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Sommario del 24/09/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa alla Casa Bianca: si costruisca una società inclusiva

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Il viaggio apostolico negli Stati Uniti di Papa Francesco, arrivato ieri sera a Washington, è iniziato con la visita ufficiale alla Casa Bianca. Un momento di grande solenntià durante il quale il Papa, nel suo intervento seguito a quello del presidente Barack Obama, ha ricordato l’impegno ambientalista del capo di Stato americano, ha invocato la tutela costante della libertà religiosa ed elogiato la ripresa delle relazioni tra Stati Uniti e Cuba. Il servizio di Amedeo Lomonaco

Il Papa ha ricordato di provenire da una famiglia di migranti ed espresso la propria gioia per essere ospite in un Paese, in gran parte edificato da immigrati:

“Together with their fellow citizens...
Insieme ai loro concittadini, i cattolici americani – ha poi detto il Santo Padre – sono impegnati a costruire una società che sia veramente tollerante e inclusiva, a difendere i diritti degli individui e delle comunità, a respingere qualsiasi forma di ingiusta discriminazione”.

Libertà religiosa, una delle conquiste più preziose dell’America
La libertà religiosa – ha aggiunto il Santo Padre – rimane “una delle conquiste più preziose dell’America”:

“All are called to be vigilant…
Tutti – ha affermato il Pontefice – sono chiamati alla vigilanza per preservare e difendere tale libertà da qualsiasi cosa che la possa mettere in pericolo o compromettere”.

Il cambiamento climatico non sia un problema per le future generazioni
Papa Francesco ha quindi ricordato l’iniziativa, definita promettente, del presidente americano Barack Obama “per la riduzione dell'inquinamento dell'aria”.

“The climate change is a problem...
Il cambiamento climatico – ha detto il Papa – è un problema che non può più essere lasciato ad una generazione futura”. La storia – ha osservato il Pontefice – ci ha posto in un momento cruciale “per la cura della nostra casa comune”. "Siamo, però, ancora in tempo per affrontare dei cambiamenti – ha aggiunto – che assicurino uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare”. Il Santo Padre ha anche citato Martin Luter King: “Siamo stati inadempienti in alcuni impegni ed ora – ha affermato –  è giunto il momento di onorarli”.

Passi positivi gli sforzi per la ripresa delle relazioni tra Usa e Cuba
Papa Francesco ha poi elogiato la ripresa delle relazioni tra Usa e Cuba:

“The efforts which were recently made…
Gli sforzi compiuti di recente per riconciliare relazioni che erano state spezzate e per l’apertura di nuove vie di cooperazione all’interno della famiglia umana – ha detto – rappresentano positivi passi avanti sulla via della riconciliazione, della giustizia e della libertà”.

La gratitudine di Obama nei confronti del Papa
Rivolgendosi al Papa, il presidente americano Barack Obama ha infine ringraziato Francesco "non solo per il ruolo, ma per le qualità uniche come persona". "Nella umiltà, semplicità, nella dolcezza delle parole e nella generosità dello spirito – ha detto Obama – vediamo in lei un esempio vivente degli insegnamenti di Gesu'". "Ci ricorda – ha affermato infine il presidente americano – che il più potente messaggio di Dio è la misericordia".

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Papa canonizza Junipero Serra: testimone di una Chiesa in uscita

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"Siamo invitati alla gioia, non ad adattarci ai palliativi". Così Papa Francesco nell’Omelia della Messa per la Canonizzazione del Beato p. Junipero Serra, nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, a Washington. Guardando alla missionarietà “dell’evangelizzatore della California”, ha esortato all’annuncio di Cristo, che tutti abbraccia e perdona, nella consapevolezza che lo spirito del mondo rischia di  “anestetizzare il cuore”. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti: 

Le campane della gioia suonano in cielo e in terra perché la Chiesa ha un nuovo Santo: San Junipero Serra, l’evangelizzatore della California. Il canto del "Veni Creator Spiritus" ha dato inizio al rito della Canonizzazione, dopo la biografia letta dal postulatore e la Litania dei Santi, il Papa ha pronunciato la formula di canonizzazione:

“Beatum Juniperum Serra Sanctum esse decernimus et definimus…”

Prima l’affetto e la gioia di migliaia di persone hanno accompagnato il Papa al Santuario Nazionale dedicato all’Immacolata Concezione, patrona degli Stati Uniti. Quando Francesco è entrato nel Santuario è stato accolto dall’entusiasmo di oltre 4mila seminaristi, ma anche suore, religiosi, religiose e alcuni laici. Dopo aver sostato in preghiera davanti al Santissimo Sacramento ha indossato i paramenti ed in processione si è diretto verso l’Altare posto all’esterno della struttura, atteso da tantissimi fedeli, i vescovi americani, una delegazione dalla California e venti nativi americani, in abiti tradizionali.

San Junipero Serra - "Avanti sempre avanti"
Il nuovo Santo durante la metà del 1700 spese la sua vita “cercando di difendere la dignità della comunità nativa, proteggendola da quanti ne avevano abusato”. Abusi che oggi – ha detto il Papa nell’Omelia - continuano a procurare dispiacere.

“Tuvo un lema que inspiró sus pasos y plasmó su vida...
Scelse un motto che ispirò i suoi passi e plasmò la sua vita: seppe dire, ma specialmente seppe vivere dicendo: “Sempre avanti” ”.

Il Papa ha poi ribadito la testimonianza data da San Junipero di una “Chiesa in uscita”, verso gli altri, e partendo dal fatto che il "cuore" corre rischi mortali se sedotto dallo "spirito mondano" ha sottolineato:

"Hay algo dentro de nosotros que nos invita a la alegría...
C’è qualcosa dentro di noi che ci invita alla gioia e a non adattarci a palliativi che cercano semplicemente di accontentarci".

La gioia della misericordia
La gioia per il Papa poggia sull’esperienza di offrire misericordia, perché  frutto dell’esperienza della misericordia di Dio. Francesco ha invitato al discernimento per una “vita piena”, “che abbia senso”, opposta ad una “triste” rassegnata e che “a poco a poco” diventa “abitudine” con la conseguenza letale di anestetizzare “il cuore”. La via indicata dal Papa è quella della missionarietà e della cura verso tutti, a fronte dello “spirito del mondo” che invece invita al “conformismo e alla comodità”.

