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Sommario del 11/11/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: a tavola far tacere tv e smartphone non la famiglia

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In un tempo segnato “da tante chiusure e da troppi muri” è fondamentale recuperare l’esperienza della “convivialità” tipica della famiglia. Lo ha detto Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, dedicata a questo tema. La convivialità non si compra né si vende, ha affermato, ma è un atteggiamento di condivisione da coltivare tra genitori e figli, che induce alla generosità verso chi è più debole. Il servizio di Alessandro De Carolis

L’unità, o la disunità, di una famiglia la si nota a tavola. Se attorno vi sono radunati tutti o no, se un padre ha piacere di guardare in faccia i suoi figli piuttosto che la tv, se i figli guardano con più piacere mamma e papà invece che il tablet: sta qui, afferma Papa Francesco, il “termometro sicuro” che misura “la salute dei rapporti”. Salute che se manca è necessario assolutamente “recuperare”.

Famiglie “poco” famiglie
L’argomento della catechesi è la “convivialità familiare”, che il Papa spiega alla folla sotto il sole di una perfetta “estate di San Martino" come “l’attitudine a condividere i beni della vita e ad essere felici di poterlo fare”. Una “virtù preziosa”, assicura, che oggi purtroppo è spesso poco praticata:

“Una famiglia che non mangia quasi mai insieme, o in cui a tavola non si parla ma si guarda la televisione, o lo smartphone, è una famiglia ‘poco famiglia’. Quando i figli a tavola sono attaccati al computer, al telefonino, e non si ascoltano fra loro, questo non è famiglia, è un pensionato (...) Dobbiamo trovare il modo di recuperarla : a tavola si parla, a tavola si ascolta. Niente silenzio, quel silenzio che non è il silenzio delle monache, è il silenzio dell’egoismo: ognuno ha la sua, o la televisione o il computer… e non si parla. No, niente silenzio. Recuperare quella convivialità familiare pur adattandola ai tempi”.

La convivialità non è uno spot
Tempi che invece hanno svilito questo concetto di convivialità. “Sembra sia diventata – stigmatizza Francesco – una cosa che si compra e si vende”. E lo stesso nutrimento, poi, “non è sempre il simbolo di una giusta condivisione dei beni, capace di raggiungere chi non ha né pane né affetti”:

“Nei Paesi ricchi siamo indotti a spendere per un nutrimento eccessivo, e poi lo siamo di nuovo per rimediare all’eccesso. E questo ‘affare’ insensato distoglie la nostra attenzione dalla fame vera, del corpo e dell’anima. Quando non c’è convivialità c’è egoismo, ognuno pensa a se stesso. Tanto più che la pubblicità l’ha ridotta a un languore di merendine e a una voglia di dolcetti. Mentre tanti, troppi fratelli e sorelle rimangono fuori dalla tavola. E’ una vergogna un po’ vergognoso, no?”.

La Cena modello
Al contrario – “e tutti lo sanno”, afferma il Papa – chi possiede una “speciale vocazione” alla convivialità è proprio il cristianesimo. Fu “a cena”, osserva Francesco, che Gesù consegnò il suo “testamento spirituale”, condensato “nel gesto memoriale del suo sacrificio”:

“Il Signore spezza il suo Corpo e versa il suo Sangue per tutti. Davvero non c’è divisione che possa resistere a questo Sacrificio di comunione; solo l’atteggiamento di falsità, di complicità con il male può escludere da esso. Ogni altra distanza non può resistere alla potenza indifesa di questo pane spezzato e di questo vino versato, Sacramento dell’unico Corpo del Signore”.

“Miracoli” di famiglia
Da questo modello, indica il Papa, discende l’“icona” più bella della famiglia, quella riunita attorno alla “mensa domestica” che sperimenta la condivisione delle vite dei propri membri:

“La memoria delle virtù familiari ci aiuta a capire. Noi stessi abbiamo conosciuto, e ancora conosciamo, quali miracoli possono accadere quando una madre ha sguardo e attenzione, accudimento e cura per i figli altrui, oltre che per i propri. Fino a ieri, bastava una mamma per tutti i bambini del cortile! E ancora: sappiamo bene quale forza acquista un popolo i cui padri sono pronti a muoversi a protezione dei figli di tutti, perché considerano i figli un bene indiviso, che sono felici e orgogliosi di proteggere”.

“Una Chiesa di famiglie”
Guardandola in ottica cristiana, conclude Francesco, si può “ben dire che la famiglia è ‘di casa’ alla Messa, proprio perché porta all’Eucaristia la propria esperienza di convivialità e la apre alla grazia di una convivialità universale, dell’amore di Dio per il mondo”, segnato “da tante chiusure e troppi muri”:

“Sì, l’Eucaristia di una Chiesa di famiglie, capaci di restituire alla comunità il lievito operoso della convivialità e dell’ospitalità reciproca, è una scuola di inclusione umana che non teme confronti! Non ci sono piccoli, orfani, deboli, indifesi, feriti e delusi, disperati e abbandonati, che la convivialità eucaristica delle famiglie non possa nutrire, rifocillare, proteggere e ospitare”.

Dopo le catechesi in sintesi e i saluti ai gruppi di altre lingue, Papa Francesco ha ricordato la memoria liturgica di San Martino, il vescovo di Tours, “figura popolarissima specialmente in Europa”, ha detto, e “modello di condivisione con i poveri”. “L’anno prossimo – ha concluso – in felice coincidenza con il Giubileo della Misericordia, ricorrerà il 17.mo centenario della sua nascita”.

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Papa a presidente Bosnia ed Erzegovina: andare avanti nel dialogo

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Prima dell’udienza generale, alle 8.30, il Papa ha incontrato nello studio dell’Aula Paolo VI il presidente di turno della Presidenza collegiale della Bosnia ed Erzegovina, Dragan Čović, accompagnato da una delegazione del Comitato organizzativo dello Stato e della Chiesa per la visita pastorale da lui compiuta a Sarajevo il 6 giugno scorso. All'incontro era presente anche il cardinale Vinko Puljić, arcivescovo di Sarajevo. Il servizio di Adriana Masotti

E’ il cardinale Puljić a parlare per primo per ringraziare Papa Francesco a nome dei presenti e di tutta la Chiesa cattolica della Bosnia ed Erzegovina, per quella sua visita a Sarajevo:

“Grazie di averci visitato, attirando così l’attenzione di tutto il mondo sulla nostra terra e, in particolare, sui cattolici croati, che in quei territori lottano per sopravvivere, per rimanervi e per la parità di diritti. Un grazie particolare per la vostra vicinanza e la preghiera per noi, che avete manifestato durante la vostra permanenza in mezzo a noi”.

Per custodire le parole pronunciate dal Papa e ricordare più a lungo quell’evento, dice il cardinale Puljić, è stato preparato un volume sulla sua presenza a Sarajevo ed è questo il dono che viene offerte a Francesco.

Un ricordo e un ringraziamento ricambiato: “Ancora io custodisco nel mio cuore tante cose grandi e belle che ho imparato da voi”, dice nel suo saluto il Papa:

“La capacità di sofferenza - avete sofferto tanto - la capacità di perdono o almeno di cercare il perdono, la capacità di unirci e lavorare insieme, la capacità del dialogo. Grazie tante per questi esempi che voi date all’umanità. Grazie tante. Vi chiedo di salutare da parte mia il vostro popolo, tutto il popolo, salutare i due altri presidenti, salutare le comunità che hanno una diversa religione ma si riuniscono e parlano e dialogano per il bene del Paese”.

E’ questo sforzo “un servizio per il bene della patria vostra” sottolinea Francesco, “che possano parlare tra loro e aiutare ad andare avanti la patria”. Rivolge poi un saluto particolare ai giovani della Bosnia ed Erzegovina che aveva incontrato definendoli “la promessa della vostra patria”. Infine la preghiera di benedizione:

“Dio Padre di tutti benedica il futuro della Bosnia Erzegovina. E andate avanti su questa strada”.

