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Sommario del 04/10/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Valori ma anche attenzione a umanità ferita: così il Papa apre il Sinodo

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La Chiesa difende i valori fondamentali, senza dimenticare l’umanità ferita: questo, in sintesi, il cuore dell’omelia di Papa Francesco per la Messa inaugurale del XIV Sinodo generale ordinario sulla famiglia, celebrata nella Basilica Vaticana, insieme con numerosi Padri Sinodali. Il Papa ha ribadito l’indissolubilità del vincolo coniugale, esortando al contempo la Chiesa ad accogliere con misericordia le coppie ferite. Il servizio di Isabella Piro: 

Nel mondo globalizzato, i cuori sono sempre più vuoti
Il dramma della solitudine, l’amore tra uomo e donna, la famiglia: sono i tre assi portanti dell’omelia del Papa. Nel “paradosso di un mondo globalizzato”, dice, ci sono tante abitazioni lussuose, ma sempre meno il calore della casa e della famiglia; tanto divertimento, ma sempre più vuoto nel cuore; tanti piaceri, ma poco amore; tanta libertà, ma poca autonomia. Ecco, allora, che la solitudine colpisce gli anziani, i vedovi, i coniugi abbandonati, le persone incomprese ed inascoltate, quelle chiuse nell’egoismo, nella violenza, dello schiavismo del 'dio denaro'; i migranti ed i profughi in fuga da guerre e persecuzioni, i giovani vittime della cultura del consumismo e dello scarto. E la famiglia, sottolinea il Pontefice, è l’icona di questa realtà in cui c’è “sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto solido e fecondo di amore”:

Dio ha creato l’uomo per la felicità e l’amore
“L’amore duraturo, fedele, coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale”.

Al contrario – spiega il Pontefice - è proprio l’amore tra uomo e donna a cancellare la solitudine, perché  Dio ha creato l’essere umano “per la felicità”, “per vivere la stupenda esperienza dell’amore, cioè amare ed essere amato”, “per vedere il suo amore fecondo nei figli”:

“Nulla rende felice il cuore dell’uomo come un cuore che gli assomiglia, che gli corrisponde, che lo ama e che lo toglie dalla solitudine e dal sentirsi solo (…) Ecco il sogno di Dio per la sua creatura diletta: vederla realizzata nell’unione di amore tra uomo e donna; felice nel cammino comune, feconda nella donazione reciproca”.

Obiettivo della vita coniugale è amarsi per sempre
“Di fronte alla folla che lo seguiva e che praticava il divorzio come realtà consolidata e intangibile” continua il Papa, Gesù insegna che “Dio benedice l’amore umano” e unisce “nell’indissolubilità” i cuori di “un uomo ed una donna che si amano”:

“Ciò significa che l’obiettivo della vita coniugale non è solamente vivere insieme per sempre, ma amarsi per sempre!”

Matrimonio non è utopia adolescenziale. L’uomo sogna amore autentico
Solo alla luce dell’amore insegnato da Gesù, quell’amore folle di gratuità, appare comprensibile anche “la follia della gratuità di un amore coniugale unico e fino alla morte”, che supera individualismo, gretto egoismo e legalismo, perché in fondo gli uomini hanno “sete di infinito”:

“Per Dio il matrimonio non è utopia adolescenziale, ma un sogno senza il quale la sua creatura sarà destinata alla solitudine! (…) Paradossalmente anche l’uomo di oggi – che spesso ridicolizza questo disegno – rimane attirato e affascinato da ogni amore autentico, da ogni amore solido, da ogni amore fecondo, da ogni amore fedele e perpetuo. Lo vediamo andare dietro agli amori temporanei ma sogna l’amore autentico; corre dietro ai piaceri carnali ma desidera la donazione totale”.

Difendere indissolubilità matrimonio, accogliere con misericordia coppie ferite
In questo “contesto sociale e matrimoniale assai difficile”, dunque, il Papa ricorda che la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione “nella fedeltà, nella verità e nella carità”.

“Vivere la sua missione nella fedeltà al suo Maestro (…) per difendere la sacralità della vita, di ogni vita; per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente. Vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti, che protegge l’uomo e l’umanità dalle tentazioni dell’autoreferenzialità e dal trasformare l’amore fecondo in egoismo sterile, l’unione fedele in legami temporanei. (…) E la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri, ma –  fedele alla sua natura di  madre – si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia”.

Chiesa ospedale da campo: porte aperte per chi bussa e chiede aiuto
La Chiesa deve essere “ospedale da campo” – dice ancora il Papa – avere le porte aperte ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno; deve “uscire dal proprio recinto” per “camminare con l’umanità ferita, per includerla e condurla alla sorgente di salvezza”:

“Una Chiesa che insegna e difende i valori fondamentali (…) Una Chiesa che educa all’amore autentico, capace di togliere dalla solitudine, senza dimenticare la sua missione di buon samaritano dell’umanità ferita”.

Chi sbaglia va compreso ed amato. Chiesa sia ponte e non barriera
“L’errore ed il male devono essere sempre condannati e combattuti; ma l’uomo che cade o che sbaglia deve essere compreso ed amato”, conclude il Pontefice, citando San Giovanni Paolo II. La Chiesa, allora, deve cercare, accogliere ed accompagnare “l’uomo del nostro tempo” per non tradire se stessa e la sua missione di essere ponte, e non barriera. Infine, il Papa affida i lavori del Sinodo all’intercessione della Vergine Maria e di San Giuseppe.