La bussola è il Vangelo
Il Papa esorta ad uscire e sulle orme di padre Junipero portare Cristo a tutti. Ha guardato all’umanità sofferente: nella fame, nella malattia, nel peccato, vite rovinate, spezzate, sporche, distrutte - ha detto - che hanno il peso del dolore del fallimento. Vite – ha esortato – “a cui annunciare la follia di un Padre che cerca di ungerli con l’olio della speranza, della salvezza”.

“La alegría el cristiano la experimenta en la misión...
La gioia  il cristiano la sperimenta nella missione: andate alle genti di tutte le nazioni. La gioia il cristiano la trova in un invito: andate e annunciate. La gioia il cristiano la rinnova e la attualizza con una chiamata: andate e ungete".

La missione non è selettiva
“Gesù - ha proseguito - non da una lista selettiva di chi “si” e chi “no”. La missione -  ha precisato il Papa - non nasce da un progetto elaborato, ma da una vita che si è sentita cercata e guarita, trovata e perdonata e non quando per agire si aspetta “una vita imbellettata, decorata, truccata”.

“Vayan al cruce de los caminos, vayan... a anunciar sin miedo...
Andate agli incroci delle strade, andate… ad annunciare senza paura - ha ammonito - senza pregiudizi, senza superiorità, senza purismi a tutti quelli che hanno perso la gioia di vivere, andate ad annunciare l’abbraccio misericordioso del Padre".

L'errore non ha l'ultima parola
Questo perché - ha concluso - gli sbagli, le illusioni ingannevoli, le incomprensioni, non hanno l’ultima parola nella vita di una persona.

“El santo Pueblo fiel de Dios, no le teme al error; teme al encierro...
Il Santo Popolo fedele di Dio non teme lo sbaglio; teme la chiusura, la cristallizzazione in élite, l’attaccarsi alle proprie sicurezze. Sa che la chiusura, nelle sue molteplici forme, è la causa di tante rassegnazioni".

E nel giorno della festa del cielo ha indicato i Santi quali testimoni instancabili di una catena preziosa che annuncia e concretizza la Buona Novella per una “moltitudine affamata”.

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Papa a vescovi: siate vicini alla gente, mai più crimini nella Chiesa

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Il Papa incoraggia i vescovi degli Usa. Nel discorso a loro rivolto, in italiano, nella cattedrale di San Matteo Apostolo a Washington, ha detto: “Sappiate che il Papa vi accompagna e vi sostiene”, e poi li ha inviati a difendere la causa dei poveri, degli immigrati, la famiglia e a lottare contro l’aborto. Il servizio di Alessandro Guarasci

“Non sono venuto per giudicarvi o per impartirvi lezioni….Consentitemi soltanto, con la libertà dell’amore, di poter parlare come un fratello tra i fratelli”. Francesco incontra i vescovi degli Stati Uniti e usa parole di incoraggiamento nei loro confronti, consapevole delle tante sfide che li attendono.

Momenti oscuri
“Sono consapevole del coraggio con cui avete affrontato momenti oscuri del vostro percorso ecclesiale senza temere autocritiche né risparmiare umiliazioni e sacrifici, senza cedere alla paura di spogliarsi di quanto è secondario pur di riacquistare l’autorevolezza e la fiducia richiesta ai Ministri di Cristo, come desidera l’anima del vostro popolo - ha detto il Pontefice con tono conciliatorio - So quanto ha pesato in voi la ferita degli ultimi anni, e ho accompagnato il vostro generoso impegno per guarire le vittime, consapevole che nel guarire siamo pur sempre guariti, e per continuare a operare affinché tali crimini non si ripetano mai più”.

Compito non facile evangelizzare l'America
L’America, fin da quando fu scoperta, è stata terra da evangelizzare, fatta di contrasti e opportunità. Dunque, Francesco afferma di conoscere la fatica “di seminare il Vangelo nel cuore di uomini provenienti da mondi diversi, spesso induriti dall’aspro cammino percorso prima di approdare. Non mi è estranea la storia della fatica di impiantare la Chiesa tra pianure, montagne, città e suburbi di un territorio spesso inospitale, dove le frontiere sono sempre provvisorie, le risposte ovvie non durano e la chiave d’ingresso richiede di saper coniugare lo sforzo epico dei pionieri esploratori con la prosaica saggezza e resistenza dei sedentari che presidiano lo spazio raggiunto. Come ha cantato un vostro poeta: ‘ali forti ed instancabili’, ma anche la saggezza di chi ‘conosce le montagne’”.

Non abbiate paura, ricercate l'unità
Anche con i vescovi Usa, il Papa torna a parlare di una Chiesa in uscita e chiede loro di essere “pastori vicini alla gente”, facendo si’ che i sacerdoti non si “accontentino delle mezze misure”. Dunque, "guai a noi se facciamo della Croce un vessillo di lotte mondane". Francesco aggiunge di sapere bene “che numerose sono le vostre sfide, che è spesso ostile il campo nel quale seminate, e non poche sono le tentazioni di chiudersi nel recinto delle paure, a leccarsi le ferite, rimpiangendo un tempo che non torna e preparando risposte dure alle già aspre resistenze. E, tuttavia, siamo fautori della cultura dell’incontro”. La Chiesa non ha che una via per far conoscere a tutti il Vangelo: il dialogo.  E allora ecco che per Francesco non bisogna avere paura di “compiere l’esodo necessario ad ogni autentico dialogo. Altrimenti non è possibile comprendere le ragioni dell’altro né capire fino in fondo che il fratello da raggiungere e riscattare, con la forza e la prossimità dell’amore, conta più di quanto contano le posizioni che giudichiamo lontane dalle nostre pur autentiche certezze”. Un dialogo che vale anche all’interno della Chiesa, perché “la nostra missione episcopale è primariamente cementare l’unità,… È un imperativo, pertanto, vegliare per tale unità, custodirla, favorirla, testimoniarla come segno e strumento che, di là di ogni barriera, unisce nazioni, razze, classi, generazioni”.

Non è lecito evadere da questioni fondamentali
Le sfide per la Chiesa, negli Usa come nel resto del mondo, sono tante, ma non bisogna perdere di vista alcuni importanti obiettivi. “Le vittime innocenti dell’aborto, i bambini che muoiono di fame o sotto le bombe - dice il Papa - gli immigrati che annegano alla ricerca di un domani, gli anziani o i malati dei quali si vorrebbe far a meno, le vittime del terrorismo, delle guerre, della violenza e del narcotraffico, l’ambiente devastato da una predatoria relazione dell’uomo con la natura, in tutto ciò è sempre in gioco il dono di Dio, del quale siamo amministratori nobili, ma non padroni. Non è lecito pertanto evadere da tali questioni o metterle a tacere. Di non minore importanza è l’annuncio del Vangelo della famiglia che, nell’imminente Incontro Mondiale delle Famiglie a Filadelfia, avrò modo di proclamare con forza insieme a voi e a tutta la Chiesa”.

