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Sommario del 05/10/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: Sinodo non è parlamento, spazio a Spirito Santo non a compromessi

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Il Sinodo non è un Parlamento, ma un’espressione ecclesiale che legge la realtà con il cuore di Dio. E’ uno dei passaggi del discorso di Papa Francesco che ha introdotto i lavori del Sinodo ordinario sulla famiglia che hanno preso il via stamani in Vaticano dopo la Messa in San Pietro di ieri. Il Pontefice ha esortato i padri sinodali a fare spazio all’azione dello Spirito Santo con coraggio apostolico, umiltà evangelica e orazione fiduciosa. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Camminare insieme con “spirito di collegialità e di sinodalità” mettendo sempre davanti ai nostri occhi “il bene della Chiesa, delle famiglie” e la “salus animarum”. Con queste parole, Papa Francesco si è rivolto ai padri sinodali sottolineando, ancora una volta, che in questo cammino bisogna adottare “coraggiosamente la parresia, lo zelo pastorale e dottrinale, la saggezza, la franchezza”.

Il deposito della fede non è un museo ma fonte viva
Il Papa ha quindi ricordato che il Sinodo “non è un convegno, un parlatorio, non è un parlamento o un senato, dove ci si mette d’accordo”:

“Il Sinodo, invece, è una espressione ecclesiale, cioè la Chiesa che cammina insieme per leggere la realtà con gli occhi della fede e con il cuore di Dio; è la Chiesa che si interroga sulla fedeltà al deposito della fede, che per essa non rappresenta un museo da guardare e nemmeno solo da salvaguardare, ma è una fonte viva dalla quale la Chiesa si disseta, per dissetare e illuminare il deposito della vita.

Il Sinodo si muove dentro il santo Popolo di Dio
Il Sinodo, ha proseguito, “si muove necessariamente nel seno della Chiesa e dentro il santo popolo di Dio, di cui noi facciamo parte in qualità di pastori, ossia servitori”. Il Sinodo, ha ripreso ancora, “è uno spazio protetto ove la Chiesa sperimenta l’azione dello Spirito Santo”:

“Nel Sinodo lo Spirito parla attraverso la lingua di tutte le persone che si lasciano guidare dal Dio che sorprende sempre, dal Dio che si rivela ai piccoli, ciò che nasconde ai sapienti e agli intelligenti”.

Serve coraggio apostolico, umiltà evangelica e orazione fiduciosa
Dal Dio, ha detto ancora, “che ha creato la legge e il sabato per l’uomo e non viceversa; dal Dio che lascia le 99 pecorelle per cercare l’unica pecorella smarrita; dal Dio che è sempre più grande delle nostre logiche e dei nostri calcoli”:

“Ricordiamo però che il Sinodo potrà essere uno spazio dell’azione dello Spirito Santo solo se noi partecipanti ci rivestiamo di coraggio apostolico, di umiltà evangelica e di orazione fiduciosa: il coraggio apostolico, che non si lascia impaurire né di fronte alle seduzioni del mondo, che tendono a spegnere nel cuore degli uomini la luce della verità, sostituendola con piccole e temporanee luci, e nemmeno di fronte all’impietrimento di alcuni cuori, che nonostante le buone intenzioni allontanano le persone da Dio”.

Non fare della vita cristiana un museo di ricordi
“Il coraggio apostolico – ha soggiunto – di portare vita e non fare della nostra vita cristiana un museo di ricordi”:

“L’umiltà evangelica che sa svuotarsi dalle proprie convenzioni e pregiudizi per ascoltare i fratelli vescovi e riempirsi di Dio, umiltà che porta a puntare il dito non contro gli altri, per giudicarli, ma per tendergli la mano, per rialzarli senza mai sentirsi superiori a loro”.

Senza lasciarsi guidare dallo Spirito le nostre decisioni saranno decorazioni
“L’orazione fiduciosa – ha poi affermato Francesco – è l’azione del cuore quando si apre a Dio, quando si fanno tacere tutti i nostri umori per ascoltare la soave voce di Dio che parla nel silenzio”:

“Senza ascoltare Dio, tutte le nostre parole saranno soltanto parole che non saziano e non servono. Senza lasciarsi  guidare dallo Spirito, tutte le nostre decisioni saranno soltanto delle decorazioni che invece di esaltare il Vangelo lo ricoprono e lo nascondono".

Il Papa non ha mancato di ringraziare quanti si sono impegnati nella preparazione del Sinodo ed ha rivolto un saluto particolare ai giornalisti ringraziandoli per la loro “appassionata partecipazione” e “ammirevole attenzione”. Quindi ha concluso il suo intervento ribadendo che il Sinodo “non è un parlamento dove per raggiungere un consenso o un accordo comune si ricorra al negoziato, al patteggiamento o ai compromessi”. L’unico “metodo del Sinodo – ha avvertito – è quello di aprirsi allo Spirito Santo con coraggio apostolico, con umiltà evangelica e con orazione fiduciosa, affinché sia lui a guidarci, a illuminarci e a farci mettere davanti agli occhi, non i nostri pareri personali, ma la fede in Dio, la fedeltà al magistero, il bene della Chiesa e la Salus animarum”.

Prima delle parole del Papa, il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, durante la preghiera dell’Ora Terza, aveva pregato affinché i lavori del Sinodo si svolgano con la gioia e la pace che solo Cristo può dare. “Resta con noi Signore – ha detto il porporato honduregno – perché inizi un nuovo giorno per le famiglie del mondo, credenti e non credenti”, che il Sinodo “produca un cammino di gioia e speranza per tutte le famiglie”.

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Sinodo. Erdö: Chiesa testimone della misericordia di Dio nella verità

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Dopo l’intervento del Papa, i lavori sinodali in Aula sono proseguiti con la Relazione introduttiva del card. Peter Erdö, relatore generale dell’Assise. Suddiviso in tre punti – le sfide, la vocazione e la missione della famiglia – il documento indica un accompagnamento misericordioso per chi vive situazioni familiari difficili, ma nella verità. Centrale anche l’appello a sostenere le famiglie povere ed difendere la vita dal concepimento fino alla morte naturale. Il servizio di Isabella Piro

Ingiustizie sociali, migrazioni, povertà, violenze sfidano la famiglia
Sì, le sfide sulla famiglia sono tante ed il card. Erdö le ricorda con attenzione: migrazioni, ingiustizie sociali, salari bassi di cui sono responsabili “alcune imprese commerciali”, mobilità lavorativa, denatalità, violenza contro le donne, spesso costrette ad aborti, sterilizzazioni forzate, affitto di utero e gameti per soddisfare il desiderio di un figlio ad ogni costo. Le istituzioni sono fragili, continua la Relazione, e gli uomini hanno paura degli impegni definitivi, concentrati come sono solo sul presente in cui i desideri personali sembrano diventare “veri e propri diritti”.

Individualismo confonde i confini di matrimonio e famiglia
Il crescente individualismo, inoltre, porta a confondere i confini di istituti fondamentali come il matrimonio e la famiglia, mentre la società dei consumi separa sessualità e procreazione, rendendo la vita umana e la genitorialità “realtà componibili e scomponibili”.

Indissolubilità del matrimonio non è giogo, ma dono
Ma questa foto in bianco e nero della società ha anche, fortunatamente, dei punti-luce e la Relazione introduttiva li ricorda: sono il matrimonio e la famiglia che non lasciano gli individui isolati, bensì trasmettono valori ed “offrono una possibilità di sviluppo alla persona umana” insostituibile. Ed è proprio dal matrimonio indissolubile che deriva la vocazione familiare – spiega la seconda parte della Relazione – da quell’indissolubilità che “non è un giogo, ma un dono”. Il matrimonio e la famiglia, infatti, esprimono in modo speciale che “l’essere umano è creato ad immagine e somiglianza di Dio”, che la differenza tra uomo e donna è “per la comunione e la generazione”.

