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Sommario del 01/10/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Messaggio Papa Giornata migrante: no a indifferenza e silenzio

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“I migranti sono nostri fratelli e sorelle, che cercano una vita migliore”, lontano da povertà, fame, sfruttamento: lo ricorda il Papa nel suo Messaggio per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata il 17 gennaio 2016 sul tema: "Migranti e Rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia". Di fronte ai flussi migratori “in continuo aumento in ogni area del Pianeta” - scrive Francesco - il Vangelo della Misericordia, oggi “più che in tempi passati”, “scuote le coscienze” e impedisce di abituarsi alle sofferenze degli altri. Il servizio di Roberta Gisotti

“Le storie drammatiche di milioni di uomini e donne - scrive Francesco - interpellano la Comunità internazionale, di fronte all’insorgere di inaccettabili crisi umanitarie in molte zone del mondo” e “l’indifferenza e il silenzio aprono la strada alla complicità quando assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti, violenze e naufragi” di migranti, regolari o irregolari che siano, “persone” che “abbandonando le loro terre d’origine, subiscono l’oltraggio dei trafficanti” di esseri umani “nel viaggio verso il sogno di un futuro migliore”. E, “se poi sopravvivono agli abusi e alla avversità, devono fare i conti con realtà dove si annidano sospetti e paure”. “Non di rado infine - sottolinea il messaggio - incontrano la carenza di normative chiare e praticabili, che regolino l’accoglienza e prevedano itinerari di integrazione”, “con attenzione ai diritti e ai doveri di tutti”.

“I flussi migratori sono ormai una realtà strutturale” e “la prima questione che s’impone” - spiega Francesco - è superare l’emergenza, poi occorre guardare alle “cause” delle migrazioni e ai “cambiamenti” che producono e alle “conseguenze” che imprimono alle società e ai popoli. “Chi emigra infatti - osserva il Papa - è costretto a modificare taluni aspetti che definiscono la propria persona e, anche se non lo vuole, forza al cambiamento anche chi lo accoglie”.  

Allora si chiede Francesco “come vivere queste mutazioni” perché non siano “ostacolo all’autentico sviluppo”, ma siano “opportunità” di “autentica crescita umana, sociale e spirituale”?  “La presenza dei migranti e rifugiati interpella” infatti “seriamente le diverse società”, “che devono far fronte a fatti nuovi che possono rivelarsi improvvidi se non adeguatamente motivati gestiti e regolati” a prevenire “il rischio della discriminazione, del razzismo, del nazionalismo estremo o della xenofobia”.

A tali questioni la Chiesa risponde con il Vangelo della misericordia: “siamo custodi dei nostri fratelli e sorelle ovunque essi vivano”. Lo ricorda il Papa anche alle comunità parrocchiali, che dibattono sui limiti da porre all’accoglienza, vedendo “minacciata” la loro “tranquillità”. Che tutti siano  “disposti non solo a dare ma anche a ricevere dagli altri”. La Chiesa è in prima linea - assicura il Papa - nell’accoglienza, ma anche nel difendere “il diritto di ciascuno a vivere con dignità” e “il diritto a non emigrare per contribuire allo sviluppo del Paese d’origine”.

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Card. Vegliò: misericordia per i migranti, sono persone non pacchi

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Ognuno ha il diritto a emigrare, “ma c’è anche il diritto a non emigrare”, a rimanere in Patria: e per chi è costretto a farlo da guerre e sfruttamenti, è necessario aprire un panorama di accoglienza e integrazione. Lo ha sottolineato il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenuto nella Sala Stampa della Santa Sede alla presentazione del Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il 17 gennaio 2016. Con lui, mons. Joseph Kalathiparambil, segretario del medesimo dicastero, che ha invitato a comprendere meglio “le cause che producono le migrazioni forzate”. Il servizio di Giada Aquilino

La presenza oggi di tante persone in movimento, migranti, profughi, quanti sono in fuga da guerre e sfruttamenti, “interpella i singoli e le collettività” e richiede “attenzione e sensibilità” nei confronti di questa situazione globale. Il cardinale Antonio Maria Vegliò invita la Chiesa e i cristiani a seguire la “risposta del Vangelo della misericordia”, nell’anno giubilare che sta per iniziare. Prendendo in esame il Messaggio di Papa Francesco, il porporato mette in risalto “la questione dell’attuale crisi umanitaria nell’ambito della migrazione”, che esiste non soltanto in Europa ma in tutto il mondo: nel Vecchio Continente, fa notare, sono arrivate nel 2015 circa 600 mila persone via mare. Vanno quindi conosciute meglio “le cause che producono” tali flussi, insieme “con le conseguenze che ne derivano nei luoghi di arrivo”. Per le persone che emigrano, mette in luce il Pontefice, c’è anche una “questione d’identità”; il cardinale Vegliò ricorda che ognuno ha il diritto a emigrare, “ma c'è anche il diritto a non emigrare”. E chi è costretto a lasciare la terra d’origine ha il diritto a conservare la propria identità e al contempo “ha il dovere di rispettare” quella del Paese che l’accoglie:

“Si parla, infatti, dell’integrazione e non certo dell’assimilazione, perché anche questo è un difetto della natura umana: vogliamo che gli altri siano come noi e non è giusto! Perché ognuno di noi è differente dall’altro, con il diritto di essere se stesso e con il dovere di rispettare l’identità dell’altro”.

Il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti cita i dati dell’accoglienza di quest’anno in Italia, sulla base di cifre dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni, l'Oim: oltre 130 mila persone finora, ma aumenteranno in tutta Europa:

“Ci sono muri che li fermano. Ma tanto questa massa di gente è un po’ come l’acqua: si infila sempre da qualche parte. L’acqua non si può fermare, c’è sempre un posto dove si infila e dove passa. Però si parla di persone, non di cose o di pacchi. Quindi si tratta di dare, come cristiani, animo e affetto a queste persone”.

Il fenomeno, prosegue, non va ridotto però solo “alle statistiche o ai numeri”, soprattutto nella “questione dell’accoglienza”. La Chiesa e le sue comunità locali, “in quanto ambito più prossimo ai migranti e rifugiati”, si fanno carico “concretamente” di tale aspetto. Sulla scia dell’invito del Papa ad aprire le porte di parrocchie, comunità religiose, monasteri e santuari di tutta Europa ad una famiglia di profughi, a dare testimonianza dell’impegno della Chiesa è stato in conferenza stampa mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei, che ha fatto il quadro delle persone accolte nelle strutture ecclesiali:

“Quest’anno sono già diventate 22 mila: quindi significa che una persona su quattro, che è stata accolta in Italia, è stata accolta in una struttura ecclesiale, una casa religiosa o una parrocchia o un centro di accoglienza legato alla Caritas o a Migrantes. E già oggi – a pochi giorni dall’appello del Papa – ci sono 2.500 persone che sono accolte nelle parrocchie italiane. Altre centinaia di parrocchie hanno già dato la loro disponibilità in tutta Italia, dal Nord al Sud”.

Il cardinale Vegliò, parlando della “solidarietà verso il prossimo”, della “cultura dell’incontro” ma anche del “diritto di ciascuno a vivere con dignità, rimanendo nella propria Patria”, evidenziati dal Pontefice nel Messaggio, ha ribadito che l’aiuto al prossimo non conosce differenze, è verso tutti. Il porporato ha pure annunciato come dal 25 al 27 ottobre prossimi si svolgerà il Pellegrinaggio mondiale dei rom, che saranno anche ricevuti dal Papa, in ricordo della visita 50 anni fa di Paolo VI alle comunità di Pomezia; quindi ha spiegato l’impegno del proprio dicastero:

“Stiamo lavorando su un documento che tocca tutte le Conferenze episcopali e non soltanto alcune. Stiamo lavorando insieme alla Segreteria di Stato, perché naturalmente il documento avrà anche aspetti che toccano le autorità civili. E’ un documento che cerca di dare una soluzione pratica e concreta a quello che il Santo Padre ha chiesto”.

In tale prospettiva, ha spiegato mons. Joseph Kalathiparambil, è importante “accogliere con generosità” chi arriva:

“Ma il passo più importante da compiere è quello che porta ad affrontare le cause che producono le migrazioni forzate. È indispensabile eliminare i problemi alla radice e, così come ci suggerisce anche il Santo Padre, ‘questo processo dovrebbe includere, nel suo primo livello, la necessità di aiutare i Paesi da cui partono migranti e profughi’”.

Un primo passo è conoscere tali realtà. Come sta facendo l’Unione internazionale superiore generali, che – lo ha spiegato suor Elisabetta Flick, intervenuta in Sala Stampa – sta facendo partire per la Sicilia due equipe di religiose, eritree, etiopi, congolesi e indiane: scenderanno in ‘strada’, tra i migranti che giungono sulle coste dell’isola, per comprenderli nelle loro lingue e accoglierli. Un’altra faccia della cultura dell’incontro.

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Papa a Comboniani: preghiera ed esempio martiri al centro della missione

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La missione per essere autentica deve porre al centro Cristo e la preghiera. Così il Papa ricevendo in Vaticano i partecipanti al Capitolo generale dei Missionari Comboniani del Sacro Cuore di Gesù, in corso a Roma fino al prossimo 4 ottobre. Da Francesco l’appello ad apprendere da Gesù l’amore che spinge alle periferie della società e l’incoraggiamento a seguire l’esempio dei numerosi martiri comboniani che hanno offerto la loro vita alla causa del Vangelo. Paolo Ondarza

La preghiera è all'origine dell'agire missionario
Missionari Comboniani del Cuore di Gesù. La riflessione del Papa ricevendo i partecipanti al Capitolo generale parte dal loro nome e dalla loro identità. Missionari, spiega Francesco, vuol dire anzitutto essere messaggeri del Vangelo innanzitutto per chi non lo conosce o lo ha dimenticato. All’origine della vostra missione - spiega - c’è la duplice chiamata di Gesù: a stare con lui e a predicare. Ma è innanzitutto nella preghiera che si trova il tesoro da donare ai fratelli:

“Questo vivere con Cristo determina tutto il nostro essere e il nostro agire; e si vive e si alimenta soprattutto nella preghiera, nel rimanere presso il Signore, nell’adorazione, nel colloquio cuore a cuore con Lui”.