Attenzione agli immigrati
Gli Usa ancora oggi continuano ad essere terra di immigrazione, soprattutto per chi arriva dai Paesi dell’America Latina. “Anche adesso nessuna istituzione americana fa di più per gli immigrati che le vostre comunità cristiane – dice il Papa - Ora avete questa lunga ondata d’immigrazione latina che investe tante delle vostre diocesi. Non soltanto come Vescovo di Roma, ma anche come Pastore venuto dal Sud, sento il bisogno di ringraziarvi e di incoraggiarvi. Forse non sarà facile per voi leggere la loro anima; forse sarete messi alla prova dalla loro diversità. Sappiate, comunque, che possiedono anche risorse da condividere. Perciò accoglieteli senza paura”.

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Lombardi: Papa amato da americani per stile semplice e concreto

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Libertà religiosa, cambiamenti climatici, relazioni tra Usa e Cuba. Sono stati questi alcuni dei temi al centro del discorso di Papa Francesco durante la visita alla Casa Bianca. Sull’incontro tra il Papa e il presidente statunitense Barack Obama, Paolo Ondarza ha intervistato il direttore della Sala Stampa Vaticana padre Federico Lombardi

R. – Questa cerimonia di accoglienza alla Casa Bianca è stata estremamente solenne ed anche estremamente festosa. Il tono è di grande cordialità. C’è stato un bel discorso del presidente Obama che apprezza anche, in particolare, la personalità di Papa Francesco. Ed è gradito, proprio per i tratti della sua personalità, anche al popolo americano, al di là dei fedeli cattolici che evidentemente vedono in lui la guida della loro comunità religiosa.

D. – L’ambiente, il creato, la tutela della casa comune, così come la libertà religiosa, alcuni dei temi al centro del discorso del Papa…

R. – Il Papa ha fatto anche un discorso molto bello, in un inglese perfetto. Ha manifestato la sua cordialità, l’atteggiamento di dialogo, di fraternità, con cui lui, figlio di immigrati, viene a conoscere questa nazione nata dalle migrazioni. Il Papa ha toccato vari punti, anche quello dell’ambiente, manifestando apprezzamento per le iniziative di Obama in questo campo. Ma non ha nascosto anche la sua solidarietà con i vescovi americani per le questioni che riguardano la discussione su alcune misure dell’amministrazione, che sembrano limitare la libertà religiosa - nel senso della piena libertà delle istituzioni cattoliche - di seguire i loro principi. Quindi un discorso molto cordiale, molto aperto e positivo, libero però anche nel fare presenti delle osservazioni su dei punti che sono dibattuti. Certamente la prospettiva con cui il Papa viene è di grande amicizia, di dialogo e anche di volontà di imparare le grandi virtù della storia del popolo americano, maestro di democrazia e di difesa delle libertà.

D. – Dopo i discorsi ufficiali c’è stato il colloquio privato alla Casa Bianca tra il Papa e il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama…

R. – E’ durato oltre 40 minuti. Nel colloquio invece delle delegazioni, quello in cui era presente il segretario di Stato, sono stati toccati alcuni problemi, tra cui principalmente quello di Cuba e dell’embargo, la questione dei rifugiati e la questione del Medio Oriente. Il Papa poi, dopo il colloquio, ha preso la papamobile per un giro in mezzo alla gente, raccolta nell’ellisse. Quindi un altro momento di festa e di incontro con il popolo.

D. – La festa si è vista anche nel trasferimento alla cattedrale di San Matteo…

R. – Il Papa è desiderato. Sappiamo che le premesse di questa visita sono molto positive, nel sentire non solo della comunità cattolica, ma del popolo americano, che è estremamente interessato a questo grande leader morale, che si manifesta capace di rispondere, o perlomeno di interloquire, su domande profonde dell’umanità, anche a livello globale. Quindi è un leader rispettato, atteso e anche amato, per il modo concreto, semplice, vicino con cui sa trattare con la gente comune.

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Papa negli Usa. Card. Turkson: non abusare del Creato

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“La cura della creazione: Papa Francesco e la gestione ambientale”. E’ il tema trattato ieri dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace al Meeting Mondiale delle Famiglie di Philadelphia. Il porporato ha ribadito che non si può sopravalutare l’importanza etico-morale dell’ecologia e dell’economia per la famiglia, ribadendo che la famiglia oggi è facilmente vittima di una duplice vulnerabilità: da un punto di vista economico ed ecologico. Ascoltiamolo al microfono del nostro inviato a Philadelphia, Massimiliano Menichetti

R. – La persona umana è creata per abitare in un ambiente che in questo caso noi chiamiamo Terra o Creato. La forma giusta, vivendo in questa casa, sarebbe anche poter coltivare la terra. La coltivazione diventa l’espressione di un nostro lavoro per poter dare parte di questa ricchezza per nutrimento della vita delle persone. E se ne abusiamo compromettiamo la possibilità della terra di dare la sua ricchezza per nutrimento della vita delle persone. Quindi un bilancio ci vuole.

D.  – Lei ha detto che la famiglia comunque è vulnerabile sotto un duplice profilo economico ed un profilo più ecologico…

R. – Il profilo economico riguarda come gestire la ricchezza del mondo, la ricchezza messa a nostra disposizione. Dobbiamo tutti avere accesso ai beni della terra. In questo si può sempre motivare un po’ la gente, partendo dal principio di fraternità, per mantenere e promuovere la dignità che abbiamo tutti noi nella stessa misura.

D. – E sotto il profilo ecologico?

R. – Sotto il profilo ecologico non c’è solo l’accesso al cibo ma anche il diritto di coltivare il cibo. Questi due aspetti devono essere trattati insieme. Quindi per mantenere l’ecologia stessa, l’ambiente deve essere sano per mantenere anche le persone sane. In tutte queste questioni dell’ecologia c’è anche un aspetto legato alla salute dell’uomo.

