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Sommario del 06/11/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: triste vedere preti e vescovi attaccati ai soldi

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Vescovi e sacerdoti vincano la tentazione di “una doppia vita”, la Chiesa è chiamata a servire, non a diventare "affarista". E’ uno dei passaggi dell’omelia mattutina di Papa Francesco a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha messo in guardia dagli “arrampicatori, attaccati ai soldi” che fanno tanto male alla Chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti

Servire, servirsi. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia su due figure di servi, presentate dalla Liturgia odierna. Innanzitutto, la figura di Paolo che “si è donato tutto al servizio, sempre” per finire a Roma “tradito da alcuni dei suoi” finendo poi “condannato”. Da dove veniva la grandezza dell’Apostolo delle Genti, si chiede il Pontefice? Da Gesù Cristo e “lui si vantava di servire, di essere eletto, di avere la forza dello Spirito Santo”.

Il cristiano è chiamato a servire, non a servirsi degli altri
Era il servo che serviva, ha ribadito, “amministrava, gettando le basi, cioè annunciando Gesù Cristo” e “mai si fermava per avere il vantaggio di un posto, di una autorità, di essere servito. Lui era ministro, servo per servire, non per servirsi”:

“Io vi dico quanta gioia ho, io, che mi commuovo, quando in questa Messa vengono alcuni preti e mi salutano: ‘Oh padre, sono venuto qui a trovare i miei, perché da 40 anni sono missionario in Amazzonia’. O una suora che dice: ‘No, io lavoro da 30 anni in ospedale in Africa’. O quando trovo la suorina che da 30, 40 anni è nel reparto dell’ospedale con i disabili, sempre sorridente. Questo si chiama servire, questa è la gioia della Chiesa: andare oltre, sempre; andare oltre e dare la vita. Questo è quello che ha fatto Paolo: servire”.

No agli arrampicatori attaccati ai soldi nella Chiesa
Nel Vangelo, ha ripreso, il Signore ci fa vedere l’immagine di un altro servo, “che invece di servire gli altri si serve degli altri”. E, ha sottolineato, “abbiamo letto cosa ha fatto questo servo, con quanta scaltrezza si è mosso, per rimanere al suo posto”.

“Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no? La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo: servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi. E la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri”.

Chiesa che non serve diventa Chiesa affarista
Due immagini, ha ripreso Francesco: “Due immagini di cristiani, due immagini di preti, due immagini di suore. Due immagini”. E Gesù, ha ribadito, “ci fa vedere questo modello in Paolo, questa Chiesa che mai è ferma", che "sempre va avanti e ci fa vedere che quella è la strada”:

“Invece quando la Chiesa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte, questo non si può dire, che sia una Chiesa che ministra, che sia al servizio, bensì che si serve degli altri. Che il Signore ci dia la grazia che ha dato a Paolo, quel punto d‘onore di andare sempre avanti, sempre, rinunciando alle proprie comodità tante volte, e ci salvi dalle tentazioni, da queste tentazioni che in fondo sono tentazioni di una doppia vita: mi faccio vedere come ministro, cioè come quello che serve, ma in fondo mi servo degli altri”.

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Papa: buoni samaritani difendono vita concepiti, anziani, poveri

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La difesa della vita umana e la promozione della famiglia devono intrecciarsi sempre, nell’impegno sociale di un cristiano, con il sostegno solidale verso qualsiasi forma di disagio sociale, laddove ci sono persone derubate della dignità. Lo ha riaffermato Papa Francesco, che ricevuto in udienza una delegazione dei Centri di Aiuto alla Vita. Il servizio di Alessandro De Carolis

L’uomo del Vangelo che scendeva da Gerusalemme a Gerico finendo preda di ladri, derubato e malmenato continua a percorrere le strade delle città di oggi – magari con le tasche vuote o con una malattia addosso o il viso pieno di rughe o con tratti somatici diversi – alla ricerca del suo buon Samaritano.

Mettersi al fianco dei più poveri
Samaritani dal cuore aperto sono le donne e gli uomini che prestano servizio nei Centri di Aiuto alla Vita, strutture del Movimento per la Vita italiano che, ricorda Papa Francesco, si spendono anzitutto per consentire alle mamme in difficoltà a non spezzare il dono della vita che cresce dentro di loro. Ma, afferma il Papa…

“…per i discepoli di Cristo, aiutare la vita umana ferita significa andare incontro alle persone che sono nel bisogno, mettersi al loro fianco, farsi carico della loro fragilità e del loro dolore, perché possano risollevarsi. Quante famiglie sono vulnerabili a motivo della povertà, della malattia, della mancanza di lavoro e di una casa! Quanti anziani – quanti anziani! – patiscono il peso della sofferenza e della solitudine! Quanti giovani sono smarriti, minacciati dalle dipendenze e da altre schiavitù, e attendono di ritrovare fiducia nella vita!”.

Spalle voltate
Francesco chiede ai Centri di avere dunque un cuore più dilatato, oltre il pur “doveroso e nobile” servizio alla vita. Di essere samaritani che abbracciano con “sensibilità personale e sociale” ogni forma di disagio, “di povertà e di sfruttamento”, che spesso trova occhi ciechi in quello che definisce “il deserto della vita”:

“Anche nel nostro tempo ci sono ancora tanti feriti, a causa dei briganti di oggi, che li spogliano non solo degli averi, ma anche della loro dignità. E di fronte al dolore e alle necessità di questi nostri fratelli indifesi, alcuni si voltano dall’altra parte o vanno oltre, mentre altri si fermano e rispondono con dedizione generosa al loro grido di aiuto”.

Siate buoni samaritani
In 40 anni di attività, ricorda invece il Papa, gli aderenti al Movimento per la Vita, davanti alle “varie forme di minacce alla vita umana”,  si sono “dati da fare affinché nella società non siano esclusi e scartati quanti vivono in condizioni di precarietà”:

“Mediante l’opera capillare dei ‘Centri di Aiuto alla Vita’, diffusi in tutta Italia, siete stati occasione di speranza e di rinascita per tante persone. Vi ringrazio per il bene che avete fatto e che fate con tanto amore, e vi incoraggio a proseguire con fiducia su questa strada, continuando ad essere buoni samaritani! Non stancatevi di operare per la tutela delle persone più indifese, che hanno diritto di nascere alla vita, come anche di quante chiedono un’esistenza più sana e dignitosa”.

In difesa della maternità
E concludendo con uno sprone a “lavorare, a diversi livelli e con perseveranza, nella promozione e nella difesa della famiglia, prima risorsa della società, soprattutto in riferimento al dono dei figli e all’affermazione della dignità della donna”, Francesco evidenzia un aspetto strettamente legato all’attualità:

“Mi piace sottolineare che nella vostra attività, voi avete sempre accolto tutti a prescindere dalla religione e dalla nazionalità. Il numero rilevante di donne, specialmente immigrate, che si rivolgono ai vostri centri dimostra che quando viene offerto un sostegno concreto, la donna, nonostante problemi e condizionamenti, è in grado di far trionfare dentro di sé il senso dell’amore, della vita e della maternità”.

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Papa: credente non può fare vita da faraone, c'è sempre rischio corruzione

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“C’è sempre il pericolo della corruzione”. Lo ha affermato il Papa in un’intervista al giornale olandese di strada Straatnieuws, un quotidiano dei senzatetto di Utrecht. Nel colloquio integrale con i redattori, Francesco parla dell'aiuto della Chiesa ai più poveri e osserva: un credente non può vivere da faraone. Alessandro Guarasci

Il clima di questo colloquio col Papa a Santa Marta è rilassato. Gli stessi redattori del giornale di strada olandese Straatnieuws descrivono il Pontefice come “un uomo calmo e amichevole, ma allo stesso tempo energico e preciso”. I temi dell’intervista solo legati alla più stretta attualità.

Con i governi accordi trasparenti, c'è sempre il pericolo della corruzione
Francesco afferma che con i governi “si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perché - afferma - c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa”. Il Pontefice confessa di aver parlato tempo fa di questo con un ministro dell’Argentina, un “uomo onesto. Uno che ha lasciato l’incarico perché non poteva andare d’accordo con alcune cose un po’oscure. Gli ho fatto la domanda: 'Quando voi inviate aiuti, sia pasti, siano vestiti, siano soldi, ai poveri e agli indigenti: di quello che inviate, quanto arriva là, sia in denaro sia in spesa?'. Mi ha detto: 'Il 35 per cento'. Significa che il 65 per cento si perde. È la corruzione: un pezzo per me, un altro pezzo per me”.

I beni della Chiesa servono per ospedali e scuole
Sui beni della Chiesa, Francesco dice che servono per mantenere “le strutture” della Chiesa stessa, ma anche che per “tante opere che si fanno nei Paesi bisognosi: ospedali, scuole”; anche le opere artistiche come la Pietà di Michelangelo non possono essere vendute perché sono “tesori dell’umanità”. E “questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date”.

Credente non può fare vita da faraone
La povertà è sempre al centro dei pensieri di Francesco che afferma: “Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone, questo non si può fare”. Poi confida di “volere un modo senza poveri”, però “la cupidigia  umana c’è sempre, la mancanza di solidarietà, l’egoismo che crea i poveri. Per questo mi sembra un po’ difficile immaginare un mondo senza poveri”. Anche la Chiesa comunque deve essere povera perché “Gesù è venuto al mondo senzatetto e si è fatto povero”. Un richiamo all’essenzialità che vale per tutti, compresi i laici. Tuttavia c’è il diritto ad avere una vita dignitosa, dunque: lavoro, casa, terra.

