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Sommario del 03/11/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: come Dio farsi servi umili, non funzionari

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“Lo stile di Dio che ci salva servendoci e annientandosi ci insegna che anche noi possiamo vincere con Lui, se scegliamo l’amore servizievole e umile che rimane vittorioso per l’eternità”. Ruota intorno a questo pensiero l’omelia pronunciata dal Papa nella Messa celebrata questa mattina nella Basilica di S. Pietro a suffragio dei vescovi e dei cardinali defunti nell’ultimo anno. ”Ci basti Dio”, è stato l’auspicio conclusivo del Pontefice, ”per essere liberi dalle cose effimere”, per esser “figli amati” e non “funzionari”. Il servizio di Gabriella Ceraso

Ricordare i cardinali e vescovi deceduti nell’ultimo anno significa pregare perché trovino in Dio la gioia piena nella comunione dei Santi, ma anche rinnovare la scelta che è stata la loro vocazione di ministri, cioè farsi “servi” umili e fino al sacrificio di sé come Dio ha fatto per primo:

“Chi serve e dona, sembra un perdente agli occhi del mondo. In realtà, proprio perdendo la vita, la ritrova. Perché una vita che si spossessa di sé, perdendosi nell’amore, imita Cristo: vince la morte e dà vita al mondo. Chi serve, salva. Al contrario, chi non vive per servire, non serve per vivere”.

Come Gesù amiamo con umilità e concretezza
Il Vangelo ci ricorda questo: "Dio ha tanto amato il mondo" che per salvarci ci ha raggiunto là dove eravamo andati a finire, "nella morte”. L’ha presa su di sé "con tutte le sue contraddizioni", dice il Papa, e ora noi "guardando a Lui e credendo in Lui veniamo salvati". E questo che Francesco chiama “stile di Dio che ci salva servendoci e annientandosi”, non dunque una vittoria trionfante, ma umilissima basata sulla forza dell’amore, “ha molto da insegnarci “:

“Nella Pasqua di Gesù vediamo insieme la morte e il rimedio alla morte, e questo è possibile per il grande amore con cui Dio ci ha amati, per l’amore umile che si abbassa, per il servizio che sa assumere la condizione del servo. Così Gesù non solo ha tolto il male, ma l’ha trasformato in bene. Non ha cambiato le cose a parole, ma con i fatti; non in apparenza, ma nella sostanza; non in superficie, ma alla radice. Ha fatto della croce un ponte verso la vita. Anche noi possiamo vincere con Lui, se scegliamo l’amore servizievole e umile, che rimane vittorioso per l’eternità. È un amore che non grida e non si impone, ma sa attendere con fiducia e pazienza”.

Lo stile dell’amore di Dio è anche, spiega Francesco, di amare “fino alla fine” il mondo, mentre noi, osserva, siamo portati ad “amare ciò di cui sentiamo il bisogno e che desideriamo”.

Non funzionari, ma figli amati
E allora anche questa Messa diventa occasione per chiedere al Padre di rivolgere il nostro pensiero alle “cose di lassù”, a Dio, al prossimo", più che "ai nostri bisogni". Che "sia sufficiente alla nostra vita 
la Pasqua del Signore", è l’auspicio finale del Papa," per essere liberi dagli affanni delle cose effimere che passano e svaniscono nel nulla”:

“Che ci basti Lui, in cui ci sono vita, salvezza, risurrezione e gioia. Allora saremo servi secondo il suo cuore: non funzionari che prestano servizio, ma figli amati che donano la vita per il mondo”.

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Dolore del Papa per la tragedia nella discoteca di Bucarest

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È “profondo dolore” quello che Papa Francesco esprime in un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, per la tragedia avvenuta in Romania, la notte di venerdì scorso in una discoteca di Bucarest.

Un incendio causato da uno spettacolo di fuochi pirotecnici ha causato la morte di 30 giovani e il ferimento di altre 180 persone. Francesco assicura, si legge nel messaggio, “la sua spirituale vicinanza ai familiari delle vittime, alle autorità governative e all'intera nazione”, affidando “alla misericordia del Signore quanti sono deceduti in così drammatici eventi”.

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Nomine episcopali di Papa Francesco in Argentina

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In Argentina, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Zarate-Campana, presentata da mons. Oscar Domingo Sarlinga, in conformità al can. 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Pedro María Laxague, finora ausiliare di Bahía Blanca. Il presule è nato il 14 settembre 1952, in provincia di Buenos Aires, in seno ad una famiglia distinta per la sua religiosità, d’origine francese, di 19 fratelli (uno dei quali è S.E. Mons. Esteban M. Laxague, Vescovo di Viedma). Dopo aver ottenuto il Baccellierato, conseguì il titolo d’Ingegnere all’Università Statale. Portò a termine gli studi in scienze sacre presso l’Angelicum di Roma, conseguendo il Baccellierato in Filosofia e Teologia e la Licenza in Diritto Canonico. Ordinato sacerdote il 15 luglio 1989, ricoprì quindi molti incarichi nella Curia Arcidiocesana di Bahía Blanca come pure nel servizio pastorale. Nel 1991 fu nominato Cancelliere, quindi nel 2004, Vicario Generale dell’Arcidiocesi. Il 14 novembre 2006 è stato eletto Vescovo titolare di Castra severiana ed Ausiliare di Bahía Blanca. Ha partecipato all’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi La Vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.

Sempre in Argentina, il Pontefice ha nominato padre Carlos Azpiroz Costa, superiore della comunità domenicana di Mar del Plata, arcivescovo coadiutore dell’arcidiocesi di Bahía Blanca. Il neo presule è nato il 30 ottobre 1956 in Buenos Aires, dopo gli studi primari e superiori nella Scuola dei Fratelli Maristi, cominciò gli studi universitari di Diritto Civile presso l’Università Cattolica di Buenos Aires. Il 1° marzo 1980, entrò nell’Ordine dei Predicatori ed emise la sua prima professione il 28 febbraio 1981. Alcuni mesi dopo si laureò in Diritto civile presso l’Università Cattolica di Buenos Aires. Dopo gli anni di Filosofia presso il Centro di Studi Istituzionali del Convento di Santo Domingo di Buenos Aires, il 10 marzo 1984 fece la professione solenne e poi ottenne il Baccellierato in Filosofia presso l’Università del Nord Santo Tomás de Aquino (Unsta), della Provincia Domenicana Argentina. Iniziò gli studi teologici presso il Centro di Studi Istituzionali (affiliato alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Cattolica Argentina) e nel 1989 ottenne il Baccellierato in Teologia. Durante questi anni insegnò Catechesi nella Scuola Cattolica delle Suore Domenicane del Santo Rosario e fu assistente universitario nelle cattedre di Antropologia Teologica e di Teologia Dogmatica nelle Facoltà di Scienze Economiche e di Diritto dell’Università Cattolica Argentina. Fu ordinato sacerdote il 14 agosto 1987 e continuò la sua attività accademica e pastorale, soprattutto come Assistente del Movimiento de Jornadas de Vida Cristiana e responsabile della Missione in Puerto Viejo (Corrientes). Nel 1989 fu inviato a Roma e nel 1992 ottenne il Dottorato in Diritto Canonico presso l’Angelicum. Dal 1992 al 1995 fu Priore del Convento del Noviziato San Martín de Porres in Mar del Plata e Docente nell’Università FASTA di Mar del Plata, nel Centro de Estudio y Reflexión della diocesi di Mar del Plata e nella Facoltà di Diritto Canonico dell’Università Cattolica Argentina a Buenos Aires. Nel 1995 fu eletto Segretario Provinciale e Priore del Convento San Pedro Telmo di Buenos Aires. Nel 1997 fu nominato Procuratore Generale dell’Ordine. Gli furono poi assegnati il Rettorato della Basilica Santa Sabina in Roma e l’incarico di Docente nella Facoltà di Diritto Canonico dell’Angelicum. Il 14 luglio 2001 fu eletto Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori. Dal 2003 al 2006 fu anche Membro del Consiglio Esecutivo dell’Unione dei Superiori Generali e nel 2008 partecipò all’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Concluso il mandato di Maestro Generale nel 2010, dal 12 aprile 2011 è vicepriore del Convento del Santissimo Rosario a San Miguel de Tucumán. Attualmente, è Superiore della comunità dominicana di Mar del Plata.

