita e nella vita degli altri. Questi saranno felici! Perché la tenera mano di Dio Padre li consolerà e li accarezzerà”.

E se siamo spesso impazienti, nervosi, lamentosi e abbiamo pretese, il Vangelo – ricorda Francesco – ci dice che beati sono i miti, come le mamme e i papà nei confronti di figli che li fanno impazzire”. Qualcuno ci precede nel  cammino:

“Gesù ha percorso questa via: da piccolo ha sopportato la persecuzione e l’esilio; e poi, da adulto, le calunnie, i tranelli, le false accuse in tribunale; e tutto ha sopportato con mitezza. Ha sopportato per amore nostro persino la croce”.

Sono beati quanti hanno fame e sete di giustizia verso gli altri e verso se stessi: saranno saziati perché – prosegue Francesco – sono pronti ad accogliere la giustizia che solo Dio può dare. Beati anche i misericordiosi: “sanno perdonare, non giudicano tutto e tutti, ma cercano di mettersi nei panni degli altri”. Ogni uomo – ammonisce il Papa – ha bisogno di perdono: riconoscersi peccatori non è una formalità:

"E' un atto di verità. E se sappiamo dare agli altri il perdono che chiediamo per noi, siamo beati”.

I santi inoltre sono pazienti seminatori di pace, “veri figli del Padre del Cielo che ha mandato nel mondo il suo Figlio come seme di pace per l’umanità”. Non sono felici, constata il Santo Padre, "quelli che seminano zizzania, o che cercano sempre le occasioni per imbrogliare. Dunque, conclude Francesco, sull’esempio dei santi “chiediamo al Signore la grazia di essere persone semplici e umili, la grazia di saper piangere, la grazia di essere miti, la grazia di lavorare per la giustizia e la pace, e soprattutto la grazia di lasciarci perdonare da Dio per diventare strumenti della sua misericordia”.

inizio pagina

Il Papa e la Porta Santa a Bangui: la speranza della Chiesa

◊  

La preoccupazione per i disordini degli ultimi giorni in zone della capitale del Centrafrica ma soprattutto l’intenzione di aprire il 29 novembre la "porta Santa" nella cattedrale di Bangui: ieri le parole di Papa Francesco all’Angelus hanno suscitato gioia e speranza nel Paese che rappresenta una delle tre tappe del suo imminente viaggio in Africa.  Fausta Speranza ha intervistato il nunzio apostolico nella Repubblica Centrafricana,  mons. Franco Coppola

R. – Sono giorni molto difficili per la capitale. I disordini sono limitati a due, tre quartieri della capitale: non sono diffusi nel Paese né a tutta la città, però sono disordini che stanno facendo molti danni e hanno fatto sì che diverse migliaia di famiglie abbiano dovuto abbandonare le loro case. Queste milizie stanno sistematicamente incendiando e saccheggiando le case di tante persone, quindi si sta creando tanta sofferenza tra la popolazione civile tranquilla, che non ha proprio nulla a che fare con il conflitto in corso.

D. – Per tutto questo la grande preoccupazione di Papa Francesco, che si unisce alla speranza di essere lì e di aprire la Porta Santa a Banguì?

R. – Certo. Credo che la preoccupazione del Papa fosse soprattutto quella di esprimere la solidarietà e, al tempo stesso, la preoccupazione per le famiglie che si vedono ridotte in queste condizioni, quindi anche in grave pericolo di vita. Così ha fatto eco e ha dato voce alla situazione – ripeto – di migliaia di persone nella capitale, che si sentono esposte ad una violenza davanti alla quale non hanno difesa né protezione. Al tempo stesso, ha voluto far arrivare il suo incoraggiamento alla parrocchia Nostra Signora di Fatima, che è rimasta come un’isola: è protetta dalla forze dei Caschi Blu e soltanto lì ormai sono rimasti tre sacerdoti, un seminarista e alcune centinaia, quasi 700, sfollati che si sono rifugiati nei locali della parrocchia. Tutto intorno, invece, è quasi deserto: nel quartiere ci sono queste bande che saccheggiano e incendiano le case. Quindi il Papa voleva incoraggiare queste persone che sono rimaste nella parrocchia, far sentire la sua vicinanza, e al tempo stesso annunciare questo evento straordinario: il fatto di dare ai centrafricani un’opportunità. È quasi una missione particolare quella di aprire il Giubileo della Misericordia, e quindi di farsi testimoni di questa misericordia e di questa riconciliazione, innanzitutto tra di loro. È stata una bella sorpresa, un regalo particolare che qui, l’arcivescovo e tutta la Chiesa, hanno accolto con grande gioia. È un grande privilegio quello che il Papa ha deciso di riservare alla Chiesa centrafricana in questa occasione.

D. – Indubbiamente è un dono, e anche la responsabilità poi di tenere “aperta” questa Porta Santa…

R. – Certo, certo! Infatti, proprio per questo, subito dopo la cerimonia dell’apertura e la Messa che seguirà, si sta organizzando una veglia penitenziale che serva per far entrare tutti gli abitanti di Banguì, tutti quelli che verranno per la visita, in uno spirito penitenziale, di conversione; per entrare nella Porta Santa, per ottenere l’indulgenza del Giubileo, ma soprattutto per poter ottenere la grazia dello spirito di riconciliazione e dello spirito di misericordia, che è fondamentale perché questo Paese possa recuperare la pace.

inizio pagina

Divulgazione notizie e documenti riservati: due arresti in Vaticano

◊  

Nel quadro di indagini di polizia giudiziaria svolte dalla Gendarmeria vaticana ed avviate da alcuni mesi a proposito di sottrazione e divulgazione di notizie e documenti riservati, sabato e domenica scorsi sono state convocate due persone per essere interrogate sulla base degli elementi raccolti e delle evidenze raggiunte. Lo riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana.

Si tratta di un ecclesiastico, mons. Lucio Angel Vallejo Balda, e della dott.ssa Francesca Chaouqui, che in passato erano stati rispettivamente segretario e membro della COSEA (Commissione referente di Studio e indirizzo sull’organizzazione delle Strutture Economico-Amministrative della Santa Sede, istituita dal Papa nel luglio 2013 e successivamente sciolta dopo il compimento del suo mandato). In seguito alle risultanze degli interrogatori queste due persone sono state trattenute in stato di arresto in vista del proseguimento delle indagini.

Nella giornata odierna l’Ufficio del promotore di Giustizia, nelle persone del prof. avv. Gian Piero Milano, promotore di Giustizia, e prof. avv. Roberto Zannotti, promotore di Giustizia aggiunto, ha convalidato l’arresto dei predetti, provvedendo a rimettere in stato di libertà la dott.ssa Chaouqui, nei confronti della quale non sono più state ravvisate esigenze cautelari, anche a motivo della sua collaborazione alle indagini. La posizione di Mons. Vallejo Balda rimane al vaglio dell’Ufficio del Promotore di Giustizia.