Mi sento libero a Santa Marta
Poi i temi un po’ più intimi: non si aspettava di essere eletto Papa, non ha “perso la pace. E questo è una grazia di Dio”. Alla domanda: “Continuerà questo lavoro fino a quando ne sarà in grado?”, lui risponde: “Sì”. Preferisce rimanere a Santa Marta perché lì si sente “libero”, anche se gli “manca la strada”, non gli manca invece il contatto con la gente che incontra alle udienze generali o quando va nelle parrocchie. Da bambino giocava a calcio ma aveva "due gambe sinistre”, insomma non era forte. Che cosa voleva fare da piccolo quando aveva quattro anni?: “Il macellaio”.

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Il Papa riceve il governatore generale di Grenada

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Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, Papa Francesco ha ricevuto il governatore generale di Grenada, la sig.ra Cécile Ellen Fleurette La Grenade, che successivamente ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, accompagnato da mons. Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.

“Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - ci si è soffermati sulle buone relazioni bilaterali tra la Santa Sede e Grenada, nonché sull’importante apporto della Chiesa cattolica allo sviluppo del Paese, soprattutto in riferimento alle sfide sociali e all’educazione dei giovani. Non è mancata, infine, una panoramica sulla situazione della regione caraibica, con particolare riferimento ai problemi economici e a quelli ambientali legati ai cambiamenti climatici”.

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Udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, mons. l’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, e l’arcivescovo Celestino Migliore, nunzio apostolico in Polonia.

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Francesco nomina i nuovi arcivescovi di Bruxelles e Barcellona

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In Belgio, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles e all’incarico di ordinario militare per il Belgio presentata per raggiunti limiti di età da mons. André Léonard. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Jozef de Kesel, finora vescovo di Brugge. Il presule è nato il 17 giugno 1947 a Gent (Fiandre Orientali), nella diocesi omonima. E’ stato ordinato sacerdote il 26 agosto 1972 per la diocesi di Gent. Ha ottenuto il grado di dottore in teologia alla Pontifica Università Gregoriana con la tesi  : “Le refus décidé de l’objectivation. Une interprétation du Jésus historique dans la théologie chez Rudolf Bultmann ». È autore di numerosi articoli e di qualche libro sulla la Chiesa e sui vari aspetti della vita cristiana. Fu docente al Seminario di Gent, nel centro di formazione per i futuri professori di religione e all’Università di Leuven. Parla francese, neerlandese, inglese e italiano. Eletto alla sede titolare di Bulna e nominato Ausiliare di Malines-Bruxelles il 20 marzo 2002, fu consacrato il 26 maggio successivo. Dal 2002 al 2010 è stato incaricato come Vicario generale per il Vicariato di Bruxelles. Dal 2010 ha ricevuto l’incarico di Vicario Generale per il Vicariato del Brabante fiammingo e della zona di Malines. Il 25 giugno 2010 fu nominato Vescovo di Brugge. Nella Conferenza Episcopale di Belgio è membro delle Commissione Fede e Chiesa e per l’Evangelizzazione.

In Spagna, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Barcellona, presentata raggiunti limiti di età dal cardinale Lluís Martínez Sistach. Al suo posto Papa Francesco ha nominato mons. Juan José Omella Omella, trasferendolo dalla diocesi di Calahorra y La Calzada-Logroño. Il presule è nato a Cretas, provincia di Teruel e arcidiocesi di Zaragoza, il 21 aprile 1946. Dopo essere entrato nel Seminario Minore di Zaragoza ha proseguito i suoi studi, prima presso il Collegio dei Padri Bianchi di Logroño e poi in Bruxelles (Belgio) e a Gerusalemme. Ha frequentato la Facoltà Teologica dell’Università Cattolica di Lovanio. Ordinato sacerdote il 20 settembre 1970 in Zaragoza ed incardinato in quell’arcidiocesi, ha svolto il suo ministero in varie parrocchie delle zone rurali della stessa arcidiocesi ed anche come Vicario episcopale per la città di Zaragoza. È stato anche Cappellano delle Monache Cistercensi di “Santa Lucia” in Zaragoza. Il 15 luglio 1996 venne eletto Vescovo Ausiliare di Zaragoza, ricevendo la consacrazione episcopale il 22 settembre successivo. Il 29 ottobre 1999 venne nominato Vescovo di Barbastro-Monzón. L’8 aprile 2004 fu nominato Vescovo di Calahorra y La Calzada- Logroño. Nella Conferenza Episcopale Spagnola è Membro della Commissione Episcopale per la Pastorale Sociale dal 1996. È stato anche Presidente della medesima dal 2002 al 2008, incarico che ricopre nuovamente dal marzo 2014. Da novembre 2014 è Membro della Congregazione per i Vescovi.

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Papa a Prato. Mons. Agostinelli: lo aspetta società multiforme

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Un solo incontro, ma che resterà nella storia della comunità cittadina e non solo ecclesiale. Così Prato vive l’attesa per la visita di Papa Francesco, il prossimo 10 novembre, dove si recherà nella mattinata prima di visitare Firenze, in occasione del Convegno Ecclesiale Nazionale. Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo di Prato, mons. Franco Agostinelli

R. – Noi lo stiamo aspettando veramente con trepidazione, da parte di tutti. E quando dico tutti non intendo dire soltanto la Chiesa pratese, ma direi l’intera società pratese, che si è mobilitata, ciascuno per la parte di competenza, per preparare al meglio questa accoglienza, questa visita del Papa.

D. – Proprio in questi giorni è stata indirizzata una lettera aperta delle forze economiche, sociali e sindacali di Prato a Papa Francesco, ribadendo quanto il Papa venga sentito vicino anche alle problematiche del lavoro, delle famiglie in difficoltà…

R. – Indubbiamente, io proprio da questo punto di vista vorrei dire che è stata per noi un’esperienza molto proficua, quella della preparazione a questa visita del Papa, perché ci ha permesso per l’ennesima volta, ma molto di più, di incontrare tutte le forze impegnate nel lavoro, di stabilire con loro un dialogo veramente fraterno, costruttivo. Tanto che siamo molto ottimisti, perché pensiamo che una volta conclusasi questa visita del Papa, quello che abbiamo potuto costruire fin da ora avrà senz’altro una continuità. D’altra parte, parlando di lavoro, noi affrontiamo una tematica che non può non riguardarci, sia come Chiesa sia come Chiesa pratese nella fattispecie, perché Prato è una città che ha vissuto di lavoro, una città che si è costruita con il lavoro, una città che soffre in questo momento anche la mancanza di lavoro e la precarietà che il lavoro incontra tutti i giorni. Sono, quindi, problematiche sulle quali vorremmo veramente ascoltare tutti; vorremmo ascoltare anche il pensiero che il Papa, le parole che il Papa ci rivolgerà.

D. – Colpisce anche che Francesco vada a Firenze per il Convegno nazionale ecclesiale, però arrivi a Firenze – se così possiamo dire – dalla periferia della città, cioè arrivando da Prato…

R. – Sì, infatti, noi cogliamo anche il significato di questa visita a Prato, che non è marginale, non è un accidens di percorso per intendersi, ma - come l’ha definita lo stesso Papa, parlando con i suoi collaboratori diretti – la chiave di ingresso di quello che sarà il Convegno Ecclesiale Nazionale. La chiave di ingresso, perché veramente Prato da questo punto di vista affronta quelle tematiche che sono care al nostro Santo Padre: le tematiche del lavoro, dell’accoglienza, dell’integrazione. In fondo, da questo punto di vista, Prato veramente costituisce un laboratorio di quella che potrà essere la società futura, che ormai sarà senz’altro una società multietnica, multirazziale, multireligiosa. Questi sono problemi che a Prato stiamo vivendo in maniera molto consistente, essendo presenti nella città circa 110 o 112 nazionalità. Vuol dire veramente un incontro molto significativo.

D. – Papa Francesco - lo ha detto più volte, in più occasioni – ha un grande desiderio di visitare la Cina. A Prato, avrà modo di incontrare anche una importante comunità cinese, anche cristiana cinese…

R. – Sì, indubbiamente. A Prato la comunità cinese è molto rappresentata. Si pensa che a Prato vi siano, perlomeno dal punto di vista ufficiale, circa 30 mila cittadini cinesi. La realtà molto eterogenea che qui a Prato vive è però costituita sì da cinesi, ma comunque dalla comunità pakistana, indiana, sudamericana… Molti vengono anche dall’Est europeo. Insomma, è veramente una multiforme e variegata presenza che si impegna dal punto di vista sociale e dal punto di vista ecclesiale, al fine di quell’evangelizzazione con la quale vorremmo confrontarci con questi nostri fratelli che vengono da lontano.