Famiglia è principio di vita nella società, in cui si impara il bene comune
Per questo, il card. Erdö ribadisce “l’importanza della promozione della dignità del matrimonio e della famiglia”, in quanto “comunità di vita ed amore”. “Chiesa domestica basata sul matrimonio sacramentale tra due cristiani”, “principio di vita nella società”, la famiglia – sottolinea il documento – è il luogo in cui si impara l’esperienza del bene comune”.

Necessaria formazione dei sacerdoti per accompagnare famiglie
Ed allora qual è la missione della famiglia oggi? La terza parte della Relazione lo spiega, entrando nel vivo del dibattito sinodale: in primo luogo, si ribadisce l’importanza della formazione sia per gli sposi - affinché il matrimonio non sia solo un fatto esteriore ed emozionale, ma anche spirituale ed ecclesiale - sia del clero, così che accompagni le famiglie con “una maturazione affettiva e psicologica”. Senza dimenticare l’esigenza di una “conversione del linguaggio, perché risulti effettivamente significativo”, soprattutto quando si tratta di aiutare chi vive “situazioni problematiche e difficili”, nelle quali occorre collegare “misericordia e giustizia”:

”Ciò costituisce una sfida per i vescovi, per i sacerdoti e per gli altri ministri della Parola e richiede, o può richiedere, nuove forme di catechesi e di testimonianza, in piena fedeltà alla verità rivelataci da Cristo”.

Far valere nella società le reali istanze della famiglia
Altra missione delle famiglie è quella della collaborazione con le istituzioni pubbliche, soprattutto là dove “il concetto ufficiale di famiglia non coincide con quello cristiano o con il suo senso naturale”, così da “far valere le reali istanze della famiglia nella società”. Il card. Erdö quindi sottolinea:

“I cristiani devono cercare di creare strutture economiche di sostegno per aiutare quelle famiglie che sono particolarmente colpite dalla povertà, dalla disoccupazione, dalla precarietà lavorativa, dalla mancanza di assistenza socio-sanitaria o sono vittime dell’usura. Tutta la comunità ecclesiale deve cercare di assistere le famiglie vittime di guerre e persecuzioni”.

Famiglie ferite: misericordia e accoglienza, ma nella verità  
Poi, c’è la missione “delicata ed esigente” della Chiesa nei confronti dell’integrazione ecclesiale delle famiglie ferite. L’approccio – dice la Relazione - deve essere quello della misericordia e dell’accoglienza, accompagnate però dalla presentazione chiara della verità sul matrimonio. “La misericordia più grande è dire la verità con amore – afferma infatti il card. Erdö – Andiamo al di là della compassione”, perché “l’amore misericordioso attrae ed unisce, trasforma ed eleva, invita alla conversione”.

Misericordia richiede conversione del peccatore
La Relazione si sofferma, quindi, sui casi specifici: per i conviventi, suggerisce “una sana pedagogia” che guidi i loro cuori “alla pienezza del piano di Dio”; per i divorziati non risposati si incoraggia la creazione di centri di ascolto diocesani per aiutare i coniugi nei momenti di crisi, sostenendo i figli “vittime di queste situazioni” e senza tralasciare “il cammino del perdono e della riconciliazione, se possibile”.  Per i divorziati risposati, invece, si richiede “un’approfondita riflessione”, tenendo conto di un principio importante:

“È doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso. La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione”.

La via penitenziale e la legge di gradualità
La Relazione introduttiva si sofferma anche sulla così detta “via penitenziale”, specificando che essa può riferirsi a quei divorziati risposati che praticano la continenza e che quindi “potranno accedere anche ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, evitando però di provocare scandalo”. Oppure, essa può intendersi secondo la pratica tradizionale della Chiesa latina che permetteva ai sacerdoti di ascoltare la confessione dei divorziati risposati, dando l’assoluzione solo a chi, di fatto, si proponeva di cambiare vita. Riguardo poi alla “legge di gradualità” per l’accostamento ai Sacramenti, si specifica: “Anche se alcune forme di convivenza portano in sé certi aspetti positivi, questo non implica che possono essere presentati come beni”. Tuttavia, poiché “la verità oggettiva del bene morale e la responsabilità soggettiva del singolo” sono distinte, allora “a livello soggettivo può avere luogo la legge della gradualità e quindi l’educazione della coscienza”.

Attenzione pastorale verso le persone con tendenze omosessuali
Un ulteriore paragrafo viene dedicato alla pastorale verso le persone omosessuali: esse vanno accolte “con rispetto e delicatezza”, evitando ogni marchio di ingiusta discriminazione, spiega la Relazione, ricordando però che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”.

Inoltre, il card. Erdö aggiunge che non è accettabile che i Pastori della Chiesa subiscano pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso.

Vita inviolabile da concepimento a morte naturale. No ad aborto ed eutanasia
Gli ultimi paragrafi della Relazione affrontano il tema della vita, della quale si riafferma il carattere inviolabile dal concepimento fino alla morte naturale. No, quindi, ad aborto, accanimento terapeutico, eutanasia e sì all’apertura alla vita come  “un’esigenza intrinseca dell’amore coniugale”. Il card. Erdö ricorda anche la grande opera della Chiesa nel sostenere le gestanti, i bambini abbandonati, chi ha abortito, le famiglie impossibilitate nel curare i loro cari ammalati. La Chiesa fa sentire la sua presenza, supplendo alle mancanze dello Stato ed offrendo un sostegno umano e spirituale all’opera assistenziale, dice il Relatore generale, e questi sono “valori che non è possibile quantificare con i soldi”.  

Incoraggiare l’adozione di bambini, una forma di apostolato familiare
Raccomandando, inoltre, di “promuovere la cultura della vita di fronte alla sempre più diffusa cultura di morte”, la Relazione suggerisce anche “un adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile”, riscoprendo il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI. Centrale anche l’incoraggiamento all’adozione di bambini, “forma specifica di apostolato familiare”. 

Chiesa sia sempre più testimone della misericordia di Dio
Infine, in ambito educativo, si ricorda che “i genitori sono e rimangono i primi responsabili per l’educazione umana e religiosa dei loro figli” e che spetta alla Chiesa incoraggiarli e sostenerli “nella partecipazione vigile e responsabile” ai programmi scolastici ed educativi dei figli. La Relazione si conclude, quindi, esortando la Chiesa a “convertirsi e a diventare più viva, più personale, più comunitaria”, testimone della “più grande misericordia” di Dio.

Card. Vingt-Trois: Sinodo non è prova di forza, ma cammino di comunione
Oltre al card. Erdö, la prima Congregazione generale del Sinodo dei vescovi ha visto l’intervento del presidente delegato, l’arcivescovo di Parigi, card. André Vingt-Trois, il quale ha sottolineato che il Sinodo non è una prova di forza, di cui i media sono gli arbitri, ma un cammino di comunione, verso ciò che a Dio più piace. Nessun dubbio, quindi, sulla dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, ma attenzione a comprendere come realizzare meglio percorsi di misericordia per invitare i fedeli alla conversione e giungere al perdono.

