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Sommario del 01/09/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: Giubileo sia genuina esperienza di misericordia per tutti

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“Desidero che l’indulgenza giubilare giunga per ognuno come genuina esperienza della misericordia di Dio”. Scrive così il Papa - in vista del Giubileo Straordinario della Misericordia - in una Lettera inviata oggi a mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Roberta Gisotti lo ha intervistato: 

Nella Lettera le disposizioni di Francesco perché tutti possano “vivere e ottenere” il perdono dei peccati, compiendo un “breve pellegrinaggio e varcando “la Porta Santa aperta in ogni cattedrale o nelle chiese stabilite dal vescovo diocesano, e nelle quattro Basiliche papali a Roma”, oltre che nei Santuari e nelle chiese per tradizione giubilari. Particolare attenzione il Papa riserva agli ammalati, alle persone anziane, ai carcerati prevedendo per loro speciali condizioni. Indulgenza anche per i defunti. Tutti i sacerdoti potranno assolvere il peccato dell’aborto. Apertura ai fedeli della Fraternità San Pio X per il perdono dai loro sacerdoti.

D. – Mons. Fisichella, anzitutto qual è lo spirito che pervade la Lettera?

R. – Mi sembra che lo si trovi in un’espressione del Papa, dove subito all’inizio mi dice che desidera che il Giubileo possa essere l’esperienza viva della vicinanza del Padre e quindi poter toccare con mano la sua tenerezza. Io credo che questa sia la chiave di lettura di tutta la Lettera. E’ un desiderio con il quale il Papa ci mostra che la misericordia va soprattutto toccata con le proprie mani e vista con il proprio sguardo. E’ una esperienza di vicinanza di Dio, è un’esperienza di amore e un’esperienza di perdono.

D. – Ci sono elementi di novità in questa Lettera? Mi riferisco in particolare al peccato dell’aborto e ai fedeli della Fraternità san Pio X…

R. – Ci sono tre temi in modo particolare in questa Lettera. Due sono quelli accennati da lei e uno è quello che apre, vale a dire tutto il tema dell’indulgenza, che il Papa inserisce proprio all’interno di questo grande amore della misericordia di Dio, che porta fino agli estremi le conseguenze del peccato e quindi ci mostra come vivere di questa esperienza significhi il dover fare nella nostra propria vita quotidiana il senso di essere stati riscattati dal peccato e quindi di non dimenticarci mai di questa esperienza di saper chiedere perdono senza timore, perché Dio non si allontana mai da noi. E questa dimensione della esperienza che il Papa accenna può essere ottenuta anche per quanti sono defunti, proprio perché siamo legati per la testimonianza di fede e di carità che ci hanno tramandato. Quindi, da questa prospettiva, direi, ci si apre al secondo tema. C’è questa grande novità che il Papa inserisce nel voler estendere a tutti i sacerdoti del mondo, per l’intero periodo dell’Anno giubilare, la facoltà di perdonare quanti hanno procurato l’aborto e che, pentiti, chiedono il perdono per questo gesto così disumano e così grave, un dramma profondo che viene vissuto. Poi, c’è l’altra dimensione che fa capire ancora una volta quanto il Papa sia sensibile al disagio di molti fedeli e in questo caso quei fedeli che tante volte non hanno la certezza di aver ottenuto il perdono, mentre invece il Papa li rassicura: quanti si accosteranno per celebrare il Sacramento della riconciliazione con i sacerdoti della Fraternità di San Pio X dovranno avere la certezza di essere stati assolti dai loro peccati. Quindi, devo dire, una preoccupazione che giunge su diversi aspetti anche se differenti fra di loro, ma che mostra quanto la misericordia sia realmente coestensiva con tutta la vita della Chiesa.

D. – C’è un altro punto ancora che colpisce nella lettera, dove il Papa chiede espressamente di pregare per lui e per le intenzioni – scrive – che porta nel cuore per il bene della Chiesa e del mondo intero…

R. – Credo sia nello stile del Papa. Ci siamo abituati ad ascoltare questa sollecitazione che il Papa con ogni persona, ad ogni Angelus, ripete continuamente: “Non dimenticatevi di pregare per me”. E qui, credo che abbia voluto richiamare ugualmente la stessa dimensione. Perché l’esperienza dell’indulgenza e la celebrazione dell’indulgenza possa essere piena, il Papa chiede che ci sia la confessione, che ci sia la celebrazione dell’Eucaristia. Aggiunge anche l’esigenza di fare un breve pellegrinaggio a piedi verso la Porta santa e poi soprattutto di fare la professione di fede e di pregare per lui, per tutte le intenzioni che porta nel cuore. Credo che questa sia una delle indicazioni che saranno immediatamente colte dai fedeli, perché esprimono la semplicità del Papa, ma anche l’affetto che ricopre verso tutti quanti noi che facciamo sentire anche a lui la nostra vicinanza con la preghiera.

D. – Sottolinea Francesco che “la grazia del perdono completo ed esaustivo” per amore del Padre “nessuno esclude” e speciale vicinanza esprime, oltre che agli anziani e ai malati, ai carcerati…

R. – Anche qui, direi, un tema che merita di essere riflettuto, perché tante volte passiamo davanti a queste condizioni come se fosse una questione di mera giustizia, dimenticando invece che la misericordia deve raggiungere tutti. E quindi, mi piace sottolineare che il Papa ricorda anche questa condizione e il suo pensiero va a tutte quelle persone che, prive di libertà, non potendo attraversare la Porta santa potranno però – come indica Francesco – trasformare le sbarre della loro cella in una esperienza di libertà e di passaggio, di conversione, di rinnovamento, con la Porta santa. Mi sembra sia una Lettera che veramente ci aiuta ancora una volta a riflettere, a rimboccarci le maniche e a farci sentire pienamente coinvolti in questo cammino del Giubileo.

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Papa: il conforto cristiano è in Gesù non nelle chiacchiere

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La speranza nell’incontro finale con Cristo va rafforzata tra i cristiani grazie al “conforto” vicendevole fatto di “buone parole e buone opere” e non di “chiacchiere” inutili. Lo ha affermato Papa Francesco durante l’omelia della Messa del mattino a Casa S. Marta, la cui celebrazione è ripresa oggi pubblicamente dopo la pausa estiva. Il servizio di Alessandro De Carolis

Una fede certa nell'incontro finale con Cristo più forte del dubbio e così salda da rallegrare ogni giornata non si radica a suon di chiacchiere e futilità, ma nel “conforto” che i cristiani sanno darsi “a vicenda” in Gesù. Papa Francesco considera il comportamento dell’antica comunità di Tessalonica che emerge dal brano della lettera di San Paolo proposto dalla liturgia. Una comunità “inquieta”, che si chiedeva e domandava all’Apostolo il “come” e il “quando” del ritorno di Cristo, quale sorte toccasse ai morti e alla quale addirittura era stato necessario dire: “Chi non lavora, neppure mangi”.

Le chiacchiere non confortano
San Paolo, nota Francesco, afferma che il “giorno del Signore” arriverà all’improvviso “come un ladro”, ma aggiunge pure che Gesù verrà a portare la salvezza a chi crede in Lui. E conclude: “Confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri”. Èd è proprio questo conforto, ribadisce il Papa, "che dà la speranza”:

“Questo è il consiglio: ‘Confortatevi’. Confortatevi a vicenda. Parlare di questo: ma io vi domando: noi parliamo di questo, che il Signore verrà, che noi incontreremo Lui? O parliamo di tante cose, anche di teologie, di cose di Chiesa, di preti, di suore, di monsignori, tutto questo? E il nostro conforto è questa speranza? ‘Confortatevi a vicenda’: confortatevi in comunità. Nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie, si parla di questo, che siamo in attesa del Signore che viene? O si chiacchiera di questo, di quello, di quella, per passare un po’ il tempo e non annoiarsi troppo?”.