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Mons. Becciu: libri pubblicano cose note, avanti con la trasparenza

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Sofferenza per quanto accaduto, ma niente intrighi di corte, il Papa ha l’appoggio di tutti noi: è quanto afferma - in una intervista a Tv2000 - l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, che precisa: cose note quanto uscito dai libri scritti sulle vicende vaticane. Il servizio di Sergio Centofanti

Amarezza ma nello stesso tempo forza e serenità: questo lo spirito con cui Papa Francesco vive la fuga di notizie e documenti riservati, incoraggiando tutti ad andare avanti con fiducia. Mons. Becciu descrive come è stata accolta in Vaticano e dal Papa tutta questa vicenda:

“E’ chiaro: con sofferenza e sconcerto, perché è difficile accettare che soprattutto un prete si possa macchiare di un simile delitto. Il Papa ha sofferto: non possiamo negarlo. Però, il Papa ha una grande forza, delle risorse morali che sono di lezione per noi …”.

Sugli eccessi della Curia osserva che chi ha sbagliato dovrà correggersi. E’ anche questo ciò che sta facendo il lavoro di riforma del Papa:

“Quel che pubblicano i due libri non è altro che il lavoro fatto – per volontà del Papa – per cercare di rendere più funzionale, se volete più trasparente, tutta l’amministrazione della Santa Sede. Quindi, sono cose che già sapevamo. Indicano la volontà del Papa di riorganizzare tutto il sistema finanziario della Santa Sede. E’ chiaro che nel fare l’analisi dello statu quo sono venute fuori varie disfunzioni, ed è questo che pubblicano i due libri. Ma era già conosciuto, tutto questo …”.

Riguardo agli appartamenti del Vaticano, mons. Becciu ricorda che sono un’eredità dei secoli passati: “Che facciamo – si chiede - dobbiamo distruggerli? Facciamo altri appartamenti? Dobbiamo uscire da Roma? Così si spenderebbero più soldi”. Sull’Obolo di San Pietro afferma con forza che tutto è fatto alla luce del sole:

“I fedeli sanno – ma anche per esperienza personale – che quando donano, donano fidandosi di colui che riceve. Questi soldi sono andati per la carità del Papa, altri vengono usati anche per l’organizzazione del ministero del Papa. Ma tutto questo è già reso pubblico: hanno scoperto l’acqua calda! Ogni anno viene pubblicato il bilancio della Santa Sede, ed è detto chiaramente: per la manutenzione della Curia, per l’Osservatore Romano, per la Radio Vaticana, per le nunziature. Ma io voglio insistere su questo: i fedeli sanno che questi soldi vengono dati per aiutare il Papa. Io ho l’esperienza che quando la nostra gente semplice ti dà un’offerta, te la dà: ‘Ecco, fanne quello che vuoi!’”.

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Segreteria per l'Economia: affermazioni false su spese dicastero

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I libri recentemente pubblicati  - riferisce un comunicato della Segreteria per l’Economia - sembrano aver incluso affermazioni false e fuorvianti circa la gestione delle spese del cardinale prefetto George Pell e delle spese sostenute dalla Segreteria per tutto il 2014. Tali questioni sono state affrontate in una dichiarazione rilasciata all'inizio di quest'anno che non sembra essere stata citata dagli autori. Viene allegata come riferimento.

Fatti salienti circa la spesa di 500.000 euro nel 2014 riportata includono:

Nel periodo compreso tra Marzo 2014 (quando a stata istituita la Segreteria) e Dicembre 2014, sono stati sostenuti costi operativi, inclusi i costi iniziali per mobili e computer per far partire il nuovo dicastero, nonché gli stipendi.

Stipendi e oneri relativi contabilizzati per 292.000 euro.

I costi netti di trasporto aereo da parte del personale della Segreteria, in questi 9 mesi, ammontano a meno di 4000 euro, e sono considerevolmente inferiori a simili costi sostenuti da molti altri enti.

2500 euro sono stati spesi per l'acquisizione di paramenti e tovaglie d'altare per la cappella nell'ufficio della Segreteria per consentire al personale di pregare insieme e per la celebrazione della Santa Messa.

16.000 euro sono stati spesi in viaggi ed alloggi per consulenti che lavoravano su un progetto per il C9.

Un appartamento Vaticano è stato riservato per un membro di alto livello del personale proveniente dall'estero, con contratto a termine. Si prevede che questa sistemazione continuerà ad essere utilizzata dalla Segreteria per molti anni in quanto fornisce un'opzione meno costosa per ospitare esperti internazionali in loco a lungo termine rispetto alle alternative di sistemazione in una delle Domus o in alberghi costosi.

In linea con la prassi, al momento, la Segreteria non è stata consultata prima dell'aggiudicazione degli appalti APSA. Alla Segreteria non è stato chiesto di fornire specifica approvazione di ogni voce di costo prima di prendere un impegno: queste pratiche adesso sono cambiate. Le spese della Segreteria ora richiedono l'approvazione esplicita da parte del dirigente prima che i costi possano essere sostenuti.

Infine, e per evitare ogni dubbio circa l'impegno del cardinale Pell sulla gestione e sul controllo dei costi, la Segreteria ha completato l'anno ben al di sotto del suo bilancio 2014 ed è stato uno dei pochi enti a proporre una riduzione della spesa complessiva nella sua richiesta di budget 2015.

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Lettera alla città di Roma: urge "un supplemento di anima"

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Le nuove povertà, l’accoglienza e l’integrazione, la formazione di una nuova classe dirigente nella politica. Sono i contenuti della ‘Lettera alla Città’ presentata ieri sera nella Basilica di San Giovanni in Laterano, dal cardinale vicario per la diocesi di Roma, Agostino Vallini. Il servizio di Francesca Sabatinelli: 

Roma oggi vive transizione e crisi. Corruzione, impoverimento urbanistico, crisi economica: sono soltanto alcuni degli “affanni” di una città in cui aumentano le povertà, le tensioni sociali, soprattutto di fronte alla “sfida dell’immigrazione”, alimentate anche dalla “sfiducia nelle istituzioni civili e la perdita del senso di appartenenza sociale”. Il cardinale Vallini parla ai romani tutti, con una lunga lettera in cui mette a fuoco i dolori che investono oggi la capitale, in cui chiama i cristiani della città a brillare come “luce del mondo” e ad un forte impegno per “imprimere nuovo slancio e passione alla rigenerazione della vita sociale”. Tante le sofferenze di Roma, molte delle quali provocate dalla disoccupazione, e poi le diseguaglianze tra centro e periferie, gli steccati tra ambienti sociali diversi. Va poi anche “ristabilito un nuovo patto generazionale tra adulti e giovani”.

Il porporato elenca i segnali del degrado urbano di alcuni quartieri, ai quali si aggiungono problemi di sicurezza e di violenza. Chiede poi di non accusare o condannare le istituzioni o la società, ma piuttosto di fare ognuno la propria parte, perché alla radice del problema “c’è una profonda crisi antropologica ed etica”. La lettera è un richiamo a sconfiggere “la diffidenza”, laddove sembra smarrito “il senso condiviso dell’inviolabile dignità della persona” i romani devono ritrovare il prezioso tesoro che è il Vangelo. E poi ancora un appello: perché in questo Anno Santo della Misericordia si agisca “concretamente affinché Roma diventi sempre più abitabile”. Occorre “ripartire dalle molte risorse civili e religiose della città”, ricordando sempre “il ruolo della Chiesa”, soprattutto nella persona del Papa. La Chiesa intende rendere Roma “più attiva, più partecipe e più unita. Aperta a tutti e che vada incontro ai bisogni e alle richieste della popolazione”.

Cinque le sfide che si devono quindi affrontare. La prima: la povertà delle famiglie, assillate dalla mancanza di lavoro, non sostenute dai sussidi e, in alcuni casi, colpite anche dal gioco d’azzardo, piaga che deve essere affrontata con “interventi rapidi e decisi a livello culturale e normativo”. Vallini ricorda inoltre la necessità di politiche a sostegno di chi non ha casa, di chi ha perso il lavoro, dei separati, di anziani, di immigrati e dei senza fissa dimora.

Altra sfida: l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati tutti, che devono essere aiutati, loro e le famiglie, ad integrarsi con  strategie efficaci e condivise. La “comunità cristiana è impegnata a promuovere la cultura dell’incontro”, si dovrebbero quindi organizzare “eventi comuni contro la violenza e contro le stragi commesse in nome di Dio”. La Chiesa è quindi pronta a rispondere alla richiesta del Papa di accogliere una famiglia di profughi e a combattere “ogni forma di sfruttamento prodotto dalla «cultura dello scarto»”: da quello economico degli studenti fuori sede e degli stranieri, a quello della prostituzione.

Terza sfida: l’educazione. Nell’era di Internet il rischio è di “un determinismo tecnologico per cui si spostano verso la ‘rete’ compiti che sono propri dei soggetti educativi, come ad esempio quelli di promuovere alla libertà e alla democrazia”. Altro rischio serio: quello di “emarginare l’educazione al pensiero critico a favore di una mitologia dello sviluppo economico”. Non si può “insegnare alle nuove generazioni che l’unica cosa che conta è la crescita della quantità di denaro”. Serve quindi  “costruire una cultura di spessore, tutelare e includere gli alunni fragili e in difficoltà, promuovere il senso etico e civico, educare alla legalità, al rispetto reciproco e all’accoglienza di ciascuno”, un impegno che richiama alla necessità di un uso competente e consapevole dei mezzi di comunicazione, punto che riveste la quarta sfida.

