Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 06/10/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Sinodo. Papa: dottrina su matrimonio non è stata modificata

◊  

La dottrina cattolica sul matrimonio non è stata modificata. Lo ha ribadito Papa Francesco, intervenuto stamani alla terza Congregazione generale del Sinodo ordinario sulla famiglia. A riferirne è stato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, al briefing in Sala Stampa della Santa Sede, accompagnato dal cardinale Paul-André Durocher, già presidente della Conferenza episcopale del Canada e dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e, al Sinodo, presidente della Commissione per l’informazione. Il servizio di Giada Aquilino

Un’Assemblea sinodale in continuità con quella del 2014, durante la quale la dottrina cattolica sul matrimonio non è stata modificata. Lo ha messo in luce Papa Francesco, nel breve intervento all’odierna terza Congregazione generale, seguita dai Circoli Minori. Padre Federico Lombardi ne ha parlato in conferenza stampa, ricordando che il Pontefice ha evidenziato i tre documenti ufficiali, la Relatio Synodi ed i due discorsi pontifici di apertura e chiusura dei lavori. Di qui l’invito a non farsi confondere da commenti esterni al Sinodo:

“Non dobbiamo lasciarci condizionare e ridurre il nostro orizzonte di lavoro in questo Sinodo, come se l’unico problema fosse quello della comunione ai divorziati e risposati o no. Quindi, tenere presente l’ampiezza dei problemi e delle questioni che sono proposte all’Assemblea sinodale, di cui l’"Instrumentum Laboris" dà un’ampia prospettiva”.

Rispondendo ai giornalisti, lo ha chiarito anche l’arcivescovo Claudio Maria Celli, al Sinodo presidente della Commissione per l’informazione:

“Mi sembra che l’intervento del Papa di questa mattina, nel ricordare che i documenti di riferimento nella nostra discussione sono la "Relatio Synodi" e i suoi due discorsi, di apertura e di chiusura, mantenga aperto un atteggiamento della Chiesa profondamente pastorale nei confronti di questa realtà dei divorziati. Rimane però sempre anche quello che diceva il Papa questa mattina, cioè che il Sinodo non ha come unico punto di riferimento questo. È uno dei punti”.

A proposito della relazione introduttiva al Sinodo, pronunciata ieri dal cardinale Peter Erdö, il cardinale Paul-André Durocher ha invitato a “entrare in dialogo con il mondo”:

“Dans l’intervention du cardinal Erdö, dans les premières paragraphes, il rappelle cette scène…
Nel primo paragrafo del suo intervento, il cardinale Erdö ricorda quella scena in cui Gesù vede una folla, è preso dalla pietà per quella folla e si rivolge ad essa. Il cardinale Erdö ci ricorda che questo corrisponde un po’ alle tre tappe di questo processo dell’"Instrumentum Laboris" e del processo sinodale. In questo momento, quindi, vogliamo - insieme a Gesù - guardare il mondo che è davanti a noi. Nella seconda tappa, nella pietà, valutare come giudicare questa situazione. Nell’ultima, come saremo capaci di rispondere alle attese di questa gente, del mondo che è davanti a noi”.

E gli altri temi affrontati dai 72 padri sinodali intervenuti, rappresentativi di tutti i continenti e di tutte le lingue, hanno spaziato nei vari ambiti relativi alla famiglia e alla Chiesa. Prima di tutto, un chiarimento da parte del segretario generale del Sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, a proposito della metodologia di lavoro dell’Assemblea, modificata rispetto al passato, richiesta emersa nel corso dell’ora di discussione libera della seconda Congregazione generale. In particolare, il porporato si è soffermato sulle funzioni dei Circoli Minori e sulla Commissione, nominata a inizio settembre dal Santo Padre, per la stesura della Relazione finale del Sinodo. Quindi, gli argomenti dei lavori: la rivoluzione culturale epocale che stiamo vivendo, in cui la Chiesa è chiamata a ad accompagnare le famiglie e in generale tutto il popolo di Dio, per trovare risposte e soluzioni adeguate ai problemi di oggi. Inoltre, ha spiegato padre Lombardi, si è parlato di un linguaggio appropriato da parte della Chiesa, anche “per evitare impressioni di giudizi negativi nei confronti di situazioni e di persone”:

“Sempre nel tema del linguaggio, alcuni hanno fatto riferimento in modo molto positivo al linguaggio usato dalle catechesi di Papa Francesco nel corso di quest’anno, come modo concreto, semplice, chiaro e positivo di parlare della realtà della famiglia nel mondo di oggi”.

Sottolineata la necessità di aiutare sia le coppie di coniugi a crescere e a maturare nella fede e nel matrimonio, sia i giovani a riscoprire la bellezza dell’amore e la profonda interrelazione tra amore e matrimonio. Evidenziato inoltre che la testimonianza delle famiglie missionarie è indispensabile alla vita della Chiesa. Si è riflettuto pure sui nuclei familiari che vivono situazioni difficili, sul dramma della povertà in famiglia, sulle violenze che colpiscono la famiglia stessa, sulla piaga del lavoro minorile, sul dramma dei profughi e dei migranti e delle persecuzioni contro i cristiani. Ci si è soffermati inoltre sulla questione delle persone con tendenze omosessuali: esse fanno parte della Chiesa, si è detto, chiarendo al contempo che il matrimonio è l’unione sacramentale tra un uomo ed una donna, fondamento della famiglia nella sua integrità.

inizio pagina

Card. Schönborn: su famiglia parole di verità nella carità

◊  

Ai lavori del Sinodo partecipa anche l’arcivescovo di Viena, il cardinale Christoph Schönborn, che invita i padri sinodali, sulla scorta di Papa Francesco, a vivere queste tre settimane unendo “carità e verità”. L’intervista è di Fabio Colagrande

R. – E’ il discernimento, come facevano gli Apostoli a Gerusalemme, nel tempo iniziale della grande crisi dei pagani, che diventavano cristiani. Cosa hanno fatto? Hanno pregato, hanno ascoltato con umiltà, hanno parlato con franchezza e hanno invocato lo Spirito Santo. Penso che questo si applichi anche al nostro Sinodo.

D. – E’ possibile mettere insieme fedeltà, verità e carità, come ha detto il Papa all’omelia di apertura?

R. – Se questo non possibile, la Chiesa non è possibile, il Vangelo non è possibile. Il Vangelo è parola di verità, ma parola di verità nella carità. La carità senza verità è morbida e la verità senza carità è durezza. Dunque, unire carità e verità è l’esigenza stessa del Vangelo. Si è parlato molto dei conflitti prima del Sinodo, vediamo se ne parleranno durante il Sinodo... In ogni caso, c’è un clima di comunione e c’è la comunione.

D. – Le aspettative sono forti…

R. – Le aspettative sono forti, sì,  per una testimonianza gioiosa, coraggiosa e anche compassione per la realtà della famiglia.