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Card. Turkson: sulla terra il peso di un "terribile degrado"

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“A metà della “Laudato si’” troviamo questa domanda: che tipo di mondo vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi, per i bambini che ora stanno crescendo?”. Il cardinale Peter Turkson gira il quesito di fondo dell’ultima Enciclica del Papa al pubblico del campus della Columbus Ohio State University, che lo ha invitato per una discussione sulla sostenibilità globale.

Lacrime del pianeta terra
L’intervento del presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace – tenuto ieri sera, ora locale – sintetizza, elencandole, le preoccupazioni di Francesco sulla difficile situazione complessiva che vive la “casa comune” planetaria. “Oggi la terra, nostra sorella – afferma – è maltrattata e abusata, si lamenta, e le sue grida si uniscono a quelle di tutto il mondo abbandonato e ‘scartato’”. Ci sono le emissioni di gas serra “in forte aumento”, che minacciano di spezzare gli equilibri climatici e lo sviluppo sostenibile in tutto il mondo. “La terra – osserva il cardinale Turkson – geme sotto il peso terribile dell’inquinamento e del degrado. Si piange per la perdita di biodiversità, di intere specie che scompaiono per la disattenzione dell’uomo”. E ci sono poi le “lacrime asciutte”, quelle che si piangono per la mancanza e lo spreco d’acqua, mentre i “deserti aumentano”.

Cambiare direzione
Papa Francesco, ricorda il porporato, “ci invita ad ascoltare queste sofferenze. Egli esorta tutti e di ciascuno – gli individui, le famiglie, le comunità locali, le nazioni e la comunità internazionale – a ‘cambiare direzione’ assumendo la bellezza e la responsabilità del compito di ‘prendersi cura per la nostra casa comune’. E qui, il presidente di Giustizia e Pace parla della “conversione” a una “ecologia integrale” cui Francesco esorta, quella che coinvolge tutta l’umanità, figlia di un mondo ormai “interconnesso”. “Nuovi stili di vita”, dunque, accompagnati dall’eliminazione della “cultura dell’usa e getta” e dalla “critica” al “nuovo paradigma tecnocratico” e alle “forme di potere che nascono dalla tecnologia”.

L’appello alla COP21
Una settimana fa, ricorda il cardinale Turkson, un gruppi di patriarchi, cardinali e vescovi, in rappresentanza della Chiesa di tutto il mondo, han firmato una dichiarazione che invita i dirigenti della COP21 – la Conferenza delle Parti della Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici – a rispondere alla chiamata della “Laudato si’”. L'appello afferma che “il clima e l’atmosfera sono beni comuni globali che appartengono a tutti e sono destinati a tutti” e chiede “un accordo equo”, giuridicamente vincolante, che riconosca “la necessità di vivere in armonia con la natura, garantendo il rispetto dei diritti umani per tutti, compresi quelli dei popoli indigeni, delle donne, dei giovani e dei lavoratori”.

La preghiera per la casa comune
Attraverso “il dialogo, l'unità, e la buona volontà verso gli altri – conclude il cardinale Turkson – possiamo rispondere generosamente e responsabilmente. E che Dio ci usi di noi per contribuire a realizzare la nostra preghiera sulla terra, la casa comune Egli ci ha dato”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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Premio speciale al Ctv dall'Eutelsat Tv Awards

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Una menzione di merito per aver scelto “di comunicare al pianeta gli storici eventi della Chiesa cattolica attraverso le immagini ultra hd”. Recita così la motivazione del premio speciale assegnato dall’Eutelsat Tv Awards al Centro Televisivo Vaticano (Ctv). A ritirare il riconoscimento durante la manifestazione internazionale dedicata alla televisione satellitare, svoltasi lo scorso 30 ottobre,  è stato il direttore editoriale del Ctv, mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per le Comunicazioni, e il direttore tecnico della struttura, Stefano D’Agostini. Mons. Viganò ha dedicato il premio “a tutta la meravigliosa squadra del Ctv”, formata – ha sottolineato, da “professionisti di alta qualità, che hanno la consapevolezza, e insieme l’umiltà, che il proprio lavoro è destinato al mondo intero”. Il mondo intero, ha detto ancora il prefetto della Segreteria per le comunicazioni, “oggi riconosce in Papa Francesco l’uomo che, senza ingenuità o irenismi, sa suscitare in ciascuno uno sguardo di rinnovata speranza. Ai miei compagni di viaggio del Ctv – ha concluso – e a tutti gli amici che ne condividono i progetti la mia gratitudine e la mia preghiera”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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La logica del serpente: messa in suffragio dei cardinali e vescovi defunti durante l’anno.
Affascinante strategia missionaria: il cardinale segretario di Stato sul Celso Costantini, primo delegato apostolico in Cina.

Si avanza zoppicando: Sandra Isetta su Haim Baharier e l’interpretazione delle Scritture.

Un castello di mille merletti: Silvia Guidi ricorda Giorgio La Pira, morto a Firenze il 5 novembre 1977.

Per un’Europa della solidarietà: incontro fra il primate anglicano Welby e il patriarca Bartolomeo.

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Oggi in Primo Piano



Turchia: Reporter senza frontiere su stretta alla libertà stampa

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Profonda preoccupazione desta la situazione dei media in Turchia, all’indomani della schiacciante vittoria del partito Akp del presidente Erdogan. Il clima di intimidazione e pressioni verso la stampa avrebbe anche pesato sul corretto svolgimento delle elezioni, come denunciato dagli osservatori dell’Osce, che hanno seguito la campagna elettorale. E sono di stamani i primi bombardamenti dopo il voto di domenica effettuati dell’aviazione turca contro postazioni del Pkk curdo, nel Sudest del Paese. Roberta Gisotti ha intervistato Mimmo Càndito, presidente in Italia di Reporter senza frontiere: 

Cinquantotto licenziamenti e due arresti di giornalisti, primi atti contro la libertà di stampa, nel nuovo corso del presidente turco Erdogan, che ieri ha invitato il mondo intero a rispettare il suo partito che ha conquistato circa il 50% dei voti. Mimmo Candito, c’è da spettarsi il peggio? 