Negli ultimi trent’anni, scrive  Vallini, i mass media, soprattutto le tv,  hanno  “proposto immaginari sociali e modelli di vita spesso irreali, suscitando aspettative di successo e di benessere, e non di rado legittimando nell’opinione comune l’uso di mezzi moralmente censurabili per raggiungere tali obiettivi”. Il mondo proposto è spesso “un brutto posto dove non verrebbe voglia di vivere”, che strumentalizza in modo degradante l’immagine della donna, dove si fa “scempio della conflittualità familiare e della coppia”, dove “si produce una volgarità invadente” e si legittimano comportamenti  “violenti e di prevaricazione”. “Si impone quindi l’urgenza di ricostruire una cultura collettiva più umana e più vera. Più attraente”. La Chiesa intende essere presente “nell’agorà dei media, offrendo la sua voce ed il suo punto di vista”.

Quinta ed ultima sfida: formare la classe dirigente di domani, che sia competente e dedita al bene comune. Pur senza esprimere una condanna generalizzata e senza appello, Vallini sottolinea come una delle cause dell’attuale situazione di crisi debba essere individuata anche nella debolezza di parte della classe dirigente, laddove spesso persone di valore non riescono ad esprimersi, mentre altri spinti da “brama di potere e desiderio smodato di arricchimento”, occupano posti nella direzione e gestione delle istituzioni.

In conclusione: occorre garantire ad ogni cittadino e famiglia lo sviluppo e il pieno esercizio della dignità umana, mentre la “classe dirigente è chiamata a fare il possibile per garantire a tutti dignità piena e il necessario per formare e mantenere una famiglia”. Occorre avviare il "cantiere" per costruire adeguati “cammini di formazione pre-politica aperti a tutti, particolarmente alle migliori energie giovanili, per rimotivare anzitutto i credenti all’impegno politico come servizio verso la società ed esercizio supremo della 'carità sociale'".. 

“In questo momento di grandi cambiamenti epocali, il Giubileo della Misericordia è una grazia per la Chiesa e per ogni cristiano”, spiega Vallini, e la “Chiesa di Roma vuole fermarsi, inginocchiarsi e offrire il proprio aiuto davanti alle sofferenze degli uomini”. Roma, è il richiamo, ha urgente bisogno di questo “supplemento d’anima” per essere all’altezza della sua vocazione e delle nostre attese di speranza.

Insieme al cardinale vicario Vallini, a presentare  la Lettera alla città, c’erano anche rappresentanti delle istituzioni, del mondo dell’università e della scuola, e della società civile. Il servizio di Marina Tomarro: 

L’incoraggiamento ad un nuovo e concreto impegno dei cattolici verso il bene comune di una città difficile come Roma, affrontando quelle che oggi sono le nuove sfide: l’accoglienza degli immigrati, le povertà di tante famiglie, le disueguaglianze tra centro e periferie. Sono solo alcuni dei punti più importanti della lettera alla città. Il commento del giurista Francesco D’Agostino tra i relatori dell’incontro:

R. - Io credo che ci siano due dimensioni in questa lettera che bisogna considerare separatamente. La dimensione principale, a mio parere, è quella pastorale e spirituale: in questa prospettiva la lettera è rivolta ai cattolici, affinché ribadiscano pubblicamente che l’identità cattolica non può essere introversa, ma deve aprirsi al mondo e alle necessità del mondo. C’è poi un secondo aspetto di questa lettera: a me sembra che la “Lettera alla Città” voglia ribadire che tutti siamo chiamati ad operare per il bene comune, credenti e non credenti, e che i cristiani che sono in Roma non hanno alcuna difficoltà a collaborare con chiunque, purché si abbia come mira il bene di questa nostra – diciamolo pure – povera città.

D. – Una delle parole più comuni che c’è in questa Lettera è quella di “ripartire”…

R. – Ripartire può avere un significato strettamente spirituale e un significato politico. A livello spirituale, ogni cristiano riparte; a livello politico, ripartire significa assumere la consapevolezza che, in questi ultimi anni, la città si è in qualche modo fermata nell’accoglienza, si è fermata nei servizi sociali per le categorie più deboli, si è fermata politicamente. Quindi l’invito a ripartire vuol essere un forte ammonimento a tutti gli uomini di buona volontà, perché capiscano che il fermarsi è una tentazione grande, ma aggiungerei addirittura che  è anche una tentazione mortale.

Tra i temi affrontati nella lettera viene sottolineata anche l‘importanza all’educazione delle nuove generazioni. Ascoltiamo Elisa Manna, sociologa del Censis:

R. – Quando parliamo di educazione, stiamo parlando della società come sarà in una manciata d’anni. Non è soltanto per il bene dei nostri figli, ma vorrei dire che è per il bene di tutti noi, perché stiamo costruendo una società che è intrisa di valori di individualismo, di egoismo, di narcisismo e che non si rende conto che bisogna trasmettere alle nuove generazioni valori come il senso di responsabilità, come l’onestà, il senso della legalità. Ma bisogna farlo già sui banchi di scuola, già nei primissimi rapporti con gli amichetti a scuola. E’ importante perché quando poi si vuole recuperare, rischia di essere troppo tardi.

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Intervista a card. Vallini: Roma riparta dai valori spirituali

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La Lettera alla Città di Roma è una lettera che non nasconde i problemi della città, ma è anche una lettera di forte speranza per il futuro. Ascoltiamo il cardinale vicario Agostino Vallini al microfono di Luca Collodi

R. – E’ nata proprio con questo desiderio, di fotografare in qualche modo la realtà di sofferenza, di atteggiamenti un po’ problematici che tanta gente avverte, ma anche con l’idea di dire: guardate, che in questa città ci sono tante risorse positive e dobbiamo riuscire a superare questo momento per andare verso il futuro, perché è possibile: il Signore ce lo chiede.

D. – Guardando la comunità civile, forse emerge la debolezza di parte della classe dirigente romana …

R. – Ma sa, “classe dirigente” è un termine per indicare non solo gli addetti alla vita politica amministrativa, ma anche a tutto quello che riguarda il mondo della cultura, dell’imprenditoria, dei sindacati, del mondo dello sport, del tempo libero … Molta gente fa parte della classe dirigente e allora allarghiamo l’orizzonte per non entrare in quella polemica che nella Lettera abbiamo voluto evitare di proposito. Noi non puntiamo il dito su nessuno, non condanniamo persone e istituzioni, ma diciamo: prendiamo coscienza, perché un malessere vero esiste ed è un malessere diffuso per una cultura permissiva, che anche dinanzi agli atteggiamenti più doverosi di giustizia e di solidarietà è venuta meno. In fondo, è un invito a un esame di coscienza attraverso un appello che vorrebbe dare proprio una riscossa alla città di Roma. Ho detto nella presentazione che tempo fa avevo parlato di un “male” da cui è afflitta Roma, e cioè una forma di anemia spirituale, perché vedo proprio l’impoverimento spirituale a fondamento della crisi morale che poi è diventata crisi politica, crisi sociale, crisi economica … Se non ritorniamo al fondamento e ridiamo vita alla dimensione spirituale, sarà difficile risolvere soltanto con le indagini giudiziarie i mali di Roma.

D. – La Chiesa come può condividere gli affanni di Roma e affrontarli?

R. – Lo fa già quotidianamente attraverso vari canali. Il primo è la proposta del Vangelo: il Vangelo è il Signore Gesù che presenta agli uomini un orizzonte di vita diverso dalla chiusura autoreferenziale, dall’egoismo, dal ritenersi il principio di tutte le cose, quindi da quel soggettivismo e relativismo esasperanti che poi incapsulano l’uomo in una dimensione di povertà. E lo fa anche chiamando gli uomini cristiani – e anche gli uomini di buona volontà – all’assunzione di responsabilità verso i propri simili, verso la città, verso il mondo che ci circonda. Lo fa anche dando testimonianza e quando serve anche attraverso la denuncia.

D. – Il Giubileo, l’Anno Santo della Misericordia, pone delle sfide alla comunità romana …

R. – Direi di sì. E’ una ricchezza, è una grazia, è una grande opportunità per una ripartenza sociale e civile, ma per noi cristiani e per gli uomini che cercano Dio è certamente una grande grazia. La misericordia, il Giubileo della Misericordia, è in fondo un entrar dentro il mistero di Dio-amore che, donatoci attraverso Gesù, cambia la vita e ci chiede a nostra volta di ri-donare misericordia. Vorrei dire che la forza del Giubileo è proprio qui: invitare le persone in un cammino spirituale che abbia come finalità quella di rimettere in ordine i valori di fondo della vita e cercare di viverli.

D. – Qual è il malessere di Roma che più la preoccupa?

R. – Direi, una sorta di tristezza che si legge nel volto di tante persone, di sfiducia, di rinuncia, di rassegnazione. Ecco, ci piacerebbe proprio che anche la Lettera alla Città diventasse come l’occasione per riprendere una riflessione in positivo, e mostrasse che è possibile – anche grazie alle tante, meravigliose risorse positive che ha la nostra città – di riprendere un cammino e gradualmente trasformare quello che è un disagio in un’opportunità positiva.

