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Sommario del 05/11/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: il cristiano include, non chiude le porte, i farisei escludono

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Il cristiano include, non chiude le porte a nessuno, anche se questo provoca resistenze. Chi esclude, perché si crede migliore, genera conflitti e divisioni e ne renderà conto un giorno davanti al tribunale di Dio. E’ quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:   

L'atteggiamento di Gesù è includere
Nella Lettera ai Romani San Paolo esorta a non giudicare e a non disprezzare il fratello, perché questo – afferma il Papa - porta ad escluderlo dal “nostro gruppetto”, ad essere “selettivi e questo non è cristiano”. Cristo, infatti, “con il suo sacrificio sul Calvario” unisce e include “tutti gli uomini nella salvezza”. Nel Vangelo si avvicinano a Gesù i pubblicani e i peccatori, “cioè, gli esclusi, tutti quelli che erano fuori”, e “i farisei e gli scribi mormoravano”:

“L’atteggiamento degli Scribi, dei Farisei è lo stesso, escludono: ‘Noi siamo i perfetti, noi seguiamo la legge. Questi sono peccatori, sono pubblicani’. E l’atteggiamento di Gesù è includere. Ci sono due strade nella vita: la strada dell’esclusione delle persone dalla nostra comunità e la strada dell’inclusione. La prima può essere piccola ma è la radice di tutte le guerre: tutte le calamità, tutte le guerre, incominciano con un’esclusione. Si escludono dalla comunità internazionale ma anche dalle famiglie, fra amici, quante liti… E la strada che ci fa vedere Gesù e ci insegna Gesù è tutt’altra, è contraria all’altra: includere”.

C'è resistenza di fronte all'inclusione 
“Non è facile includere la gente – osserva Papa Francesco - perché c’è resistenza, c’è quell’atteggiamento selettivo”. Per questo Gesù racconta due parabole: quella della pecorella smarrita e della donna che perde una moneta. Sia il pastore che la donna fanno di tutto per ritrovare ciò che hanno perduto. E quando ci riescono sono pieni di gioia:

“Sono pieni di gioia perché hanno trovato quello che era perso e vanno dai vicini, dagli amici perché sono tanto felici: ‘Ho trovato, ho incluso’. Questo è l’includere di Dio, contro l’esclusione di quello che giudica, che caccia via la gente, le persone: ‘No, questo no, questo no, questo no…’, e si fa un piccolo circolo di amici che è il suo ambiente. E’ la dialettica fra esclusione e inclusione. Dio ci ha inclusi tutti nella salvezza, tutti! Questo è l’inizio. Noi con le nostre debolezze, con i nostri peccati, con le nostre invidie, gelosie, sempre abbiamo quest’atteggiamento di escludere che - come ho detto - può finire nelle guerre”.

Se io escludo sarò un giorno davanti al tribunale di Dio
Gesù – afferma Papa Francesco - fa come il Padre che lo ha inviato per salvarci, “ci cerca per includerci”, “per essere una famiglia”:

“Pensiamo un po’ e almeno, almeno!, facciamo il nostro piccolo, non giudichiamo mai: ‘Ma questo fa così…’. Ma Dio sa: è la sua vita, ma non lo escludo dal mio cuore, dalla mia preghiera, dal mio saluto, dal mio sorriso, e se l’occasione viene gli dico una bella parola. Mai escludere, non abbiamo diritto! E come finisce Paolo la Lettura: ‘Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio. Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio’. Se io escludo sarò un giorno davanti al tribunale di Dio e dovrò rendere conto di me stesso. Chiediamo la grazia di essere uomini e donne che includono sempre, sempre!, nella misura della sana prudenza, ma sempre. Non chiudere le porte a nessuno, sempre col cuore aperto: ‘Mi piace, non mi piace’, ma il cuore è aperto. Che il Signore ci dia questa grazia”.

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Papa a Global Christian Forum: dare voce a cristiani perseguitati

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E’ terminato a Tirana il Global Christian Forum incentrato sul tema “Discriminazione, persecuzione, martirio: seguire Cristo insieme”. Il Papa in un messaggio esprime tristezza e preoccupazione per le crescenti discriminazioni e le persecuzioni nei confronti dei cristiani in vari Paesi del mondo. Il servizio della nostra inviata in Albania, Klaudia Bumci: 

Cattolici, ortodossi e protestanti, riuniti a Tirana, la capitale dell’Albania, dal 2 al 4 novembre, hanno sentito le testimonianze di tanti cristiani che oggi - e non duemila anni fa - vivono in condizioni di mancanza di libertà, a volte perseguitati e obbligati a fuggire, a volte costretti a nascondersi o a non dichiarare apertamente la propria fede. Alcuni si nascondo anche qui, a Tirana, timorosi di parlare con la stampa locale, proprio perché il loro viso e la loro identità non devono apparire sui media.

Papa Francesco: cristiani perseguitati, no a indifferenza
Il presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il cardinale Kurt Koch, ha portato all’assemblea il messaggio di Papa Francesco che guarda “con grande tristezza alla crescente discriminazione e persecuzione dei cristiani del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia e di altri luoghi nel mondo”. “Non siamo indifferenti” – afferma il Pontefice - alle sofferenze di tanti nostri fratelli che sono testimoni di Cristo, “talvolta fino all’effusione del sangue”: “un’esperienza comune” di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti “che è molto più profonda e forte delle differenze che ancora separano le nostre Chiese e comunità ecclesiali. La communio martyrum è il segno più evidente del nostro cammino comune”. Il Papa sottolinea la necessità di dare “voce alle vittime di tale ingiustizia e violenza” per risolvere “questa tragica situazione”. “Possano i martiri di oggi, appartenenti a molte tradizioni cristiane – è la sua esortazione conclusiva - aiutarci a comprendere che tutti i battezzati sono membri del medesimo Corpo di Cristo, la sua Chiesa. Che possiamo considerare questa profonda verità come una chiamata a perseverare nel nostro cammino ecumenico verso la piena e visibile comunione, crescendo sempre più nell’amore e nella reciproca comprensione”.

Tutti i cristiani lavorino insieme per la giustizia e la pace
Ed è proprio questo che si è voluto mettere in evidenza anche qui a Tirana, con il messaggio finale dell’incontro. Tutte le Chiese devono lavorare con le persone di buona volontà per la giustizia, la pace e lo sviluppo, perché la povertà è il fattore maggiore che genera la violenza. Tutti i cristiani sono esortati a lavorare insieme e a pregare per i fratelli perseguitati e sofferenti, anche se appartenenti ad altre confessioni. Il Forum chiede ai persecutori di fermare le loro violenze; ai governi di rispettare e di proteggere la libertà religiosa, specialmente di proteggere i cristiani e altri perseguitati in nome della fede; ai media di riferire in modo appropriato le violazioni alla libertà religiosa e la discriminazione e la persecuzione dei cristiani.  Si dà molta importanza all’educazione dei giovani e alla solidarietà tra cristiani, ma si ritiene opportuno anche alzare di più la voce per il rispetto della dignità di coloro che vivono ogni giorno il rischio di essere uccisi a causa della fede.    

200 milioni di cristiani sotto attacco per la loro fede
Ogni mattina, per i tre giorni della consultazione, i partecipanti si sono riuniti in preghiera: presso la Cattedrale ortodossa di Tirana, dedicata alla Resurrezione di Cristo, il Centro dell’Alleanza Evangelica dell’Albania e la Cattedrale cattolica di San Paolo. Le testimonianze e le riflessioni seguenti alla preghiera pian piano hanno condotto i partecipanti a vivere, a solidarizzare e a camminare insieme come una unica Chiesa che soffre. Hanno raccontato le loro storie un vescovo iracheno, rapito dagli integralisti, un cristiano eritreo che ha preferito non rivelare il nome per ragioni di sicurezza, testimoni dall’Iran dove uccidono gli appartenenti ad alcune tradizioni cristiane. La voce di 200 milioni di cristiani perseguitati nel mondo è risuonata con forza a Tirana durante questi giorni. E coincidenza, il Forum è finito nel giorno in cui i cattolici albanesi ricordano il 25.mo anniversario della prima Messa celebrata in un cimitero cattolico di Scutari da un sacerdote sopravvissuto, dopo 50 anni di comunismo ateo in Albania. Coincidenza significativa che dimostra che se la Chiesa è rinata dalle proprie ceneri in questo piccolo Paese, c’è speranza che risorga ovunque.

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Card. Koch: attacchi ai cristiani, dove sono i governi europei?

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Al Global Christian Forum di Tirana, è intervenuto anche il presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il cardinale Kurt Koch, che ha parlato dell’ecumenismo del sangue, sottolineando come i persecutori considerino i cristiani già uniti, al contrario di quanto ritengono gli stessi discepoli di Cristo. Il porporato ne spiega il motivo al microfono della nostra inviata in Albania Klaudia Bumci

R. – Perché i persecutori dei cristiani non fanno distinzione; non li perseguitano perché sono luterani, cattolici, ortodossi o pentecostali, ma perché sono cristiani. I persecutori quindi hanno l’idea che i cristiani siano una sola cosa. In questo senso hanno l’impressione che i cristiani siano uniti. Noi, invece, non siamo ancora uniti e dobbiamo imparare molte cose da questo ecumenismo dei martiri o ecumenismo del sangue di cui parla Papa Francesco.