D. – In che senso?

R. – I pesticidi o altri agenti chimici che vengono utilizzati in agricoltura hanno l’effetto di rendere il cibo non sicuro. Quindi non parliamo semplicemente di sicurezza alimentare, food security e food safety, perché non tutti i cibi sono sani. Dobbiamo tenere queste due condizioni: sicurezza alimentare ma anche la sicurezza stessa di ciò che consumiamo.

D. – Famiglie di tutto il mondo al Meeting internazionale di Philadelphia, qual è il suo augurio anche guardando al Sinodo della famiglia di ottobre…

R. – La famiglia è un’istituzione di base. Siamo disponibili a incontrare tutte le scienze e i contributi che possono portare al senso della famiglia ma la grammatica che Dio ha stabilito nella Creazione è che l’uomo e la donna vengono insieme per generare figli. Non possiamo trascurarla. E così le sfide sono grandissime, perché mantenere la famiglia oggi richiede soldi, soldi che sono sempre di meno, il lavoro si trova con difficoltà… Quindi ci sono pressioni e tensioni e credo che forse in questo senso sia arrivato il momento di cercare di creare certe istituzioni che possono aiutare i genitori e le famiglie a vivere e a portare avanti la loro vocazione.

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Philadelphia, Incontro famiglie: oltre 17 mila i partecipanti

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Il doppio quasi delle presenze registrate a Milano nel 2012. E' già un dato record quello che distingue l'ottava edizione dell'Incontro mondiale delle famiglie in corso a Philadelphia. Mentre si susseguono gli incontri su varie tematiche, cresce l'attesa per l'arrivo di Papa Francesco al "Franklin Parkway" della grande città della Pennsylvania. L'inviato Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Yago De la Cierva, responsabile della stampa estera del Meeting: 

R. – E’ un grande evento. Siamo rimasti veramente sorpresi, perché abbiamo avuto più di 17 mila iscrizioni e non ce ne aspettavamo tante, con la novità anche del Convegno giovanile, con più di 1500 iscritti. Quindi siamo veramente contenti.

D. – Come si articolano questi incontri?

R. – In maniera molto aperta. Ci sono pochi interventi plenari e tantissime sezioni di lavoro in simultanea, in modo tale che la gente possa scegliere quali sono gli argomenti che vorrebbe approfondire. Evidentemente, infatti, qualsiasi argomento mondiale che ci preoccupa si può affrontare anche dal punto di vista delle famiglie:  l’integrazione sociale, l’educazione, il lavoro. Se vengono affrontati dal punto di vista della famiglia, questo arricchisce molto il discorso. Non possiamo poi dimenticare di essere proprio vicini all’inizio del Sinodo e che molti padri sinodali saranno presenti. Potrebbero quindi portare suggerimenti, esperienze, e tante belle cose che si sentiranno qui, al Sinodo.

D. – In un certo qual modo potremmo dire che è un Sinodo delle famiglie questo Incontro?

R. – Sì, è un modo per far entrare le famiglie all’interno del Sinodo. Tra l’altro, tenteremo di mettere a disposizione le sessioni, i tanti interventi, anche per coloro che non sono venuti e speriamo che molti padri sinodali abbiano del tempo per sentirli, per vederli e così via.

D. – Famiglie che vengono da tutto il mondo si confrontano sulle difficoltà, ma anche soltanto per conoscere altre realtà…

R. – Sì, infatti, perché i problemi della famiglia sono molto diversi in tutto il mondo. Ci sono tante persone che hanno sofferto dei problemi, trovano delle difficoltà e molte volte hanno trovato soluzioni ottime. Venire qui e condividere questo è un tesoro, come la fede: arricchisce la vita familiare e riesce anche a trovare delle soluzioni. Credo che questo sarà uno dei punti forti di questo Convegno.

D. – Molti speaker non sono cattolici, perché?

R. – Quasi il 40 per cento degli speaker non sono cattolici, ma gli argomenti che riguardano la famiglia interessano tutti quanti. Ed io direi che tutte le religioni, soprattutto tutte le Chiese cristiane, possano lavorare insieme su questi argomenti. Il fatto, quindi, che qui si discutano i temi relativi alla famiglia, da un punto di vista molto aperto, credo sarà molto utile.

Sono dunque migliaia le famiglie che sabato a Philadelphia ascolteranno l’intervento del Papa. Le loro attese raccolte dal microfono del nostro inviato, Massimiliano Menichetti: 

R. – Per me, è veramente una bella sensazione perché non ho mai partecipato agli incontri mondiali per le famiglie. Venire poi qui a Philadelphia, vedere questa realtà, come sia tutto organizzato, è molto bello ed emozionante. Ho già conosciuto una famiglia di argentini, per esempio, e devo dire che i problemi familiari che si incontrano nel crescere i figli più o meno sono gli stessi in tutto il mondo... E’ bellissimo potersi confrontare tutti insieme e vedere come risolvere i problemi che affrontano tutte le famiglie.

D. – Papa Francesco verrà qui sabato: cosa ti aspetti?

R. – Mi aspetto sicuramente una grande emozione da parte di tutti. Poi, lui riesce a portare tanta gioia, tanta serenità proprio per affrontare i problemi della vita. Riesce a rendere tutto semplice.

D. – Hai 16 anni, che cosa provi a stare nell’Incontro mondiale delle famiglie 2015? Iscritte 17 mila persone, provenienti da tutto il mondo…

R. – Spero di crescere un po’ da questa esperienza, di vedere nuovi mondi. Vengono da tutto il mondo, quindi è importante e anche bello.

D. – Le famiglie qui si confrontano e confrontano problemi, gioie e dolori…

R. – Una famiglia che sta insieme è essenziale ed è molto bello. Penso che il Papa dirà qualcosa a favore della famiglia, ovviamente, per farla sentire più unita.

R. – Per me, è stata una grandissima cosa essere qua. E’ la prima volta che partecipo ed è bellissimo, stupendo, per tutte le famiglie presenti, come anche avere avuto la possibilità di portare qui tutta la famiglia.