Il Giudizio e l’abbraccio
Nel Salmo responsoriale, soggiunge Francesco, “abbiamo ripetuto: ‘Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi’. Ma tu – domanda il Papa – hai quella certezza di contemplare il Signore?”. L’esempio da imitare è Giobbe, che nonostante le sue sventure affermava reciso: “Io so che Dio è vivo e io lo vedrò, e lo vedrò con questi occhi”:

“E’ vero, Lui verrà a giudicare e quando andiamo alla Sistina vediamo quella bella scena del Giudizio finale, è vero. Ma pensiamo anche che Lui verrà a trovarmi perché io lo veda con questi occhi, lo abbracci e sia sempre con Lui. Questa è la speranza che l’Apostolo Pietro ci dice di spiegare con la nostra vita agli altri, di dare testimonianza di speranza. Questo è il vero conforto, questa è la vera certezza: “Sono certo di contemplare la bontà del Signore’”.

Il conforto di buone parole e opere
Come San Paolo ai cristiani di ieri, Papa Francesco ne riecheggia il consiglio a quelli della Chiesa di oggi: “Confortatevi a vicenda con le buone opere e siate d’aiuto gli uni agli altri. E così andremo avanti”:

“Chiediamo al Signore questa grazia: che quel seme di speranza che ha seminato nel nostro cuore si sviluppi, cresca fino all’incontro definitivo con Lui. “Io sono certo che vedrò il Signore’. ‘Io sono certo che il Signore vive’. ‘Io sono certo che il Signore verrà a trovarmi’: e questo è l’orizzonte della nostra vita. Chiediamo questa grazia al Signore e confortiamoci gli uni gli altri con le buone opere e le buone parole, su questa strada”.

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Papa, tweet: preghiamo e operiamo per la Giornata del Creato

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“Oggi è la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato. Preghiamo e operiamo”. La scrive in un tweet Papa Francesco, che nel pomeriggio, alle 17, presiederà nella Basilica di San Pietro la celebrazione della Parola in occasione della prima Giornata Mondiale di preghiera per la cura del Creato da lui indetta. Sul contributo che i cristiani possono offrire al superamento di quella che Francesco definisce "la crisi ecologica” del nostro tempo, Fabio Colagrande ha sentito mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione Cei per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace: 

R. – Come il Papa ci ricorda il nostro contributo è quello di considerare la terra, il creato come qualcosa di sacro da non depredare, devastare e ferire. Quindi è proprio l’invito a un rapporto umano di attenzione, di rispetto, di custodia e di attenzione alla realtà e al creato tutto intero. Lui ci invita a una conversione ecologica. E’ importantissimo aver istituito questa giornata insieme con la Chiesa ortodossa perché l’attenzione al creato è un aspetto sostanziale: la creazione nasce dalle mani di Dio e incontrando il Signore nella fede cattolica, nella fede ortodossa ma anche nelle altre grandi religioni, riceviamo tutto come un dono. Se la realtà è considerata un dono, allora la si accoglie con rispetto. Quindi l’invito grande, il contributo, è una conversione che parte da noi e che da noi si rivolge anche alle istituzioni ma che soprattutto coinvolge la Chiesa e la società nel suo insieme.

D. – C’è il rischio, come scrive il Papa, che l’attenzione per il Creato, per l’ambiente, resti un aspetto secondario, per molti, dell’esperienza cristiana?

R. – Diciamo che è il rischio che abbiamo corso perché per lungo tempo - io basta solo che veda la situazione qui a Taranto - abbiamo considerato prioritario l’aspetto della produzione, l’aspetto del mercato. Ma senza arrivare a questi punti: la trascuratezza con cui si tratta la natura, i campi, i boschi, si tratta l’acqua, si tratta un altro grande tema, la biodiversità, cioè quella ricchezza che si trova in vari territori del mondo… Perciò non può essere un aspetto secondario della fede perché è legato proprio all’ammirazione con cui il Signore guardava la realtà: “Guardate gli uccelli del cielo, i fiori del campo, la realtà tutta”, senza mettere l’uomo ai margini. L’uomo nella Bibbia ha una posizione centrale, ma di custode e di colui che difende la creazione, perciò è centrale rispetto al nostro atto di fede. Perché tutto nella vita, il grande messaggio del Papa è tutto è unito per il sì al Signore, il sì ai fratelli, il sì alla realtà, alla creazione.

D. - Lei ha giustamente sottolineato il carattere ecumenico di questa prima giornata mondiale per la cura del Creato: E quindi davvero c’è una fortissima collaborazione ecumenica su questo tema, ricordiamo i convegni e le parole importanti pronunciate in questi anni dal patriarca Bartolomeo…

R.  – La sintonia profonda e totale tra Papa Francesco e il patriarca Bartolomeo è un segno positivo per l’ecumenismo, cioè per l’incontro tra tutte le varie confessioni cristiane. Perché significa che raccogliamo la sfida che la realtà ci pone ed è importante che questa non sia fatta isolatamente da una confessione cristiana ma ci sentiamo tutti provocati. E’ un primo passo perché le grandi tradizioni religiose siano un punto di riferimento anche per lo sviluppo economico e sociale della terra perché il senso non è dato dal puro aspetto tecnologico, come dice Papa Francesco, dal paradigma tecnocratico: è offerto da una visione più ampia che parla del destino della felicità non solo individuale ma sociale, del benessere, ma inteso come una società giusta. Questo dialogo tra Bartolomeo e Papa Francesco è già un passo di una sensibilità comune delle Chiese. E io penso alle Chiese d’Europa che è importante che su tanti temi si pronuncino dicendo problemi gravi come quello dell’offesa alla natura o problemi gravi come quello dei migranti che ci devono vedere uniti in un pronunciamento chiaro e forte. E’ proprio il passo dell’ecumenismo che offre un servizio e una vicinanza e alle persone del nostro tempo perché partecipino di un atteggiamento diverso, non predatorio, ma di familiarità e di custodia nei confronti della realtà e della natura.

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Angola, Francesco ai giovani: siate seminatori di speranza

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Dare testimonianza del messaggio evangelico e diventare seminatori di speranza ed amore: questo l’invito di Papa Francesco ai giovani angolani che nei giorni scorsi si sono riuniti a Huambo per la prima Giornata nazionale della gioventù cattolica. Svoltasi dal 26 al 30 agosto ed organizzata dalla Conferenza episcopale locale (Ceast), l’evento ha avuto per tema “Giovani siate testimoni dell’amore di Cristo”. Circa tremila i partecipanti, ai quali è giunto il saluto del Pontefice tramite un messaggio a firma del card. Pietro Parolin, segretario di Stato.

I giovani, forza in grado di trasformare la società
Nel documento, i ragazzi vengono esortati a riaccendere nel proprio cuore “la fiamma dell’amore di Cristo” ed a “dimostrare la loro forza nel trasformare la società”, “impegnandosi con decisione al fine di costruire una società più accogliente, giusta e fraterna”. Allo stesso tempo, il messaggio pontificio invita i giovani ad “un rinnovato impegno nella promozione dei veri valori umani, morali e spirituali che ispirano i singoli individui, le famiglie e la società angolana nella ricerca del bene comune, radicato nella concordia, nella giustizia e nel rispetto dei diritti della persona umana”. Infine, Papa Francesco imparte a tutti i giovani partecipanti alla Giornata la sua benedizione apostolica.