D. – Bisogna fare dei passi avanti nella misericordia?

R. – Sempre!

inizio pagina

Card. Di Nardo: poco intelligente chi deride il matrimonio

◊  

Quali le attese e i sentimenti all’inizio di questo attesissimo Sinodo ordinario sulla vocazione e la missione della famiglia nel mondo contemporaneo?  Paolo Ondarza lo ha chiesto al cardinale Daniel Di Nardo,  arcivescovo di Galveston-Houston, vicepresidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti: 

R. – All’inizio di questa celebrazione c’è molta gioia e una certa preoccupazione.

D. – Il Papa ha detto che il Sinodo non è un “parlamento”, ma è un’espressione ecclesiale…

R. – Sì, perché, come Chiesa, siamo membri del corpo di Cristo, non una società che fa dibattiti. Questo è molto importante.

D. – Quali sono le sfide principali per la famiglia oggi?

R. – La cultura odierna non sostiene frequentemente quello che noi chiamiamo in inglese ”commitment”,  l’impegno. Nella società c’è difficoltà nel vivere insieme senza il Sacramento del matrimonio. Nella mia patria, negli Stati Uniti, per i tanti migranti e profughi mi sembra che il Sacramento sia una forza sostanziale: una forza per i coniugi, per le coppie.

D. – Il Papa ha rilevato come in una società che spesso deride il “per sempre” del matrimonio, la testimonianza di sposi fedeli per tutta la vita continua ad esercitare un’attrattiva…

R. – Sì, è veramente un desiderio sostanziale di quasi tutte le persone. Manca l’intelligenza quando si deride la bellezza del matrimonio.

D. – La Chiesa, che contributo può dare?

R. – La Chiesa celebra il matrimonio, ma occorre accompagnare le nuove famiglie specialmente durante i primi dieci anni di matrimonio. La Chiesa deve diventare un luogo di accompagnamento per le nuove famiglie.

inizio pagina

Mons. Phiri: Sinodo unisca dottrina e misericordia

◊  

La famiglia è via della Chiesa, luogo in cui nascono le vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa e al matrimonio. Anche in ragione di questo – è convinzione dei padri sinodali – essa va tutelata. Lo conferma al microfono del nostro inviato al sinodo Paolo Ondarza, il vescovo ausiliare di Chipata in Zambia, mons.  Benjamin Phiri

R. – La famiglia è il luogo di formazione primaria, soprattutto per i sacerdoti e i religiosi, perché è lì che imparano ad essere cristiani.

D. – Da una famiglia “santa”, potremmo dire, nascono persone “sante”…

R. – Sì, giusto.

D. – Al di là di quelli che sono i problemi di cui tanto si è parlato a livello di stampa, le chiedo se ci sono delle problematiche tipiche della famiglia nel suo Paese…

R. – Posso dire che il problema più grande è rappresentato da quelle situazioni dove i cristiani non possono accedere ai Sacramenti perché nelle nostre diocesi ci sono tante sfide per quanto riguarda la stabilità del matrimonio o la vita sacramentale. Aspettiamo di trovare in questo Sinodo alcune soluzioni, risposte per far partecipare alla vita della Chiesa più persone possibili, anche quelli che si trovano in situazioni difficili o impossibili.

D. – Situazioni presenti nelle vostre chiese?

R. – Sì, sono molto presenti. Come spesso succede, si sposano ma poco tempo dopo si lasciano e si risposano. Ci sono alcune coppie che si sono lasciate anche 40 anni fa e ora si trovano in queste situazioni. Dobbiamo regolarizzare le loro situazioni dal punto di vista sacramentale.

D. – Quali sono le principali sfide di questo Sinodo?

R. – Trovare risposte giuste senza infrangere le norme che regolano l’integrità del matrimonio.

D. – Quindi, dottrina e misericordia vanno insieme?

R. – Sì, dottrina e la misericordia vanno insieme. Io sono canonista e nel Diritto canonico parliamo sempre dell’equità canonica. Quindi, dobbiamo trovare una posizione bilanciata per dare una soluzione. Il nostro impegno è quello di curare anche coloro che, per episodi accaduti nella loro vita, non sono in piena comunione con la Chiesa.

inizio pagina

Francesco: no ai ministri di rigidità, Dio vuole misericordia

◊  

Guardiamoci dall’avere un cuore duro che non lascia entrare la misericordia di Dio. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, prima di recarsi all’Aula Nuova del Sinodo. Il Papa ha esortato a non resistere alla misericordia del Signore, credendo più importanti i propri pensieri o un elenco di comandamenti da osservare. Il servizio di Alessandro Gisotti

Il profeta Giona resiste alla volontà di Dio, ma alla fine impara che deve obbedire al Signore. Francesco ha sviluppato la sua omelia muovendo dalla Prima Lettura, tratta proprio dal Libro di Giona, e ha osservato che la grande città di Ninive si converte proprio grazie alla sua predicazione:

“Davvero fa il miracolo, perché in questo caso lui ha lasciato da parte la sua testardaggine e ha obbedito alla volontà di Dio, e ha fatto quello che il Signore gli aveva comandato”.

Ninive, dunque, si converte e davanti a questa conversione, Giona, che è uomo “non docile allo Spirito di Dio, si arrabbia”: “Giona – ha detto il Papa – provò grande dispiacere e fu sdegnato”. E, addirittura, “rimprovera il Signore”.

Se il cuore è duro, la misericordia di Dio non può entrare
La storia di Giona e Ninive, annota Francesco, si articola dunque in tre capitoli:  il primo “è la resistenza alla missione che il Signore gli affida”; il secondo “è l’obbedienza, e quando si obbedisce si fanno miracoli. L’obbedienza alla volontà di Dio e Ninive si converte”. Nel terzo capitolo, “c’è la resistenza alla misericordia di Dio”:

“Quelle parole, ‘Signore, non era forse questo che dicevo quando ero nel mio Paese? Perché Tu sei un Dio misericordioso e pietoso’, e io ho fatto tutto il lavoro di predicare, io ho fatto il mio mestiere ben fatto, e Tu li perdoni? E’ il cuore con quella durezza che non lascia entrare la misericordia di Dio. E’ più importante la mia predica, sono più importanti i miei pensieri, è più importante tutto quell’elenco di comandamenti che devo osservare, tutto, tutto, tutto che la misericordia di Dio”.

Anche Gesù non era capito per la sua misericordia
“E questo dramma – rammenta Francesco – anche Gesù lo ha vissuto con i Dottori della Legge, che non capivano perché Lui non lasciò lapidare quella donna adultera, come Lui andava a cena con i pubblicani e i peccatori: non capivano. Non capivano la misericordia. ‘Tu sei misericordioso e pietoso’”. Il Salmo che oggi abbiamo pregato, prosegue il Papa, ci suggerisce di “attendere il Signore perché con il Signore è la misericordia, e grande è con Lui la redenzione”.

No ai ministri della rigidità, il Signore ci chiede misericordia
“Dove c’è il Signore – riprende Francesco – c’è la misericordia. E Sant’Ambrogio aggiungeva: ‘E dove c’è la rigidità ci sono i suoi ministri’. La testardaggine che sfida la missione, che sfida la misericordia”:

“Vicini all’inizio dell’Anno della Misericordia, preghiamo il Signore che ci faccia capire come è il suo cuore, cosa significa ‘misericordia’, cosa vuol dire quando Lui dice: ‘Misericordia voglio, e non sacrificio!’. E per questo, nella preghiera Colletta della Messa abbiamo pregato tanto con quella frase tanto bella: ‘Effondi su di noi la Tua misericordia’, perché soltanto si capisce la misericordia di Dio quando è stata versata su di noi, sui nostri peccati, sulle nostre miserie …”.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Non ridurre gli orizzonti: l’invito del Papa nella terza congregazione generale del sinodo sulla famiglia.
La misericordia prima di tutto: messa a Santa Marta.