Card. Baldisseri: Sinodo guardi a famiglia con tenerezza e compassione
Quindi, il segretario generale dell’Assise, card. Lorenzo Baldisseri, ha ripercorso, in senso cronologico, il cammino preparatorio di questo 14.mo Sinodo ordinario, sottolineando che la famiglia è un tema “importante e trasversale” che riguarda non solo i cattolici, ma tutti i cristiani e l’umanità intera. Invitando, poi, l’Assemblea a lavorare  costantemente “nell’unità e per l’unità”, il porporato ha salutato i tanti coniugi presenti al Sinodo in qualità di Uditori o Esperti: tra loro – ha ricordato  - c’è una significativa presenza femminile da cui si attende “uno speciale contributo affinché il Sinodo possa guardare alla famiglia con lo sguardo tenero, attento e compassionevole delle donne”. Infine, da ricordare la meditazione iniziale della Congregazione, affidata al card. Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente della Conferenza episcopale dell’Honduras, il quale ha auspicato che il Sinodo sia uno spazio di dialogo e non di difesa ad oltranza delle idee. Di qui, l’esortazione a camminare in pace, la pace di Cristo, affinché il Signore dia speranza e gioia a tutte le famiglie.

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Sinodo. Mons. Forte: tra i vescovi diversità ma non ci sono due partiti

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Sulla prima giornata di lavori sinodali si è tenuta, nella Sala Stampa della Santa Sede, una conferenza stampa alla quale hanno partecipato il cardinale Peter Erdő, relatore generale del Sinodo, il cardinale André Vingt-Trois, presidente delegato di turno, e mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo. Ce ne parla Amedeo Lomonaco

Card André Vingt-Trois: il Sinodo è tempo di preghiera, di riunione e di cammino
Le prime impressioni sull’Assemblea Sinodale, il contesto attuale legato alle realtà vissute dalle famiglie e le finalità del Sinodo. Sono questi i temi al centro della conferenza stampa aperta dal cardinale André Vingt-Trois, che ha ricordato come gli eventi vissuti a partire da sabato rappresentino una significativa introduzione al Sinodo. L’assemblea sinodale – ha affermato il presidente delegato di turno – è un tempo in cui la Chiesa è in preghiera, come avvenuto durante la Veglia di sabato scorso e come durante la Messa di apertura. Il Sinodo - ha aggiunto - è anche un tempo in cui la Chiesa si riunisce, come in questa giornata, intorno al Papa. Ed è un tempo - ha spiegato il porporato - in cui mettersi insieme in cammino. Il cardinale André Vingt-Trois ha poi ricordato le sue prime impressioni sul Sinodo:

“La première impression très forte, qui m'habite ce matin ...
La prima impressione molto forte, che mi ha accompagnato questa mattinata è stata vedere, in modo forse eccezionale, la grande diversità dei partecipanti, la diversità dei continenti rappresentati, la diversità di Chiese -  perché ci sono rappresentanti delle Chiese orientali e delle Chiese latine - la diversità di età, la grande diversità di esperienze… Tutto questo insieme e questa diversità – che potrebbe far ritenere improbabile che si arrivi a mettersi d’accordo su qualcosa – sono riuniti intorno al Papa, avendo come indicazioni quelle che ci sono state già date nel Sinodo del 2014 e che sono state ribadite oggi. Le indicazioni con cui ci confrontiamo in questo momento in modo aperto: cioè a dire che noi saremo aperti a Dio che ci guiderà attraverso la preghiera e la meditazione della Parola di Dio. Saremo aperti gli uni agli altri e questo è lo stile del dialogo che noi dobbiamo cercare di vivere. Saremo aperti alle realtà che vivono le famiglie, partendo proprio dalle relazioni che abbiamo raccolto nel corso dell’anno”.

Card. Erdő: fondamentale il ruolo di comunità composte da buone famiglie
Riferendosi al lavoro preparatorio in vista della Relatio, il cardinale Peter Erdő ha affermato che sono emerse due grandi realtà:

“La prima era la sfiducia globale verso le istituzioni, non solo verso l’istituzione del matrimonio e della famiglia, ma verso le istituzioni in generale. Poi l’altro fenomeno è la massiccia presenza e il ruolo fondamentale delle comunità cristiane composte da buone famiglie, che si aiutano a vicenda, che hanno un ruolo già importante in molte parrocchie, in molti movimenti, anche nella trasmissione della fede. E che hanno pure tanti mezzi per preparare umanamente i giovani al matrimonio e alla famiglia, e accompagnare la coppia, aiutare nei momenti di crisi, anche in situazioni di problemi esistenziali, come la disoccupazione, la precarietà lavorativa, la malattia … E in questo consesso di comunità di famiglie è diventato più chiaro che la sola famiglia mononucleare non basta neanche per salvaguardare o rinforzare la solidarietà tra le generazioni. Anche in questo campo è necessario - non soltanto importante, ma sembra necessario - il ruolo di queste comunità di famiglie”.

Mons. Forte: non ci sono due o più partiti ma pastori in ascolto di Dio
Mons. Bruno Forte ha ricordato infine che tra i vescovi non ci due o più partiti come hanno sostenuto alcuni mezzi di informazione. “Si tratta di pastori, uomini di fede che si pongono in ascolto di Dio e alle attese e le sfide della gente”. “Questo – ha detto - ci unisce ben più profondamente di tutti gli accenti e le differenze”. Mons. Bruno Forte ha quindi ricordato le finalità del Sinodo:

“Le finalità sono fondamentalmente due. La prima è quella di proporre il Vangelo della famiglia, cioè la famiglia come soggetto e oggetto centrale della pastorale, come valore prioritario su cui scommettere, anche in un’epoca in cui in tanti parti del mondo essa sembra in crisi. Dall’altra parte, l’atteggiamento pastorale di accompagnamento e di integrazione necessario verso tutti. Ovviamente a cominciare dalle famiglie o dalle famiglie in crisi. Questo esige uno stile di grande parresia, cioè di grande franchezza, anche nel Sinodo, perché abbiamo bisogno di farci eco delle speranze e dei dolori di tutte le famiglie del mondo, ma anche un senso di profonda responsabilità davanti a Dio e agli uomini. Papa Francesco ha parlato di coraggio e di umiltà e ha parlato di preghiera fiduciosa. Credo che siano queste le chiavi perché lo stile del Sinodo possa essere fecondo: non chiudere gli occhi davanti a nulla; avere un senso alto di responsabilità davanti a Dio e agli uomini, alle loro speranze, alle loro sofferenze, vivere una profonda docilità all’azione dello Spirito Santo, a partire da uno stile di preghiera, di umiltà evangelica davanti al Signore e di coraggio apostolico davanti al mondo”.

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Nomine episcopali di Papa Francesco in Italia

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In Italia, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, presentata da mons. Agostino Superbo, per sopraggiunti limiti d'età. Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo mons. Salvatore Ligorio, trasferendolo dalla sede arcivescovile di Matera-Irsina.

Sempre in Italia, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di San Miniato il rev.do can. Andrea Migliavacca, del clero della diocesi di Pavia, finora Rettore del Seminario Diocesano, vicario giudiziale della medesima diocesi e Canonico del Capitolo Cattedrale.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, per l'apertura del Sinodo, un editoriale del direttore dal titolo "Non museo ma fonte viva".

I testi integrali delle relazioni dei cardinali Baldisseri ed Erdo.

Confronto tra l'Unione europea e la Turchia sul flusso di profughi.

Nasce il gigante dell'editoria italiana: la fusione Rizzoli-Mondadori.

Sergio Massironi sull'urto della bellezza: donne e uomini senzatetto diventati fotografi raccontano Milano.