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Papa a Firenze: andare controcorrente, misericordia è nostra identità

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I cristiani abbiano il coraggio di superare l’opinione corrente per annunciare la misericordia di Dio. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha levato nella Messa allo Stadio Franchi, ultimo appuntamento della visita a Firenze, in occasione del Convegno Ecclesiale Nazionale. Il Pontefice ha sottolineato che il vero umanesimo ha il volto della carità ed ha ribadito che il cristiano non deve mai distaccarsi dalla gente. Nel suo saluto, il cardinale arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, ha ringraziato il Papa per aver esortato i fiorentini ad “essere degni eredi” della “storia di carità e di misericordia” della loro città. Da Firenze, il servizio del nostro inviato Alessandro Gisotti: 

A Firenze, culla dell’umanesimo, Papa Francesco esorta a costruire un’umanità rinnovata che trovi nel volto misericordioso di Dio, Misericordiae Vultus, la spinta ad impegnarsi per un mondo dove “nessuno è lasciato ai margini o scartato; dove chi serve è il più grande; dove i piccoli e i poveri sono accolti e aiutati”. La gioia è palpabile allo Stadio Franchi tra i fedeli, almeno 50 mila, che accolgono con grande affetto il Papa: sventolio di bandiere, striscioni colorati e cori gioiosi. Tanti i giovani presenti che, già nella mattinata, avevano salutato festosamente il passaggio della papamobile nelle vie del centro di Firenze. Anche i detenuti del carcere fiorentino hanno voluto essere partecipi dell'evento con l’altare da loro costruito per la celebrazione e che il Papa ha ringraziato con parole paterne. Nell’omelia, Francesco muove la sua riflessione dalla domanda che il Signore pone ai suoi discepoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?”.

Il cristiano non si distacchi mai dalla gente
A Gesù, rileva, “interessa quello che la gente pensa non per accontentarla, ma per poter comunicare con essa”. E avverte che anche oggi, “senza sapere quello che pensa la gente, il discepolo si isola e inizia a giudicare la gente secondo i propri pensieri e le proprie convinzioni”. Mantenere “un sano contatto con la realtà, con ciò che la gente vive, con le sue lacrime e le sue gioie – avverte Francesco – è l’unico modo per poterla aiutare, formare e comunicare”:

“I discepoli di Gesù non devono mai dimenticare da dove sono stati scelti, cioè tra la gente, e non devono mai cadere nella tentazione di assumere atteggiamenti distaccati, come se ciò che la gente pensa e vive non li riguardasse e non fosse per loro importante”.

“La Chiesa, come Gesù, vive in mezzo alla gente e per la gente. Per questo – afferma – la Chiesa, in tutta la sua storia, ha sempre portato in sé la stessa domanda: chi è Gesù per gli uomini e le donne di oggi?”.

Annunciare Gesù è il cuore della nostra identità cristiana
Il Pontefice rammenta così la figura del Santo Papa Leone Magno, originario della Toscana, che aveva un’ansia apostolica perché tutti potessero conoscere Gesù, e conoscerlo veramente, “non una sua immagine distorta dalle filosofie e dalle ideologie del tempo”. Anche oggi, avverte, dobbiamo allora chiederci chi è il Signore per noi:

“Solo se riconosciamo Gesù nella Sua verità, saremo in grado di guardare la verità della nostra condizione umana, e potremo portare il nostro contributo alla piena umanizzazione della società. Custodire e annunciare la retta fede in Gesù Cristo è il cuore della nostra identità cristiana, perché nel riconoscere il mistero del Figlio di Dio fatto uomo noi potremo penetrare nel mistero di Dio e nel mistero dell’uomo”.

Il Papa ricorda la risposta di Pietro alla domanda di Gesù: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Parole, annota, che racchiudono “tutta la missione di Pietro" e riassumono "ciò che diventerà per la Chiesa il ministero petrino, cioè custodire e proclamare la verità della fede; difendere e promuovere la comunione tra tutte le Chiese; conservare la disciplina della Chiesa”. Papa Leone, soggiunge, “è stato e rimane, in questa missione, un modello esemplare, sia nei suoi luminosi insegnamenti, sia nei suoi gesti pieni della mitezza, della compassione e della forza di Dio”.

La nostra salvezza è nell’amore misericordioso di Dio
Anche oggi, riafferma, “la nostra gioia” è anche “andare controcorrente” e “superare l’opinione corrente, che, oggi come allora, non riesce a vedere in Gesù più che un profeta o un maestro”. La nostra gioia è invece “riconoscere in Lui la presenza di Dio, l’inviato del Padre”:

“Alla radice del mistero della salvezza sta infatti la volontà di un Dio misericordioso, che non si vuole arrendere di fronte alla incomprensione, alla colpa e alla miseria dell’uomo, ma si dona a lui fino a farsi Egli stesso uomo per incontrare ogni persona nella sua condizione concreta. Questo amore misericordioso di Dio è ciò che Simon Pietro riconosce sul volto di Gesù”.

Un volto, evidenzia, che ritroviamo nella Parola di Dio, nei Sacramenti, ma anche nell’amore e nel povero. Ancora oggi, afferma il Papa, "questa verità della fede è verità che scandalizza, perché chiede di credere in un Dio che si è abbassato fino alla morte di croce".

Il vero umanesimo ha il volto della carità
A meno di un mese dall’inizio del Giubileo, Francesco parla dunque di una misericordia divina che “colmerà ogni nostro limite”. E si dice sicuro che proprio in questa comunione tra divino e umano si gettano i semi che “contribuiscono a creare un’umanità nuova, rinnovata”. “Dio e l’uomo – riprende – non sono i due estremi di una opposizione: essi si cercano da sempre”, “non può esserci vera sapienza se non nel legame a Cristo e nel servizio alla Chiesa”:

“È questa la strada su cui incrociamo l’umanità e possiamo incontrarla con lo spirito del buon samaritano. Non per nulla l’umanesimo, di cui Firenze è stata testimone nei suoi momenti più creativi, ha avuto sempre il volto della carità. Che questa eredità sia feconda di un nuovo umanesimo per questa città e per l’Italia intera”.

Un umanesimo che Francesco, a Firenze, non ha solo testimoniato con le sue parole ma anche con gesti, come il pranzo con i poveri e la preghiera con i malati, che i fiorentini non potranno dimenticare.

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Bagnasco: Papa molto chiaro, Chiesa italiana su strada Evangelii Gaudium

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Papa Francesco, all’inizio dell'udienza generale in Piazza San Pietro, ha esortato i fedeli a pregare per la Chiesa italiana che sta celebrando il Convegno nazionale a Firenze. Il suo discorso di ieri è stato definito “storico” da molti osservatori. Ma con quali sentimenti è stato accolto dai presenti? Luca Collodi lo ha chiesto al cardinale presidente della Cei Angelo Bagnasco

R. – Di grande gioia e di grande gratitudine verso il Papa, perché venendo a Firenze, al nostro Convegno ecclesiale italiano, ha mostrato il suo grande affetto e la sua grande vicinanza e non soltanto con la sua presenza, ma con l’intensità e la sostanza dei suoi discorsi: il discorso in cattedrale e poi anche la corposa e interessantissima omelia della Messa. Quindi attraverso queste modalità abbiamo sentito nuovamente la vicinanza affettuosa del Papa a noi, ma sicuramente lui ha sentito il nostro affetto verso di lui.

D. – Cardinale Bagnasco, il Papa ha rinnovato l’invito a una partecipazione, sia alla vita della Chiesa che anche alla vita sociale, alla vita del Paese…

R. – Sono temi molto cari al Santo Padre, che ha rilanciato – in modo molto contestuale - al cammino della Chiesa italiana, invitandoci in modo particolare ad essere sempre più uniti – pastori e popolo – sostenendoci a vicenda, camminando insieme e crescendo nel dialogo, nel confronto, nella corresponsabilità pastorale. Questo da una parte. Dall’altra ha poi insistito molto per essere noi lievito, lievito della società, nei diversi ambiti del lavoro, dei poveri, degli ultimi, delle persone più fragili e deboli, ma anche della cultura, perché se non diventiamo lievito propositivo, anche nell’ambito del pensare e della cultura, certamente la società non ha i fondamenti per diventare più umana: senza una cultura umanistica, la società non diventerà più umana. E il Papa ci ha ribadito all’infinito che il fondamento dell’umanesimo è Gesù Cristo. Dobbiamo guardare a Lui per capire chi è l’uomo.