Quel tè nelle baracche: in prima pagina, un editoriale di Zouhir Louassini sulla testimonianza di un arcivescovo di Tangeri.

La Nato condanna i raid russi in Siria.

Persone da incontrare: Grazia Loparco sulle religiose, i vescovi e le aspettaive di ieri e di oggi.
Fuoco di un’anima inquieta: Felice Accrocca su una nuova edizione critica delle prose latine di Jacopone da Todi.

Un articolo di Anna Foa dal titolo “Il profumo sotto la pelle”: ad Ayelet Gundar-Goshen il premio Sapir per la miglior opera prima in Israele.

Com’è grande!: da Avila, Cristiana Dobner sul congresso mondiale che ha chiuso il quinto centenario della nascita di Teresa.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Medio Oriente. P. Faltas: gente è stanca, vuole la pace

◊  

Sempre alta tensione tra Israele e palestinesi. Dopo l’uccisione di una coppia in Cisgiordania, nei giorni scorsi, il premier dello Stato israeliano, Netanyahu, annuncia il pugno duro contro il terrorismo. Dalla sua, il governo palestinese intende portare davanti ai tribunali internazionali il dramma del bambino di 12 anni rimasto ucciso ieri durante scontri con l'esercito di Israele vicino Betlemme. Il presidente palestinese, Abu Mazen, chiede all’Onu protezione per il suo popolo. Sul rischio di una nuova Intifada, Giancarlo La Vella ha intervistato padre Ibrahim Faltas, della Custodia francescana di Terra Santa: 

R. – Speriamo non ci sia una nuova Intifada. Penso che anche Abu Mazen non accetterà il disordine e la violenza e penso che stia facendo di tutto per calmare la situazione. Adesso la situazione è molto difficile: Betlemme è chiusa e c’è ora il funerale di questo bambino di 12 anni, che è stato ucciso ieri; a Gerusalemme c’è una forte tensione, e anche in tutte le città palestinesi, soprattutto tra i palestinesi e i coloni.

D. – Come fare per riportare la situazione sui canali del dialogo?

R. – Questo è responsabilità della comunità internazionale. Che cosa è stato fatto? Niente. E’ da tempo che non ci sono negoziati ed è tutto bloccato tra palestinesi e israeliani. Noi abbiamo detto tantissime volte, che, quando non c’è dialogo, c’è tensione, c’è violenza, c’è disastro, odio… Allora devono risolvere questo problema. La gente non ce la fa più e chi ne paga le conseguenze sono gli innocenti.

D. – In questo contesto, la Terra Santa è in forte sofferenza…

R. – Purtroppo abbiamo vissuto un anno molto difficile per la mancanza di pellegrini, un anno persino peggiore della Seconda Intifada. Questo danneggia molto la vita della gente. Sapete che il 90 per cento delle persone di Gerusalemme, di Betlemme, di Nazareth e di tanti altri posti lavora nel settore del turismo. In più la gente scappa, lascia la Terra Santa. Noi diciamo a tutti: “Dovete venire, dovete vincere la paura”. E’ vero che da tre o quattro giorni ci sono questi problemi, ma tutto l’anno è stato calmo e non c’è stato nessun problema. La gente, però, quest’anno ha avuto paura dell’Is. Ma noi non abbiamo l’Is e comunque i pellegrini, i turisti non sono venuti, avendo paura di tutta la situazione del Medio Oriente.

inizio pagina

Nato e Russia ai ferri corti, l'Is colpisce in Siria e Iraq

◊  

Si inaspriscono i rapporti tra Nato e Russia dopo l’avvio dei raid aerei di Mosca in Siria. L’Alleanza Atlantica contesta la violazione dello spazio aereo della Turchia, Paese Nato, avvenuta ieri e le azioni militari russe che non favorirebbero la sicurezza. Intanto i jihadisti del sedicente Stato Islamico continuano a colpire in Siria e in Iraq. Emanuela Campanile ne ha parlato con Marco Lombardi, docente di Sociologia e gestione della crisi: 

R. – La questione siriana è estremamente complicata, deve essere inquadrata in un contesto molto più ampio, quello della Terza Guerra Mondiale, che si gioca in una forma strana. Un concetto, quello della Terza Guerra Mondiale, che Papa Francesco per primo ha usato dichiarare pubblicamente e che condivido in pieno. La Siria è un momento apicale, direi, di questa particolare guerra che si sta giocando con attori, come è stato indicato, estremamente diversi tra di loro. Ci sono Stati nazionali di tutti i tipi, ci sono gruppi terroristici, ci sono multinazionali, ci sono i media… C’è di tutto in gioco, in un gioco che si sta giocando senza regole, e ciascuno soprattutto sta giocando in funzione dei propri interessi.

D. – Impossibile, dunque, prevedere quello che sarà un nuovo assetto?

R. – E’ estremamente difficile, considerando Is come la più grande minaccia che abbiamo mai avuto, per quanto riguarda il terrorismo. Ma devo dire che l’evoluzione a cui stiamo assistendo sta andando verso un “redde rationem” che va oltre il problema del Califfato e che sta dando spazio a questa Russia che fa i suoi interessi, comprensibili, anche se non giustificabili.

inizio pagina

Accordo Usa Pacifico. Cina: le regole rimangono fissate dal WTO

◊  

Gli Stati Uniti e 11 Paesi dell’Area Asia-Pacifico ieri hanno siglato uno storico accordo commerciale. Di fatto è stata creata la zona di libero scambio più estesa al mondo. L'intesa, a cui non partecipa la Cina, ora dovrà essere approvata dai singoli governi. Il cosiddetto Trans-Pacific Partnership (Tpp) rappresenta il 40% della produzione economica mondiale e attraverso l'adeguamento degli standard commerciali, mira all’aumento del lavoro e della ricchezza, nel rispetto dell’ambiente. Massimiliano Menichetti: 

Otto anni di trattative per quello che il presidente statunitense Barack Obama definisce una “delle priorità assolute”. Tanto è costata la firma di ieri ad Atlanta per l’accordo di libero scambio tra gli Usa e 11 Paesi dell’Area Asia-Pacifico (Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Messico, Peru', Cile, Vietnam, Singapore, Brunei e Malesia) tra cui non figura la Cina, ma primeggia il Giappone. Il cosiddetto Trans-Pacific Partnership, che ora andrà formalmente ratificato dai singoli governi, di fatto crea la più vasta aera al mondo di libero scambio, con circa il 40% della produzione economica mondiale e con un pil complessivo di oltre 28 mila miliardi di dollari. Tra i punti centrali del documento: l’eliminazione delle barriere tariffarie, l’adeguamento degli standard commerciali e cooperazione sul fronte delle valute. Per i firmatari la sfida è quella di maggiore stabilità economica, più lavoro, tutto nel rispetto delle normative ambientali di ogni singolo Paese. Fredda la Cina all’annuncio della firma che pur ammettendo l’importanza dell’iniziativa precisa che le regole per gli scambi internazionali vengono fissate dall’Organizzazione mondiale del commercio e non “da governi che si accordano fra di loro”.