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Domani l'Inps dal Papa. Boeri: stato sociale funzioni meglio

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L'Inps propone al governo un piano previdenziale per combattere la povertà: reddito minimo di 500 euro per chi ha più di 55 anni di età e prelievi dalle cosiddette "pensioni d’oro" e dai vitalizi per cariche elettive. In 16 punti, l'Inps propone una sostanziale riforma del sistema previdenziale e assistenziale, dal sostegno per gli over 55 al riordino delle prestazioni collegate al reddito, con il ricalcolo dei vitalizi. Inclusi gli interventi sull'uscita flessibile dal mondo del lavoro e le pensioni dei sindacalisti. Domani, intanto, oltre 27 mila persone tra dirigenti e impiegati dell'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) sono attesi in Piazza San Pietro, in udienza dal Papa. Al microfono di Luca Collodi il presidente dell'stituto, Tito Boeri

R. – Il Papa ha voluto porre al centro del suo messaggio evangelico il problema della povertà. Le persone che lavorano all’Inps hanno dedicato la loro vita all’aiuto, al sostegno delle persone che si trovano in condizione di difficoltà e al sostegno ai poveri. Noi vorremmo ancora di più che il nostro sistema di protezione sociale guardasse alle situazioni che sono in grave disagio economico, soprattutto dopo una crisi così lunga che ha aumentato in modo molto forte il numero dei poveri all’interno del nostro Paese. Sono aumentati di circa 4 milioni.

D. – Tra queste persone ci sono gli esodati, molti senza reddito…

R. – Le persone che hanno perso il lavoro dopo i 55 anni e che si trovano in condizioni di indigenza sono al centro delle nostre preoccupazioni.

D. – In una realtà dove la finanza sembra dirigere la politica, lo stato sociale italiano rischia di scomparire?

R. – No, lo stato sociale in Italia è fuori discussione. Credo si tratti soltanto di farlo funzionare meglio, di assicurarci del fatto che i soldi, che noi affidiamo al governo e che devono essere utilizzati per dare un sostegno alle famiglie, vadano soprattutto alle persone più bisognose. Oggi, questo avviene solo in parte, perché su 100 euro che noi spendiamo in trasferimenti sociali, solo tre vanno al 10% più povero della popolazione. Noi quindi vorremmo che si desse davvero priorità ai poveri nel nostro sistema di protezione sociale.

D. – Le pensioni minime sono sufficienti per una vita dignitosa?

R. – Certamente, le pensioni minime oggi sono relativamente basse, se noi guardiamo al loro importo. Per fortuna, molti pensionati combinano più pensioni e hanno anche altri redditi. Quindi, se noi guardiamo a quello che è successo in Italia durante questa lunga crisi, alla povertà, ci rendiamo conto che le fasce di popolazione che hanno davvero sofferto sono quelle al di sotto dei 65 anni. I tassi di povertà, quindi, sono aumentati in modo molto, ma molto forte. E le preoccupazioni più forti che noi oggi abbiamo, rispetto alle pensioni, riguardano le generazioni di lavoratori che hanno contratti temporanei, che hanno contratti cosiddetti precari, che hanno avuto periodi di disoccupazione. Queste sono persone che rischiano di arrivare all’età pensionabile con dei trattamenti davvero al di sotto della linea della povertà. E’ questa, quindi, la nostra preoccupazione centrale, in questo momento.

D. – Nella Legge di stabilità si aspetta ancora norme di flessibilità per l’accesso alla pensione?

R. – No, purtroppo questa Legge di stabilità, quella per il 2016, non conterrà delle riforme che siano tali da favorire questa maggiore flessibilità in uscita. E’ un peccato, perché credo che il momento fosse propizio per un’operazione di questo tipo ed è giusto, io credo,  – dato che abbiamo un sistema pensionistico che ha delle regole che  permettono una certa flessibilità in queste scelte – di accontentare coloro che hanno deciso di dedicare più tempo alla propria famiglia o ad altre cose che non siano strettamente legate al lavoro, e permettere invece a chi vuole continuare a lavorare di farlo. Tra l’altro, sarebbe stato un modo, soprattutto nel settore pubblico, di favorire quel ricambio generazionale che è davvero molto importante. Purtroppo, si è deciso di procedere altrimenti, con degli interventi molto parziali e limitati. C’è l’impegno comunque del governo, che mi sembra sia stato ribadito anche negli ultimi giorni, di fare questa operazione nel 2016. Speriamo che davvero sia l’anno in cui venga fatta questa operazione che crediamo sia molto importante.

D. – Molti si aspettano anche una rivalutazione delle pensioni…

R. – Qui invece la stabilità interviene per ridurre ulteriormente, per prolungare nel tempo, nel 2017, nel 2018, le misure introdotte da Letta, che erano delle misure che portavano a una sola parziale indicizzazione delle pensioni. Quindi, purtroppo, devo dire che, non solo non si va in quella direzione, ma addirittura si estende nel tempo questo blocco delle indicizzazioni.

D. – C’è ancora illegalità intorno al sistema pensionistico italiano?

R. – Sicuramente, c’è un problema molto serio di evasione contributiva. E devo dire che la priorità della nuova gestione dell’Inps è stata proprio quella di contrastare queste forme di evasione contributiva. La lotta all’evasione contributiva la si fa mettendo insieme tutte le banche dati: quelle nostre, dell’Agenzia delle entrate, quelle che noi possiamo raccogliere attraverso il Ministero del lavoro, l’Istat, per riuscire davvero ad identificare quali siano le realtà che sono a maggiore rischio di evasione contributiva. E i risultati di questa iniziativa si vedono già: abbiamo avuto un incremento dei contributi nell’ultimo anno, che è al di là di quello che ci aspettavamo anche alla luce del miglioramento comunque dell’economia italiana.

D. – Ci sono persone che prendono la pensione senza averne diritto, sfuggendo ai controlli?

R. – Ci sono delle persone che prendono la pensione e non ne hanno diritto, ci sono delle persone che prendono di più probabilmente di quello a cui avrebbero diritto. Sono tutte cose che, chiaramente, nell’ambito di queste analisi messe a punto, di queste diverse banche dati, noi riusciamo ad identificare. È un fenomeno che riusciamo a ridurre sempre di più. Per esempio, abbiamo avuto un problema molto serio per quanto riguarda l’erogazione di pensioni all’estero. Abbiamo adesso stretto delle convenzioni: qualche giorno fa, era in visita qui a Roma la presidente del sistema pensionistico rumeno. Sono molti per esempio i pensionati italiani che si trovano all’interno di questo Paese: noi non abbiamo le notifiche quando ci sono dei decessi e quindi continuiamo a erogare delle pensioni. Su questo prevediamo adesso delle misure di controllo molto più serie.

D. – Presidente Boeri, in Italia non ci sono troppi enti previdenziali?

R. – In Italia, è stata avviata un’operazione molto importante di fusione di grandi enti previdenziali: l’Inps attuale nasce dalla fusione tra l’Inps – che storicamente è stato l’Inps per i dipendenti del settore privato, principalmente, l’Enpals – e l’Inpdap, che raccoglieva i dipendenti pubblici. Nel panorama europeo, è l’ente previdenziale più grande in rapporto alla popolazione, anche dal punto di vista della massa che mette in moto, del volume delle erogazioni in rapporto al Prodotto interno loro. È davvero un ente molto grande. Io mi auguro sempre che si continui in questa direzione, perché ci sono dei vantaggi nel gestire in comune queste risorse. Ci possono essere dei settori che temporaneamente soffrono e quindi c’è anche una forma, se vogliamo, di solidarietà e di condivisione del rischio nell’avere un unico serbatoio, un’unica gestione, un’unica amministrazione che gestisce queste realtà tra di loro molto diverse. Però, chiaramente, se altre categorie decidono di continuare per la loro strada, nella misura in cui sono sostenibili e riescono a tenere sotto controllo e a reggere le sfide imposte dalla demografia, non vedo nulla di sbagliato in tutto questo.

D. – I migranti migliorano il sistema pensionistico italiano?

R. – Lo aiutano moltissimo e lo vediamo anno per anno, perché i contributi dei lavoratori migranti sono davvero importanti e migliorano anno per anno i conti previdenziali. Si tratta, come dicevamo prima, del fatto che abbiamo un problema di invecchiamento della popolazione. Invece, gli immigrati sono giovani, sono persone che pagano i contributi quando hanno un lavoro regolare. Non pochi di questi immigrati vengono da noi, pagano i contributi, poi tornano al Paese di origine o vanno in altri Paesi, e non ricevono i trattamenti previdenziali a cui avrebbero diritto. Questo in virtù di norme passate o semplicemente perché non sono consapevoli di questi loro diritti previdenziali. Non solo quindi finanziano anno per anno, ma addirittura di più di quello che dovrebbero perché poi non percepiscono le pensioni che questi contributi dovrebbero alimentare.

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Santa Sede: cattolici e indù promuovano insieme ecologia umana

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“Nutrire una cultura che promuova l’ecologia umana”: è l’invito rivolto in un messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso agli indù che il prossimo 11 novembre celebreranno la festa del Deepavali che simboleggia la vittoria della luce sulle tenebre, il trionfo del bene sul male. Il documento è firmato dal presidente del dicastero, il cardinale Jean–Louis Tauran, e dal segretario, padre Miguel Angel Ayuso Guixot. Ce ne parla Benedetta Capelli: 

La responsabilità nei confronti della natura
Al di là del credo religioso, “tutti siamo chiamati a vivere con maggiore responsabilità nei confronti della natura, a curare relazioni vitali e, soprattutto, a riorganizzare il nostro stile di vita e le strutture economiche in funzione delle sfide ecologiche che dobbiamo affrontare”. E’ uno dei passaggi salienti del messaggio agli indù del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso in occasione della prossima festa del Deepavali: "che sia per voi - si legge - un'esperienza di felicità ed armonia nelle vostre famiglie e comunità".