D. - Papa Francesco guarda al credente come cittadino. E qui c’è tutto l’elemento della partecipazione alla gestione della cosa pubblica, c’è tutto il tema del laicato cattolico, dell’impegno del laicato cattolico…

R. – Sì, certamente. Direi che, in un certo senso, rilancia - conferma e rilancia - questo compito dei cristiani, come cittadini, di non ritirarsi nelle comunità cristiane – possiamo dire banalmente in sacrestia – ma di uscire fuori, con coraggio, con umiltà, con senso di ascolto, di gioia, di dedizione e di servizio, per rinnovare dall’interno la politica, la cultura, la società. Mi venivano in mente le parole del Beato Paolo VI, nell’Evangelii Nutiandi, quando invitava i cristiani ad entrare, ad arrivare nei luoghi della cultura, cioè del pensare, per poter portare la luce del Vangelo.

D. – Questa giornata come entrerà nella riflessione del Convegno nazionale qui a Firenze?

R. – E’ già entrata questa giornata, ricca e bella; è entrata nei cuori di tutti noi: vescovi, laici, delegati delle diverse diocesi. Sicuramente, essendo ormai nei nostri cuori - e non dall’esterno, ma dall’interno - rifluirà nelle nostre discussioni, nei nostri gruppi di studio e andrà ad illuminare le varie problematiche che abbiamo messo a tema e che si riconducono tutte al tema educativo, che è il tema del decennio pastorale della Chiesa italiana. Il Papa ha detto: “Alla luce delle indicazioni dell’Evangelii Gaudium, rivedete ed esaminate gli obiettivi del vostro percorso ecclesiale italiano. E’ stato molto chiaro. Quindi diciamo che l’Evangelii Gaudium ha impastato e ispirato i discorsi del Papa, che sono stati ancora più ampi e soprattutto più caldi: ci hanno abbracciato e così noi potremo pensare meglio gli obiettivi del decennio.

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Betori: la gente appoggia il Papa e gli chiede di non fermarsi

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Una grande festa di popolo: questa la visita del Papa a Firenze. Il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo della città, ha seguito il Pontefice passo passo. Il nostro inviato Alessandro Gisotti gli ha chiesto quali immagini gli restino nel cuore: 

R. – Innanzitutto una grande beatitudine per il Papa. Sono stato dietro a lui tutto il giorno e la sua dedizione verso la gente è qualcosa di ammirevole da tutti i punti di vista. Il suo stare in mezzo a noi – starci con questa disponibilità – dall’accarezzare i bambini, andare incontro alle persone, come è stato al pranzo insieme ai poveri, e i gesti verso i detenuti: tutta una serie di attenzioni che lo rendono veramente vicino alla gente. Per questo la gente non fa fatica a voler bene a un uomo così, a un pastore così. Certo, il problema – diciamolo subito – è per noi pastori, che abbiamo questo alto esempio da seguire. Lui però ci dice anche come si fa ad essere in linea con lui: basta che siamo pastori insieme alla gente.

D. – Prima che arrivasse a Firenze, lei mi diceva proprio in un’intervista: “Qui i fiorentini lo attendono tutti come un padre”: è proprio quello che abbiamo visto a Firenze…

R. – Sì, le dico le frasi che più si ripetevano  lungo il percorso verso lo stadio. La più diffusa era: “Ti vogliamo bene Francesco!”, e questo è il sentimento dell’affetto. L’altra era: “Grande Francesco!”, ossia il riconoscimento dell’importanza di quanto sta facendo per la Chiesa in questo momento. “Grande Francesco!”: questo era l’aggettivo tipico con cui accompagnavano il suo nome. E infine l’altra era: “Resisti Francesco!”. E un fiorentino alla fiorentina – e forse non tutti capiscono – ha detto: “Vai pulito Francesco!”: cioè vai libero, non guardare gli ostacoli, non farti fermare! Ecco: “Vai pulito Francesco!”. Un fiorentino che credo ha espresso il senso dell’appoggio che la gente dà in questo momento all’azione del Papa nella Chiesa e nella società.

D. – Papa Francesco, nel memorabile discorso al Convegno Ecclesiale Nazionale, parla di una Chiesa davvero “libera”…

R. – Sì, una Chiesa libera: obbediente soltanto al Vangelo. Non è una libertà senza riferimenti quella della Chiesa: questo è importante. Però ha un riferimento grande, che è il Vangelo e che è la persona di Gesù: lui ha iniziato il discorso dalla persona di Gesù. Quindi non è semplicemente una questione di atteggiamenti, ma è un riferimento forte al nostro legame con Cristo, che peraltro ha ripreso anche alla fine del suo discorso con l’aggancio che gli dava il nostro Duomo, nella cui cupola c’è scritto appunto “Ecce Homo”, sopra alla figura del Cristo giudice. Quindi la storia fiorentina – la cultura e l’umanesimo fiorentini – hanno riconosciuto l’uomo, “Ecce Homo”, in Gesù. E in questo riferimento a Gesù sta la nostra libertà. Direi che questo è il vero messaggio che il Papa ci dà oggi: quando ci riferiamo a Cristo siamo liberi da tutto e da tutti. E il resto sono tutte cose secondarie che appartengono ai tempi e che vanno cambiate, modellate, a seconda dei bisogni delle persone.

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Giaccardi: Papa Francesco ha messo fine al “clerically correct”

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Il Convegno della Chiesa italiana a Firenze prosegue i suoi lavori. Venerdì prossimo le conclusioni. L’evento è stato segnato in modo decisivo dal discorso di Papa Francesco. Alessandro Gisotti ha sentito, a questo proposito, la sociologa Chiara Giaccardi, membro della Giunta di presidenza del Comitato preparatorio del Convegno: 

R. – Intanto, mi sento confermata nella scelta che abbiamo fatto di usare un metodo sinodale fin dall’inizio e di scommettere sull’ascolto del territorio, delle persone, delle storie, perché è il richiamo alla concretezza che Papa Francesco ha fatto. Il sogno non si deve mai disgiungere dalla concretezza, perché dobbiamo vivere accanto alle persone. Uscire significa proprio stare accanto. Questo, quindi, è un primo elemento importantissimo. Mi è piaciuto moltissimo, tra le tante cose dette, il richiamo forte che lui ha fatto ad una Chiesa che deve essere anche materna, laddove il padre rischia di essere sempre quello della legge un po’ astratta e quello che, in nome del bene della famiglia, amministra il patrimonio in maniera – non ha usato queste parole, ma è la mia traduzione – non sempre giusta. Lui ha detto chiaramente che la Chiesa deve essere più madre e deve accarezzare i suoi figli. I vescovi devono gioire della vicinanza del loro popolo e questo è ciò che ci rende belli, ciò che ci rende anche felici.

D. – Anche in questo evento, anche in questo discorso, abbiamo visto la parresìa, la franchezza di Francesco…

R. – Sì, ha un tono giustissimo Papa Francesco, che rende poi ridicolo tutto il lessico un po’ “clerically correct”, che viene usato normalmente. Lui non è, infatti, provocatore in maniera gratuita e, soprattutto, non mette al centro se stesso, ma è franco, va al cuore delle questioni. Tutti sappiamo quali sono, quindi è inutile girarci intorno. E partiamo da questa consapevolezza per capire insieme in che direzione camminare. Questo è il gesto di grandissima libertà, e di onestà anche, che è necessario fare.

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Papa Francesco: il pellegrinaggio è esperienza di misericordia

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“La vita è un pellegrinaggio” è l’uomo è “un pellegrino che compie la strada fino alla meta agognata”. E’ quanto scrive Papa Francesco nel messaggio indirizzato al presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi, in occasione della seduta comune delle Pontificie Accademie incentrata sul tema “Ad Limina Petri. Tracce monumentali del pellegrinaggio nei primi secoli del cristianesimo”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

L’incontro – si legge nel messaggio di Papa Francesco – ci prepara all’avvio dell’Anno Santo “richiamando l’attenzione sul pellegrinaggio quale elemento costitutivo del Giubileo”. Il pellegrinaggio, “icona del cammino camino che ogni persona compie nella sua esistenza”, è “un segno peculiare dell’Anno Santo”.