inizio pagina

Air France. Hollande: violenze inaccettabili, sanzioni severe

◊  

Crisi Air France: è dura la reazione dell'Eliseo nei confronti dei dipendenti che hanno aggredito ieri diversi dirigenti dell'azienda in protesta contro un piano di tagli da 2.900 posti.“ Violenze inaccettabili che richiedono sanzioni severe“, afferma il presidente Hollande, anche se il dialogo deve andare avanti. Ora sarà un'inchiesta a far luce su quanto accaduto, ma sullo sfondo resta la questione di una compagnia con i conti aziendali in crisi, che fallisce nei suoi intenti di aumentata produttività e ora decide drasticamente per la riduzione di rotte e lavoratori. Una situazione non nuova e specchio della crisi globale. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Matteo Caroli, ordinario di economia e gestione delle imprese internazionali all'Università Luiss: 

R. – La crisi dell’azienda deriva dal fatto che tutto il settore del trasporto aereo è in forte cambiamento, la competizione è diventata molto più intensa per via delle "low cost" e c’è bisogno di innovare i modelli di business e di cambiare.

D. – Certo, se questo cambiamento significa tagli, per un’azienda deve essere proprio arrivato il momento del fallimento totale sotto altri punti di vista, per esempio un piano di aumentata produttività...

R. – I tagli di per sé vanno sempre evitati, ma la questione fondamentale è che il modo di lavorare e le competenze necessarie sono diverse. Occorre naturalmente trovare il modo di gestire i problemi sociali, anche umani, che ne derivano, ma occorre trovare modelli nuovi e adeguati a contesti competitivi molto diversi.

D. – Quindi, si pensa a un ridimensionamento totale di Air France, è questo che accadrà?

R. – Credo sia necessario un salto in avanti in termini di efficienza, di cambiamento del modello di business. Il business aereo guadagna proprio sulle rotte intercontinentali e ha nel costo del lavoro e nella flessibilità del lavoro due elementi di competitività molto forte. E’ chiaro, quindi, che bisognerà migliorare su questi fronti.

D. – Il premier Valls ha detto che una compagnia aerea può anche scomparire. Intendeva scomparire così come è andata avanti fino ad ora e rinascere in forma nuova?

R. – Direi assolutamente di sì. Air France potrà essere magari rifondata, entrare in un gruppo più grande, ma la sua centralità rimarrà in Francia, perché è troppo importante avere una compagnia che garantisca una presenza forte negli aeroporti del proprio Paese.

D. – E’ troppo dire che quanto sta succedendo sia specchio di un andamento di crisi un po’ globale, che riguarda per esempio i conti aziendali, il fatto che i salari non possano crescere e ci siano bassi ricavi…

R. – Innanzitutto, non è vero che i salari non possono crescere. I salari crescono e devono crescere, ma questa crescita deve essere legata alla produttività del lavoro. Dopo di che, è chiaro che siamo in una fase di fortissimo dinamismo, di fortissima innovazione – questo vale in Europa e vale nel mondo – e chiaramente il dinamismo e l’innovazione sono una cosa molto bella per chi riesce a stare al passo, pongono invece un problema per chi rimane indietro. E’ chiaro che questo è un tema cruciale che va gestito, ma su un piano di tipo sociale, non su un piano di tipo gestionale.

D. – Le chiedo un commento alle modalità dei francesi di fare rivendicazioni aziendali o lavorative. Pensiamo al caso Goodyear, oppure alla rabbia degli allevatori quest’estate o a quella dei tassisti contro la Uber…

R. – Questo dimostra che forse la Francia, la cultura francese, si è un po’ "seduta", se posso usare questo termine, sulla propria vera o supposta "grandeur". E questi episodi dimostrano la difficoltà di larghe fasce della società francese di adattarsi, di saper essere innovative e di accettare le sfide. E guardi, non è soltanto delle fasce popolari – dei lavoratori, piuttosto che dei tassisti. E' anche molto della classe dirigente, fortemente oligarchica. Qualche osservatore esperto di cose francesi, sento dire, prefigura appunto una crisi innanzitutto culturale della Francia. Crisi, quindi, che poi richiedono anni per il loro superamento. Forse c’è un po’ questo. In questo senso, noi ci siamo dimostrati forse più flessibili e più pronti al cambiamento, nonostante le tante difficoltà e anche contraddizioni che ancora vediamo nel nostro Paese.

inizio pagina

Povertà estrema in calo 10%. Riccardo Moro: non è proprio così

◊  

Per la prima volta, entro la fine di quest’anno, la povertà estrema dovrebbe interessare meno del 10% della popolazione mondiale. E’ quanto previsto della Banca Mondiale nell’ultimo Rapporto sulla povertà globale, secondo cui il numero di persone che vivono in condizioni di totale indigenza scenderà a 702 milioni, contro i 902 che ancora si contavano nel 2012. La somma giornaliera di cui bisogna disporre per non essere considerati letteralmente “indigenti” è di 1,90 dollari. In precedenza, se ne calcolavano 1,25, ma la cifra è stata adattata, tenendo conto dell'inflazione. Maria Caterina Bombarda ha intervistato l’economista Riccardo Moro

R. – A voler essere un po’ cattivi, potremmo dire che questa riduzione è falsa, perché viene dal fatto che abbiamo cambiato, da qualche tempo, i dati per calcolare la forma con cui si calcola la povertà estrema: sino agli anni Novanta erano un dollaro al giorno, adesso abbiamo usato lo standard di un 1,90 dollari e dunque le persone che hanno meno di un dollaro e 90 diventano meno numerose… Però, se guardiamo a quanto queste persone riescono a comperare, forse con l’inflazione che c’è stata in questi anni, quel dollaro e 90 non siamo così sicuri che serva a compare le stesse cose che si compravano prima con un dollaro. Detto questo, ci sono comunque dei processi di miglioramento all’interno delle economie nazionali e internazionali.

D. – Facendo un bilancio della situazione, quali sono i Paesi in cui la povertà estrema sembra essere diminuita e in quali invece continuano a mantenere livelli di indigenza molto alti?

R. – Quello che possiamo dire che quella che chiamiamo povertà estrema, cioè la fascia che fa veramente più difficoltà, è concentrata in Africa e in India. In termini percentuali, la povertà più intensa è più fortemente concentrata in Africa, mentre in termini di numeri di popolazione abbiamo dei numeri molto consistenti in Asia, perché lì la popolazione è in termini assoluti più grande. Non va in questo quadro dimenticato il subcontinente latinoamericano, in cui abbiamo Paesi che globalmente hanno mostrato dei "trend" di crescita molto alti negli ultimi anni, ma all’interno dei quali – pensiamo la Brasile, ma sicuramente anche al Perù, alla Bolivia, alla stessa Colombia e all’Ecuador – hanno delle forti concentrazioni, delle forti sacche di povertà, interna particolarmente consistente.