La Giornata, un incontro di fede con Dio
Dal suo canto, il segretario nazionale della Pastorale giovanile della Ceast, padre Armando Alberto Pinho, ha sottolineato che la Giornata, “incontro di fede con Dio”, ha avuto l’obiettivo di suscitare vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, incoraggiando i giovani anche al dialogo nella Chiesa e nelle altre realtà sociali. (I.P.)

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Papa: mons. Pastore, intelligenza e passione per il Vangelo

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“Intelligenza e passione al servizio del Vangelo e della Santa Sede, in particolare nel campo delle comunicazioni sociali”. Sono le doti che Papa Francesco pone in risalto – in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin – del lungo ministero svolto da mons. Franco Pastore, il presule spentosi l’altro ieri a Roma a 88 anni di età, dopo essere stato per molti anni segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali e prima ancora al lavoro in Radio Vaticana.

Il messaggio di Francesco è stato letto dal segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, a conclusione del rito esequiale celebrato a Roma presso la chiesa della Casa Assistenti dell'Azione Cattolica. La Messa funebre, che ha visto la partecipazione del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, è stata presieduta da mons. Claudio Maria Celli, presidente del dicastero delle Comunicazioni, che all’omelia ha ricordato a più riprese lo stile semplice e genuino che contraddistinse mons. Pastore nei suoi rapporti e nel suo lavoro.

Era “un vescovo che non pontificava mai”, ha affermato tra l’altro mons. Celli, e anche dopo il pensionamento aveva continuato a collaborare con i vecchi colleghi sempre entrando in punta di piedi. Il presidente del Pontificio Consiglio ha ricordato pure come il presule scomparso avesse stretto amicizia con i suoi predecessori a capo del dicastero – mons. John Foley e prima ancora mons. Andrzej Deskur – e come assieme in particolare a quest’ultimo, peraltro amico e connazionale di Giovanni Paolo II, abbia “guidato e favorito la presenza della Santa Sede nel delicatissimo settore delle comunicazioni”.

La salma di mons. Pastore – originario di Varallo Sesia, nel novarese – verrà ora trasferita a Rima, un piccolo centro posto in una valle laterale della Valsesia, in provincia di Vercelli, e tumulata nella tomba di famiglia. (A cura di Alessandro De Carolis)

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Francesco rinnova la Commissione Speciale per la Liturgia

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Papa Francesco ha rinnovato la Commissione Speciale per la Liturgia presso la Congregazione per le Chiese Orientali, così composta: il presidente, arcivescovo Piero Marini, il segretario, il sacerdote Cummings McLean, i padri Tedros Abraha, dei Francescani Cappuccini, Cesare Giraudo, gesuita, Thomas Pott e Manuel Nin, salesiani, Rinaldo Iacopino Rinaldo, marianista, e mons. Paul Pallath.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, in apertura, "Incontro con la misericordia. Lettera del Papa in vista del giubileo straordinario"

Accanto, l'editoriale di Lucetta Scaraffia "Un diritto  da perdonare"

Sarà «un vero momento di incontro con la misericordia di Dio»  il giubileo straordinario che si aprirà  il prossimo 8 dicembre, scrive  Papa Francesco nella lettera inviata all’arcivescovo Fisichella, e pubblicata integralmente in ultima pagina; un' occasione per «toccare con mano» la tenerezza del Padre

A pagina 4 Claudio Toscani ricorda lo scrittore e giornalista Manlio Cancogni, appena scomparso, dal '98 al 2003 collaboratore dell'Osservatore Romano

Mentre Emilio Ranzato dedica un pezzo al regista Wes Craven, recentemente scomparso

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Oggi in Primo Piano



Stop treni a est di Budapest: ingestibile il numero di profughi

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Dall'inizio dell'anno, piu' di 2.643 persone sono morte in mare nel tentativo di raggiungere l'Europa mentre oltre 350.000 sono quanti hanno attraversato il Mediterraneo. E' quanto riferisce l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Intanto, t raffico sospeso nella stazione ferroviaria Keleti di Budapest, che si trova a est della città ungherese. Da giorni è il punto di partenza di migliaia e migliaia di profughi diretti in Austria o Germania. Ma sulla questione immigrazione, l’aggiornamento nel servizio di Fausta Speranza: 

Nella giornata di ieri 3.650 migranti e profughi giunti in treno a Vienna da Budapest. 1500 in attesa oggi alla frontiera tra Grecia e Macedonia. La questione resta delicata e urgente sia sul fronte dell’est europeo sia sul fronte del Mediterraneo. 4 cadaveri sono stati recuperati su un gommone al largo della Libia e 400 persone invece per fortuna sono state soccorse su diversi gommoni nella notte. 

L’Onu ricorda che nella stragrande maggioranza si tratta di profughi, in fuga da Iraq, Siria, Afghanistan e ricorda le "profonde implicazioni legali". In sostanza significa il diritto d’asilo che si riconosce a chi scappa da guerre, torture. Il punto è che al momento i criteri e gli standard di azione in tema di diritto di asilo solo diversi nei diversi paesi europei. E c’è poi il famoso Accordo di Dublino che vincola all’accoglienza il Paese che riconosce il diritto di asilo. Questo rappresenta un problema per Italia e Grecia, e ora Ungheria, primi approdi dei fuggitivi che spessissimo non vogliono rimanere nel sud Europa ma vogliono raggiungere Paesi del Nord, in primis la Germania. Da più parti si invocano standard comuni per i criteri di riconoscimento del diritto d’asilo e la revisione dell’accordo raggiunto in altri tempi a Dublino.

Sappiamo che il 14 settembre i leader europei si ritroveranno per un vertice straordinario proprio sull’immigrazione: si dovrebbe discutere anche di questo. Intanto, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia fanno sapere che si incontreranno prima, alla fine di questa settimana. Si tratta dei quattro Stati dell’est che hanno opposto forti resistenze di fronte allo schema di ricollocamento su scala europea di circa 30.000 richiedenti asilo da Italia e Grecia, approvato a luglio dai capi di Stato e di governo.   

Resta l'appello dei vescovi europei: padre Luis Okulik, segretario della Commissione 'Caritas in Veritate' del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, ribadisce che: “Capita spesso che alcuni governi in Europa abbiano la tendenza a proteggersi e fanno delle proposte che sono in contraddizione con quanto finora previsto dalle normative europee. Questo mette allo scoperto una debolezza di tutto il sistema europeo”.

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Libia: Boko Haram invia rinforzi allo Stato islamico

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Gli impianti di gas a Mellitah, in Libia, sono stati assaltati e conquistati da un gruppo armato chiamato "I rivoluzionari dell'area occidentale". Lo riferisce il quotidiano on line Libya Herald, ma si attende una conferma ufficiale. Intanto, desta preoccupazione anche la notizia dell’invio di 200 miliziani di Boko Haram a Sirte per rinforzare le postazioni del sedicente Stato Islamico, mentre l’inviato dell’Onu, Bernardino Leon, è a Istanbul per mediare con il governo di Tripoli al fine di riportarlo al tavolo con le altre fazioni libiche. Ma sull’intervento degli integralisti nigeriani in Libia Marco Guerra ha raccolto il commento dell'analista strategico Alessandro Politi: 

R. - Data la scarsa consistenza della gente inviata è un intervento simbolico e significa anche che Boko Haram si può permettere di spedire dei combattenti in trasferta. Non è esattamente qualcosa che si fa se si hanno dei problemi. Quindi il primo indicatore è che in Nigeria, ancora, per le forze governative le cose non vanno affatto bene, perché altrimenti Boko Haram non si sarebbe potuta permettere questo lusso. Però è un lusso largamente dimostrativo. Quello che conta è la capacità dei gruppi jihadisti libici di reclutare in blocco, di cambiare schemi di alleanze, di allargare la base del consenso. Questa è la loro forza, come sempre è stato per tutte queste formazioni, a cominciare da quelle che operano nell’area che ormai possiamo chiamare “Sir-aq”, non ci sono più la Siria e l’Iraq, ma c’è questa entità in mezzo che ha fuso i due confini.