Si deve ricordare che la divulgazione di notizie e documenti riservati è un reato previsto dalla Legge n. IX dello Stato della Città del Vaticano (13 luglio 2013) art. 10 (art. 116 bis c.p.).

Quanto ai libri annunciati per i prossimi giorni - sottolinea il comunicato - va detto chiaramente che anche questa volta, come già in passato, sono frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa e, per quanto riguarda gli autori, di una operazione per trarre vantaggio da un atto gravemente illecito di consegna di documentazione riservata, operazione i cui risvolti giuridici ed eventualmente penali sono oggetto di riflessione da parte dell’Ufficio del Promotore in vista di eventuali ulteriori provvedimenti, ricorrendo, se del caso, alla cooperazione internazionale.

Pubblicazioni di questo genere - conclude la Sala Stampa - non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Basta violenze e divisioni: all'Angelus della solennità di Tutti i santi l'appello del Papa per la pace nella Repubblica Centrafricana.

Giuseppe M. Petrone sulla vittoria di Erdogan nelle legislative in Turchia.

Quel che i missionari ci hanno portato: l'arcivescovo anglicano Desmond Tutu sul libro che ha cambiato la storia umana.

Il caso don Bosco: Francesco Motto spiega come nei diversi continenti è stata percepita la figura del fondatore dei salesiani.

Un articolo di Sabino Caronia dal titolo "Piccone che fende il mare gelato": cent'anni fa veniva pubblicata "La metamorfosi" di Kafka.

Come l'Elena di Omero: Gabriele Nicolò sulle note di Conrad ai suoi libri.

Al lungo viaggio delle donne africane è dedicato il mensile "donne chiesa mondo".

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Elezioni in Turchia: trionfo per il partito di Erdogan

◊  

In Turchia il Partito giustizia e sviluppo (Akp) del presidente Recep Tayyip Erdogan ha conquistato la maggioranza assoluta – 315 seggi su 550 – alle elezioni politiche anticipate di questa domenica. Alta l’affluenza, con oltre l’86% degli elettori che si sono recati ai seggi. Un voto – ha detto il presidente turco – che dimostra come la nazione abbia scelto di “proteggere il clima di stabilità e di fiducia”. Nel sud del Paese scontri tra polizia e manifestanti curdi. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

E’ netta l’affermazione del presidente Erdogan. Il suo partito, dopo 5 mesi, ha riconquistato la maggioranza assoluta e può governare da solo. Ma non è una vittoria sufficiente per poter cambiare la costituzione dal sistema parlamentare a quello presidenziale, come caldeggiato dal capo di Stato. Per modificare la Costituzione sono infatti necessari 330 seggi. Tra le sorprese il calo della minoranza curda: il Partito dei popoli democratici (Hdp), che però non ha potuto fare campagna elettorale, ha ottenuto solo l’11% dei voti perdendo oltre 20 seggi in Parlamento. Si registrano anche forti polemiche su presunti brogli. Secondo alcune fonti di stampa, vicine all’opposizione, persistono forti discrepanze tra i dati ufficiali e quelli arrivati dai singoli seggi. E sul terreno resta alta la tensione. Un’autobomba è esplosa ieri sera a Nusabyn, città curda nel sud del Paese vicino al confine con la Siria. Nella stessa regione, nella città di Diyarbakir, sono scoppiati scontri tra polizia e manifestanti curdi. 

Sull’esito delle elezioni in Turchia, Amedeo Lomonaco ha raccolto il commento di Valeria Talbot, responsabile del programma per il Mediterraneo e il Medio Oriente dell’Ispi: 

R. – Il risultato ci ha sorpreso perché alla vigilia delle elezioni, secondo i sondaggi e secondo molti esperti, avrebbe dovuto riprodursi una fotografia simile a quella del risultato elettorale del 7 giugno. Così non è stato: l’Akp ha avuto la maggioranza assoluta e questo significa un futuro di stabilità di governo per la Turchia. Stabilità molto importante in una fase critica per il Paese, sia sul piano interno sia a livello regionale. Sul piano interno si è assistito, negli ultimi mesi, a gravi attentati terroristici, ad una forte polarizzazione del clima politico e dello scontro, ad una ripresa della lotta da parte del governo nei confronti del Pkk. Sul piano regionale, è sotto gli occhi di tutti il deterioramento del contesto siriano, l’intervento militare della Turchia sia contro il sedicente Stato Islamico sia contro le basi del Pkk tanto in Siria quanto in Iraq.

D. – Quale è stato l’esito di questo voto per il partito della minoranza curda?

R. – Il partito curdo, che nelle scorse elezioni si era rivelato come l’ago della bilancia della tornata elettorale, è riuscito anche questa volta a superare la soglia del 10% - e questo è il risultato importante per la formazione di Demirtaş. Tanto importante perché, con l’ingresso in Parlamento, ha anche ridotto il numero dei seggi per l’Akp e quindi gli ha tolto la possibilità di portare avanti da solo una riforma costituzionale del Paese in senso presidenziale. Le province a maggioranza curda hanno continuato a sostenere il loro partito. Quello che si può dire è che ci sarà stato uno spostamento di voti – quel 2% in meno – da parte di un elettorato che non è curdo e che, nella precedente tornata, aveva votato il partito di Demirtaş più in funzione anti Erdogan che per un convinto sostegno alla nuova formazione politica di matrice curda.

D. – Questo voto rafforza il ruolo politico internazionale della Turchia?

R. – Senz’altro l’avere un interlocutore sicuro e stabile è un vantaggio per gli altri attori internazionali che si trovano a dialogare con la Turchia per la soluzione delle questioni regionali. Quella più importante, da una prospettiva europea, è la gestione della crisi dei migranti che è all’ordine del giorno negli ultimi mesi dell’agenda europea e di quella turca negli ultimi anni. La Turchia è il Paese che ospita il maggior numero di profughi siriani. In questo momento ce ne sono oltre 2 milioni nel Paese.

inizio pagina

Libia: le cause della profanazione del cimitero italiano

◊  

Sono due le questioni che in questi giorni riguardano la Libia: le difficoltà nel creare un governo di unità nazionale, più volte promosso dall’Onu, e le devastazioni avvenute nel cimitero italiano di Hammangi a Tripoli. Secondo alcuni vi sarebbe un collegamento e le profanazioni sarebbero state messe in atto proprio da gruppi che osteggiano il tentativo di pacificazione nel Paese. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto di nord Africa: 

R. – La profanazione del cimitero italiano è una provocazione nei confronti dell’Italia e certamente un segnale che significa il timore di alcuni gruppi terroristici di vedere l’Italia, ma forse anche gli altri Paesi, intervenire in Libia e mettere fine alla guerra civile in corso in questo momento. E’ una guerra civile per bande e naturalmente ci sarà sempre qualche milizia che cercherà di sottrarsi a un eventuale accordo politico, che per il momento rimane ancora difficile da raggiungere.