D. – Sradicare la povertà estrema e la fame è il primo dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu del 2030. Risulta un obiettivo troppo ambizioso di questi tempi?

R. – Certamente non troppo ambizioso… E’ ovviamente difficile, sia perché bisogna trovare degli strumenti efficaci per fare questo. Sia perché comportano, in qualche modo, un trasferimento di risorse verso le zone dove la povertà è più forte, sia perché comporta anche il cambio di mentalità nei Paesi che sono più favoriti, ma anche tra quelle comunità di persone dove la vita è più vulnerabile. Detto questo, il primo obiettivo degli obiettivi di sviluppo del Millennio non è stato raggiunto in pieno, però sicuramente c’è stato un miglioramento, forse aiutato un poco anche da dati che aiutano a leggere il mondo con un po’ più di ottimismo. Quello che è vero che abbiamo appena terminato una settimana a New York per lanciare gli obiettivi di sviluppo sostenibili alle Nazioni Unite, con – io credo – una importante iniezione di fiducia.

D. – La povertà estrema è in calo, ma resta attuale il problema della fame. Entro il 2050, saremo due miliardi in più: si riuscirà a mantenere l’obiettivo "zero fame" nel mondo?

R. – Quello che succede nel mercato dei beni alimentari è che, essendo i beni alimentari in una condizione in cui i prezzi sono fatti dai mercati finanziari internazionali, spesso diventano volatili a causa della volatilità delle imposte. Allora, in un contesto che sembra complicato, abbiamo bisogno di una "governance" globale, in cui cerchiamo di capire come gestiamo il commercio internazionale, in cui regoliamo il mercato internazionale finanziario e che – con queste equilibri – permetta di far arrivare flussi finanziari verso l’agricoltura, per arrivare a sanare in modo sostenibile i 9 miliardi di persone del 2050 e di mantenere una adeguata tutela dell’ambiente con coltivazioni sostenibili. E’ una sfida a cui è possibile rispondere, ma occorre sia messa in atto con scelte che vanno rinnovate tutti i giorni dai governi, ma anche dagli operatori del settore privato, dagli imprenditori e dai singoli cittadini in ogni loro scelta di consumo.

inizio pagina

Campagna Msf in Congo: “Un parto sicuro salva due vite”

◊  

Nella Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi più poveri al mondo scosso dalla guerra civile, Medici Senza Frontiere ha aperto, nella regione del Nord Kivu, il “Villaggio delle Donne”, uno speciale reparto di maternità nell’ospedale di Masisi. Si tratta di una preziosa struttura che cerca di garantire un parto sicuro ad oltre 4 mila donne l’anno. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Nella Repubblica Democratica del Congo, Paese che detiene il triste primato del più alto numero di stupri al mondo, dare la vita significa anche perderla. E’ il tragico destino di 730 donne e di 4350 bambini ogni 100 mila nascite a causa di violenze e di complicanze legate alla gravidanza. Si tratta del tasso di mortalità tra i più elevati al mondo. Ma cosa significa per una madre affrontare l’esperienza del parto nella Repubblica Democratica del Congo? Risponde l’ostetrico Patrizio Carnevale, che per conto di Medici Senza Frontiere ha lavorato in un ospedale nel Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo:

R. - “Nella zona del Nord Kivu, in particolare, c’è questa grande incognita rappresentata dal fatto che è una regione devastata da decenni di guerra. E quindi queste donne sono costantemente in pericolo di essere braccate dai gruppi armati, costantemente in pericolo di essere violentate, di non poter raggiungere questi centri. Tutto questo significa per loro, nella stragrande maggioranza dei casi, partorire in condizioni non sicure all’interno dei loro villaggi e quando decidono poi di essere trasportate, come ad esempio nel centro di Masisi di Medici senza Frontiere, giungono in condizioni decisamente non buone. Ci sono diversi episodi che potrebbero essere raccontati. E’ chiaro che alcuni lasciano il segno più di altri. Una donna che giunse in ospedale in travaglio di parto avanzato ci emozionò molto. Ci disse che aveva lasciato gli altri figli in una zona sicura all’interno della foresta e che lei aveva attraversato questa area dove rischiava di essere braccata da milizie armate. Milizie che potevano in qualche modo approfittare di lei. Questa donna partorì in ospedale. Voleva partorire in una zona sicura e dopo due ore dal parto - il tempo necessario per noi per verificare che tutto fosse a posto - prese suo figlio e ripartì per andare a ricongiungersi con gli altri suoi figli”.

Per sostenere il Villaggio delle Donne di Medici Senza Frontiere a Masisi, dove nel 2014 hanno partorito in modo sicuro oltre 4000 madri, l’organizzazione umanitaria ha lanciato la campagna di raccolta fondi “Un parto sicuro salva due vite”. Fino a questa domenica si possono donare 2 o 5 euro con un sms al numero 45509. Bastano 10 euro per garantire ad una donna un parto sicuro. Salvare la vita di una madre significa salvare un’intera famiglia. Ancora Patrizio Carnevale:

“Significa salvare un’intera famiglia perché le donne rappresentano il nucleo portante della famiglia e nel momento in cui viene a mancare la donna, viene a mancare tutto il sostegno ai suoi figli”.

Nella regione del Nord Kivu oltre 500 mila persone sono sfollate a causa del conflitto e sono vittime di scontri e di violenze. In questa zona Medici Senza Frontiere ha aperto lo speciale reparto di maternità “Il Villaggio delle donne” nell’ospedale di Masisi, l’unico nosocomio in un distretto sanitario di oltre 420 mila persone.

inizio pagina

Palermo, al via il primo Festival delle letterature Migranti

◊  

Letterature, antidoto a paura e intolleranza: questo il senso del primo Festival delle Letterature Migranti che inizia domani a Palermo e in programma fino all'11 ottobre. Scrittori e protagonisti delle migrazioni, per spaziare dalla narrativa al reportage, dal cinema ai blog, dal teatro al racconto orale, tra arte e testimonianze di vita. Francesca Di Folco ha intervistato il direttore della manifestazione, Davide Camarrone: 

R. – Quando parliamo di letterature migranti non parliamo della letteratura che riguarda i migranti – parliamo anche di quella naturalmente – ma parliamo del carattere costitutivo del contemporaneo: cioè il fatto che la letteratura che anticipa e racconta da sempre il nostro mondo ci dice che viviamo in una condizione ordinaria. Ci sono le migrazioni che stanno cambiando, ci sono le migrazioni più grandi della storia umana, i volti delle nostre città. Per Palermo, è un ritorno indietro perché noi abbiamo vissuto fino alla fine del Quattrocento con tanti popoli, tante religioni, tante lingue, tante culture e lo abbiamo fatto in pace. Poi, per molti secoli qualcuno ha preteso di ridurre a uno tutto quanto e questo per noi è stato fonte di imbarbarimento e di violenza. Adesso che le nostre strade tornano a popolarsi di lingue e di suoni diversi, di 100 popolazioni, 150 lingue differenti, noi abbiamo immaginato che fosse nostro dovere occuparci delle letterature che sono il solo antidoto contro la paura e la paura ha in sé il germe della violenza e dell’intolleranza.