Essere missionario si colloca nella dimensione dell’essere prima ancora che del fare. Fondamentale dunque porre al centro la grazia di Cristo che scaturisce dalla croce, nutrirsi costantemente della Parola di Dio:

"Nella Parola di Dio c’è la saggezza che viene dall’alto e che permette di trovare linguaggi, atteggiamenti, strumenti adatti per rispondere alle sfide dell’umanità che cambia".

La mitezza del Sacro Cuore di Gesù spinge alle periferie della società
Essere Comboniani del Sacro Cuore vuol dire – spiega ancora il Papa – testiimoniare il carisma di san Daniele Comboni, che trova un punto qualificante nell’amore misericordioso del Cuore di Gesù per gli ultimi, gli indifesi, “gli abbandonati del nostro tempo”. Di qui l’invito a chiedere al Sacro Cuore la mitezza “necessaria per affrontare l’azione apostolica anche in contesti difficili e ostili”:

“Quel Cuore che ha tanto amato gli uomini vi spinge alle periferie della società per testimoniare la perseveranza dell’amore paziente e fedele. Dalla contemplazione del Cuore ferito di Gesù si possa sempre rinnovare in voi la passione per gli uomini del nostro tempo, che si esprime con amore gratuito nell’impegno di solidarietà, specialmente verso i più deboli e disagiati. Così potrete continuare a promuovere la giustizia e la pace, il rispetto e la dignità di ogni persona”.

L'esempio dei tanti Comboniani martiri
Poi il ricordo della catena ininterrotta dei martiri Comboniani che arriva fino ai nostri giorni con l’esortazione a seguire il loro esempio:

“Vi sia di stimolo e di incoraggiamento l’esempio di tanti confratelli, che hanno offerto la loro vita alla causa del Vangelo, disposti anche alla suprema testimonianza del sangue. Essi sono seme fecondo nella diffusione del Regno e protettori del vostro impegno apostolico”.

Infine a braccio il Papa ha voluto esprimere la propria ammirazione per i Comboniani:

"E prima di impartire la benedizione, vorrei dire una cosa che non è scritta qui, ma è quello che sento: io sempre, sempre, ho avuto una grande ammirazione per voi - e voglio dirlo così - per il lavoro che fate, per i rischi che affrontate e ho sentito sempre questa ammirazione grande. Grazie!".

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Papa: non si spenga mai nel nostro cuore la nostalgia di Dio

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La gioia del Signore è la nostra forza, in Lui troviamo la nostra identità. E’ uno dei passaggi dell’omelia di Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta nella festa di Santa Teresa di Lisieux particolarmente cara a Jorge Mario Bergoglio. Il Pontefice ha sottolineato che mai in un cristiano deve spegnersi la nostalgia di Dio, altrimenti il nostro cuore non può far festa. Il servizio di Alessandro Gisotti

Il popolo di Israele dopo lunghi anni di deportazione ritorna a Gerusalemme. Papa Francesco ha preso spunto dalla Prima Lettura, tratta dal Libro di Neemia, per offrire la sua riflessione su cosa dà sostanza all’identità di un cristiano. Il Pontefice ha rammentato che, anche negli anni a Babilonia, il popolo sempre ricordava la propria patria. Dopo tanti anni, ha osservato, arriva finalmente il giorno del ritorno, della ricostruzione di Gerusalemme e, come narra la Prima Lettura, Neemia chiede allo scriba Esdra di leggere davanti al popolo il Libro della Legge. Il popolo è felice: “era gioioso ma piangeva, e sentiva la Parola di Dio; aveva gioia, ma anche pianto, tutto insieme”.

La gioia del Signore è la nostra forza
Come si spiega questo?, si chiede Francesco: “Semplicemente, questo popolo non soltanto aveva trovato la sua città, la città dov’era nato, la città di Dio, questo popolo al sentire la Legge, trovò la sua identità, e per questo era gioioso e piangeva”:

“Ma piangeva di gioia, piangeva perché aveva incontrato la sua identità, aveva ritrovato quell’identità che con gli anni di deportazione un po’ si era persa. Un lungo cammino questo. ‘Non vi rattristate - dice Neemia – perché la gioia del Signore è la vostra forza’. E’ la gioia che dà il Signore quando troviamo la nostra identità. E la nostra identità si perde nel cammino, si perde in tante deportazioni o autodeportazioni nostre, quando facciamo un nido qua, un nido là, un nido… e non nella casa del Signore. Trovare la propria identità”.

Solo in Dio troviamo la nostra vera identità
Il Papa si chiede dunque in che modo si possa trovare la propria identità. “Quando tu hai perso quello che era tuo, la tua casa, quello che era proprio tuo – ha rilevato – ti viene questa nostalgia e questa nostalgia ti porta di nuovo a casa tua”. E questo popolo, ha soggiunto, “con questa nostalgia, ha sentito che era felice e piangeva di felicità per questo, perché la nostalgia della propria identità lo aveva portato a trovarla. Una grazia di Dio”:

“Se noi – un esempio – siamo pieni di cibo, non abbiamo fame. Se noi siamo comodi, tranquilli dove stiamo, non abbiamo bisogno di andare altrove. Ed io mi domando, e sarebbe bene che tutti noi ci domandassimo oggi: ‘Sono tranquillo, contento, non ho bisogno di niente – spiritualmente, parlo – nel mio cuore? La mia nostalgia si è spenta?’ Guardiamo questo popolo felice, che piangeva ed era gioioso. Un cuore che non ha nostalgia, non conosce la gioia. E la gioia, proprio, è la nostra forza: la gioia di Dio. Un cuore che non sa cosa sia la nostalgia, non può fare festa. E tutto questo cammino che è incominciato da anni finisce in una festa”.

Non si spenga mai nel nostro cuore la nostalgia di Dio
Il popolo, ha rammentato Francesco, esulta con grande gioia perché aveva “compreso le parole che erano state loro proclamate. Avevano trovato quello che la nostalgia gli faceva sentire e andare avanti”:

“Chiediamoci come è la nostra nostalgia di Dio: siamo contenti, stiamo felici così, o tutti i giorni abbiamo questo desiderio di andare avanti? Che il Signore ci dia questa grazia: che mai, mai, mai, si spenga nel nostro cuore la nostalgia di Dio”.

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Presto Beati cinque martiri durante la guerra civile spagnola

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La Chiesa avrà cinque nuovi Beati: si tratta di un sacerdote e 4 compagni martiri in Spagna. Papa Francesco, ricevendo il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato il dicastero a promulgare i relativi Decreti. Sono state anche riconosciute le virtù eroiche di sette Servi di Dio.

I prossimi Beati sono il sacerdote diocesano spagnolo Valentino Palencia Marquina e 4 suoi giovani collaboratori laici, tra i 19 e i 25 anni, uccisi in odio alla fede il 15 gennaio 1937 a Suances, nella comunità autonoma della Cantabria, durante la guerra civile in Spagna. Don Valentino guidava un centro di formazione per bambini poveri e abbandonati. La violenza anticattolica non lo ha risparmiato. Trucidati per non averlo voluto lasciare solo anche i suoi giovani assistenti. Don Valentino nel suo testamento spirituale aveva scritto: "La felicità che ha sempre desiderato la mia anima è quella di dare la mia vita per il Signore".

I nuovi sette Venerabili Servi di Dio sono:

Giovanni Folci, sacerdote diocesano e fondatore dell’Opera del Divin Prigioniero, nato il 24 febbraio 1890 a Cagno (Italia) e morto a Valle Colorina (Italia) il 31 marzo 1963.

Francesco Blachnicki, sacerdote diocesano, nato a Rybnik (Polonia) il 24 marzo 1921 e morto a Carlsberg (Germania) il 27 febbraio 1987.

Giuseppe Rivera Ramírez, sacerdote diocesano, nato a Toledo (Spagna) il 17 dicembre 1925 ed ivi morto il 25 marzo 1991.

Giovanni Emanuele Martín del Campo, sacerdote diocesano, nato a Lagos de Moreno (Messico) il 14 dicembre 1917 e morto a Jalapa (Messico) il 13 agosto 1996.

Antonio Filomeno Maria Losito, sacerdote professo della Congregazione del Santissimo Redentore, nato a Canosa di Puglia (Italia) il 16 dicembre 1838 e morto a Pagani (Italia) il 18 luglio 1917.

Maria Benedetta Giuseppa Frey (al secolo: Ersilia Penelope), monaca professa dell’Ordine Cistercense, nata a Roma il 6 marzo 1836 e morta a Viterbo (Italia) il 10 maggio 1913.

Anna Chrzanowska, laica, oblata delle Orsoline di San Benedetto, nata a Varsavia (Polonia) il 7 ottobre 1902 e morta a Cracovia il 29 aprile 1973.