D. – E il gruppo jihadista ha organizzato a Sirte anche una parata militare alla stregua delle sfilate viste a Mossul e a Raqqa. Com’è la situazione in città? Quella dello Stato Islamico in Libia è ancora una presenza simbolica o inizia ad essere una realtà strutturata?

R. – Una parata è semplicemente una roba di propaganda per tirare su il morale ai propri combattenti e anche fare impressione all’estero. Però, insomma, le guerre non si vincono con le parate. Le stime sulla presenza dei combattenti, per quanto incerte, passano nel giro di un anno, due, dagli 800 iniziali agli stimati 3mila di adesso. Qualcuno parla di 5mila… Io su queste stime sarei sempre estremamente cauto perché è chiaro che la propaganda jihadista, come tutte quelle di formazioni irregolari, tende a gonfiare moltissimo i numeri. Però è una presenza che si sta espandendo.  Bisogna poi vedere quanto dal punto di vista operativo questo riesca ad avere degli effetti ma questo dipende anche dalle forze delle altre fazioni libiche, da quanto sono efficaci. Se mi ricordo che prima Haftar veniva presentato come la persona capace di risolvere il problema delle fazioni jihadiste, mi pare che per ora ci sia qualche limite.

D. – Il rischio potrebbe essere legato anche al fatto che volontari stranieri ed europei inizino ad affluire in Libia oltre che in Siria e in Iraq…

R. – Questo non è un rischio ma una ragionevole certezza. Dove ci sono focolai, è chiaro che arrivano anche persone che pensano di poter contribuire in questo modo a questa dubbia causa. Quanto poi questi volontari riescano a fare la differenza è tutto da vedere, anche qui non è scontato. Alcuni magari possono avere conoscenze utili, altri non sono che carne da cannone.

D. – L’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Bernardino Leon, incontra oggi a Istanbul i rappresentanti del parlamento di Tripoli, l’obiettivo è convincerli a partecipare alle nuove sessioni di dialogo giovedì e venerdì a Ginevra. Potrebbe esserci una svolta diplomatica?

R.  – Le svolte diplomatiche a volte avvengono senza che nessuno dei protagonisti le sospetti. La mediazione di Leon è estremamente tenace però bisogna vedere qual è la maturità degli attori politici sul campo. Spesso gli attori politici tendono a tenersi il proprio guadagno senza volersi mettere in discussione con una controparte, piuttosto che raggiungere un risultato positivo per tutti quanti.


D.  – Finché non ci sarà un accordo per un governo di unità nazionale, l’instabilità  gioverà ai jihadisti?

R. – Sì, più continua l’instabilità più i jihadisti hanno nuovi spazi di manovra. Questo è assolutamente ovvio. In questo momento in Libia siamo in una situazione del tutti contro tutti. E’ una situazione che non è soltanto di instabilità, è di completa disgregazione del Paese. Se non si riesce a trovare tra i principali attori un accordo per quello è il controllo del territorio, la fusione delle milizie in un esercito che sia vagamente una guardia nazionale e una ragionevole distribuzione dei profitti del petrolio, questa situazione purtroppo andrà avanti.

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Dossier Caritas italiana: urgente un'ecologia integrale

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In un mondo sempre più segnato da crisi ambientali, è necessaria una “ecologia integrale”. E’ quanto ricorda la Caritas Italiana in occasione della decima Giornata per la Custodia del Creato, promossa per il primo settembre dalla Conferenza episcopale iItaliana (Cei). La Caritas ha voluto puntare l’attenzione sul delicatissimo tema dell’estrazione mineraria, i cui effetti sulle comunità locali possono essere devastanti. Giacomo Zandonini ne ha parlato con Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas Italiana: 

R. – Il fatto che il numero dei disastri registrati nel mondo negli ultimi trenta, quarant’anni, sia sostanzialmente quintuplicato questo è un dato ormai sotto gli occhi di tutti. Pensiamo alle alluvioni, agli smottamenti, alle siccità e alle temperature estreme: sono tutti fenomeni che hanno un trend estremamente crescente. Il fatto che ci sia un aumento delle temperature medie – l’abbiamo sperimentato anche questa estate – un aumento globale del livello dei mari, una riduzione dell’estensione dei ghiacciai, della portata dei fiumi: sono tutti fenomeni numericamente fondati, visibili – in alcuni casi quasi allarmanti – e non riducono, quindi, il problema ambientale solamente a una questione ecologica in senso stretto. Diventa invece una ecologia “integrale”; come ci dice Papa Francesco: c’è un problema che da ambientale diventa sociale, da sociale diventa politico e poi anche spesso – ahimé – fonte di conflitti e profughi ambientali.

D. – Nel dossier intitolato: “Ecologia integrale”, pubblicato dalla Caritas, si focalizza l’attenzione sul caso dell’estrazione mineraria nel Congo Brazzaville, di che fenomeno si tratta?

R. – Di tutti questi enormi fenomeni di cui parlavamo prima, noi ne abbiamo preso in esame solo uno: l’industria estrattiva nella Repubblica del Congo, dove l’aumento delle attività di perforazione, soprattutto per petrolio e gas, prima ha deteriorato gradualmente l’ambiente naturale, con livelli di inquinamento molto elevati – ma poi si è trasformato da fenomeno ambientale a problema sociale e sanitario: abbiamo anche raccolto dei dati sulla salute delle persone, che dimostrano come questi siano appunto peggiorati. Si vede concretamente, in un caso molto pratico, come l’industria estrattiva abbia prima procurato inquinamento, ma poi abbia anche compromesso la salute e la pacifica convivenza delle comunità locali.

D. – La Conferenza Episcopale Italiana nel messaggio per la Giornata per la Custodia del Creato ricorda anche la necessità di un impegno serio a livello italiano: su che fronti, secondo voi, è più urgente intervenire?

R. – L’Italia è segnata da fenomeni ormai molto evidenti di inaridimento di suoli, di accesso all’acqua – soprattutto nel Sud, pensiamo ai fenomeni di inquinamento più o meno grave o alla terra dei fuochi – abbiamo un territorio molto vulnerabile non solo dal punto di vista sismico, ma anche dal punto di vista delle alluvioni e delle frane, tanto che il numero complessivo dei disastri, anche in Italia, tende ad aumentare. E quindi i vescovi richiamano alla responsabilità, certamente politica e imprenditoriale, ma anche agli stili di vita, perché poi, attraverso le nostre scelte – nei consumi e nella produzione – anche noi possiamo non solo denunciare le cose che non vanno, ma anche pilotare le scelte, per esempio quelle aziendali, verso altre che sono ecologicamente più attente al sociale, e che in qualche modo facciano diventare la questione ambientale anche una questione educativa per noi stessi e per le nostre comunità. 