R. – Sì, sicuramente. Non vi è dubbio, perché la vittoria schiacciante di Erdogan gli dà la possibilità di muoversi con assoluta libertà: praticamente senza controlli, vista anche la sua capacità di influenza sul potere giudiziario e nell’intimidire, mettere un bavaglio o comunque influenzare o condizionare o reprimere i percorsi della libertà di stampa, quale che essa sia e quindi giornali, televisione, radio e gli stessi blog. Teniamo conto che la Turchia è il Paese in cui c’è il più alto numero di giornalisti in galera ed è il Paese che, negli ultimi mesi, ha registrato il licenziamento di mille giornalisti, proprio per pressioni del potere politico.

D. – Cosa può fare la comunità internazionale?

R. – Fare quello che stiamo facendo noi e cioè che gli organi di informazione diano all’opinione pubblica la consapevolezza di quanto sta accadendo laggiù, tenendo conto anche che non è un problema che riguarda un Paese lontano, per il quale si possono esprimere anche liberamente pensieri o condanne, ma che però non ci riguarda. No, la Turchia è un Paese cardine all’interno di tutti i processi politici che si stanno realizzando in questo momento ed è un Paese che sta bussando alla porta dell’Unione Europea da tempo per accedere al ruolo di membro dell’Ue. Come sta succedendo, in qualche misura, anche in Ungheria: l’Ungheria fa parte dell’Unione Europea, ma le forme di repressione e di intimidazione della stampa sono drammatiche. Dobbiamo fare in modo che non si ripetano esempi simili. E allora che fare? Condannare in ogni forma possibile e portare alla consapevolezza l’opinione pubblica di quanto sta accadendo, perché ciascuno poi assuma la responsabilità in ragione del ruolo che ha.

D. – La stessa Casa Bianca ha espresso profonda preoccupazione…

R. – La Casa Bianca è consapevole – altroché se è consapevole – di quanto sta accadendo in Turchia. Allo stesso tempo, però, ha concesso alla Turchia di bombardare violentemente e di reprimere violentemente le formazioni curde, che sono quelle che si stanno battendo contro lo Stato islamico, purché la Turchia concedesse, come di fatto ha concesso, l’uso della base aerea di Incirlik per i raid che gli Stati Uniti d’America, insieme ad altre forze della coalizione, stanno compiendo. I politici condannano, ma poi? Sempre più siamo spinti, in questi ultimi tempi, a un giudizio generale critico, sulla capacità della politica di gestire i processi di evoluzione delle società di oggi. Sappiamo quanto ci siano ambiguità in questi comportamenti della politica e quindi, ancora una volta, quale sia il ruolo dell’opinione pubblica per far pressioni perché ci sia una maggiore coerenza fra le dichiarazioni formali e poi i comportamenti. Io voglio ricordare quando scriveva un secolo fa, nel 1904, Pulitzer, che poi è diventato un grande nome del giornalismo internazionale: “L’opinione pubblica ben informata è la Corte suprema di ogni società”. Tutti dicono: “Sì, è vero”, ma poi l’opinione pubblica non pone l’accento sul fatto di essere “ben informata”. Il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa – e quindi anche quanto stiamo dicendo in questo momento – è sicuramente molto importante, perché attraverso i media si costruisce il consenso e la società politica e i poteri politici non hanno poi la possibilità di realizzare tutto ciò che vogliono se questo consenso non c’è. Quindi, è un circuito chiuso che può diventare infernale: quanto più se ne parla, quanto più si condannano situazioni simili, tanto più si può spezzare questo circuito infernale.

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Siria: verso l'opzione negoziale per risolvere la crisi

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In Siria continuano i raid russi in appoggio all'esercito di Damasco. Intanto, sul fronte della coalizione internazionale a guida statunitense, spicca il no della Gran Bretagna ad effettuare azioni militari contro l'Is. Che cosa cambia, dopo l'ingresso della Russia nella crisi siriana in chiave militare, in vista dei prossimi colloqui internazionali, ai quali partecipa anche l’Iran. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Lorenzo Trombetta dell'Ansa di Beirut: 

R. – I russi si sono accorti che la soluzione militare, dopo un mese di bombardamenti e di copertura aerea alle forze iraniane governative, non è risolutiva. Il fatto che anche i russi se ne siano accorti, chiude un po’ il cerchio di tutti gli attori militari intervenuti direttamente o indirettamente in Siria, che ancora oggi intervengono. Sono arrivati anche, a causa o grazie all’intervento russo, alla conclusione che bisogna comunque mettersi attorno ad un tavolo per capire che cosa sarà la Siria di domani.

D. – E’ cambiata molto anche la posizione, nel futuro della Siria, del Presidente Assad rispetto a qualche mese fa?

R. – Già dalla fine del 2014 la comunità internazionale, in particolare in Occidente, ha pensato che di fronte alla presenza dello Stato Islamico forse Bashar al-Assad sia il male minore. Assad oggi è un attore, militarmente, sul terreno, meno debole; sicuramente non il più forte, ma le sue linee di difesa sono adesso più protette. In qualche modo la Russia e Assad arrivano al tavolo dei futuri eventuali  negoziati con una posizione meno debole rispetto a qualche mese fa.

D. – Sul fronte della coalizione a guida statunitense spicca il no della Gran Bretagna ad effettuare raid. Vuol dire insomma che c’è qualche diversità di vedute in Occidente?

R. – Non dobbiamo dimenticare che in questi Paesi, a differenza dell’Iran o della Russia, ci sono delle elezioni, ci sono dei partiti politici, c’è un pluralismo, ci sono dinamiche istituzionali interne ai vari Paesi. La Gran Bretagna si era opposta già da tempo. Lo stesso premier britannico ha capito che la sua popolarità interna sarebbe dipesa anche dalle scelte di politica estera. In questo caso, ha scelto finora di fatto di avere un ruolo secondario nei bombardamenti in Siria e, comunque, ogni partecipazione ulteriore britannica sarebbe per Cameron un rischio interno. Dobbiamo, quindi, guardare anche a che cosa succede a livello interno in questi Paesi, che a volte ha poco a che fare con la questione siriana, con lo Stato Islamico, con il terrorismo o con tante altre vicende che sono lontane in questo caso dal dibattito che avviene a Londra nelle camere istituzionali.

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Burundi: popolazione paga scontro governo-ribelli

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Amnistia per tutti i ribelli pronti a deporre le armi. E’ quanto riferito ieri dal presidente del Burundi Nkurunziza, a seguito della spirale di violenza riacutizzatasi durante gli scontri che, tra la scorsa primavera ad oggi, hanno portato a oltre duecento persone uccise dopo l’ultima tornata elettorale. Francesca Di Folco sulla natura della crisi ha raccolto l’intervento di padre Claudio Marano, missionario saveriano operante per circa 30 anni in Burundi: 

R. – E’ stato anche preso d’assalto il Centre Jeunes Kamenge che è una delle istituzioni del Burundi che da 25 anni opera con i giovani. E’ stato preso d’assalto alle 8 di sera con granate e mitragliate sulle finestre e i danni sono stati solamente alle strutture, fortunatamente non alle persone. Quindi anche lì è un impegno da parte della gente che guerreggia, a distruggere le possibilità che ci sono, a vivere in pace. Abbiamo il governo, con il partito al governo, e l’opposizione e naturalmente si utilizza sempre lo stesso metodo, che è quello di non andare d’accordo né uno con l’altro né l’altro con il primo e chi che paga è la popolazione.