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New York aspetta il Papa: "Ci porta la regola della benevolenza"

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Poco prima delle 9.30 di oggi, le 15.30 in Italia, Francesco inizierà la sua ultima giornata di impegni a Washington. Momento storico sarà la visita del Papa al Congresso statunitense – mai avvenuta in passato – e il suo discorso alle due Camere parlamento in sessione congiunta. Seguirà la visita ai senzatetto ospito cel centro caritativo della parrocchia St. Patrick, quindi alle 16 ora locale, Francesco volerà a New York per concludere con la celebrazione dei Vespri con il clero e i religiosi nell’antica cattedrale di San Patrizio. Sull’attesa del Papa nella metropoli, l’inviato Massimiliano Menichetti ha intervistato Susanne Janssen, giornalista e direttrice a New York di “Living city magazine”, rivista del Movimento dei Focolari: 

R. – E’ un segno di speranza, penso, per un nuovo slancio nella Chiesa, perché la Chiesa ha sempre bisogno di rinnovarsi per andare incontro alle persone di oggi. Papa Francesco, con la sua autenticità, sicuramente può dare degli impulsi perché la Chiesa degli Stati Uniti possa diventare più come Gesù la vuole: una Chiesa povera, accogliente e senza dividersi in gruppi distinti. Personalmente, penso anche che il Papa riesca a spalancare la nostra mente a guardare il mondo. Alcune cose non sono così importanti se pensiamo al dramma dei profughi, alle guerre, ai poveri…

D. – Leggendo i giornali, questo è un viaggio che attrae non solo i cattolici. Cosa si attendono gli americani?

R. – Penso che, come in tutto il mondo, il Papa attragga le persone anche non cattoliche e non cristiane, perché osa dire le verità che non sono comode. Così, gli americani si aspettano una grande sincerità, toccando anche aspetti controversi, ma soprattutto si aspettano anche di toccare da vicino l’amore di Papa Francesco per ciascuna persona. Il “New York Times” si aspetta che i momenti più memorabili della sua visita non verranno dagli incontri di Francesco con uomini politici o vescovi, ma con i giovani, i senzatetto, gli immigrati per ridare speranza al Paese. E questa è una cosa grossa! Varie testate, come “US Magazine”, “Life Magazine” hanno preparato edizioni speciali su Papa Francesco. La Cnn farà un documentario sul Papa e anche gli altri canali televisivi parlano tanto di lui.

D. – Susanne, tu sei newyorkese: come New York attende il Papa?

R. – Direi, in grande stile, come gli abitanti di New York devono fare… C’è grande attesa, però milioni di abitanti non vedranno il Papa di persona: gli incontri all’Onu e a “Ground Zero” sono riservati. Però, il Papa passerà nella strada che attraversa Central Park con la papamobile e ci sarà la Messa per la città al Madison Square Garden, con rappresentanti di diverse nazioni e compagnie. Per la difficoltà di selezionare le persone a cui dare i biglietti, la città stessa ha organizzato lotterie pubbliche via Internet, dando ogni volta 10 mila biglietti. La cosa straordinaria è che appena aperta la pagina web sono stati distribuiti tutti in 30 secondi.

D. – Molti capi di Stato e di governo sono a New York per la 70.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove parlerà il Papa. Cosa ti aspetti?

R. – E’ veramente una possibilità unica. Se c’è qualcuno che possa dare una nuova vita alle Nazioni Unite, che tante volte sembrano impotenti davanti alle crisi, forse è il Papa. E’ un’autorità morale rispettata anche fuori dalla Chiesa cattolica ed è credibile perché vive quello che dice. Speriamo che possa ispirare tanti politici a guardare ai poveri e agli emarginati e a rimettere a fuoco che, sì, siamo responsabili per i nostri fratelli e siamo più che mai tutti collegati.

D. – Massime sono le misure di sicurezza: come vivete, voi, questo momento?

R. – Non è una cosa insolita qui: per niente. Ormai, per gli americani – soprattutto a New York e Washington – fa parte della normalità avere queste misure di super-sicurezza. Si pensa che sia meglio fare di più che di meno.

D. – Papa Francesco sarà anche a “Ground Zero”, nella cattedrale di San Patrizio dove si celebrarono i funerali delle vittime dell’11 settembre 2001. La presenza del Papa porta un seme di speranza?

R. – Decisamente sì. Lui porta la speranza perché rimette in evidenza l’importanza assoluta di lavorare per la pace. Il Papa distingue chiaramente tra la religione e l’uso di una religione per fare la guerra. Io penso che il Papa sia a favore del dialogo: è una cosa importantissima nel mondo di oggi. Non possiamo fermarci nella paura dell’altro, del diverso da noi. Siamo chiamati a essere fratelli e sorelle.

D. – Se potessi dire qualcosa al Papa, cosa gli diresti?

R. – Grazie. Grazie per il suo coraggio e la sua autenticità. Lui dà alla Chiesa un volto nuovo eppure antico: quello di una famiglia in cui ci sono regole, sì, ma soprattutto prevalgono l’amore, la compassione e la benevolenza.

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Rinunce e nomine episcopali

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In Argentina, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Goya, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Ricardo Oscar Faifer. Al suo posto, il Papa Sua ha nominato mons. Adolfo Ramón Canecín, finora coadiutore della medesima diocesi”.

In Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Alba, presentata da mons. Giacomo Lanzetti, in conformità al can. 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico.

Sempre in Italia, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, presentata da mons. Calogero La Piana, salesiano, in conformità al can. 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico.

In Ecuador, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Guayaquil, per raggiunti limiti di età da mons. Antonio Arregui Zarza. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Luis Gerardo Cabrera Herrera, dei Francescani Minori, finora arcivescovo di Cuenca. Mons. Cabrera è nato ad Azogues l’11 ottobre 1955. Ha frequentato il Seminario minore francescano in Azogues e Quito, la filosofia e la teologia nella Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador ed ha ottenuto il Dottorato in filosofia presso l’Antonianum di Roma. Fu ordinato presbitero il 3 settembre 1983. Ha svolto i seguenti incarichi: aiutante del Maestro di novizi O.F.M. e poi Maestro di noviziato di Riobamba; membro del Consiglio Provinciale dell’Ordine, incaricato della pastorale vocazionale e della formazione degli aspiranti della provincia francescana; Direttore dell’Istituto filosofico-teologico “Card. B. Echeverría” di Quito; Segretario del settore per l’ecumenismo della Commissione Episcopale di Magistero e Dottrina della Conferenza Episcopale Ecuadoriana. Nell’agosto 2000 è stato eletto Ministro Provinciale dei Francescani della Provincia dell’Ecuador e Vicepresidente della Conferenza dei Religiosi. Dal 2003 fino al 2009 è stato Definitore dell’Ordine Francescano e Delegato del Ministro Generale per le Province Francescane dell’America Latina e del Caribe.. Il 20 aprile 2009 è stato nominato Arcivescovo di Cuenca, ricevendo la consacrazione episcopale il 4 luglio successivo. Nel periodo 2001-2014 è stato Vice-Presidente della Conferenza Episcopale Ecuadoriana.