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Famiglia e bimbi che scappano da guerre: il Papa all'Angelus

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“Società-famiglia e non società-fortezza”:  Papa Francesco all’Angelus ricorda i “tanti bambini infelici” che scappano dalle guerre e bussano alle nostre porte e chiede “regole adeguate” per accogliere. Non manca il pensiero forte al Sinodo perché la Chiesa assicuri  “un impegno adeguato con le famiglie e per le famiglie”. La preghiera perchè il mondo sia liberato dal flagello della guerra e poi il pensiero alle vittime della frana in Guatemala e dell'alluvione in Costa Azzurra, in Francia. Le parole di Papa Francesco, nel servizio di Fausta Speranza. 

“Penso a tanti bambini affamati, abbandonati, sfruttati, costretti alla guerra, rifiutati. È doloroso vedere le immagini di bambini infelici, con lo sguardo smarrito, che scappano da povertà e conflitti, bussano alle nostre porte e ai nostri cuori implorando aiuto”.

Papa Francesco chiede di non restare indifferenti. La risposta deve essere adeguata ma deve esserci:

“Il Signore ci aiuti a non essere società-fortezza, ma società-famiglia, capaci di accogliere, con regole adeguate, ma accogliere, accogliere sempre con amore”.

Poi il pensiero forte al Sinodo e la preghiera “perché – dice il Papa –il disegno originario del Creatore sull’uomo e la donna possa attuarsi e operare in tutta la sua bellezza e la sua forza nel mondo di oggi”. E il Papa aggiunge un riferimento preciso: l’invito a pregare “affinché lo Spirito Santo renda i Padri Sinodali pienamente docili alle sue ispirazioni”. Con l’invocazione della materna intercessione della Vergine Maria, papa Francesco sottolinea la Comunione con chi nello stesso momento nel Santuario di Pompei recita la “Supplica alla Madonna del Rosario”.

L’indicazione di Papa Francesco è chiara: “Terremo lo sguardo fisso su Gesù”. Anche l’obiettivo è chiaro: “Individuare, sulla base del suo insegnamento di verità e di misericordia, - dice il Papa - le strade più opportune per un impegno adeguato della Chiesa con le famiglie e per le famiglie”.

Prendendo spunto dalla Liturgia che ripropone proprio il testo fondamentale del Libro della Genesi sulla complementarietà e reciprocità tra uomo e donna, il Papa  parla dell’amore e dell’unità di una coppia che diventando genitori “partecipa della potenza creatrice di Dio stesso”. Ma Papa Francesco fa una raccomandazione:

“Ma attenzione! Dio è amore, e si partecipa alla sua opera quando si ama con Lui e come Lui”.

L’amore, riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, è  anche l’amore che viene donato agli sposi nel Sacramento del matrimonio. “E’ l’amore che alimenta il loro rapporto, attraverso gioie e dolori, momenti sereni e difficili. E’ l’amore che suscita il desiderio di generare i figli, di attenderli, accoglierli, allevarli, educarli”. E qui il Papa avverte: “E’ lo stesso amore che, nel Vangelo di oggi, Gesù manifesta ai bambini: «Lasciate che i bambini vengano a me”. Dunque una preghiera che si fa appello:

“Chiediamo al Signore che tutti i genitori e gli educatori del mondo, come anche l’intera società, si facciano strumenti di quell’accoglienza e di quell’amore con cui Gesù abbraccia i più piccoli. Egli guarda nei loro cuori con la tenerezza e la sollecitudine di un padre e al tempo stesso di una madre.”

Dopo la recita della preghiera mariana, il pensiero in particolare alla beatificazione, ieri a  Santander, in Spagna, di Pio Heredia e diciassette compagni e compagne dell’Ordine Cistercense della stretta osservanza e di San Bernardo, uccisi per la loro fede durante la guerra civile spagnola e la persecuzione religiosa degli anni Trenta del secolo scorso. “Lodiamo il Signore – dice Francesco - per questi suoi coraggiosi testimoni e, per loro intercessione, supplichiamolo di liberare il mondo dal flagello della guerra”.

E poi il pensiero, con l'appello alla solidarietà, per le vittime della frana in Guatemala e dell'alluvione in Costa Azzurra, in Francia:

"Desidero rivolgere una preghiera al Signore per le vittime della frana che ha travolto un intero villaggio in Guatemala, come pure per quelle delle alluvioni avvenute in Francia, sulla Costa Azzurra. Siamo vicini alle popolazioni duramente colpite, anche con la solidarietà concreta".

Un saluto ai pellegrini provenienti da tante parti del mondo, in particolare ai fedeli dell’Arcidiocesi di Paderborn (Germania), quelli di Porto (Portogallo), e il gruppo del collegio Mekhitarista in Roma. E, nel giorno di san Francesco di Assisi, patrono d’Italia, il saluto con particolare affetto per i pellegrini italiani!, in particolare i fedeli di Reggio Calabria, Bollate, Mozzanica, Castano Primo, Nule e Parabita; i ragazzi di Belvedere di Spinello e l’Associazione dei diritti dei pedoni di Roma e del Lazio.

A tutti il rinnovato invito: “per favore, non dimenticatevi di pregare per me”.