D. – Secondo lei, quali sono i passi da fare per risolvere la situazione dei cristiani perseguitati nel mondo?

R. – La prima cosa – ed è cosa fondamentale! – è la preghiera. Molti rifugiati e perseguitati dicono: “Non dimenticateci nella preghiera”. Questo mi sembra molto, molto importante. La seconda cosa è parlare in pubblico di questa realtà, perché l’impressione è che in Occidente l’opinione pubblica e anche i politici non si interessino molto di questa realtà. Io sono rimasto molto colpito quando ho visto quanti rappresentanti di governi europei sono andati a Parigi dopo l’attentato ( contro Charlie Hebdo, ndr): questa solidarietà è un segno molto buono. Dall’altro canto, invece, ho pensato: quello che è successo a Parigi succede ogni giorno in Medio Oriente. Dove sono i politici europei? La terza cosa è la solidarietà per i rifugiati che vengono in Occidente: dobbiamo aiutare i cristiani a sopravvivere in quei Paesi difficili.

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Card. Betori: Francesco atteso dai fiorentini come un padre

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Ultimi preparativi a Firenze, dove Papa Francesco si recherà martedì 10 novembre in occasione del Convegno ecclesiale nazionale. Il Pontefice vivrà una giornata intensa, ricca di momenti di incontro con la comunità ecclesiale e civile del capoluogo toscano. Al microfono di Alessandro Gisotti, il cardinale arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, parla dell’attesa e delle sue speranze per questa visita: 

R. – Anzitutto vorrei ribadire la gioia, mia personale e di tutta la comunità fiorentina, per questo dono che il Papa ci fa. Ce lo fa indirettamente, nel senso che viene per il Convegno ecclesiale nazionale e dal momento che quest’ultimo è qui a Firenze, siamo lieti di poterlo accogliere in visita tra di noi come il Pastore della Chiesa universale. È un momento quindi di grande gioia, e vogliamo essere pienamente in sintonia con la sua missione e la sua presenza nella Chiesa oggi.

D. – Colpisce che in una visita di poche ore Francesco trovi spazio per tutti e soprattutto per gli ultimi, i malati, i poveri, e anche i detenuti, in un qualche modo, perché l’altare per la Messa nello stadio è opera dei detenuti del carcere fiorentino…

R. – Noi abbiamo voluto che fossero presenti accanto al Papa tutte le realtà della nostra diocesi. Il Papa farà, come è tradizione in queste occasioni, la Santa Messa partecipata a tutta la popolazione della nostra città. Però ha voluto anche ritagliare due momenti: un momento di preghiera davanti a Maria insieme ai malati e un momento di condivisione insieme con i poveri.

D. – In questi giorni avrà modo di parlare con tanti fedeli della sua diocesi: quali sono le cose che l’hanno colpita di più?

R. – Tutti lo sentono come un padre: tutti vorrebbero parlarci, vorrebbero incontrarlo. La gente lo sente soprattutto come un padre vicino, che è partecipe delle difficoltà del tempo di oggi e che li comprende, li capisce. La gente sente questo Papa come un Papa che capisce le sofferenze e le difficoltà del popolo semplice, il popolo fedele di Dio.

D. – Il tema chiave del Convegno è l’umanesimo: un nuovo umanesimo. Firenze è ovviamente la culla dell’umanesimo, e Papa Francesco viene a ribadire che in Cristo si è sempre nuovi, e c’è sempre un nuovo umanesimo da scoprire…

R. – Direi che è una grande sfida del tempo presente quella di dare a questa situazione dell’esistenza umana che si va disfacendo dietro a tante sollecitazioni contrarie, la possibilità di ricostruirsi un’immagine che sia fedele alla sua origine, che appunto il Creatore stesso ha impresso dentro di noi: l’immagine del Suo Figlio. Questo è il messaggio che vorremmo dare: un messaggio quindi di speranza innanzitutto. E poi un messaggio che sia un messaggio concreto, nel senso che, più che fare un discorso sull’uomo, il Convegno cercherà di reperire tutte le esperienze di buon umanesimo che oggi si realizzano anche nelle nostre società a combattere le tante disumanizzazioni. E al centro di quest’umanesimo c’è anzitutto il valore della carità, dell’attenzione ai poveri, come peraltro è nella tradizione del vero umanesimo fiorentino.

D. – Cosa spera e cosa pensa che invece Francesco riceverà dalla comunità di cristiani e non solo – di Firenze – nelle poche ma intense ore in cui sarà proprio nella vostra città?

R. – Il volto principale che noi offriamo a tutti quelli che vengono a Firenze ovviamente è quello della bellezza: Firenze è la città in cui la dimensione della bellezza ha trovato un’espressione altissima. Io mi auguro che il Santo Padre possa comprendere come questa bellezza non sia il prodotto di qualche artista geniale, ma sia il frutto di una società che nei secoli si è costruita in armonia; e nei suoi periodi migliori quest’armonia l’ha trovata in una unità tra la ricerca della verità, la ricerca del bene e la ricerca del bello. Quando i fiorentini vollero trovare una casa per i bambini abbandonati, non la fecero fare al primo geometra che incontrarono, ma la fecero fare al più grande architetto del tempo: Filippo Brunelleschi.

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Udienze pontificie

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza: l’on. Stanislaw Tillich, ministro presidente del Land Sassonia (Repubblica Federale di Germania) con la consorte e seguito; il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia; mons. Joseph Marino, arcivescovo tit. di Natchitoches, nunzio apostolico in Malaysia e in Timor Orientale, delegato apostolico in Brunei Darussalam; mons. Charles Henry Dufour, arcivescovo di Kingston in Jamaica (Jamaica); il sig. Habeeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadr, ambasciatore della Repubblica dell’Iraq, in visita di congedo.

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On line il sito del Dispensario Santa Marta, oasi della carità in Vaticano

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Dalle 12 di ieri è on line il sito internet www.dispensariosantamarta.va creato per far conoscere la fondazione vaticana che da 90 anni si prende cura, grazie ai volontari e ai medici che prestano gratuitamente la loro opera, di tante famiglie in difficoltà. Nei prossimi mesi il sito sarà anche in lingua inglese, spagnola e francese. Alla presentazione c’era per noi Benedetta Capelli

Un’oasi di carità sotto la cupola di San Pietro sempre più aperta verso il mondo. E’ con questo spirito che è nato il sito internet del dispensario di Santa Marta, fondato 90 anni fa per volere di Pio XI nel cuore del Vaticano e affidato alle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. A curare le pagine web che raccontano la storia della struttura, la vita del dispensario, i servizi offerti ad almeno 500 bambini e alle loro famiglie grazie al lavoro di quasi 50 volontari tra medici e laici, è stato il servizio internet vaticano, il capo ufficio mons. Lucio Adrian Ruiz:

R. - Presentare un sito con tutte queste iniziative è far conoscere l’amore e la tenerezza che la Chiesa in questo pezzettino di Vaticano ha verso i più piccoli e i più bisognosi. Come dice il Papa, internet non è una rete di fili ma una rete di persone e quindi quello che vogliamo fare è questo: dare l’opportunità e creare una rete di persone che vada sempre più crescendo per poter aiutare di più.

D.  – Questa è una realtà che c’è da molti anni, con la presenza di Papa Francesco si può dire che c’è stata un’ulteriore apertura verso il mondo anche per questa piccola realtà che poi così piccola non è…

R. – Tutte queste realtà che vanno verso chi soffre, come accadrà durante tutto quest’anno della Misericordia, quindi chi ha fame, chi ha freddo, chi soffre nel cuore, dovranno essere all’attenzione dei nostri occhi, dei nostri cuori, delle nostre parole. Sicuramente ha una sottolineatura di tenerezza, di amore, come lo riceviamo ogni momento da Lui.

Responsabile del Dispensario è suor Antonietta Collacchi. Lei parla della gioia dei tanti bambini che frequentano la struttura e della sfida del sito internet:

R.  – E’ una cosa molto impegnativa ma molto bella e non si sente la fatica perché è troppo bella.

D. – Che cosa le danno le famiglie, i bambini che vengono aiutati da tanti anni ormai nel cuore del Vaticano?

R. – Esprimono il loro grazie con la gioia che essi portano via quando stanno qui da noi e vanno via la sera. Vederli così contenti e felici, tranquilli, questo è ciò che mi lasciano, il messaggio più grande.