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Dedicazione Cattedrale Armeni. Francesco: gioia e vicinanza

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Questa mattina, a Gyumri in Armenia, ha avuto luogo il rito di dedicazione della Cattedrale dell’Ordinariato per i fedeli Armeni dell’Europa Orientale, dedicata ai Santi Martiri. In tale occasione - in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin - Papa Francesco esprime la sua “vicinanza spirituale e affettuosa partecipazione alla comune gioia dei fedeli armeni cattolici”. Il Papa sottolinea che tale realizzazione “corona gli sforzi e l’impegno di tutti coloro che, in vario, modo vi hanno partecipato” ed auspica che l’evento “contribuisca a una rinnovata vitalità spirituale della comunità dell’Ordinariato”. Ancora, il Pontefice auspica “un generoso impegno apostolico e un’autentica testimonianza di carità fraterna, sull’esempio dei Santi Martiri, a cui la cattedrale è dedicata, che testimoniarono il loro amore a Cristo sino al dono della vita”. Oltre al messaggio augurale, Papa Francesco ha donato un calice per la nuova cattedrale.

Il rito è stato presieduto dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, insieme a Sua Beatitudine Gregorio Pietro XX Ghabroyan, Patriarca di Cilicia degli Armeni. Nell’omelia, il cardinale Sandri ha sottolineato che la “comunità armena ha saputo custodire il tesoro prezioso della fede e della propria identità per secoli, durante i regimi non cristiani o addirittura atei, che hanno tentato di sostituire Dio con lo Stato”. Ma, ha detto il porporato, “l’annuncio di Dio è rimasto vivo, mentre il resto è crollato miseramente”. Il cardinale Sandri ha inoltre ringraziato, anche a nome della Santa Sede, per “l’accoglienza garantita ad alcuni gruppi di profughi provenienti dalla Siria”. (A.G.)

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Incontro e dialogo".

Un dono spirituale e culturale: Papa Francesco negli Stati Uniti nei commenti della stampa internazionale.

Quella luce negli occhi: Maria Barbagallo sul fascino della santità.

Contrasti accantonati: passi avanti dell'Ue sulla questione di profughi e migranti.

La democrazia è anche una ricerca spirituale: lettera pastorale dei vescovi ugandesi in vista delle elezioni presidenziali.

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Oggi in Primo Piano



Grecia: 1.200 profughi sbarcati sull'isola di Lesbo

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Circa 1.200 profughi sono sbarcati all'alba di oggi nell'isola greca di Lesbo dopo essere partiti dalla costa egea della Turchia. Lo riferiscono media locali, secondo cui 24 barconi, ciascuno con a bordo una cinquantina di persone, sono giunti sull'isola in meno di un'ora. Si tratterebbe in prevalenza di cittadini afghani. Intanto, il vertice europeo di ieri ha deciso che entro novembre saranno attivati i centri cosiddetti "hot spot" e ha preso impegni per la Siria. Sostanzialmente, ha ricompattato l’Unione Europea sulla necessità di riportare le sue frontiere esterne sotto controllo. Il servizio di Fausta Speranza

"Hot spot" attivi in sostanza significa che l’Europa avrà un solo standard nell'applicazione del sistema comune d'asilo (registrazioni, raccolta di impronte, accoglienza e rimpatri). E fondi e risorse comuni. Finora, almeno 40 le procedure di infrazione aperte contro 19 Stati per mancanze nell’applicazione dei regolamenti. L'Italia non è nel gruppo. Se l'Europa insiste sulla necessità di applicare in pieno il regolamento di Dublino – come si ribadisce nella dichiarazione finale – il premier italiano Renzi spiega che di fatto si sta facendo un passo dopo l’altro "verso il suo superamento". Altro risultato importante: l’impegno economico sottoscritto a sostegno dei Paesi del vicinato più esposti alle crisi di Iraq e Siria, a partire dalla Turchia, il cui presidente Erdogan sarà a Bruxelles il 5 ottobre. E poi 500 milioni di euro per il 'trust fund' per la Siria e l’appello di Hollande a trovare urgentemente una qualche soluzione per il conflitto.

I Paesi dell'Est che si erano rifiutati di contribuire ai 120 mila ricollocamenti si sono visti imporre la decisione in base a principi fondamentali dei Trattati: non ci sono state reazioni da Repubblica Ceca, Ungheria e Romania, mentre la Slovacchia minaccia ricorso.  Ma il punto centrale restano le frontiere: il vertice di ieri ha stabilito che dovranno tornare ad essere controllate e che vengono previste guardie europee. Tusk è stato chiaro: i potenziali profughi sono dalla Siria sono milioni (al momento 8) e non più migliaia come finora.

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Pace in Colombia: accordo entro 6 mesi. A Cuba l'appello del Papa

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“Che il sangue versato da migliaia di innocenti durante tanti decenni di conflitto armato” in Colombia, unito a quello di Cristo, sostenga tutti gli sforzi in corso “per una definitiva riconciliazione” del Paese. Soltanto domenica scorsa, all’Angelus a L’Avana, Papa Francesco aveva rivolto il pensiero alla Colombia e proprio a Cuba è stato raggiunto un accordo fra il governo di Bogotà e le Forze armate rivoluzionarie, le Farc, per arrivare ad un’intesa finale entro il 23 marzo del 2016. La decisione è stata presa durante le trattative da tempo in corso sull’isola caraibica, con la mediazione locale e norvegese: ad annunciarla il Presidente colombiano Juan Manuel Santos e il comandante dei guerriglieri, Rodrigo Londoño Echeverri, detto ‘Timoshenko’, alla presenza del capo di Stato cubano Raul Castro. Soddisfazione è stata espressa dalla Conferenza episcopale colombiana. L'accordo siglato prevede un’ampia amnistia per i delitti politici e la creazione di una “giurisdizione speciale per la pace” - con la consulenza di giuristi stranieri - che dovrà processare gli imputati per gli altri crimini, compresi quelli di lesa umanità, compiuti durante il lungo conflitto che si protrae dal 1964. Al microfono di Giada Aquilino, il commento di Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, realtà da sempre impegnata in Colombia: 

R. – Ha un significato molto importante per un grande Paese cristiano e cattolico qual è la Colombia, ma anche al di là dei suoi confini, per tutta l’America Latina. Perché questo conflitto sta durando da 51 anni, ha prodotto più di 200 mila morti, ha travolto la Colombia e ha coinvolto anche altri Paesi dell’area. E’ un segno di grande speranza. Noi veniamo dall’incontro interreligioso di Tirana, in cui abbiamo detto che ‘la pace è sempre possibile’, e questo accordo dimostra che con un lungo lavoro e con tanta pazienza gli accordi si raggiungeranno.