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Papa alla Veglia per il Sinodo: famiglia è luce nel buio del mondo

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Migliaia le famiglie da tutta Italia per la veglia di preghiera ieri in Piazza San Pietro  promossa dalla Conferenza Episcopale italiana. Testimonianze di coppie di sposi e di fidanzati prima dell'intervento del Papa. Presenti associazioni e movimenti ecclesiali con i loro leader: Azione cattolica, Neocatecumenali, Carismatici, Focolari, Sant’Egidio, Scout e altri ancora. Francesca Sabatinelli: 

Ogni famiglia è sempre una luce, per quanto fioca nel buio del mondo. Francesco lo sottolinea fortemente durante la Veglia, perché è la risposta a quando, “in certe stagioni della vita”, ci si chiede se si possono vincere tenebre e oscurità, ci si chiude e ci si tira indietro per fuggire la “responsabilità di fare fino in fondo la propria parte”. E’ Dio che esorta a tornare nel mondo, ad essere testimoni dell’amore di Dio per l’uomo, e “la grazia di Dio non alza la voce”

Come quella dell’anno scorso, anche la preghiera di questa Veglia è  per invocare lo Spirito Santo che accompagni i padri sinodali perché sappiano ascoltare e confrontarsi, con lo sguardo dritto su Gesù “Parola ultima del Padre e criterio di interpretazione di tutto”. E il Papa chiede di pregare:

“…perché il Sinodo che domani si apre sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza coniugale e familiare; riconosca, valorizzi e proponga quanto in essa c’è di bello, di buono e di santo; abbracci le situazioni di vulnerabilità, che la mettono alla prova: la povertà, la guerra, la malattia, il lutto, le relazioni ferite e sfilacciate da cui sgorgano disagi, risentimenti e rotture; ricordi a queste famiglie, come a tutte le famiglie, che il Vangelo rimane “buona notizia” da cui sempre ripartire”.

Nel buio del mondo, ogni famiglia “è sempre una luce”, continua Francesco, che ricorda che fu Charles de Foucauld ad intuire “la portata della spiritualità che emana da Nazaret”, “dal mistero della Santa Famiglia”:

"Guardando alla Famiglia di Nazaret, fratel Charles avvertì la sterilità della brama di ricchezza e di potere; con l’apostolato della bontà si fece tutto a tutti; lui, attratto dalla vita eremitica, capì che non si cresce nell’amore di Dio evitando la servitù delle relazioni umane".

Amando gli altri si impara ad amare Dio, curvandosi sul prossimo ci si eleva a Dio, de Foucauld, “attraverso la vicinanza fraterna e solidale ai più poveri e abbandonati”, capì che sono loro gli evangelizzatori e che è da loro che si impara a crescere in umanità. E quindi ecco che come de Foucauld entrò nella famiglia di Nazaret, per capire oggi la famiglia occorre entrare “nella sua vita nascosta, feriale e comune”, con le pene, le gioie, con la “vita intessuta di serena pazienza nelle contrarietà, di rispetto per la condizione di ciascuno, di quell’umiltà che libera e fiorisce nel servizio; vita di fraternità, che sgorga dal sentirsi parte di un unico corpo”

"È luogo — la famiglia — di santità evangelica, realizzata nelle condizioni più ordinarie. Vi si respira la memoria delle generazioni e si affondano radici che permettono di andare lontano. È luogo del discernimento, dove ci si educa a riconoscere il disegno di Dio sulla propria vita e ad abbracciarlo con fiducia. È luogo di gratuità, di presenza discreta, fraterna e solidale, che insegna a uscire da se stessi per accogliere l’altro, per perdonare ed essere perdonati"

Il Sinodo, è l’indicazione di Francesco, più che parlare di famiglia dovrà “mettersi alla sua scuola, nella disponibilità a riconoscerne sempre la dignità, la consistenza e il valore, nonostante le tante fatiche e contraddizioni che possono segnarla”. “Ritroveremo lo spessore di una Chiesa che è madre, capace di generare alla vita e attenta a dare continuamente la vita, ad accompagnare con dedizione, tenerezza e forza morale”.

"Perché se non si saprà unire compassione alla giustizia, il rischio è di finire con l’essere  inutilmente severi e profondamente ingiusti".

La Chiesa che “è famiglia” si pone con l’amore di un padre, responsabile custode “ che protegge senza sostituirsi, che corregge senza umiliare, che educa con l’esempio e la pazienza. A volte, semplicemente con il silenzio di un’attesa orante e aperta".

"Soprattutto, una Chiesa di figli  che si riconoscono fratelli non arriva mai a considerare qualcuno soltanto come un peso, un problema, un costo, una preoccupazione o un rischio: l’altro è essenzialmente un dono, che rimane tale anche quando percorre strade diverse".

La Chiesa, spiega il Papa, “è casa aperta”,  “lontana da grandezze esteriori, accogliente nello stile sobrio dei suoi membri e, proprio per questo, accessibile alla speranza di pace che c’è dentro ogni uomo, compresi quanti — provati dalla vita — hanno il cuore ferito e sofferente” . E’ quindi questa la Chiesa, conclude Francesco, che “può rischiarare davvero la notte dell’uomo, additargli con credibilità la meta e condividerne i passi, proprio perché lei per prima vive l’esperienza di essere incessantemente rigenerata nel cuore misericordioso del Padre”.

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Sacra Famiglia modello per le coppie in piazza con il Papa

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Decine di migliaia le famiglie che hanno invaso gioiosamente Piazza San Pietro fin dalle prime ore di ieri pomeriggio, per partecipare alla Veglia di preghiera con Papa Francesco. Le loro emozioni nelle interviste di Marina Tomarro

R. – Crediamo nella famiglia, quindi vogliamo partecipare anche noi. L’anno prossimo ci sposiamo. Penso, quindi, sia buono stare qui a sostenere la famiglia, perché è quello che noi abbiamo intenzione di formare: una famiglia cristiana.

R. – Ciò che mi ha spinto ad essere qui è il fatto di essere famiglia. Questa cosa che il mondo sta cercando di distruggere, mi porta ad essere qui in prima persona, per testimoniare quanto sia grande. Siamo opera di Dio e qui dimostriamo il fatto che la sua presenza in noi fa meraviglie, è qui: sono i nostri figli.