D. – In Libia, i sentimenti anti-italiani sono in qualche modo sempre stati presenti?

R. – Io ho sempre avuto l’impressione che la politica anti-italiana di Gheddafi fosse un modo per il dittatore di accreditare la sua politica rivoluzionaria e di indipendenza nei confronti dell’Italia, l’ex potenza coloniale, e comunque delle influenze straniere. Credo che buona parte della popolazione libica mantenga un rapporto di amicizia. Non dimentichiamoci che c’era una piccola comunità italiana in Libia prima della caduta di Gheddafi, quindi non credo che sia un sentimento diffuso tra la popolazione. Però, è un sentimento che può essere giocato sul piano politico da parte di alcune forze politiche e anche terroristiche.

D.  – Per quanto riguarda la possibile formazione di un governo ad unità nazionale, è un obiettivo raggiungibile attraverso quelle che sono le tappe richieste dall’Onu?

R. – Il problema al governo risiede nell’equilibrio all’interno del governo stesso. L’ultimo piano proposto da Bernardino Leon era francamente squilibrato a favore di Torbuk, rispetto invece alla coalizione che è al parlamento a Tripoli. Bisognerà riequilibrare probabilmente queste due componenti e poi però bisognerà fare i conti con le milizie che sono sul territorio. Alcune di queste milizie sfuggono completamente alle stesse forze politiche, quindi noi dobbiamo vedere questo eventuale accordo solo come l’inizio di un lungo processo, ma non certo la soluzione finale al caos che in questo momento è in corso nel Paese.

inizio pagina

Calabria, maltempo. Mons. Oliva: territorio troppo fragile

◊  

Resta critica la situazione in Calabria anche se ha smesso di piovere. Ieri una vittima per il maltempo che, nel versante ionico della regione, ha provocato l’interruzione di strade e ferrovie, l’esondazione di diversi torrenti e anche frane, allagamenti e case isolate. Il servizio di Marco Guerra: 

Nel versante ionico del reggino oggi si contano i danni e si lavora senza soste per ripristinare la circolazione stradale e ferroviaria. Tre giorni di piogge intese hanno infatti provocato l’esondazione del torrente Ferruzzano, che ha isolato l’omonimo Comune e spazzato via la Statale 106 e la ferrovia che in un tratto è rimasta sospesa nel vuoto. Treni fermi anche più a nord sulla linea Catanzaro-Roccella Jonica. Mentre sempre in provincia di Reggio, la 106 Jonica è stata chiusa al traffico in quattro diversi tratti, a causa di alcune frane. Finora, i Vigili del fuoco hanno effettuato oltre 200 interventi di soccorso. In zona sono giunti uomini dai comandi delle altre regioni del meridione. Operazioni in corso ad Ardore, S. Ilario, Bovalino, Bianco e S. Lucia. Evacuate cinque famiglie a Laganadi, dove è straripato Il torrente Catona. Si segnalano inoltre ingenti danni alle coltivazioni. Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, e il capo della  Protezione civile, Fabrizio Curcio, sono attesi per un sopralluogo nelle zone colpite.

 Sulla situazione nella provincia di Reggio Calabria, la testimonianza del vescovo della diocesi di Locri-Gerace, mons. Francesco Oliva: 

R. – La gente vive con molta apprensione questo momento, anche perché il territorio è molto condizionato da queste fiumare, che si ingrossano enormemente nel periodo delle piogge e che in molte parti esondano, causando danni anche alle abitazioni ma soprattutto alle coltivazioni. Qui, c’è la produzione del bergamotto, di grande rinomanza, che corre molti rischi. Poi, c’è soprattutto un’interruzione della strada 106 e della ferrovia, che non consente di raggiungere Reggio Calabria. L’isolamento, dunque, si è aggravato. Anche le chiese, però, hanno riportato danni, in particolare la chiesa di Bovalino, dove è crollato il soffitto che è inagibile. La gente spera solo nel ritorno del sole, del bel tempo.

D. – Ha funzionato la rete di solidarietà, c’è un aiuto?

R. – Sì, sì, c’è stato qualche caso di famiglie rimaste isolate, che sono state comunque prontamente raggiunte. Adesso, le condizioni climatiche sono in un fase di miglioramento e non piove, almeno in questo momento. L’unica speranza è questa: che non piova.

D. – Abbiamo detto che è un territorio fragile, come altre parti della penisola italiana. Anche alla luce del messaggio della “Laudato si'” del Papa, la Chiesa calabrese vuole promuovere il rispetto del territorio…

R. – Sono situazioni che si ripetono, purtroppo, per la conformazione geografica del territorio. Da parte sua la Chiesa sta cercando di richiamare l’attenzione di tutte le persone, non solo dei politici, a un maggior rispetto del territorio. Stiamo pensando anche a una scuola di formazione sulla “Laudato si'” per richiamare ai fondamenti, alla bellezza di questo territorio che, essendo fragile, ha bisogno di maggiore attenzione.

D. – Volete rivolgere un messaggio alle istituzioni? Sperate in un intervento particolare? Cosa si attende la popolazione adesso sul territorio?

R. – Mi auguro ci sia un intervento mirato all’attenzione soprattutto di questi corsi d’acqua, fiumare, che diventano veramente incontenibili nel periodo delle piogge. Soprattutto, quindi, un’attenzione a questo nostro territorio, essendo un’area particolarmente fragile da tutti i punti di vista. Se, quindi, a livello preventivo non si interviene, diventa difficile poi contenere i danni quando si verificano questi grandi temporali. E’ un problema questo, comunque, che si sta portando avanti da tempo e si parla sempre di una messa in sicurezza del sistema idrogeologico, visto il territorio. Non è un problema solo di oggi e mi auguro che venga affrontato adesso in maniera concreta, non solo discutendone.  

D. – Che voi sappiate, ci sono famiglie isolate, anche istituti religiosi? Avete avuto qualche notizia particolare, qualche caso da segnalare?

R. – Intanto, proprio nella giornata di ieri, un sacerdote è rimasto isolato, è stato soccorso e ha poi celebrato la Messa in vari paesi. Anche oggi ho avuto notizia di qualche famiglia isolata in una zona di campagna, che chiedeva l’intervento della Protezione civile. Al momento, comunque, la  situazione è sotto controllo. L’unica cosa è che la zona, essendo ora inagibili la ferrovia e la strada 106, è isolata. Sono necessari, quindi, interventi che ripristinino i collegamenti.

D. – Vedo che lei, come pastore, sta seguendo da vicino tutta la situazione nella sua diocesi…

R. – Poco fa, ho vissuto un momento di preghiera a Samo, vicino a un cimitero interessato proprio da una frana e che quindi è stato dichiarato inagibile. E’ uno dei casi problematici del territorio. Ora mi trovo a Platì, dove c’è un’altra situazione sempre a rischio per un torrente che, in continuazione, rischia di esondare. L’abitato è sempre a rischio, da questo punto di vista.