D. – Quante persone solitamente vengono qui al dispensario, quanti bambini vengono curati?

R. - Noi abbiamo registrati all’incirca 500 bambini, quindi seguiamo 500 famiglie. A volte alcune non sono perseveranti, nel senso che vengono due tre volte e poi non vengono più. Abbiamo creato il sito proprio perché le persone ci conoscano e vengano a chiedere il nostro aiuto. Molte famiglie che vengono lo fanno per passaparola perché magari la nonna, la zia, sono venute, hanno conosciuto i bambini che sono diventati grandi e tornano qui con i loro bambini piccoli.

D. – Siete pronti per una maggiore disponibilità che il fatto di andare su internet inevitabilmente porterà?

R. – Sì perché noi crediamo alla Provvidenza e penso che continueremo su questa strada senza preoccuparci troppo perché veramente crediamo nella Provvidenza.

Valentina Giacometti è volontaria e coordinatrice del sito web:

R. - Io sono volontaria da quando ho 15 anni, ora ne ho 31, sono cresciuta insieme al Dispensario. Chiaramente il mio lavoro mi porta a non essere più presente qui ma cerco di offrire il mio aiuto, la mia professionalità, per quello che posso, da lontano, quindi seguendo il Dispensario nelle sue attività e in quelle cose che mi permettono da fuori di lavorare per il Dispensario.

D. – Cosa si troverà sul sito del Dispensario?

R. – Si troveranno informazioni su come richiedere aiuto, quindi cosa le famiglie devono fare per poter usufruire dei nostri servizi. Noi offriamo assistenza pediatrica, visite mediche specialistiche, abbiamo molti volontari medici che offrono il loro aiuto. Offriamo medicinali, pappe, pannolini e beni di prima necessità e ovviamente c’è tutto quello di cui è fatto il Dispensario, quindi gli eventi che organizziamo e in cui coinvolgiamo le nostre famiglie, i nostri giornalini, quindi quello che i volontari fanno insieme alle nostre famiglie… Insomma il Dispensario non è una semplice opera: noi siamo una famiglia.

Una famiglia che intende allargarsi, aprirsi al mondo nel segno dell’accoglienza. Entro fine anno il sito sarà in spagnolo, inglese e francese perché sempre più persone possano conoscere questa oasi di carità che non si stanca mai di aiutare chi ha bisogno.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Ecumenismo dei martiri: nuovo appello del Papa per i cristiani perseguitati nel mondo.

Mai escludere: Messa a Santa Marta.

Unità plurale: in prima pagina, un editoriale di Maurizio Gronchi sulla Chiesa in sinodo.

Un articolo di Catherine Aubin dal titolo "Pregare con il proprio corpo": si apre il 7 novembre il giubileo dei domenicani.

Layla e la sua seconda vita: Silvina Pérez su un'organizzazione non governativa argentina contro la tratta dei minori adescati via web.

A un anno dalla morte, due mail del Papa - 12 e 25 agosto 2014 - che ricordano Alicia Oliveira, la prima donna a divenire magistrato penale nella storia dell'Argentina, e il lavoro comune svolto per il barrio Lugano.

Esploratore dei meccanismi dell'anima: Silvia Guidi ricorda l'antropologo René Girard.

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Oggi in Primo Piano



Sinai. Usa: bomba a bordo aereo. Voli sospesi, è caos

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Blocco dei voli per Sharm el Sheikh in seguito alle incertezze sulle cause del disastro aereo che ha coinvolto l'Airbus russo precipitato nel Sinai sabato scorso, provocando la morte di 224 persone:  solo 8 Paesi europei non li hanno sospesi, tra cui l’Italia. Allo scalo egiziano è il caos con migliaia di turisti in attesa di ripartire. Intanto si concluderanno stasera le ricerche su un'area di 40 chilometri quadrati nella zona dove sono caduti i resti. Il Cremlino fa sapere che sulle cause della sciagura “nessuna ipotesi può essere esclusa”, dopo che l'intelligence statunitense ha parlato di una bomba a bordo, forse in una valigia, riconducibile al sedicente Stato islamico (Is) o a qualche gruppo ad esso affiliato. Anche la Gran Bretagna, col premier David Cameron, propende per l'ipotesi di un ordigno. L’Egitto al momento respinge la ricostruzione, perché al riguardo mancano “prove o dati certi” da parte degli investigatori. Ma è possibile che il Califfato si sia impossessato di esplosivi ad alto potenziale da impiegare in eventuali attentati aerei? Risponde Arturo Varvelli, responsabile dell’osservatorio sul terrorismo dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), intervistato da Giada Aquilino

R. – Certamente è un’ipotesi possibile, se i servizi statunitensi si sono espressi in tal senso. Anche perché gli elementi di sicurezza, di antiterrorismo in quella parte di Egitto sono piuttosto blandi e quindi è possibile che la cosa sia avvenuta. Difficile dire, adesso, come i gruppi jihadisti si siano impossessati di esplosivo ad alto potenziale, ma ricordiamo che il sedicente Stato Islamico ha il controllo di gran parte di Siria e Iraq e quindi non è teoricamente così difficile che possano esserci possibilità di arrivare a elementi che possano essere utilizzati per costruire attentati e bombe.

D. – Si può parlare di un cambio di strategia del sedicente Stato Islamico: quindi al fronte terrestre si affiancherebbe quello dell’aria?

R. – Bisogna naturalmente ancora vedere fino in fondo se questa ipotesi verrà validata. Più che in una strategia dal terreno all’aria, rientra benissimo nella strategia mediatica del Califfato, che ha sempre puntato a farci percepire come insicuri e a far percepire come altamente pericoloso e violento il proprio impatto. E quindi un attentato di questo tipo certamente è uno dei punti sui quali baserà la propria comunicazione strategica nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

D. – Potrebbe esserci una sorta di intesa tra Is e al Qaeda? Al Zawahiri avrebbe inviato un suo emissario in Siria in questi ultimi giorni…

R. – Il Sinai potrebbe essere un’area di sperimentazione di questa intesa: diversi gruppi, che prima appartenevano ad al Qaeda e che quindi hanno legami con tale rete, sono passati recentemente – nell’ultimo anno e mezzo – al sedicente Stato Islamico. Quindi lì certamente vi sono legami tra le due organizzazioni. Sappiamo anche che nelle settimane scorse al Zawahiri, il numero uno di al Qaeda dopo la morte di Bin Laden, ha lanciato messaggi piuttosto concilianti nei confronti del sedicente Stato Islamico, pur non riconoscendolo come appartenente alla galassia di al Qaeda e distanziandosene dal punto di vista ideologico e tattico. Bisogna capire come tali messaggi verranno colti dall’Is, ma certamente vi può essere una convergenza delle due organizzazioni in alcuni quadranti geopolitici. E certamente Siria e Iraq - con una pressione esterna più forte adesso, non solamente dalla coalizione internazionale ma anche dai russi - possono essere un campo di sperimentazione di questa convergenza, che rimane su un piano tattico, seppur non strategico.

D. – In questo quadro, la reazione dell’Egitto quale può essere?

R. – L’Egitto è in difficoltà: aumenterà la propria percezione di insicurezza e di instabilità e questo è uno degli elementi che rendono tutto il quadro mediorientale più incerto e più insicuro. Bisogna ricordare che l’Egitto si sente un po’ circondato dalla minaccia jihadista: vede una possibile minaccia jihadista in Libia, dove alcuni elementi dell’Is hanno preso parte del territorio, dove si rifugia – o pensa o teme che si possa rifugiare – la Fratellanza islamica; dall’altra parte ha una situazione come questa nel Sinai, che è proprio territorio, e nella vicina Siria ci sono elementi ulteriori di insicurezza. Quindi in questo momento l’Egitto aumenterà certamente i controlli antiterrorismo e ad esserne ‘vittima’ saranno probabilmente i diritti civili.

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Turchia: Erdogan accelera sulla riforma della Costituzione

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In Turchia, dopo la vittoria elettorale, il presidente Erdogan promette di intensificare la lotta contro i separatisti curdi del PKK e annuncia che bisogna accelerare sulla riforma della costituzione in senso presidenziale. Il servizio Eugenio Bonanata: 

Modificare la Costituzione rappresenta una priorità per il nuovo parlamento. Il presidente Erdogan in un discorso ad Ankara, trasmesso in diretta televisiva, chiarisce i contorni del progetto. E spiega che il premier Davutoglu aprirà un dialogo con le opposizioni ma che se non si dovesse trovare un accordo, sarà indetto un referendum popolare. Il problema, infatti, è che in parlamento servirebbe una maggioranza di due terzi per cambiare la Carta. In ogni caso l’obiettivo è di espandere i poteri presidenziali, nella convinzione – dicono dal suo entourage - che un sistema del genere aiuterà la Turchia a fare un salto di qualità. Erdogan, che con il suo partito Akp ha conquistato la maggioranza assoluta alle elezioni di domenica, parla anche di unità nazionale e di sicurezza, promettendo il pugno duro contro i separatisti curdi del PKK. Una battaglia che andrà avanti fuori e dentro il paese fino a che l’ultimo terrorista - chiarisce - non verrà “liquidato”.