R. – E’ iniziare insieme di nuovo una famiglia, una famiglia giovane che deve quindi in qualche modo rifare l’esperienza di famiglia in Chiesa.

D. – Il Papa ha parlato di famiglia come luce nel mondo. In che modo rispondere a questa sua esortazione?

R. – Luce nel mondo. E’ missione per noi tutti: incontrare gli altri e far conoscere quella che è la nostra realtà. Luce, quindi, in questo senso: poter rendere missione il nostro cammino.

R. – E’ stato un fatto importante, un bel segno, accendere proprio quella luce di fronte a quell’icona. Anche una piccola famiglia, infatti, una piccola Chiesa domestica, è una luce grande nel mondo.

D. – In che modo si cerca di superare le difficoltà?

R. – Nella condivisione. Il Papa ha detto che incontriamo Gesù nell’altro. Se abbiamo, quindi, forte questa immagine, tutti gli ostacoli si possono superare. 

D. - La famiglia di Nazareth, modello della famiglia. Quanto, allora, è per voi importante?

R. – Il Papa ha sottolineato come fosse una famiglia come tante, quindi con le difficoltà. Sentire, dunque, la vicinanza di questa famiglia anche quando si discute, quando si vivono i problemi quotidiani, che sono sotto gli occhi di tutti.

D. – Cosa si aspetta da questo Sinodo?

R. – Mi aspetto delle coordinate giuste, un ritornare con dei parametri, dei confini, ma anche dei nuovi obiettivi, dei nuovi desideri.

R. – Mi aspetto non tante cose differenti da quelle che hanno già detto, ma un po’ più di chiarezza per persone che purtroppo non vivono la fede o che hanno avuto dei dolori a livello spirituale e umano nel divorzio durante la loro vita e quindi hanno bisogno di sapere che la Chiesa li sostiene, li aiuta; e che sia chiara su quello che debbano fare e su come debbano muoversi.

R. – Sicuramente un richiamo a tutti, per rendere più partecipi anche le persone che a volte non sentono l’esigenza di una domanda. Per noi, quindi, venire qui è proprio questo: cercare nel nostro cuore quello che anche per altri può essere un obiettivo importante. Noi tutti, con le nostre famiglie naturalmente.

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Messaggio del Papa per la Giornata della vita in Irlanda

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“Possa questa Giornata portare ad un rinnovato riconoscimento del fatto che il diritto alla vita è il fondamento dello sviluppo umano integrale e la misura di una società davvero compassionevole”: è questo l’auspicio di Papa Francesco per la Giornata della vita che si celebra oggi, 4 ottobre, in Irlanda. Nel messaggio inviato alla Chiesa di Dublino per l’occasione, il papa ricorda gli insegnamenti di San Francesco d’Assisi, di cui ricorre la memoria liturgica, colui che “dimostra come ogni vita sia un dono di Dio”. “Imitiamo Dio – conclude il Papa – e proteggiamo, tuteliamo, difendiamo ogni vita umana, in particolare quelle dei più deboli e più vulnerabili: malati, anziani, nascituri, poveri ed emarginati”.

Coltivare la vita, accettare la morte
La Giornata della vita si celebra in Irlanda, Scozia e Regno Unito in date differenti. Unico, però, è il messaggio che le rispettive Conferenze episcopali diffondono per l’occasione. Quest’anno il tema scelto è “Coltivare la vita, accettare la morte”, dedicato alla questione del fine-vita. Il documento dei vescovi si apre con apre con una citazione di Papa Francesco, tratta dal messaggio per la Giornata mondiale del malato 2015: “Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla ‘qualità della vita’, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!”.

Ogni vita è dono prezioso da non distruggere
Quindi, i vescovi evidenziano i “notevoli progressi medici e tecnologici” che oggi permettono ai malati cronici di ricevere trattamenti salva-vita, dei quali bisogna “essere grati”. Allo stesso tempo, però, il documento ricorda che “tutti, prima o poi, dovremo morire” e che tali progressi “hanno portato a decisioni complesse sui trattamenti medici adeguati” nelle persone in fin di vita.  Per questo, la Chiesa locale suggerisce due atteggiamenti: il primo è quello di ricordare che “noi amiamo la vita”, perché “ogni persona è amata da Dio ed ogni vita è un dono prezioso che non va mai distrutto o trascurato”. È “sbagliato”, infatti, “accelerare o provocare la morte”, perché “Dio ci chiamerà a tempo debito”. In secondo luogo, i presuli ribadiscono che bisogna “accettare la morte” e questo significa che è necessario evitare l’accanimento terapeutico “quando i trattamenti non hanno effetto o, addirittura, danneggiano i pazienti”.

Famiglia, luogo privilegiato della comprensione e del sostegno reciproco
Di fronte a queste decisioni “difficili ed importanti”, i presuli sottolineano che è necessario un confronto non solo con esperti del settore, ma anche con la famiglia del paziente, “luogo privilegiato del sostegno e della comprensione reciproca”. L’importante è che “in queste situazioni ci lasciamo guidare da due domande: “Questa decisione ama la vita? Ed accetta l’inevitabilità della morte?”. “Bisogna cercare di rispondere sì ad entrambe – conclude il documento episcopale – perché la vita è un dono di Dio e la morte è una porta di accesso ad una nuova vita con Lui”. (I.P.)