D. – Domenica scorsa, all’Avana, Papa Francesco ha rivolto il suo pensiero proprio alla Colombia. Come sono state accolte le parole del Pontefice?

R. – Erano parole desiderate e auspicate. Le Farc, nel mese di giugno e nel mese di luglio, tramite la nostra Comunità di Sant’Egidio, hanno fatto arrivare dei messaggi al Santo Padre in questo senso e il Presidente Santos è stato ricevuto recentemente in Vaticano. Mi sono apparse particolarmente significative le parole del Papa con cui all’Angelus ha sottolineato che “non possiamo permetterci un altro fallimento in questo cammino di pace e di riconciliazione”. E credo che i due contendenti non aspettassero altro che un’esortazione del Papa ad andare avanti verso un cammino di pace stabile e duraturo.

D. – In un luogo poi particolarmente significativo, Cuba, a poche settimane dal riavvicinamento con gli Stati Uniti…

R. – Dobbiamo guardare con grande attenzione a ciò che è accaduto a Cuba e al ruolo che il governo cubano e il suo Presidente, Raul Castro, hanno avuto in questa mediazione, in questo evento.

D. - La Comunità di Sant’Egidio è presente da sempre in Colombia. Secondo voi, questo accordo - che prevede l’amnistia per delitti politici e un tribunale “speciale” per la pace – che tipo di intesa è? Cioè: che punti sono e quanto sono importanti?

R. – E’ un accordo fondamentale – secondo noi – per arrivare nei prossimi sei mesi a siglare l’accordo generale di pace, anche sulle questioni giurisdizionali. I combattenti sul campo sono 15 mila solo per le Farc e ce ne sono 8 mila dell’altra guerriglia, l’Eln: dove finiranno tutte queste persone? Come saranno puniti i reati che eventualmente hanno commesso? Mi sembra che per questo accordo si siano valutate delle vie molto positive e quindi ha tutte le possibilità poi di essere la porta per l’intesa generale.

D. – Proprio in forza dell’esperienza che Sant’Egidio ha avuto e ha in tanti colloqui di pace – ricordiamo la crisi in Burundi, la riconciliazione in Mozambico - qual è l’auspicio della Comunità?

R. – Che gli estremisti che ci sono da una parte e dall’altra in Colombia non prevalgano sulle ‘colombe’, perché il lavoro di facilitazione che Sant’Egidio ha fatto in questo periodo non è stato soltanto sui due contendenti, ma anche attorno a loro: perché ci sono persone che non amano in Colombia questa riconciliazione, da una parte e dall’altra.

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Yemen: l’Is rivendica attacco contro moschea sciita. 25 morti

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È di almeno 25 morti e circa 30 feriti il bilancio di un doppio attentato suicida compiuto oggi a Sanaa, capitale dello Yemen, in una moschea controllata dai ribelli sciiti Houthi e affollata di fedeli per la festività islamica del sacrificio. L’attacco è stato rivendicato dal sedicente Stato Islamico. E mentre proseguono i raid della coalizione araba a guida saudita contro le milizie sciite, il presidente destituito Hadi ha fatto ritorno nella città costiera di Aden, dopo sei mesi di esilio in Arabia Saudita, e in un discorso alla Tv ha dichiarato che “presto arriverà la fine dei ribelli houthi”. Ma qual è il ruolo delle milizie jihadiste nella guerra in Yemen? Marco Guerra lo ha chiesto a Eleonora Ardemagni, analista geo-politica dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi): 

R. – La presa di Sana’a da parte dei ribelli sciiti houti e quindi il deterioramento ulteriore delle condizioni di sicurezza dello Yemen hanno aumentato lo spazio per gli attacchi portati avanti dalle forze jihadiste. In Yemen c’è un forte radicamento di al Qaeda nella penisola arabica, soprattutto nel Sud; ma proprio con l’avanzata degli houti e la conquista di territori che tradizionalmente non erano sotto il loro controllo nell’area centromeridionale del Paese, si è incominciato ad assistere a una serie di attacchi sempre più frequenti da parte di cellule jihadiste che rivendicano una appartenenza al sedicente Stato islamico. Sana’a è l’epicentro di questo conflitto in cui, appunto, cellule che si richiamano allo Stato Islamico stanno intensificando gli attacchi proprio perché sono gli houti ancora a controllare la città.

D. – Poi, parallelamente, c’è la guerra portata avanti dalla coalizione a guida saudita contro i ribelli sciiti …

R. – L’intensificarsi da parte della coalizione a guida saudita degli attacchi aerei sullo Yemen purtroppo è una variabile che aumenta l’instabilità interna, anche perché dallo scorso mese, in maniera ufficiale, le forze della coalizione a guida saudita hanno inviato unità militari in Yemen: quindi stanno aiutando a livello di terra non solo l’esercito yemenita, ma stanno anche cercando di coordinare quelle forze paramilitari che si rifanno al mondo sunnita e che combattono, quindi, contro gli houti ma sono molto diversificate al loro interno. Queste forze sono composte da tribù sunnite, comitati popolari di uomini in armi e anche movimenti jihadisti. La questione in questo momento è come sarà capace il governo presieduto dal Presidente Hadi a controllare il territorio, ora che da luglio Aden è tornata sotto controllo delle forze regolari: come potrà questo esecutivo tenere il territorio?

D. – Proprio ad Aden, infatti, ha fatto ritorno due giorni fa il Presidente Hadi. Questo prova che sono stati compiuti importanti progressi contro i ribelli sciiti?