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Morti due piccoli migranti a Kos. Slovenia, cala tensione profughi

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Una barca con 14 migranti a bordo è affondata vicino all'isola greca di Kos, provocando la morte di due bambini. Lo ha reso noto la Guardia costiera greca. Il padre di uno dei bimbi morti è stato costretto a gettare in mare il corpo del figlio di sei anni per salvare gli altri membri della famiglia. Intanto, l’Onu prevede che nei prossimi mesi almeno altri 600 mila migranti arriveranno in Europa dalla Turchia, oltre ai 750mila giunti sino a novembre. Si allenta la pressione ai confini di Croazia, Slovenia e Austria ultime tappe della cosiddetta rotta balcanica. Massimiliano Menichetti ha intervistato Stefano Lusa, giornalista di Radio Capodistria e corrispondente di Osservatorio Balcani e Caucaso: 

R. – In questo momento le cose sono abbastanza regolate, soprattutto dopo il vertice europeo con la Germania e i Paesi balcanici, dove si è trovata un’intesa per far arrivare direttamente i treni dalla Croazia in Slovenia. Da lì i profughi vengono molto rapidamente caricati sui treni e sugli autobus e vengono spostati verso il confine con l’Austria. Insomma, in questo momento, ci sono meno poliziotti in assetto antisommossa, il corridoio sembra funzionare e tutte le cose paiono abbastanza rapide per i profughi che passano.

D. – Rimangono delle difficoltà per quanto riguarda il transito?

R. – Ci sono alcune forche caudine da passare. Quella più evidente è quella di Sentilj, dove tra un attrezzato campo profughi sloveno e un altrettanto attrezzato campo profughi austriaco, c’è da passare attraverso la terra di nessuno, da cui i profughi entrano molto, molto lentamente in Austria -  le autorità austriache non stanno accelerando per nulla la cosa – e sono costretti a bivaccare in condizioni di fortuna.

D. – I flussi sono ancora consistenti?

R. – Le persone continuano ad arrivare, però tutto cambia di giorno in giorno. Per capire quali saranno i flussi bisogna vedere quante persone stanno arrivando in Grecia e mi pare che lì l’afflusso di profughi sia ancora consistente.

D. – Mi dicevi che ci sono dei timori per quanto riguarda la rotta balcanica?

R. – Sono costituiti dal freddo. Tra i profughi ci sono molti bambini, molte donne, anche incinte, che viaggiano con i loro mariti, con le loro famiglie, e ci sono molte persone anziane.

D. – Chi sono queste persone che ha incontrato?

R. – In genere, soprattutto quando parliamo dei siriani, vediamo che a muoversi è una classe media, molto istruita e molto preparata. La paura è che le porte si possano chiudere, che la Germania possa ridurre l’afflusso di profughi, che l’Austria possa stringere, che altrettanto possa fare la Slovenia e di conseguenza la Croazia, la Serbia e così via. Insomma, la paura è di rimanere chiusi fuori dalla porta.

D. – Ma ci sono situazioni difficili da gestire?

R. – Le situazioni difficili derivano proprio dalla necessità dei profughi di fare presto. Abbiamo visto in questi giorni a Maribor, mamme che hanno dato alla luce i loro bimbi, che vogliono andarsene immediatamente. Ci sono anche donne incinte che non stanno tanto bene e con molto impegno gli operatori umanitari, il personale medico, riesce a convincerle a rimanere qualche ora, qualche giorno in più rispetto a quelli che sono i loro piani.

D. – C’è un impegno anche delle organizzazioni umanitarie sul terreno?

R. – Caritas, in primo luogo, e poi anche gli altri stanno facendo un grande lavoro, stanno dando una grande mano a lenire quelle che sono le difficoltà che i profughi incontrano sul loro percorso.

D. – Che cosa ti hanno detto, com’è stato il viaggio per arrivare dove sono giunti?

R. – C’è chi ha avuto problemi in Serbia, chi ha avuto problemi in Grecia, chi ha avuto problemi già in Turchia, Croazia e Slovenia. Dipende dal viaggio e dalle vicissitudini. Abbiamo assistito a scene sulla rotta balcanica che sembravano anticamere dell’inferno: persone bagnate, al freddo…  Credo che l’Europa sia di fronte ad una grande sfida, credo che stia perdendo la grande possibilità di dare una risposta globale alla crisi, e abbia lasciato gli Stati, in primis quelli della periferia dell’Unione Europea, e poi anche i primi Paesi dell’area Schengen - in questo caso Ungheria e Slovenia - soli a dover gestire un’emergenza. Il fatto che non si sia riusciti ancora a raggiungere una sintesi, una riflessione comune, deve farci interrogare e riflettere parecchio.

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Il coraggio di suor Anna, picchiata e minacciata sotto casa a Palermo

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Seguita fino a sotto casa, picchiata, minacciata con un coltello mentre era ancora a bordo delle sua automobile. E’ accaduto sabato sera nel rione palermitano di Guadagna a suor Anna Alonzo, missionaria impegnata nel recupero di minori e donne vittime della tratta. Negli ultimi mesi il Centro Arcobaleno 3P, presidio di legalità e non violenza, dedicato alla memoria del Beato Padre Pino Puglisi e fondato dalla religiosa, è stato saccheggiato e vandalizzato. Al microfono di Paolo Ondarza, suor Anna racconta l’aggressione fisica subita: 

R. – Due ragazzi sui 28-30 anni mi hanno aspettato sotto casa… Stavo uscendo dalla macchina, hanno tentato di aprire lo sportello destro della macchina, ma è una vecchia Panda e lo sportello si apre solo da dentro… Uno dei due non c’è riuscito e quindi ha girato dall’altra parte; intanto c’era l’altro che mi minacciava con un coltello e mi dava legnate in maniera pazzesca, perché voleva i soldi e gridava: “I soldi!, I soldi! I soldi!”. Io non glieli ho dati, ovviamente. Istintivamente ho resistito e dopo una decina di minuti se ne sono andati… Posso raccontarle questa cosa? Nella mia macchina, sul cruscotto, c’è attaccata una foto grande di padre Puglisi, con cui ho lavorato circa 10 anni; io ero piegata dentro la macchina, perché non ero riuscita ad uscire, e mentre quest’uomo mi picchiava ho visto la faccia di padre Puglisi accanto alla mia faccia… Subito dopo queste persone se ne sono andate e non mi hanno più chiesto i soldi. Ora non so cosa sia successo, non voglio interpretare in maniera particolare, ma indubbiamente padre Puglisi è presente nella mia vita e nella vita del mio centro, che ci si chiama “Arcobaleno 3P – Padre Pino Puglisi”.

D. – “Centro Arcobaleno 3P” che è stato oggetto, anch’esso, di violazioni…

R. – E’ stato soggetto di furto: hanno spaccato tutte le porte, hanno scritto “acab” dappertutto… “Acab” è l’acronimo che dice che la polizia fa schifo..

D. – Perché la vostra attività dà tanto fastidio?

R. – Io non  ho alcuna indicazione che mi faccia pensare che la mia aggressione sia legata alla mia attività. Io sono impegnata in tanti progetti, lavoro anche con i senza fissa dimora per strada, contro la tratta in particolare delle nigeriane…

D. – Dunque se non è sicura che l’atto di violenza che lei ha subito sia riconducibile alla sua attività, però diciamo che il danneggiamento che è stato fatto al “Centro Arcobaleno 3P” si può spiegare in questi termini…

R. – Hanno rubato tutta la roba del Banco Alimentare: zucchero, latte, lattine, tutto quello che poteva essere rubato… Rubato tutto, spaccato tutto, spaccate tutte le porte, le cancellate… Hanno fatto danni per 2 mila euro. L’unico dubbio che io posso avere è che io ho chiamato un operaio che è fuori zona… Non vorrei aver scatenato le ire della gente del quartiere. Guardi, sono ipotesi, spero che non sia così ... spero solo che siano delle persone che hanno fame e che cercano della roba da mangiare.

D. – Guadagna è un quartiere difficile, ce ne vuole parlare?

R. – E’ attaccato a Brancaccio, che è il quartiere di padre Puglisi. Solo che di Guadagna non si parla! Faccio un esempio: non entra un extracomunitario, non c’è una persona di colore in giro… Proprio non esiste! Eppure a 500 metri, vicino alla stazione, è tutto pieno di extracomunitari… Come è possibile? Ho chiesto in giro e mi hanno risposto: “No, no! Non affittiamo niente a questi, perché poi combinano pasticci e viene la Polizia e noi la Polizia non la vogliamo!”. Non so se è chiaro il concetto… Voglio dire: chi ha occhi, vede che c’è marijuana in tutte le terrazze;  chi ha occhi, vede che c’è spaccio continuo da tutte le parti, giorno e notte. Utilizzano i bambini per portare da un posto all’altro della zona la “roba” che fornisce il denaro per sopravvivere a queste persone… Molti papà sono in carcere; le mamme lavorano come possono per garantire alla famiglia di poter vivere; i bambini sono abbandonati a se stessi… Prima che ci fosse il “Centro Arcobaleno” i ragazzi, anche fino a mezzanotte-l’una, erano per strada a giocare a palla, adesso sono in un posto pulito.