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Oggi in Primo Piano



Obama: al via l’inchiesta del Pentagono sulla strage di Kunduz

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In primo piano il raid della Nato contro un ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz, in Afghanistan. Sulla strage – costata la vita ad almeno 19 persone - è intervenuto il presidente statunitense Obama che ha espresso vicinanza alle vittime confermando l’avvio di un’inchiesta approfondita del Pentagono. Il servizio è di Eugenio Bonanata: 

Il Capo della Casa Bianca affida ad una nota il suo punto di vista sulla vicenda. E parla di “tragico incidente” precisando che “prima di esprimere qualsiasi giudizio” vuole aspettare i risultati dell’inchiesta del Pentagono. Inchiesta invocata anche dalle Nazioni Unite e che secondo le aspettative di Obama servirà ad offrire “un resoconto completo dei fatti e delle circostanze”. Il governo di Kabul sostiene la presenza di terroristi nella struttura, fatto non confermato dai Talebani. Intanto Medici Senza Frontiere lascia l’edificio distrutto dal raid aereo. E attraverso una sua portavoce spiega che il personale sta lavorando in altre strutture della città di Kunduz. Il presidente Obama, infine, nel suo messaggio rivolge un pensiero alle vittime. “Michelle ed io  - dice - preghiamo per tutti i civili colpiti e per le loro famiglie”.

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Raid russi in Siria: futuro del Paese sempre più incerto

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L'aviazione militare russa intensificherà i raid contro i terroristi in Siria. Ad annunciarlo i vertici dell’esercito di Mosca che comunque si dicono pronti a cooperare con tutti i paesi interessati. Nelle ultime 24 ore distrutti decine di obiettivi dello Stato Islamico, tra cui un campo di addestramento. Intanto l’Egitto prende le distanze dagli Stati Uniti e plaude all’iniziativa militare del Cremlino. Da Londra, invece, il premier britannico Cameron la definisce “un errore tremendo”. Sulla stessa linea anche la Turchia. E l’Occidente preme per una transizione politica. La cancelliera Merkel rilancia l’ipotesi negoziati che includano anche Damasco. Ma le opposizioni bocciano questa possibilità. In questo quadro alcuni analisti iniziano ad immaginare quale potrebbe essere la Siria del dopo guerra, sia senza Assad che senza lo Stato Islamico. Elvira Ragosta ne ha parlato con Lorenzo Trombetta, corrispondente dell'Ansa a Beirut: 

R. – E’ un esercizio molto difficile immaginare una Siria dopo Assad e dopo lo Stato Islamico. Ci sono delle regioni siriane che già da 2-3 anni sono ormai in una situazione di post-Assad, perché non sono più controllate dal regime siriano; ci sono delle regioni in cui lo Stato Islamico era presente e ne è stato cacciato dalla popolazione locale, dai miliziani locali, che non sono tutti estremisti o dello Stato Islamico; ma, al di là, di questo ci sono delle fortissime aree dove Assad da una parte e lo Stato Islamico e altri signori della guerra dall’altra - in modo più o meno mafioso - si assicurano un sostegno della popolazione, che ha bisogno di servizi essenziali, che ha bisogno di protezione: nelle zone controllate dal regime siriano, i bombardamenti aerei – per esempio – non avvengono. La maggior parte della popolazione siriana sfollata si trova oggi nelle zone controllate dal regime, perché sono zone di fatto più sicure…  In questo momento è molto difficile, forse l’unica parola che si può dare alla società civile siriana, che sul terreno resiste, con progetti più o meno grandi e più o meno visibili, è una società che vive, resiste e crede in un post sia Stato Islamico, sia Assad e che ribadisce che c’è anche una alternativa civile, non violenta, per il futuro.

D. – A propositivo di popolazione civile, il dramma siriano dura ormai da quattro anni: prima la guerra civile, poi l’occupazione dell’autoproclamato Califfato. 250 mila le vittime e 7 milioni circa i profughi. La nuova Siria, oltre a ricostruire la politica, dovrà far fronte anche alla ricostruzione di una società…

R. – Sì, in parte è già in corso. Le prime manifestazioni popolari del 2011, prima di essere una guerra civile, erano manifestazioni popolari, per lo più pacifiche; solo nel 2012 il conflitto si è armato e militarizzato e sono entrati numerosi Paesi regionali a soffiare sul fuoco di questo conflitto. Lo Stato Islamico non occupa un territorio, gran parte dei quadri medio-bassi dello Stato Islamico sono siriani e quindi non si può parlare di una occupazione di una entità straniera su un territorio. E’ un prodotto anche siriano ed è un prodotto anche delle carceri del governo siriano degli ultimi 30-40 anni, come avviene anche in Iraq e come avviene anche in Libia. La ricostruzione – come dicevo – in alcuni casi è già cominciata: è una società che cerca nel proprio piccolo e a seconda dei contesti politici e militari, di andare avanti e di pensare all’oggi: anche se la scuola viene bombardata, va comunque ricostruita, perché i bambini non possono interrompere di studiare; gli ospedali devono continuare a curare i feriti; i servizi essenziali e anche i servizi culturali in alcune regioni hanno ripreso a lavorare… E’ un contesto molto frammentato e molto vario al suo interno, però i siriani non aspettano che ci sia una pace ufficiale dall’alto per riprendersi quel che rimane del loro Paese. 