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Ravasi: all'insegna del dialogo tra religioni il Tertio Millennio Film Fest

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E’ stato presentato nella sede del Pontificio Consiglio della Cultura il Tertio Millennio Film Fest, in programma a Roma dal 25 al 30 ottobre. Una veste completamente rinnovata, suggerita dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Dicastero, che lo propone come il luogo del dialogo e dell’incontro tra culture e religioni, realizzato attraverso il cinema. Il servizio di Luca Pellegrini

Il mondo crea lacerazioni ed è solcato da scie d’intolleranze, violenze, guerre. Il cinema unisce popoli, culture e religioni. Il cardinale Ravasi lo considera espressione moderna e fondamentale dell’arte, cui attingere intimamente e intensamente. Quando poi s’apre alla dimensione religiosa toccando temi fortemente umani che hanno in sé una carica trascendente, riesce a travalicare le diverse espressioni per giungere al cuore e alla mente dello spettatore. Il Tertio Millennio Film Fest, organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, si rinnova, al suo diciannovesimo anno di vita, accogliendo queste indicazioni per diventare il luogo dell’incontro e dello scambio. Per questo sono stati invitati rappresentanti della comunità protestante, musulmana ed ebraica a collaborare e condividere questo progetto per stilare un programma in sintonia con l’ideale di "agorà". Un festival di cinema che si abbevera alla fonte del “Cortile dei Gentili”, prendendone ispirazione, come conferma il cardinale Ravasi:

R. - Questo è proprio vero, perché dobbiamo dire che forse il motto fondamentale, o la parola emblema, di questo evento cinematografico sia “dialogo”. E’ “dialogo” perché noi vogliamo che da questo momento in avanti anche il Tertio Millennio, questo Festival, abbia almeno due volti: da una parte, il dialogo interculturale - e quindi nazionalità, culture, aspetti diversi dell’umanità, che si presentano in questa settima arte – e, dall’altra, anche la dimensione religiosa. Perché non vogliamo fare un evento che abbia un taglio sostanzialmente confessionale o religioso, ma spirituale nel senso più alto del termine. Quindi religione e cultura che si incrociano, religione e culture diverse che si incontrano, sotto l’emblema del dialogo.

D. – L’immagine su uno schermo, dunque, può essere un terreno fertile per poter far sì che un mondo lacerato come quello di oggi si incontri, grazie appunto alla forza dell’immagine…

R. – Un autore francese importante come Artaud diceva che il cinema rispetto al teatro rappresenta soltanto l’epidermide, mentre il teatro entrerebbe nel derma e fin nelle ossa. Questo non è vero, perché in realtà anche il cinema può dare un messaggio che colga in profondità le istanze dell’uomo contemporaneo e della società contemporanea. Come è avvenuto molto spesso, peraltro, possiamo usare questa grande espressione dell’arte, che è il cinema, anche per introdurre una forma diversa di coesistenza tra i popoli o, perlomeno, per lanciare un messaggio che riesca ad artigliare non soltanto gli occhi ma anche le coscienze delle persone.

D. – Le personalità delle altre religioni o delle Chiese cristiane sorelle, che avete interpellato per questo progetto e per questa iniziativa, come hanno risposto, con quale fervore hanno aderito al suo invito?

R. – Siamo particolarmente soddisfatti del fatto che le presenze istituzionali - potremmo dire - delle altre religioni o delle altre confessioni cristiane, siano particolarmente significative. Abbiamo, infatti, la presenza ebraica, la presenza musulmana e la presenza evangelica in genere e anche, per certi aspetti, una presenza di coloro che non sono credenti e che, però, sono fermamente convinti che i temi che si possono trattare, sia pure sotto l’ombrello della fede e della cultura, siano realtà antropologiche umane di base fondamentali.

Fulvio Ferrario, decano della Facoltà Valdese di Teologia, usa la parola gioia per descrivere i sentimenti con i quali ha risposto al cardinale Ravasi:

R. - C’è una duplice occasione: la prima è di poter lavorare insieme in un ambito come quello artistico, dove si possono dire e ascoltare cose che in altri linguaggi risulterebbe più difficile. Il secondo motivo di gioia, la parola non mi sembra eccessiva, è che ci è dato di ascoltare insieme. Le Chiese e le comunità religiose molto spesso parlano e lanciano - o intendono lanciare - messaggi. Credo che l’ascolto della testimonianza dell’umano che è resa dal fattore artistico possa essere un buon modo per camminare insieme.

Shahrzad Houshmand è docente di Studi Islamici presso la Pontificia Università Gregoriana. Ha accettato l'impegno con queste motivazioni:

R – In un momento storico così difficile, particolare, delicato che Papa Francesco chiama “la Terza guerra mondiale a frammenti”, penso che sia l’ora che i maestri delle spiritualità mondiali delle diverse fedi religiosi si mettano totalmente insieme per il bene comune dell’unica famiglia umana che vive su una sola casa comune. È assolutamente l’ora che anche il cinema metta insieme le forze umane, spirituali, culturali per un bene che è il bene comune, perché le diverse fedi e le diverse tradizioni presenti nel mondo incontrandosi e volendo lavorare per un unico lavoro che è il bene comune non possono che portare altro che bene per l’intera famiglia umana.

Mentre in rappresentanza della religione ebraica ha aderito all'invito Sira Fatucci, assessore alla Cultura del centro Ebraico Italiano, il Pitigliani. Ecco le sue parole:

R. – Partecipiamo con molta gioia e con onore perché pensiamo che in particolare in questa fase storica è assolutamente importante condividere il più possibile le parti di cultura, spiritualità e avvicinamento che possono esserci.

D. – Tutto questo però attraverso il cinema …

R. – Tutto questo attraverso il cinema che è in qualche modo un’arte privilegiata perché permette una narrazione che è, in qualche modo, sostitutiva di preghiera o di confronti che possono talvolta essere più problematici.

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Tweet Papa: la nostra meta è la casa del Padre

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“La nostra vita non è un vagabondare senza senso. Abbiamo una meta sicura: la casa del Padre”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter in 9 lingue @Pontifex.

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Altre udienze e nomine di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza il signor Francisco José Ottonelli, ambasciatore di Uruguay, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali; il card. Jorge Liberato Urosa Savino, arcivescovo di Caracas (Venezuela), presidente onorario della Conferenza Episcopale Venezuelana, con: mons. Diego Rafael Padrón Sánchez, arcivescovo di Cumaná, presidente della Conferenza Episcopale Venezuelana; mons. José Luis Azuaje Ayala, Vescovo di Barinas, primo vice presidente; mons. Mario del Valle Moronta Rodríguez, vescovo di San Cristóbal de Venezuela, secondo vice presidente; rev.do Víctor Hugo Basabe, segretario generale; il signor Filip Vučak, ambasciatore di Croazia, in visita di congedo.

Nelle Filippine, Papa Francesco ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare della diocesi di Cebu, presentata da mons. Emilio L. Bataclan, per sopraggiunti limiti d’età.

In Italia, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, presentata da mons. Felice di Molfetta, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano mons. Luigi Renna, del clero della diocesi di Andria, finora rettore del Pontificio Seminario Regionale Pugliese “Pio XI”.

Sempre in Italia, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello il rev.do padre Giovanni Roncari, O.F.M. Cap., vicario episcopale per il Clero dell’arcidiocesi di Firenze e docente di Storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale.

In Iran, Francesco ha concesso il Suo assenso all'elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale Armena del rev.do Sac. Sarkis Davidian, a vescovo di Ispahan degli Armeni.

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Patrisha Thomas: popolo americano conquistato da Francesco

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A quattro giorni dal ritorno a Roma, il viaggio di Papa Francesco fa ancora i titoli sui media americani segno eloquente dell’impatto che la visita del Pontefice sta avendo sulla società statunitense. Per un commento sul viaggio e sulle sue possibili ricadute positive, Alessandro Gisotti ha intervistato la corrispondente a Roma dell’Associated Press, Patrisha Thomas, che ha seguito Papa Francesco in ogni momento della visita e sul volo papale: 

R. – E’ stata una enorme emozione, in positivo. Mi ha colpito tantissimo che il Santo Padre sia riuscito a volare sopra tutte le polemiche, sopra la destra e la sinistra americana. Non ha esitato a dire sempre la sua - al Congresso, all’Onu, alla Casa Bianca - ma non è mai entrato nelle nostre problematiche tra Democratici e Repubblicani. E’ riuscito a volare sopra tutto questo ed è riuscito anche a fare tutte le cose che voleva e alle quali tiene tantissimo: incontrare i senzatetto, incontrare i bambini nella scuola di Harlem, andare a Ground Zero, parlare con i migranti… E poi l’ultimo giorno alla prigione, un incontro che mi ha personalmente molto commosso: vedere come stringeva le mani di questi prigionieri, duri, coperti di tatuaggi, che lo tenevano per mano e lui con una tale tranquillità e una tale serenità, che parlava con loro.

D. - C’è stata una sintesi molto forte delle parole nelle grandi occasioni – Casa Bianca, Congresso, Nazioni Unite - e poi i gesti cui siamo abituati, ma che l’America non aveva ancora visto, di incontro con le cosiddette periferie…

R. – Esatto! Gli americani sono rimasti molto colpiti da questo fatto. Anche sull’aereo gli è stato detto: “E’ diventato una star!”, perché per gli americani è diventato una star: tutti volevano toccarlo, avvicinarlo… E lui ha detto chiaramente, sul volo: “sono il servo dei servi di Dio”. Lui è rimasto nel suo ruolo e questo fa parte di lui.

D. – Quali potrebbero essere le ricadute positive di questo viaggio?

R. – Non saprei a lungo termine… La politica americana è molto complicata. Però io direi che sin dal primo giorno, quando si è affacciato alla Loggia di San Pietro, qualcosa ha cominciato a cambiare in America. In America ci sono tantissimi cattolici - 71 milioni – e lui sta riuscendo un po’ a riunirli, soprattutto attorno a questa cosa di allargare la misericordia, di andare verso le periferie. Questo è il primo punto che vedo nel suo impatto negli Stati Uniti.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Un nuovo sguardo pastorale: in prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia sulla famiglia di oggi tra sfide e prospettive.