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La Caritas Mineo sui coniugi uccisi: non colpevolizzare tutti gli stranieri

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“E' anche colpa dello Stato se i miei genitori sono stati uccisi”. Rosita Solano, figlia della coppia assassinata in casa nel Catanese da un ospite del centro di accoglienza di Mineo, si rivolge al premier Renzi. E scoppia la polemica politica, con Salvini della Lega che attacca il governo. Intanto la Procura di Caltagirone chiede la convalida del fermo del 18enne ivoriano accusato dell’omicidio. Intervistato da Alessandro Guarasci il direttore della Caritas locale, don Luciano Di Silvestro, invita a non generalizzare e a non vedere negli immigrati un pericolo: 

R. – Naturalmente, non tutti sono in questo modo: non si può fare di "tutt’erba un fascio". A noi cristiani tocca il compito di superare i limiti dell’accoglienza e anche le nostre paure; invece, chi governa deve stabilire il rispetto dei limiti. E sui “Cara” (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) uno potrebbe aprire una maglia che non si chiuderebbe mai: entreremmo in altri problemi. Tutto qua …

D. – Quali problemi?

R. – Eh … i problemi del “Cara” sono: intanto la gestione. Come direttore della Caritas diocesana, non posso entrare facilmente al “Cara” per verificare anche l’eticità e la moralità che si portano all’interno dell’accoglienza, anzi: sono totalmente escluso da questo. Perché se io mi permettessi di dire al direttore dirigente del “Cara”: “Guardi, voglio venire a visitare, a fare una visita al ‘Cara’”, dovrei passare controlli, fare richieste burocratiche per cui passerebbe un mese. Poi, entro lì e non posso neppure visionare tutto il “Cara” ma alcune postazioni che indicano loro. Quindi capisce bene che ci sono delle indicazioni che devo rispettare …

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Sant'Egidio a Tirana per dire che "la pace è sempre possibile"

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Sviluppo, ambiente, diseguaglianze sociali, ma soprattutto il dramma delle guerre e delle loro vittime, come i migranti, che arrivano sulle coste europee per sfuggire alla violenza. Sarà tutto questo al centro dell’annuale Incontro internazionale delle religioni per la pace, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, che quest’anno si svolge a Tirana, in Albania, dal 6 all’8 settembre e che è stato presentato oggi a Roma. Il servizio di Francesca Sabatinelli

"La pace è sempre possibile": il titolo dell’appuntamento di quest’anno è stato scelto perché nato dalla convinzione di “dover contrastare con forza il pessimismo che circonda i tanti conflitti in corso”, così come “dalla consapevolezza che l’attuale grande migrazione dal Sud del mondo e dai Paesi in guerra verso l’Europa, non può essere fermata senza un importante investimento sulla pace”. Lo ha spiegato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, nell’illustrare l’Incontro che vedrà riunite a Tirana oltre 400 persone tra leader religiosi, esponenti della cultura e delle istituzioni di tutto il mondo, pronti a dialogare sui principali temi di oggi: dalle guerre in corso in numerosi Paesi, alla strumentalizzazione delle religioni per fini violenti e di terrore, dall’impegno per la salvaguardia dell’ambiente, alla violenza giovanile. Nell’assemblea inaugurale, verrà anche letto un messaggio di Papa Francesco, che lo scorso anno scelse proprio Tirana come primo viaggio europeo del suo Pontificato. Sarà dunque la speranza che si possa e si debba sempre credere nella pace il filo conduttore degli incontri albanesi. Marco Impagliazzo:

R. – Noi lanciamo questo appello alla comunità internazionale, ma vogliamo prenderci delle responsabilità. La prima, grande, responsabilità ci viene dallo spirito di Assisi, l’eredità che Santo Giovanni Paolo II ci ha lasciato e che Sant’Egidio non ha mai lasciato cadere in questi 30 anni. Oggi, lo spirito di Assisi si confronta con nuovi problemi: se prima si confrontava con quelli dettati dalla Guerra Fredda, quando nacque, nel 1986, oggi si confronta sui migranti a causa delle guerre, oppure sul tema del terrorismo religioso, della violenza cosiddetta “su base religiosa”. E allora noi vogliamo prenderci assieme a tanti leader religiosi, ma anche a personalità del mondo politico e della società civile, la responsabilità di proporre delle soluzioni e di parlare al mondo di questo. C’è una domanda anche all’interno delle religioni: dove abbiamo fallito? Dove non abbiamo convinto la nostra gente? Perché esistono i "foreign fighters"’? Perché c’è gente che ancora crede che una delle espressioni dell’islam sia la violenza? Questo è un punto di domanda che noi ci faremo anche insieme ai nostri interlocutori musulmani.

D. – E in un Paese come l’Albania, riuscito a superare le recenti ferite della dittatura e dell’ateismo di Stato...

R. – Io credo che l’Albania, e Tirana, siano veramente dei luoghi molto evocativi. Tante sofferenze di questo mondo vanno capite anche alla luce di una storia. Se oggi abbiamo i migranti dalla Siria perché c’è la guerra, negli anni ’90 avevamo i migranti dall’Albania perché usciva da anni ed anni di un regime comunista terribile, durissimo, che aveva chiuso il cielo, aveva dichiarato l’ateismo di Stato, che ha perseguitato in maniera violentissima tutti coloro che professavano una fede, sia cristiani che musulmani. Allora, l’Albania è veramente un Paese evocativo di un popolo che ha sofferto tanto e che ha cercato negli ultimi anni di uscire e di riuscire. Quella che noi consideravamo un’invasione all’epoca, oggi neanche ce la ricordiamo più, perché questi migranti albanesi si sono inseriti, hanno lavorato da noi, stanno tornando in Albania per far crescere il benessere del loro Paese. È un modello che può essere indicato anche per chi oggi ha paura dei nuovi migranti.

D. – Il 14 settembre, vertice straordinario dell’Unione Europea sull’immigrazione. Al centro l’esigenza, la necessità di superare il Trattato di Dublino. Cosa ritiene sia necessario la Comunità di Sant’Egidio?

R. – La Comunità di Sant’Egidio da vari mesi sostiene che Dublino vada trasformato, cambiato. In più, sosteniamo che l’Europa può attingere alle sue normative, tra cui l’Art. 78, dove si parla della possibilità di allargare il concetto di protezione temporanea non solo delle persone ma anche dei gruppi. Oggi perché non allargare il concetto di protezione temporanea ai rifugiati per i siriani, un popolo che chiaramente sta fuggendo dalla guerra, non hanno nulla da nascondere... In più, c’è la proposta italiana sul diritto d’asilo europeo, sostenuta dalla cancelliera Merkel. Insomma, ci sono in campo varie possibilità, ma io direi che bisogna sbrigarsi. Il problema è che c’è poco tempo, la sofferenza è tanto grande. Noi chiediamo anche che vengano aperti degli uffici, dei desk, nei Paesi di transito dove si possano ricevere queste domande. Questa è una grande proposta che abbiamo lanciato ormai da tempo insieme alla Federazione delle Chiese evangeliche italiane, stiamo aspettando la risposta del Ministero dell’interno. Abbiamo già ricevuto la risposta favorevole di quello degli Esteri, chiediamo soltanto che si faccia presto.

D. – Di fronte a tutto questo, restano però le chiusure dei Paesi dell’Europa dell’Est…

R. – Questo è fuori dubbio e questo ci fa riflettere molto su cosa significhi il fatto che uno dei principi fondamentali dell’Europa sia quello di solidarietà. Credo vi sia  da convincere di più i popoli europei, le varie nazioni, che queste persone oggi in fuga hanno bisogno, sono sofferenti. Il camion trovato in Austria ha scosso le nostre coscienze, ma dalle reazioni di alcuni governi non mi sembra poi così tanto. Dobbiamo soltanto continuare a dimostrare, a spiegare, in molte maniere che si è migranti perché si scappa da situazioni difficili, troppo difficili, e chiedere ai popoli europei di immedesimarsi almeno un po’ in queste sofferenze.