Pellegrinaggio esperienza di misericordia
Il pellegrinaggio – aggiunge il Santo Padre – è anche “un’esperienza di misericordia, di condivisione e di solidarietà con chi fa la stessa strada, come pure di accoglienza e di generosità da parte di chi ospita e assiste i pellegrini”. Tra le opere di misericordia che caratterizzano l’Anno Santo – aggiunge il Pontefice – spicca proprio quella “dell’accoglienza ai forestieri”.

I pellegrini possano sentire il Signore accanto a loro
Il Papa auspica infine che “quanti giungeranno a Roma in occasione dell’Anno Santo, o vivranno l’esperienza del pellegrinaggio verso le tante mete proposte dalle Chiese locali, possano sentire, come i discepoli di Emmaus, il Signore accanto a loro quale compagno di viaggio”.

Premio delle Pontificie Accademie
Durante l’incontro il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha consegnato il Premio delle Pontificie Accademie, ex aequo, all’associazione portoghese “Campo Arquelógico di Mértola”, referente il prof. Virgilio Lopes, per le campagne archeologiche condotte negli ultimi anni, e al dott. Matteo Braconi per la tesi dottorale su “Il mosaico dell’abside della Basilica di S. Prudenziana a Roma. La storia, i restauri, le interpretazioni”. E stata inoltre assegnata, quale segno di incoraggiamento per la ricerca storica in ambito religioso, la Medaglia del Pontificato alla dottoressa Almudena Alba López, per la pubblicazione “Teologia politica y polémica antiarriana”.

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Nomina episcopale in Suriname

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In Suriname, Papa Francesco ha nominato vescovo della diocesi di Paramaribo il sacerdote Karel Choennie, parroco e già vicario generale della medesima diocesi. Il neo presule è nato in Suriname il 20 dicembre 1958. Ha compiuto gli studi superiori all’Università Cattolica di Nimega, in Olanda, ove ha conseguito un Baccellierato in Pedagogia. Ha svolto l’itinerario formativo nel Seminario Regionale di S. Giovanni Vianney a Port of Spain, ottenendo la licenza in Teologia Pastorale presso l’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio. È stato ordinato sacerdote il 30 settembre 1985. Dopo l’Ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: 1985 - 1994: Parroco di St. Mary Queen of the Universe in Paramaribo; 1994 - 1996: Parroco di St. Clement in Paramaribo; 1997 - 2001: Parroco di St. Boniface e di St. Clement in Paramaribo; 1999 – 2003; Vicario Episcopale e Membro della Curia diocesana; dal 2001: Parroco di St. Clement in Paramaribo; 2005 - 2014: vicario generale.

La Diocesi di Paramaribo  (1958), suffraganea dell'Arcidiocesi di Port of Spain, ha una superficie di 163.829 kmq e una popolazione di 505.580 abitanti, di cui 115.221  sono cattolici. Ci sono 33 Parrocchie, servite da 18 sacerdoti  (7 diocesani e 11 Religiosi),  4 fratelli religiosi, 4 Diaconi permanenti, 12 suore e 1 seminarista. La Diocesi di Paramaribo, in Suriname, si è resa vacante il 31 maggio 2014, a seguito delle dimissioni di S.E. Mons. Wilhelmus Adrianus Josephus Maria de Bekker, per raggiunti limiti di età.

Negli Stati Uniti, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Detroit, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Francis R. Reiss.

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Il card. Parolin: contro la Chiesa attacchi mediatici isterici

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Il caso Vatileaks, la riforma della Curia e la visita di Papa Francesco a Firenze. Sono questi alcuni dei temi al centro dell’intervista di Amedeo Lomonaco al segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, che sottolinea anche come contro la Chiesa siano in corso attacchi mediatici poco ragionati e molto emotivi: 

R. - Non credo che queste polemiche possano creare un’atmosfera serena. Effettivamente, c’è un’atmosfera pesante. Se leggiamo la stampa vediamo attacchi forse poco ragionati, poco pensati, molto emotivi per non dire isterici. C’è il proverbio che dice: il Signore sa scrivere dritto tra le righe storte. Certamente, non credo siano attacchi ben intenzionati. Sono attacchi alla Chiesa. Possono tradursi o trasformarsi in un bene se li sappiamo anche accogliere con quello spirito di conversione e di ritorno al Vangelo che il Signore ci chiede. Io cercherei di cogliere proprio questo aspetto perché di conversione abbiamo tutti e sempre bisogno.

D. - Papa Francesco domenica all’Angelus ha detto che proseguirà nella sua azione di riforma. Ma ci sono delle resistenze, degli ostacoli…

R. - Cambiare le cose è sempre difficile perché tutti siamo tentati di proseguire nella nostra tranquillità nel nostro ‘tram tram’ di ogni giorno. Ci sono da vincere, in questo senso, delle resistenze. Definirle fisiologiche è troppo poco, definirle patologiche è troppo. Sono resistenze presenti. Credo sia anche importante affrontarle in maniera costruttiva, in modo che possano trasformarsi. Credo sia questa la chiave di volta di questa vicenda: trasformare quelle che possono essere le normali resistenze di fronte ai cambiamenti in strumenti di riforma. E tutti hanno questo desiderio di cambiare in meglio. Quel miglioramento che il Papa ha chiesto lui stesso alla Curia.

D. - Un commento sulla visita del Papa a Firenze… Il Santo Padre, tra l’altro, ha detto: Dio salvi la Chiesa da potere e ricchezza…

R. - Mi pare che queste parole del Santo Padre siano un commento al Vangelo nel quale Gesù dice: o Dio o mammona. Non ci può essere un compromesso. Bisogna scegliere il Signore e non lasciarsi sedurre da altre realtà che possono avere questa capacità di attrarre il cuore dell’uomo. E come sempre la Chiesa ha insegnato, mettere i beni di questo mondo a servizio dei veri valori e delle finalità per le quali la Chiesa esiste e a servizio della sua missione.

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Propaganda Fide: notizie false e inaccettabili su immobili Dicastero

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Sono “inaccettabili certe insinuazioni” fatte da “alcuni media che diffondono notizie non rispondenti al vero” riguardo la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, detta anche “Propaganda Fide”, E’ quanto afferma un comunicato del dicastero vaticano. “E’ stato scritto, ad esempio, che la Congregazione dia in affitto immobili di lusso a prezzi di favore e addirittura che si ospiti una sauna o che sia proprietaria dell’Hotel Priscilla. La totalità degli immobili di proprietà della Congregazione, donati per le Missioni, sono affittati a prezzo di mercato; non mancano eccezioni per motivi di situazioni di indigenza. Detti immobili vengono concessi in locazione nel rispetto della legislazione italiana vigente, alla cui osservanza sono tenute sia la Congregazione proprietaria, sia il soggetto conduttore”.

Il comunicato sottolinea che “il reddito derivante dalla locazione di detti immobili, su cui vengono regolarmente pagate le imposte in Italia (nel 2014 il Dicastero ha versato per IMU euro 2.169.200, solo per Roma Capitale), è destinato principalmente al mantenimento della Congregazione, della Pontificia Università Urbaniana, del Pontificio Collegio Urbano, di Istituzioni missionarie e di giovani Chiese dei territori di missione. Propaganda Fide è grata ai benefattori che, con il proprio aiuto, consentono di provvedere all'annuncio del Vangelo e al sostegno di innumerevoli iniziative educative, sociali e sanitarie dei Paesi più poveri”.

“La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli – afferma ancora il comunicato - aderisce pienamente alla linea di pensiero, di indirizzo e di cuore del Santo Padre Francesco in ordine alla vita e alla riforma della Curia Romana; inoltre, è impegnata ad assecondare i fini istituzionali previsti dalla Costituzione Apostolica ‘Pastor Bonus’, come pure è impegnata a rispettare la volontà dei donatori che nel corso degli anni hanno voluto contribuire all’Opera Missionaria. Pertanto, accoglie tutte le riforme amministrative previste dalla Segreteria per l’Economia e sottopone alla medesima tutti i bilanci preventivi e consuntivi del Dicastero”.

Infine, “si precisa che qualora dovesse ripetersi la divulgazione di notizie non veritiere o tendenziose, questa Congregazione sarà costretta a tutelare la propria immagine nelle sedi opportune”. 