D. – Voi avete 200 minori nel vostro centro…

R. – Sì, circa. Nel pomeriggio dovrebbero prima fare i compiti, teoricamente… Ma poi mi dicono sempre: “Non mi lascia compiti la maestra!”. Ma non è vero!  Ho regalato un diario a ciascuno: ma non li scrivono i compiti! Vanno a scuola un giorno sì e un giorno no; oppure arrivano al centro di pomeriggio e dicono: “Ho fame! Ho fame! Non ha un biscotto?”; “Ma non sei andato a casa a mangiare?”; “No! Mia madre non c’era. Non c’era nessuno!”…

D. – Certo, il “Centro Arcobaleno 3P” è un segno di contraddizione forte a Guadagna…

R. – La mattina ci sono circa 80-90 donne che fanno decoupage, laboratori artigianali, corsi di cucina, palestra, pilates, ginnastica dolce… Adesso anche laboratorio di informatica, perché non sanno usare il computer. Mi hanno regalato 9 computer, che aveva buttato un assessorato regionale…

D. – Suor Anna, come ha reagito la città alla sua aggressione?

R. – Io sicuramente non ne ho parlato… Ma si vede che i miei amici lo hanno raccontato su Facebook e da ieri non ha fatto altro che squillare il mio telefono. Io non so più cosa fare... Penso che adesso il telefono lo spegnerò per sempre…

D. - Prima di spegnerlo, c’è un appello che vuole levare dai nostri microfoni?

R. – Sì. Per favore, che mi facciano il comodato d’uso regolare per questi locali che io ho occupato ben 4 anni fa, visto che abbiamo speso circa 80 mila euro per metterlo in ordine. Non c’erano le porte, non c’erano le finestre, non c’erano i vetri, non c’erano i bagni, non c’erano i rubinetti… Era assolutamente abbandonato. Era pieno di cacca, di siringhe, di preservativi e con scritte oscene su tutti i muri. Io aspetto da 4 anni di avere una regolarizzazione… Perché devono fare ostruzionismo? Il “Centro Arcobaleno 3P” non chiude! Prima devono passare 500 volte sul mio cadavere…

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Religiosi in Italia: non c'è gestione del denaro senza trasparenza

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"Il denaro deve servire e non governare". Questo il tema della 55.ma assemblea generale della Cism, la Conferenza Italiana Superiori Maggiori, che si chiude questo sabato a Bari. L'incontro fa il punto sull’importanza della trasparenza nella gestione delle opere sulla scia di quanto afferma Papa Francesco secondo il quale “non possiamo restare spettatori passivi di una cultura che promuove un'economia dello scarto e dell'indifferenza in un sistema dove non c'è più l'uomo ma l'imperialismo del denaro”. Padre Luigi Gaetani, presidente della Cism, al microfono di Francesca Di Folco chiarisce cosa è emerso dal confronto tra i religiosi: 

R. – Noi vogliamo essere pienamente in linea con il Magistero di Papa Francesco, sia quello espresso in “Evangelii Gaudium” sia quello espresso in “Laudato si’”, dove il denaro non deve strangolare la vita delle persone, ma deve essere a servizio dell’umanità. Il denaro non dev’essere il nuovo vitello d’oro che noi adoriamo ma dev’essere in grado di mettere al centro la dignità e lo sviluppo integrale della persona umana, generando società civili capaci di interfacciarsi e creare un bene comune e non società che si divorano reciprocamente. Non possiamo creare un sistema economico che metta sotto scacco la politica e la civiltà semplicemente perché il denaro è diventato l’unico idolo che regge il sistema.

D. – “Nella mente di ognuno non c’è più l’uomo, ma l’imperialismo del denaro”, dice Papa Francesco. Cosa genera nell’agire umano l’interesse esclusivo del denaro?

R. – L’interesse esclusivo del denaro è legato al potere, alla sopraffazione. Il dominio del denaro è legato all’“hybris”, è legato cioè a quell’egoismo di fondo che lacera l’umanità e che fa perdere all’umanità il senso della direzione, l’identità del suo stesso essere. Per questa ragione c’è un imbarbarimento dell’umano. A questo porta l’assolutizzazione del sistema neocapitalista, dove c’è uno sfregio permanente sull’umanità. Per dirla con Paolo VI, i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri diventano sempre più poveri, dove c’è una esclusione sociale. Per cui noi viviamo nella società dello scarto e degli scartati, e non nella società degli inclusi.

D. – Come evitare i pericoli che il denaro può creare all’interno delle stesse Congregazioni religiose?

R. – Innanzitutto, restando profondamente aderenti al Vangelo: è una norma molto semplice. E’ un Vangelo “sine glossa”, senza troppe complicazioni, senza troppe pre-letture. Effettivamente, restare aderenti al dato del Vangelo di Gesù Cristo: credo che questo debba essere il primo elemento. Il secondo, che le nostre Congregazioni devono essere in grado di gestire il denaro con onestà e trasparenza: senza onestà e senza trasparenza, non c’è gestione del denaro, c’è sopraffazione del denaro rispetto agli obiettivi della Chiesa, che sono il servizio dei poveri e il servizio della missione.

D. – Papa Francesco vuole una Chiesa povera per i poveri. Di che tipo di economia abbiamo bisogno per arricchire la nostra esistenza, e da quale povertà dobbiamo invece fuggire?

R. – Sì: una Chiesa povera per i poveri significa innanzitutto andare al dato essenziale della nostra riflessione teologica: il mistero di Dio. Dio è povero. E Dio è povero nel momento in cui crea, nel momento cioè in cui deve consentire a un altro di esserci. Per poter esserci, quest’altro, ha necessità che Dio in certo qual modo si ritiri, si contragga, non occupi tutto lo spazio. Ecco: Dio lascia spazio nella Creazione, e questo si ripete concretamente nella Rivelazione di Gesù Cristo, quando questo contrarsi di Dio si fa capacità di venire incontro all’umanità, come abbassamento. Entrare pienamente nella condizione della carne degli uomini, toccare la carne degli uomini. Una Chiesa che non ha paura di toccare la carne dell’umanità, di entrare nella condizione degli uomini, di vivere concretamente una empatia nei confronti di un’umanità che ci porta veramente a essere ‘per’ i poveri: non semplicemente ‘con’ i poveri. Che nessuna condizione umana fosse perduta, ma che ogni condizione umana fosse recuperata. Ecco: questa è vera economia, no? Un’economia di salvezza, un’economia nuova che dà dignità, recupera ogni persona e consente a ogni persona di essere inclusa e non esclusa, di essere amata e non semplicemente – come dire – sopportata …

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Scola e Draghi a inaugurazione Anno accademico Cattolica

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E’ un futuro di espansione quello dell’Università Cattolica che, per la prima volta, nella sua storia si è dotata di un piano strategico pluriennale che indica nella crescita e nella partecipazione ai mutamenti in corso lo sviluppo dell’ateneo fondato da padre Gemelli. Una crescita che il rettore Franco Anelli ha delineato a partire dai 37 mila studenti e 1500 docenti, distribuiti in 5 campus, 12 facoltà, 42 corsi triennali e 48 magistrali, oltre a sei corsi a ciclo unico. Un trend di crescita confermato da un + 5 per cento di immatricolazioni. Il servizio di Fabio Brenna

Un futuro di espansione senza perdere di vista, anzi continuando a precisare il senso di una presenza cattolica nel mondo della cultura; di un approccio cristianamente orientato anche nello studio e nella ricerca. La direttrice l’ha suggerita l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, quella della “Cultura dell’incontro” su cui insiste Papa Francesco:

“Testimonianza e incontro sono parole d’ordine del contributo che i cristiani possono offrire per l’edificazione comune di una civiltà della verità e dell’amore, in vista di una vita buona nella nostra società plurale”.

Nella prolusione ufficiale, il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha offerto una lineare ricostruzione dell’azione della Bce negli anni di una crisi definita “troppo lunga” e che “ha messo a dura prova la tenuta del sistema monetario europeo”. Analizzando il mandato della Bce e approfondendo le scelte del “quantitative easing”, dell’acquisito di titoli pubblici e dell’intervento a sostegno della Grecia, Draghi si è chiesto come rendere “più perfetta” l’unione monetaria, mediante una determinazione degli Stati nazionali per rendere più forte l’Europa:

“Una risposta è questa: la consapevolezza della forza intrinseca che deriva dalla capacità di riprendere la crescita, attuando tutte le riforme necessarie a questo fine. La fiducia reciproca che porta a condividere i benefici di questa crescita, in una unione dove la somma sarà maggiore delle sue parti: sono i pilastri su cui dovrà poggiare questa determinazione”.