D. – Come si colloca il vostro Festival della letteratura migrante in questo scorcio di inizio millennio in cui la globalizzazione, oltre che attraverso una tecnologia sfrenata, passa soprattutto per il confronto con l’altro, il diverso?

R.  – Noi dobbiamo smettere di usare la parola “diverso”, oppure decidere che siamo tutti diversi gli uni dagli altri. Se la diversità ha una connotazione negativa, allora dobbiamo cominciare a pensare che le similitudini procedono per diversità. Non dobbiamo immaginare che sia il colore della pelle a renderci diversi. Diversi, per fortuna, perché la diversità è condizione di arricchimento, lo siamo per inclinazione, lo siamo per sentimenti, lo siamo per formazione… La nostra grande fortuna è nel tempo che stiamo vivendo. Ci sono tensioni, resistenze, rischi, pericoli, ci sono fraintendimenti, ma io credo che la letteratura può rappresentare l’antidoto pacifico alla violenza. Non si reagisce alla violenza con altra violenza. Io credo che si reagisca alla violenza con un libro e la funzione del libro venga svolta anche da tanto altro, dalla fiction, dal teatro, dal web…

D. – Palermo, Lampedusa: città simbolo perché crocevia di umanità sofferte, “Babele” plurilingue e identità sfaccettate…

R. – L’identità della Sicilia ha nel suo Dna la sua convivenza tra popoli differenti. Lampedusa peraltro eredita il suo nome da un fatto di convivenza. Lampedusa è “Lampaduza” che è il nome che gli arabi danno arrivando da sud a quest’isola nel Mediterraneo: era l’antica lampada che come un faro illuminava la via dei viandanti per mare. Li accoglieva e li portava al sicuro sulla terra ferma. E dietro questa Lampaduza c’erano due grotte, raccontano le cronache antiche del Seicento e del Settecento, dove affiancati pregavano i cristiani e i musulmani. Noi abbiamo già in eredità un’indicazione per il futuro. Si tratta di ascoltare quello che i nostri padri ancora ci dicono attraverso le letterature e dirlo con la stessa passione ai nostri figli.

D.  – Palermo terra di immigrazione e di emigrazione sia odierna che passata, tanto per ricordare che c’è stato un tempo non lontano quando gli altri eravamo noi...

R. – Noi siamo altri a noi stessi anche oggi. Noi dovremmo avere memoria di quando i nostri padri erano costretti a fuggire. Oggi, i nostri figli vanno via sia per la perdurante crisi economica sia perché adesso, con un mondo che si regge sulle comunicazioni fisiche e su quelle virtuali, ci chiediamo: ma perché non immaginare la migrazione come condizione ordinaria? Cioè la possibilità di studiare un po' da una parte e un po’ dall’altra, di affinare la nostra preparazione in altri luoghi, di lavorare lì dove la nostra competenza è richiesta… Quindi, dovremo cominciare a immaginare le migrazioni come una condizione ordinaria e questa ordinarietà della condizione migratoria è proprio a fondamento di questo festival.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Siria. Mons. Audo: distruzioni a Palmira monito dell'Is all'Occidente

◊  

“Non è un messaggio interno, per la Siria, ma un monito alla comunità internazionale, in particolare a Stati Uniti ed Europa, che prestano maggiore attenzione ai beni e ai reperti archeologici”. È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, commentando la distruzione per mano del sedicente Stato Islamico dell’arco di trionfo di Palmira, vestigia di epoca romana di almeno duemila anni. I miliziani hanno “polverizzato” il monumento finora conservato all’interno di un’area che, se resterà ancora lungo nelle loro mani, è destinata a essere “condannata” come riferisce il capo del Dipartimento per l’archeologia e i beni antichi del governo siriano Maamoun Abdulkari. Commentando il nuovo attacco al patrimonio culturale, il prelato spiega che “attraverso questi gesti i miliziani vogliono mostrare all’esterno la loro forza, la violenza, il dominio sul mondo arabo e musulmano. Un atto di grande propaganda mediatica”. 

L'escalation delle violenze complica la fragile situazione dei cristiani
L’arcivescovo caldeo di Aleppo parla ad AsiaNews di una “situazione drammatica” che peggiora sempre più. “La gente è divenuta povera, malata, non c’è denaro per comprare cibo, tutto è caro”. Intanto i miliziani continuano a “lanciare i loro messaggi, vogliono far capire che sono potenti e che hanno i mezzi per fare paura. E anche l’Occidente - avverte - è in pericolo di fronte a questi gruppi estremisti”. L’escalation di violenze e terrore complica ancor più la già fragile situazione della comunità cristiana, che registra un esodo di famiglie e giovani che “sembra non finire”. 

La Chiesa invoca una soluzione politica per arrivare alla pace
“La Chiesa opera per mantenere questa presenza cristiana in Medio Oriente e in Siria viva e attiva - prosegue il presule - quale segno di pluralità e dignità. Tuttavia, ci sembra che l’Occidente non presti attenzione a questo aspetto; la scomparsa dei cristiani sarebbe una perdita non solo per le Chiese orientali, ma anche per l’islam stesso; senza questa presenza ci sarebbe spazio solo per la violenza pura e semplice, una violenza voluta da una parte per poter continuare a distruggere”. La Chiesa siriana, conclude mons. Audo, cerca per quanto possibile “di dare un futuro alle famiglie e ai giovani offrendo educazione, cibo, assistenza sanitaria e sostegno psicologico; ma senza la pace, senza una soluzione politica, guerra e violenze sono destinare a continuare”. 

La guerra ha causato 240mila morti e 10 miioni di sfollati
Dal marzo 2011, data di inizio degli scontri fra il governo Assad e una multiforme coalizione di oppositori, sono decedute oltre 240mila persone. Gli sfollati, secondo i dati delle Nazioni Unite, sono circa 10 milioni. Almeno 4 milioni hanno scelto le nazioni confinanti – Turchia, Libano, Giordania e Iraq – mentre altri 150mila hanno chiesto asilo all’Unione Europea. Gli altri 6,5 milioni sono invece sfollati interni, persone che hanno dovuto abbandonare tutto ma hanno scelto di rimanere nel Paese. (D.S.)

inizio pagina

Ministro iracheno: proprietà dei cristiani verranno tutelate

◊  

Il governo iracheno adotterà un pacchetto di misure volte a tutelare le proprietà immobiliari dei cristiani che hanno lasciato il Paese, e impedire che le loro case e i loro terreni cambino illegittimamente proprietario durante la loro assenza. Ad annunciare le nuove disposizioni è stato il Ministro iracheno della giustizia, Haidar al-Zamili, con un comunicato in cui si forniscono anche alcuni dettagli sulle misure allo studio. In particolare – si legge nel testo ripreso dall'agenzia Fides – verrà predisposto un controllo più serrato sulle compravendite e sui passaggi di proprietà di immobili appartenenti a cristiani, per scoraggiare frodi e possibili espropri non autorizzati. In caso di vendita, le trattative dovranno essere condotte direttamente dal proprietario dell'immobile o da un delegato appartenente alla sua famiglia. Le procedure di transazione delle proprietà dovranno in ogni caso essere certificate con attestazioni emesse direttamente dal venditore e dall'acquirente.