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P. Lombardi: l'Apsa non è sotto indagine

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Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha riferito in una nota che l’Autorità giudiziaria vaticana ha aperto “un’indagine” in merito alla diffusione di un “documento confidenziale” il cui contenuto è stato riportato nei giorni scorsi “in maniera parziale e imprecisa” da articoli di agenzie e organi di stampa, nei quali si ipotizza che “in passato l’Apsa sia stata strumentalizzata per un’attività finanziaria illecita”.

La stessa Apsa, conclude la nota ufficiale, “ha sempre collaborato con gli organi competenti, non è sotto indagine e continua a svolgere la propria attività nel rispetto della normativa vigente”.

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Mons. Follo: vera coscienza ecologica, uomo al centro ma non predatore

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“Il pianeta Terra è un dono e un compito per tutti noi”. Così mons. Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Unesco a Parigi, intervenendo alla Conferenza generale dell'Agenzia Onu. Lodando il lavoro dell’organizzazione in ambito educativo, nel 70.mo della fondazione, il presule ha ribadito lo stretto legame tra istruzione, pace, cultura e clima. Mons. Follo ha anche evidenziato “come l’Unesco sia fortemente coinvolta nei preparativi per la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”, la cosiddetta COP 21, dicendosi sicuro che l’organizzazione attraverso il suo Programma globale di azione per l'Educazione allo sviluppo sostenibile, giochi un ruolo fondamentale nella “risposta internazionale” ai cambiamenti cimatici.

Uomo disegna linee guida, ma no ad atteggiamento predatorio
“Papa Francesco - ha detto - ci invita ad una formazione ecologica che deve tener conto di una etica della vita e del dialogo”. E ricordando che “la natura” è per noi “un dono di Dio” e che l’uomo “disegna le linee guida” per la sua custodia, ha rimarcato l‘importanza della promozione di programmi finalizzati alla “conoscenza dei cambiamenti climatici”, anche nelle scuole, e il rafforzamento di un’educazione non formale “attraverso media” e “partenariati”. Mons. Follo ha poi aggiunto che “l’atteggiamento” nei confronti della Terra non deve essere “utilitaristico” o peggio “predatorio”, ma “umano”, che viene dal rispetto dal “lavoro e l'assunzione di responsabilità”. “La Terra - ha suggerito - deve essere gestita con intelligenza e lungimiranza”. Tornando sulle sfide dell’educazione ha concluso ribadendo che la “cultura è un pilastro per la costruzione della pace”, la tutela di ogni diritto e via per costruire una vera “coscienza ecologica”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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La missione di Pietro: nella messa conclusiva della visita a Firenze il Papa richiama la figura di Leone Magno ribadendo che l'umanesimo ha avuto sempre il volto della carità.

Un precursore dell'Europa unita: la scomparsa dell'ex cancelliere Helmut Schimdt.

Cameron detta le regole: quattro condizioni per la permanenza della Gran Bretagna nell'Unione europea.

Nuovi simboli e parola antica: Andrea Dall'Asta sulla missione degli artisti e il senso del sacro.

Per secoli Cleopatra: Claudia Valeri illustra il restauro dell'"Arianna addormentata".

L'Europa si salva con l'Europa: Fabrizio Contessa sul documento della Ccee nella festa di san Martino.

Per una cultura della prossimità: il cardinale segretario di Stato al Campus biomedico.

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Oggi in Primo Piano



Islamizzazione minori. Patriarca Sako : libertà e non più Stato teocratico

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“I tempi sono cambiati, uno Stato teocratico in Iraq non ha più ragione di esistere quindi anche le leggi vanno modificate”. E’ determinato il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael Sako, nel chiedere al parlamento e se necessario alle autorità internazionali di modificare la legge che impone ai minori la religione musulmana nel caso in cui anche un solo genitore sia fedele all’Islam. L’emendamento, presentato per concedere libera scelta almeno ai 18 anni, è stato bocciato. Così, dopo un colloquio col Presidente iracheno che oggi riunirà il parlamento, il patriarca Sako ha organizzato ieri una grande manifestazione per rivendicare libertà religiosa, giustizia e uguaglianza insieme ai rappresentanti di diverse comunità e deputati che non sono d'accordo con la legge. Le sue parole nell’intervista di Gabriella Ceraso

R. – Questa legge è inaccettabile oggi, con i diritti dell’uomo, la libertà religiosa... Lo stesso Corano dice che non si può forzare la gente alla religione. Questi deputati devono impegnarsi nel servizio per la pace, per la stabilità, e anche nei servizi, nelle infrastrutture, e non per creare leggi contro la libertà. La libertà è per tutti e, dunque, devono rispettarla. Ieri la Chiesa era piena, piena: musulmani, cristiani... Proprio due donne musulmane hanno detto che questa legge farà male all’Iraq: l’unica cosa che noi dobbiamo salvaguardare oggi è l’identità nazionale, la cittadinanza. E credo che ci siano segni di speranza.

D. – Secondo lei, perché nonostante questo sentire comune, nonostante ciò che è scritto nel Corano – ciò che è anche il pensiero dei grandi teologi musulmani, oltre alle norme costituzionali – il parlamento comunque ha deciso in questo senso?

R. – Penso ci sia un movimento estremista religioso oggi nel mondo arabo. L’islam vive oggi una crisi, un po’ dappertutto. Daesh, al Qaeda, ma anche la gente, hanno un concetto religioso molto, molto chiuso. Se loro non arrivano a una spiegazione moderata, aperta, aggiornata – vi dico la verità – sento che non hanno futuro. L’islam, dunque, deve essere aggiornato. Creare anche regimi basati su un’unica religione, è una discriminazione. Si può lasciare la libertà religiosa e non mettere la religione sui documenti ufficiali, come hanno già fatto la Tunisia e l’Autorità palestinese.

D. – Che cosa intende fare se non dovesse ricevere ascolto, neanche dal Presidente della Repubblica?

R. – Io avvierò un processo contro il parlamento iracheno, arriverò al Commissariato dei diritti umani, a Ginevra, e poi anche al Tribunale internazionale. Vediamo, ora consulterò i giuristi e faremo un comitato per preparare bene la cosa.

D. – Qualcuno potrebbe dire: ma è una legge che c’è da 20 anni, perché decidere di cambiarla ora?

R. – Il mondo è cambiato, c’è una nuova cultura e c’è più libertà in Iraq. Prima c’era la dittatura, oggi possiamo manifestare nelle strade, criticare. Ogni venerdì, ci sono manifestazioni qui a Baghdad e dicono di volere un regime secolare e la gente che manifesta è musulmana, non è cristiana. Oggi, dunque, è tutto cambiato: la Costituzione è cambiata e quindi devono cambiare tutto. Il dovere del governo non è quello di mettere barriere fra la gente o i cittadini, ma è di costruire una società secolare, con tanta dignità e libertà. Non possiamo vivere in uno Stato teocratico come nel VII secolo, non è accettabile oggi.

D. – Questo, è un grande cambiamento, lei ne è cosciente?

R. – Sì, molto. Oggi, la violenza in Medio Oriente è diventata un fenomeno: guerra in Siria, in Iraq, in Libia, in Yemen. In Libano non c’è ancora un presidente. Penso che la spinta debba essere locale, regionale, ma anche internazionale.

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Burundi. Padre Ferrari: verso guerra civile, gente terrorizzata

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È ancora critica la situazione in Burundi, percorso da sanguinose violenze da quando, nell’aprile scorso, il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato di voler correre per un terzo mandato, poi ottenuto nelle elezioni di luglio. Oltre 250 i morti negli scontri. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha nominato un consigliere speciale - il britannico Jamal Benomar - per tentare una difficile riconciliazione, mentre la Francia ha presentato al Palazzo di Vetro un progetto di risoluzione che chiede la fine dei combattimenti. In questo quadro, il partito al potere a Bujumbura, il Cndd-Fdd del presidente Nkurunziza, ha accusato il Belgio di “armare” l'opposizione con l'intento di “ricolonizzare” il Paese. Ma cosa servirebbe in questo momento al Burundi per ritrovare la pace? Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Gabriele Ferrari, già superiore dei Saveriani, per anni missionario in Burundi: 

R. – Al Paese servirebbe un momento di sapienza, di intelligenza, per non prolungare questa situazione che sta scivolando, se già non è scivolata, in una guerra civile. Sui vari siti che parlano del Burundi si fanno addirittura confronti con la situazione del Rwanda al tempo del genocidio.

