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Sommario del 17/11/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: no a cristiani dalla doppia vita, evitare mondanità

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Guardarsi dalla mondanità che ci “porta alla doppia vita”. E’ il monito di Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha ribadito che, per custodire l’identità cristiana, bisogna essere coerenti ed evitare le tentazioni di una vita mondana. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Il vecchio Eleàzaro “non si lascia indebolire dallo spirito della mondanità” e preferisce morire piuttosto che arrendersi all’apostasia del “pensiero unico”. Papa Francesco ha preso spunto dalla prima Lettura, tratta dal Secondo Libro dei Maccabei, per ritornare a mettere in guardia i cristiani dalle tentazioni della vita mondana. Eleàzaro, ormai novantenne, non accettò di mangiare carne suina come gli chiedevano anche i suoi “amici mondani” preoccupati di salvargli la vita. Lui, ha osservato Francesco, mantiene la sua dignità “con quella nobiltà” che “aveva da una vita coerente, va al martirio, dà testimonianza”.

La mondanità ci allontana dalla coerenza della vita cristiana
“La mondanità spirituale ci allontana dalla coerenza di vita – ha ripreso – ci fa incoerenti”, uno fa “finta di essere così” ma vive “in un’altra maniera”. E la mondanità, ha soggiunto, “è difficile conoscerla dall’inizio perché è come il tarlo che lentamente distrugge, degrada la stoffa e poi quella stoffa” diventa inutilizzabile “e quell’uomo che si lascia portare avanti dalla mondanità perde l’identità cristiana”:

“Il tarlo della mondanità ha rovinato la sua identità cristiana, è incapace di coerenza. ‘Oh, io sono tanto cattolico, padre, io vado a Messa tutte le domeniche, ma tanto cattolico’. E poi vai a lavorare, a fare il tuo mestiere: ‘Ma se tu mi compri questo, facciamo questa tangente e tu prendi la tangente’. Questa non è coerenza di vita, questa è mondanità, per dare un esempio. La mondanità ti porta alla doppia vita, quella che appare e quella che è vera, e ti allontana da Dio e distrugge la tua identità cristiana”.

Chiedere al Signore il sostegno contro le tentazioni mondane
Per questo, ha proseguito, Gesù è “tanto forte” quando chiede al Padre di salvare i discepoli dallo spirito mondano, “che distrugge l’identità cristiana”. Un esempio di baluardo contro questo spirito è proprio Eleàzaro che pensa ai giovani i quali, se avesse ceduto allo spirito mondano, si sarebbero persi per colpa sua:

“Lo spirito cristiano, l’identità cristiana, mai è egoista, sempre cerca di curare con la propria coerenza, curare, evitare lo scandalo, curare gli altri, dare un buon esempio. ‘Ma non è facile, padre, vivere in questo mondo, dove le tentazioni sono tante, e il trucco della doppia vita ci tenta tutti i giorni, non è facile’. Per noi non solo non è facile, è impossibile. Soltanto Lui è capace di farlo. E per questo abbiamo pregato nel Salmo: ‘Il Signore mi sostiene’. Il sostegno nostro contro la mondanità che distrugge la nostra identità cristiana, che ci porta alla doppia vita, è il Signore”.

Avere il coraggio di portare avanti l’identità cristiana
E’ l’unico che può salvarci, ha detto ancora, e la nostra preghiera umile sarà: “Signore, sono peccatore, davvero, tutti lo siamo, ma ti chiedo il tuo sostegno, dammi il tuo sostegno, perché da una parte non faccia finta di essere cristiano e dall’altra viva come un pagano, come un mondano”:

“Se voi avete oggi un po’ di tempo, prendete la Bibbia, il secondo libro dei Maccabei, capitolo sesto, e leggete questa storia di Eleàzaro. Vi farà bene, vi darà coraggio per essere esempio a tutti e anche vi darà forza e sostegno per portare avanti l’identità cristiana, senza compromessi, senza doppia vita”.

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Papa a Sinagoga di Roma il 17 gennaio, gioia della comunità ebraica

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A seguito dell'invito del Rabbino Capo e della Comunità Ebraica di Roma, Papa Francesco si recherà in visita al Tempio Maggiore nel pomeriggio di domenica 17 gennaio 2016. Si tratta della terza visita di un Papa alla Sinagoga di Roma, dopo quelle di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. La visita sarà caratterizzata dall'incontro personale del Papa con i rappresentanti dell'ebraismo e i membri della Comunità. Sui sentimenti con i quali gli ebrei romani aspettano questa visita, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di Fabio Perugia, portavoce della Comunità Ebraica di Roma: 

R.  – Guardiamo a questa visita con rinnovata gioia perché è la terza visita ma, ovviamente, nella storia ogni passo va compiuto e non va dato nulla per scontato. E’ un grande segno nel solco del dialogo che è partito con Giovanni Paolo II, è continuato con Papa Ratzinger e oggi si rinnova con Papa Francesco.

D. - La visita avviene proprio a 30 anni da quella storica visita di Giovanni Paolo II che fu in un qualche modo anche un nuovo inizio, un percorso che prosegue dunque…

R. – Un percorso sicuramente che prosegue e che speriamo potrà aprire nuove porte nel dialogo interreligioso fra i due grandi fratelli della storia della Bibbia.

D. – In questo momento in cui c’è chi usa il nome di Dio, bestemmiando come ha detto Papa Francesco, per giustificare la violenza, una visita di questo tipo dà un messaggio opposto di pace, di riconciliazione e di un cammino insieme…

R.  – Sicuramente le forze buone di questo mondo devono unirsi quando assistiamo a tragedie disumane. Credo che il Rabbino Capo di Roma e Papa Francesco avranno modo di parlare durante questa visita anche di quali sono gli sforzi di pace che vanno compiuti per dare una nuova iniezione di umanità in questa Europa ferita.

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Nomine del Papa nei dicasteri vaticani

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Papa Francesco ha nominato membro della Congregazione delle Cause dei Santi il cardinale Edwin Frederick O'Brien, gran maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Il Papa ha nominato consigliere della Pontificia Commissione per l'America Latina mons. Jorge Carlos Patrón Wong, arcivescovo‑vescovo emerito di Papantla, segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero.

Il Pontefice ha nominato consultore della Congregazione delle Cause dei Santi la prof.ssa Stefania Nanni, docente associato di Storia moderna presso l'Università "La Sapienza" di Roma.

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Parolin: "Fermare l'aggressore ma lavorare per il dialogo"

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Sui tragici attentati di Parigi è intervenuto il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, ai margini del convegno organizzato dall’Opera Romana Pellegrinaggi sulla Misericordia nelle tre grandi religioni monoteiste. Ascoltiamo le sue parole nel servizio di Michele Raviart

Il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, ribadisce la condanna agli attentati di Parigi, definiti strazianti e al di là di ogni comprensione umana, e auspica una mobilitazione generale della comunità internazionale attraverso "tutti i mezzi di sicurezza necessari” per difendersi dal terrorismo:

“La Santa Sede afferma, come ha fatto anche Papa Francesco varie volte, la legittimità di fermare l’ingiusto aggressore. Poi, sulle modalità, è la comunità internazionale che deve trovarsi d’accordo e trovare le forme per farlo. Uno Stato ha il dovere di difendere i suoi cittadini da questi attacchi e nello stesso tempo però continuare a lavorare perché veramente si crei un clima di intesa, di dialogo e di comprensione. Io credo questo. Forse non sono soluzioni immediate, però sono le uniche che pongono le basi per un mondo riconciliato e un mondo pacifico.”

Nessuna interruzione per i preparativi per il Giubileo, anche se dopo Parigi “tutti ci sentiamo più minacciati”:

“Finora, io non ho visto nessun cambiamento. Certamente dopo quello che è successo a Parigi penso che non ci sia nessuno che possa sentirsi completamente tranquillo, neanche il Vaticano. Però, pur tenendo conto di questa minaccia, di questo pericolo, però lo si affronta. Credo che l’importante sia non cedere alla paura in questi casi.”

Il Giubileo, ha detto in un’intervista al quotidiano cattolico La Croix, può essere poi un evento aperto anche ai seguaci dell’Islam, e un’occasione per il dialogo interreligioso attraverso il denominatore comune della Misericordia:

“Si, uno degli attributi di Dio anche da parte dei musulmani, quello di Dio misericordioso, quindi penso ci possa essere un punto di contatto con la visione cristiana della vita e io credo appunto che ci sono anche tanti musulmani che rifiutano questo tipo di violenza. Ho fatto il nome di Dio proprio perché il nome di Dio è Misericordia e la Misericordia si manifesta con la pace e la bontà nei confronti delle persone, non certamente con la violenza”

Invariata poi l’agenda di Papa Francesco, che il prossimo 25 novembre partirà per Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana:

“Rimangono le tre tappe. L’ultima si vedrà in base alla situazione sul terreno”.