D. – Il presidente ha annunciato un’amnistia a beneficio degli oppositori coinvolti negli scontri purché depongano le armi entro 5 giorni e ha annunciato che se questo avverrà ne seguirà una sorta di formazione civica in cui verrà insegnato ai manifestanti ad amare il loro Paese …

R. - Questo è di ieri. E’ una cosa che lui aveva già fatto altre volte, senza alcuna riuscita. Non è solamente da parte dell’opposizione che si devono deporre le armi ma anche da parte delle milizie del partito e naturalmente nessuno lo fa. Io sono stato in Burundi e ho vissuto per 13 anni la guerra civile che ha seguito la morte del presidente nel ’93 ed era la stessa cosa: cioè, i ribelli utilizzano le armi per andare contro l’esercito, l’esercito utilizza le armi per andare contro i ribelli e quelli che ci rimettono sempre sono i giovani, la popolazione. Purtroppo siamo a questo livello. Ad ogni modo ci sono alcuni che sono a disposizione e se viene trovato ancora qualcuno con le armi questo finisce in prigione e gli altri finiscono in rieducazione, se questo può servire.

D. - Intanto, agli inizi di ottobre l’Unione europea ha congelato i beni e impedito i movimenti di alti funzionari vicini al presidente, accusati di repressione durante le manifestazioni della primavera scorsa…

R. – Sono stati 4 a cui è stata tolta la possibilità di entrare in Europa, ma adesso, dalla settimana scorsa, anche Obama ha ritirato al Burundi un suo statuto particolare che lo vedeva un partner privilegiato - probabilmente questo dopo che il Burundi aveva concesso agli Stati Uniti una grandissima ambasciata a Bujumbura.

D. – La comunità internazionale è chiamata ad intervenire non soltanto per frenare i focolai di violenza locali continui ma anche per le ripercussioni che potrebbero interessare le zone limitrofe dei Grandi Laghi, dopo le elezioni in Rwanda e in Congo…

R. – Sì, questi sono i punti interrogativi, perché non è solamente il Burundi ma anche il Rwanda deve fare le elezioni e anche lì abbiamo un presidente che vuole fare il terzo mandato. Anche l’Uganda, il Congo, tutti quanti vogliono fare un terzo mandato, cose che non sono permesse dalla loro Costituzione e questo porterebbe la zona a una guerra totale.

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Oms-carni lavorate, nuove polemiche. Bertollini: non sono bandite

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Non si placano le polemiche dopo l’allarme dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Airc) ha infatti inserito la carne rossa lavorata ma anche quella fresca tra le sostanze cancerogene. Salumi, insaccati, e ogni genere di carne lavorata aumenterebbe il rischio di tumori al colon e allo stomaco, mentre le carni fresche di manzo, maiale vitello, agnello, montone, cavallo e capra aumenterebbero il rischio di tumori al colon, al pancreas e alla prostata. Ma la comunità scientifica si divide: "Niente allarmismi", dichiarano anche diversi oncologi. Roberta Gisotti ha intervistato il dott. Roberto Bertollini, responsabile dell’Oms presso l’Unione Europea: 

D.  – Dott. Bertollini, l’Oms mette al bando carni rosse e insaccati perché cancerogeni: è davvero così come ha titolato gran parte della stampa?

R. – Non direi “messa al bando”. Direi che abbiamo chiarito che le carni che sono andate incontro a una certa lavorazione sono cancerogene se usate in modo continuativo, per lunghi periodi, in quantità notevoli, e che le carni rosse, quelle non sottoposte a processi di lavorazione – quindi la bistecca, per capirci – sono probabilmente anche queste cancerogene a causa di una serie di sostanze, di processi di trasformazione che si verificano anche durante la cottura. Questo è ciò che è stato detto e quindi non è una messa al bando, perché si tratta di alimenti comunque di alto valore nutrizionale, che contengono vitamine, acido folico, altre sostanze e quindi sono comunque contributi importanti alla nutrizione umana.

D.  – Le due affermazioni collidono: sono importanti ma sono cancerogene, quindi dobbiamo eliminarle dalla tavola o no?

R. – No, non dobbiamo eliminarle perché si tratta di un rischio basso che si può controllare abbastanza agevolmente, limitando l’apporto di carni nella dieta. In realtà, questo principio che la carne aveva un valore negativo nei confronti dello sviluppo di una serie di malattie, tra cui il cancro, ma anche malattie cardiovascolari, è un concetto che già da tempo viene ripetuto e questo comportamento raccomandato alla popolazione. Forse lei ricorderà il Codice europeo contro il cancro, pubblicato diversi anni fa, nel quale veniva anche lì raccomandato un limite all’uso della carne rossa nell’alimentazione. Io non vedo questa contraddizione: dire che un prodotto può essere consumato, ma va consumato con moderazione, non contraddice il fatto che questo prodotto possa in caso di consumo eccessivo determinare problemi alla salute.

D. – Moderazione si traduce in quante volte alla settimana? E, questi limiti variano per l’infanzia, per gli adulti, per gli anziani?

R. – Al momento, non c’è una raccomandazione settimanale in termini quantitativi da parte dell’Oms. Esistono altre organizzazioni, tra cui per esempio una organizzazione che si occupa di cancro negli Stati Uniti, che raccomanda non più di 500 grammi di carne a settimana.

D. – Anche una penuria di proteine animali potrebbe però avere conseguenze negative, soprattutto per i bambini, i ragazzi?

R. – L’apporto proteico è importante in tutte le fasi della vita, in particolari nelle fasi dell’accrescimento. E’ vero che è possibile fornire un apporto proteico adeguato anche con un’alimentazione prevalentemente basata sui vegetali. Tuttavia, un apporto di carne limitato un paio di volte a settimana male non fa. Sostanzialmente, può aiutare soprattutto gli organismi in crescita, fornendo una quantità di proteine adeguate. Però ripeto  non è insostituibile.

D. – Di fronte a questo allarme qualcuno ha sospettato che sia stato in realtà un allarme procurato per gli interessi in gioco nell’industria alimentare. Lei può escludermi questo sospetto?

R. – Io lo escludo perché questa è una cosa che esce fuori tutte le volte che si parla di qualcosa di alimentare. Lo stesso è successo in occasione delle nostre linee guida sullo zucchero ,in cui noi abbiamo indicato la necessità di ridurre l’apporto di zucchero nella dieta. La stessa cosa è uscita fuori quando si parlava del sale. Insomma, tutte le volte si ipotizza una sorta di complottismo di sfondo. In realtà, non c’è nessuna pressione da parte di nessuno. Qui si tratta di un gruppo di ricercatori di altissima qualità che si è riunito su coordinamento della nostra Agenzia sul cancro, ha rivisto le evidenze scientifiche – più di 800 studi – e ha fatto conclusioni totalmente indipendenti. Questa è anche la garanzia per i cittadini, per i governi che quando giungono queste raccomandazioni, queste valutazioni, queste sono effettivamente indipendenti: non c’è nessun interesse che ha determinato questa valutazione e l’ha orientata o determinata. Questo lo posso escludere in modo assoluto.