Il pastore e l'economista: Giuliana Fabris su Romano Guardini e Giuseppe Toniolo.

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Oggi in Primo Piano



Scontri in Cisgiordania: ucciso un palestinese

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Un palestinese di 18 anni è stato ucciso e 4 sono stati feriti, questa notte in scontri con l'esercito israeliano vicino alla città di Tulkarem, nel Nord della Cisgiordania. La tensione è molto alta a Gerusalemme e nei Territori Palestinesi: nelle ultime 48 ore c’è stata anche l’uccisione a coltellate di due israeliani e il ferimento di decine di altri palestinesi. E c’è poi la decisione del governo di Tel Aviv di impedire l'accesso dei palestinesi alla Città Vecchia per due giorni. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha convocato d'urgenza i vertici della sicurezza appena rientrato da New York, dove ha parlato all'assemblea generale dell'Onu, ha ordinato un giro di vite per "combattere sino alla morte il terrore palestinese". Fausta Speranza ha intervistato Claudio Lo Jacono, direttore della rivista "Oriente moderno": 

R. – E’ difficile vedere, mentre si stanno svolgendo questi fatti, se si tratta di qualcosa di strutturalmente cambiato oppure se - come si può anche immaginare – si tratti di una delle solite crisi che si affacciano in Palestina e Israele, ricorrendo quasi regolarmente. Questo perché da tempo, effettivamente, c’è stato un periodo di calma… Ma io direi non tanto di calma, quanto di non ostilità, a partire dall’attacco contro Gaza di Israele. E questa non ostilità è stata però accompagnata da una incapacità di avviare dei negoziati seri, che potessero portare non soltanto a una tregua - che è quella che già ora ci piacerebbe vedere sottoscrivere - ma addirittura a dei colloqui di pace. Tutto questo è totalmente fuori dalla realtà. Oggi come oggi, con i governi al potere delle destre nazionaliste religiose in Israele, non c’è una reale volontà di arrivare a una pace giusta ed equilibrata che possa quindi durare nel tempo. C’è la volontà di stravincere da parte del più forte, che è Israele indubbiamente sotto il profilo dell’opinione pubblica internazionale e naturalmente anche sotto il profilo - diciamo - delle armi e delle tecnologie, che sono incomparabili fra i palestinesi, che sparano dei razzi che non hanno alcun sistema di guida e per cui vanno quasi tutto fuori bersaglio, e i sistemi antimissile e i sistemi offensivi di Israele, che sono di avanzatissima generazione.

D. – Professore, sulla sfondo c’è la richiesta da parte palestinese di un riconoscimento diverso all’Onu: in che modo influisce questo?

R. – Naturalmente questo influisce a livello psicologico. Quasi tutti gli Stati che partecipano come membri all’Onu oramai sono favorevoli a riconoscere la Palestina come Stato a pieno diritto, anche se evidentemente le manca la sovranità, che è sottoposta a fortissimi vincoli da parte della autorità occupante che è Israele. Israele vuole arrivare ad un trattato di pace completo e definitivo, ma a condizioni che difficilmente possono essere accettate dai palestinesi, perché si chiede una totale adesione ai piani strategici dello Stato ebraico. Israele ha diritto a una pace, ha diritto a dei suoi confini, ha diritto alla sicurezza, ma la sua visione della sicurezza è diventata ossessiva. Se noi guardiamo il numero delle vittime - perché di guerra si tratta, anche se è una guerra "a basso voltaggio" - vediamo che ci sono delle cifre sconvolgentemente squilibrate. Dunque la volontà di arrivare a una pace presuppone che succeda, dalla parte di ognuno dei due contraenti, un qualche cosa per arrivare ad un compromesso accettabile per gli uni e per gli altri. Naturalmente questo deve però essere guidato da una visione pragmatica dei fatti e non ideologica. Mi sembra che, sia da parte dei palestinesi, – almeno di una parte dei palestinesi, quella che si rifà ad Hamas, intendo dire – sia da parte di Israele, invece, ci siano dei presupposti e dei pregiudizi ideologici talmente forti che renderanno impossibile nel breve tempo una trattativa di pace seria.

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Siria: l'Is distrugge l'arco di Palmira. Nuovi raid russi

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In Siria, nuovo attacco al patrimonio archeologico di Palmira. I miliziani dell’Is hanno distrutto l’arco di trionfo di epoca romana. Intanto proseguono i bombardamenti russi sulle roccaforti dell’Is; circa 160 miliziani del Califfato sono rimasti uccisi in scontri con l’esercito regolare e il ministro degli Esteri russo Lavrov chiede agli Usa di rilanciare le consultazioni. Si registrano anche l’intervista di Assad alla Tv iraniana in cui si è detto “pronto a lasciare se questo possa comportare una soluzione alla crisi” e le proteste turche per lo sconfinamento di un jet di Mosca. Per un commento sulla cronaca di queste ultime ore e sui rapporti tra Usa e Russia, Marco Guerra ha intervistato Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento: 

R. - È chiaro che questo genere di attentati fatti al patrimonio culturale e mondiale - soprattutto a quello preislamico, come può essere Palmira - hanno un fine propagandistico: quello di cercare di dimostrare che il sedicente Stato Islamico è in grado di sfidare l’opinione prevalente anche sulla base della cultura condivisa. Tuttavia mi sembra più importante il dibattito che è in corso riguardo alla questione di Bachar Al Assad, Putin e Obama. Su questo punto ho sempre sostenuto che è necessario coinvolgere l’Iran nel processo di ristrutturazione e sistemazione del Medio Oriente, perché adesso in Iran c’è al potere una classe dirigente pragmatica; la fase di Ahmadinejad è passata… L’Iran è una potenza regionale, uno Stato potenzialmente ricchissimo che può fungere da bilanciamento. Quindi io sono convinto che l’Iran debba essere coinvolto nel processo di ristrutturazione del Medio Oriente, al costo di limitare l’influenza dell’Arabia Saudita.

D. – Però Assad ha detto alla Tv iraniana che potrebbe anche prendere in considerazione l’ipotesi di lasciare, qualora servisse veramente a risolvere la crisi…

R. – Secondo me è una “boutade”: cioè, è chiaro che Bachar Al Assad cercherà di rimanere in sella il più possibile. Io credo, però, che se ci fosse una pressione congiunta dell’Iran e di Putin, una volta che Putin avesse verificato un maggiore ammorbidimento da parte degli Stati Uniti nel gioco regionale, una duplice convergenza di pressioni di questo genere potrebbe costringere Al Assad ad andarsene, “obtorto collo”, ma potrebbe farlo.

D. – Nelle ultime ventiquattro ore, la Russia ha effettuato nuovi raid e ha colpito nuovi obiettivi. La coalizione a guida Usa da un anno e mezzo sta portando avanti questi bombardamenti: qual è l’azione più efficace?

R. - Ho la sgradevole impressione che almeno fino a oggi - o diciamo fino a ieri - l’Occidente e gli Stati Uniti, per motivi vari, non abbiano condotto nei confronti dell’Is una politica di fermo contrasto; perché anche la decisione di effettuare questi bombardamenti aerei è stata tardiva. È evidente che adesso ci si trovi nella necessità di un intervento energico, per poter in qualche modo tenere sotto controllo l’espansione dell’Is. Da questo punto di vista un intervento congiunto statunitense e russo sarebbe molto utile, se i due si coordinassero. Dal punto di vista strategico - è ovvio - le prospettive geopolitiche degli Stati Uniti sono diverse da quelle della Russia. Però è anche abbastanza sorprendente il fatto che sembra che, anche nei confronti di una minaccia globale, come si dice essere quella dell’Is, le due massime potenze militari attualmente nel mondo - appunto gli Stati Uniti e la Russia - non riescano ad addivenire ad un fronte comune. Questa realtà dell’Is o è meno pericolosa di quello che ci viene detto, o in qualche modo serve a qualcosa. Per cui non c’è una vera volontà politica di combatterla fino in fondo.