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Card. Turkson: l'Amazzonia merita un futuro diverso

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La terra è una “casa comune” che non è minacciata solo dal degrado ambientale ma, in senso più ampio, da qualsiasi conflitto o violenza che uccide esseri umani e distrugge luoghi. Questo pensiero di sintesi al fondo della “Laudato si’” di Papa Francesco è stato ripreso dal cardinale Peter Turkson nel suo intervento all’Incontro della Repam, la Rete Pan-Amazzonica iniziato oggi a Bogotà.

“Vergognosi attacchi” a Parigi
In apertura di discorso, il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha subito affermato che “i grandi temi sociali e ambientali della Pan-Amazzonia” vanno collocati in questo momento “nella prospettiva dei vergognosi attacchi di Parigi, Beirut e Baghdad e dei bombardamenti in Siria”. Ciò che “stiamo imparando”, ha osservato, è che il considerare la “violenza fratricida” e quella contro la creazione sono in realtà uno stesso modo di considerare la “crisi che colpisce la nostra civiltà e la Terra”.

L’Amazzonia merita un futuro diverso
“Viviamo in un mondo di sfide enormi e molti di voi – ha riconosciuto il porporato – devono affrontare ogni giorno il difficile compito di proteggere questo luogo prezioso e la sua gente”. “In questi tempi di oscurità e distruzione in Europa – ha proseguito – vorrei oggi esprimere la mia gratitudine per il loro impegno, per la loro perseveranza e per la loro testimonianza che illumina il Sudamerica”. L’Amazzonia “ne ha bisogno”, giacché in questa “storia contemporanea di persecuzione, disumanizzazione e di sterminio” questo territorio “merita un futuro diverso”. Il card. Turkson ha concluso l’intervento assicurando che la Santa Sede segue “attentamente” ciascuno degli obiettivi che si pone la Rete Pan-Amazzonica, tra i quali l’ascolto delle esigenze delle popolazioni indigene e la diffusione della Repam ai vari livelli della Chiesa con un ruolo strategico e territoriale nella regione.

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Amazzonia. L'etnia Quechua: difendiamo habitat da sfruttatori

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La cura per l'ambiente in rapporto all’iniziativa umana e alla richiesta di “ecologia integrale” proposta da Papa Francesco nell'Enciclica “Laudato si’” sono stati i temi più discussi dai relatori durante la prima giornata del Meeting della Repam, la Rete ecclesiale Pan-Amazzonia, che si svolge nella sede della Conferenza episcopale colombiana a Bogotà. Forte si è levata anche la voce dei rappresentanti dei popoli indigeni, come quella di Patricia Gualinga, delegata dell’etnia Quechua ecuadoriana, intervistata dall’inviata, Cristiane Murray

R. – Mi pueblo es aproximadamente de 1.200 habitantes...
Il mio villaggio è composto approssimativamente da 1.200 abitanti. Viviamo in piena giungla amazzonica. Non abbiamo strade e, in realtà, non le vogliamo neanche. Ci sono due modi per arrivare fino a Sarayaku: per via aerea, con un piccolo aereo di cinque passeggeri, o per via fluviale, impiegando un giorno. Al di là di essere un piccolo o un grande popolo, è un popolo che ha lottato fortemente, che ha difeso il proprio territorio, che  ha combattuto e che ha vinto: abbiamo avuto un iter giudiziario, durato 10 anni, davanti alla Commissione interamericana dei diritti umani e abbiamo vinto contro lo Stato dell’Ecuador, con una sentenza favorevole per il  villaggio di  Sarayaku. Questo è stato molto utile, perché ha rappresentato una ispirazione e una speranza per molti altri pueblos. Quando noi abbiamo cominciato la nostra lotta, ci dicevano che sarebbe stato impossibile, perché questo significava lottare contro le grandi imprese transnazionali, che sarebbe stato un fallimento annunciato e che, in realtà, stavamo camminando verso la morte. Ma noi rispondevamo a tutti dicendo: “Non possiamo saperlo, se neanche ci proviamo…”. Anche se ora ci rispettano maggiormente, vediamo però che stanno attuando dei blocchi petroliferi in altri territori circostanti. E il Rio non ha limiti, non ha frontiere, come le diverse specie che lo abitano, gli uccelli; e così come l’aria, anche l’ossigeno non ha frontiere… E quindi la contaminazione arriva anche al nostro villaggio. Anche per questo continuiamo a lottare! Abbiamo guadagnato delle alleanze strategiche, abbiamo dimostrato che siamo popoli degni, che vorremo realizzare una trasformazione storica: non vogliamo essere soltanto delle vittime, vogliamo essere artefici di un cambiamento positivo per l’umanità. Vediamo tutte le preoccupazioni che ci sono, nel mondo, riguardo al cambiamento climatico: gli scienziati e gli studiosi hanno detto che l’80% del petrolio scoperto deve rimanere nel suolo… Noi diciamo: siamo popoli che sperano e che non vogliono lo sfruttamento del petrolio. Lascino in pace in nostro spazio territoriale, lascino in pace le foreste primarie che si sono: così evitano il cambio climatico. Questo contributo che diamo deve essere riconosciuto a livello mondiale, come spazio di vita per l’intero pianeta. Questo è il nostro apporto. Noi vogliamo essere di apporto, ma con la vita e non la morte. Non solo con il denaro, ma con un bagaglio spirituale e di vita che aiuti questa umanità a continuare ad esistere.

D. – La Chiesa cattolica vi è vicina in questa lotta?

R. – Sarayaku es un pueblo catolico…
Il nostro è un villaggio cattolico. Nel 1992 abbiamo fatto una grande marcia per i “diritti di proprietà” e la vincemmo. In quel momento la Chiesa cattolica ci ha accompagnato. Il nostro parroco e la suora che erano presenti ci hanno accompagnato e hanno camminato con noi per 300 chilometri, fino alla capitale, per la legalizzazione del territorio. Noi abbiamo compreso molto bene il Vangelo, qual è il senso della creazione e come non si contrapponga con la nostra spiritualità. Anche questo è stata la nostra forza.

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Mons. Zimowski: diffondere una nuova "ecologia del cuore"

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Un rinnovato impulso al rispetto dell’intero percorso della vita umana. È uno degli obiettivi della 30.ma Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema “La cultura della salus e dell’accoglienza al servizio dell’uomo e del pianeta”, in Vaticano dal 19 al 21 novembre prossimi. L’evento è stato presentato stamani in Sala Stampa della Santa Sede dall’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del dicastero, mons. Jean-Marie Mate Musivi Mupendawatu e padre Augusto Chendi, segretario e sottosegretario, Antonio Maria Pasciuto, presidente dell’“Associazione italiana medicina ambiente e salute” e Lilian Corra, presidente della “Asociación argentina de médicos por el medio ambiente”. Il servizio di Giada Aquilino

Un appuntamento in Aula Nuova del Sinodo per cercare e diffondere quella “ecologia del cuore” che potrà condurre a un maggiore slancio a favore del rispetto della vita, della dignità della persona e del Creato. È il senso della Conferenza internazionale dedicata a “La cultura della salus e dell’accoglienza al servizio dell’uomo e del pianeta” nelle parole dell’arcivescovo Zygmunt Zimowski. Tre i giorni di lavoro, con oltre 600 partecipanti, provenienti da 60 Paesi: teologi, biblisti, medici, scienziati, diplomatici e giuristi si ritroveranno a pochi giorni dalla Conferenza sul clima in dicembre a Parigi e alla vigilia del Giubileo della Misericordia. Saranno ricevuti in udienza da Papa Francesco, i cui insegnamenti assieme all’Enciclica “Laudato si’” saranno la base delle riflessioni, come ha spiegato mons. Zimowski:

“Vorrei sottolineare che nel titolo abbiamo inserito una parola tanto cara a Papa Francesco e cioè ‘accoglienza’. L’accoglienza è molto importante: accoglienza dei poveri, degli abbandonati, dei malati. Il ‘chinarsi’ verso la persona sofferente, il malato, è non a caso una delle missioni, delle massime espressioni della virtù della misericordia, della quale ogni operatore sanitario - che mette la propria coscienza e la propria interiorità spirituale al servizio dell’infermo e dell’emarginato - ha imparato a comprendere il significato”.

A fare da sfondo, un’altra Enciclica, l’Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II, a vent’anni dalla sua pubblicazione. Il presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari ha ricordato le ragioni che spinsero Karol Wojtyla – che più volte, ha ricordato, abbiamo visto come un “ Papa sofferente tra i sofferenti” – a scrivere quel documento:

“Durante il suo Pontificato, accennava spesso alle drammatiche minacce contro la vita, che – sono le sue parole – sono ‘programmate in maniera scientifica e sistematica’. E’ una oggettiva 'congiura contro la vita’. Il Papa, in questo documento, parla della ‘cultura della vita’ contro la ‘civiltà della morte’. Allora vogliamo, anche in questa occasione, ricordare questo documento molto importante, perché le minacce alla vita oggi sono anche cresciute”.