D. – Dunque, l’Oms ha dato una raccomandazione generale e adesso sta ad altre categorie professionali trarne le conseguenze e dare le indicazioni più precise ai cittadini?

R. – Facciamo una precisazione. Noi raccomandiamo una nutrizione prevalentemente basata su frutta verdura, legumi, cereali, perché questa è una dieta che più protegge la salute e più facilita la longevità, come è stato dimostrato da tanti studi, anche da dichiarazioni che sono state fatte a questo proposito da autorevoli personaggi come il prof. Veronesi ed altri. Questa è la nostra raccomandazione dal punto di vista dietetico. Ora, questo ultimo dato sul cancro verrà rivisto alla luce di questi dati che sono stati pubblicati e farà parte di ulteriori raccomandazioni che verranno prodotte nel corso dei prossimi mesi ed anni.

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Calabria. Cimitero dei migranti. Mons. Nunnari: idea meravigliosa

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La Regione Calabria e il Ministero dell'Interno si sono interessati al progetto approvato recentemente dal Comune di Tarsia, in provincia di Cosenza, riguardante la realizzazione di un cimitero internazionale riservato ai migranti morti nel Mediterraneo. L'iniziativa, nata da un'idea di Franco Corbelli, cittadino calabrese, presidente del movimento "Diritti Civili", ha ricevuto un incoraggiamento anche da mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano. Le sue parole al microfono di Fabio Colagrande

R. – Il calabrese avrà anche i suoi limiti, ma è un popolo ospitale. E Corbelli, che è figlio di questa terra, e che sta facendo altre battaglie per i diritti civili molto opportune, con questa iniziativa è in linea con quella che è la nostra caratteristica e il valore che portiamo dentro, quello dell’ospitalità non solo per i vivi e comunque per quanti vivono la tragedia di essere lontani dalla propria terra, perché trovino questa accoglienza anche in quel luogo sacro che è il cimitero. L’iniziativa è meravigliosa. Si sentono già figli di questa terra, non solo perché la Calabria è terra che accoglie i migranti, la gente che viene da lontano, ma perché qui hanno uno spazio. Io ricordo, quando ero parroco a Reggio che a volte, quando moriva un musulmano, c’era la celebrazione e poi la tragedia: l’allontanamento dalla propria famiglia in questa nostra terra, perché fosse portato nella propria terra di origine. Questa iniziativa fa sentire ancora di più quella caratteristica dell’ospitalità, ma anche della vicinanza: il cimitero è il luogo che unisce tutti. Ricordiamo quando Sant’Agostino scriveva che tutto quello che facciamo per i morti sono “solatia vivorum”, consolazione per i vivi, ma soprattutto, prima ancora, educazione alla vita. Al cimitero si impara a vivere.

D. – Un’iniziativa che mette insieme due valori così importanti: l’accoglienza di chi è lontano, del sofferente, dell’immigrato in questo caso, e anche la commemorazione, la preghiera per i defunti…

R. – Sì, certamente, quella preghiera che unisce tutti, anche le nostre sorelle e i nostri fratelli che vengono da lontano. Facevo questa riflessione: qui ancora ci sono spazi riservati per l’uno o per l’altro, ma la nostra pace è nei Cieli dove saremo tutti uniti. Questo è bello: camminare nei corridoi dei nostri cimiteri e trovare gli ebrei, il cimitero dei musulmani… tutti. Nel traguardo finale saremo tutti insieme nella Casa del Padre. Qui ancora, per quanto riguarda il rispetto dei morti, ci sono delle divisioni culturali, religiose, ma la patria è nei Cieli. Quindi, saper stare già qui assieme, accanto a questi fratelli... Io me lo auguro e sarò uno dei primi che andrò a visitare questo cimitero e a portare la preghiera, fermandomi dove dei fratelli e delle sorelle hanno trovato forse non molta accoglienza nella nostra terra, in Italia, ovunque, dove ci sono ancora  riserve mentali, e purtroppo anche dei cristiani. E’ bello, però, pensare che siamo tutti insieme, forse a distanza di un chilometro tra un cimitero e l’altro, ma tutti assieme perché tutti siamo figli di Dio.

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Per la prima volta in Italia meno di 100 mila aborti in un anno

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Un dato significativo di un’inversione di tendenza culturale in atto in Europa. Così la presidente dell’Associazione Scienza e Vita Paola Ricci Sindoni commenta la relazione sull’interruzione volontaria di gravidanza in Italia trasmessa ieri al Parlamento. Secondo la ricerca nel  2014,  per la prima volta,  il numero di  aborti è stato inferiore a 100 mila. Costante il numero dei medici obiettori di coscienza, ma in nove casi su dieci gli aborti vengono effettuati  nella propria regione di residenza. Al microfono di Paolo Ondarza ascoltiamo la stessa Ricci Sindoni: 

R. – Questi 100 mila stanno ad indicare che ancora in Italia - e in Europa in generale – l’aborto finisce per essere spesso anche un metodo contraccettivo. Però è anche un dato confortante perché questa cifra, che non è altissima ma che non è neanche residuale, può significare che c’è anche un cambiamento di rotta. Del resto è lo stesso Istat che, qualche mese fa, ha indicato come un gran numero di giovanissime – 16-18 anni – preferiscano oggi portare avanti la gravidanza piuttosto che abortire.

D. – Quindi se c’è da sottolineare un possibile cambiamento a livello culturale in senso positivo, per quanto riguarda il rispetto della vita e la concezione di “dove” o “quando” inizia la vita, nel contempo questi valori vanno inseriti in un contesto che fotografa anche un calo della natalità complessiva in Italia…

D. – D’accordo, questa è la grande sfida che sta davanti a noi: nel 2016 il Ministero della Sanità ha intenzione di affrontarla caratterizzando quest’anno come “Anno della Fertilità”. E’ giusto che si ridia anche una nuova visione della maternità: non più come un compito da compiere passivamente, come era nei primi del Novecento; ricordiamo che da questa concezione si originò la rivolta della donna, padrona della propria fertilità. Ora questa grande emergenza sociale della decrescita ci spinge a riaffrontare di nuovo, con una nuova sensibilità, forse anche con un nuovo linguaggio, l’idea che la maternità sia un valore non soltanto per la donna, ma è un valore condiviso da tutta la società ed è una ricchezza che va valorizzata.

D. – Questo dato, di meno di 100mila aborti in un anno, non include il ricorso ai cosiddetti anticoncezionali di emergenza, le pillole dei giorni dopo?

R. – Eh no, perché probabilmente questo dato sfugge al dato statistico in sé: una cosa è il conto degli aborti che sono registrati negli ospedali, una cosa sono invece i dati che sono più sfuggenti, perché (per acquistare le pillole del giorno dopo; ndr) non ci vuole neanche più la ricetta. Quindi le persone vanno, prendono il farmaco e poi cosa ne fanno? Lo utilizzano, non lo utilizzano? Hanno un ripensamento? Sono dati molti fluidi…

D. – E’ stato lamentato come questo diritto da parte dei medici ad obiettare, a rifiutarsi di praticare l’aborto potesse andare contro il cosiddetto diritto delle donne ad abortire. Questi dati che cosa ci dicono?