La scommessa di Putin: Luca M. Possati su Russia e Medio Oriente.

Quel sottile discrimine: Carlo Petrini sull'efficacia (o meno) dei trattati internazionali di sanità pubblica.

Un articolo di Giovanni Cerro dal titolo "Il ritmo dell'anima": un monaco che visse nel deserto.

L'ineliminabile sacro: Antonio Paolucci recensisce la mostra "Bellezza divina", un viaggio nell'arte dall'Ottocento alla metà del ventesimo secolo.

Marcello Filotei sulla campana dei visionari: a novant'anni dalla fusione di Maria dolens con i cannoni della prima guerra mondiale.

Catene spezzate: il numero di ottobre di "donne chiesa mondo".

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Oggi in Primo Piano



Congresso missionario Nigeria. Mons. Kaigama: siamo Chiesa forte

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“Insieme in missione… la Chiesa va avanti”. È questo il tema del terzo Congresso missionario della Nigeria che si apre oggi ad Abuja e proseguirà fino al 4 ottobre. L’evento è organizzato dalle Pontificie Opere Missionarie nigeriane insieme al Dipartimento missione e dialogo della Conferenza episcopale della Nigeria. L’obiettivo dell’evento è di fare il punto sulle attività pastorali della Chiesa nel Paese per potere rilanciare la missione evangelizzatrice. Marco Guerra ne ha parlato con mons. Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale locale: 

R. – La missione per noi in Nigeria è molto importante, considerando che abbiamo un Paese di più di 160 milioni di abitanti, di cui quasi la metà cristiana e l’altra metà musulmana. Ci sono delle incomprensioni specialmente nel Nord della Nigeria. Quindi, all’interno della segreteria della Conferenza episcopale nigeriana, abbiamo questo dipartimento che si preoccupa di preparare le persone per la missione e di farle dialogare con gli altri cristiani non cattolici e specialmente con i musulmani. Questo è molto importante: trovare un modo per convivere in pace, in serenità. Questo è molto importante per noi.

D. – Quindi la promozione del dialogo interreligioso è al centro dell’azione missionaria?

R. – Senz’altro, perché senza pace, senza comprensione fra di noi, tutto il lavoro che facciamo diventa inutile. Bisogna trovare un modo, allora, per vivere con le persone di altre religioni, anche tra noi cristiani, nell’ecumenismo: trovare un modo di fare le cose insieme, ritrovare uno spazio per lo sviluppo. La gente soffre molto: c’è la povertà, c’è la mancanza di tante cose. Quindi la missione non è soltanto quella di predicare parole - come il Papa dice sempre - di predicare, di pregare… Queste sono cose importanti, però dobbiamo affrontare le cose in modo concreto. Per questo cerchiamo di sviluppare il senso profondo della missione vera: di portare il progresso alla Nigeria e al mondo intero.

D. - La missione coinvolge tutto il Popolo di Dio. Quindi anche i laici avranno un ruolo attivo nelle missioni in Nigeria, anche i semplici fedeli porteranno la Parola di Dio, la pace, la concordia?

R. – Sì, sempre! Senza i laici non possiamo fare molto. Dobbiamo ricordare che il 99 per cento delle persone che fanno parte della Chiesa sono laici, e ci danno un aiuto, un appoggio molto, molto grande. Abbiamo laici catechisti; laici che fanno i volontari e che mettono a disposizione i loro talenti, le loro risorse, per aiutare la Chiesa; le donne specialmente, in Nigeria, sono un grande appoggio per la Chiesa; e poi i giovani hanno interesse di stare nella Chiesa, di servire la Chiesa. Dobbiamo cercare allora modi diversi di fare missione per loro e di farli diventare a loro volta missionari. 

D. – Poi c’è appunto la promozione delle vocazioni. Com’è lo stato di salute del clero nigeriano?

R. – Sì, ci sono senz’altro vocazioni, ma quando parliamo di vocazione dobbiamo parlare di una vocazione che sia vera e profonda. Alcuni giorni fa, nella nostra Conferenza episcopale nigeriana, abbiamo invitato i rappresentanti del clero, che sono venuti per uno scambio e per trovare una strada per fare insieme il nostro lavoro pastorale e spirituale. Possiamo vivere come testimoni nel Paese, che è circondato da leader corrotti e che non agiscono per il bene della gente. Sappiamo di essere la luce e quindi con i religiosi, noi vescovi, abbiamo sempre degli incontri e con il clero diocesano abbiamo organizzato questo incontro. Ci sono occasioni per fare celebrazioni con i giovani, per partire tutti insieme e camminare sulla stessa strada.

D. – Quindi saranno tanti i temi in questo terzo Congresso missionario della Nigeria. Un auspicio per questi quattro giorni?

R. – Abbiamo bisogno di stare insieme, di predicare il Vangelo e, in un ambiente di pace, di contribuire alla crescita della nostra nazione. Vogliamo essere una Chiesa locale forte, arrivando al punto di aiutare i vicini; essere poi missionari veri, come sacerdoti, come religiosi, come laici e contribuire, per la Chiesa universale, nel trovare un modo di vivere in pace, di vivere veramente come fratelli, sorelle, fatti ad immagine di Dio. Questa è la nostra ambizione, il progetto della missione e del dialogo.

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Il Centrafrica tenta di tornare alla normalità

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Dopo tanta violenza sembra riaccendersi la speranza di una tregua a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, dove il Papa sarà nel prossimo mese di novembre. La notte appena trascorsa è stata più tranquilla, forse anche grazie all’appello lanciato in tarda serata di ieri, dalla Presidente di transizione Samba Panza rientrata nel Paese d’urgenza dalla sede Onu a New York. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

Un appello alla calma, alla ripresa del lavoro e l’assicurazione che tutte le parti saranno convocate per cercare un consenso nazionale all’uscita dalla crisi. E’ questo che, nel discorso trasmesso ieri alla radio da parte della Presidente Catherine Samba Panza, può aver placato gli animi e sedato gli scontri a Banguì, teatro da sabato di violenze inaudite. Secondo fonti locali entro il fine settimana si potrebbe tornare alla normalità: stamane qualcuno ha provato  ad uscire, qualche attività a riprendere. Ma la paura e le difficoltà restano tra la gente e il personale internazionale delle Ong, come spiega Loris de Filippi responsabile progetti di Msf:

“Dalla fine del 2013 siamo presenti a Bangui e, in particolare, in questo momento, in tre centri molto precisi della città: uno è il campo di M’Poko, il campo profughi più grande di Bangui, dopo la fuga del dicembre 2013; poi c’è una grossa attività al Bangui General Hospital, dove stiamo lavorando, e nella maternità di Castor, che è un ospedale proprio nel centro della città. In questo momento, ovviamente, abbiamo dei grossissimi problemi. Mentre il 26 e il 28 settembre siamo riusciti a trattare moltissimi pazienti, feriti soprattutto, e comunque gravi, in questi giorni le persone non arrivano agli ospedali. Questo vuol dire che la città è veramente paralizzata. L’altro grosso problema è il fatto che l’aeroporto della capitale sia chiuso, e ciò rende tutto più difficile. Credo che ci si stia dando molto da fare per avere alcuni corridoi dove poter lavorare”. 

La Presidente dal canto suo ha denunciato la “natura politica” dei disordini, un “tentativo orchestrato ad arte “ ha detto “da una parte della popolazione per prendere il potere con la forza”. Secondo Samba-Panza, l’obiettivo degli istigatori sarebbe contrastare il disarmo delle milizie irregolari, cacciare Caschi blu e forze francesi, bloccare il processo elettorale e mettere in crisi il dialogo tra politica e società civile. Secondo fonti locali “risulta evidente che la popolazione non è interessata a destabilizzare le istituzioni ”visto anche il fallimento della manifestazione di protesta in programma ieri. Resta da riannodare il dialogo politico, in vista del voto a ottobre a cui la presidente chiama tutti a collaborare. Di certo per ora c’è solo la proclamazione del lutto nazionale per le oltre 30 vittime dei giorni scorsi.

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Raid russi in Siria: Lavrov annuncia coordinamento con gli Usa

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Proseguono i raid dell’aviazione russa in Siria. Colpite alcune aree di Hama e della provincia di Idlib controllate dall'Esercito della conquista, un'alleanza che include diverse sigle jihadiste. I bombardamenti russi sono iniziati, ieri, e secondo Mosca hanno preso di mira postazioni dello Stato islamico ma gli Stati Uniti sostengono, invece, che a finire sotto attacco sia stata l'opposizione al regime del presidente Assad. Il servizio di Marco Guerra: 

“A Mosca non risulta che siano stati colpiti civili nei raid dei suoi jet e le voci che indicano che l'obiettivo di queste azioni non era l'Is non hanno nulla di fondato". Lo ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, smentendo le preoccupazioni espresse dal segretario della Nato Stoltenberg e di un leader dei ribelli siriani secondo i quali i bombardamenti di Mosca non hanno preso di mira il sedicente Stato islamico. Il capo della diplomazia russa ha poi annunciato che "le parti interessate, compresi gli Stati Uniti" saranno informate delle prossime operazioni aeree. Lavrov e il segretario di Stato americano Kerry hanno infatti concordato di voler avviare colloqui tra i comandi miliari dei due Paesi. Intanto il ministero della difesa russo riferisce di altri 8 raid notturni nei pressi di Idlib e Hama. Secondo la stampa araba sono state colpite postazioni di un'alleanza che include il Fronte al-Nusra e vari gruppi islamisti. E sul terreno si segnala un attacco dei ribelli islamici contro le truppe del regime nella provincia centrale di Homs. Ma sul ruolo della Russia in difesa del governo di Assad sentiamo Paolo Branca docente di Storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano: 

R.  – Temo che Bashar al Assad abbia avuto già due grandi occasioni per guidare una transizione. La prima, quando è succeduto al padre e c’era stata qualche apertura verso la democratizzazione del sistema subito però rientrata. E la seconda, soprattutto, quando ci sono state le prime pacifiche manifestazioni sull’onda della primavera araba. Le ha perse tutte e due e oggi siamo in una situazione catastrofica. La Siria praticamente non esiste più. Ho paura che una persona di questo genere non abbia le carte in regola per poter garantire nulla. Tanto è vero che chiama a gran voce gli amici russi ancora una volta come se non fosse successo nulla negli ultimi 20-30 anni.