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Portogallo al voto: coalizioni lontane dalla maggioranza assoluta

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Domenica di voto in Portogallo, dove gli elettori sono chiamati a scegliere il nuovo governo del Paese. Dopo anni di austerità e i primi segnali di ripresa, gli ultimi sondaggi danno in crescita la coazione di centro-destra, guidata dal premier uscente Pedro Passos Coelho, che dovrebbe raccogliere tra il 35% e il 40% delle preferenze, seguita, con quattro punti di distacco, dal partito socialista dell'ex sindaco di Lisbona, Antonio Costa. Tuttavia, visto l’alto numero di indecisi, l'esito delle elezioni rimane incerto e sarà difficile che uno dei due schieramenti ottenga la maggioranza assoluta. Ma per sapere come si presenta il Paese a questo appuntamento elettorale, Marco Guerra ha intervistato il prof. Carlo Altomonte, docente di Economia politica europea alla Bocconi di Milano: 

R. – È un Paese che in qualche modo ha delle analogie simili alla Spagna e all’Italia. Simili alla Spagna nel senso che, come questo Paese, ha beneficiato degli aiuti europei che ne hanno condizionato molto la politica economica nel corso degli ultimi anni: un programma di austerità robusto che ha causato il rallentamento dell’attività economica, l’aumento della disoccupazione – ma non quanto in Spagna – e poi ovviamente fallimenti bancari e ricapitalizzazioni. Simile all’Italia nel senso che, come l’Italia, sta beneficiando di una ripresa, anche se timida e non così forte come quella della Spagna, ma comunque con dei dati che sicuramente negli ultimi sei mesi hanno girato verso il sereno. Quindi è un Paese che si sta riprendendo pian piano dalla crisi, con una dinamica di disoccupazione meno grave di quella spagnola e molto lontana da quella greca.

D. – Che cosa dobbiamo aspettarci dalle urne? C’è il pericolo di una mancata maggioranza?

R. – Sì, fondamentalmente le urne ci dicono che, contrariamente ad altri Paesi europei, in Portogallo non c’è un movimento di protesta tipo “Syriza” o “Podemos” o altri movimenti anti-sistema. Il sistema del quadro politico è rimasto molto tradizionale: un partito di centro-destra, che oggi è avanti nei sondaggi con circa il 40% dei voti, e un partito di centro-sinistra che ha il 30% delle intenzioni di voto. Ma c’è anche un partito di tradizione comunista – di sinistra verde – che ha intorno al 10% dei consensi: questo partito è sempre rimasto presente nell’elettorato, ed è lì che si sono scaricate le tensioni antisistema nate durante la crisi. Per cui è un quadro elettorale abbastanza tradizionale. L’unico rischio che vedo è il fatto che non ci sia un governo che abbia una chiara maggioranza dopo le elezioni, e potrebbero essere necessarie delle grandi coalizioni, come in Germania; altrimenti si avrebbe un governo di minoranza che potrebbe portare un po’ di instabilità, però non vedo situazioni particolarmente problematiche.

D. – Quali sfide attendono il Paese: quali sono gli impegni in cima alla lista dell’agenda politica?

R. – Ritorno all’analogia con la Spagna e l’Italia: riforme strutturali per rilanciare la produttività; ridurre strutturalmente la spesa pubblica; far progredire l’economia attraverso la ripresa dei consumi che è in atto; e poi soprattutto far ripartire gli investimenti, e migliorare il quadro di solidità del sistema bancario. Sostanzialmente possiamo prendere l’agenda di riforme del governo italiano, spagnolo e greco, e applicarla anche al Portogallo: troveremo gli stessi ingredienti.

D. – Abbiamo detto che è l’unico Paese in crisi dove non è emersa una forza antisistema, antieuropea. Però c’è una classe media impoverita, c’è stata una ripresa dell’emigrazione… Questo è un Paese che esce dalla crisi mutato, come tutti quelli del Mediterraneo, fa parte del famoso blocco dei PIIGS…

R. – Sicuramente i segnali della crisi in Portogallo si sono visti. Se girate per Lisbona troverete tanti negozi, tante filiali di banche chiusi, però è un Paese che adesso sta ripartendo. Di sicuro l’emigrazione, che storicamente è un fenomeno importante per il Portogallo, ha dato comunque una valvola di sfogo per tanti giovani e non ha creato situazioni di disagio sociale al proprio interno. Ripeto: è un Paese che sta trovando la sua strada di competitività all’interno di un quadro di moneta unica che appare adesso più equilibrato proprio perché questi differenziali di competitività sembrano meno forti di prima. Negli anni d’oro del pre-crisi, il Portogallo, come la Spagna, aveva beneficiato di un facile accesso al credito, del boom immobiliare, con i prezzi alle stelle e quant’altro, che hanno creato una bolla da cui poi è scoppiata un’altra crisi. Quindi adesso il Paese sta ripartendo, ma su basi sicuramente più solide.

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Nella festa di San Francesco, pellegrinaggio per il clima

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Nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Francesco, Patrono d'Italia, si conclude il pellegrinaggio da Roma a Rieti intitolato “Il Cammino di Francesco per il clima”. Si tratta di una iniziativa del Comi, Cooperazione per il mondo in via di sviluppo, che ripercorre le orme del Poverello d’Assisi, passando per i Santuari di Fonte Colombo e Greccio. Un evento parallelo alla marcia di 1200 chilometri, organizzata dalla Focsiv, partita lo scorso 30 settembre da Piazza San Pietro verso Parigi, in vista della Conferenza sul clima, in programma per il prossimo dicembre. Alessandro Filippelli ne ha parlato con Anna Maria Cerro, presidente del Comi: 

R.  – Il pellegrinaggio è un approfondimento personale di quello che è il contenuto dell’Enciclica Laudato si'. Infatti il nostro muoverci nasce proprio dalla consapevolezza che in questa Enciclica sono contenute le soluzioni che possono aiutarci a vivere sia come singoli sia come gruppo, un rapporto migliore con la natura. Credo che il Papa ci stia dicendo: facciamo un trattato di pace con la natura.