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Alluvione Costa Azzurra: trovato un altro corpo, 18 i morti

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Si scava ancora nel fango in Costa Azzurra dove, dopo il nubifragio di sabato, risultano disperse ancora tre persone. 18 le vittime accertate, l’ultima ritrovata oggi, cinquemila gli sfollati e danni per decine di milioni di Euro. “Interroghiamoci su questo malfunzionamento della natura che ha le sue regole”, sono state le parole del vescovo della diocesi di Nizza, mons. André Marceau, che questa mattina si è recato nelle zone più colpite. Giovedì prossimo, il vescovo celebrerà una Messa nella chiesa di Nostre-Dame du Liban, a Mandelieu, in suffragio delle vittime e in solidarietà con le persone colpite dal diluvio. Il servizio di Francesca Sabatinelli: 

Si continua a pulire in Costa Azzurra, si cerca di liberare strade, abitazioni e negozi devastati dall’onda nera, che non ha risparmiato nulla e nessuno. La conta delle vittime è salita a 18 dopo il ritrovamento, stamattina, del corpo di un uomo rimasto intrappolato in un parcheggio e di quello, ieri sera, di una donna finita fuori strada con la sua auto a causa della pioggia. Restano ora tre dispersi, le ricerche continuano, ma le speranze si affievoliscono. Cinquemila abitazioni sono senza energia elettrica e cominciano ad arrivare le stime dei danni: almeno 500 milioni, dicono le autorità della regione Alpi-Marittime. Il presidente Hollande ha annunciato che mercoledì verrà decretato lo stato di calamità naturale e che entro tre mesi verranno stanziati i fondi per gli indennizzi. Inizia ora la fase della ricostruzione, mentre ancora i volontari aiutano i residenti a rimuovere gli spessi strati di fango nelle case, e si cerca di liberare le strade dal groviglio di rami, alberi sradicati, auto e ostacoli di ogni genere. Intanto si fanno sempre più spazio le polemiche, soprattutto a causa del livello arancione lanciato alla vigilia dell’inondazione, e che avrebbe sottovalutato la portata del nubifragio. La situazione, è reazione comune, meritava l’allerta rossa: in tre ore, dalle 19 alle 22 in alcuni luoghi, Cannes compresa, sono caduti 180 millimetri di pioggia, un record. Sono intanto rientrati in Italia i treni dell’Unitalsi con a bordo malati e volontari rimasti  bloccati dal nubifragio. Il peggio è passato, dice il presidente dell’Unitalsi, Salvatore Pagliuca, i malati ne hanno risentito ma non eccessivamente:

“A livello di stanchezza, sicuramente. A livello di sopportazione, invece, sono stati tranquilli, sereni: i nostri volontari sono abituati a questo tipo di emergenze, a gestire le difficoltà che si incontrano in viaggi lunghi come quelli che facciamo. Non ci sono stati grossi problemi, tranne il recupero di qualche medicinale. Una preoccupazione forte c’era per alcuni dializzati che viaggiavano dalla Puglia e dovevano raggiungere il proprio centro dialisi, ma abbiamo provveduto anche a questo contattando la nostra unità di Torino”.

A farsi strada anche le ipotesi di collegamento tra quanto accaduto e il riscaldamento climatico. Non si può stabilire un nesso – ha detto il ministro degli esteri Fabius – ma è vero che con il riscaldamento i fenomeni sono più violenti.

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Burkina Faso: dopo tentato golpe, Chiesa esorta a riconciliazione

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Una esortazione per la costruzione della pace, della giustizia e della riconciliazione è giunta a tutta la popolazione del Burkina Faso dal cardinale Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou, e dal nunzio apostolico nel Paese africano, mons. Piergiorgio Bertoldi, dopo il tentativo di colpo di Stato militare dell’ex guardia presidenziale, conclusosi con la resa del generale golpista Gilbert Diendéré. “Possiamo veramente riconciliarci nella giustizia, per una pace vera e duratura”, ha detto il porporato nella Messa domenicale celebrata al Santuario mariano di “Notre Dame de Yagma”, come informa l’agenzia Fides. L’arcivescovo Bertoldi da parte sua ha invitato ad “avere fiducia nella giustizia” e a lavorare - riporta l’agenzia Misna - anche per la tenuta di elezioni pacifiche, inizialmente previste per l’11 ottobre, ma posticipate per le recenti tensioni forse ai primi di dicembre. Ma qual è ora la situazione in Burkina Faso, che aveva vissuto una profonda crisi già a fine 2014, con l’uscita dalla scena politica dell’ex presidente Blaise Compaoré, al potere da quasi trent’anni? Risponde Marco Di Liddo, analista di questioni africane al Centro Studi Internazionali, intervistato da Giada Aquilino

R. – Il Paese si ritrova un po’ come si era ritrovato all’indomani della cacciata dell’ex presidente Compaoré, quindi contento di aver fatto un gesto di rottura rispetto ad un passato caratterizzato soprattutto da una gestione molto corrotta e molto personalistica del potere, però allo stesso tempo preoccupato per le prospettive di sviluppo politico ed economico del futuro. Certo, l’aver resistito ad un tentativo reazionario di contro-rivoluzione da parte di forze legate a quello che era il potere del passato ha evidenziato come ci sia unità di intenti tra il popolo burkinabé e l’attuale governo nazionale di transizione, che è l’espressione del cambiamento. Però ci sono ancora molte incognite su quella che sarà la gestione del futuro e su come reintegrare nel processo politico decisionale tutti coloro che condividevano le idee politiche di Compaoré.

D. - Come si è arrivati alla resa del generale Diendéré? Che ruolo hanno avuto le forze straniere in questa crisi?

R. – Diendéré si è arreso e, con lui, si è arreso il regimento della Guardia presidenziale perché si sono resi conto di essere soli e di non essere appoggiati in alcun modo dalla popolazione. Il ruolo delle potenze straniere è stato importante, soprattutto per quanto riguarda i Paesi africani, perché l’Ecowas è riuscito a far capire in maniera molto onesta e precisa a Diendéré che non c’era assolutamente spazio per alcuna legittimazione di un’azione del genere nei contesti regionali dell’Africa occidentale e che, se non avesse abbandonato questo velleitario tentativo di golpe, avrebbe avuto contro Paesi del calibro della Nigeria, del Senegal, del Ciad.

D. – In che modo era maturato questo tentativo di golpe?

R. – Le ragioni erano prettamente politiche. Dopo la destituzione di Compaoré, c’era il rischio che i suoi fedelissimi perdessero l’influenza e i privilegi che invece avevano caratterizzato la sua stagione politica. Quindi questi lealisti di Compaoré, posti di fronte al rischio di essere totalmente esautorati dal meccanismo decisionale, hanno cercato di invertire e di fermare la transizione: non potendolo fare politicamente, perché sono in minoranza, hanno provato un effimero gesto di forza.

D. - Il presidente Michel Kafando, ristabilito nelle sue funzioni, è intervenuto all’Assemblea generale dell’Onu, segno che forse la distensione in parte è cominciata in Burkina Faso. Ma cosa manca ancora per normalizzare la situazione?