D. – Però l’Occidente è rimasto scottato dalle vicende di Saddam e Gheddafi. Se decade il regime siriano cosa può succedere in un quadro così delicato?

R. – Ma temo che siamo all’interno di una ridefinizione persino dei confini nell’area. Per cui qualcuno forse sta spingendo, sperando nella formazione di nuovi Stati magari su base etnico-religiosa. Questo è un lavoro molto sporco che ovviamente comporta deportazioni di massa e addirittura rischia di sfociare in genocidi. Non mi meraviglia che l’Occidente stia da parte e lasci che il lavoro sporco lo facciano gli altri. Però temo che dietro questa posizione ci sia una grossa ipocrisia.

D. - Washington esprime preoccupazioni per l’intervento della Russia e invece Mosca sembra intenzionata ad andare dritta…

R. – Ma ho paura che non ci sia nulla di sostanzialmente nuovo. Come ha detto il Papa è lecito fermare l’aggressore, però mi sembra che tutte le iniziative, anche queste ultime della Francia e della Russia – pare che anche una nave cinese si stia avvicinando -, mi ricordano un po’ l’atteggiamento della Turchia che con la scusa di combattere l’Is, in realtà, colpisce i curdi, musulmani e sunniti, che tra l’altro sono quelli che più coraggiosamente si sono opposti allo Stato islamico. Ho paura che se lì ciascuno interviene per i suoi interessi particolari e non nell’interesse della sopravvivenza, soprattutto della sicurezza della popolazione civile, non andiamo da nessuna parte.

D. – Infatti c’è la Francia, l’America, la Russia, ognuno con il proprio intervento non coordinato e con intenti diversi…

R.  – Credo che ormai le istituzioni internazionali siano screditate e anche le grandi potenze intervengano senza una politica a medio-lungo respiro. Ci sono le elezioni americane che incombono, Putin vuole distogliere l’attenzione dalla crisi ucraina… Insomma, piccoli interessi del breve periodo mentre Paesi interi, come l’Iraq, la Siria, la Libia e adesso anche lo Yemen, rischiano quasi la distruzione totale.

D.  – In questo quadro l’Is intanto continua a controllare vaste aree della Siria e ad attrarre volontari da tutto il mondo. Questo è anche un fallimento delle intelligence occidentali; perché ha ancora questa capacità di attrazione così forte lo Stato islamico?

R. – All’interno di una certa frangia di fanatici millenaristi, addirittura apocalittici, può avere un’attrazione che però paragonerei a quella delle tifoserie calcistiche o di quelli che vanno a fare gli sport estremi. Insomma, una certa percentuale di pazzi al mondo purtroppo l’avremo sempre! No, l’intelligence internazionale non fa assolutamente niente perché credo che si sappia benissimo chi vende le armi all’Is, chi compra un milione di dollari al giorno di petrolio al mercato nero dell’Is, e in realtà non si fa nulla per fermare la spirale del terrore. Probabilmente a molti fa comodo che la situazione rimanga così e si riservano di intervenire quando sul terreno vedranno che le cose sono più favorevoli ai propri interessi.

D. – Malgrado la crisi migratoria, malgrado la situazione sul terreno sempre più drammatica, la comunità internazionale non riesce a trovare una linea che possa far uscire la Siria da questo tunnel…

R.  – Soprattutto è scandaloso l’atteggiamento passivo dell’Europa, salvo queste iniziative estemporanee della Francia, perché se la situazione in Medio Oriente e Nord Africa degenera, chi paga le spese di questo disastro siamo soprattutto noi. Le stiamo già pagando con questa prima ondata di profughi ma potrebbe diventare ancora peggio se questi Paesi non trovano un nuovo equilibrio a partire soprattutto dalla Libia. Anche qui è poco comprensibile come si sia passivi o interventisti ma in modo molto discutibile di fronte a una cosa che riguarda il nostro immediato futuro.

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Bagnasco: fermare mattanza cristiani. Ricostruire società più umana

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Le migrazioni, le persecuzioni dei cristiani, le minacce che pesano sulla famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, l’educazione ai diritti e ai doveri nella vita, la crisi economica e la mancanza di lavoro: questi i temi salienti affrontati dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, aprendo ieri pomeriggio a Firenze i lavori del Consiglio permanente dei vescovi italiani. Per il porporato, la sfida è quella di ricostruire una società più umana. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Parole lucide e severe quelle del cardinale Bagnasco nel delineare le vie d’impegno per la Chiesa italiana, in vista dell’Anno della Misericordia:

“Il nostro mondo rimane spesso avvinto dentro logiche individualistiche e fatica a scrollarsi quell’egoismo che, se apparentemente rende più forti, in realtà riveste di vulnerabilità ogni iniziativa, segnata da scarsa progettualità, dal perseguimento di interessi di parte, dall’oblio delle generazioni future e della sostenibilità del sistema”.

In aiuto ai migranti servono “risorse ingenti, tempi lunghi e volontà politiche certe”. Nessuno può rimproverare l’Italia che è stata “in prima linea sulle coste” per salvare vite “a differenza di altri”. Dunque sono tre i fronti da aprire sull’oggi, il domani e sui Paesi di provenienza. “A chi ha fame bisogna, innanzitutto, dar da mangiare”; poi offrire “un futuro di dignità”, condividendo “lingua, lavoro e casa”, perché “non si può vivere in eterno da assistiti; quindi favorire in concreto lo sviluppo dei Paesi d’origine, perché “nessuno sia costretto a fuggire da guerra, persecuzione e miseria”:

“La sfida è grande ma ineludibile: chi credesse di porvi rimedio attraverso improbabili scorciatoie, sbaglierebbe sul piano etico e sarebbe miope su quello politico”.

In gioco la coscienza individuale, il ruolo degli Stati, dell’Europa e dell’Onu. Ma “chi sono i grandi burattinai che decidono le sorti dei poveri e dei deboli” per incrementare il proprio lucro e potere, si è chiesto il porporato denunciando le “persecuzioni sanguinarie” religiose o etniche che colpiscono soprattutto i cristiani:

“La mattanza continua, programmata e feroce sia in Terra Santa che in altri Paesi del Medio Oriente e del Continente africano: sembra che qualcuno abbia deciso di sradicare i cristiani per bonificare il territorio!".

E ancora gli altri interrogativi inquietanti del card. Bagnasco:

“Chi procura armi per alimentare i molti conflitti? Chi compera petrolio da chi taglia le gole o affama o violenta senza pietà? Chi vuole la destabilizzazione sistematica di intere aree servendosi di ogni pretesto, religioso, politico, culturale? Chi soffia sul fuoco della confusione, della paura, del fanatismo, dell’ignoranza, e manipola gruppi, etnie, popoli?".

Quindi ha denunciato, il porporato, le pressioni pesanti e insistenti sulla famiglia, fondata sul matrimonio di un uomo ed una donna: 

“Non si vede perché realtà diverse di convivenza debbano essere trattate nello stesso modo”.

E ha puntato il dito contro la ‘teoria di gender':

“E' un progetto del pensiero unico che tende a colonizzare anche l’Europa e di cui spesso ha parlato Papa Francesco”.

“In diversi Paesi europei – ha ammonito – perfino certe aberrazioni come pedofilia, incesto, infanticidio, suicidio assistito” sono motivo di dibattito.

Ha messo in guardia il cardinale Bagnasco da “alcune teorie di persuasione delle masse” che riescono a far introdurre e poi legalizzare idee e pratiche ritenute al momento inaccettabili, anche ricorrendo a eufemismi:

“Consiste nel chiamare le cose peggiori con nomi meno brutali e respingenti per la sensibilità generale”.

Riguardo la violenza la corruzione la criminalità diffuse in Italia: “si raccoglie ciò che si semina”, ha biasimato:

“Le buone leggi sono necessarie e doverose, devono mirare al bene comune, non all’interesse di pochi; ma non bastano senza un’intensa, costante, vera opera educativa”.

Sulla crisi economica non si diffondano informazioni contradittorie, ha chiesto Bagnasco:

“Ciò non giova a restituire fiducia. E’ soprattutto l’economia reale che deve fornire dati certi e concreti".

Poi ancora il tema della natalità “prova più evidente e sicura di sviluppo”. Quando un Paese assicura casa e lavoro sufficiente e il suo sistema di valori è sano – ha ribadito il card. Bagnasco - ci si apre a nuove vite. Quindi il richiamo a rispondere ai bisogni urgenti “mettendo in campo volontari, risorse e servizi”. E qualche dato sull’assistenza offerta dalla Chiesa in Italia: 6 milioni i pasti assicurati ogni anno dalle mense, 15 mila i servizi rivolti a indigenti, mezzo milione le persone che ogni giorno portano le loro solitudini nei centri di ascolto. E la rassicurazione che le strutture ecclesiali con attività commerciali rispettano gli impegni di legge.