D.  – Partendo dai territori, dalle realtà sociali, dalle comunità, qual è l’obiettivo di questo pellegrinaggio?

R. – Si intende recuperare tutte quelle che sono le istanze della società civile e portarle nelle sedi opportune. Noi come ong appartenente a Focsiv abbiamo organizzato insieme alla coalizione italiana per il clima proprio questi 1200 km di pellegrinaggio, di cui è nostra soltanto una simbolica partecipazione. Noi vogliamo che siano portate nelle sedi dove si decide, dove è importante impegnarsi per il clima, quelle che sono le istanze delle persone. Le persone vogliono acqua pulita, non vogliono inquinamento, vogliono natura anche nelle città. Ecco noi vogliamo che tutto questo arrivi alla Conferenza di Parigi perché sono le istanze forti della società, che si devono contrapporre agli interessi economici che sono quelli soprattutto che invece provocano disastri ambientali, provocano sofferenza soprattutto verso quelli che sono i meno responsabili.

D. - Quindi è possibile definire questo pellegrinaggio una iniziativa per un reale cambiamento delle politiche sul clima?

R.  – Assolutamente sì. Nessuno di noi avrà la possibilità di arrivare fino a Parigi e forse neanche di fare la tratta italiana ma ognuno di noi può simbolicamente fare un piccolo tratto. E’ veramente importante essere decisi. Per le cose importanti dobbiamo mobilitarci, non aspettare che lo facciano gli altri ma veramente muoverci cominciando dal nostro piccolo.

D. – Questo pellegrinaggio vuole essere un veicolo del messaggio contenuto nell’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’…

R.  – Sì, noi vogliamo che queste riflessioni che il Papa ci dona e ci ha donato attraverso questa Enciclica siano veramente recepite perché sono spesso la soluzione di tanti problemi. Quando il Papa ci parla del cambiamento del nostro stile di vita, significa imparare a non sprecare l’acqua, a rispettare le culture, i tempi… sono risposte praticabili e quindi sostenibili che dobbiamo dare invece rispetto ai danni ambientali che vengono creati continuamente proprio da parte nostra, da parte dell’uomo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Sale la tensione a Gerusalemme, 3 morti nelle ultime 24 ore

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Vietato l’accesso ai palestinesi alla città vecchia di Gerusalemme per i prossimi due giorni. E’ la decisione delle autorità israeliane dopo la morte – avvenuta ieri - di due ebrei ortodossi in seguito ad un’aggressione da parte di un palestinese, poi freddato dalle forze dell’ordine. E stamattina un nuovo attacco: ferito un ragazzo israeliano di 15anni. La polizia ha ucciso un diciannovenne palestinese ritenuto l’aggressore. Dagli Stati Uniti il premier Netanyahu ha convocato per oggi a Tel Aviv i vertici militari e di governo. L’Autorità Nazionale Palestinese condanna “l’escalation” dello Stato ebraico a Gerusalemme e in Cisgiordania invocando la protezione della comunità internazionale. Per Hamas, invece, il gesto del giovane palestinese di ieri rappresenta “una reazione naturale ai crimini perpetrati dai coloni nella moschea al-Aqsa di Gerusalemme”.

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Il card. Sepe prega per i giovani contro la malavita

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Le organizzazioni malavitose distruggono i giovani. Lo ha detto l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Sepe, durante l’omelia nella giornata della Supplica alla Madonna di Pompei alla presenza di migliaia di fedeli giunti nella Basilica e sul sagrato già dalla serata di ieri. Nella sua invocazione alla Vergine, il porporato ha pregato per la protezione dei giovani i quali “non trovando nelle proprie famiglie un’adeguata formazione si lasciano irretire dalle organizzazioni malavitose, che distruggono la loro giovinezza”. Poi un pensiero a quanti sono preposti a realizzare il bene di tutti con l'auspicio che “sappiano offrire lavoro sicurezza e dignità”. Il cardinale ha anche parlato della “famiglia fondata sull’amore indissolubile tra l’uomo e la donna”, sottolineando che per “l’amore e il matrimonio" il primo nemico è l'egoismo, "assassino dell'Amore perché distrugge l'indissolubilità del matrimonio”.

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Comece: crisi migratoria richiede politiche unitarie

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La crisi migratoria attuale richiede “una risposta politica” “imminente” ed “unitaria”. È quanto scrivono in una dichiarazione congiunta il presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), il cardinale Reinhard Marx, e il presidente della conferenza delle Chiese europee (Kek), il reverendo anglicano Christopher Hill. “Senza una risposta politica imminente, sostenuta in proporzione da tutti gli Stati membri – riferisce l’agenzia Sir - questa crisi rischia di travolgerci e rischia di acuire la sofferenza di coloro che sono venuti in Europa in cerca di rifugio, asilo e nella speranza di una vita migliore, soprattutto con l’inverno che si avvicina”.

La più grande crisi umanitaria della storia europea
“La famiglia delle nazioni europee - scrivono i presidenti dei due organismi cristiani europei - sta ora affrontando la più grande crisi umanitaria della sua storia dopo la guerra. La guerra civile in Siria, la diffusa instabilità politica nelle altre parti del Medio Oriente e l’estrema povertà in gran parte dell’Africa sub-sahariana ha costretto più di due milioni di persone a chiedere asilo o ercare una vita migliore in Europa: molti sono traumatizzati dalla guerra, altri hanno perso la speranza a causa della povertà”. Il card. Marx e il rev. Hill danno atto al mondo politico di aver “cercato senza sosta di trovare soluzioni” e ricordano quanto “le comunità religiose e la società civile sono impegnati con un calore e generosità a volte sorprendente, soprattutto per coloro che ne hanno più bisogno”.