R. – Mancano elezioni legittime che permettano al popolo burkinabé di esprimere quello che è il suo volere democratico. Perché per quanto Kafando sia “l’uomo del cambiamento” è comunque un leader che è asceso alla presidenza della Repubblica non tramite elezioni; così pure il premier Yacouba Isaac Zida, che è un militare. Oggi il Burkina Faso è un Paese pieno di risorse umane. E anche di risorse naturali ma, come spesso è capitato in Africa, questa ricchezza è stata sfruttata da pochi privilegiati che hanno lasciato il resto della popolazione in condizioni di terribile sottosviluppo. Quindi la sfida per Kafando o per chi ne prenderà il posto al vertice dello Stato sarà quella di garantire un futuro migliore alla popolazione.

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Mondadori acquista Rcs Libri: critiche ad operazione

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Il secondo gruppo librario italiano dell’editoria, la Rcs libri, divisione del gruppo del Corriere della Sera, è stato acquisito per 127,5 milioni di Euro dalla casa editrice Mondadori. Un’operazione su cui sono piombate numerose critiche – oltre a una cinquantina di autori della Bompiani, anche lo stesso ministro per i Beni culturali Dario Franceschini si è detto preoccupato della decisione - perché genererebbe un maxi-gruppo editoriale, con quasi il 40 per cento del mercato. Con la firma del contratto di acquisto di Rcs Libri, infatti, Mondadori porta sotto il suo controllo oltre a Rizzoli una serie di marchi storici dell'editoria italiana. Ma quale scenario si andrà a disegnare da questo nuovo assetto? Maria Caterina Bombarda lo ha chiesto al nuovo direttore editoriale dell’Editrice Missionaria Italiana (EMI), Guido Mocellin

R. – Io sono andato a ritrovare una dichiarazione che ha fatto alcuni mesi fa Stefano Mauri, che è il capo di quello che era il terzo gruppo e che adesso diventa il secondo gruppo editoriale italiano, cioè GeMS, Gruppo editoriale Mauri Spagnol. Lui ha detto una cosa che mi trova molto d’accordo, in particolare anche da direttore editoriale dell’Emi: il mestiere dell’editore è quello di un centauro. Una parte del lavoro è industriale e la massa critica quindi serve, dunque più il gruppo è grande e più naturalmente è forte, perché è in un regime di semi concorrenza. C’è anche una parte del lavoro, che è quella con la quale si crea veramente valore, fatta di ricerca, passione e talento, che è artigianale e non si giova più di tanto delle dimensioni e se va bene non ne soffre. Questa è una idea – per esempio – che qui all’Emi condividiamo molto: c’è una componente "corsara" nel lavoro editoriale e per fare i corsari servono delle navi piccole e veloci. I colossi servono a poco o a nulla.

D. – E’ una decisione su cui sono piombate reazioni critiche, anche importanti: penso ai 50 autori guidati da Umberto Eco, a Bompiani, al tweet del ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini… C’è davvero da temere che si generi un maxi-gruppo editoriale senza rivali sul mercato? Ci sono rischi reali?

R. – Dicono sempre gli analisti che la quota del 40 per cento, che andranno a sfiorare, è effettivamente una quota molto, molto alta. Se non ho fatto male i conti, GeMS è al 10, Feltrinelli poco sotto… Quindi gli altri - il restante 50 per cento grosso modo – mi pare che stiano tutto sotto al 10 per cento. E questa è una quota molto alta: in altri Paesi ci sono state delle concentrazioni importanti, che però non sono arrivate al 25 per cento. In questo l’Italia – come al solito - sconta un po’ la sua storia… Poi ci sono dei sotto temi importanti: per esempio questo quasi 40 per cento diventa un 70 per cento se parliamo dei tascabili; un 25 se parliamo dello scolastico e lo scolastico per gli editori è molto importante di quello che può apparire, perché comporta meno rischio. E poi c’è il grande tema della distribuzione libraria, che corre il rischio di condizionare di più il mercato, perché tutte le librerie sentono la concorrenza di Amazon: che cosa ha di bello Amazon o comunque la vendita online, che non danno le librerie? Che il magazzino di Amazon è potenzialmente infinito, è potenzialmente esteso tanto quanto l’intera produzione libraria.

D. – Quali contromosse ci si potrebbe inventare per arginare il monopolio?

R. – Fare dei bei libri, farli in fretta e farli arrivare il più in fretta possibile nelle librerie, sempre che le librerie rimangono aperte…

D. – L’editoria religiosa, rispetto a questa operazione, come si pone?

R. – L’editoria religiosa sconta già delle difficoltà che poi, a loro volta, passano attraverso la crisi della distribuzione delle librerie: se le librerie di catena, hanno le loro difficoltà, le librerie religiose hanno – essendo specializzate – le stesse difficoltà ancora più ampliate. Certamente bisognerà che gli editori religiosi si organizzino perché i loro buoni libri arrivino al pubblico attraverso le grandi librerie che, in qualche modo, fanno capo anche a questi due editori che si sono fusi.

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Giornata mondiale insegnanti: più spazio alle donne nella scuola

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"Gli insegnanti sono la chiave per la formazione e creazione di società basate sulla conoscenza, i valori e l’etica". Con queste parole l’Unesco apre la XXII.ma Giornata Mondiale degli Insegnanti, dedicata quest’anno al tema della parità uomo-donna allo scopo di celebrare una professione che ha una grandissima dimensione femminile. Come emerge dai dati pubblicati dall’Istituto Unesco per la Statistica a livello mondiale le donne rappresentano il 62% degli insegnanti della scuola primaria; ma mentre molti Paesi, soprattutto nell’Europa orientale, registrano picchi di oltre 98% di insegnanti donna, ci sono invece intere regioni, come l’Africa Sub-Sahariana, dove la componente femminile è molto scarsa e dove le condizioni di lavoro sono in via di peggioramento. Il rapporto Unesco mette inoltre in evidenza alcune preoccupanti carenze su scala globale: mancano all’appello almeno due milioni di insegnanti per raggiungere l’obiettivo internazionale di garantire a tutti l’accesso all’istruzione primaria entro l’anno 2015, definito dagli accordi “Education for All” e dai Millennium Development Goals. L’insufficienza di insegnanti non riguarda peraltro solo i Paesi in via di sviluppo. Nonostante l’Africa Sub-Sahariana sia la regione più carente, anche gli Stati Uniti, la Spagna, l’Irlanda, la Svezia, ed anche l’Italia, rientrano nella lista dei 112 Stati che sono colpiti da questo problema. Francesca Di Folco ne ha parlato con Maria Teresa Lupidi Sciolla, presidente emerito della Uciim, Unione cattolica insegnanti, dirigenti, educatori e formatori: 

R. – La scuola è un luogo di incontro tra le persone che crescono e imparano, e le persone che insegnano, ma insegnando e dialogando, continuano ad apprendere. Quindi è un luogo di umanità, dove si continua a dialogare e si ha la percezione concreta della crescita comune. La scuola non è un luogo formale, pur essendo l’istruzione formalmente organizzata e istituita: è un luogo “sostanziale”, dove - veramente - si matura e si va avanti. Io credo che per questo l’insegnante sia una persona “grande”: anche se non lo è nella percezione comune, perché non guadagna tanto, perché oggi ci sono valori e disvalori diversi; ma l’insegnante è una figura importantissima nella società di oggi per il domani.