L’armonia con il creato favorisce la pace
Partendo dalla recente crisi ambientale, al centro dell’Enciclica del Papa Laudato si', si ricorda la necessità di essere custodi del creato in modo responsabile e deciso. “C’è un nesso inscindibile – si ricorda - tra la nostra armonia e la pace reciproca”. Così per far prevalere la pace nel mondo, è importante adoperarsi “alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità”.

Educare all’ecologia umana
Per questo, in uno sforzo comune, è importante a partire dalla famiglia, promuovere l’ecologia umana e spetta anche ai governi e a chi si occupa di educazione formare cittadini “dotati di una idonea comprensione dell’ecologia umana e della sua relazione – recita il messaggio – con il futuro dell’umanità e con il creato”. In tale armonia allora “si favorirà la crescita dell’albero della pace”. In conclusione il dicastero ricorda la “Giornata di preghiera per la cura del Creato”, istituita da Papa Francesco e che si celebra il primo settembre, un’iniziativa nata per far crescere la consapevolezza del bisogno di essere buoni custodi”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Speranza per chi è scartato: al Movimento per la vita Papa Francesco ricorda che tutti hanno il diritto di nascere e di condurre un’esistenza dignitosa.

Lavoro, casa e terra: l’intervista del Papa pubblicata sul “Straatnieuws”, il Giornale dei senzatetto di Utrecht.

Il foro e il chiodo: Felice Accrocca sul prima volume del “Corpus Coelestinianum”.

Sinfonia di formaggi: Gabriele Nicolò su romanzi celebri e arte culinaria.

E’ tempo di abbattere le mura: il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti sul giubileo della misericordia.

Un supplemento d’anima per Roma: lettera del cardinale vicario.

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Oggi in Primo Piano



Roma, Forum sul superamento della divisione delle due Coree

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Si apre nel pomeriggio a Roma il Forum sul superamento della divisione delle due Coree. L’iniziativa è promossa dal Centro studi internazionali (Csi), in collaborazione con l’Università "La Sapienza" di Roma e l’Ambasciata della Repubblica di Corea in Italia. Il servizio di Davide Dionisi

Nella penisola coreana, cresce l’istanza di riunificazione. La visita di Papa Francesco ha rappresentato per i due popoli divisi un’occasione straordinaria, anche se a creare difficoltà c’è sempre la presenza di due ideologie opposte e le diverse influenze internazionali. Ma in caso di superamento delle divisioni, quale sarebbe il futuro della nazione coreana e le eventuali ripercussioni a livello mondiale, soprattutto in materia di sicurezza? Se ne discute oggi pomeriggio a Roma in un Forum promosso dal Centro sudi internazionali, dall’Università "La Sapienza" di Roma e dall’Ambasciata della Repubblica di Corea in Italia, dal titolo “Overcoming the division of Korean Peninsula”. Le anticipazione di Francesca Manenti, analista del Centro studi internazionali, tra i promotori dell’iniziativa:

R. – Un Forum sulle prospettive e le attuali difficoltà che la divisione della penisola coreana sta provocando – non solo tra le due Coree, ma più in generale nel contesto del Pacifico e del nordest asiatico – perché attualmente le tensioni tra Pyongyang e Seul hanno dei costi che sono umani, sociali, economici, e soprattutto sono dei grandi costi in un’ottica di sicurezza. Proprio dal punto di vista della sicurezza, poter affrontare in modo orchestrale le relazioni tra le due Coree avrebbe sicuramente degli importanti effetti internazionali. Basti pensare, per esempio, a quanto l’imprevedibilità dell’attuale regime nordcoreano abbia comunque degli impatti su tutta la stabilità dell’area. Quello che succede a Pyongyang viene guardato con grande preoccupazione anche a Pechino, a Tokyo. Per non parlare poi dei difficili rapporti tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord.

D. – Come giudica l’impegno della Chiesa per l’abbattimento del "Muro di Berlino asiatico", la riunificazione del Paese?

R. –  Ha sicuramente un ruolo di primo piano in questa direzione. Lo stesso Papa Francesco, in visita in Corea, si era espresso a favore di una risoluzione delle attuali divergenze tra le due nazioni e sulla possibilità che si venga a sviluppare un clima di maggiore collaborazione.

D. – E a proposito della riunificazione, quanto è importante, secondo lei, il dialogo interreligioso per il raggiungimento di tale obiettivo?

R. – Sicuramente, il dialogo interreligioso è un punto fondamentale nell’agenda di un superamento delle difficoltà. Parlare di riunificazione è sempre molto delicato, perché ancora una volta implica delle strategie politiche che al momento non trovano dei punti di convergenza. Poter però mettere sul tavolo negoziale, o eventualmente porre come spunto di cui discutere anche l’importanza del dialogo interreligioso tra le diverse comunità di entrambi i Paesi, sicuramente questo potrebbe essere un punto di conciliazione all’interno di questa agenda.

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Anziani: 10 milioni in case di proprietà, spesso vecchie e insicure

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In Italia, Paese secondo solo al Giappone per invecchiamento della popolazione, sono quasi 10 milioni gli anziani che vivono in case di proprietà. E’ quanto emerge dal secondo "Rapporto sulle condizioni abitative degli anziani in Italia”, presentato stamani a Roma da “Auser”, “Abitare e Anziani” e “Spi Cgil”. Nel dossier si ricorda, tra le priorità, l’urgenza di adeguare le abitazioni per rendere fruibili gli spazi ed eliminare le barriere architettoniche. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

In Italia, dove gli over 65 rappresentano il 20,8% della popolazione residente, gli anziani dispongono di un rilevante patrimonio immobiliare. Ma in gran parte sono abitazioni vecchie, con più di 50 anni quasi nel 55% dei casi. Anche se in buone condizioni, sono spesso case prive di ascensore, con impianti vecchi, fuori norma in materia di sicurezza e con molte barriere architettoniche. Sale inoltre al 41% la quota di case con la presenza di anziani sul totale delle case di proprietà. Aumenta anche la quantità di abitazioni di grandi dimensioni popolate da anziani soli. Nel Rapporto, si suggeriscono due linee di azione da assicurare attraverso risorse non solo private. La prima è finalizzata all’adeguamento del patrimonio immobiliare elevando sicurezza e comfort. La seconda priorità riguarda l’insieme di relazioni e servizi che si devono rafforzare per garantire all’anziano tutti i necessari supporti di vicinato.

Nel Rapporto, si denunciano in particolare ritardi e mancate risposte da parte della politica e delle istituzioni. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il presidente dell’Associazione “Abitare e Anziani”, Marco Di Luccio

R. – La politica è assolutamente latitante. C’è un silenzio assordante della politica su tali questioni, ma anche delle istituzioni. Di che cosa abbiamo bisogno? Di razionalizzare, per esempio, le risorse esistenti: mettere a disposizione per ristrutturazioni e riorganizzazioni esperienze per esempio di coabitazione, di "co-housing" fra anziani o fra soggetti diversi. E in giro per il Paese esperienze di questo genere ci sono. E questo crea un’attività di comunità, di solidarietà dentro il luogo di abitazione, ma anche nel quartiere, nella comunità, che fa crescere il grado di qualità della vita complessiva, non solo dell’anziano o degli anziani interessati. Evidentemente, infatti, scattano dei meccanismi di rapporto che superano la solitudine. Chiediamo risorse, ma sono risorse che poi non sono un elemento fine a se stesso: hanno a che fare con lo sviluppo e con la crescita. Evidentemente, una qualità di sviluppo e di crescita forse un po’ diversa da chi immagina che l’elemento sia semplicemente quanto si è realizzato di pil.

D. – Quali sono i "trend" attuali e futuri della popolazione anziana in Italia?

R. – Oggi, noi abbiamo una situazione dove un italiano su quattro ha più di 65 anni. Nel giro di un ventennio, un italiano su tre avrà più di 65 anni. Attualmente, noi abbiamo una popolazione ultra ottantenne intorno al 6%, che in questo ventennio raddoppierà. Significa, quindi, che c’è un problema della condizione dell’anziano, che non è marginale nella società. Non è residuale nella società, ma diventa un elemento importante, centrale. Oggi, la stragrande maggioranza di questa popolazione anziana vive in case di proprietà o con altri famigliari o con il proprio coniuge o il proprio partner. Vivono, però, in case spesso molto vecchie e non sempre dotate di tutte quelle strumentazioni tecnologiche in grado di rispondere ai bisogni di un anziano. Spesso e volentieri, sono degli anziani che hanno degli appartamenti anche troppo grandi per loro. Come si fa a gestire per una persona di quella età una casa di questo genere?

D. – Poi, ci sono altri elementi importanti, quando si parla di anziani: la solitudine e la necessità, spesso, di un sostegno…

R. – Spesso e volentieri, questo lo si risolve con la badante o mettendo l’anziano dentro una residenza sanitaria. Noi riteniamo che se si costruisce un’integrazione fra il modo di abitare la casa e l’integrazione di servizio, utilizzando anche quelle forme di sostegno del volontariato e del terzo settore – che esistono in questo Paese – si possono costruire condizioni per cui l’anziano vive meglio, non ha aspetti drammatici di solitudine, forse si ammala anche meno. E pesa meno sul servizio sanitario nazionale. Questi interventi, quindi, che non sono enormi in termini di risorse, ci portano a un’idea dello sviluppo, della crescita, diversa e che ha al centro le persone e non soltanto altri elementi, che sono semplicemente dei numeri.