R. – Danno una versione completamente diversa: è assolutamente una leggenda metropolitana che le donne si debbano spostare addirittura da una regione all’altra per cercare di veder garantito il loro diritto all’aborto… E non lo diciamo noi da cattolici, ma lo dice un dato statistico: quindi, anche in questo, dobbiamo essere confortati.

D.  – Da questi dati esce fuori anche che a scegliere di non portare avanti una gravidanza sono in numero consistente giovani donne istruite e neo-impiegate…

R. – Certo. Il Papa lo ha detto anche qualche giorno fa: non mettiamo la donna nella triste condizione di dover scegliere o il lavoro o un figlio. Certo è che la società e le nostre strutture politiche non sembrano poi garantire la sicurezza alla maternità, perché considerano la maternità semplicemente come una cosa che riguarda la donna: per nove mesi lavora di meno, part-time… Se il valore invece è un valore sociale, allora tutto va ridisegnato: il valore della maternità è un valore condiviso, che non è soltanto sulle spalle e sul cuore della donna, ma un valore che viene condiviso prima con il proprio partner e poi come risorsa per tutta la società.

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Mons. Leuzzi: fede aiuta gli universitari a studiare con speranza

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Comunicare il grande dono di essere cristiano. E’ questo il filo conduttore che unisce le lettere scritte agli universitari dal vescovo ausiliare di Roma, mons. Lorenzo Leuzzi, delegato per la Pastorale universitaria romana, raccolte nel volume “Perché credo”, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. Il testo si propone anche come una guida spirituale per i giovani durante il prossimo anno giubilare. L’autore al microfono di Marina Tomarro

R. – E’ un testo che raccoglie le mie lettere che ho inviato negli ultimi tre anni agli studenti universitari di Roma: sono state occasione di dialoghi, confronto e anche di partecipazione alla vita universitaria. Ho voluto raccogliere le lettere nel titolo “Perché credo” perché penso possano costituire un utile e positivo percorso di ricerca, perché le lettere partono da situazioni esperienziali personali ma offrono occasioni di riflessioni anche sui contenuti essenziali della vita della fede. Molti giovani non hanno ricevuto una preparazione adeguata e nel loro confronto con la vita universitaria hanno bisogno di acquisire di quelle nozioni fondamentali della vita di fede. Il testo, con molta semplicità, può essere una grande occasione per accompagnare questo anno della misericordia per meditare e soprattutto conservare nel proprio cuore il mistero della presenza di Dio, che può illuminare il percorso di vita dei nostri giovani.

D. – Come devono vivere i giovani questo Giubileo?

R. – Credo che bisogna evitare innanzitutto l’idea che il Vangelo della misericordia consista nel fare opere. Invece, credo che il Vangelo della misericordia è il dono più grande che Dio può fare all’uomo ed è per questo che è necessario recuperare quell’atteggiamento che è l’atteggiamento di Maria, la quale come ci racconta Luca, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. E’ un compito tante volte non facile perché i giovani sono presi da tante situazioni anche emotive che li spingono a non fermarsi. Io credo che per i giovani universitari, ma anche per tutti i giovani che vogliono impegnarsi a pensare e a progettare la propria vita sia molto importante avere momenti di riflessione. Il testo vuole essere uno strumento, un amico che accompagna la vita di tanti giovani.

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Nella Chiesa e nel mondo



Messico: per la prima volta Enciclica papale presentata in Senato

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Domani, 4 novembre, la Commissione speciale sul cambiamento climatico, l'Istituto messicano di dottrina sociale cristiana e la Fondazione Konrad Adenauer daranno vita al forum intitolato "Povertà e cambiamento climatico. Presentazione dell'enciclica Laudato sì", che sarà coordinato dalla senatrice Silvia Garza Galvan, presidente della Commissione speciale sul cambiamento climatico. L'evento si terrà nell'auditorium del Senato della Repubblica.

E' la prima volta che i vescovi intervengono in Senato
La nota inviata all'agenzia Fides dall’arcidiocesi di Mexico afferma testualmente "Per la prima volta, i vescovi messicani presenteranno un documento del Papa Francesco in questa sede legislativa". Per la Chiesa cattolica interverranno mons. Rogelio Cabrera López, arcivescovo di Monterrey, e mons. Juan Armando Pérez Talamantes, vescovo ausiliare della stessa arcidiocesi. Maria Amparo Martínez Arroyo, direttrice generale dell'Istituto nazionale di ecologia e cambiamento climatico, presenterà una lettura della Laudato sì dal punto di vista della scienza.

Il Papa invitato a visitare il Senato messicano
Si tratta di un fatto senza precedenti, in un Paese come il Messico, nel quale le istituzioni del governo sono state storicamente connotate da un forte laicismo e anticlericalismo. Il 15 ottobre scorso, lo stesso Senato messicano aveva approvato all’unanimità l'invito da rivolgere a Papa Francesco, perché visiti il Senato nella sua prossima visita pastorale in Messico, nel febbraio 2016. (C.E.)

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Centrafrica: a Bangui giorno di tregua ma resta l'emergenza

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“Dopo quattro giorni di combattimenti e di spostamenti della popolazione verso la zona sud di Bangui finalmente respiriamo un po’; ieri, per la prima volta, non abbiamo visto gente fuggire”: lo riferiscono all'agenzia Misna fonti nella capitale della Repubblica Centrafricana, impegnate nell’assistenza umanitaria.

Moltissime persone in fuga dal proprio quartiere a causa delle violenze
“Sono tantissime – dicono da Bangui - le persone che hanno raccolto tutte le loro masserizie su un carretto e hanno abbandonato i quartieri di origine, Fatima, Quina, Plateau e Cattin”. In città le violenze erano tornate a intensificarsi all’inizio della settimana scorsa a seguito dell’uccisione di alcuni membri di una delegazione di esponenti della Seleka, ex coalizione ribelle al potere tra il 2013 e il 2014. Gruppi di uomini armati si erano spostati dal Pk5, un’area a maggioranza musulmana, commettendo violenze sui civili nei quartieri circostanti.

Migliaia di profughi in chiese, conventi e parrocchie
​Le fonti riferiscono che solo presso il convento di Notre Dame du Mont Carmel oggi gli sfollati sono almeno 5.000. Per accogliere donne e bambini la notte è aperta anche la chiesa. “Una situazione analoga è vissuta dalla comunità degli Apostoli di Gesù Crocifisso e del Seminario maggiore interdiocesano” aggiungono da Bangui: “Ieri l’arcivescovo, mons.  Dieudonné Nzapalainga, ha visitato tutti questi luoghi con il solito coraggio e l’immancabile sorriso”. (V.G.)