Proprietà sottratte illegalmente grazie a coperture di funzionari corrotti e disonesti
Negli ultimi anni, soprattutto a Baghdad e nell'area di Kirkuk, molti terreni e case appartenenti ai cristiani emigrati all'estero sono stati sottratti illegalmente ai legittimi possessori attraverso la produzione di falsi documenti legali, che rendevano di fatto impossibile il loro recupero da parte dei proprietari. Il fenomeno ha potuto prendere piede anche grazie a connivenze e coperture di funzionari corrotti e disonesti, che si sono messi a servizio di singoli impostori e gruppi organizzati di truffatori.

Il fenomeno è un effetto collaterale dell'esodo di massa dei cristiani
​Il furto “legalizzato” delle proprietà delle famiglie cristiane - documentato da casi e episodi riferiti in particolare dal sito ankawa.com - è un effetto collaterale dell'esodo di massa dei cristiani iracheni, seguito degli interventi militari a guida Usa per abbattere il regime di Saddam Hussein. I truffatori si appropriano di case e immobili rimasti vuoti, contando sulla facile previsione che nessuno dei proprietari tornerà a reclamarne la proprietà. Lo scorso 13 luglio, il patriarca Louis Raphael Sako aveva rivolto un appello pubblico alle autorità politiche e istituzionali del Paese, chiedendo al governo maggiore protezione contro le bande di delinquenti che attentano ai beni e alle persone. (G.V.)

inizio pagina

Israele: dopo le proteste le scuole cattoliche inaugurano l’anno

◊  

Archiviato lo sciopero prolungato delle scuole cattoliche contro i tagli disposti dal ministero israeliano dell’Istruzione, gli oltre 30mila studenti sono tornati da qualche giorno ad affollare le classi per partecipare alle lezioni. E, come da consuetudine, il vicario patriarcale per Israele mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, e il direttore generale del patriarcato, padre Faysal Hijazin, hanno compiuto la tradizionale visita in uno degli istituti del patriarcato latino e altre scuole cristiane. Secondo quanto racconta il sito del patriarcato latino di Gerusalemme (Lpj), quest’anno l’appuntamento “ha avuto un sapore speciale e significativo”. Mons. Marcuzzo e padre Hijazin hanno incontrato insegnanti e studenti “vittime” dello sciopero, trovando all’interno delle classi “un clima di entusiasmo e buonumore” che la battaglia per i diritti degli studenti cristiani non ha intaccato, ma rafforzato. I due leader cristiani hanno potuto inoltre scoprire che anche i bambini delle classi elementari “erano a conoscenza dei motivi dello sciopero”. 

Sostegno  di Chiesa di Terra Santa e vescovi europei per genitori e alunni
Dopo quattro settimane, il 28 settembre scorso si è conclusa la protesta lanciata dalle scuole cattoliche di Israele contro il taglio dei fondi e la statalizzazione degli istituti deciso da un governo che, a lungo, ha mostrato poca “sensibilità” verso gli istituti cristiani e i loro studenti. Professori e alunni hanno denunciato una doppia discriminazione: il governo aveva ridotto le sovvenzioni fino a coprire solo il 29% delle spese; allo stesso tempo, aveva posto un limite alle rette che le scuole possono ricevere dalle famiglie. La battaglia di genitori e alunni ha ricevuto il sostegno della Chiesa di Terra Santa e dei vescovi europei. 

Una Commissione mista dirimerà le prossime controversie
In base all’accordo il governo israeliano si impegna a versare una prima rata di 50 milioni di shekels per l’anno accademico 2015-2016 (12 milioni di euro, a fronte di un budget per le scuole in Israele di 50 miliardi di euro), ed è stato annullato il taglio al budget in vigore dal 2013. Agli studenti viene riconosciuto il diritto al tempo pieno e gli insegnanti verranno pagati per i corsi di aggiornamento, la malattia e i permessi speciali. I due fronti hanno poi concordato sulla nascita di una Commissione che sarà chiamata a dirimere le future controversie.

Gli alunni invitati a conoscere l'enciclica del Papa "Laudato si'"
Rivolgendosi a insegnanti, studenti, genitori e autorità il vicario patriarcale di Gerusalemme ha sottolineato il loro “ruolo positivo” durante le giornate di protesta. Il prelato ha delineato il piano di lavoro della Commissione e ha chiesto di “recuperare i 14 giorni persi a causa dello sciopero”. Augurando un buon anno scolastico nel segno dell’Anno della misericordia, mons. Marcuzzo ha infine chiesto che tutte le attività scolastiche siano “orientate a permettere ai bambini di conoscere le esigenze dell’enciclica di Papa Francesco, Laudato si”. (R.P.)

inizio pagina

Haiti-Santo Domingo: appello al dialogo dei vescovi dominicani

◊  

Tre vescovi dominicani hanno chiesto espressamente alle autorità di Santo Domingo e di Haiti di ripristinare i legami armoniosi, sociali e commerciali, tra i due Paesi. Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides da fonti locali, i vescovi si sono espressi sabato scorso, dopo una settimana contrassegnata da tensioni politiche ed economiche fra i due Paesi. Dalle ultime informazioni si apprende che il governo dominicano ha presentato una denuncia all’Omc (Organizzazione Mondiale del Commercio) contro Haiti, dopo le ultime restrizioni imposte da questo Paese alle importazioni da Santo Domingo. Infatti Haiti ha vietato l'importazione di 23 prodotti dominicani, rompendo così l’accordo di libero commercio siglato nel 2014. 

La tensione è iniziata con il Piano dominicano per gli stranieri senza documenti
Il valore economico dell’esportazione di tali prodotti è pari a circa 500 milioni di dollari l'anno, cifra che danneggia in modo sensibile il commercio dominicano. Inoltre i militari e i finanzieri haitiani confiscano alla frontiera tutta la merce non in regola, creando proteste fra la popolazione. La tensione tra i due Paesi del resto è alta da quando il governo dominicano ha varato il Piano Nazionale per la regolarizzazione degli stranieri senza documenti presenti nel Paese, che prevede il rimpatrio forzato degli haitiani anche di seconda generazione.

C'è chi vuole portare allo scontro dominicani e haitiani per scopi politici
Sabato scorso mons. Fausto Ramón Mejía Vallejo, vescovo di San Francisco de Macoris, mons. Freddy Antonio de Jesús Bretón Martínez, arcivescovo di Santiago de los Caballeros e mons. José Dolores Grullón Estrella, vescovo di San Juan de la Maguana, hanno fatto appello alle autorità dello Stato perché accolgano gli immigrati, rispondendo alla chiamata di Papa Francesco. Mons. Mejia ha sottolineato che l'accoglienza deve iniziare nella Repubblica Dominicana abbassando i livelli di violenza, perché ci sono dominicani che uccidono altri dominicani, ed è urgente investire di più nell'istruzione pubblica. Mons. Grullon Stella ha denunciato che nella società esistono gruppi che "seminano zizzania" per portare allo scontro dominicani e haitiani, per scopi politici. (C.E.)

inizio pagina

Argentina: vescovi chiedono trasparenza per le prossime elezioni

◊  

La Conferenza episcopale argentina ha pubblicato un documento sulle prossime elezioni presidenziali del 25 ottobre, in cui sollecita le varie istituzioni del governo a "creare le condizioni oggettive che ne assicurino lo svolgimento trasparente".