D. – La casa abitata da un anziano, se vista come un’opportunità di coabitazione, può anche rivelarsi una risorsa per l’intera società…

R. – Se quel tipo di abitazione fosse, per esempio, usata insieme ad altri, magari in un rapporto anche intergenerazionale: se tu ad esempio studente devi venire a studiare a Roma ed io anziano ti ospito a casa mia, c’è uno scambio fra il tuo abitare e i servizi, le pulizie e quant’altro. Si crea un elemento di coesione di questo genere che probabilmente aiuta l’anziano, aiuta lo studente, aiuta l’insieme della collettività. Per fare questo, però, c’è bisogno che ci sia un coordinamento dei vari soggetti della politica, delle istituzioni, del mondo del volontariato, del terzo settore. Se manca questo, diventa difficile realizzarlo da parte di uno dei singoli soggetti.

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Gemelli. Simposio su tumori pediatrici e medicina di precisione

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Un Simposio scientifico sulla medicina di precisione contro i tumori pediatrici, promosso dalla Fondazione Mia Neri, è ospitato oggi e domani al Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. Eliana Astorri ne ha parlato con lo stesso prof. Giovanni Neri, presidente della onlus e già direttore dell’Istituto di Medicina Genetica della Cattolica: 

“Questo Simposio si rivolge ad una problematica molto attuale e molto dibattuta in campo scientifico e in campo clinico, che è appunto quella della medicina di precisione. Quel tipo, cioè, di medicina che cerca di andare direttamente su uno specifico bersaglio, in uno specifico paziente. Anche la stessa malattia, infatti, non è uguale nelle diverse persone che colpisce, soprattutto in campo oncologico, dove il tumore tende a differenziarsi nei diversi individui e anche nel corso della sua stessa evoluzione. Più che in altre patologie, quindi, è necessario andare a colpire specificamente queste cellule neoplastiche che possono differenziarsi in mille modi. Tradizionalmente, la chemioterapia, la radioterapia avevano l’approccio – potremmo dire – di “sparare” nel mucchio. Oggi, invece, con la medicina di precisione si cerca di riconoscere i bersagli da colpire uno per uno e di colpirli con delle armi di precisione, come si fa per realizzare un obiettivo così specifico, così particolare. Bisogna naturalmente riconoscere a livello molecolare, a livello genetico quali siano i danni particolari presenti nelle singole cellule, quali siano cioè i meccanismi all’interno di ogni singola cellula che la portano a essere neoplastica e colpirli specificamente con dei farmaci ad hoc. Oggi, per fortuna, sono stati sviluppati, non dico molti ma un buon numero di questi farmaci, e la ricerca attuale nel campo della medicina di precisione ha proprio questo duplice scopo. Da un lato, riconoscere i bersagli, con lo studio a livello cellulare, molecolare, dall’altra, mettere a punto dei farmaci, degli strumenti che siano in grado di riconoscere quei danni, colpirli e quindi eliminare le cellule che ne sono portatrici”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Card. Bagnasco: “Diabolico mostrare che il Papa è solo”

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“Non ho alcuna preoccupazione circa l’eventuale intenzione, che se esiste è diabolica, di dare l’idea di una divisione, di una distanza del Papa rispetto al resto della Chiesa, ai suoi collaboratori e ai corpi episcopali”. Ad affermarlo il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, in merito allo scandalo di fuga di notizie in Vaticano. Il cardinale - riferisce l'agenzia Sir - è intervenuto a margine del convegno “Un nuovo umanesimo” organizzato dalla parrocchia dell’Ospedale pediatrico Gaslini di Genova. “Il Papa non è assolutamente solo – ha spiegato il porporato – è circondato e sostenuto cordialmente, affettuosamente, lealmente da tutti i vescovi. Per questo non ho nessuna preoccupazione circa questa immagine di divisione che si vuole accreditare presso l’opinione pubblica per creare ulteriore disorientamento”. 

Gli scandali creano confusione nel popolo di Dio
“È certamente una grande amarezza per il dolore che sicuramente ha recato e reca al Santo Padre e per il cattivo esempio, lo scandalo, posto che tutto quanto sia vero, documentato e documentabile”, ha aggiunto. Certamente, però, crea confusione e disorientamento nel popolo di Dio. E questo è motivo di dolore e amarezza che sicuramente – ha concluso – è nel cuore del Santo Padre e di tutti noi pastori”.

Il Papa non si scoraggia
In un'intervista al Corriere della sera il card. Bagnasco afferma che "Chi tradisce la fiducia del Santo Padre, deve essere riprovato e perseguito. La nostra vicinanza va alla gente buona, a coloro che hanno fiducia in una Chiesa che qualcuno vuole screditare in questo modo". Alla domanda sulla denuncia di sprechi il presidente dei vescovi italiani sostiene che "Il Santo Padre ha avviato diversi processi di revisione e riforma, è chiaro che non si attuano nel giro di pochissimi giorni. Ci possono essere rigurgiti o situazioni pregresse. Siamo dentro ad un processo che Francesco sta portando avanti, e si può essere certi che continuerà a farlo con coraggio e determinazione. Il Papa sicuramente non si scoraggia".

L'Obolo di San Pietro non è 'un fondo nero' ma è finalizzato alla carità del Papa
Riguardo al tentativo di screditare la Chiesa, il card. Bagnasco risponde che "Possono esserci dei cattivi esempi, certo, ma non si può fare una rappresentazione globale della Chiesa come se fossero tutti così. Questa enfasi - sottolinea  il porporato - questo gettare ombre non va bene. Hanno cercato perfino di rappresentare l'obolo di San Pietro come un 'fondo nero' che viene disperso per fini non corretti anzichè per i poveri. Non è accettabile: è finalizzato alla carità del Papa e il Santo Padre sa bene dove destinare i fondi per le opere buone". (R.P.)

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Siria: il 13 dicembre apertura della Porta Santa ad Aleppo

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Sarà aperta il 13 dicembre ad Aleppo la Porta santa del Giubileo della Misericordia, indetto da Papa Francesco e che prenderà avvio il prossimo 8 dicembre. Una porta “carica di significato” quella della città martire siriana perché, spiega il vicario apostolico di Aleppo Georges Abou Khazen, “è situata nella parrocchia di san Francesco, nel quartiere di Aziziyeh. La chiesa è stata di recente colpita da una granata, sparata dai ribelli, che è esplosa prima di sfondare il tetto ferendo in maniera non grave solo 7 fedeli. In quel momento all’interno vi erano oltre 400 persone”. 

Quella di san Francesco è l’unica chiesa agibile della zona
Si stima che delle quasi 30 chiese attive ad Aleppo prima delle ostilità iniziate nel 2012, la metà siano distrutte o inagibili. “Nella nostra chiesa – spiega all'agenzia Sir al telefono da Aleppo il vicario – c’è una porta che viene aperta solo a Pasqua, ma in questa occasione sarà la nostra Porta santa. Essa rappresenta per la piccola comunità cattolica la difesa dal male che ci attacca, la protezione di Dio e la sua Provvidenza”. 

Porte sante saranno aperte anche a Damasco e a Latakia
​Come è noto Aleppo è da anni sotto assedio, al centro di combattimenti tra Esercito regolare, ribelli e miliziani del sedicente Stato islamico. La popolazione è costantemente sotto il mirino di razzi, mortai e bombe, spesso priva di acqua, energia elettrica e carburanti. Oltre ad Aleppo, Porte sante saranno aperte anche a Damasco e a Latakia. (R.P.)

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Libano. Vescovi maroniti: no alla spartizione della Siria

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La prospettiva – da tempo ventilata - di una spartizione su base settaria della Siria preoccupa i vescovi maroniti, che propongono di guardare al modello istituzionale libanese per cercare di neutralizzare le spinte centrifughe settarie che alimentano il conflitto siriano, rischiando di dilaniare il Paese. Sono queste le chiavi di lettura della crisi siriana emerse nell'assemblea dei vescovi maroniti riunitisi ieri presso la sede patriarcale di Bkerkè, per il loro incontro periodico, sotto la presidenza del patriarca Boutros Bechara Rai.

Per il futuro della Siria, guardare al modello istituzionale del Libano
“Le voci sulle ipotesi di una nuova mappa della Siria” si legge nel comunicato finale dell'incontro, ripreso dall'agenzia Fides “non lasciano ben sperare per il futuro di pace nella regione. La soluzione proposta non è buona”. Dal canto loro, i vescovi suggeriscono che i negoziatori impegnati nella ricerca di una soluzione al conflitto siriano prendano in considerazione l'esperienza storica di convivenza vissuta nel Paese dei cedri, che con tutti i suoi limiti, le sue crisi e le sue contraddizioni, ha consentito che tutte le comunità religiose fossero coinvolte nella gestione della cosa pubblica. Solo la ricerca di sistemi istituzionali capaci di garantire equilibrio tra le diverse realtà etniche e religiose – sostengono i vescovi maroniti - può salvare l'intera regione dalla logorante prospettiva di un conflitto permanente e generalizzato.