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Kenya: per la visita papale appello dei vescovi all'unità del Paese

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“Continuiamo a invitare i keniani a cercare la pace e la tolleranza in tempi difficili”. Con queste parole la Conferenza episcopale del Kenya lancia un nuovo appello affinché la visita di Papa Francesco contribuisca ad unificare il Paese, in un messaggio firmato da mons. Alfred Rotich, Ordinario militare, presidente del segretariato per la visita del Pontefice nel Paese africano. In precedenza alcuni singoli vescovi avevano già preso posizioni simili. “La nostra nazione sta facendo fronte a prove difficili che minacciano di distruggerlo” afferma il messaggio ripreso dall’agenzia Fides. I vescovi in particolare lamentano la mancanza di “decoro e di buon gusto da parte dei nostri politici” che fanno spesso appello all’incitamento etnico, un fatto definito come “preoccupante e che minaccia la pace”.

I vescovi chiedono ai leader politici di governare
“Il nostro Paese e la popolazione del Kenya - continua il messaggio - devono già far fronte a diverse difficoltà come le sfide economiche della vita moderna, e non possono confrontarsi con la disunità dei nostri leader. Questa serve solo ad aggravare i nostri problemi e dobbiamo invece lavorare insieme per cercare soluzioni. Chiediamo ai nostri leader di governare”.

Nei tempi di crisi ricercare per primo Dio
​“Poiché il Santo Padre visita la nostra grande nazione, uniamoci e cerchiamo insieme con umiltà la redenzione, lasciando un esempio per le future generazioni: ricercare sempre per primo Dio nei tempi di crisi e in quelli di prosperità” conclude l’appello. Per quanto riguarda i preparativi della visita, si chiede che ogni parrocchia del Kenya sia presente con tre bus di pellegrini per partecipare alla Messa del 26 novembre. (L.M.)

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Sud Sudan: appello leader religiosi per la sorte di 80 mila sfollati

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Anche i leader religiosi della regione si uniscono all’appello lanciato da Medici con l’Africa Cuamm per gli sfollati che vivono nel Western Equatoria, in Sud Sudan. In particolare per la sorte di oltre 80.000 persone che da due mesi sopravvivono a stento nelle boscaglie e nelle giungle della regione di Mundri. In una nota inviata all’agenzia Fides da mons. Eduardo Hiiboro Kussala, vescovo di Tombura Yambo, si dà conto della visita che una delegazione del Consiglio interreligioso per la pace dello Stato di Western Equatoria ha effettuato dal 29 ottobre al 2 novembre nella regione del Greater Mundri.

La situazione umanitaria aggravata dalla guerra
I più colpiti sono donne, bambini e anziani, esposti a diverse malattie, in particolare la malaria. La situazione umanitaria è aggravata dal fatto che continua il conflitto tra l’esercito regolare e i cosiddetti “Arrow Boys”. I leader religiosi lanciano un appello per la sospensione immediata delle operazioni militari nell’area per “permettere l’assistenza in piena regola da parte delle organizzazioni umanitarie agli sfollati e alle famiglie che vivono nei villaggi”.

Appello per il futuro di migliaia di bambini
Si chiede inoltre di rendere sicure le vie d’accesso alla regione, si esortano i media a riportare notizie sulla situazione umanitaria dell’area ed ai belligeranti viene chiesto di valutare il dialogo come la migliore opzione per risolvere il conflitto. Nel denunciare ogni forma di violenza, i leader religiosi concludono sottolineando che “sentirsi protetti e sicuri è importante per lo sviluppo di ogni bambino. Un posto sicuro dove dormire, acqua potabile da bere, cibo sufficiente da mangiare, cure mediche e accesso all’educazione, aiutano i bambini a crescere per diventare adulti sani, maturi e produttivi”. (L.M.)

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Bangladesh: Chiesa condanna l'omicidio di intellettuali laici

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La Chiesa cattolica del Bangladesh condanna con durezza l’omicidio dell’editore di stampo progressista Faisal Arefin Dipan e i continui attacchi contro blogger e intellettuali laici che vengono presi di mira da fondamentalisti islamici per le loro idee democratiche. Mons. Gervas Rozario, vescovo di Rajshahi e presidente della Commissione episcopale Giustizia e pace del Bangladesh, afferma all'agenzia AsiaNews: “Sono davvero addolorato per il modo orribile in cui i criminali terroristi assassinano i blogger. Questi intellettuali possono contribuire molto allo sviluppo della società e del Paese. La loro unica colpa è essere liberi pensatori che credono nella libertà di coscienza e di espressione”.

Gli intellettuali rei di aver criticato il fanatismo religioso dei fedeli islamici
La dura condanna del leader cattolico - riferisce AsiaNews - avviene a pochi giorni di distanza dall’omicidio dell’editore Dipan, freddato nel suo ufficio a Dhaka in pieno giorno perché aveva pubblicato testi laici. Lo stesso giorno, sempre nella capitale, sono stati aggrediti e accoltellati anche un altro editore e tre blogger, perché rei di aver criticato il fanatismo religioso dei fedeli islamici. Il vescovo continua: “Non ho parole per esprimere la mia tristezza. Prego solo che Dio dia luce di coscienza e verità, buon senso e spirito umano a coloro che stanno facendo questi misfatti immorali e inaccettabili”.

Molti blogger fuggono all’estero per avere salve le proprie vite
L’editore è solo l’ultimo di una lunga serie di intellettuali assassinati perché non condividono l’ideologia violenta del fondamentalismo islamico. Da diverso tempo estremisti islamici prendono di mira liberi pensatori e attivisti democratici e giustificano il loro omicidio perché “atei”. Il primo blogger a essere ucciso per le sue idee “contrarie all’islam” è stato Ahmed Rajib Haider nel 2013. Dall’inizio del 2015, altri quattro blogger hanno perso la vita: a febbraio Avijt Roy è stato assassinato vicino all’Università di Dhaka; a fine marzo, nella capitale, fondamentalisti musulmani hanno ammazzato a colpi di machete Oyasiqur Rahman; due mesi più tardi è stato il turno di Ananta Bijoy Das, ucciso a Sylhet; l’ultimo, Niloy Chakrabarti, è stato massacrato a colpi di mannaia ad agosto in pieno giorno, sotto gli occhi della madre e della sorella. Negli ultimi mesi molti blogger stanno scappando all’estero per avere salve le proprie vite, temendo nuovi attacchi dei gruppi estremisti che hanno recapitato alla stampa lettere minatorie in cui vengono indicati i nomi dei prossimi bersagli.

La Chiesa sollecita il governo a fermare queste violenze
Mons. Rozario, che è anche presidente di Caritas Bangladesh, dice: “È compito del governo fermare queste violenze, ma il governo da solo non basta. È l’intera società del Bangladesh che deve essere educata e resa consapevole dell’impatto malvagio di questi atti radicali. I leader religiosi e le famiglie possono fare molto per il bene sociale. I leader politici poi devono avere la volontà politica di fermare queste aggressioni. Tutti possono avere un ruolo attivo”. Il vescovo conclude sottolineando l’importanza dei valori umani per il benessere del Paese: “La comunità cristiana è scioccata per la brutalità di questi continui omicidi. Non è un compito facile, ma il governo deve vigilare e lottare contro i colpevoli. Se tutti non siamo attenti, illuminati e sensibilizzati dai valori umani, non riusciremo a fermare l’aumento delle violenze”. (S.C.)