E oggi, nell’era in cui – ha aggiunto mons. Jean-Marie Mate Musivi Mupendawatu – i vertici mondiali sono chiamati ad affrontare sfide quali il “diritto all’accesso all’acqua potabile e pulita, per molti ancora negato”, o problemi sanitari delle aree urbane e in particolare di quelli che caratterizzano le periferie delle città, “i progetti di sviluppo e le iniziative imprenditoriali, particolarmente nei Paesi poveri, comportano un impatto sull’ambiente che non raramente viene trascurato o sottovalutato”. Urgente quindi che tali piani siano rispettosi della vita e del Creato. Si tratta dunque di “dare spazio alla priorità della persona” e della sua inviolabile dignità, ha aggiunto padre Augusto Chendi, citando pure gli sforzi al riguardo di Benedetto XVI. L’esperto di medicina ambientale clinica, Antonio Maria Pasciuto, ha spiegato come oggi si studino gli “effetti nocivi sull’uomo” derivanti dalle modificazioni apportate all’ambiente:

“Studi clinici e ricerche effettuati in vari Paesi hanno ormai ampiamente dimostrato come ad esempio il Morbo di Parkinson ed altre patologie neurodegenerative siano in correlazione con carichi dovuti a metalli pesanti, esposizione e contatto con solventi, pesticidi e altri prodotti usati in agricoltura”.

Analoghe connessioni anche per obesità e diabete, ha aggiunto il medico italiano. Aspetto affrontato pure dalla pediatra argentina Lilian Corra:

“La contaminación hoy dia del agua, del aire, del suolo y de los alimentos...
Oggigiorno, la contaminazione dell’acqua, dell’aria, del suolo e degli alimenti è la causa di un decesso ogni 8 ed è causa del 25% di mortalità negli adulti e del 36% nei minori di 14 anni. Questo non è un tema secondario, specialmente perché sono cause di morte evitabili. Oggi sappiamo che, conoscendo meglio il problema, questa mortalità può essere ridotta”.

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Piazza S. Pietro, presepe e albero pronti per l'8 dicembre

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Il Giubileo porta in anticipo il presepe e l’albero di Natale in Piazza San Pietro. Lo comunica il Governatorato della Città del Vaticano, che riferisce della volontà che l’allestimento di entrambi sia completato in tempo per la solenne apertura dell’Anno Santo straordinario della Misericordia, l’8 dicembre prossimo.

L’albero di Natale è donato quest’anno dalla Baviera – un abete rosso a due punte, alto 32 metri, ridotto a 25 per permetterne il trasporto – e giungerà a Roma nella notte tra il 18 e il 19 novembre per essere poi innalzato in piazza San Pietro. Il presepe è invece un dono dall’arcidiocesi e dalla Provincia Autonoma di Trento, in collaborazione con l’Associazione Amici del Presepio di Tesero.

La sacra rappresentazione riproduce le caratteristiche costruzioni rurali trentine. Si compone di 24 figure a grandezza naturale, in legno scolpito e dipinto, e presenta due gruppi principali: la Natività con Maria, Giuseppe e il Bambino al centro della scena e i tre Magi in arrivo per l’adorazione, mentre completano la scenografia alcuni personaggi con abbigliamento tipico dei paesi dolomitici del Trentino della metà Novecento. Una delle figure maschili, si precisa, “è china nell’atto di porgere aiuto a un anziano: una raffigurazione della misericordia”.

Quest’anno, inoltre, l’albero di Natale risulterà più colorato: alcune delle sfere che lo decoreranno saranno riproduzioni di lavori in argilla creati da bambini in cura presso i reparti oncologici di alcuni ospedali italiani, raffiguranti i loro sogni e desideri. Assieme ai loro genitori, informa la nota, questi bambini “hanno partecipato a un programma di ceramicoterapia ricreativa presso i laboratori ospedalieri permanenti ideati, coordinati e gestiti dalla Fondazione Contessa Lene Thun”.

Papa Francesco avrà modo di abbracciare alcuni dei bambini che hanno realizzato le sfere durante l’udienza del 18 dicembre per la presentazione ufficiale dei doni.

“Anche se quest’anno albero e presepe si potranno ammirare sin dall’8 dicembre, l'illuminazione di entrambi – conclude il Governatorato – avverrà nel pomeriggio del 18 dicembre alle ore 16.30”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Senza compromessi: messa a Santa Marta.

Risposta francese: Hollande chiede poteri speciali e una riforma della Costituzione per combattere il terrorismo.

Il cardinale segretario di Stato su pellegrinaggio e misericordia nel cristianesimo.

I batteri che resistono: Ferdinando Cancelli sull'uso inappropriato degli antibiotici.

Il futuro sostenibile dei classici: un nuovo modo di leggere gli autori antichi spiegato da Marco Beck.

Un articolo di Riccardo Burigana dal titolo "Colonna del Vaticano II": cinquant'anni fa, il 18 novembre 1965, veniva promulgata la costituzione dogmatica sulla divina rivelazione.

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Oggi in Primo Piano



L'Ue sostiene la Francia contro l'Is. Nuovi raid su Raqqa

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I Paesi dell'Unione Europea hanno approvato all'unanimità la richiesta di assistenza presentata dalla Francia dopo gli attentati di Parigi. Lo ha annunciato stamani il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini. Ieri, parlando al Congresso francese, il Presidente Hollande aveva invocato la "clausola per la difesa comune" ribadendo che: “La Francia è in guerra” contro il sedicente Stato Islamico. Nella notte scorsa nuovi raid aerei della Francia contro le basi dell’Is nella roccaforte di Raqqa, in Siria. Massimiliano Menichetti ha parlato della situazione con il prof. Matteo Pizzigallo, docente di storia delle relazioni internazionali all’Università Federico II di Napoli: 

R. - Siamo di fronte ad una questione di grandissima complessità che trae origine dall’irrisolto problema siriano, nel senso che tutti combattono contro il sedicente Stato islamico che è il nemico comune, ma gli obiettivi sono diversi per ciascuna delle potenze globali, diversi da quelli delle potenze regionali e dagli Stati confinanti, potremmo dire che ci sono delle cosiddette guerre parallele.

D. - Cioè ad esempio come risolvere la questione del Presidente siriano Assad?

R. - Nel senso che la coalizione a guida occidentale vuole combattere l’Is ma nello stesso tempo vorrebbe eliminare il problema Assad che è la prima incognita. La Russia invece non è d’accordo sul crollo “non assistito” del Presidente Assad, non vuole creare un vuoto ed un pericolo. E questa posizione è condivisa direttamente anche dall’Iran che non vuole perdere il cosiddetto “arco sciita” che è la direttrice Teheran-Damasco-Hezbollah-Libano. I turchi fanno parte della coalizione occidentale e combattono l’Is ma combattono al tempo stesso una guerra parallela contro i curdi, perché non vogliono che si crei ai loro confini un nuovo Stato curdo più o meno indipendente che invece è frantumato in tre realtà diverse, cioè Iraq, Siria e Iran. Poi ci sono le potenze regionali dell’area del Golfo... Voglio dire che il problema di fondo è quello che si debba prima di tutto 'diplomatizzare' la crisi.

D. - In questo senso che significa “diplomatizzare” il conflitto?

R. - Significa che le grandi potenze sia globali sia regionali e in particolare l’Unione Europea devono definire una “road map” con scadenze ben precise e con impegni garantiti e definitivi molto più stringenti di quelli assunti nel piano di Vienna, dove si dice “elezioni entro 6 mesi e poi 18 mesi per la Costituzione…”: questi mi sembrano impegni molto vaghi.

D. - Nel frattempo però continuano i bombardamenti russi e a guida americana?

R. - Limitarsi soltanto a bombardare senza pensare a quello che verrà è un rimedio peggiore del male. E questo anche a Raqqa perché in quella città abitano centinaia di migliaia di persone civili!

D. - Comunque a livello diplomatico non siamo di fronte a un vicolo cieco…

R. - Abbiamo fatto un passo avanti nel senso che finalmente ci siamo decisi a parlare anche con i russi e gli iraniani che sono stati ammessi alla soluzione del problema. Ora bisogna passare da combattere lo stesso nemico, a diventare alleati. Guai a limitarsi solo a bombardare. Certamente ha un significato nell’immediato colpire i gangli militari, ma poi ci deve essere un crono-programma preciso. Spero che il cammino diplomatico vada intensificandosi, che le riunioni non siano occasionali, dettate dall’emergenza. La lezione libica è tutta qui: il fatto di essersi limitati a rimuovere il pericolo che era rappresentato dal dittatore Gheddafi e poi ognuno ha scelto di stare o dalla parte del governo di Tobruk o dalla parte con il governo di Tripoli, con interlocutori diversi e scegliendosi sul campo ciascuno la propria milizia.