D. – Perché è stato evocato lo spettro del genocidio del Rwanda? Cosa sta succedendo?

R. – Questa crisi, che era in sé soltanto di tipo politico e sociale, sta scivolando in una crisi etnica. I centri di maggiore contestazione al presidente Nkurunziza sono quelli dei quartieri abitati prevalentemente dai Ba-Tutsi e, quindi, si sta dicendo che i Ba-Tutsi sono contro il governo. Al contempo, il governo non può ignorare che molta opposizione gli viene anche dall’ambito dei Ba-Hutu. Quindi adesso, secondo me, la ‘carta’ del governo è quella di mettere contro i Tutsi e gli Hutu. Ma così evidentemente si rischia una forma di lotta etnica: che scivoli nel genocidio… io spero proprio di no, però il pericolo c’è. È un pericolo che non è mai stato del tutto esorcizzato: è un male che per un po’ di tempo è stato “quietato”. Oggi però siamo di nuovo alla guerra civile.

D. – ‘Human Rights Watch’ ha denunciato che il presidente Nkurunziza sta incoraggiando le forze di sicurezza a utilizzare tutti i mezzi a disposizione per ripristinare l’ordine. Così facendo - evidenzia l’organizzazione - starebbe provocando una nuova ondata di violenza. Qual è la situazione sul terreno?

R. – La situazione sul terreno è che i morti continuano a moltiplicarsi: mi dicono che ogni mattina se ne trovano sulla strada. Molti, oltretutto, torturati; si tratta di gente uccisa e lasciata lì sulla strada, a “monito” per gli altri. Si potrebbe definire un “terrorismo” messo in atto dal governo che crede così di prendere in mano la situazione: ma secondo me non la prenderà in mano o, meglio, se ci riuscirà lo farà con la forza del terrore e della morte.

D. – Lei ha ricordato gli anni della guerra civile che è terminata nel 2005. Cosa rimane di quel periodo tra la popolazione?

R. – Tra la popolazione rimaneva un grande bisogno di pace e sembrava inizialmente che questa ci fosse. Ma poi, progressivamente, Nkurunziza ha mostrato il suo vero volto: il volto di un dittatore che non vuole alcuna contestazione o opposizione e che fa di tutto per tenere il Paese sotto controllo. Si è dato in mano a bande di giovani - che non sono poi tanto giovani, c’è dentro di tutto - i quali sono il braccio armato del governo: si chiamano “Imbonerakure”, che vuol dire “coloro che sono capaci di vedere più lontano”. Sono dei giovani aderenti al partito o tirati dentro: c’è tanta gioventù che non sa cosa fare sulle strade di Bujumbura e quindi è facile arruolarla in bande armate.

D. – E la gente in generale come vive oggi in Burundi?

R. – Nel terrore. Ho ricevuto una mail pochi giorni fa in cui mi dicono che la gente fugge, scappa. Non si sa più quanti sono andati all’estero. Ieri sul sito del “Burundi - Africa Time” c’era la foto di gente che scappa su biciclette cariche di bagagli e effetti personali e il titolo era: “La gente fugge dalla violenza di Bujumbura”. In questo quadro, poi, c’è un altro fattore: Nkurunziza oggi ha l’appoggio finanziario della Cina, la quale compra il Burundi a pezzi. E forse l’ha già comprato, secondo me.

D. – Da missionario che è stato tanti anni in Burundi, quali sono le sue speranze?

R. – La realtà della gente che vuole la pace in qualche modo spinge: è una forza, una reale forza! Alla fine la voglia di pace, soprattutto coltivata nella preghiera, nell’ascolto della parola in comune, sarà capace di muovere le persone.

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Prato, Cisl: lavoriamo perché aziende cinesi si regolarizzino

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Nel corso della sua tappa a Prato, Papa Francesco ha ricordato la tragedia che nel dicembre del 2013 provocò la morte di sette operai cinesi nell’incendio della fabbrica in cui lavoravano e dormivano. Il Pontefice ha parlato di tragedia dello sfruttamento e di lavoro indegno. A distanza di quasi due anni da quell’episodio cosa è cambiato nel distretto del tessile per i lavoratori cinesi? Elvira Ragosta lo ha chiesto a Stefano Bellandi, segretario della Cisl di Prato: 

R. – Sono cambiati i controlli presso le aziende cinesi. La Regione ha fatto un investimento notevole in ispettori del lavoro, soprattutto della Asl, che hanno cominciato a controllare a tappeto le oltre cinquemila aziende cinesi presenti sul territorio: sta dando qualche piccolo risultato. Il lavoro degli ispettori, infatti, è veramente enorme.

D. – Quali sono i numeri delle imprese con titolari cinesi e delle società a conduzione mista italiana e straniera sul territorio? Che incidenza hanno sull’economia del settore?

R. – Sono oltre cinquemila le aziende a titolarità completamente cinese o anche mista. L’impatto è circa un 10-15% delle imprese sul territorio tessile.

D. – Cosa c’è ancora da fare nel comparto, per garantire condizioni ottimali di lavoro?

R. – Noi auspichiamo che la straordinarietà della messa in campo delle risorse fatta dalla Regione si stabilizzi, perché il distretto industriale pratese è un distretto molto ampio. Senza un adeguato numero di ispettori del lavoro e di controlli sulle imprese, difficilmente potremo arginare un fenomeno così microdiffuso. Stiamo vedendo che pure le imprese cinesi, specialmente quelle nuove che si stanno insediando, cominciano a pensare anche all’alloggio per i loro lavoratori, anche se il tasso di sindacalizzazione è ancora molto basso: solo a Prato la cifra è di circa 12 mila iscritti e i cinesi sono solo 17. Ovviamente, più le aziende cinesi stanno nell’ombra, se vogliono evadere, e più hanno margine di guadagno. Noi speriamo che le nuove generazioni possano installarsi in pianta stabile a Prato, quindi regolarizzarsi pian piano, rispetto alle imprese che aprono e chiudono nel giro di pochi mesi.

D. – Papa Francesco, ricordando quanto avvenuto a Prato nel dicembre 2013, ha parlato di tragedia dello sfruttamento e di condizioni inumane che non garantiscono un lavoro degno. Che effetto hanno avuto queste parole sulla città?

R. – Le parole del Papa hanno scosso sicuramente le coscienze. Il Pontefice ha dato una ventata di voglia di fare, di voglia di mettersi insieme per cooperare, per poter arginare e legalizzare le numerose aziende cinesi presenti sul territorio. Alcuni, infatti, lo stanno facendo e ci sono anche associazioni di categoria, come la Cna, che sta facendo proprio una politica di affiliazione di aziende cinesi. Noi dobbiamo andare in quel solco lì.

D. – A proposito del ruolo delle associazioni, dopo la tragedia c’è stato un patto tra Regione, associazioni di categoria, cui hanno preso parte appunto anche alcuni imprenditori cinesi. Qual è il passo ulteriore da fare per garantire migliori condizioni a tutti i lavoratori?

R. – Il patto è ai primi passi: dobbiamo convincere, parlare alle aziende cinesi, specialmente con aziende cinesi che si sono già regolarizzate, per far capire loro che è conveniente mettersi in regola: è conveniente se si vuole stare sul territorio, stare a determinate condizioni.

D. – Voi, come Cisl, come vi state muovendo e che tipo di difficoltà incontrate?

R. – Noi ci siamo mossi fin dai primi anni Novanta con i cinesi. Abbiamo fatto il primo tg multietnico in lingua cinese d’Italia. Abbiamo avuto risultati altalenanti: una prima fase in cui molti cinesi si rivolgevano ai nostri uffici per pratiche soprattutto legate a permessi di soggiorno e quant’altro, dopo di che sono scomparsi quasi completamente dalle sedi sindacali, perché si sono auto-organizzati. Quindi, la nostra azione è quella di cercare di stimolare le persone che incontriamo, rendendole edotte su quali siano i loro diritti. Ci sono anche delle convenienze a essere in regola. Dopo la tragedia, qualcuno nel primo periodo è venuto anche a denunciare alcuni abusi subiti. Molti, però, sono ricattati e quindi è molto difficile cercare di scardinare il meccanismo perverso che regna ancora in molte aziende cinesi.