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Wake Up! Le parole del Papa tra rock e canti cristiani

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Anche la musica rock e progressive può essere un mezzo per evidenziare il messaggio di Papa Francesco. Questa è la sfida del disco “Wake up!”, una raccolta di 11 brani in cui le parole del Papa e canti della tradizione cristiana sono stati arrangiati con la musica degli artisti Dino Doni e Tony Pagliuca, fondatore del gruppo italiano “Le Orme”. Il disco, prodotto dalle Edizioni Paoline e distribuito da Believe digital, è stato presentato oggi in Vaticano. Il servizio di Michele Raviart

(Wake up! Wake up!)

Wake Up! Svegliatevi! Papa Francesco parlò così ai giovani asiatici in Corea del Sud nell’agosto del 2014 per spronarli a non accettare passivamente i doni di Dio. Un invito energico che dà il titolo a questo lavoro che in poco meno di un’ora, ripercorre i discorsi più importanti del Pontificato. Dallo storico “buonasera!” del primo saluto ai fedeli dalla Basilica di San Pietro all’appello lanciato alla Fao per la cura del Creato, le parole del Papa, provenienti dalla registrazioni della Radio Vaticana, sono accompagnate dalle note di Tony Pagliuca, uno degli autori principali del progetto:

"E’ un lavoro molto delicato perché il suo messaggio è la cosa più importante. La musica era solo di commento. Ogni discorso era diverso, naturalmente, anche se alla base c’è sempre stato il Vangelo. Quello che mi ha colpito di più è stato senz’altro quello sulla Laudato si’. Gli altri discorsi come per esempio 'La Chiesa non è un ong' o anche 'Wake up' che era più energico come messaggio ci ha influenzato, in alcuni siamo stati più tenaci, in altri pezzi siamo stati più dolci".

(Musica)

In ogno brano è poi presente un inno della tradizione cristiana, eseguito unendo la melodia del Canto Gregoriano con il ritmo della musica contemporanea. Quattro le lingue utilizzate (italiano, inglese, spagnolo e latino) per un percorso musicale inedito che va dall’etnico al rock. Don Giulio Neroni, direttore artistico del progetto:

"Un paio di brani sono più o meno rock. Non è la prima volta che io faccio un disco sul Papa. Ne ho fatti 4, 5… Per Benedetto avevamo utilizzato una musica neoclassica, per Giovanni Paolo II abbiamo un brano cantato da lui, gliel’abbiamo pure arrangiato..."

(Musica)

Parte del ricavato del disco, che sarà possibile ascoltare ed acquistare anche su Internet, sarà devoluto all’accoglienza dei rifugiati attraverso l’Elemosineria Pontificia.

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Daniel Craig si racconta: da James Bond all'impegno per l'Onu

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Da oggi nelle sale italiane l’ultimo capitolo della saga di 007, “Spectre”, diretto da Sam Mendes. L’agente segreto più famoso del mondo mostra questa volta il suo volto umano e i suoi dubbi, cercando una vita meno pericolosa e violenta. Il servizio di Luca Pellegrini

E’ tormentato, James Bond, e mette in dubbio addirittura la sua licenza di uccidere, perché potrebbe non essere più così necessario. “Spectre” è il ventiquattresimo film della serie, il quarto interpretato da Daniel Craig e il secondo diretto da Sam Mendes. La revisione introdotta negli ultimi capitoli, anche grazie al cambio di attore, compie il suo giro di boa: l’organizzazione mondiale del male, la Spectre appunto, che 007 combatte da sempre, non ha più dinanzi la meta del dominio universale sotto la minaccia della bomba atomica e della distruzione, ma l’uso dei media per il controllo totale della società, piegata ai suoi perversi fini. E l’agente segreto si adatta a questa novità: la tecnologia non è più così sbalorditiva, anche se i mezzi a disposizione sono sempre ingenti perché i servizi segreti britannici sono ampiamente sovvenzionati, ma la dimensione umana, nel bene o nel male, ha ormai conquistato Bond, le sue girl e pure i cattivi. Naturalmente lui gira il mondo, i luoghi sono sempre esotici, la vita sempre spericolata e ai limiti C’è poi il senso dell’ironia e del tradimento, il ricordo di relazioni familiari svanite e il desiderio di famiglia e di una vita meno eccitante ma sicuramente più serena. Daniel Craig ha confermato di aver esaurito l’impegno con Bond e il suo mondo. Traccia le linee guida che l’hanno aiutato in questo compito e il rapporto con chi ha interpretato Bond prima di lui:

“I havent’t consciously tried to change it, but when I first started doing this part …
Non è stato un tentativo consapevole di cambiarlo, ma quando ho iniziato a recitare questo ruolo è stata una delle cose di cui maggiormente sono stato consapevole e che mi ha messo grande insicurezza: il fatto che non volevo “copiare” nessun altro. Mi sono lasciato ispirare molto dai libri di Ian Fleming; sapevo che avrei dovuto “ricominciare daccapo”: questo era l’unico modo in cui avrei saputo farlo. Così ho cercato di lasciarmi abbastanza spazio attorno al personaggio, in modo che sarebbe potuto capitargli qualsiasi cosa. Lavorare su questo ruolo è molto strano, a un certo punto interviene il personaggio: stai facendo James Bond, devi attenerti a questo ruolo. Tutto il resto è ‘fair game’” …

Roma è stata un palcoscenico importante. Anche Via della Conciliazione e Piazza Pio XII, la Basilica di San Pietro sullo sfondo, sono state utilizzate per un inseguimento notturno mozzafiato. Che ricordi ha di quelle riprese e della Capitale italiana?

“Coming back here is always a huge pleasure, and we were …
Tornare qui è sempre un grande piacere; abbiamo avuto dimostrazione di tanta buona volontà. Spero ne converrete che la scena che si svolge nelle strade di Roma è spettacolare e indimenticabile e – come io penso – assolutamente unica. Per questo voglio dire ‘grazie’ a Roma …”

Lo scorso 25 settembre lei è stato alle Nazioni Unite ascoltando attentamente il discorso di Papa Francesco rivolto alle Nazioni e ai popoli:

“I’ve been given this incredible honour by the UN: …
L’Onu mi ha riservato questo incredibile onore: faccio il possibile per aiutare UnMas (United Nations Mine Action Service), che è il servizio dell’Onu che si occupa dello sminamento, che sta disperatamente cercando di liberare il mondo dalle mine antiuomo e residuati bellici inesplosi: è un compito molto arduo ed io cerco di contribuire come posso. Vivo a New York e la possibilità di incontrare il Papa, Obama, Putin, il presidente cinese Xi, sono tutte occasioni da non perdere. Volevo fare questa esperienza: sono nuovo nell’ambiente, volevo scoprire come funziona l’Onu, scoprire come le persone parlano tra di loro – ho raccolto informazioni. Un’esperienza indimenticabile”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Consiglio d'Europa: ruolo delle comunità di fede contro estremismo

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“Nella lotta all’estremismo violento, fondamentale è la prevenzione, attraverso l’educazione, in campo scolastico e in tutti gli ambiti in cui si può favorire l’incontro tra persone di culture diverse, in particolare i giovani”. Così mons. Paolo Rudelli, Osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, sintetizza quanto emerso nell’Incontro “Costruire insieme società inclusive: il ruolo delle religioni e delle convinzioni non religiose nella prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento” che si è svolto il 2-3 novembre a Sarajevo. In un “clima positivo, pur nella diversità delle prospettive, la convergenza” su questo punto “è stata unanime”. È stato altresì riconosciuto - riferisce l'agenzia Sir - “il ruolo che le comunità religiose possono avere”, lavorando “in autonomia, sul terreno per favorire il dialogo”. 

Terrorismo per motivi religiosi è una perversione della religione
“La dimensione religiosa, non essendo una qualcosa di aggiunto ma costitutivo della persona, va riconosciuto”, conclude Rudelli, facendo riferimento all’intervento del card. Vinko Pulijc ai lavori: eventi tragici hanno messo in luce la necessità di considerare anche questo aspetto. “Il terrorismo, per chi lo fa per motivi religiosi, è una perversione della religione”, che però fa emergere “la difficoltà di dialogo tra culture diverse”: la dimensione religiosa “è fondamentale per essere parte della soluzione e non del problema”. (R.P.)

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Iraq: cristiani contro la legge sull'islamizzazione dei minori

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Centinaia di appartenenti alle componenti non islamiche della società irachena hanno dato vita ieri ad una manifestazione davanti alla rappresentanza Onu di Erbil per protestare contro la legge che dispone il passaggio automatico alla religione islamica dei minori quando anche uno solo dei due genitori si converte all'islam. La mobilitazione – ha visto convergere militanti di varie sigle politiche, rappresentanti di organizzazioni della società civile e gruppi di cristiani, yazidi, mandei e sabei.

Memorandum sulla incostituzionalità della legge
Una delegazione dei manifestanti, secondo quanto riportato dal website iracheno ankawa.com, è stata ricevuta dai funzionari dell'Onu, ai quali ha consegnato un memorandum in cui viene documentata l'incostituzionalità della legge in questione. I funzionari dell'Onu, dal canto loro, hanno assicurato che faranno pressione sul parlamento iracheno per cercare di ottenere una modifica della legge.