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Burundi. Nuove proteste antigovernative: 7 vittime

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Continuano le tensioni in Burundi, dopo circa quattro mesi dalle elezioni vinte per la terza volta dal Presidente, Pierre Nkurunziza, e fortemente contestate dall’opposizione perché in violazione della costituzione che consente un massimo di due mandati. Nelle ultime 48 ore si registrano 7 vittime in diversi attacchi armati avvenuti nella capitale Bujumbura. Assalita anche la casa del sindaco. Almeno 240 persone sono state uccise dall’inizio della crisi lo scorso aprile. E la scorsa settimana il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione che esorta il governo burundese a convocare un dialogo con tutte le opposizioni. Marco Guerra ha fatto il punto della situazione con Enrico Casale, redattore della rivista “Africa” dei Padri Bianchi: 

R. – Il nodo della questione burundese è la rielezione del Presidente Pierre Nkurunziza. Una elezione che è stata contestata apertamente già prima delle elezioni, che si sono tenute la scorsa  estate. Nkurunziza ha forzato la mano candidandosi per la terza volta, contro i dettami della costituzione. Questo sua rielezione ha fatto sì che si accendessero gli animi e le tensioni tra il partito del Presidente e l’opposizione. Va considerato che in Burundi, come in altre parti dell’Africa, la società civile sta prendendo coscienza del suo ruolo e contesta queste tendenze di molti Presidenti africani a voler rimanere al potere a tutti i costi. Se da una parte questa crisi in Burundi è stata letta ancora come una tensione legata a fattori etnici, di fatto per il momento l’elemento etnico c’è, ma è rimasto un po’ ai margini; c’è invece una tendenza, una volontà di una democrazia autentica.

D. – Però queste tensioni non sembrano scemare: c’è anzi una escalation della violenze. Qual è la situazione sul terreno?

R. – Sul terreno la situazione è molto tesa, perché se da una parte l’opposizione ha iniziato a reagire in modo violento, dall’altra il Presidente – per riuscire a rimanere al potere – non solo ha messo in campo le forze armate e la polizia, ma ha addirittura attivato delle milizie, chiamando – ad esempio – i miliziani hutu dell’Fdlr, un movimento di hutu ruandesi che dopo il genocidio del ’94 si è rifugiato in Congo. Questi ribelli hutu ruandesi sono stati chiamati da Nkurunziza a suo sostegno. Tutto questo ha incancrenito la situazione, dandole una svolta ancora più violenta.

D. – Ma chi è che si sta opponendo al governo di Nkurunziza? Chi sta animando queste proteste?

R. – Sono certamente i partiti di opposizione e poi – come dicevo prima – una società civile che non accetta più questi compromessi e questi Presidenti a vita. Sono soprattutto i giovani che non vogliono più un sistema politico bloccato, così com’è accaduto in passato in molte parti dell’Africa e non solo in Burundi.

D. – La Comunità internazionale sta sollecitando colloqui politici per porre fine alla crisi. A livello regionale, ma anche internazionale, quali risvolti ci sono? Qual'è la situazione?

R. - Recentemente c’è stato un appello unitario dell’Onu, dell’Unione Europea e dell’Unione Africana, affinché la situazione si calmasse e il Presidente Nkurunziza accettasse un confronto per porre fine a questa crisi. Probabilmente l’unica soluzione sarebbe quella del dispiegamento di una forza multinazionale – da vedere se su base dell’Unione Africana o delle Nazioni Unite – per riuscire riportare la calma, soprattutto nella capitale Bujumbura che è la città più colpita da questi scontri.

D. – Quindi che cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi?

R. – Se riuscissero ad esserci delle trattative, probabilmente si riuscirà a raggiungere un accordo per un passaggio, per una transizione non violenta. Al contrario, se Nkurunziza dovesse arroccarsi sulle sue posizioni il rischio – come ha detto lo stesso presidente ruandese Kagame – è che la situazione degeneri in uno scontro violento. Io non voglio evocare la parola genocidio, ma è certo che sarebbe uno scontro molto, molto sanguinoso.

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Mons. Zuppi: argine al fanatismo è la cultura dell'incontro

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Per ricordare le vittime degli ultimi attentati a Parigi e per la pace in Siria ed Iraq, domani alle 18 nella Basilica romana dei Santi Quattro Coronati, il cardinale vicario , Agostino Vallini, presiederà la celebrazione dei Vespri. Un momento di preghiera organizzato dal Vicariato di Roma e da Migrantes, durante il quale sarà proposta anche la testimonianza di fra Firas Lutfi, religioso siriano dei Frati minori, in procinto di tornare ad Aleppo. All’incontro, al quale parteciperanno anche i cristiani delle Chiese orientali presenti a Roma, prenderà parte anche mons. Matteo Zuppi, neo arcivescovo metropolita di Bologna. Federico Piana lo ha intervistato: 

R. – Con il cardinale Vallini e con le comunità orientali ci sarà anche un padre francescano, che viene da Aleppo, e che ci porterà una breve testimonianza sulla situazione in questa città martire, emblema della convivenza, che purtroppo vive da tanti anni una violenza terribile. Ci sarà anche un’intercessione per tutte le vittime, anche perché si possa quanto prima arrivare a una pacificazione sia in Siria sia in Iraq. Perché, questo è ciò che permette di togliere la motivazione alla follia e al fanatismo religioso.

D. – Presentando questa iniziativa, ha detto: “Non vogliamo smettere di commuoverci di fronte alla sofferenza della Siria e dell’Iraq”. Però, tante volte diventa un’assuefazione per noi, stando un po’ lontani da queste guerre… E quindi questi Vespri ci aiutano a non dimenticare...

R. – Certamente, perché il rischio che corriamo è quello di passare dal sonno al terrore, dal sonno al panico. Credo che siamo invece chiamati a restare svegli, attenti, vicini a chiunque sia colpito dalla sofferenza, alle tantissime vittime, proprio perché possiamo affrontare le epifanie del male, come quella tragica di Parigi di qualche giorno fa, senza esserne travolti. Perché, appunto, l’atteggiamento molte volte è di assuefazione, indifferenza… Papa Francesco direbbe che è un guardare tutto dalla bolla di sapone pensando che non c’entra niente e poi scoprirsi terribilmente deboli con la tentazione di rispondere al male con il male. Dobbiamo essere svegli, fermi, determinati nell’isolare la violenza, ma anche nel risolverne le cause.

D. – Quanto, in questi casi, è importante la preghiera?

R. – È importante per la forza che questa ha. E noi crediamo che la preghiera protegga, cambi, tocchi il cuore degli uomini. E anche perché è il primo modo per dissociarci e per manifestare il nostro dissenso alla logica perversa della violenza e dell’indifferenza. Per cui, la preghiera è la prima dissociazione dall’indifferenza.

D. – Che idea si è fatto del fatto che delle persone, in nome di Dio, abbiano compiuto quella strage di Parigi, sporcando il nome di Dio…

R. – È una bestemmia, e quello che ha detto il Papa è la vera risposta: Dio non c’entra niente con la violenza. Purtroppo, questo conferma il pregiudizio di alcuni che identificano l’Islam con la violenza, coloro che scappano dalla guerra come terroristi ecc. Ed è un errore, un errore tragico oltretutto, perché regalerebbe uno spazio immenso al fanatismo e al terrorismo. Dobbiamo invece, con fermezza, riaffermare la capacità dell’incontro, la vicinanza, il sentirsi figli di Abramo e stabilire in questo il vero argine al fanatismo. Le religioni non giustificano mai la violenza, ma devono diventare sempre di più motivo di incontro e di dialogo.

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Msf: gravi carenze nei Centri di prima accoglienza per migranti

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Il Centro di primo soccorso e accoglienza di Pozzallo, in Sicilia, è una struttura inadeguata, spesso sovraffollata, in uno stato di deterioramento progressivo. Le condizioni sono sotto gli standard minimi ed è un luogo che non offre un’accoglienza dignitosa ai migranti. E’ quanto emerge dal rapporto di Medici senza frontiere (Msf) sui servizi di accoglienza all’interno del centro di Pozzallo. Il dossier è stato presentato oggi alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattamento dei migranti. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Il team di Medici senza Frontiere ha riscontrato gravi lacune nel centro di Pozzallo. La tutela della salute – si legge nel rapporto – è minata dal sovraffollamento, dalle condizioni fatiscenti della struttura, e dal fatto che i servizi igienici spesso non funzionano. In molti casi non sono assicurati servizi obbligatori tra cui la distribuzione del kit di prima necessità e la fornitura di una scheda per comunicare con i familiari. La protratta permanenza e il divieto di uscire dal Centro, spesso in un contesto di promiscuità, sono poi all’origine di tensioni e di sofferenze non solo psicologiche.

Il rischio scabbia
Una delle più ricorrenti patologie riscontrate e non affrontata con idonei trattamenti, è la scabbia, una infezione cutanea contratta solitamente da molti migranti durante il loro passaggio in Libia. Il Centro di Pozzallo – si sottolinea nel dossier – non è una realtà isolata ma è una struttura rappresentativa del sistema di prima accoglienza in Italia e in Europa.