D. – Questo, quindi, ha condizionato anche la celebrazione delle festività di Tutti i Santi e dei Defunti?

R. – La celebrazione tradizionale al cimitero è stata impedita in quasi tutti i Paesi. Avrei dovuto celebrare al cimitero di Locri, ma non è stato possibile. Sono andato quindi nel paesino di Samo per un momento di preghiera insieme alla popolazione, all’esterno del cimitero, che era inagibile per frana.

inizio pagina

Palermo: imprenditori si ribellano al "pizzo", 22 arresti

◊  

Gli imprenditori si ribellano al "pizzo" e a Bagheria, nel Palermitano, scattano gli arresti. E c’è anche il contributo del collaboratore di giustizia Sergio Flamia nell’operazione antimafia denominata “Reset 2” che oggi ha portato all’emissione di 22 ordinanze di custodia cautelare, tra i quali alcuni degli uomini ritenuti vicini al boss Bernardo Provenzano. Alessandra Zaffiro

Le vittime delle estorsioni fanno crollare il muro dell’omertà
A Bagheria, per anni rifugio e feudo del boss in latitanza Bernardo Provenzano, le vittime delle estorsioni hanno scelto di ribellarsi e far crollare il muro dell’omertà. Nel grande centro alle porte di Palermo, i carabinieri del Comando provinciale, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito all’alba 22 provvedimenti cautelari a carico di capimafia ed estortori dei clan bagheresi, molti dei quali già detenuti. I  reati contestati a vario titolo sono associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, sequestro di persona e danneggiamento a seguito di incendio. Le indagini, riferiscono i militari dell’Arma, "hanno evidenziato la soffocante pressione estorsiva esercitata da temutissimi capimafia che dal 2003 al 2013 si sono succeduti ai vertici del sodalizio mafioso". 

Imprenditori finiti sul lastrico
Una cinquantina le estorsioni documentate grazie alla dettagliata ricostruzione fornita da 36 imprenditori locali che dopo decenni di silenzio hanno trovato il coraggio di ribellarsi al pizzo. Una delle vittime del racket ha raccontato di aver iniziato a pagare in lire, versando tre milioni al mese alla cosca mafiosa di Bagheria: vent’anni trascorsi tra minacce e soprusi, tentando di accontentare le richieste dei boss per poi finire sul lastrico e chiudere l’attività. Secondo gli inquirenti, "lo scenario delle ’imposizioni’ si presenta estremamente ricco e variegato in quanto, seppur particolarmente attento al settore dell’edilizia, incideva su ogni remunerativa attività economica locale, arrivando a chiedere il “pizzo” ad un privato aggiudicatario di un appartamento all’asta giudiziaria". Fondamentali per ricostruire gli assetti del clan, le dichiarazioni del pentito Sergio Flamia. 

Mafia capace di cambiare secondo le necessità
“Capace di modificarsi a seconda delle necessità”, così il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, parla in conferenza stampa della mafia, sottolineando come “continui a soggiogare l’economia” ed evidenziando la “risposta rapida dello Stato”. “La straordinaria azione repressiva delle forze dell’ordine e dei magistrati, i diversi collaboratori di giustizia e il percorso di affrancamento dal fenomeno estorsivo di commercianti e imprenditori, sostenuto dalle associazioni antiracket – si legge in una nota di Addiopizzo sull’operazione “Reset 2” - rilevano come anche su questa area della provincia così difficile ci possano essere le condizioni per sgretolare il muro di omertà e voltare pagina. L’azione delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria e il perseverante lavoro nel territorio condotto dalle associazioni hanno creato una rete di soggetti in grado di offrire competenze, tutele e schermo necessari affinché chi denuncia possa farlo in sicurezza”.

inizio pagina

Registro razzisti e omofobi: si configura reato di diffamazione

◊  

Da qualche giorno è in rete un nuovo sito che fa discutere, denominato “Riro-Registro italiano dei razzisti ed omofobi”, con l’intento dichiarato di volere "marchiare" – come fecero i nazisti con gli ebrei e gli omosessuali – quanti che si macchiano di comportamenti e giudizi discriminatori. Tra le persone inserite nella lista nera figurano stilisti di moda, giornalisti, avvocati, magistrati, politici e anche gente comune, che ha postato sui social opinioni ad esempio contrarie alla teoria di gender o al matrimonio gay o all’adozione gay. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Fabio Macioce, docente di Filosofia del diritto all’Università Lumsa di Palermo: 

D. – In questa lista di proscrizione non si configura un reato di diffamazione?

R. – Può configurarsi, dipende da cosa c’è scritto sotto a ogni nome. In alcuni casi, infatti, ci si limita a riportare le opinioni espresse su siti giornalistici o profili pubblici e in quel caso non c’è una vera e propria diffamazione. In altri casi invece sì, laddove la persona viene ad esempio bollata come bigotta, integralista, omofoba o altri appellativi di questo tipo. Questa non è più una semplice cronaca, un semplice riportare le opinioni altrui, ma è invece un giudizio che, in alcuni casi, può assolutamente essere diffamatorio. Questo poi lo stabilirà la magistratura.

D. – Nel sito di “Riro” si legge “il registro italiano razzisti e omofobi permette a tutti di difendersi” e ancora “se hai subito un torto o vi hai assistito, posta qui la tua esperienza con il nome dei colpevoli”. Ecco, potrebbe rivelarsi un’incitazione a farsi giustizia da sé o anche a delinquere, in persone emotivamente labili?

R. – Questo non lo sappiamo. Sicuramente, è un indice di proscrizione, è un modo per condannare le opinioni altrui, che in una democrazia è sempre sbagliato. Le opinioni vanno criticate, anche aspramente, vanno discusse, mai messe all’indice di per sé. E questa è una forma di violenza, indubbiamente - è una forma di violenza verbale, mediatica - che speriamo non produca nient’altro. Questo non lo sappiamo.

D. – “Riro” fa anche qualcosa di più: parla di colpevoli e praticamente definisce persone razziste, omofobe, chi ad esempio è contrario al matrimonio gay o è contrario alla teoria di gender. Quindi, si anticipa anche un giudizio sommario…

R. – Direi che questo sia molto diffuso oggi, purtroppo. Non lo fa solo “Riro”. Essere omofobi è una cosa, essere razzisti è una cosa e discutere o non condividere le teorie di gender è tutta un’altra cosa. Si può essere in disaccordo con le teorie di gender, che appunto sono teorie filosofiche, senza essere omofobi. Non c’è nesso tra queste due cose. Invece, “Riro” questo nesso lo fa molto di frequente, ma non è l’unico sito a farlo. Purtroppo, è molto diffusa oggi l’idea che chiunque sia contrario al matrimonio omosessuale solo per questo sia un omofobo. Cosa non vera, perché il matrimonio omosessuale è un istituto di cui si discute nel mondo e la discussione nasce proprio dal fatto che ci sono opinioni diverse e le opinioni sono tutte rispettabili, anche se – ripeto – alcune possono essere criticabili. “Riro” invece si limita a riportare queste opinioni espresse, di perplessità, su disegni di legge attualmente in discussione e le bolla come omofobe o razziste, dimostrandosi molto superficiale e assolutamente violento nelle intenzioni, non tanto nei metodi, ma certamente nelle intenzioni.