Necessario un trattamento umano dei migranti
“In tutto il continente - proseguono i responsabili di Comece e Kek - i leader cristiani hanno fatto sentire la loro voce, chiedendo un trattamento umano dei migranti, sollecitando gli Stati membri ad essere generosi nella loro ospitalità e supplicando la solidarietà all’interno dell’Unione, aumentando posti di accoglienza per i richiedenti asilo, e soprattutto per i più vulnerabili, in particolare le famiglie con bambini e minori non accompagnati”.

Appello per una risposta politica unitaria e coordinata
“Noi, in qualità di presidenti dei due più grandi raggruppamenti delle comunità cristiane in seno all’Unione europea – aggiungono i due rappresentanti - rinnoviamo il nostro appello per una risposta politica unitaria e coordinata alla crisi migratoria in corso e assicuriamo il sostegno delle chiese che rappresentiamo, a tutti i livelli, dal livello parrocchiale/ locale a livello nazionale per affrontare con generosità la doppia sfida dell’accoglienza dei nostri fratelli e sorelle venuti da oltre i nostri confini territoriali che hanno disperatamente bisogno del nostro aiuto, e della loro integrazione nella società europea di cui facciamo parte”. (I.P.)

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Filippine, vescovi: lavoratori estero ricordino famiglie d’origine

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“Ricordate le vostre promesse matrimoniali ed i vostri figli”: questo il monito lanciato da mons. Ruperto Santos, responsabile della Pastorale dei migranti per la Chiesa cattolica delle Filippine, ai tanti fedeli che lavorano all’estero. “Lavorare in un Paese straniero comporta spesso la solitudine e la fragilità nei confronti delle tentazioni – ha detto il presule – ma è necessario rammentare sempre i voti nuziali stretti con il proprio coniuge”.

La famiglia, porto sicuro che dà sicurezza
“Ricordate sempre le vostre famiglie – ha ribadito mons. Santos ai lavoratori che hanno partecipato, in questi giorni, alla celebrazione della 20.ma Giornata nazionale dei marittimi  – Ritornate da loro, perché voi avete una famiglia da cui tornare. Non vi occorre altro”. “Come una nave salpa verso altre destinazioni, ma poi torna sempre in porto – ha aggiunto il presule – così le vostre famiglie rappresentano il vostro porto”. Di qui, l’invito a pensare a “la sicurezza dei propri cari”, ricordandoli sempre e pensando al momento in cui “li rivedrete e potrete restare con loro”.

Oltre 10 milioni di filippini lavorano all’estero
Attualmente, sono oltre 10 milioni i lavoratori filippini all’estero, tanto che per l’economia nazionale risulta importantissimo il contributo delle loro rimesse economiche. Non a caso l’emigrazione è incoraggiata dal governo, anche se non ufficialmente. D’altro canto, l'estrema povertà, la mancanza di lavoro e di chiare prospettive per il futuro non sembrano lasciare molte alternative all’emigrazione, con notevoli ripercussioni sulla vita familiare. Per questo, la Conferenza episcopale filippina esorta da tempo il governo a impegnarsi per offrire maggiori opportunità lavorative all’interno del Paese. (I.P.)

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Repubblica Ceca: tutto pronto per primo Congresso eucaristico nazionale

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Le sfide attuali nella vita pastorale della Repubblica Ceca ed il ruolo dell'Eucaristia nella vita quotidiana dei cattolici di oggi: questi i temi centrali che verranno affrontati nell’ambito del primo Congresso eucaristico nazionale, in programma a Brno, in Repubblica Ceca, dal 15 al 17 ottobre. A rappresentare il Papa sarà il cardinale Paul Cordes, presidente emerito del Pontificio Consiglio Cor Unum. Il programma dell’evento – riferisce l’agenzia Sir – si articolerà in quattro sezioni: una conferenza sull'Eucaristia, un concerto, diversi spettacoli culturali e spirituali nelle chiese di Brno, ed infine una Messa con processione eucaristica presieduta Legato pontificio. Il 17 ottobre, inoltre, la celebrazione eucaristica principale sarà preceduta da un programma di testimonianze, preghiere e canti presso la piazza della Libertà di Brno.

“Eucaristia: nuovo ed eterno testamento”
L’evento avrà come motto “L’Eucaristia. Un nuovo ed eterno testamento”. Il logo preparato per l’occasione raffigura delle mani come simbolo di unità e le mani di un sacerdote durante la preghiera eucaristica. “Lo scopo del Congresso eucaristico – spiega mons. Jan Vokál, vescovo di Hradec Králové e delegato della Conferenza episcopale ceca per i congressi eucaristici - è di ispirare tutti i soggetti della Chiesa cattolica, ossia i singoli fedeli, le parrocchie, le diocesi, le comunità di ogni genere, ad approfondire l’amore per l’Eucaristia e viverlo come un immenso dono di Dio, poiché è il nutrimento necessario di cui tutti abbiamo bisogno per la nostra vita eterna”.

Lunghi mesi di preparazione
Intanto, nel corso degli ultimi mesi, la Conferenza episcopale ceca ha offerto vari temi e spunti di riflessione per animare la vita spirituale dei fedeli, affinché la devozione eucaristica diventasse anche un “lievito” per la vita personale e sociale. “Alle parrocchie  - spiegano gli organizzatori - è stato dato molto spazio nella ricerca dei modi di presentare i temi e l’intero senso del Congresso alle diverse realtà delle nostre comunità cattoliche”. Tra gli eventi preparatori, particolarmente rilevante è stato il Congresso eucaristico diocesano di Olomouc, svoltosi a maggio, alla presenza di  oltre  seimila persone, mentre il 7 giungo, Solennità del Corpus Domini, tutti i fedeli sono stati invitati a celebrare la Giornata dell’Eucaristia. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 277

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.