Migranti, serve risposta "strutturata"
Sulla base di questo studio, Medici senza frontiere chiede alle autorità italiane “di abbandonare l’approccio emergenziale e di sviluppare una risposta più strutturata per garantire condizioni di accoglienza e servizi adeguati”. Da gennaio 2015, quasi 12.500 persone sono arrivate nel porto di Pozzallo. Il team di Medici senza frontiere in Sicilia – composto da medici, infermieri, psicologi e mediatori culturali – ha supportato l’Azienda sanitaria provinciale nel prestare assistenza medica durante lo sbarco e il soggiorno nel Centro di primo soccorso e accoglienza.

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Giornata neonato pretermine. Bellieni: il feto è un bambino

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Nel mondo ogni anno circa 13 milioni di bambini nascono prematuri, ma migliora la loro possibilità di sopravvivenza grazie alle terapie intensive neonatali. Al neonato pretermine è dedicata l’odierna Giornata celebrata a livello mondiale. Paolo Ondarza ha intervistato Carlo Valerio Bellieni, neonatologo presso l’Ospedale Universitario Le Scotte di Siena: 

R. – Si parla di bambino prematuro quando nasce prima di 37 settimane.

D. – Quale incidenza ha il fenomeno dei bambini prematuri all’interno delle nascite a livello generale?

R. – Bassa perché ormai si riesce a contenere la nascita prematura con sistemi medici sempre più avanzati. In tanti Paesi occidentali, negli ultimi anni, il fatto di avere un figlio in un’età avanzata, magari ricorrendo a tecniche farmacologiche di inseminazione, aumenta il rischio di avere un bambino prematuro.

D. - E’ migliorata negli ultimi anni la possibilità di sopravvivenza per i neonati pretermine?

R. – Pensi che nel 1970, prima dei sei mesi di gravidanza era difficile che un bambino che nasceva poteva aver speranza di sopravvivere. Adesso bastano 23, 24 settimane di gravidanza perché si possa sperare ragionevolmente che il bambino possa sopravvivere: sempre con dei rischi, però si sono fatti grandissimi passi.

D. – Dopo quanto tempo si può dire che un bambino nato prematuro sarà in grado di condurre una vita normale?

R. – Questo dipende da bambino a bambino. Purtroppo sappiamo che i bambini prematuri hanno gravi rischi di avere problemi di salute sia a breve termine sia a lungo termine. Diciamo che nei primi giorni di vita, soprattutto al momento della nascita, non si può assolutamente essere sicuri di niente. E’ una cosa che si vede con lo svilupparsi dell’età e con lo svilupparsi dei progressi che farà. I primi danni cerebrali si possono vedere dopo una ventina di giorni dalla nascita, non prima, prima si possono avere soltanto degli indizi.

D. – C’è una sufficiente attenzione dal suo punto di vista, verso il tema del bambino nato pretermine a livello di opinione pubblica?

R. – Purtroppo penso di no, c’è ancora molta disinformazione. Inoltre c’è una banalizzazione del fatto che uno può far figli a qualunque età. Questo purtroppo non è vero perché con l’età avanzata aumentano i rischi e questo è bene che le persone lo sappiano.

D. – Età avanzata delle madri, delle gestanti, e anche aumento delle gravidanze medicalmente assistite tra le cause delle nascite pretermine…

R. – Sì perché noi sappiamo che queste gravidanze spesso hanno un tasso maggiore della norma di bambini che sono gemelli e questo è uno dei fattori di rischio per nascere prematuri.

D.  – Parlare di neonati pretermine porta inevitabilmente ad una riflessione sul valore della vita intrauterina, quindi ha delle ricadute anche sul dibattito relativo all’interruzione volontaria di gravidanza…

R. -  Certo, prima di tutto perché la legge italiana dice che quando il feto può sopravvivere al di fuori dell’utero della mamma, la gravidanza non può essere interrotta volontariamente. Quando la legge 194 (sull’interruzione volontaria di gravidanza) fu fatta nel ’78 i bambini non sopravvivevano prima di 26 settimane adesso sopravvivono a 22, 23 settimane quindi il limite per fare l’interruzione di gravidanza deve essere necessariamente, in ottemperanza alla legge, anticipato. Detto questo con la nascita di un bambino prematuro che pure è un fatto faticoso per i genitori, ci rendiamo conto della bellezza della vita: questi bambini, che sarebbero rimasti ancora per alcuni mesi dentro la pancia della mamma, hanno una loro capacità di interagire, sentono il dolore - e quindi noi abbiamo l’obbligo grandissimo di non farglielo sentire - sentono i suoni, i rumori. Quello che prima noi potevamo soltanto immaginare che faceva un feto dentro la pancia della mamma, adesso lo vediamo. In realtà, la distinzione tra feto e bambino è una distinzione che ha realmente pochissimo senso: il feto è un bambino che ancora è dentro la pancia della mamma, il bambino è un feto che è uscito dalla pancia della mamma. Pensiamo soltanto al paradosso che ci sono dei feti arrivati alla fine della gravidanza che ancora dentro la pancia della mamma pesano 4 kg e ci sono bambini prematuri che pesano 4 etti. Quindi un bambino può arrivare a pesare 10 volte meno di un feto!

D. – Celebrare la Giornata internazionale del neonato pretermine vuol dire anche interrogarsi su questo?

R. – Certamente, non ci deve essere nessun criterio di differenza di trattamento tra un paziente di 50 anni e un bambino prematuro che pesa 5 etti.

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I dieci anni del Kolno'a Festival, a Roma dal 21 novembre

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Torna a Roma il cinema israeliano e di argomento ebraico, con il "Pitigliani Kolno’a Festival", dal 21 al 26 novembre, a ingresso gratuito, alla Casa del Cinema e presso il Centro ebraico Il Pitigliani. il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

Decima edizione di un Festival che ha avuto il merito in tutti questi anni di proporre al pubblico romano e italiano in generale lungometraggi, documentari e corti, figli di una cinematografia ai più sconosciuta, quella israeliana. Una edizione, questa del 2015, dedicata in parte alla commedia, anche se dal gusto un po’ amaro. Ce ne parla Ariela Piattelli, codirettrice, con Dan Muggia, del Festival:

"Caratteristica del cinema israeliano, così come della società israeliana, è la complessità e dunque troviamo una mescolanza di linguaggi: c’è il linguaggio della commedia, senza dubbio, che si amalgama in qualche modo con quello della tragedia. E questo lo vediamo nel film inaugurale “Zero motivation”,  un film di esordio di una giovane regista israeliana, in cui un gruppo di ragazzi 18.enni svolge il servizio militare nel Dipartimento Risorse Umane. In questo Dipartimento, trascorrono le loro giornate a giocare al computer, a farsi gli scherzi, cercando così di passare il tempo perché non hanno nulla da fare. In questo scenario però, così come nella vita di tutti i giovani, succedono tante cose, quindi si innamorano, litigano e si verificano molti aneddoti, alcuni dei quali anche drammatici".

In calendario anche documentari di strettissima attualità internazionale come "Hotline", di Silvina Landsmann, storia di chi si impegna nella difesa dei diritti degli immigrati clandestini in Israele:

"Un film che ha partecipato a moltissimi Festival, anzitutto perché è un bellissimo documentario, molto duro, e questo non lo nascondiamo, che affronta il tema degli immigrati clandestini in Israele. Un film che entra in posti poco consoni al cinema, come le carceri e le aule giudiziarie, e che parla di una Ong che aiuta gli immigrati a sopravvivere, nonostante siano clandestini".

La sezione "Percorsi ebraici" presenta una pellicola di Ori Gruder, regista ebreo ortodosso, ospite del Festival, mentre un altro spazio sarà dedicato alla spiritualità, al legame tra cinema e religione, con un panel che vedrà la presenza anche della direzione del "Religion Today Film Festival":

"L’ebraismo è anzitutto una fede, una religione. Volevamo, per la prima volta, affrontare questo argomento e approfondirlo intorno a un tavolo, con gli amici di Religion Today. Faremo vedere non solo come la religione ebraica, ma anche le altre fedi affrontano il tema religioso sul grande schermo. Lo faremo anche insieme a Ori Gruder, un regista israeliano ortodosso, che sarà presente con un documentario intitolato 'Sacred Sperm', che parla di come spiegare al proprio figlio il divieto nell’ebraismo di disperdere il seme".

"Ombre Indelebili" è una nuova sezione, presenta lavori che descrivono l’effetto della Shoah sulla seconda e terza generazione in Italia e nel mondo.