D. – Ci potrebbe essere qualche denuncia per oscurare questo sito?

R. – Questo lo devono fare gli interessati. Se qualcuno si sente offeso, diffamato da “Riro”, può certamente rivolgersi alla magistratura che, se ravvisa una diffamazione, può chiedere che quella notizia, relativa a quella persona, venga tolta ed eliminata. Se invece la magistratura ritiene che nel complesso questo sito sia diffamatorio allora potrebbe farlo chiudere. Mi sembra però molto difficile questo, perché nel nostro ordinamento c’è la libertà di stampa e la libertà di critica. Ma di certo se una di queste persone, che viene indicata da “Riro” come omofoba o razzista, si sente diffamata, deve rivolgersi alla magistratura e può certamente chiedere tra le altre cose che il proprio profilo venga rimosso.

inizio pagina

Pasolini e il sacro: un ritratto a 40 anni dalla scomparsa

◊  

Intellettuale vivace la cui ecletticità l’ha portato ad essere poeta, narratore, drammaturgo, regista cinematografico, Pier Paolo Pasolini era questo e molto altro sviluppando nella sua carriera anche un profilo da filologo, critico e giornalista. A 40 anni dalla tragica scomparsa dell’artista, autore anche di film a carattere religioso come “Il Vangelo secondo Matteo”, è interessante riflettere su che tipo di religiosità fu quella vissuta da Pasolini e sul suo rapporto con il soggetto sacro. Francesca Di Folco ne ha parlato con Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano: 

R. – Anzitutto, è legata alla tradizione, all’educazione che aveva ricevuto. La sua religiosità si esprime poi come nostalgia, nel tempo che lui ha vissuto impegnato in varie arti, e riemerge continuamente. Pasolini dice sempre: “Il mio punto di partenza ha un sottofondo non confessionale, ma religioso”. Quando parla del potere dice che “il fondo dell’uomo che accetta la viltà del consumo, della banalizzazione, è un fondo di irreligiosità profonda”. Queste sono chiaramente tracce evidenti in Pasolini, ma non si tratta tanto oggi di dimostrare questo, quanto di comprendere per intero la sua figura, che spesso è come messa solo in un angolo di chiave critica alla società. In realtà, c’è questo sostrato profondo che in lui emerge: un incontro che non è accaduto tra questa profonda religiosità e una presenza che fosse diversa da un’apparente Chiesa trionfante o anche molto impegnata nella politica e che invece andasse incontro all’uomo.

D. – Che relazione aveva con il soggetto sacro?

R. – Il soggetto sacro ha tre livelli. Uno molto legato al tema della terra, cioè del Creato. Nel suo famoso film “Che cosa sono le nuvole”, le due marionette,  i due uomini esclamano: “Ah, straziante, meravigliosa bellezza del Creato”. Questo della bellezza profonda di ciò che c’è stato dato come uomini è per lui il sacro. Il secondo, è quello delle persone; il rapporto umano; la vita. La vita è sacra fino al punto che dibatte con Calvino duramente sul Corriere della Sera sul tema dell’aborto. Lui dice che la vita è sacra e Calvino: “Devi considerare i tempi, le problematiche”. Pasolini risponde: “Voi volete fare fuori il cuore”. Il cuore è ciò che fa l’umano, il sacro presente quindi nella vita, nella persona, nella sua alterità. Il terzo livello è quello dell’antico, cioè del mondo greco, di tutta quella cultura da dove vengono gli scalpellini, gli artisti ignoti che attraversano l’Italia e che lui difende come i grandi costruttori di una civiltà.

D. – Il Vangelo secondo Matteo è un’opera dall’indiscussa intensità spirituale. Quali gli aspetti che ne sottolineano il valore religioso?

R. – Straordinario il suo desiderio di voler raccontare la storia più importante del mondo – lui dice – il fatto di volerlo raccontare come uno dei fatti più alti. “Per me Cristo – dice – è divino in quanto è un fatto della realtà, accaduto, in cui si manifesta in modo più alto l’umanità”. Questa è una certezza assoluta. Nel Vangelo secondo Matteo c’è la spiritualità nel fatto che sono presentati i fatti e nel contempo è come se mancasse un passo oltre. Il passo oltre è il passo di un altro verso di lui. Si sente quella profonda tristezza e anche nostalgia, come di un punto accaduto e che poi rimane come lontano. Non c’è l’incontro nella storia, la contemporaneità di Cristo. Il punto è vivo, ma nel contempo è presente una distanza nella storia.

D. – Pasolini parlava di sé definendosi ateo e materialista, eppure dalla pellicola sopra indicata traspare l’interesse dell’artista per il sacro…

R. – Sì, questa professione di ateo e materialista contraddice quell’affermazione riguardo alla religiosità profonda da cui lui parte. La religiosità per Pasolini è questo profondo sguardo sull’umano, che ha bisogno d’altro per essere compreso. Nel contempo lui dice di essere un ateo, per questo. Devo dire che la Chiesa forse mancava di quella materialità che lui ha trovato nell’ideale di Gramsci, della Resistenza, della lotta sociale, della giustizia, ma soprattutto in un uso della ragione vissuto. Pasolini parla molto della ragione, di viverla in modo critico, quando parla anche dell’educazione. Lui è stato anche un insegnante, la mamma era un’insegnante, e ha amato moltissimo questo aspetto di trasmissione della vita e delle cose. Infatti dice in una sua famosa frase: “Se qualcuno ti avesse educato, non potrebbe che averlo fatto con il suo essere, non con il suo parlare”. Io penso che questo “con il suo essere” sia questo aspetto di religiosità che lui voleva materiale, ma che forse era mancante in quel periodo storico o per lui non c’era stato questo incontro presente nella storia. Allora la materialità materialista vuol dire “facciamo questa storia, viviamola, cambiamo il mondo, proviamo a dire qual è la verità”. 

inizio pagina

In un libro nato dal web "50 preghiere per i cercatori di speranza"

◊  

Un amico in ospedale, una gita in famiglia, il cenone di fine anno: da tutto può nascere una riflessione spirituale e un’invocazione d’aiuto al Signore. È questo il cuore del volume “50 preghiere per i cercatori di speranza” di Stefania Perna, professoressa di liceo con un dottorato in letteratura cristiana e mamma di famiglia. Al microfono di Roberta Barbi, l'autrice racconta la particolare genesi del suo libro, nato quasi per caso sui social network: 

R. – Questo libro è nato proprio in modo strano, non avrei mai pensato di scriverlo… E poi continua anche ad avere una grande diffusione e questo è strano perché non è un romanzo. È piuttosto un libro di riflessioni esistenziali che diventano poi preghiera. Anni fa ho vissuto un periodo durante il quale, per motivi personali, ho cominciato a pormi tanti interrogativi esistenziali e a cercare delle risposte con ansia. E ho iniziato a postare qualcosa di queste mie riflessioni su Facebook, che poi è una sorta di diario virtuale pubblico. E quindi sono stata contattata da tantissime persone che leggevano questi testi e si sentivano – si ritrovavano insomma – con i loro sentimenti, i loro dubbi. È nata così l’avventura editoriale.