R. – L’Unesco ribadisce che una delle sfide è legata alla carenza di personale, scarsa formazione e uno stato sociale basso…

D. – La sfida a mio avviso è ridare valore a ciò che conta, cioè alla maturazione continua delle persone nel corso di tutta la vita; e questa è veramente un’apertura alla dimensione sociale forte. Oggi ci sono grandi dibattiti - accoglienza, non accoglienza; immigrazione sì, immigrazione no - sono dibattuti, che qualora la scuola assolvesse veramente il suo compito, non avrebbero i colori che hanno, ma avrebbero invece una dimensione più viva: comunque da dibattere, ma meno superficiale, meno aspra e meno da slogan. Ci sarebbe qualcosa di più umano, di più ricco, pur nelle difficoltà, nelle ambiguità, nelle inadempienze, negli errori e nelle fatiche che ci sono… ma ci sarebbe forse una dimensione più ricca di valori.

D. – Nonostante tanti proclami sul valore della docenza, quella dell’insegnante in Italia resta una professione in crisi, tra le più usuranti, e non certo facilitata dalle politiche in atto: al di là delle riforme, quali le direttive per rivalutare al massimo il ruolo del docente?

R. – Le direttive sarebbero - a mio parere - quelle di investire molto sulla scuola. Oggi noi assistiamo a fenomeni di abbandono delle realtà scolastiche, perché il numero dei bambini è basso. E quindi Paesi in cui la scuola era il luogo di propulsione di una vita culturale e sociale sono privati della presenza di una scuola perché i bambini sono pochi. Bisognerebbe - a mio avviso - non fare solo calcoli di numero, ma di senso e di valore. Bisognerebbe, poi, ricominciare a considerare che le persone non valgono per quanto guadagnano.

D. – La Giornata Mondiale degli Insegnanti è dedicata quest’anno al tema della parità, vista l’alta presenza femminile…

R. – Il problema è proprio quello di dare ai ragazzi la visione della duplicità, dell’universo maschile e femminile; perché è una visione che si arricchisce reciprocamente e che, al di là di tanti slogan e di tante pubblicità, dà proprio l’idea della ricchezza e della varietà: la ricchezza del dialogo, la ricchezza dell’interazione. Per cui sarebbe anche un modo concreto per far gustare ai ragazzi la sensibilità e la bellezza dei due modi di essere: uomo e donna.

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Nella Chiesa e nel mondo



Centrafrica: cristiani e musulmani per ritrovare la pace

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Dopo i violenti scontri degli ultimi giorni, a Bangui si moltiplicano i tentativi di riportare la pace e ridurre le tensioni in città. L’ultima iniziativa in ordine di tempo è stata un incontro che ha visto la partecipazione di diverse centinaia di cittadini - sia cristiani che musulmani - nel quartiere di Pk-5, uno dei centri delle violenze degli ultimi giorni.

Le violenze di questi giorni orchestrate dai nemici della pace
Nel corso dell’incontro - riferisce l'agenzia Misna - Ali Ousman, coordinatore delle organizzazioni islamiche in Centrafrica, ha sostenuto che gli eventi alla base della nuova fiammata di violenze (in particolare l’uccisione di un giovane conducente di moto-taxi) siano stati “sapientemente orchestrati dai nemici della pace, uomini politici nostalgici del potere”. “L’unica soluzione è la pace, bisogna vivere insieme ai nostri fratelli cristiani”, gli ha fatto eco Mohammed Ali Fadoul, che guida il comitato di ‘autodifesa’ di Pk-5.

L'iniziativa di pace dell'arcivescovo di Bangui Nzapalainga
​A favore della pace è tornato a mobilitarsi anche l’arcivescovo cattolico di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga, che si è riunito nel fine settimana con i notabili di un’altra area della capitale, quella di Boy-Rabe. Un incontro nel quale il prelato ha dichiarato di aver visto “l’inizio della coesione sociale e della ricerca della pace”. L’iniziativa dunque, ha annunciato, verrà ripetuta in altri quartieri di Bangui. (D.M.)

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Guatemala. Frane travolgono villaggio: 131 morti e 300 dispersi

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Ci sono poche speranze di trovare qualcuno ancora vivo sotto la montagna di fango che ormai da giorni ha sommerso l’abitato di Santa Caterina Pinula, in Guatemala. Il totale delle vittime accertate è salito a 131, ma finora sono stati recuperati e identificati solo 90 corpi. Tra le vittime ci sono almeno 26 minorenni. I dispersi sono circa 300. In realtà si è trattato di una serie di enormi frane, che hanno sepolto centinaia di abitazioni in questa località alla periferia della capitale del Guatemala. Ieri, all'Angelus della domenica, il Santo Padre Francesco ha chiesto di pregare per le vittime della frana e ha invitato alla solidarietà concreta.

I soccorsi sospesi a causa delle forti piogge
Secondo le informazioni pervenute all'agenzia Fides da fonti missionarie nella capitale guatemalteca, le operazioni di soccorso sono state più volte sospese a causa della forti piogge che hanno continuato ad abbattersi sul luogo della catastrofe dalla notte di giovedì scorso, quando la pioggia torrenziale, la melma e i detriti hanno travolto il villaggio di El Cambray II, nel municipio di Santa Catarina Pinula.

Il trauma dei sopravvissuti
Le fonti di Fides segnalano che circa 900 soccorritori sono all'opera, nel tentativo di trovare qualche sopravvissuto e per recuperare i corpi delle vittime. Da sottolineare anche la situazione dei sopravvissuti che soffrono un trauma molto forte dovuto oltre che al lutto, anche alla mancanza di un corpo da seppellire. Questa popolazione infatti vive molto il contatto fisico fra le persone, parenti e amici, dello stesso villaggio.

Il Paese colpito da altre catastrofi naturali
​La catastrofe è la più grave mai registrata nel Guatemala dopo i due terremoti del 2012 e del 2014 nel sud-est del Paese. Nel 2005 centinaia di persone rimasero uccise dalle frane provocate dalle piogge torrenziali che seppellirono completamente il villaggio di Panabaj. Molti dei corpi non sono mai stati recuperati. (C.E.)

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India. Madhya Pradesh: arrestati tre cristiani pentecostali

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La polizia del Madhya Pradesh (nell’India centrale) ha arrestato tre cristiani pentecostali accusati di fare proselitismo e di attuare conversioni forzate. L’arresto - riferisce l'agenzia AsiaNews -  è avvenuto sabato scorso in una scuola di Majhgawan, nel distretto di Satna (nel nord dello Stato), mentre i tre uomini stavano tenendo dei corsi di religione. Mons. Leo Cornelius, arcivescovo di Bhopal (nel Madhya Pradesh), dichiara ad AsiaNews: “La polizia ha condotto gli arresti sulla base di una semplice ‘denuncia’, senza alcuna indagine: questa è una grave violazione dei diritti umani. Alcuni fanatici fanno pressioni sulla polizia senza nessuna prova di effettivi tentativi di conversioni forzate. Gli agenti poi effettuano gli arresti. Quanto è avvenuto è una grave violazione”. I tre uomini lavorano per la Ong Gems (Gospel Echoing Missionary Society, Società missionaria di diffusione del Vangelo), presente da più di 40 anni negli Stati indiani settentrionali. La polizia di Majhgawan riferisce che gli arrestati sono: Stephan Rajkumar di 40 anni, residente a Chennai (nel Tamil Nadu); Harilal di 20 anni, proveniente da Rewa, nel Madhya Pradesh; Anil Kumar, di Azamgarh (nell’Uttar Pradesh).