"Questo è un argomento un po’ fuori dall’Italia, di cui si parla invece molto in Israele e Stati Uniti principalmente, ma anche in Francia e in gran parte dell’Europa. Ci sono studi molto approfonditi sull’effetto della Shoah sulle nuove generazioni, soprattutto nei nipoti e nei figli dei sopravvissuti. Questi fenomeni sono stati studiati a livello scientifico, ma ora è anche il momento in cui l’arte cinematografica ne inizia a parlare - parlo dell’Italia perché, come dicevo, all’estero è già stato fatto questo tipo di percorso. Per questa ragione, presenteremo 'I figli della Shoah', scritto da Cesare Israel Moscati, un film che per la prima volta mette a confronto i personaggi di varie nazionalità.  

Presenteremo poi due film israeliani: 'Numbered', un documentario che mostra come ogni sopravvissuto viva a suo modo il numero tatuato sul braccio: c’è chi se ne vergogna, e quindi tende a coprirlo, c’è chi invece lo ostenta perché è il segno dell’essere sopravvissuto e quindi è come se rappresentasse una nuova identità. Ci sono persino i 'nipoti' della Shoah, che decidono di tatuarsi il numero dei nonni sul bracci. Proietteremo poi 'Farewell Herr Schwarz', un documentario israeliano straordinario che parla dell’esperienza incredibile di una ragazza israeliana che vive a Berlino e che va alla ricerca di un zio creduto morto durante la Shoah, ma che ha invece deciso di prendere completamente un’altra identità, vivendo così tutta la sua vita in Germania, senza mai entrare in contatto con la sorella e con la famiglia che era in Israele".

Il Festival aprirà le porte sabato 21 novembre, offrirà gratuitamente la visione di tutte le pellicole, tutti i giorni, tranne la serata inaugurale a inviti, prima alla Casa del Cinema e poi, l’ultimo giorno, il 26 novembre, al Centro ebraico italiano Il Pitigliani.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi Usa: approvato importante documento sulla pornografia

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Sono entrati subito nel vivo i lavori della sessione autunnale dei vescovi degli Stati Uniti (Usccb), aperti ieri a Baltimora dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Joseph E. Kurtz.

Approvato un importante documento sulla pornografia
Nella prima giornata di dibattito i presuli hanno approvato un importante documento sulla pornografia preparato dalla Commissione per i laici, il matrimonio la famiglia e i giovani. Intitolato "Create in Me a Clean Heart: a Pastoral Response to Pornography” , il testo è il primo documento pastorale dell’episcopato statunitense che affronta in maniera organica quello che viene definito una vera propria “industria del peccato” che fattura ogni anno miliardi di dollari negli Stati Uniti. I vescovi osservano con grande preoccupazione la pervasività del fenomeno che ha raggiunto oggi livelli inauditi nel Paese, producendo – si afferma - una società ipersessualizzata, dove la mercificazione del corpo è diventata la normalità, con grave danno al bene comune e in particolare alla famiglia, nucleo fondamentale della società. Lungi dalla pretesa di affrontare in modo esaustivo l’argomento, il documento si propone di offrire uno spunto di riflessione per un’azione concreta delle parrocchie contro questa piaga che ha tra le sue principali vittime i bambini e le donne.

Mons. Kurtz: necessaria una pastorale di presenza come vuole Francesco
Ad introdurre i lavori ieri è stato mons. Joseph Kurtz, nella sua qualità di presidente della Usccb che ha esortato i confratelli ad essere pastori “presenti, accoglienti e desiderosi di camminare con la gente”,  “toccando i cuori delle persone più influenti, i dimenticati e tutti noi che stiamo in mezzo”, sul modello indicato da Papa Francesco durante la sua recente visita negli Usa. Ricordando la prossima apertura del Giubileo della Misericordia, l’arcivescovo di Louisville, ha sottolineato che questa pastorale di presenza significa “porre in primo piano la persona”.  In questo senso, ha aggiunto, il ruolo dei vescovi come Conferenza episcopale è “di cercare una presenza nell’arena pubblica, sempre alla ricerca del bene comune e permettendo alla fede di agire, mai imponendo, ma sempre invitando e servendo”.

Scelto il tema della quinta edizione di “A Fortnight for Freedom”
Nella prima giornata della sessione si è fatto anche il punto sui preparativi di un grande raduno nazionale del laicato cattolico degli Stati Uniti convocato dal 1° al 4 luglio 2017 ad Orlando sul tema “La gioia del Vangelo in America”. L’iniziativa si propone di coinvolgere e motivare i fedeli americani ad una partecipazione più attiva e consapevole nell’opera missionaria della Chiesa. Durante la sessione è stato poi annunciato il tema della quinta edizione di “A Fortnight for Freedom”, la campagna per la libertà religiosa promossa ogni anno dalla Usccb dal 21 giugno al 4 luglio per mobilitare la comunità cattolica in difesa di questo principio fondamentale sancito dal 1° emendamento della Costituzione e oggi insidiato da politiche che di fatto limitano il diritto di esprimere e praticare pubblicamente le proprie convinzioni etiche e religiose. Il tema scelto per questa edizione sarà “Testimoni della libertà”. Per la prima volta dalla sua istituzione nel 2012, durante queste due settimane saranno esposte le reliquie di San Tommaso Moro e di San Giovanni Fisher, i due santi scelti come patroni dell’evento. 

In discussione oggi il nuovo documento pastorale per le presidenziali 2016
​Oggi i lavori proseguono con l’approvazione della nuova nota introduttiva che accompagnerà la dichiarazione “Forming Consciences for Faithful Citizenship (“Formare le coscienze per una cittadinanza fedele) in vista delle elezioni presidenziali del 2016. Si tratta di un documento approvato nel 2007 e riproposto ogni quattro anni, con il quale si esortano i cittadini a un sano impegno sociale, avendo come guida nelle proprie scelte politiche i principi della fede e i valori morali fondamentali. La versione aggiornata del 2015 focalizza l’attenzione sulla piaga dell’aborto e sui bisogni dei poveri, ma anche su temi emersi in questi ultimi mesi, come la deludente sentenza della Corte Suprema sui matrimoni omosessuali. I lavori della plenaria proseguiranno fino al 19 novembre. (A cura di Lisa Zengarini)

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Vescovi Algeria: no a sentimenti xenofobi e anti-musulmani

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“Vivendo tra i musulmani, siamo testimoni dalla loro condanna e della loro profonda umiliazione di sapere che questi atti sono commessi in nome dell’islam” scrivono i tre vescovi d’Algeria in una lettera inviata a mons. Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia e presidente della Conferenza episcopale della Francia, e al card. André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, nel quale condannano gli atti terroristici commessi nella capitaole francese.

I pretesti religiosi dei terroristi sono assolutamente ingiustificabili
Nella loro missiva, ripresa dall'agenzia Fides, mons. Paul Desfarges, vescovo di Constantine e amministratore apostolico di Algeri, mons. Claude Rault, vescovo di Laghouat, e mons. Jean Paul Vesco, vescovo di Orano, manifestano la loro indignazione per gli attentati “diabolicamente pianificati”. Nell’esprimere la loro “profonda compassione” alle famiglie e agli amici delle vittime, i presuli ribadiscono la convinzione che “niente può giustificare questo massacro” e che “la rivendicazione di questo orrore perpetrato da un’organizzazione terrorista fin troppo conosciuta si nasconde dietro a pretesti religiosi assolutamente ingiustificabili”.

Questi atti non diano ragione a chi vuole servirsene per instillare odio
“Insieme alla condoglianze - aggiungono i vescovi - esprimiamo anche il timore di vedere confermarsi e rafforzarsi i sentimenti di xenofobia e gli atteggiamenti anti-musulmani che pesano duramente sui fedeli dell’islam”. “Speriamo che questi atti innominabili non diano ragione a coloro che sanno servirsene per instillare l’odio” concludono i vescovi d’Algeria, che affermano al contrario il desiderio di “dimostrare che la fratellanza è possibile e che le nostre differenze non impediscano la comunione dei cuori e degli spiriti”. (L.M.)

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Al Azhar: in Europa occorrono imam moderati

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Occorre una lotta ideologica contro il sedicente Stato Islamico, che comprenda il dispiego di imam moderati in Europa e scuole per far crescere imam che frenino le interpretazioni estremiste del Corano. È quanto afferma Abbas Shoman, sheikh vicario dell’università di al-Azhar, la più autorevole istituzione del mondo sunnita. In un’intervista all’Afp, ripresa dall'agenzia AsiaNews, egli sottolinea che l’estremismo islamico va combattuto non solo a livello di sicurezza, ma anche a livello intellettuale. Per Shoman l’Europa e la Francia hanno bisogno di imam moderati. “Quelli che controllano il discorso religioso, loro e le loro preoccupazioni devono essere riviste”, ha detto. “Si deve essere certi – ha aggiunto - che coloro che sono responsabili del discorso religioso non stiano aiutando alla diffusione del terrorismo”.