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Expo: le Salesiane a sostegno del microcredito

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La “spinta” giusta per ripartire. Una mostra racconta ad Expo l’attività delle Figlie di Maria Ausiliatrice a sostegno del microcredito e della micro-imprenditorialità che ha permesso in dieci anni, dal 2004 al 2014, di raggiungere 30 mila beneficiari nel mondo. 144 i progetti di microcredito e 266 i microprogetti di sviluppo realizzati. Da Milano, il servizio di Fabio Brenna

La mostra, ospitata fino al 9 settembre all’interno di Casa Don Bosco, il padiglione salesiano che si trova sul decumano all’Esposizione Universale di Milano, presenta una carrellata di “buone pratiche” che hanno permesso a tante famiglie e comunità di uscire dall’assistenzialismo, stimolando l’attività produttiva dal basso. Gli interventi hanno avuto come protagoniste le donne, la cui creatività e ingegnosità si è tradotta in lavoro e quindi in speranza per il mondo femminile, troppe volte in condizione di maggiore marginalità nelle aree più depresse del pianeta.

Un percorso dove gli interventi sono adattati alla concreta situazione locale. Si passa dall’allevamento di piccolo bestiame e dalla coltivazione di ortaggi a piccole aziende di tessitura fino a esperienze di medicina alternativa.

L’intervento delle Figlie di Maria Ausiliatrice non vuole esaurirsi in una sorta di “finanza solidale”. Si caratterizza piuttosto per l’attenzione alla dimensione educativa delle esperienze che vengono avviate e sostenute, con attenzione alla formazione al lavoro, al cooperativismo e all’autofinanziamento. Avviare un’attività produttrice di reddito migliora le condizioni di una famiglia e la possibilità di educazione dei figli e conduce ad una condizione di cittadinanza attiva.

Venerdì 4 e sabato 5 settembre, un gruppo di giovani immigrati beneficiari di un progetto di microcredito porteranno la loro testimonianza. Ospiti della Casa delle salesiane di Cammarata, nell’agrigentino, stanno imparando i fondamenti dell’agricoltura locale per poi dare avvio ad una attività vera e propria sul territorio che li ha accolti.

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Festival di Venezia, l'"Otello" di Welles anticipa apertura

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Un omaggio al genio di Orson Welles nel centenario della nascita: questa sera al Lido per la preapertura della 72.ma Mostra del Cinema di Venezia - che s’inaugura ufficialmente domani - vengono presentati al pubblico due capolavori “veneziani” del grande regista, recentemente ricostruiti e restaurati. Da Venezia il servizio di Luca Pellegrini: 

Un duplice omaggio: a Orson Welles nel centenario della nascita e alla città di Venezia che da domani ospita al Lido la Mostra del Cinema, in programma fino al 12 settembre. Sono, infatti, due i capolavori “veneziani” di ispirazione shakespeariana restaurati per l’occasione. “Il mercante di Venezia”, apparso nel 1969, girato con le risorse dello stesso Wells, il negativo rubato, un rullo del sonoro perduto, è un mistero oggi in parte svelato grazie ai nuovi materiali ritrovati da Cinemazero, che ne ha realizzato una ricostruzione accurata e quasi completa. Diverso il caso del secondo titolo, ”Otello”. La Cineteca nazionale lo presenta in una vera prima mondiale e il suo conservatore, Emiliano Monreale, ci racconta le vicissitudini del capolavoro:

R. - L’"Otello" di Welles è uno dei film dalla gestazione forse più avventurosa, girato in gran parte in Italia. Quella che noi abbiamo restaurato, però, è la primissima versione, che fu approntata da Welles per il Festival di Venezia. Nel settembre del 1951, il film "Otello" era in programma al Festival, poi però non fu proiettato perché la copia estera non arrivò, quella italiana non fu stampata bene… Insomma, si presentò Orson Welles in persona alla conferenza stampa chiedendo scusa e dicendo che il film non sarebbe mai stato proiettato. Il film, poi, vincerà a Cannes. Ecco, la primissima versione sarà proprio quella che proietteremo a Venezia, in italiano, con Welles doppiato da Gino Cervi - e che è la versione più lunga, con tre minuti in più di quella comunemente conosciuta, e con la partitura originale del maestro Lavagnino al posto delle musiche poi aggiunte qualche anno fa da Beatrice Welles nel suo "restauro".

D. - "Otello" è uno dei drammi più amati dal cinema, dal teatro, dal melodramma. Qual è la caratteristica del film di Welles?

R. - "Otello" all’epoca, nonostante la vittoria a Cannes, probabilmente non fu davvero capito dalla critica italiana e neanche da quella estera, perché c’era l’idea di questo Welles "marocco", della "maroccagine" del regista. È un film visivamente sontuoso: fin dalla prima scena lo si vede dalle inquadrature e per esempio dal montaggio serrato. Per, la grandezza di questi adattamenti shakespeariani stanno nella straordinaria energia, nell’adesione di Welles al personaggio e al testo di Shakespeare in una maniera che riesce a renderlo non vorrei dire "attuale", ma capace di renderne l’intrinseca cinematograficità: una sorta cioè di energia visiva nella parola shakespeariana e nell’azione che nessun altro direi, né prima né dopo al cinema, ha saputo cogliere. E non a caso poi l’"Otello" è invecchiato benissimo, è diventato un film leggendario, e oggi è il classico che tutti noi conosciamo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Libano: capi delle Chiese: proteste minano la stabilità

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Le proteste popolari contro la classe politica che da settimane agitano il Libano rappresentano una legittima espressione di pressione “democratica” nei confronti di fazioni e personaggi politici screditati, responsabili in larga misura della crisi del sistema Paese. Ma allo stesso tempo "il ricorso alla piazza cela pericoli, in particolare quando le tensioni sono esasperate e le fiamme che circondano il Libano rischiano di minare la sua stabilità". E' un messaggio allarmato e pieno di messe in guardia quello uscito dal summit dei Capi delle Chiese e delle comunità cristiane ospitato nella giornata di ieri presso la Sede patriarcale maronita di Bkerké.

Il rischio di infiltrazioni di facinorosi nelle manifestazioni di protesta
Nel testo letto e diffuso alla fine dell'incontro, ripreso all'agenzia Fides, i patriarchi e gli altri rappresentanti cristiani hanno puntato i riflettori sul rischio delle “infiltrazioni di facinorosi tra i manifestanti pacifici”, denunciando gli atti di violenza e di vandalismo già verificatisi durante le manifestazioni organizzate nel centro di Beirut e invitando tutti ad anteporre “l'interesse nazionale agli interessi privati, per evitare che il Libano sprofondi verso l'ignoto e per preservarlo dalle tragedie che ci circondano, e che inquietano il nostro popolo”.

Parole dure sull'impotenza della classe dirigente
Riguardo alla paralisi istituzionale e politica in cui si dibatte il Paese dei Cedri, i Capi cristiani hanno avuto parole dure sull' “impotenza della classe dirigente, incapace di garantire i servizi più elementari che sono necessari per una vita dignitosa”. Ma i leader spirituali delle Chiese e delle comunità cristiane libanesi hanno soprattutto espresso considerazioni nette ed esplicite circa la “tabella di marcia” che i politici devono seguire per uscire dalla crisi. 

L'urgenza di eleggere il nuovo Presidente
Secondo i patriarchi e gli altri capi cristiani, occorre a ogni costo iniziare con l'elezione del Capo di Stato, “in conformità alle norme costituzionali”, ponendo fine allo stallo e ai veti incrociati che hanno reso vacante la massima carica dello Stato dal maggio 2014. I leader che hanno preso parte al “summit” sottolineano con decisione che la scelta del nuovo Presidente deve precedere la convocazione di nuove elezioni politiche, opponendosi a chi sostiene che la crisi istituzionale si può superare solo sciogliendo il Parlamento e chiamando il popolo alle urne. Il governo in carica – si legge nel messaggio – deve rimanere in carica almeno fino a quando non viene eletto il Presidente. E in futuro, un nuovo governo dovrà mettere mano a riforme elettorali e istituzionali per evitare nuove paralisi e vuoti di potere.