La polizia soddisfa gli attivisti di destra con arresti per la legge anti-conversione
​Secondo il poliziotto Khem Singh, i cristiani avrebbero violato le sezioni 3 e 4 del Madhya Pradesh Dharm Swatantrya Adhiniyam del 1968 e alcuni articoli del codice di procedura penale. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) denuncia ad AsiaNews che tale “legge viola la libertà religiosa. Inoltre è deprecabile l’atteggiamento della polizia che soddisfa gli attivisti di destra con arresti condotti in ottemperanza della nefasta legge anti-conversione. La polizia perde tempo invece di agire contro questi attacchi alle minoranze religiose”. Singh riporta che contro i tre cristiani sono state raccolte le deposizioni di due uomini, ai quali gli accusati avrebbero offerto 5mila rupie (circa 68 euro - ndr) per convertirsi. Durante l’arresto i poliziotti hanno sequestrato anche materiale religioso, cd e proiettori. Altre 10 persone sarebbero disposte a testimoniare contro i cristiani.

In India tutte le confessioni religiose sono uguali davanti alla legge
Il presidente del Gcic ricorda che “l’India è una repubblica laica, dove ogni confessione religiosa è uguale davanti alla legge. Il Gcic fa appello alla National Human Rights Commission dell’India e alla National Commission for Minorities affinchè garantiscano sicurezza e libertà di confessione alla minuscola comunità cristiana del Madhya Pradesh”. (N.C.)

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Egitto. Patriarca Tawadros: no ai cristiani nelle liste salafite

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 I cristiani che si candidano nelle liste elettorali degli islamisti salafiti “mancano di credibilità” perchè “nessuno può vivere seguendo due pensieri opposti”. E' questo il giudizio perentorio che il patriarca copto ortodosso ha espresso in merito alla scelta dei cristiani che hanno accettato di candidarsi alle prossime elezioni politiche nelle liste del Partito salafita al-Nour. Le netta presa di distanza è stata espressa da Tawadros nel corso di un suo intervento televisivo, ed esprime un pensiero condiviso anche da vescovi e capi di altre Chiese e comunità cristiane presenti in Egitto.

Cristiani che si candidano nelle liste salafite lo fanno per interesse personale
“Molti esponenti salafiti” riferisce all'agenzia Fides Anba Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico di Guizeh “parlano dei cristiani come infedeli o politeisti, e sostengono che non bisogna nemmeno fare loro gli auguri in occasione delle loro solennità festive, come il Natale e la Pasqua. Quindi è evidente che la scelta di alcuni cristiani di candidarsi nelle liste salafite risponde a criteri di interesse personale: si candidano con loro perchè è l'unica via che hanno trovato per partecipare alle elezioni. Quindi in loro prevale l'arrivismo politico. D'altro canto, proprio la loro scelta ha consentito al Partito salafita di ottemperare alle condizioni che erano state poste alla formazione delle liste, e quindi di partecipare alle elezioni”.

La legge elettorale obbliga i salafiti a candidare i cristiani
​La presenza di cristiani copti nelle liste del Partito salafita al-Nour è un “atto dovuto” a cui i leader della formazione di matrice islamista sono obbligati dalla legge elettorale, e rientra nei pre-requisiti costituzionali a cui le formazioni politiche devono ottemperare per essere ammesse alle prossime elezioni parlamentari. Le regole in vigore prevedono che nella prossima Assemblea parlamentare ai cristiani saranno riservati almeno 24 seggi, mentre 56 seggi saranno destinati alle donne. Tra i gruppi sociali a cui la Costituzione riserva quote di seggi parlamentari ci sono anche i giovani, i disabili, gli operai e i contadini (G.V.)

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Turchia: scuole delle minoranze rischiano la chiusura

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All'inizio dell'anno scolastico, almeno 24 scuole appartenenti a fondazioni e enti legati alle comunità cristiane e ad altre minoranze religiose presenti in Turchia, si trovano in difficltà e rischiano la chiusura soprattutto a causa dello scarso numero di allievi che possono accogliere sulla base della legislazione attualmente in vigore. Il pericolo minaccia soprattutto le scuole collegate alla piccola comunità greco-ortodossa. L'allarme è stato lanciato dall'avvocato turco Nurcan Kaya, Coordinatore del Gruppo dei diritti delle minoranze. Secondo Kaya – riferiscono fonti turche consultate dall'agenzia Fides - occorre definire un quadro normativo che precisi i diritti e i doveri di tali istituti scolastici, chiarendo i meccanismi di finanziamento statale ed eliminando l'obbligo di cittadinanza turca per gli allievi (clausola che riduce sensibilmente il numero di alunni potenziali).

Le scuole cristiane autorizzate a ricevere fondi dallo Stato erano 55
​All'inizio dell'anno scolastico 2014/2015, le scuole appartenenti a fondazioni e enti legati alle comunità cristiane presenti in Turchia autorizzate a ricevere sostegno finanziario dallo Stato erano 55. Di esse, 36 appartenevano alla comunità armena, 18 alla comunità greca e una scuola materna apparteneva alla comunità siro-ortodossa. (G.V.)

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Nobel medicina a tre scienziati per terapie contro malaria e parassiti

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ll Nobel per la Medicina 2015 è stato assegnato a tre scienziati: l'irlandese William C. Campbell e il giapponese Satoshi Omura, per le loro scoperte riguardanti una nuova terapia contro le infezioni causate da parassiti; e la cinese Youyou Tu per le sue ricerche per una nuova terapia anti-malaria. Si tratta di un premio alla lotta contro le malattie della povertà. Le ricerche sulle infezioni provocate da parassiti condotte da William C. Campbell e Satoshi Omura hanno infatti permesso di mettere a punto nuove armi contro malattie che affliggono un terzo della popolazione mondiale, in particolare nell’Africa sub-sahariana, nel Sud Asia e nel Centro-Sud America. La cinese Youyou Tu ha dato un garnde contributo alla lotta contro la malaria, grazie alla scoperta dell'artemisinina. 

Per Roberto Cauda, direttore dell'Istituto di Clinica delle Malattie Infettive dell'Università Cattolica-Policlinico A. Gemelli di Roma, “è un bellissimo segnale aver assegnato il Premio Nobel per la Medicina ai tre ricercatori che hanno permesso di realizzare farmaci contro malattie che colpiscono le aree più povere del mondo". "Gli studi di Campbell e Omura hanno portato - ha detto Cauda - alla realizzazione dell'avermectina, un farmaco che uccide i nematodi responsabili dell'oncocerchiasi, una malattia che ha causato la cecità di milioni di persone, e della filariasi linfatica, che provoca gravissime disabilità". Secondo l'esperto, una menzione speciale merita, invece, Youyou Tu, i cui studi hanno portato alla realizzazione dell'artemisinina, un farmaco che ha sensibilmente migliorato il trattamento della malaria.

Massimo Andreoni, presidente della Simit (Società Italiana di malattie infettive e tropicali), ha affermato che "si tratta di un riconoscimento importantissimo che, come sempre accade, arriva dopo diversi anni dal momento della scoperta. Entrambi sono farmaci che funzionano e che sono in pratica medica da tempo. L'esigenza del tempo, nasce per avere la prova provata che i farmaci funzionino".

Il virologo Fabrizio Pregliasco, dell'Università degli Studi di Milano, sottolinea che "grazie ai farmaci realizzati dei tre nuovi Nobel, oggi abbiamo a disposizione strumenti importanti contro malattie infettive, come la malaria. Ma questi - ha detto - non hanno portato all'eradicazione di queste patologie. C'è ancora tanto da fare".

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 278

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.