L'università di al-Azhar si è schierata contro lo Stato Islamico
Da mesi l’università di al-Azhar si è schierata contro lo Stato Islamico e tutti coloro che giustificano le loro violenze attraverso il Corano. Lo sheikh Ahmed al-Tayyeb ha condannato le esecuzioni compiute dall'Is: quella del pilota giordano bruciato vivo e quelle dei 13 giovani copti decapitati in Libia. Alla Mecca, lo scorso febbraio egli aveva chiesto con urgenza una radicale riforma dell'insegnamento religioso fra i musulmani per contenere la diffusione dell'estremismo religioso, bollando “i concetti falsi e ambigui” dell’interpretazione letteralista del Corano, tipica dello Stato islamico e di altri Stati islamici.

In Francia aprire un Centro di educazione per gli imam
Per Abbas Shoman, il discreto numero di europei che ha aderito all'Is – almeno 4mila - dimostra che nel continente si sta diffondendo una predicazione estremista. “Queste persone – ha precisato – sono carenti in educazione islamica, praticano la religione da poco tempo eppure considerano quanto fanno come un jihad (una guerra santa)”. Shoman ha suggerito che si possa aprire in Francia un Centro di educazione per gli imam, che contrasti con la visione letteralista e salafita della fede islamica. Ma – ha aggiunto – occorrerà che gli insegnanti di questo Centro siano “protetti” dagli estremisti. (R.P.)

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Iraq: avviata modifica della legge su islamizzazione dei minori

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Il Parlamento iracheno ha votato oggi una risoluzione che dispone la modifica della legge sull'islamizzazione dei minori, il testo giuridico, fortemente contestato dalle minoranze religiose irachene, che di fatto imponeva il passaggio automatico alla religione islamica dei minori quando anche uno solo dei due genitori si fosse convertito all'islam. 

La risoluzione ha ricevuto l'appoggio di 140 parlamentari su 206 
Il voto rappresenta una totale inversione d marcia rispetto agli orientamenti manifestati dalla stessa Assemblea rappresentativa soltanto lo scorso 27 ottobre, quando lo stesso Parlamento aveva respinto a larga maggioranza la proposta di modifica della legge avanzata dai rappresentanti cristiani, ma sostenuta da parlamentari appartenenti a schieramenti diversi. In tale proposta, si chiedeva di aggiungere al paragrafo riguardante i minori della legge controversa una frase, allo scopo di affermare che nel caso di conversione all'islam di un genitore i minori rimanevano nella religione originaria di appartenenza fino ai diciotto anni, per poi scegliere la religione in piena libertà di coscienza.

Recepite istanze delle comunità irachene non musulmane
Un ruolo decisivo nella svolta lo ha avuto il Presidente del Parlamento iracheno, Salim al-Juburi, che ha recepito le istanze contro la legge espresse con forza dai membri delle comunità irachene non musulmane, a cominciare dalla Chiesa caldea. Al-Jouburi, nel suo intervento, aveva ribadito l'intenzione della presidenza del Parlamento di modificare la legge, per garantire ai membri delle comunità irachene non musulmane i dirinti di piena eguaglianza tra i cittadini che vengono tutelati dalla Costituzione.

La manifestazione di protesta della Chiesa caldea
​Martedì scorso, 10 novembre, a Baghdad, una manifestazione di protesta contro i contenuti discriminatori presenti nella legge era stata convocata dal patriarca caldeo Louis Raphael I, presso la chiesa caldea di San Giorgio, e aveva visto la partecipazione massiccia di cristiani e di membri di altre comunità religiose irachene non musulmane. (G.V.)

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Manila: vertice Apec all'ombra della strage di Parigi

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E' entrato nel vivo l'incontro annuale dell'Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation, Cooperazione economia Asia-Pacifico), che si tiene, dopo un ventennio, nuovamente a Manila. Dopo l'incontro di ieri dei ministri economici, si va verso il vertice di domani con la partecipazione dei capi di stato e di governo. Il raduno filippino dei rappresentanti di 21 economie sviluppate e in via di sviluppo, che assommano il 57% del Pil mondiale oltre la metà del commercio globale e più di tre miliardi di individui - riferisce l'agenzia Misna - nei primi due giorni ha avuto un taglio prettamente economico. Domani e giovedì, invece, saranno al centro i rapporti politici, le tensioni territoriali, le strategie focalizzate nell'area e, inevitabilmente, la minaccia terroristica dopo i tragici fatti di Parigi.

Trovare una convergenza tra i Paesi coinvolti dall'islamismo radicale
Forte la necessità di trovare una convergenza tra le esigenze di Paesi attivi nei centri di conflitto alimentati dall'islamismo radicale in Medio Oriente e Asia e oggetto di ritorsioni (Stati Uniti, Russia), con quelli che sono a loro volta a rischio come potenziali obiettivi (Australia, India, economie sviluppate dell'Estremo Oriente, Cina, Filippine) e altri che – ospitando una maggioranza di popolazione islamica (Bangladesh, Indonesia, Malesia, Pakistan) sono allo stesso tempo centrali di reclutamento del jihadismo, centri di operazioni destabilizzanti, teatro di persecuzione dei non-musulmani e degli stessi musulmani moderati o laicisti.

Sviluppare il ruolo delle piccole e medie imprese 
Sul piano economico, l'obiettivo è soprattutto mettere in luce e sviluppare il ruolo delle piccole e medie imprese nel consentire, come recita il tema dell'incontro “La costruzione di economie aperte per la costruzione di un mondo migliore”. Non a caso, questa tipologia d'impresa rappresenta il 97% dell'intera imprenditoria Apec. Una tipologia che meglio può utilizzare l'ingente capitale umano ancora disponibile, sebbene in un contesto di graduale ma per alcuni casi anche rapido invecchiamento della forza lavoro. “È importante enfatizzare il capitale umano perché abbiamo un gran numero di giovani che necessitano di crescere e di godere di ogni beneficio che l'appartenenza alla comunità consente”, sottolinea l'economista filippino Benjamin Diokno.

Ingenti misure di sicurezza per l'arrivo dei leader mondiali
In un Paese in allerta per prevenire iniziative terroristiche e dove persino i voli delle compagnie aeree locali sono stati ridotti per evitare congestione sui cieli in coincidenza con il Vertice ma anche per consentire un maggiore controllo dei servizi di sicurezza, è arrivato oggi Barack Obama. Con lui a Manila, il presidente russo Vladimir Putin, quello cinese Xi Jinping, quello sudcoreano Park Geun-hye, oltre al premier giapponese Shinzo Abe e quello australiano Malcolm Turnbull.

La Cina non vuole affrontare il contenzioso sui mari
​Pechino ha già chiarito di non apprezzare alcun accenno al contenzioso in corso nei mari al largo delle sue coste, che rivendica in modo crescente per vaste aree alzando la tensione con i paesi costieri. Non a caso, i governi filippino e vietnamita hanno segnalato per oggi la firma di un accordo strategico che ha un'evidente funzione deterrente verso le mire cinesi, in concomitanza con una presenza sempre più attiva Usa nei mari e nei cieli dell'area. (C.O.)

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India: aggressione a cristiani per riconvertirli all’induismo

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Estremisti indù hanno attaccato membri della Chiesa Pentecostale indipendente a Kohkameta, nello Stato del Chhattisgarh, causando diversi feriti. I fedeli sono stati trascinati fuori dalla chiesa e picchiati con bastoni, mentre gli aggressori chiedevano loro di riconvertirsi all'induismo. Altri abitanti del villaggio sono stati costretti a firmare dichiarazioni in cui esprimevano la rinuncia al cristianesimo. Come riferisce all'agenzia Fides l’Indian Christian Activist Network, l’aggressione, avvenuta nei giorni scorsi, intendeva porre fine a tutte le attività cristiane del villaggio. Nonostante le minacce di morte, i cristiani aggrediti hanno riferito l'accaduto alla polizia e ai media.

Le leggi anti-conversione limitano la libertà religiosa
​In una nota ripresa da Fides, mons. Felix Machado, vescovo di Vasai e presidente dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso nella Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (Fabc), nota con dispiacere che “in India avvengono omicidi, incendi di luoghi sacri, incendi delle istituzioni religiose” in nome di una ideologia, l’Hindutva, che porta avanti “il disegno dell'India come una nazione indù”, mentre le conversioni alle altre religioni “sono viste come una minaccia all'integrità nazionale dell'India e fattore chiave per il declino presunto dell'induismo”. “La questione della libertà religiosa in India – osserva il vescovo – è diventata estremamente complessa negli ultimi anni. Diversi Stati indiani hanno emanato leggi anti-conversione, provvedimenti che di fatto limitano la libertà religiosa”. (P.A.)

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Vescovi Ghana: preoccupati per urbanizzazione e disoccupazione

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Allarme dei vescovi del Ghana sul crescente numero di ragazzi di strada, conseguenza della crescente urbanizzazione del Paese. Nel comunicato, pubblicato al termine della loro Assemblea Plenaria dal tema “I laici nel contesto della nuova evangelizzazione”, i vescovi sottolineano che “bambini che dovrebbero stare a scuola vagano o commerciano per le strade delle nostre città. 