La proposta dei cristiani respinta dal parlamento iracheno
​Lo scorso 27 ottobre il parlamento iracheno aveva respinto a larga maggioranza la proposta di modifica della legge avanzata dai rappresentanti cristiani, ma sostenuta da parlamentari appartenenti a schieramenti diversi. In tale proposta si chiedeva di aggiungere al paragrafo della legge riguardante i minori una frase, per stabilire che nel caso di conversione all'islam di un genitore, i minori rimangono nella religione originaria di appartenenza fino ai diciotto anni, per poi scegliere la religione a cui appartenere in piena libertà di coscienza. (G.V.)

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Pakistan: i cristiani ricordano i due coniugi che furono arsi vivi

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Un anno fa, il 4 novembre 2014, un episodio generò un’ondata di orrore in tutto il Pakistan, scioccando il mondo intero: i due coniugi cristiani Shama e Shahzad Masih furono gettati in una fornace per mattoni da una folla di musulmani e arsi vivi per sospetta blasfemia. In Pakistan l’anniversario di quel tragico incidente è stato celebrato in diverse comunità del Punjab. La loro memoria è viva soprattutto nel prendersi cura dei loro figli, come fa oggi la “Cecil Chaudhry & Iris Foundation”, Ong che promuove progetti per i gruppi più emarginati in Pakistan.

Due vite innocenti vittima del fanatismo religioso
La presidente della Fondazione, la cattolica Michelle Chaudhry, ha dichiarato all'agenzia Fides: “Teniamo Shama e Shahzad nel profondo del nostro cuore; due vite innocenti perse a causa dell’estremo bigottismo nella nostra società. I fanatici non solo hanno bruciate due vite preziose in quella fornace; ma hanno bruciato l'umanità, hanno bruciato i principi dell'Islam e hanno bruciato il Pakistan di Jinnah e nessun risarcimento monetario può compensare un simile atto estremo di violenza”.

Protezione delle minoranze religiose
La Fondazione è impegnata a costruire una società giusta ed equa: “Per questo – prosegue – ricordiamo la sentenza del 19 giugno 2014 della Corte Suprema, che ha espressamente chiesto al governo di promuovere la tolleranza religiosa e sociale e di proteggere le minoranze religiose”. La Fondazione chiede giustizia per Shama e Shehzad, auspicando che i responsabili dell’omicidio siano consegnati alla giustizia e che “sia garantita la sicurezza e la protezione di ogni pakistano, a prescindere dalla fede, genere, lingua, etnia, come sancito dalla Costituzione”.

Garantita un'istruzione ai tre figli dei coniugi uccisi
​La Cecil & Iris Chaudhry Foundation si è assunta la responsabilità di garantire un'istruzione ai tre figli dei coniugi uccisi: “Abbiamo voluto portare un cambiamento in meglio nella vita di questi bambini, avendo una grande fiducia nel potere dell'educazione. Oggi ci dà immenso piacere vedere questi bambini felici, sicuri e impegnati in modo proficuo nelle attività scolastiche”. (P.A.)

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Myanmar. Card. Bo: il voto è un pellegrinaggio di speranza

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Mentre si assiste a “un momento cruciale nella storia del Myanmar”, negli ultimi giorni prima del voto “c’è bisogno di una vigilanza supplementare. Auspichiamo che queste elezioni siano un processo trasparente, per garantire un voto libero ed equo anche ai poveri e agli emarginati”: lo afferma, in una nota ripresa dall’agenzia Fides, il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, quando nel Paese si avvicinano le elezioni generali dell’8 novembre. Si tratta, nota il card. Bo, delle “prime elezioni libere: 93 partiti, 5.800 candidati dei partiti, 3.000 candidati indipendenti. La ricerca per la democrazia è vitale in Myanmar oggi”.

Il diritto al voto è sacro
Il cardinale apprezza “i leader e la loro visione della democrazia”. “Evitare la violenza elettorale è una sfida difficile e sono contento che le nostre leggi e le autorità siano all'altezza della sfida” rimarca. Definendo “encomiabile” il coraggio alla Commissione elettorale che “affronterà il lavoro con neutralità professionale”, il card. Bo ricorda che “la gente vuole elezioni pacifiche” e che “il diritto al voto è sacro”. “Attraverso questo diritto, le persone determinano il loro futuro. Andare nella cabina elettorale è un pellegrinaggio di speranza. Tutti noi intraprendiamo questo pellegrinaggio. Il nostro destino è nelle urne".

Una nazione di 135 tribù e con le principali religioni
"La democrazia, per il popolo, dal popolo e del popolo, ha forgiato la storia delle grandi nazioni. Il Myanmar aspettava questo momento da secoli”, nota il porporato. “Oggi è il nostro appuntamento con quel destino. Insieme ci ritroviamo o insieme cadiamo. Le urne determineranno il nostro futuro. Dio ha benedetto questa nazione con immensi tesori, ma il tesoro che vale più di qualsiasi altro è la fratellanza umana, una nazione arcobaleno di 135 tribù e con le principali religioni. Abbiamo bisogno di pace oggi” osserva il cardinale. Il testo conclude auspicando che il voto “porti pace e prosperità per questa nazione” e che il Myanmar “ritrovi il suo storico splendore”. (P.A.)

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Ramallah: il nunzio Lazzarotto ricevuto dal Presidente Abbas

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Ieri il Presidente dello Stato della Palestina, Mahmoud Abbas, ha ricevuto, a Ramallah, l’arcivescovo Giuseppe Lazzarotto, nunzio apostolico in Israele e delegato per Gerusalemme e i Territori palestinesi. Lo riferisce il Patriarcato latino di Gerusalemme. Nel corso dell’incontro il nunzio ha consegnato al presidente palestinese l’approvazione di Papa Francesco all’accordo bilaterale firmato in Vaticano il 26 giugno scorso. Mons. Lazzarotto era accompagnato, tra gli altri, dal Patriarca Latino di Gerusalemme, Fouad Twal e dall’economo custodiale padre Ibrahim Faltas. Il Presidente Abbas ha messo al corrente mons. Lazzarotto degli “eventi in atto nei Territori palestinesi occupati e le misure arbitrarie adottate da Israele contro i palestinesi, in particolare quelli residenti a Gerusalemme”. 

Abbas ha ringraziato la S.Sede per il riconoscimento dello Stato di Palestina
Il Presidente, rende noto il Patriarcato, “ha ringraziato il Papa e la Santa Sede per il riconoscimento dello Stato di Palestina, esprimendo la speranza che anche altri Paesi, in particolare europei, possano fare altrettanto”. Riconoscere uno Stato palestinese “sui confini del 1967”, sono parole del Presidente palestinese, “è una questione di principio e di etica”. Dal Presidente palestinese è giunto anche l’auspicio che “il Papa continui a pregare per la giustizia e la pace in Terra Santa”. (R.P.)

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Terra Santa: per il Giubileo più confessori nei Luoghi Santi

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I pellegrini che si recheranno in Terra Santa durante l'ormai imminente Anno Santo della Misericordia potranno accedere con più facilità al sacramento della confessione nelle chiese e nei santuari sparsi nella terra dove è vissuto Gesù. E' questa la misura più significativa annunciata dai capi delle Chiese cattoliche di Terra Santa per aiutare i pellegrini a vivere il tempo giubilare facendo esperienza viva della misericordia del Signore nel perdono sacramentale. L'intento è stato annunciato esplicitamente dagli Ordinari cattolici di Terra Santa, riunitisi in Assemblea presso la sede del Patriarcato Latino di Gerusalemme dal 3 al 5 novembre. 

La penitenziale va inserita nei programmi dei pellegrinaggi
​“Per vivere meglio questo anno di misericordia” si legge nel comunicato finale dell'Assemblea, ripreso dall'agenzia Fides, “è consigliabile che la celebrazione del sacramento della penitenza sia inserita nei programmi per i pellegrini. Il nostro comitato per i pellegrinaggi lavorerà per rendere più accessibile il sacramento della confessione nei diversi santuari”.

Non aver paura di recarsi in Terra Santa
A conclusione dell'Assemblea, i vescovi cattolici di Terra Santa hanno anche rinnovato l'appello a tutti coloro che vogliono seguire le orme di Cristo a non farsi intimorire dalle convulsioni che pure agitano il Medio Oriente: “La gente di questa terra” si legge nel comunicato finale “ ha bisogno della vostra testimonianza”.

L'opera di Caritas Jerusalem per la Striscia di Gaza
Nel corso dei lavori, i vescovi cattolici di Terra Santa hanno anche analizzato il prezioso lavoro svolto da Caritas Jerusalem a favore di chi vive diverse forme di emergenza sociale e umanitaria, con particolare attenzione dedicata ai progetti messi in atto nella Striscia di Gaza. A tal riguardo, i vescovi cattolici hanno anche chiesto di istituire in ogni parrocchia “un comitato locale che si occupi dei poveri”, in coordinamento con Caritas Jerusalem. (G.V.)