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Dibattito sui "nuovi diritti" con Pera e i cardinali Müller e Ruini

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Diritti umani e cristianesimo vanno di pari passo o alcuni dei cosiddetti “nuovi diritti” possono entrare i conflitto con la dottrina della Chiesa? A questa domanda prova a rispondere il saggio “Diritti umani e cristianesimo. La Chiesa alla prova della modernità”, scritto dal filosofo e politico Marcello Pera. Il volume, edito da Marsilio” è stato presentato a Roma. Il servizio di Michele Raviart

La tutela dei diritti umani si basa storicamente sulla dignità dell’uomo, ma questa rischia di essere messa in discussione quando i diritti diventano “una pretesa per soddisfare i propri bisogni personali”. Si parla quindi di “nuovi diritti”, figli di una visione immanentistica della società e non “un dono di Dio”, spiega il cardinale Camillo Ruini:

“Tra i diritti umani autentici - i reali diritti umani - e il cristianesimo c’è un accordo profondo. Purtroppo, tante volte, vengono presentati o direi addirittura contrabbandati come diritti umani degli pseudo diritti, che non sono diritti umani e che vanno contro la vera dignità dell’uomo. Si possono fare tanti esempi: uno è quello dell’aborto; un altro è quello del matrimonio omosessuale … E allora ci può essere non un accordo, ma un disaccordo”.

La rottura del “vaso di Pandora dei diritti”, come la definisce il cardinale Ruini, rischia di alimentare una serie infinita di valori non autentici da tutelare, giustificati solo da “una ragione fine a se stessa”. Afferma Marcello Pera, autore del volume:

“C’è anche il rischio che i diritti umani rivendichino una propria autonomia dell’uomo, anche nei confronti del suo Creatore: per cui sono diritti indipendentemente dal fatto che l’uomo sia una persona creata. Siccome i diritti rischiano di degenerare – come stanno già degenerando – l’unico vincolo, l’unico freno che adesso si può porre è la nozione e il concetto di 'doveri' e in particolare di doveri verso Dio. Se l’enfasi e l’accento si pongono esclusivamente sui diritti, il rischio è proprio quello dell’autonomia dell’uomo e anche della disgregazione sociale".

Uno dei valori a essere più sotto attacco da parte di un “laicismo che annulla la libertà religiosa” è il matrimonio e la famiglia, tema dell’imminente Sinodo. Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede:

"Il Santo Padre ha sempre sottolineato l’importanza della famiglia e del matrimonio, che sono cellule della società ed anche della Chiesa, perché la famiglia è una 'Chiesa domestica'. Mi aspetto che il Sinodo faccia più chiarezza riguardo alla sacramentalità del matrimonio, alla sacralità del matrimonio. Il matrimonio non è soltanto ideale ed umano, ma è anche un dono di Dio. Mi aspetto delle discussioni che non siano mediocri, ma basate su una conoscenza profonda della dottrina di Gesù, dell’Antico e del Nuovo Testamento, e sull’autentica interpretazione della Rivelazione da parte del Magistero".

In una concezione della società in cui quello che decide lo Stato rischia di essere superiore alla coscienza individuale dell’uomo, un ruolo cruciale è quello dei media, in particolare quando si tratta della cosiddetta “teoria gender”. Ancora il cardinale Müller:

"I mass-media hanno una grande responsabilità! Vogliono imporre questa ideologia gender, che non è niente di più se non la completa distruzione della condizione umana, con orribili conseguenze per i bambini, per la gioventù, per i coniugi. Noi dobbiamo difendere la dignità umania, che ha il suo fondamento in Dio Creatore, che ci dà tutta la sua grazia e tutte le disposizioni per raggiungere non solo la felicità naturale, ma anche la felicità soprannaturale, che è la vita eterna".

 

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San Francesco: cerimonia per la ricognizione delle reliquie

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Una ricognizione in forma privata delle reliquie di San Francesco – un evento raro perché accaduto soltanto quattro volte nel corso di otto secoli – è avvenuta lo scorso 25 marzo nella nella cripta della Basilica inferiore d’Assisi, ma la notizia è stata diffusa solo in questi giorni. Al momento solenne hanno assistito 150 frati francescani che hanno intonato il canto Laudato si’ in omaggio al proprio “padre”. Al microfono di Maria Caterina Bombarda, il direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato, ha descritto le tre tappe che hanno preceduto quest’ultima cerimonia: 

R. - La prima tappa è stata nel 1818, sotto il papato di Pio VII; da quel momento parte un iter per l’esumazione delle spoglie di Francesco, tumulato nella Basilica di Assisi e la collocazione delle stesse in una cripta, quella attuale, modificata nel secolo scorso. Poi l’intervento vero e proprio nel 1978 sotto il papato di Paolo VI: da qui prende il via un processo conservativo sulle spoglie del Santo, sistemate in una piccola scatola di plexiglass. Quella stessa scatola oggi contiene le spoglie. Una revisione venne fatta di nascosto per non creare clamore nel 1994, dal compianto padre Giulio Berrettoni, ed oggi dal custode del Sacro convento, padre Mauro Gambetti, proprio perché c’era un’indicazione del medico. Lo stesso medico ha guardato ed ha dato le sue analisi su un corpo che si conserva sostanzialmente bene.

D.- Quale è stato il senso spirituale profondo di questa ricognizione?

R. – Userei due termini: preghiera e commozione. Tutto il momento che il Sacro convento ha vissuto insieme a tutte le famiglie francescane di Assisi e alla presenza dei rappresentanti dei vertici degli ordini francescani, è stato un momento di preghiera forte per coloro che qui depongono tante orazioni, le loro ansie, le loro speranze, le loro gioie, la loro gratitudine, e ancora una preghiera per quelle speranze ed inquietudini che ci portiamo nel cuore singolarmente come frati che hanno rivisto il loro papà, il motivo della loro scelta.

D. – Ancora questa ricognizione non era accaduta sotto un Papa che porta lo stesso nome del santo d’Assisi. Che significato ha avuto per la famiglia francescana lì riunita?

R. – Intanto è una felice coincidenza che noi amiamo leggere alla luce della storia che Dio scrive per ciascuno di noi in collaborazione con noi. Francesco ci ha ricordato il custode padre Mauro Gambetti è un Santo essenziale dalla popolarità disarmante e ci rendiamo conto quanto il mondo guardi a lui per ispirarsi; ognuno è accolto com’è, ma anche interpellato. Io direi che questa coincidenza la leggiamo alla luce di un Dio che ci accoglie e ci interpella. Ecco perché abbiamo pensato che lui avrebbe voluto vivere questo momento senza clamore in modo riservato, come quando morì, quando aveva accanto solo i suoi frati e con quel pensiero rivolto alla Chiesa.

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Nella Chiesa e nel mondo



Con la festa di Santa Teresa di Lisieux inizia l’Ottobre missionario

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La festa liturgica di Santa Teresa di Gesù Bambino (1873-1897) che si celebra oggi, 1° ottobre, segna l’inizio dell’Ottobre Missionario, che avrà il suo culmine nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, la penultima domenica del mese, quest’anno il 18 ottobre. In alcune nazioni la Giornata Missionaria viene spostata ad un’altra domenica, secondo le esigenze pastorali locali. Nella cappella del Palazzo di Propaganda Fide, il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, card. Fernando Filoni, ha presieduto questa mattina la Concelebrazione Eucaristica cui hanno partecipato sacerdoti, religiosi, religiose e laici della Congregazione e dei segretariati internazionali delle Pontificie Opere Missionarie.

Ottobre mese missionario a ricordo della scoperta del continente americano
In tutto il mondo la Chiesa cattolica celebra in ottobre il Mese delle Missioni, ricordando il dovere di ogni battezzato di collaborare, con la preghiera e con il sostegno, alla missione universale della Chiesa. Ottobre è stato scelto come mese missionario a ricordo della scoperta del continente americano, che aprì una nuova pagina nella storia dell’evangelizzazione.

Gli eventi del mese missionario con il Sinodo dei vescovi
​Nella Giornata Missionaria di quest’anno, che cade durante la celebrazione della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dal 4 al 25 ottobre, che tratterà il tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”, Papa Francesco canonizzerà i coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin, genitori di Santa Teresa, proclamata nel 1927 Patrona delle Missioni con San Francesco Saverio. Le loro reliquie, insieme a quelle della figlia, saranno esposte alla venerazione dei fedeli per tutta la durata del Sinodo, nella basilica di Santa Maria Maggiore. Insieme a loro verranno canonizzati il sacerdote italiano don Vincenzo Grossi e la religiosa spagnola suor Maria dell’Immacolata Concezione (Maria Salvat Romero). (S.L.)

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Chiesa caldea: il Sinodo convocato a Roma a fine ottobre

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Si terrà a Roma, dal 24 al 29 ottobre, l'Assemblea sinodale della Chiesa caldea, alla quale sono stati convocati i 21 vescovi alla guida delle diocesi caldee presenti in territorio iracheno, in Medio Oriente e presso le comunità caldee in diapora. Lo riferiscono le fonti ufficiali del patriarcato caldeo, riprese dall'agenzia Fides.

La sede di Roma scelta per motivi logistici
Il Sinodo della Chiesa caldea era stato in precedenza convocato per lo scorso 22 settembre ad Ankawa, sobborgo di Erbil abitato in maggioranza da cristiani, dove sono ospitati anche buona parte dei profughi della Piana di Ninive fuggiti davanti all’avanzata dei jihadisti del sedicente Stato Islamico (Daesh). Poi l'Assemblea sinodale è stata rinviata, e adesso la nuova convocazione a Roma renderà più agevole il viaggio per i vescovi provenienti dagli Stati Uniti, dal Canada e dall'Australia. Il patriarca Louis Raphael Sako si troverà già a Roma, dove avrà preso parte al Sinodo sulla famiglia.