D. – Facebook può essere uno strumento per la nuova evangelizzazione?

R. – Di questo io ne sono assolutamente convinta, come per tutti i mezzi moderni. Si tratta di vedere come una persona lo usa, però aiuta tantissimo, anche perché mette in contatto a volte persone che hanno le stesse problematiche: insomma le riunisce in qualche modo.

D. – Le sue preghiere scaturiscono dalla vita quotidiana e si elevano al Signore portando con sé alcune delle domande fondamentali dell’uomo. Crede che sia questa facilità del lettore di identificarsi con ciò che lei scrive, il punto di forza del suo libro?

R. – Sì, assolutamente sì. Lo hanno dimostrato anche i feedback che abbiamo ricevuto. Devo dire che quando ho iniziato a scrivere, avevo in mente proprio quei sentimenti e quelle situazioni nelle quali ci ritroviamo tutti, perché soprattutto quando si soffre o si hanno dei problemi, si pensa di essere assolutamente unici. E invece poi si scopre che certi tratti sono comuni a tutti e questo è molto bello… Quello che ho cercato di trasmettere è la mia riscoperta della fede: un percorso bello, possibile e desiderabile per tutti. Perché quello che ho notato spesso è che noi consideriamo la fede come una cosa buona, una cosa vera, ma queste categorie non sono molto coinvolgenti. C’è uno scrittore, che ho citato anche nel libro, don Divo Barsotti, che lo spiega benissimo, quando dice che la verità a volte ferisce. L’uomo ha paura della verità, specialmente se è nel torto. La bontà è faticosa; invece, di fronte alla bellezza, l’uomo è disarmato. Si tratta quindi di riscoprire proprio la bellezza della fede.

D. – Le sue riflessioni sono spesso attraversate dal dubbio: dove può trovare risposte l’uomo di oggi?

R. – Anzitutto io penso che il dubbio sia proprio costitutivo del percorso di fede. Anzi non tanto il dubbio, ma la “domanda”, come dice don Giussani. Perché c’è una differenza: il dubbio in genere è qualcosa di un po’ paralizzante – uno è in dubbio e non sa cosa fare – invece la domanda presuppone un desiderio di conoscere meglio quello che si ha davanti, di capirlo meglio. Infatti, se vediamo il Vangelo, è pieno di domande; chiunque sia vicino a Gesù fa domande: “Chi è più grande?”; “Come posso raggiungere la vita eterna?”. Il problema è che, per rispondere a questo tipo di domande, bisogna prima avere fede. Nel cammino, mi si chiede giustamente dove si possano trovare le risposte. I mezzi sono sempre quelli: nella scrittura, nella preghiera… Però è un cammino, non sono risposte confezionate.

D. – Quindi se la nostra fede ci fa un certo punto delle domande non dobbiamo averne paura…

R. – Assolutamente no, perché le domande sono la strada per poi arricchirsi di qualcosa. Chi non si pone domande in un certo senso è morto, perché è già contento di tutto quello che ha e quindi non si muove per niente. E invece la fede è cammino. Nella prima pagina del Vangelo in cui si parla dei discepoli, questi ultimi chiedono: “Maestro dove abiti?”, e lui risponde: “Venite e vedrete”. C’è sempre l’idea del cammino nella fede.

D. – Sempre più spesso la Chiesa venera esempi di santità nella quotidianità. Basti pensare alla canonizzazione dei genitori di Santa Teresa del Bambino Gesù. Dunque, nella quotidianità si può trovare la via per la salvezza...

R. – Direi che questo è il messaggio fondamentale che volevo trasmettere con il mio libro: la quotidianità deve diventare preghiera. Dal Concilio Vaticano II in poi, ormai è noto che la santità riguarda tutti ... Quindi la sfida è quella di riuscire a collegare la preghiera alla vita, anche perché, quando la si collega veramente, non ci si stanca mai di pregare, perché sono realtà sempre nuove: sia la vita che la preghiera. Il mio testo in realtà nasce così: all’inizio c’è un grido a Dio che nasce dalla situazione che una persona sta vivendo, dal problema che ha, o anche dalle circostanze banali – ce ne sono alcune al mercato o che riguardano una persona cara in ospedale. Quindi la prima parte è questo grido. E poi il grido che viene trasfigurato, quando lo si avvicina alla preghiera, alla scrittura, alle frasi dei santi, prende una luce nuova. È proprio il legame preghiera-vita nella vita quotidiana.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Sinodo caldeo: rinnovato impegno a unità, perdono e riconciliazione

◊  

Riconciliazione e perdono, unità e coesione, una migliore formazione dei sacerdoti e una maggiore partecipazione dei laici alla vita della Chiesa; e ancora, un sostegno alla Lega caldea, quale via privilegiata per garantire la partecipazione dei cristiani alla vita politica del Paese, pur senza trasformarsi in un partito. Sono questi alcuni fra i molti punti emersi nel comunicato finale, pubblicato sul sito del patriarcato caldeo e ripreso dall'agenzia AsiaNews, a conclusione del Sinodo della Chiesa irakena e della diaspora, che si è tenuto a Roma la settimana scorsa. Guidata dal patriarca Louis Raphael I Sako, l’Assemblea ha visto riuniti 21 vescovi provenienti dall’Iraq e dai Paesi della diaspora ha affrontato anche alcuni elementi riguardanti le celebrazioni liturgiche e i riti, anche se la maggior parte dei temi verranno affrontati in futuro in un Sinodo ad essa dedicato. La Chiesa caldea vive un momento di difficoltà acuito dalla guerra che ha martoriato Siria e Iraq, terre in cui vive la gran parte dei fedeli; violenze e conflitti hanno favorito la fuga all’estero, un esodo biblico che ha più che dimezzato la popolazione cristiana della regione.

Tra i temi al centro del Sinodo: comunione e unità fra diocesi
Il Sinodo della Chiesa caldea era programmato in origine per il 22 settembre ad Ankawa, distretto cristiano di Erbil, nel Kurdistan irakeno. L’Assemblea è stata rinviata in un secondo momento a Roma, a fine ottobre, per favorire il viaggio di vescovi provenienti da Canada, Stati Uniti e Australia. Tra i temi al centro dei lavori sinodali la comunione e l’unità fra diocesi, dentro e fuori l’Iraq. E ancora, il dramma delle decine di migliaia di famiglie fuggite dalle loro case a Mosul e nella piana di Ninive, in concomitanza con l’avanzata del sedicente Stato islamico (Is). L’obiettivo del patriarca Sako era quello di dare speranza a cristiani e musulmani, grazie a una presenza forte e dinamica della Chiesa caldea, che sappia anche rinnovarsi nella liturgia. 