Solo ipotesi sull'annullamento del summit islamo-cristiano
All'incontro di Bkerkè hanno preso parte, tra gli altri, il patriarca maronita Boutros Bechara Rai, il patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X, il catholicos armeno apostolico Aram I, il patriarca melchita Gregoire III, il patriarca siro cattolico Ignatius Yussef III e l'arcivescovo Gabriele Caccia, nunzio apostolico in Libano. All'incontro avrebbero dovuto prendere parte anche i rappresentanti delle comunità islamiche libanesi. Finora non sono state fornite ufficialmente le ragioni che hanno portato all'annullamento del summit islamo-cristiano. Secondo i media libanesi, la riunione sarebbe stata rinviata per la mancata partecipazione di alcuni leader musulmani. (G.V.)

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Israele: scuole cristiane in sciopero perchè discriminate

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Resteranno chiuse domani, primo giorno del nuovo anno scolastico, le porte delle scuole cristiane in Israele protagoniste di uno sciopero ad oltranza per protestare contro le politiche considerate “discriminatorie” da parte dello Stato di Israele nei loro confronti. Le restrizioni di bilancio imposte dal governo di Tel Aviv - riferisce l'agenzia Misna - hanno infatti costretto negli anni tali istituti ad aumentare progressivamente le tasse a carico delle famiglie, creando difficoltà soprattutto a quelle – per lo più arabe - che lottano per sopravvivere e i cui redditi spesso sono al di sotto della media nazionale.

Gli istituti cristiani respingono la proposta del Ministero di diventare scuole statali
Un difficile negoziato tra i rappresentanti delle scuole cristiane e il ministero dell’Educazione israeliano era naufragato poco prima dell’estate quando quest’ultimo aveva proposto agli istituti di diventare scuole statali. Proposta categoricamente respinta poiché considerata “la fine dell’impresa educativa cristiana e un tragico colpo per la presenza cristiana in Terra Santa”. Il Comitato delle Scuole cristiane conferma la sua determinazione e assicura che si fermerà solo dopo aver ottenuto piena soddisfazione delle sue esigenze.

Nelle scuole cristiane anche studenti musulmani
​Le Scuole cristiane – riconosciute dal ministero della Pubblica istruzione, ma non pubbliche - accolgono circa 30.000 studenti ogni anno, sia cristiani che musulmani. La maggior parte di esse era attiva già prima della costituzione dello Stato d'Israele e ricevono un finanziamento parziale dal Ministero. Il resto dei costi è coperto dalla quota corrisposta dai genitori. (A.d.L.)

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Chiesa Venezuela su migranti colombiani espulsi: violati diritti umani

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Resta alta la tensione alla frontiera tra Colombia e Venezuela, dopo la decisione del Presidente venezuelano Maduro di chiudere il confine ed espellere numerosi immigrati colombiani, con l’obiettivo di frenare attività criminali e di contrabbando portate avanti da bande paramilitari colombiane. Ma se tra i Governi sale il livello della polemica, gli episcopati parlano con una sola voce. La Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale venezuelama, presieduta dal vescovo mons. Roberto Lückert León - riferisce l'agenzia Sir - ha emesso una nota nella quale si parla di “gravi violazioni dei diritti umani” e di vera e propria “deportazione” a proposito di numerosi colombiani “verso i quali sono molti i vincoli di fraternità e i legami di cooperazione”. 

Il dramma delle famiglie separate
La Commissione scrive di essere venuta a conoscenza che in molti casi queste persone sono state “obbligate ad uscire dal Paese in modo violento, senza le loro cose né alimenti, molti di loro solo con i vestiti che indossavano”, e le loro case sono state “espropriate senza alcun ordine dell’autorità giudiziaria e distrutte”. A questo si unisce il dramma di “vedere famiglie separate, soprattutto madri e padri che sono stati obbligati a lasciare i loro figli minorenni in territorio venezuelano”. 

Posizione comune dei due vescovi frontalieri di Venezuela e Colombia
​La Commissione chiede che venga ristabilito l’ordine precedente e che venga risarcito chi ha subito torti e furti, concludendo: “Lo Stato ha l’obbligo di garantire i diritti umani di tutti i cittadini compresi gli stranieri sotto la sua giurisdizione”. Si registra inoltre una presa di posizione comune da parte dei due vescovi frontalieri: mons. Mario Moronta, vescovo di San Cristóbal in Venezuela, e mons. Víctor Manuel Ochoa Cadavid, vescovo di Cúcuta in Colombia. I due presuli si sono incontrati con un abbraccio fraterno e hanno pregato insieme per la difficile situazione che vive la frontiera, invitando i Presidenti dei loro Paesi a “parlarsi e a cercare una soluzione”, tenendo presente che la priorità va data “alle persone” senza dimenticare che “storicamente Colombia e Venezuela costituiscono un’unica patria e un solo popolo”. (R.P.)

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Appello Caritas Svizzera: raddoppiare aiuto allo sviluppo

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Raddoppiare i fondi destinati all’aiuto allo sviluppo dei Paesi del sud del mondo: è quanto chiede la Caritas Svizzera al governo federale, in un memorandum in 10 punti diffuso ieri. Il documento è stato presentato alla stampa nella prospettiva della discussione che il Parlamento elvetico terrà in primavera proprio per riflettere sulla cooperazione allo sviluppo per gli anni 2017-2020.

Ridefinire la cooperazione allo sviluppo su base etica
In primo luogo, nel suo memorandum, la Caritas Svizzera sottolinea la necessità di definire la cooperazione allo sviluppo su una nuova base politica, di etica e di diritti umani, chiedendo l’aumento progressivo, fino all’1% del Prodotto Interno Lordo, dell’ammontare dei fondi destinati all’aiuto allo sviluppo, attualmente fissato allo 0,5%. Dall’organismo anche un richiamo al Consiglio federale affinché inglobi meglio le prospettive internazionali sulle questioni economiche, sociali ed ecologiche, così che il Paese possa offrire un contributo al “Partenariato mondiale per lo sviluppo”, siglato nel 2000.

Promuovere sviluppo duraturo nel sud del mondo
Un esempio di tale contributo potrebbe essere, spiega ancora la Caritas, “l’apertura senza restrizioni delle frontiere alle importazioni di prodotti provenienti da Paesi in via di sviluppo, l’accesso facilitato a questi mercati e lo stabilimento di accordi di libero scambio”. In quest’ottica, si auspica anche una “maggiore coerenza a livello degli interventi” della Svizzera nei Paesi del sud del mondo, affinché si vada “nel senso di uno sviluppo duraturo”.

Lotta alla povertà implica tutela dei diritti umani e giustizia sociale
Altra questione centrale è il rispetto dei diritti umani: la Caritas chiede al Consiglio federale di fare pressione sugli Stati così detti “fragili” affinché tutelino tali diritti; al contempo, anche le imprese internazionali con sede nel Paese elvetico sono esortate a rispettare i diritti umani, insieme alle normative ecologiche e sociali, soprattutto per quanto riguarda le materie prime. Sul fronte della povertà, la Caritas Svizzera ricorda che la lotta all’indigenza non significa unicamente il miglioramento della situazione materiale delle persone, ma anche l’apertura alla tutela dei diritti, alla dignità umana ed alla giustizia sociale.

Attenzione ai migranti: difenderne la dignità. Appello per rifugiati siriani
Di qui, l’esortazione ad una maggiore formazione professionale nei Paesi in via di sviluppo, con la garanzia che essa sia accessibile alle popolazione nella sua interezza. Per quanto riguarda gli immigrati, l’organismo caritativo chiede che le politiche migratorie elvetiche guardino, in particolare, alla tutela della loro dignità, soprattutto dei migranti per motivi economici, che spesso vengono sfruttati. Un focus speciale viene dedicato flusso migratorio proveniente dalla Siria, il quale “mostra in modo evidente” che ciò di cui hanno bisogno queste persone è innanzitutto un aiuto umanitario e di maggiori tutele nel loro Paese d’origine.