Tra i temi dell'Assemblea la persecuzione anti-cristiana in Medio Oriente
L'Assemblea sinodale della Chiesa caldea è chiamata a favorire l'unità e la comunione tra le diocesi, dentro e fuori il territorio iracheno. I vescovi saranno chiamati a confrontarsi sulle tragiche emergenze che coinvolgono i popoli del Medio Oriente, comprese quelle che riguardano le decine di migliaia di cristiani fuggiti dalla Piana di Ninive. Ai vescovi verrà anche chiesto di tracciare un bilancio dei due anni e mezzo trascorsi dall'elezione del patriarca Louis Raphael Sako. 

La controversia su sacerdoti e monaci che hanno lasciato l'Iraq
Verrà affrontata inoltre la controversia ecclesiale sorta intorno ad un gruppo di sacerdoti e monaci che, nel corso degli ultimi anni, avevano lasciato le proprie diocesi e le proprie case religiose in Iraq senza il permesso dei superiori, e si erano trasferiti negli Usa e in altri Paesi occidentali dove è diffusa la diaspora caldea. Già a ottobre 2014, il patriarca Louis Raphael aveva pubblicato un decreto in cui ordinava ai fuoriusciti senza permesso di rientrare nelle rispettive diocesi di origine, o di concordare con i propri vescovi e con i capi delle comunità la regolarizzazione del proprio trasferimento.

La gestione dei fondi per carità e assistenza ai rifugiati
Nelle sessioni di lavoro, i vescovi caldei saranno anche chiamati a stabilire i criteri che devono orientare una gestione efficace e trasparente dei fondi destinati alla carità e all'assistenza ai rifugiati. Si discuterà anche dell'urgenza di favorire la partecipazione dei laici alla vita ecclesiale, attraverso la valorizzazione dei consigli parrocchiali. Il patriarcato caldeo ha invitato tutte le parrocchie e le comunità caldee sparse nel mondo a pregare il Signore per la buona riuscita dell'Assemblea sinodale. (G.V.)

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I vescovi asiatici firmano una petizione sul clima

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I vescovi asiatici hanno approvato e firmato la petizione promossa dal Movimento cattolico globale sul clima (Global Catholic Climate Movement), rete che unisce numerose organizzazioni in vista della Conferenza mondiale di Parigi sul clima, che si terrà a dicembre 2015. Come riferisce l'agenzia Fides, la petizione è stata discussa e approvata in un recente incontro della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (Fabc), tenutosi nei giorni scorsi a Hong Kong. Il testo sollecita i leader mondiali ad adottare una agenda ambiziosa in difesa della terra, per fermare i cambiamenti climatici e, come riferisce una nota della Fabc, sostenere l’appello lanciato da Papa Francesco nell’enciclica “Laudato sì” per una “conversione ecologica”, invitando i leader mondiali a concordare una strategia per mantenere l'aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi centigradi.

Il continente colpito da siccità, ondate di caldo e tifoni
Nell’incontro i vescovi asiatici hanno espresso preoccupazione per “il grave rischio di cambiamenti climatici”, citando eventi meteorologici insoliti in tutta l'Asia, evidenti negli ultimi anni, che hanno colpito soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili. Tra questi, i vescovi hanno ricordato le ondate di caldo e la forte siccità in paesi come India, Pakistan , Cambogia, Indonesia, Vietnam e Thailandia, che è stata costretta a ricorrere perfino al razionamento dell'acqua. D’altro canto, tifoni sempre più poderosi e distruttivi colpiscono il Sudest asiatico, specialmente le Filippine. 

Eventi climatici hanno creato una massa di "rifugiati ambientali"
Il raduno dei vescovi ha rimarcato i danni e la sofferenza umana causata dalla distruzione dell'ambiente, citando fenomeni come la deforestazione indiscriminata e irresponsabile. Tutti questi fenomeni, hanno concluso i vescovi, generano una massa di “rifugiati ambientali”, profughi che perdono tutto a causa dei disastri naturali e cercano luoghi più sicuri in cui vivere. (P.A.)

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Parigi: Bartolomeo a celebrazione ecumenica per salvaguardia del creato

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Giovedì 3 dicembre, nel cuore dei lavori della Conferenza internazionale Onu sul cambiamento climatico, Cop 21, in programma dal 30 novembre all'11 dicembre, le Chiese cristiane si danno appuntamento a Parigi nella cattedrale di Notre-Dame per “una celebrazione ecumenica per la salvaguardia del creato”. La predicazione è affidata al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, considerato per il suo impegno un leader spirituale del movimento cristiano per l’ambiente. La celebrazione ecumenica è solo una delle tante iniziative che le Chiese promuovono a Parigi per spingere i leader mondiali a prendere azioni decisive per limitare il riscaldamento climatico che sta mettendo a rischio la sopravvivenza del nostro Paese. 

Appello del Consiglio delle Chiese cristiane in Francia
Il calendario delle attività - riferisce l'agenzia Sir - è stato presentato nei giorni scorsi a Parigi dal Consiglio delle Chiese cristiane in Francia che ha lanciato un messaggio ai leader mondiali. “Noi chiediamo ai responsabili politici ed economici, in particolare, a coloro che sono riuniti alla Cop 21, di prendere le decisioni necessarie per limitare il riscaldamento a 2 gradi centigradi affinché i nostri fratelli e sorelle più vulnerabili e le generazioni future non ne siano vittime”.

Digiuno e pellegrinaggi per il clima
Numerose le iniziative messe in campo: il 1° dicembre le Chiese si uniranno (come già stanno facendo da un anno ogni primo del mese) al “digiuno per il clima”, una campagna di sensibilizzazione avviata a livello mondiale in “solidarietà con le popolazioni colpite dagli effetti del cambiamento climatico”. Dal mese di settembre sono partiti da diverse città dell’Europa “pellegrinaggi per il clima” a piedi verso Parigi. Da qualunque parte si parta, l’arrivo in città è previsto per il 27 novembre, giorno in cui è in programma una “Serata per il clima”. Poi il giorno dopo, il 28, tutti confluiranno a Saint-Denis (non lontano dal luogo della Cop21) per una “marcia” al termine della quale verranno consegnate ai leader dei governi una serie di petizioni. 

I più deboli e più poveri, vittime dei cambiamenti climatici
“Gravi sono i pericoli che corre il mondo a causa dei cambiamenti del clima che sono causati da un uso improprio che fanno gli esseri umani delle risorse a loro disposizione”, scrivono i leader delle Chiese nel messaggio. “Sentiamo un obbligo impellente di affrontare le cause di questo degrado. Siamo testimoni della sofferenza incommensurabile che provoca”, in particolare sui “più deboli e i più poveri tra noi”: “Consapevoli dell’impatto dello stile di vita nei Paesi più sviluppati, dobbiamo mettere in discussione la nostra logica di consumo adottando pratiche di sobrietà e semplicità”. (R.P.)

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Sudafrica: la Chiesa chiede azioni concrete anti-corruzione

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“Riteniamo che il governo non stia facendo abbastanza per dimostrare la serietà dei suoi sforzi per prevenire e combattere la corruzione. La retorica politica spesso non è accompagnata da azioni concrete” ha affermato mons. Abel Gabuza, vescovo di Kimberley e presidente della Commissione episcopale “Giustizia e Pace” del Sudafrica, presentando l’adesione dell’organismo da lui presieduta alla marcia anticorruzione che si è svolta ieri.

I manifestanti hanno chiesto di ripulire il governo dai corrotti
La marcia, alla quale hanno preso parte migliaia di persone, è stata organizzata dall’opposizione, dai sindacati e da organizzazioni della società civile e si è svolta a Pretoria e a Città del Capo. I dimostranti hanno chiesto al Presidente Jacob Zuma di ripulire il suo governo dagli elementi corrotti prima delle prossime elezioni.

Inchieste sulla corruzione politica sono state frenate da interferenze governative
Secondo le informazioni raccolte dall'agenzia Fides, diverse inchieste sulla corruzione politica sono state frenate da interferenze governative nelle indagini condotte dai cosiddetti Falchi (Hawks), un organo speciale di polizia incaricato di indagini di questo genere. Un fatto ricordato da mons. Gabuza, secondo il quale “Giustizia e Pace è particolarmente preoccupata della mancanza di un’azione concreta nell’attuare la sentenza della Corte Costituzionale che chiede misure effettive per accrescere l’indipendenza del Directorate for Priority Crime Investigations (i “Falchi”)”. “Nel 2012 - ricorda il vescovo - la Corte Costituzionale ha stabilito che i ‘Falchi’ non sono effettivamente indipendenti dalle interferenze politiche ed ha ordinato una correzione della legislazione”. “Il governo - prosegue mons. Gabuza - ha fatto resistenze nel ristrutturare i ‘Falchi’ per proteggerli da indebite interferenze politiche come stabilito dalla Corte Costituzionale”. Il presidente di Giustizia e Pace ha concluso chiedendo un coinvolgimento del Parlamento, e non solo dell’esecutivo, nel decidere il futuro dei “Falchi”, in particolare la loro autonomia all’interno dell’amministrazione di polizia e la nomina del loro capo. (L.M.)

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Incendio convento di Betlemme: Abu Mazen chiama card. Raï

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Il Presidente palestinese Abu Mazen ha voluto raggiungere telefonicamente il patriarca maronita Boutros Bechara Raï – attualmente a Roma – per esprimergli solidarietà dopo l'incendio vandalico che ha danneggiato una parte del convento di Mar Charbel, a Betlemme. Lo riferiscono i media libanesi. Durante la conversazione telefonica, avvenuta ieri, il Presidente palestinese ha detto di essere a fianco della Chiesa maronita – a cui appartiene il convento – e ha confermato che sono in corso indagini serrate per individuare l'autore - o gli autori - dell'atto intimidatorio. Il patriarca Raï, dal canto suo, ha ringraziato Abu Mazen per i fondi stanziati dal governo palestinese a favore del restauro del convento.