In crescita povertà urbana, rapine, prostituzione e casi di Aids
Con l’urbanizzazione, la pratica della prostituzione è in ascesa, mentre la pandemia dell’Aids è ancora dilagante in alcune parti del Paese, specialmente nelle città”. Preoccupano anche le rapine a mano armata, anche se ci sono stati alcuni miglioramenti, prosegue il documento che sottolinea però come “la povertà urbana è cresciuta negli ultimi anni rispetto alla povertà nelle aree rurali”.

Il dramma della disoccupazione giovanile
I vescovi chiamano il laicato a lavorare per migliorare la situazione, anche se “i problemi relativi all’urbanizzazione sembrano scoraggianti”. La mancanza di lavoro è il problema principale dei giovani che vivono nelle aree urbane. Dopo aver concluso che i precedenti programmi di sviluppo sono stati inefficaci per creare nuovi posti di lavoro, i vescovi chiedono nuovi progetti basati sull’auto-finanziamento, facendo minimo ricorso agli aiuti internazionali, ma allo stesso tempo affermano che “la determinazione della comunità internazionale di sconfiggere la povertà estrema deve spingere il Ghana a lavorare sodo per raggiungere i nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Oss) prima del 2030. Invitiamo il nostro laicato ad educare se stesso e ad essere al passo con i contenuti del pacchetto di salvataggio del Fondo Monetario Internazionale (Fmi)”.

I nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile sono stati approvati lo scorso settembre a New York da più di 150 capi di Stato e di Governo. (L.M.)

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Vescovi spagnoli: il laicismo rispetti la libertà religiosa

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Con una preghiera e un minuto di silenzio per le vittime del massacro terrorista a Parigi, è iniziata a Madrid la 106.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola che si terrà fino al 21 novembre.  “Condanniamo energicamente la serie di attentati; protestiamo perché viene utilizzato il nome di Dio per giustificarli; è una profanazione - come ha detto domenica scorsa all'Angelus il Papa - una bestemmia”. Queste le parole del presidente dell’episcopato e arcivescovo di Valladolid, card. Ricardo Blázquez Pérez nel discorso di apertura nel quale ha avuto anche parole di solidarietà verso Papa Francesco dopo la diffusione di documenti vaticani riservati. “La comunione di tutti i vescovi con il Pontefice - ha ribadito il card. Blázquez - s’intensifica nelle situazioni più dolorose del suo ministero come pastore della Chiesa Universale”.

Liberta religiosa è garanzia di vita democratica
Preoccupato dalle voci sempre più numerose che vogliono “escludere il fatto religioso - specialmente della fede cattolica - dalla vita pubblica e sociale”, il card. Blázquez ha ricordato che il servizio dell'evangelizzazione e la missione della Chiesa nella società spagnola, sia in ambito privato che pubblico, è fatto nel rispetto delle istituzioni democratiche, nel riconoscimento delle autorità e delle leggi. “Pretese politiche – ha detto il porporato - che oltre a distaccarsi dallo spirito del nostro sistema costituzionale, che è aconfessionale, manifestano una chiara tendenza al laicismo”. L’arcivescovo ha ribadito che i vescovi credono fermamente che il “pieno rispetto della libertà religiosa è garanzia di una vera democrazia e uno stimolo per la crescita spirituale delle persone e del progresso culturale di tutta la società”.

Contro chi pretende di rompere l’unità della Spagna
Il presidente dell’episcopato ha fatto riferimento anche alla questione catalana che vede il partito separatista vincitore nelle ultime elezioni.  “Ci preoccupa la grave situazione creatasi per chi, al margine e contro la legge, pretende di rompere l’unità della Spagna” ha detto il card. Blázquez ricordando che alcuni decenni fa gli spagnoli hanno raggiunto la transizione a un regime democratico, basato sul dialogo, la condivisione e il desiderio di un futuro comune. “Mettere in discussione, in maniera unilaterale, questa condizione costituzionale introduce insicurezza, inquietudine, incertezza, caos e divisione nella società” ha detto il porporato, chiedendosi come mai certi atteggiamenti pretendono di cambiare la storia secolare della Spagna.  

Non condannare ma ascoltare i fedeli in difficoltà
Anche il Sinodo della famiglia ha avuto un peso nel discorso del presidente dell’episcopato spagnolo che ha parlato di "discernimento, accompagnamento e integrazione" come ha proposto il documento sinodale di fronte alle difficoltà che attraversa oggi la famiglia. Il card. Blázquez ha sottolineato che il Sinodo desidera che la pastorale adotti una nuova sensibilità per cogliere i valori positivi dalle situazioni “difficili” con il dialogo, l’accompagnamento e “non condannando ma ascoltando e mostrando un'umile disponibilità”. Anche la riforma del processo di nullità matrimoniale è stato al centro della prolusione del cardinale che ha concluso il suo intervento con un riferimento all'enciclica Laudato sì di Papa Francesco. “Invito i vescovi - ha detto - a fare il possibile, con l’aiuto della Dottrina Sociale della Chiesa, per  risvegliare una nuova coscienza ecologica”.

Più sensibilità di fronte al dramma degli immigrati
Dopo la prolusione del presidente dell’episcopato, mons. Renzo Fratini, nunzio apostolico in Spagna, ha rivolto un forte appello per accogliere le persone che fuggono dalla guerra, specialmente  dalla Siria e dal Medio Oriente. “Non possiamo essere semplici spettatori e rimanere con le braccia conserte davanti a questo dramma”- ha detto il rappresentante vaticano che ha ricordato l’invito di Papa Francesco, nell’Anno della Misericordia , di sensibilizzare i fedeli, specialmente di fronte al dramma dei fratelli perseguitati, affinché con il loro aiuto, queste persone che temono per la loro vita e hanno abbandonato tutto, possano vivere con dignità nei nostri Paesi.

Piano pastorale e novità dei processi di nullità matrimoniale
​Il Piano pastorale 2016-2020 e la riforma dei processi di nullità matrimoniale alla luce del Motu Proprio di Papa Francesco, Mitis Iudix Dominus Iesus saranno tra i temi della plenaria, nella quale si analizzeranno anche il documento della Commissione episcopale della Dottrina della fede “Gesù Cristo, salvatore dell’uomo e speranza del mondo” e il rapporto sulla situazione del clero. Un nuovo regolamento della rivista dell’episcopato “Ecclesia” e l'adesione della conferenza episcopale alla richiesta per la dichiarazione di Santa Bonifacia di Castro come patrona della “Donna lavoratrice” saranno sottoposti alla votazione dei vescovi. Tra le presentazioni delle diverse commissioni episcopali ci sarà anche la presenza del nuovo rettore del Pontificio Collegio spagnolo a Roma, il padre José San José Prisco. (A cura di Alina Tufani)

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Diocesi Grosseto: incontro su omelie di Santa Marta

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Da oltre due anni Papa Francesco ha abituato i fedeli di ogni parte del mondo alle sue omelie a braccio, che pronuncia ogni mattina nella cappella della Casa Santa Marta dove risiede. Omelie che traggono spunto dalle Letture del Giorno e si intrecciano con l’attualità della vita del mondo e della Chiesa.

Le omelie di Santa Marta nei servizi della Radio Vaticana
Proprio su queste omelie e il suo valore per il Pontificato di Francesco si incentra l’incontro con il giornalista di Radio Vaticana, Alessandro Gisotti, in programma mercoledì 18 novembre alle ore 16 nella sala “San Paolo” del Seminario vescovile di Grosseto, dal titolo: “Dalla cappella di Santa Marta al mondo: le omelie di Papa Francesco”. L’iniziativa è promossa dall’Ufficio Culturale della diocesi di Grosseto e dalla Libreria Paoline della città toscana in collaborazione con la Fondazione Chelli. Ad introdurre e coordinare l’incontro sarà il direttore della stessa Fondazione, Alessandro Vergni.

Approfondire stile comunicativo di Papa Francesco
“Quello di mercoledì con Alessandro Gisotti – spiegano gli organizzatori – è il primo di una serie di appuntamenti che proporremo in questi mesi, col desiderio di offrire degli spazi di approfondimento, riflessione e confronto sui linguaggi e i temi su cui la Chiesa come comunità di credenti si sta interrogando maggiormente”. Il modo di comunicare di Papa Francesco, proseguono, “così diretto, immediato, libero, comprensibile a tutti, è sicuramente uno dei tratti più significativi del suo Pontificato, che ha costretto la Chiesa a misurarsi con l’uso di un linguaggio che l’avvicini all’uomo contemporaneo e rappresenta anch’esso un momento di conversione pastorale, affinché il Vangelo arrivi davvero a quelle periferie a cui spesso si rivolge Papa Francesco, non solo e non tanto come luoghi fisici, ma come spazi dell’umano che Dio vuole raggiungere”.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 321

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.