Le imprese si assumano le loro responsabilità sociali
Il memorandum si sofferma anche sulla proposta avanzata dal Dipartimento federale degli affari esteri di coinvolgere il settore privato nella cooperazione allo sviluppo: per la Caritas, si tratta di un’idea da ripensare poiché le due parti in causa perseguono interessi diversi e “le imprese devono innanzitutto prendere sul serio le loro responsabilità sociali”. Centrale, in questo contesto, anche la richiesta di informare meglio la popolazione sugli impegni internazionali della Svizzera, soprattutto per quanto riguarda l’applicazione dell’Agenda 2030 dell’Onu ed i suoi obiettivi per lo sviluppo duraturo.

Solidarietà per i Paesi poveri, i più colpiti dai cambiamenti climatici
Ribadendo poi il principio della perequazione nella ridistribuzione delle risorse, la Caritas esorta ad una maggiore solidarietà e cooperazione anche riguardo al tema dei cambiamenti climatici, che colpiscono principalmente le popolazioni del sud del pianeta. Infine, il memorandum sottolinea che la Svizzera fa parte del mondo e che quindi, in quanto tale, deve contribuire al miglioramento delle condizioni delle altre nazioni più povere. (A cura di Isabella Piro)

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Argentina. Mons. Nanes a esequie prete ucciso: no a cultura della morte

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"Non possiamo accettare la cultura della morte, in cui sembra che la vita delle persone non abbia alcun valore. Non possiamo accettarla come un dato di fatto, casuale. Dobbiamo reagire, non possiamo accettare la violenza". Così si è espresso mons. Carlos José Nanez, arcivescovo di Cordoba, durante i funerali di don Luis Jesus Cortez, 73 anni, parroco emerito della parrocchia di Nostra Signora della Misericordia della città di Alta Gracia.

Incendio per mascherare l'omicidio
Il sacerdote è stato ucciso nella sua abitazione intorno alle ore 18 di sabato scorso, quando i vigili del fuoco sono intervenuti per domare l’incendio che si era sviluppato. In un primo tempo si era pensato che il sacerdote fosse morto per le conseguenze dell’incendio, invece le autorità hanno rilevato sul corpo tracce di strangolamento, quindi probabilmente l’incendio è stato appiccato dai criminali per mascherare l’omicidio commesso. Le indagini sono ancora in corso.

Per i vescovi il Paese è malato di violenza
"E’ un orrore, è un'ingiustizia al padre Luis" ha detto l'arcivescovo durante i funerali, celebrati ieri. "Dobbiamo pensare anche a quello che il nostro Paese sta attraversando. Le autorità devono garantire protezione e giustizia, ma la società deve reagire". Mons. Nanez ha sottolineato come molti siano rimasti scioccati quando, pochi mesi fa, i vescovi hanno affermato che l'Argentina é “malata di violenza”  e, indicando la bara del padre Luis ha ribadito: “Questa è la prova evidente che siamo malati”. (S.L.)

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Coree: incontro per programmare le riunificazioni familiari

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I governi delle due Coree si sono accordati per riprendere i colloqui preliminari sul tema delle riunificazioni familiari, in stallo dal febbraio 2014. I funzionari della Croce Rossa di entrambi i lati - riferisce l'agenzia AsiaNews - si vedranno il prossimo 7 settembre nel “villaggio della pace” di Panmunjon, sede tradizionale degli incontri fra i due governi.  

L’incontro non apre a nessuna decisione definitiva
La Casa Blu – sede del governo di Seoul – ha comunque avvertito la popolazione che l’incontro non apre a nessuna decisione definitiva. Un funzionario anonimo, che ha incontrato alcuni rappresentanti dei media sudcoreani spiega: “Il Nord sa benissimo che su questo tema siamo disponibili a ogni confronto. Ma già in passato ha cambiato idea all’ultimo minuto. Per ora limitiamoci a monitorare da vicino la situazione”.

Sono poco più di 70mila i parenti ancora in vita 
Le riunificazioni familiari sono iniziate per la prima volta nel 1985. Rappresentano un "gesto di buona volontà" da parte dei governi di Seoul e Pyongyang, che tuttavia non sono mai riusciti a renderle istituzionali. Per partecipare, i cittadini che possono dimostrare di avere un parente ancora in vita dall'altra parte del confine si registrano presso il ministero sudcoreano dell'Unificazione: all'inizio erano 130mila, oggi ne restano in vita poco più di 70mila. Da questa macro-lista, il governo di Seoul prepara diverse liste per ordine di anzianità e per grado di parentela: la precedenza viene data a chi è più anziano - ma può comunque sopportare i disagi fisici e mentali che queste riunificazioni comportano - e a chi ha parenti prossimi come figli o fratelli e sorelle.

La scelta casuale dei nomi affidata ad una lotteria
Dati questi criteri si arriva a una lista di circa mille nomi, e il ministero affida a un computer nel corso di una lotteria trasmessa in televisione la scelta casuale dei nomi che verranno inclusi nelle riunificazioni. A questi si aggiungono una serie di “riserve”, che subentrano in caso di impreviste marce indietro dell'ultimo momento: chi partecipa viene poi escluso dalle liste. Sconosciuti invece i metodi di selezione applicati da Pyongyang e le statistiche sui familiari della parte Nord.

Incontri emotivi e seguiti da tutta la nazione sudcoreana
Gli incontri sono sempre molto emotivi e vengono seguiti da tutta la nazione. Essi fanno parte di un pacchetto di sei azioni congiunte che Seoul e Pyongyang affermano di voler portare avanti: fra queste vi è la ripresa del turismo sul monte Keumgang, nel Nord, e un maggiore interscambio economico e commerciale nella Zona demilitarizzata. (R.P.)

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Corea. Giovani lanciano campagna "Un fazzoletto per Francesco"

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“Un fazzoletto per Francesco”: è questo il tema della campagna eco-solidale lanciata da un gruppo di ragazzi coreani, tutti ex volontari che hanno prestato servizio in occasione della visita del Santo Padre dello scorso anno, per promuovere i passaggi più importanti dell’enciclica “Laudato Si’”. Il fazzoletto, quale sostituto della carta, per il rispetto dell’ambiente e la salvaguardia del creato. Slogan scelto per la campagna è “Asciugheremo le lacrime della Terra, come Veronica asciugò il volto di Gesù”. Per il lancio i giovani si sono dati appuntamento il 22 agosto scorso nel Centro Cattolico di Myeongdong e, al termine della Messa, sono stati ricevuti dall’arcivescovo di Seoul, IL cardinale Yeom Soo-jung, al quale hanno presentato sette grandi fazzoletti diversi fra loro. “Voglio esprimere la mia sincera gratitudine a tutti voi”, ha detto il porporato, rivolgendosi ai settanta ragazzi convenuti. “Avete reso un prezioso servizio lo scorso anno ed oggi avviate un progetto molto importante che può coinvolgere tutti coloro che hanno a cuore l’ambiente” ha aggiunto. Per l’occasione è stata aperta una pagina Facebook (http://www.facebook.com/missiongoon). Si potrà aderire on line e acquistare i fazzoletti attraverso la Casa Editrice Cattolica dell'Arcidiocesi di Seoul. Il ricavato verrà destinato ai progetti per la protezione dell’ambiente e ai poveri. (A cura di Davide Dionisi)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 244

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.