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Nella Chiesa e nel mondo



India: è tutto pronto a Mumbay per il Congresso eucaristico

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“Poter approfondire la nostra conoscenza, apprezzamento e amore dell’Eucarestia durante il Congresso eucaristico nazionale, incontrare la presenza del Signore e andare nel mondo a nutrire gli altri, così come noi veniamo nutriti in questa occasione”. È la preghiera del card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, in una nota diffusa in previsione del Congresso eucaristico che si apre domani a Mumbai e terminerà il 15 novembre. Il tema dell’incontro di quest’anno - riferisce l'agenzia AsiaNews - è “Nutriti da Cristo per nutrire gli altri”. L’evento vedrà la partecipazione del card. Albert Ranjith, legato papale e arcivescovo di Colombo nello Sri Lanka, di quattro cardinali indiani – card. Telesphore Toppo, card. Baselios Cleemis, card. George Alencherry e lo stesso card. Gracias – oltre a 71 vescovi e 665 delegati da tutta l’India.

La Chiesa si riunisce per lanciare un messaggio di speranza e di amore
Nei giorni in cui nel Paese asiatico si celebra la festa di Diwali, durante la quale si accendono file di candele per rappresentare la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, i leader cattolici si riuniscono per lanciare un messaggio di speranza e amore “nei confronti dei poveri e dei bisognosi, dei malati e dei moribondi”, “ispirati dall’amore di Cristo e dal mistero dell’Eucarestia”. Per l’occasione di Diwali, il Vaticano ha inviato un messaggio agli indù.

Il card. Toppo ricorderà il suo incontro con la Beata Madre Teresa
Domani in apertura dei lavori interverrà il card. Toppo, arcivescovo di Ranchi, che ricorderà il suo incontro personale con la Beata Madre Teresa di Calcutta, quando la missionaria gli disse che “Gesù nella Santa Eucarestia è la fonte della mia forza!”. “Questo è il segreto del successo di Madre Teresa e delle Missionarie della Carità: per lei, dare inizio ad una nuova comunità significava aprire un nuovo Tabernacolo”. Nel pomeriggio poi sarà il momento della testimonianza di suor M Prema, Superiora generale delle Missionarie della Carità.

Le testimonianze dei sopravvissuti dei pogrom anticristiani in Orissa
Il 13 novembre i delegati ascolteranno le testimonianze di due sopravvissuti dei pogrom anticristiani di Kandhamal nell’Orissa, quando nel 2008 gli indù diedero vita al più feroce episodio di violenza contro la minoranza cristiana di tutti i tempi. 

Un evento per entrare più in profondità nel mistero eucaristico
​“Siamo grati a Dio – conclude nella nota il card. Gracias – per questo convegno. Questo Congresso è un invito affinchè ognuno di noi, figli e figlie dell’India, possa entrare più in profondità nel mistero eucaristico che è il modo attraverso cui il Figlio di Dio si dona a noi. Possa Maria, madre del nostro Signore eucaristico, intercedere per noi presso suo figlio”.  (N.C.)

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Siria. Mons. Chahda: ad Aleppo sono rimasti i più poveri

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“Le poche risorse a disposizione non ci permettono di provvedere ai tanti bisogni dei nostri fedeli”. Così racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, mons. Denys Antoine Chahda, arcivescovo siro-cattolico di Aleppo, descrivendo le drammatiche condizioni in cui versa la sua comunità, oggi formata da appena 800 famiglie, rispetto alle 1.500 di prima dell’inizio della guerra. “Di queste – dice il presule – ben 750 ricevono aiuti dalla Chiesa: vestiti, viveri, medicine e, perfino, un contributo economico per l’acquisto di beni di prima necessità, come ad esempio il gasolio. L’inverno ad Aleppo è molto freddo e dal momento che da diversi mesi la città è senza corrente elettrica, il combustibile è l’unico modo che hanno le famiglie per riscaldarsi”. 

Le famiglie cristiane rimaste sono le più povere
Moltissime famiglie - riporta l'agenzia Sir - hanno perso la propria casa e la Chiesa cerca di fornire un alloggio ai fedeli mettendo a disposizione anche chiese e conventi. “Le famiglie cristiane che sono rimaste, sono le più povere – afferma mons. Chahda – perché chi ne aveva la possibilità ha lasciato il Paese”. I bombardamenti non hanno risparmiato la cattedrale, né l’arcivescovado siro-cattolico, ma fortunatamente le chiese della diocesi sono ancora agibili e frequentate. “Ogni giorno celebriamo la Messa. Grazie a Dio, Aleppo è difesa dall’esercito siriano e Is non è riuscito a penetrare in città. Altrimenti non sarebbero rimasti né cristiani, né musulmani”, conclude l’arcivescovo. (R.P.)

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Vescovi europei: le migrazioni vanno governate e non subite

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“Le migrazioni vanno prudentemente e responsabilmente governate e non subite”. È quanto tornano a ribadire i vescovi europei della Commissione del Ccee “Caritas in Veritate”, nel loro messaggio per San Martino. “Nella gestione delle migrazioni che oggi assumono l’aspetto di emergenze umanitarie, l’Europa non rinunci alla propria civiltà giuridica e ai valori fondamentali della propria cultura che essa ha assimilato dalla tradizione della legge morale naturale che qui da noi è stata arricchita e veicolata dalla tradizione cristiana e che è pure presente in altre culture e religioni”. Nello stesso tempo però – aggiungono i vescovi – l’Europa “non può esimersi da un impegno comune a far fronte a questa emergenza non solo nella cosiddetta accoglienza dei profughi ma anche e soprattutto in una politica estera di efficace contrasto dei turpi interessi che stanno dietro questi fenomeni. Ma l’Europa da sola non può fare tutto. 

L'Onu fermi le violenze nei Paesi di provenienza dei migranti
​I vescovi europei - riporta l'agenzia Sir - tornano ad invocare l’azione dell’Onu, alla luce proprio della “complessità delle situazioni e l’ampiezza delle tragedie umanitarie”. Alle Nazioni Unite, i vescovi chiedono “soluzioni non solo rispetto alla prima accoglienza, ma anche ai Paesi di provenienza dei migranti, adottando misure adeguate per fermare la violenza e costruire la pace e lo sviluppo di tutti i popoli. Inoltre, la pace in Medio Oriente e nel Nord Africa è vitale per l’Europa”.

Non rispettare vita e famiglia indebolisce la pace
“La pace deve essere un primo obiettivo dell’Europa, ma per questo il nostro continente deve essere più realista", affermano i vescovi. “Un’Europa sicura e, a sua volta, fonte di sicurezza è un’Europa ordinata, ove le varie istituzioni sociali sono giustamente collocate al proprio posto. Non rispettare la vita e la famiglia significa anche creare conflittualità e indebolire la pace. Lo stesso vale per il disprezzo o addirittura la persecuzione della religione, soprattutto la religione cristiana, oppure per una educazione dei giovani di anarchia etica. Se la giustizia non è garantita e se il potere giudiziario tende a sostituirsi non solo agli altri due poteri ma anche all’ethos dei popoli, pretendendo di ristrutturarlo, la conflittualità diventa una via senza uscita”. (R.P.)

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Una delegazione interreligiosa visita la Corea del Nord

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Una delegazione di 150 leader religiosi di diverse comunità ha fatto visita alla Corea in Nord: nel breve viaggio di due giorni che si è concluso ieri - riferisce l'agenzia Fides - i leader delle sette principali religioni in Corea del Sud, riunite sotto l’egida della “Conferenza coreana delle Religioni per la Pace” (Kcrp), hanno oltrepassato la cortina di bambù e raggiunto il Monte Kumgang. Nel luogo sorge il noto tempio buddista Singyesa, fondato nel 519, distrutto durante la guerra di Corea (1950-1953) dai bombardamenti americani e ricostruito nel 2004 grazie ad un progetto tra le due Coree. In questo luogo simbolico si tengono i rari incontri tra delegazioni religiose del Nord e del Sud.

E' il primo incontro sotto la presidenza sudcoreana di Park Geun-hye
La visita, informa la Conferenza in una nota inviata all'agenzia Fides, aveva lo scopo di “pregare insieme per la pace e la stabilità nella penisola coreana”. L'evento è “particolarmente significativo”, aggiunge la Kcrp, perché per la prima volta i leader religiosi delle due Coree si sono incontrati da quando è al potere a Seul la Presidente Park Geun-hye.