L'opera di aiuto “materiale e morale” a profughi e migranti
A conclusione dei lavori, i partecipanti al Sinodo hanno diffuso una dichiarazione finale in cui ricordano, in apertura, il “deterioramento” della sicurezza in Iraq e nella regione mediorientale, in particolare in Siria. Fondamentale, in questo senso, l’opera di aiuto “materiale e morale” ai profughi e ai migranti, costretti ad abbandonare le proprie abitazioni per le violenze e gli attacchi, in particolare l’esodo da Mosul e dalla piana di Ninive con l’arrivo dello Stato islamico. In questo contesto il patriarca Sako ha elogiato l’opera di vescovi e sacerdoti nel sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tragedia e ha voluto ringraziare quanti “hanno fornito sinora un aiuto”. 

I casi di sacerdoti e monaci accolti in altre diocesi
Rilanciando i principi di unità, riconciliazione e perdono, i padri sinodali hanno anche stabilito per il futuro che non si verifichino più casi di sacerdoti e monaci accolti in altre diocesi, spesso della diaspora, senza il consenso del loro vescovo di appartenenza, come già deciso nel Sinodo del 2013. Patriarca e vescovi hanno stabilito la nascita di un comitato ad hoc per l’assegnazione di borse di studio, incoraggiando al contempo il riposo nel giorno di sabato per approfondire gli studi e la preghiera, oltre che seguire altre attività come lo studio di una lingua straniera. 

Sostegno alla Lega caldea, strumento di azione politica e sociale
Il Sinodo ha inoltre auspicato un rafforzamento della presenza dei laici nella vita della Chiesa caldea e sottolineato il principio della “trasparenza finanziaria” nella gestione di ogni diocesi; e dato mandato di predisporre “un sistema uniforme” per tutte le diocesi caldee del mondo, sotto la guida dei vescovi Sarhad Jammu e Michel Qasarji. Inoltre, i padri sinodali chiedono di non pubblicare articoli e testi che “creano confusione”, ma vanno promossi testi che “lavorano alla diffusione della fede e della coscienza morale”. Infine, il patrianca Sako e i vescovi hanno auspicato un rinnovato sostegno alla Lega caldea, strumento di azione politica e sociale (pur senza essere un partito) dei cristiani nelle loro terre di origine, e reintrodotto la pratica dell’unzione con l’olio sacro. (R.P.)

inizio pagina

Messico. Vescovi Guerrero: sostenere le vittime della violenza

◊  

“Un nuovo governo a Guerrero apre la grande speranza per riprendere insieme il cammino che ci conduca a condizioni di vita degna, giusta e in pace”. Con queste parole apre il messaggio dei  vescovi della Provincia ecclesiastica di Acapulco, la quale comprende quattro delle diocesi dello stato di Guerrero, tra i più colpiti dalla violenza esercitata soprattutto da bande criminali.  I presuli chiamano le  nuove autorità civili perché siano sensibili alla difficile situazione delle vittime della violenza. “Guerrero - si legge - ha bisogno di un governo sensibile al dolore delle vittime delle violenze, soprattutto, le vittime del crimine organizzato che ha provocato migliaia di uccisioni, sequestri, scomparse forzate, estorsioni e profughi interni e che sono ormai il pane quotidiano nella regione”.

Una nuova gestione in mezzo a una profonda crisi
Il messaggio dei vescovi riconosce che il nuovo governo - eletto nei comizi regionali di giugno e insediatosi martedì scorso - inizia la sua gestione in mezzo ad una profonda crisi sociale, politica, economica e di rispetto dei diritti umani. “Secondo i dati del Sistema Nazionale di Sicurezza Pubblica - si legge - Guerrero continua ad essere l’entità più violenta del Paese, e questa grave situazione ha portato la popolazione alla polarizzazione, al conflitto, all’emarginazione, alla disperazione, e anche, a farsi giustizia da sé”. Di fronte a questa “dolorosa realtà”, i presuli propongono alle nuove autorità che - in collaborazione con la Chiesa e le organizzazioni sociali - si lavori per la ricostruzione del tessuto sociali, lo Stato di diritto e il rinforzo delle istituzioni attraverso un “piano di sviluppo integrale e sostenibile” per combattere il fenomeno della violenza e  della insicurezza. “E’ urgente - scrivono - creare una piattaforma sociale indirizzata a garantire il benessere e lo sviluppo di tutti i cittadini di Guerrero”.

Leggi per risarcire e accompagnare le vittime
“La attenzione alle vittime è fondamentale per la pace”- affermano i vescovi che suggeriscono nuovi meccanismi legislativi e istituzionali per accompagnare in maniera integrale le vittime e offrirgli la possibilità di reinserirsi nella vita comunitaria, permettendo loro l’acceso alla giustizia e alla riparazione, “convinti che tali violazioni ai diritti umani non accadranno mai più”. I presuli affermano che non si può pensare alla costruzione della pace mentre ci sono ancora tante persone colpite dalla violenza. “L’attenzione alle vittime - scrivono - è anche una questione di prevenzione".

La Chiesa ribadisce il proprio contributo per la pace e la riconciliazione.
Il messaggio ricorda il lavoro che svolge la Chiesa, nelle diverse diocesi per accompagnare le vittime attraverso i Centri di Giovani per la Pace e le Scuole di Perdono e Riconciliazione, che in alcuni casi contano con la collaborazione dei governi municipali. “Continueremmo il nostro impegno per costruire la pace, con speciale attenzione ai giovani, perché possano diventare - attraverso lo studio e il lavoro - protagonisti di trasformazione e di cambio sociale”. Infine, i vescovi della Provincia ecclesiastica di Acapulco si impegnano a “formalizzare un accordo di volontà” con le autorità di  tutti i comuni e dello stato di Guerrero, per la ricerca del bene, dello sviluppo e della pace. (A cura di Alina Tufani)

inizio pagina

Vescovi Ecuador: la visita del Papa ha rafforzato la fede

◊  

L’ultima Assemblea plenaria della Conferenza episcopale ecuadoregna di quest’anno ha messo al centro i frutti della visita di Papa Francesco e la preparazione dell’Anno della misericordia. “E’ stato un momento di grazia, di profonda unità è fratellanza” si legge nel messaggio dei vescovi alla fine della plenaria svoltasi dal 26 al 30 ottobre a Loja, antica città coloniale dell’Ecuador. Il testo  è stato presentato, in conferenza stampa dal presidente dell’episcopato  mons. Fausto Trávez,  arcivescovo di Quito, insieme al segretario episcopale mons. René Coba e al vescovo di Loja, mons. Alfredo Espinosa.