L'esercizio del voto esprime anche la nazione che si vuole avere
Il vescovo di Comodoro Rivadavia, mons. Joaquín Gimeno Lahoz, in una intervista ad una radio locale, Radio del Mar, il cui testo è stato ripreso dall'agenzia Fides, ha commentato che l'obiettivo del documento è ricordare che "l'esercizio del voto esprime anche la nazione che vogliamo. Quello che tutti noi vogliamo è consolidare e sviluppare il sistema democratico nel nostro Paese, ecco perché si parla di trasparenza, di un atteggiamento di rispetto e di dialogo sincero".
A questo proposito, mons. Gimeno ha riconosciuto che ci deve essere una "triplice responsabilità", vale a dire, dello Stato, dei Partiti politici e dei cittadini per riuscire nella ricomposizione dei "rapporti sociali", perché "sembra che siamo amici o nemici, e questo non può essere. Siamo fratelli, impegnati a costruire un Paese in cui tutti dobbiamo lavorare per il bene comune".

Un voto che rispetti i principi cristiani
"Penso che dobbiamo imparare a scegliere prima di votare" ha sottolineato ancora il vescovo, e per riuscire in questo si deve essere informati sulle proposte. L'elettore deve "conoscere e definire le proposte che meglio rispondono ai suoi principi e convinzioni" tenendo conto "dell'affidabilità e della coerenza di coloro che cercano i nostri voti. E lì che dobbiamo puntare". (C.E.)

inizio pagina

Tanzania: appello leader cristiani in vista del voto

◊  

“Attenti a quei politici che puntano a dividere la popolazione in base al credo religioso o all’etnia per ottenere un vantaggio elettorale”. È l’appello congiunto lanciato dalla Conferenza episcopale della Tanzania e dal Christians Council of Tanzania, in vista delle elezioni generali del 25 ottobre. “Non permettete a nessuno di trattarvi come una merce, di comprarvi per infrangere la pace” esortano i leader cristiani, ricordando che, nonostante le differenti visioni politiche, il popolo della Tanzania deve ricordare di fare parte di un’unica nazione e di un unico Paese. “Coloro che fanno la pace in questa nazione sono gli stessi tanzaniani, e salvaguardare la pace per la propria prosperità e le generazioni future deve essere la loro priorità” conclude l’appello ripreso dall'agenzia Fides.

Timori per le milizie al servizio dei tre principali partiti in lizza il 25 ottobre
La Tanzania è considerata uno dei Paesi più stabili dell’Africa, con un tasso di crescita del 7% annuo. Nonostante questo, la maggior parte dei suoi abitanti vive al di sotto della soglia di povertà. L’ineguale ripartizione di risorse sta suscitando malcontento tra la popolazione e c’è il timore che alcuni politici possano far ricorso alla manipolazione etnica o religiosa per guadagnare consensi. Ad accrescere i timori di possibili violenze ci sono le milizie delle quali si sono dotati i tre principali partiti che si sfideranno al voto. (L.M.)

inizio pagina

Sudafrica: i vescovi per un fisco a sostegno dei poveri

◊  

Una riforma fiscale in senso fortemente redistributivo che tassi le fasce più ricche della popolazione a favore delle classi più povere e svantaggiate. E’ quanto chiedono i vescovi sudafricani in merito all’annunciato riordino della normativa fiscale con cui il governo di Pretoria si propone di raccogliere maggiori entrate da destinare ai servizi sociali.

No all’aumento dell’Iva
Nelle intenzioni dell’esecutivo il maggiore gettito ricavato dovrebbe servire, tra l’altro, a finanziare il progetto di copertura sanitaria universale. Tra le misure allo studio a questo scopo figura l’aumento dell’Iva che tuttavia, come evidenziato in un documento dalla Commissione Giustizia e pace della Conferenza episcopale (Sacbc), andrebbe a discapito proprio delle categorie sociali più vulnerabili. Per l’episcopato occorre piuttosto puntare su una tassazione progressiva, mentre  l’aumento dell’Iva dovrebbe seguire e non precedere la creazione di un sistema di sicurezza sociale degno di questo nome.

Aggiornare il paniere dei beni calmierati
“Aspettiamo ancora di vedere le misure di trasferimento delle ricchezze necessarie per affrontare in maniera completa e efficace il problema dell’insicurezza alimentare e per garantire un’alimentazione adeguata ai poveri in Sud Africa”, afferma la Commissione episcopale. “Finché ciò non sarà realizzato sul lato della spesa pubblica, continueremo ad essere solidali con i poveri che lavorano e i disoccupati”. In questo senso i vescovi sudafricani chiedono anche di estendere e di aggiornare regolarmente il paniere dei prodotti calmierati di prima di necessità.

Il sostegno dei vescovi sudafricani alla lotta contro la corruzione
Quello della Commissione Giustizia e pace sulla riforma del fisco è solo l’ultimo degli interventi dell’episcopato sudafricano su alcune pressanti questioni sociali nel Paese. Nei giorni scorsi il presidente della Commissione, mons. Abel Gabuza  aveva annunciato l’adesione alla marcia contro la corruzione organizzata il 30 settembre da diverse associazioni della società civile, denunciando l’inadeguata azione del governo contro questa piaga diventata ormai endemica in Sudafrica. (A cura di Lisa Zengarini)

 

inizio pagina

Nobel per la Fisica a giapponese e canadese su massa di neutrini

◊  

Il Premio Nobel per la Fisica è stato assegnato al fisico giapponese Takaaki Kajita e al collega canadese Arthur B. McDonald. L’annuncio è stato accolto “con onore” dalla comunità scientifica del Sol Levante, che ieri ha festeggiato l’assegnazione del premio per la Medicina al connazionale Satoshi Omura. I due premiati sono stati pionieri nello studio sperimentale delle oscillazioni dei neutrini, un fenomeno grazie a cui queste particelle subatomiche cambiano “identità”. L'osservazione di queste oscillazioni è stata fondamentale per determinare la massa dei neutrini, un ingrediente molto importante per la comprensione dei mattoni fondamentali della materia.

Scoperta cruciale per la visione dell’universo
La scoperta, si legge nel comunicato di assegnazione del Nobel ripreso dall'agenzia AsiaNews, “ha cambiato la nostra comprensione del lavoro della materia, e potrà essere cruciale per la nostra visione dell’universo”. Kajita, 56 anni, lavora al Super-Kamiokande della Prefettura di Gifu mentre McDonald, 72 anni, ha dimostrato in Canada che i neutrini nati nel Sole non scompaiono nel loro viaggio verso la Terra ma cambiano soltanto la propria forma. “Un puzzle – conclude l’Accademia reale di Stoccolma – composto da neutrini contro cui i fisici hanno lottato per anni e che ora è stato risolto”. (R.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 279

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.