200 fedeli ogni domenica nella chiesa cattolica di Changchun
Pyongyang aveva accolto nei giorni scorsi la visita di due delegazioni cristiane: quella dell'Associazione dei preti cattolici per la Giustizia (Cpaj), che hanno celebrato una Messa nella capitale nordcoreana; la seconda delegazione apparteneva al “Forum ecumenico per la Corea”, avviato dal “Consiglio Mondiale delle Chiese”, che ha visitato gli unici due luoghi di culto cristiani presenti a Pyongyang, la chiesa cattolica e quella protestante di Changchun. Un membro di questa delegazione ha detto che, secondo i funzionari del regime nordcoreano, circa 200 cittadini si riuniscono ogni domenica nella chiesa cattolica per una liturgia, anche senza Eucaristia. (P.A.)

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Vescovi Venezuela: le prossime elezioni rafforzino la democrazia

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La Conferenza episcopale venezuelana (Cev) ha chiesto che le elezioni legislative in programma per il 6 dicembre si svolgano in modo "tranquillo, con grande libertà e con la partecipazione più ampia possibile", sottolineando che "attacchi e insulti" devono essere esclusi dal processo elettorale. Mons. Cástor Oswaldo Azuaje Pérez, vescovo della diocesi di Trujillo, nel corso di una conferenza stampa tenuta a Caracas ieri, ha detto: "Chiediamo che i deputati eletti agiscano con libertà di coscienza, cercando il bene delle loro regioni e della nazione e non solo dei partiti politici che li sostengono".

Un voto cruciale per il futuro del Venezuela
L'episcopato venezuelano - riferisce l'agenzia Fides - attraverso un comunicato che è stato letto da mons. Azuaje, ha definito la consultazione elettorale "cruciale" per il futuro politico del Paese, che da 16 anni è guidato dai socialisti. "I risultati dovrebbero contribuire a promuovere l'equilibrio democratico ben al di sopra degli interessi individuali e di partito. Invitiamo quindi tutti i credenti ad elevare le nostre preghiere a Dio, Signore della storia, per il successo del processo elettorale e della pace sociale in Venezuela" ha concluso mons. Azuaje.

Alle urne 20 milioni di venezuelani per rinnovare il Parlamento
​Circa 20 milioni di venezuelani iscritti nelle liste elettorali sono chiamati alle urne domenica 6 dicembre per rinnovare i 167 membri dell'Assemblea Nazionale (An), che attualmente è presieduta da Diosdado Cabello, primo vice presidente del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv). (C.E.)

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Angola: appello dei vescovi per il rispetto dei diritti umani

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Un appello a garantire e ad ampliare il rispetto dei diritti umani in Angola, in particolare quello a essere informati, a esprimersi e a riunirsi liberamente, è stato rivolto dalla Conferenza episcopale alla vigilia del 40° anniversario dell’indipendenza del Paese dal Portogallo.

Casi di attivisti per i diritti umani incarcerati
La presa di posizione - riferisce l'agenzia Misna - è stata comunicata al termine di un incontro dei prelati a Luanda dall’arcivescovo di Saurimo, mons. José Manuel Imbamba, il portavoce della Conferenza episcopale. In Angola negli ultimi mesi sono stati diversi i casi di attivisti per i diritti umani e militanti di opposizione incarcerati con l’accusa di “attentato alla sicurezza dello Stato”.

La salvaguardia della vita e della famiglia
Inoltre i vescovi angolani chiedono di "salvaguardare la dignità della nostra cultura di origine cristiana contro il fanatismo religioso e culturale di alcuni sottoprodotti della globalizzazione che cercano di banalizzare Dio, la vita e la famiglia, con l'importazione di modelli estranei al popolo dell'Angola e alla sua cultura, come le unioni di persone dello stesso sesso”. 

Affrontare i problemi che affliggono la nazione
​“Ciascuno di noi, nel quadro delle sue competenze - scrivono i vescovi - ha compiti urgenti da svolgere in modo che i frutti dell’indipendenza siano permanenti e pienamente apprezzati da tutti”. Tra i problemi da affrontare ci sono: ridurre il divario tra chi è estremamente ricco e quanti sono estremamente poveri; promuovere il diritto alla libertà di coscienza, di riunione, di libera associazione, di dimostrazione, di espressione e d'informazione, costituzionalmente garantiti, in modo che i cittadini siano in grado di esercitare una cittadinanza consapevole, responsabile e partecipativa; migliorare l’istruzione di base e professionale “per superare le tenebre dell'ignoranza e l'oscurantismo che tengono intere comunità intrappolate nelle loro credenze oppressive e atrofizzanti”. 

Restrizioni imposte alla radio della Chiesa
​Nel loro messaggio i vescovi hanno fatto specifico riferimento alle restrizioni imposte alla loro emittente, autorizzata a trasmettere solo nella regione della capitale. “Riaffermiamo ancora una volta – ha sottolineato mons. Zeferino Zaca Martins, vescovo ausiliare di Luanda – che la mancata espansione del segnale di Radio Ecclesia a tutto il Paese, si deve unicamente al rifiuto del governo angolano di concedere una licenza chiesta ormai da 14 anni”. Come ricordano fonti locali della Misna, un impegno a rimuovere gli ostacoli alla diffusione del segnale era stato ribadito dal Presidente José Eduardo dos Santos durante la visita in Angola di Papa Benedetto XVI nel 2009.  I vescovi concludono rinnovando l’affidamento dell’Angola al Cuore Immacolato di Maria..(V.G. - L.M.)

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Portogallo. Card. Clemente: difendere la vita e i poveri

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Difendere le cause fondamentali per una società, dalla difesa della vita alla lotta alla povertà. È l’invito rivolto alle forze politiche dal cardinale patriarca di Lisbona Manuel Clemente che ha aperto così, lunedì scorso, la 188.ma Plenaria della Conferenza episcopale portoghese, in corso fino al 13 novembre a Fatima.

No all’aborto e alle adozioni alle coppie dello stesso sesso
Nella prolusione – riferisce l’agenzia dei vescovi Ecclesia - il porporato ha sottolineato l’importanza di superare “le situazioni lampanti di disuguaglianza e povertà” in Portogallo e di “sostenere i più deboli, in particolare i nascituri, le madri in attesa di un figlio e le famiglie”.  “Si tratta, insomma, di salvaguardare la vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale; di valorizzare la vita familiare e l’educazione dei figli con un riferimento maschile e femminile nella generazione e nell’adozione”, ha detto, riferendosi alle due proposte di legge volte ad abrogare le modifiche in senso restrittivo alla legge sull’aborto, introdotte a luglio dalla precedente legislatura, e a legalizzare le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Le due proposte saranno esaminate dal Parlamento il 19 novembre.

Attuare l’insegnamento sociale della Chiesa
Ma all’attenzione dei vescovi portoghesi – ha continuato il patriarca di Lisbona – ci sono anche altre priorità, come l’educazione, la salute, la sicurezza sociale, il lavoro,  l’occupazione e la promozione di modelli di impresa solidale. Egli ha ricordato in proposito il comunicato finale della Plenaria primaverile in cui i presuli, alla luce degli insegnamenti di Papa Francesco, avevano sottolineato come “tutti abbiano da guadagnare” dall’applicazione dei principi del pensiero sociale cristiano, quali quello del bene comune, della sussidiarietà e della solidarietà. 

I temi al centro dell’Assemblea
Il card. Clemente ha quindi passato in rassegna i temi che saranno al centro della Plenaria: dall’accoglienza dei rifugiati; alla visita ad limina dei vescovi portoghesi dello scorso settembre, in cui il Santo Padre ha dato indicazioni preziose su come riavvicinare i giovani alla Chiesa, al recente Sinodo sulla famiglia.  All’esame dell’Assemblea anche un documento sulla catechesi dal titolo “La gioia dell’incontro con Cristo”, che propone un rinnovamento permanente in questo ambito inserito in comunità “vive e missionarie”. I vescovi faranno, infine, il punto sulla preparazione delle celebrazioni del centenario delle apparizioni della Vergine ai tre pastorelli, Lucia, Francesco e Giacinta, nel 2017. (A cura di Lisa Zengarini)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 315

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.