Incendio doloso non per motivi religiosi
​I primi riscontri dell'inchiesta avviata dalle forze di polizia palestinesi sull'incendio doloso – secondo quanto riferito all'agenzia Fides dal vescovo William Shomali, vicario patriarcale per Gerusalemme e Palestina del patriarcato latino di Gerusalemme - accreditano la pista della ritorsione criminale per motivi di interesse, e non quella dell'intimidazione con motivazioni religiose. L'incendio sarebbe stato appiccato come rivalsa vendicativa, in qualche modo connessa con l'uso dei finanziamenti disposti per i lavori di restauro. (G.V.)

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Pakistan: cristiani in carcere per blasfemia temono attentati

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Quattro cristiani accusati e arrestati per presunta blasfemia rischiano di essere uccisi in un omicidio extragiudiziale. Come riferisce l'agenzia Fides, il Pastore protestante Aftab Gill, Unatan Gill e altri due cristiani, attualmente detenuti nel carcere centrale del Punjab, dovrebbero comparire in tribunale il 16 ottobre, ma la Corte ha rifiutato di fornire loro una scorta. I familiari temono che, nel trasferimento, possano essere uccisi dai radicali.

I cristiani non avevano alcun intento blasfemo
I quattro sono accusati di aver offeso l’islam, pubblicando, in occasione di un funerale, alcuni manifesti in cui si utilizzava la parola “rasool” (in urdu: apostolo) che è un attributo del Profeta Maometto. Un mese fa il tribunale ha negato la scarcerazione ai cristiani, concedendo invece la cauzione al tipografo musulmano che ha stampato i manifesti. Nell’istanza, afferma l’Ong Claas (Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement), “il giudice è stato prevenuto in quanto il termine ‘rasool’ è presente nella Bibbia in urdu e i cristiani non avevano alcun intento blasfemo”.

L'avvocato islamico: non posso avallare una simile ingiustizia
​Imtiaz Shakir, avvocato musulmano che difende i cristiani in tribunale, commenta a Fides: “Il processo è pura follia, si sta abusando della parola rasool, che in urdu significa messaggero. L’accusa è pretestuosa, l’intero sistema è polarizzato, le autorità locali stanno cercando l'occasione per un altro omicidio extragiudiziale”. “La mia religione – prosegue Shakir – non mi permette di avallare una simile ingiustizia: queste persone innocenti stanno soffrendo a causa di un fraintendimento dell’islam. Questo è un fallimento del sistema giudiziario e un abuso di potere. Non solo i cristiani ma tutti i cittadini pakistani che credono nello Stato di diritto e nella giustizia dovrebbero alzare la voce per difendere questi innocenti”. (P.A.)

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Francia: vescovi contro Campagna del governo pro-aborto

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I vescovi tornano con una nota a ribadire il loro no all’aborto e lo fanno opponendosi alla nuova iniziativa del governo che in questi giorni ha lanciato una nuova Campagna a favore dell’interruzione volontaria di gravidanza. “Ivg : mon corps, mon choix, mon droit” (“Ivg: il mio corpo, la mia scelta, il mio diritto”) è lo slogan della campagna che a parere di mons.Olivier Ribadeau Dumas, portavoce dei vescovi francesi nonché segretario generale della Conferenza episcopale, “sottolinea l’approccio individualista al dramma dell’aborto. Il diritto assoluto accordato alla madre sul suo corpo giustificherebbe il diritto a sopprimere la vita nascente”. 

La Campagna mette in secondo piano la vita nascente
La Campagna - riferisce l'agenzia Sir - insiste sulla libertà fondata sull’informazione ma i vescovi mettono fortemente in guardia sul fatto che questa informazione mette in secondo piano la vita nascente. Il sito web, che accompagna la Campagna, sostiene che “il diritto all’aborto è sostenuto all’unanimità dai francesi”. “Si tratta - incalza mons. Dumas - di una contro-verità che viola la libertà di tante persone a pensare in modo diverso”.  

Aborto: un fatto grave che segna soprattutto le donne
La Conferenza episcopale francese ribadisce “l’urgente necessità di non considerare l’aborto come un incidente di percorso nella vita, ma come un atto grave che coinvolge e segna spesso in modo profondo e durevole le persone che lo vivono: le donne, ma anche gli uomini e le famiglie”. Per questo la Chiesa ha sempre avuto una attenzione particolare alle donne che hanno vissuto l’aborto e sono molte le organizzazioni dedicate all’informazione, all’accoglienza e al loro sostegno. 

La protezione del nascituro rientra in un'ecologia integrale che rispetta l'uomo
Mons. Dumas fa notare come questa Campagna del governo a favore dell’aborto arriva in un momento in cui in Francia si sta dibattendo la legge sulla salute dove sono contenute “misure inquietanti” come quella volta ad agevolare l’emissione della contraccezione d’emergenza ai minori e la fine del periodo obbligatorio di una settimana tra la visita medica e l’aborto. E conclude: “In un’epoca in cui la fragilità umana e la povertà minano le nostre società, la protezione del nascituro come l’accoglienza delle situazioni di difficoltà rientrano in una ecologia integrale che rispetta ogni uomo”. (R.P.)

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Irlanda. Plenaria dei vescovi: diritto alla casa è sacro

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Ci sia “una casa per ogni famiglia”, perché l’accesso all’abitazione è un “diritto sacro: questo l’appello lanciato dalla Plenaria autunnale dei vescovi irlandesi, riunitasi in questi giorni.  Nel corso dell’incontro, si legge nel comunicato finale diffuso dalla Conferenza episcopale irlandese, i vescovi hanno discusso anche della situazione abitativa attuale ricordando che “la dottrina sociale cattolica riconosce che la casa è un diritto umano universale, con le corrispondenti responsabilità che ricadono sulle società per onorare tale diritto”.

I problemi abitativi ricadono sulla vita familiare
La condizione dei senzatetto o di chi vive in alloggi inadeguati e inaffidabili, la minaccia di perdere la propria casa, “sono tutte esperienze - scrivono i vescovi - che causano enorme disagio e stress sugli individui e sulle famiglie”. Il problema abitativo ha ricadute sui rapporti familiari causando spesso la rottura di matrimoni e relazioni, colpisce la salute delle persone, la capacità di accedere all’istruzione e più in generale di “partecipare alla vita normale della comunità”. Si tratta anche di un’esperienza che “infligge gravi danni al benessere emotivo dei bambini”.

Creata una speciale pagina web per il Sinodo sulla famiglia
Da qui la richiesta di “raddoppiare gli sforzi da parte di tutte le autorità pertinenti, al fine di trovare le risorse necessarie anche per evitare la morte di persone senza fissa dimora sulle nostre strade”. Tra gli altri temi esaminati dai presuli, anche il nono Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Dublino nel 2018: una notizia che i vescovi “hanno accolto calorosamente”, incaricando il Consiglio per matrimonio e della famiglia di assistere nella pianificazione “di questa speciale festa della fede e della famiglia”. I presuli irlandesi hanno riflettuto anche sul 14.mo Sinodo generale ordinario sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” che si svolgerà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre. In vista dell’evento, la Chiesa di Dublino ha creato un’apposita pagina informativa web raggiungibile al link www.catholicbishops.ie/2015/09/29/archbishops-eamon-martin-diarmuid-martin-attend-synod-bishops-rome/

No alla tratta degli esseri umani. Applicare obiettivi per sviluppo sostenibile
Centrale anche la lotta alla tratta degli esseri umani: “Nel contesto di questo Anno della vita consacrata – si legge nel comunicato finale -  i vescovi hanno fatto eco a Papa Francesco nel riconoscere l'importante contributo delle Congregazioni religiose per sradicare il traffico di esseri umani e fornire assistenza e sostegno alle vittime”. Si lavora, intanto, alla preparazione della Giornata dell’Unione Europea contro il traffico di esseri umani, che sarà celebrata il 18 ottobre. Ulteriori approfondimenti sono stati dedicati alla salvaguardia dei minori. Ribadita poi l’importanza degli obiettivo per lo sviluppo sostenibile: “I vescovi hanno auspicato che questi obiettivi siano effettivamente applicati in modo da migliorare la vita delle persone più vulnerabili in tutto il mondo”, prosegue la nota.

L’importanza dell’opera missionaria
In vista, inoltre, dell’89.ma Giornata missionaria mondiale, che ricorrerà domenica 18 ottobre, la Chiesa di Dublino ha invitato a rileggere ed a riflettere sui contenuti del decreto conciliare “Ad gentes”, promulgato dal Beato Paolo VI nel dicembre di 50 anni fa, e dedicato all’attività missionaria della Chiesa. Per l’occasione, la Conferenza episcopale locale ha distribuito in tutte le parrocchie del Paese un dvd che racconta il lavoro dei missionari irlandesi con i senza-tetto di Manila, nelle Filippine, e con i bambini ed i malati di Aids a Seoul, in Corea del Sud. “I vescovi – sottolinea la nota - hanno espresso il loro apprezzamento per l’opera missionaria ed hanno chiesto ai fedeli di continuare a sostenerla per portare speranza nella vita dei più emarginati ed oppressi”.

A novembre, delegazione di vescovi in visita all’Ue
Materiale di approfondimento verrà distribuito anche per la Giornata della vita, che ricorre il 4 ottobre, sul tema “Coltivare la vita, accettando la morte”. Infine, è stato reso noto che una delegazione della Conferenza episcopale irlandese effettuerà una visita presso le istituzioni dell'Unione europea nel mese di novembre. Oltre ad incontri con politici e funzionari, la delegazione vedrà anche i rappresentanti della Comece, la Commissione degli episcopati della Comunità europea. In precedenza, visite simili si sono svolte nel 1993 e nel 2002. (A cura di Isabella Piro)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 274

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.