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Colombia: Chiesa disposta a mediare tra governo e guerriglia Eln

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La Chiesa colombiana è disposta mediare tra Governo e la guerriglia dell'Eln. Lo ha detto il presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, una volta conosciuta la richiesta avanzata dal gruppo guerrigliero, il secondo del Paese dopo le Farc. Il presule ha assicurato che da parte dei vescovi c’è tutta la volontà di essere mediatori. “Questo è un servizio alla pace e ritengo che la Conferenza episcopale cercherà di essere utile nel miglior modo possibile in questo processo”. 

Eln ha chiesto un cessare il fuoco bilaterale
Mons. Castro - riferisce l'agenzia Sir - ha affermato di prendere molto seriamente la richiesta del gruppo. In seguito a tale richiesta mons. Castro ha convocato i vescovi colombiani a Bogotà per un incontro straordinario. Domenica scorsa l’Eln aveva chiesto un cessate il fuoco bilaterale come premessa per l’avvio del negoziato. (R.P.)

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Cile: card. Ezzati per la riforma della nuova Costituzione

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Il presidente della Conferenza episcopale cilena, card. Ricardo Ezzati, insieme ad altri leader religiosi del Paese, ha partecipato all’incontro organizzato dalla Presidente della Repubblica, Michelle Bachelet, per dialogare sulla proposta del governo di redigere una nuova costituzione. Durante il dibattito, l’arcivescovo di Santiago, si è detto d'accordo sulla proposta di un rinnovo della Carta costituzionale. “E’ in corso un cambiamento culturale e il Cile – ha detto il porporato - non è estraneo a questo cambiamento, quindi ha bisogno di interrogarsi sulla propria identità, il proprio patrimonio storico ma anche sulle innovazioni che il mondo contemporaneo chiede al Paese”.

Riscoprire la propria identità con uno sguardo verso il futuro
L’arcivescovo di Santiago ha osservato che la riflessione su una nuova Carta costituzionale richiede la partecipazione di tutti i cittadini che con intelligenza possano guardare e costruire il futuro sulla prospettiva di quello che costituisce il patrimonio del Cile. “Una Costituzione - ha detto - è chiamata a riscoprire costantemente i valori di questo patrimonio, un patrimonio che è per tutti e non un privilegio di alcuni”. Il cardinale ha sottolineato che  durante l’incontro si è parlato in forma generica di valori fondamentali che devono essere alla base di una Carta costituzionale e che vanno aldilà di qualunque contingenza momentanea.

La dignità della persona e la libertà religiosa al primo posto
Rispondendo alle domande dei giornalisti su quali sarebbero i valori fondamentali che secondo la Chiesa sarebbero indispensabili evidenziare in una nuova costituzione,  il card. Ezzati ha ricordato il valore della famiglia, il valore del lavoro, il diritto all'educazione, il diritto dei poveri ad avere una vita degna e il diritto alla libertà religiosa, quest’ultimo nel contesto di una società laica. “Come cristiano, come vescovo - ha affermato - credo che la società civile debba essere laica, ma nel senso vero del significato di laico, che non significa scartare alcuni valori che sono fondamentali per la vita della persona e che sono una ricchezza per la costruzione di un Paese più giusto, più fraterno e più umano”. (A cura di A.Tufani)

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India: infermieri cattolici contro la “cultura della morte”

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Fin dalla sua creazione, “la Chiesa cattolica ha lavorato al servizio dei malati, di chi soffre e dei moribondi. Per questo la Chiesa è impegnata in azioni costruttive che sostengono la dignità e l’onore come valori connaturati alla vita umana” e, sempre per lo stesso motivo, “gli infermieri cattolici e il personale sanitario che lavora negli ospedali sparsi in tutta l’India possono essere considerati ‘guardiani della vita’, contro la ‘cultura della morte’”. Lo afferma la dichiarazione finale del Convegno nazionale degli infermieri cattolici che si è svolto a Mumbai dal 31 ottobre al 2 novembre, secondo cui gli operatori medici cattolici sono “il simbolo dell’apostolato curativo della Chiesa” nel mondo. L’incontro del Catholic Nurses Guild (Cng: sindacato degli infermieri cattolici) è arrivato alla 20ma edizione. Quest’anno il tema era “Le sfide della cura e della compassione nel servizio alla vita”. Nella città indiana si sono radunati 325 infermieri provenienti da 46 diocesi dell’India, in rappresentanza degli 11mila membri del Cng. A guidare i lavori, il nunzio apostolico, 5 vescovi, 16 sacerdoti ed esperti in campo medico.

Cure degli infermieri continuano l’opera di Dio che ci ha donato la vita
Nella documento finale gli operatori cattolici ricordano che “la missione di Gesù era rendere la vita umana piena di speranza e soddisfatta. Egli è venuto tra noi affinchè noi potessimo avere la vita e vivere in abbondanza (Giovanni 10,10). E in questa vita abbondante, la visione di guarigione di Gesù ha un ruolo importante nel suo ministero”. Gesù infatti ha “inviato i suoi discepoli ‘per curare ogni male e infermità (Matteo 10:1)”. Quindi, sostengono gli infermieri cattolici, “il coinvolgimento della Chiesa in campo medico risale alla venuta di Cristo” ed è per questo che “le cure degli infermieri sono la continuazione dell’opera di Dio che ci ha donato la vita. Attraverso il loro lavoro, essi condividono il lavoro pastorale e la missione evangelizzatrice della Chiesa. Con la cura della vita, la Chiesa proclama il ‘Vangelo della Vita’”.

Prendersi cura della persona intera, non solo della sua malattia
Durante il convegno sono stati organizzati diversi seminari durante i quali gli operatori sanitari hanno condiviso esperienze di vita e lavorative. Da questi workshop sono emerse le difficoltà della cura quotidiana dei malati, che “si fonda su una serie di principi base: rispetto, compassione, interesse e amore, dolcezza ed empatia” e sul concetto che “ci si deve prendere cura della persona intera, non solo della sua malattia”.

Vita umana minacciata dalla "cultura della morte"
Negli incontri è anche emerso come nella società attuale prevalga la “cultura della morte”. La vita umana, sostengono i partecipanti, “è minacciata anche prima della morte. L’aborto è dilagante in tutto il mondo. La fecondazione in vitro comporta la distruzione volontaria di embrioni umani. La maternità surrogata (per cui l’India è una meta privilegiata – ndr) separa alla nascita il bambino dall’abbraccio affettuoso di una madre e di un padre, dal contesto genitoriale che è l’unico in grado di proteggere la nuova vita da mercificazione e sfruttamento”. Perciò gli infermieri cattolici sono come “protettori della vita” e vogliono “costruire una civiltà dell’amore basata sui valori universali di amore, pace, solidarietà e giustizia”.

Protezione della vita come dono prezioso di Dio
Al termine della dichiarazione ribadiscono il loro impegno “a proteggere la vita, in quanto dono prezioso di Dio, e prendersi cura di essa dalla nascita fino alla sua morte naturale; a rafforzare il loro spirito di cura compassionevole; ad avere cura in particolar modo degli individui più vulnerabili, come i malati mentali e i disabili, ed evitare ogni discriminazione in base all’orientamento sessuale; a sostenere sia i pazienti che le loro famiglie nel percorso di fine vita”. (N.C.)

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E’ morto a 91 anni, l’antropologo René Girard

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Si è spento a 91 anni, l’antropologo e filosofo francese cattolico René Girard. Nato il 25 dicembre 1923 ad Avignone, Girard si è diplomato nel 1947 archivista-paleografo medievale all'École des Chartes di Parigi e dal 1957 al 1995 ha insegnato letteratura francese in diverse università statunitensi. Nel 2001 gli è stata conferita una laurea honoris causa in Lettere all'Università di Padova. Le opere principali di Girard oltre quelle letterarie, vertono  soprattutto sui campi dell'antropologia filosofica e della filosofia della religione, ponendo l'accento sui miti di fondazione, sul nesso che lega il sacro alla violenza. Nel suo pensiero, la logica arcaica del sacrificio venne trascesa solo con il cristianesimo, laddove Cristo assume il ruolo di "capro espiatorio".

Storico delle idee, studioso del sacro e di questioni religiose, Girard, è autore di una vasta bibliografia, con numerosi titoli tradotti in italiano, tra i quali "Menzogna romantica e verità romanzesca" (Bompiani), "Il risentimento. Lo scacco del desiderio nell'uomo contemporaneo" (Raffaello Cortina), "Il caso Nietzsche. La ribellione fallita dell'anticristo" (Marietti), "Origine della cultura e fine della storia" (Raffaello Cortina), "Il sacrificio" (Raffaello Cortina), "Geometrie del desiderio" (Raffaello Cortina) e "Violenza e religione. Causa o effetto? (Raffaello Cortina).

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 309

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.