Dialogo politico e crescita economica
Durante l’incontro, mons. Travez ha esortato il governo e la società a mantenere un dialogo permanente, franco e aperto per risolvere la crisi politica. Inoltre ha sottolineato il grande bisogno di creare coscienza sulla realtà economica del Paese. “ Quello di cui ha bisogno l’Ecuador sono importanti investimenti nella agricoltura,  nell’allevamento  di bestiame e nella industria” ha detto il presidente dell’episcopato. Anche il segretario  generale, mons.  Coba ha chiamato i politici ha gesti di solidarietà “lasciando di lato ogni interesse di partito” per il bene comune.

Cogliere la ricchezza delle parole del Papa
Nel valutare la visita pastorale del Papa al Ecuador dal 5 al 8 luglio scorso, i vescovi hanno sottolineato la vicinanza del Santo Padre e la risposta entusiasta e calorosa del popolo ecuadoregno che ha “invaso le strade e gli spazi pubblici” per seguire e salutare da vicino il Pontefice. “Vi esortiamo a cogliere e custodire la ricchezza dei messaggi che ci ha lasciato,  in modo da rafforzare la fede e rinnovare le famiglie e la società con una crescita in solidarietà, gratuità e sussidiarietà. 

Far sentire la misericordia intorno a noi
I vescovi hanno approvato diverse iniziative per favorire nei fedeli l’esperienza di misericordia di Dio e il proprio atteggiamento di misericordia verso il prossimo, con speciale attenzione ai sofferenti ed emarginati durante l’Anno della Misericordia convocato da Papa Francesco. L’episcopato invita il popolo di Dio a “vivere con illusione e speranza quest’anno giubilare, aprendosi al Dio misericordioso che ci accoglie e ci offre il suo perdono, e facendo si che si possa sentire la misericordia intorno a noi”.

La bellezza del dono della famiglia all’umanità
Durante l’Assemblea l’episcopato ha accolto l’esperienza condivisa dai delegati al recente Sinodo dei vescovi sulla Famiglia per intensificare il lavoro pastorale con iniziative indirizzate alla cura e promozione della famiglia nel contesto e le problematiche del nostro tempo. Con invito a consolidare la propria vita familiare “che sarà sempre un bene e un'esperienza di grande umanità” si conclude il messaggio dei vescovi, che torneranno al Loja, ad agosto del 2016 per la Festa mariana del ricevimento della Vergine del Cigno, una delle tradizione religiose più importanti del Paese. (A.T.)

inizio pagina

Indonesia: Conferenza della Chiesa cattolica sulla famiglia

◊  

Discutere della famiglia per condividere “le comuni preoccupazioni e speranze sui suoi problemi, in modo che la Chiesa cattolica indonesiana possano testimoniare la bontà della proposta cristiana da vivere nella società per il bene della nazione”. Con questa parole mons. Ignatius Suharyo, arcivescovo di Giakarta, illustra lo scopo della Conferenza nazionale della Chiesa cattolica indonesiana (Sidang Agung Gereja Katolik Indonesia, Sagki 2015). Il tema scelto quest’anno è: “La famiglia cattolica: Il Vangelo della speranza. La sua vocazione e la sua missione nella Chiesa e nella società plurale indonesiana”. Il congresso, organizzato dalla Conferenza episcopale del Paese (Kwi), inizia oggi e terminerà il 6 novembre.

Tra i temi: divorzio, lavoratori migranti ed educazione dei figli
Al convegno - riferisce l'agenzia AsiaNews - partecipano circa 500 persone, compresi 10 delegati da ogni diocesi e alcuni membri di organizzazioni cattoliche che lavorano con le famiglie. Il Sagki 2015 avrà per tema “in modo speciale i problemi sociali di cui la Chiesa ha il dovere di occuparsi – ha detto mons. Shuaryo durante una conferenza stampa – come il divorzio, i lavoratori migranti e i genitori che non possono educare i propri figli perché il loro tempo è preso dal lavoro, con grave danno dei figli”.

Una Conferenza a beneficio di tutta la nazione indonesiana
Quello di cui l’Indonesia ha bisogno, secondo il presule, “sono i buoni costumi delle famiglie cattoliche che non solo devono diventare un modello per la società, ma devono offrire una qualità della vita da cui tutti possano imparare”. L’Indonesia ha un bisogno urgente di persone moralmente integre, “e questo è quello che vogliamo provocare con questa conferenza nazionale – conclude l’arcivescovo – dove vescovi, sacerdoti, religiosi e laici cattolici si incontrano, per rendere un beneficio a tutta la nazione”.

Le preoccupazioni maggiori della Chiesa sulla famiglia
​Parlando in conferenza stampa, mons. Fransiskus Kopong Kung, presidente della Commissione episcopale per la famiglia, ha detto che “attraverso il Sagki 2015, la Chiesa indonesiana vuole esprimere la sua gratitudine per tutte le famiglie cattoliche, per il loro contributo fondamentale. Questo è il momento della verità, dove vescovi, sacerdoti e religiosi devono imparare ascoltando le loro voci, preoccupazioni, sogni e speranze”. Mons. Suharyo e mons. Kung sono appena rientrati in Indonesia dopo aver partecipato al Sinodo sulla famiglia in Vaticano. Secondo padre Hibertus Hartono, presidente del Sagki 2015, la conferenza “è stata pensata in accordo con le preoccupazioni maggiori della Chiesa sulla famiglia, discusse di recente al Sinodo straordinario, alla Giornata delle famiglie di Philadelphia e al Sinodo dei vescovi conclusosi la settimana scorsa. È un tema – conclude il sacerdote – che da troppo tempo la Kwi non prendeva in considerazione”. (M.H.)

inizio pagina

La Croce della Gmg a Bruxelles accolta da 600 giovani

◊  

La Croce della Giornata Mondiale della Gioventù è stata accolta il weekend scorso da 600 giovani di tutto il Belgio riuniti nella capitale per un incontro nazionale di Ognissanti come tappa verso la Gmg 2016 di Cracovia. La Croce - riferisce l'agenzia Sir - ha già percorso molte tappe in tutto il mondo. Ora è il momento del Belgio: per l’occasione la Chiesa di Bruxelles ha messo a punto un programma rivolto ai giovani con momenti di preghiera, testimonianze, una celebrazione e una marcia.

I momenti dell'incontro per la Croce della Gmg
L'evento è iniziato sabato sera nella cattedrale dei Santi “Michel et Gudule”: la serata è cominciata con la testimonianza di Gregory Turpin, artista francese di fama internazionale ed è proseguita con la presentazione della Gmg di Cracovia. Al termine dell’incontro, i partecipanti hanno sfillato con candele accese per le strade di Bruxelles e a chiusura della serata, è stata proposta una notte di preghiera nella Chiesa des Riches-Claires dove i giovani hanno potuto anche restare a dormire. Ieri domenica 1° novembre, i ragazzi sono tornati per le strade della città ed hanno sfilato con bandiere di tutto il mondo dalla chiesa des Riches-Claires alla cattedrale dove è stata celebrata la Messa. (R.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 306

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.