Ancora un appello per l'elezione del Presidente libanese
Nel loro comunicato, i vescovi libanesi ribadiscono anche il loro pieno sostegno per l'esercito e tutte le forze di sicurezza libanesi, e aggiungono di nuovo la propria voce a quella del patriarca, che ha lanciato innumerevoli appelli ad uscire dall'impasse politica creatasi intorno all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. (G.V.)

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Consiglio delle Chiese del Medio Oriente: unificare data della Pasqua

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Il cammino per la promozione dell'unità dei cristiani comporta anche l'adozione di misure concrete come l'unificazione della data per la celebrazione della Pasqua. É questo il punto programmatico qualificante contenuto nella dichiarazione conclusiva del Comitato esecutivo del Consiglio delle Chiese cristiane del Medio Oriente, che ha terminato i suoi lavori con un momento di preghiera presso la chiesa di Mar Girgis, nel sobborgo cairota di Heliopolis.

Matura il consenso per l'unificazione della data della Pasqua
All'importante riunione di lavoro, che era stata ospitata presso il Centro copto “San Marco”, nel distretto cairota di Nasr City, hanno preso parte autorevoli esponenti delle Chiese del Medio Oriente: dal Patriarca copto ortodosso Tawadros II al Catholicos della Grande Casa di Cilicia degli armeni, Aram I; dal Patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III, al Patriarca siro cattolico Ignace Youssif III. Il livello di rappresentanza dell'incontro - riferisce l'agenzia Fides - lascia intuire che sul tema dell'unificazione della data di celebrazione della Santa Pasqua va progressivamente maturando il consenso tra le diverse Chiese e comunità cristiane presenti in Medio Oriente.

Il Consiglio chiede di approfondire il dialogo cristiano-islamico
Nella dichiarazione conclusiva dell'incontro, vengono enumerate le piaghe che affliggono tante comunità cristiane locali in Medio Oriente, alle prese non solo con i conflitti armati in atto in diversi Paesi, ma anche con attacchi mirati, persecuzioni e sequestri consumati spesso nella generale noncuranza delle leadership politiche. Nel documento, i capi delle Chiese del Medio Oriente richiamano l'urgenza di continuare ad approfondire il dialogo cristiano-islamico, definito “pilastro fondamentale” della convivenza tra i cristiani mediorientali e i loro concittadini musulmani.

Gratitudine al Papa per i suoi appelli sulle sofferenze dei cristiani d'Oriente
Riguardo alle emergenze politiche che affliggono lo scenario mediorientale, la dichiarazione richiama pure la paralisi politica in atto in Libano, dove anche la contrapposizione tra i Partiti cristiani impedisce di trovare un consenso per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Nel testo, i Patriarchi e gli altri rappresentanti cristiani presenti all'incontro esprimono anche la gratitudine verso Papa Francesco per la sollecitudine pastorale manifestata dal Vescovo di Roma verso le sofferenze dei cristiani d'Oriente. (G.V.)

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Vescovi polacchi: messaggio per Giornata Chiese perseguitate

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“La dimensione sociale del male e del peccato, che sfocia in persecuzioni dei cristiani, richiede una risposta da parte di tutti i fedeli”, scrivono i vescovi polacchi nel messaggio per domenica 8 novembre, Giornata di solidarietà con le Chiese perseguitate. L’iniziativa, ricordata mercoledì scorso da Papa Francesco durante l’udienza generale, e lanciata per il settimo anno consecutivo, questa volta è dedicata alla Chiesa siriana. 

A Varsavia il patriarca melchita Gregorios III Laham
“Le persecuzioni dei cristiani s’iscrivono in un contesto più ampio di violenza e aggressività sempre maggiori che vediamo nel mondo che ci circonda”, osservano i vescovi che in questi giorni hanno accolto a Varsavia il patriarca della Chiesa melchita Gregorio III Laham, convinto che “la Polonia può svolgere un ruolo importante nell’Unione Europea affinché i Paesi membri parlino con una sola voce della pace in Siria”. Il patriarca venuto in Polonia su invito dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” ha ringraziato gli ospitanti per gli aiuti forniti alle popolazioni colpite dalla guerra e ha sottolineato “l’importanza primaria” del ritorno della pace. (R.P.)

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Messico: inaugurata Casa del migrante a Tuxtla Gutierrez

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Il vescovo della diocesi di San Cristobal de las Casas, mons. Felipe Arizmendi Esquivel, ha inaugurato il 3 novembre una Casa per accogliere i migranti intitolata a San Martín de Porres, di cui quel giorno ricorreva la festa liurgica, nell’ambito del servizio pastorale per i migranti offerto dalla diocesi. La casa sarà un punto di riferimento per quanti attraversano il confine meridionale e arrivano nel Chiapas nel loro travagliato cammino verso gli Stati Uniti.

Ogni sforzo umanitario è un imperativo del Vangelo
​Durante il rito di benedizione dell'edificio - riferisce l'agenzia Fides - il presule ha evidenziato che la migrazione è un fenomeno globale e che la popolazione del Chiapas non può rimanere indifferente di fronte alle esigenze di quanti attraversano il territorio. Ha aggiunto che, pur essendoci a San Cristobal de las Casas alcune parrocchie che già si prendono cura dei migranti, c’era bisogno di un supporto più completo. Le otto parrocchie della città di Tuxtla Gutierrez si sono quindi organizzate per gestire a turno i vari servizi che saranno offerti in questa Casa del migrante. Mons. Felipe Arizmendi Esquivel ha infine sottolineato che ogni sforzo umanitario "non è per la moda o semplicemente per stare bene con gli altri, ma è un imperativo del Vangelo". (C.E.)

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Sierra Leone: il Paese è libero da ebola

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Dopo 1 anno e 5 mesi, la Sierra Leone, a partire da domani, sabato 7 novembre, sarà dichiarata libera da quella che viene considerata la più grande epidemia di Ebola che si sia mai verificata: 14.061 i casi registrati e 3.955 le morti solo nel Paese. “Tra poche ore, il Paese sarà dichiarato 'Ebola free'. Da 42 giorni, nessun caso è stato riscontrato e quindi questa terribile epidemia si può ritenere finalmente conclusa” informa Medici con l’Africa Cuamm (Cuamm). “Per la maggior parte dei Centri di trattamento - dichiara in una nota ripresa dall’agenzia Fides il responsabile dei progetti del Cuamm in Sierra Leone - è prevista la chiusura nel corso del mese di novembre. 

La Sierra Leone si prepara a una grande festa liberatoria
Resteranno due strutture, una nell’est del Paese e una nella capitale Freetown, pronte a un eventuale nuovo emergere di focolai epidemici, e ancora per 90 giorni saranno mantenute le misure di sorveglianza. E’ stata una lunga attesa, e la Sierra Leone si prepara adesso a una grande festa liberatoria. Con la consapevolezza che la minaccia di Ebola non è andata per sempre e che un futuro ritorno del virus è più che una possibilità”.

Africa sub-Sahariana: su 28.575 persone contagiate, ne sono morte 11.313
​La sfida che si presenta ora al Cuamm è quella di ricostruire un sistema sanitario distrutto e ridare alla gente la fiducia nel personale sanitario e nelle strutture. “Non è stato facile – spiega don Dante Carraro, direttore del Cuamm – ma a Pujehun, distretto sanitario con un unico medico locale per 350 mila abitanti, anche grazie al nostro team, ci sono stati solo 51 casi di Ebola. È stato il primo distretto a essere dichiarato 'Ebola free'. Qui le mamme hanno continuato a ricevere assistenza al parto e i bambini ad essere curati per la malaria o la polmonite. Ora l’importante è guardare avanti. Abbiamo 9 persone, tra medici, amministrativi e logisti impegnate in Sierra Leone, per continuare questo cammino e ogni sfida che ci si presenterà”. In totale, secondo i dati Oms, al 25 ottobre 2015, nei Paesi colpiti dell’Africa sub-Sahariana, sono state contagiate 28.575 persone e ne sono morte 11.313. (A.P.)

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Sud Sudan: lettera missionari comboniani contro le violenze

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I missionari comboniani operativi a Mapourdit, nello Stato dei Laghi del Sud Sudan, scrivono una lettera–appello all’intera comunità di Mapourdit e alla diocesi di Rumbek, a conclusione della quale chiedono alle autorità si affrontare seriamente la “situazione di deterioramento” nell’area dopo la “disintegrazione della pace nella comunità” per la quale hanno lavorato 22 anni. I missionari - riporta l'agenzia Sir - si dicono “turbati, sfidati e profondamente scoraggiati dai recenti avvenimenti scioccanti” che hanno “colpito violentemente la comunità comboniana e la vita delle persone”. 

I comboniani chiedono alle autorità il disarmo nello Stato dei Laghi
​Nel documento i missionari denunciano l’aumento dell’illegalità e dei conflitti tribali che minaccia “la vita familiare, le relazioni, la libertà di movimento, l’accesso ai servizi sociali e sanitari e alla funzioni religiose” e ricordano, in particolare, l’attentato che ha ferito un confratello, padre Placide Majambo, lo scorso 11 settembre, causandogli gravi ferite. “Chiediamo alla comunità di mostrare almeno rispetto per il nostro lavoro”, scrivono i missionari. I comboniani chiedono inoltre alle autorità di sostenere “un movimento per il disarmo nello Stato dei Laghi” dove “sono in circolazione troppe armi”. Infine l’assicurazione alla popolazione che i missionari resteranno comunque “al loro servizio”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 310

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.