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Alla Plenaria dei vescovi francesi: Sinodo, profughi e clima

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“Sì, la Chiesa sceglie la tenerezza e la misericordia della madre per accompagnare i suoi figli”. Così mons. Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia e presidente della Conferenza episcopale francese ha parlato del Sinodo sulla famiglia aprendo questa mattina a Lourdes - riferisce l'agenzia Sir - l’Assemblea plenaria che riunirà fino all’8 novembre 118 vescovi. 

Le conclusioni del Sinodo sulla famiglia
​“Il Sinodo - ha detto mons. Pontier - ha parlato delle ferite che segnano la vita dei nostri contemporanei in tutto il mondo. Ha elogiato la fedeltà di molte coppie che sono i primi messaggeri del Vangelo della famiglia. Il documento finale, votato da più di due terzi dei voti, è stato consegnato al Santo Padre, al quale spetta il compito, per il suo ministero, di chiarire l‘uso e l‘eventuale traduzione in norme” di quanto emerso durante i lavori sinodali. Nel corso del Sinodo i vescovi si sono più volte confrontati con il dramma vissuto dalle famiglie colpite da guerre atroci e condizioni di vita impossibili, condannate “all’esilio, ad una pazienza eroica, a rifugiarsi in Paesi vicini e più sicuri”. 

Il dramma dei profughi in fuga dalle zone di guerra
A parlare ai vescovi francesi dell’emergenza profughi e rifugiati in Europa saranno il card. Montenegro, arcivescovo di Agrigento, che farà il punto su Lampedusa mentre mons. Jaeger, vescovo di Arras parlerà della situazione dei migranti a Calais. Da parte sua mons. Pontier ha invitato a guardare alla “storia” dei Paesi europei che si sono costruiti anche grazie alla “ricchezza” portata dai migranti. 

Cop21: non siamo proprietari della terra ma gestori
​La Francia guarda con grande attesa alla Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sul clima che comincerà a fine mese a Parigi. Le Chiese e le organizzazioni non governative, sulla scia anche di quanto ha scritto Papa Francesco nella lettera enciclica Laudato si’, ritengono che la riuscita di Cop 21 non debba ridursi alla decisione degli Stati di ridurre il riscaldamento climatico. Si tratta di uno sforzo che chiama in causa tutti ed invita a ricercare modelli di sviluppo alternativi e nuovi stili di vita “nel rispetto della creazione e in preparazione di un mondo più giusto”. Perché - fa notare mons. Pontier - “troppo spesso gli uomini si comportano come proprietari della terra e non come gestori che hanno ricevuto l’impegno e l’incarico di proteggere un bene comune che appartiene a tutti gli uomini e a tutte le generazioni”. (R.P.)

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Vescovi Nord Irlanda: diritti dei bambini con un papà e una mamma

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Una lettera aperta dei vescovi dell’Irlanda del Nord ai membri dell’Assemblea legislativa che da ieri discutono una mozione per chiedere all’esecutivo di promuovere una legge per permettere alle coppie dello stesso sesso di unirsi in matrimonio. Non è la prima volta che viene presentata e discussa questa mozione. “In vista del dibattito in Assemblea - scrivono i vescovi irlandesi - desideriamo esprimere la nostra particolare preoccupazione per il fatto che la mozione presentata non fornisce alcun dettaglio sulla portata della normativa proposta. È anche completamente silenziosa sulla questione fondamentale del rispetto della coscienza religiosa” sia a livello individuale sia a livello delle Chiese e di altri gruppi religiosi. “Chi vota a favore di questa mozione non ha alcun modo di sapere tutte le conseguenze che una tale voto potrà avere”. 

Agenzie cattoliche di adozione rischiano la chiusura
I vescovi - riferisce l'agenzia Sir - ricordano che in seguito a legislazioni approvate, “agenzie di adozione cattoliche legate alla Chiesa hanno dovuto chiudere in questi ultimi anni”. E questo fatto - aggiungono - “è un duro avvertimento a tutti coloro che apprezzano la vasta gamma di servizi sociali e pastorali che le Chiese forniscono. La mozione in discussione in Assemblea non riuscirà completamente a proteggere il futuro di tali servizi e il loro diritto di operare secondo l’ethos religioso su cui si fondano e continuano a fornire un servizio prezioso per le comunità”. 

Al momento del voto dare priorità ai diritti dei minori
“Vi chiediamo - scrivono i vescovi ai membri dell’Assemblea - di dare priorità ai diritti e al benessere dei minori nelle vostre considerazioni al momento di votare. Credenti ma anche non credenti hanno da tempo riconosciuto sulla base della loro esperienza che la famiglia, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, è il posto migliore e ideale per crescere i bambini”. Come ha detto recentemente papa Francesco, si legge ancora nella lettera, “occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva”. 

Rispettare la verità sul matrimonio tra un uomo ed una donna
​La lettera, firmata in testa dall’arcivescovo di Armagh, mons. Eamon Martin, si conclude con un appello: “La verità sul matrimonio deriva dalla sua natura intrinseca come un rapporto basato sulla complementarità di un uomo e una donna e sulla capacità unica di questa sola relazione di generare una nuova vita. Questa verità non cambia con le maree mutevoli del costume storico o opinione popolare. Facciamo appello ai membri dell’esecutivo dell’Irlanda del Nord e dell’Assemblea di dare assoluta priorità alle altre questioni che hanno un impatto sui bambini, il matrimonio e la famiglia nella nostra società”, tra cui “i livelli di povertà infantile in Irlanda del Nord, che sono tra i più elevati in Europa occidentale”. (R.P.)

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Radio Vaticana: "Esclamazioni" di santa Teresa in musica elettronica

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Da domani 4 novembre andrà in onda su Radio vaticana il ciclo di quattro puntate "Esclamazioni dell‘anima a Dio" (ore 14.25), di Silvia Schiavoni e Silvia Lanzalone, lettura integrale in musica elettronica dell‘omonimo testo di santa Teresa d‘Avila. "Brevi meditazioni, frammenti lirici: mi ha colpito il linguaggio, la lotta del linguaggio per esprimere l‘ineffabile, l‘amore a Dio di Teresa che parla dell‘amore di Dio per noi", spiega Silva Schiavoni, che dà "voce" alla grande mistica spagnola dopo averne tradotto ed elaborato i testi. 

Il suono della lingua di Santa Teresa è già in sé preghiera
La prosa della santa "ha in sé una natura concreta, materica, a tratti aspra e ferrosa che le traduzioni correnti in italiano non conservano, poiché il suono della lingua di Teresa è già in sé preghiera". Di qui il tentativo di "riprodurre questo suono che sale dalla terra"; direzione in cui si muove anche la musica composta da Silvia Lanzalone, "musica elettroacustica - prosegue Schiavoni -, costruita con materiali preregistrati di voce umana, la mia, che sono stati trattati insieme a suoni naturali di flauto secondo i più moderni criteri di elaborazione del suono". 

L'introduzione del card. Ravasi
Produttore esecutivo è Marco di Battista. La prima puntata, domani, sarà introdotta dal card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura. Nelle altre puntate l‘introduzione sarà di mons. Melchor Sánchez de Toca, sottosegretario del medesimo Dicastero. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 307

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.