R. – Aden è stata riconquistata da parte delle forze regolari e da parte anche delle forze paramilitari che si oppongono agli houti; tuttavia, il ritorno di Hadi vuole dare un messaggio simbolico: il ritorno dell’istituzione. Ma sarà difficilissimo assicurare il controllo del territorio. Ricordiamoci che ad Aden, in alcuni quartieri – soprattutto della zona portuale – subito dopo il ritorno dell’esercito regolare, alcune milizie qaediste hanno iniziato a controllare parte del territorio. La prossima battaglia, quella che stanno preparando le milizie che si oppongono agli houti e l’esercito regolare, è quella per il controllo della capitale, Sana’a, e non a caso vediamo qui, adesso, intensificarsi gli attacchi terroristici. Tra l’altro, l’attacco di oggi alla moschea controllata dagli houti è vicina a un’accademia di polizia; quindi ci sono i due elementi: l’attacco, da una parte, alle forze di sicurezza, che è stato sempre il target privilegiato di al Qaeda nella penisola arabica, che ha sempre attaccato le autorità centrali, e l’attacco che invece è tipico delle cellule che si richiamano al sedicente califfato contro gli sciiti. Quindi, vede che le due dinamiche si intrecciano e la metodologia tiene insieme due obiettivi: la lotta alle autorità centrali e la lotta agli sciiti.

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Medici verso lo sciopero contro la stretta sugli esami inutili

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Prende sempre più corpo l’ipotesi di uno sciopero dei medici contro il provvedimento allo studio del governo, che mette al bando oltre 200 esami diagnostici ritenuti inutili. Prevista una sanzione pecuniaria in caso di prescrizioni inappropriate. Il ministro Lorenzin rassicura: “Non ci sarà una caccia al medico, ma gli sprechi costano allo Stato 13 miliardi di euro”. Al microfono di Paolo Ondarza, l’opinione di Filippo Maria Boscia, presidente dell’Associazione Medici cattolici italiani: 

R. – Siamo perfettamente consci che il sistema sanitario italiano, che è basato su una instabilità economica, debba essere sicuramente risanato. Senza andare a penalizzare i medici. Da un canto, io dico che è giusto che i nostri amministratori si occupino di un, non dico “razionamento”, ma di un controllo delle risorse. Dall’altro, noi come medici cattolici richiamiamo i medici alle loro complete responsabilità. La punibilità del medico che magari ha lasciato transitare un esame in più, beh, questo io lo vedo un’esagerazione e un’intrusione nel rapporto medico-paziente molto, molto pesante. Quello che deve essere tolto di mezzo è l’auto-prescrizione da parte dei paziente. Il paziente ormai dice: “Qual è l’accertamento più stratosferico che esiste? Lo voglio fare!”. Eh, no: qui il medico deve inserirsi con tutta la sua azione pedagogica. Deve porsi nella condizione di esser sì vicino al malato, ma di non accontentarlo: il malato, guardi, è come un bambino. E’ un bambino in un momento di fragilità. Al bambino nel momento di fragilità noi possiamo far comprendere le ragioni di un diniego oppure possiamo, più frettolosamente, concedergli tutto.

D. – Oltre a una responsabilità etica nei confronti del paziente, il medico che deve sempre agire in scienza e coscienza ha anche una responsabilità nei confronti della società…

R. – Diciamo che la medicina è un’arte assolutamente molto privilegiata, nella quale c’è un incontro tra la fiducia del paziente e la coscienza del medico. Nell’ambito di questa coscienza del medico, dobbiamo inserire non soltanto la necessità che il medico dia delle risposte abili, ma che i medici perseguano il benessere totale dei pazienti, occupandosi anche del benessere della società nella quale noi viviamo. Perché quando si è in uno scenario di profonda crisi economica, valoriale e sanitaria – e si pensa che l’86% delle “Tac” e delle risonanze magnetiche eseguite in urgenza siano assolutamente inutili – questo la dice molto lunga...

D. – Quindi, c’è stato e c’è tuttora un abuso nelle prescrizioni mediche?

R. – Certo. Però, è possibile un razionamento delle risorse che possa essere eticamente accettato, soprattutto se questo razionamento è assolutamente collimante con una visione morale e di vicinanza alla persona umana e alla sua inalienabile dignità.

D. – Al medico spetta la valutazione del singolo caso…

R. – E' un dovere: è un dovere che non deve mai prevalere sugli aspetti economici, soprattutto quando a essere in gioco sono la vita e la salute del paziente.

D. – Voi dite “no” alla “medicina del desiderio”, ovvero quando è il paziente a chiedere al medico che gli prescriva un accertamento piuttosto che un altro. Effettivamente, queste prescrizioni improprie sono state quantificate dal ministro Lorenzin con un danno economico pari a 13 miliardi. In sostanza, vi sentite di condividere le ragioni della protesta dei medici?

R. – Io credo che bisogna iniziare a essere presenti a un tavolo di confronto e di concertazione. La protesta da sola io credo che non guarisca questa patologia.

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A Bologna il Festival Francescano "Sorella terra"

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Dopo tre anni a Reggio Emilia e altri tre a Rimini, la settima edizione del Festival Francescano, approda a Bologna, in piazza Maggiore, dal 25 al 27 settembre. La manifestazione, dedicata quest’anno al tema “Sorella terra”, è organizzata dal Movimento Francescano dell’Emilia-Romagna e si snoda lungo una tre giorni ricca di iniziative che riguardano la custodia e il rispetto del creato. L’evento è stato presentato oggi in conferenza stampa a Bologna presso Palazzo d’Accursio. Il servizio è di Maria Caterina Bombarda

E’ dedicato a “Sorella terra” il Festival Francescano 2015, atteso come primo grande evento pubblico sui temi della nuova Enciclica di Papa Francesco sull’ecologia. Proprio come ha scelto di fare il Papa nel documento “Laudato si'” sulla cura della casa comune, anche il Festival fonderà la riflessione su quello splendido esempio di contenuti teologici e poetici che è il Cantico delle Creature di San Francesco, dove il Santo d’Assisi chiama la Terra appunto “sorella” e “madre”. Sulla scelta del tema che caratterizza lo spirito dell’evento, ci risponde il presidente del Festival Francescano, fra Alessandro Caspoli:

“E’ il tema del Festival Francescano 2015 “Sorella Terra”, che prende un po’ spunto dal Canti delle Creature, dove Francesco d’Assisi chiama la Terra appunto 'sorella' e 'madre'. Abbiamo scelto questo termine 'sorella' per simboleggiare questa fraternità, questa vicinanza, questa parentela stretta fra noi esseri umani e la Terra, concepita più come qualcosa a noi vicino, come una sorella con la quale condividere, più che una madre generatrice. Ed è questo che, prendendo spunto dall’Enciclica del Papa, "Laudato si'', cercheremo di approfondire durante questo Festival, legato a tutte le espressioni del genere umano nei confronti del creato”.

Patrono d’Italia e Patrono dell’ecologia San Francesco d’Assisi continua ad attrarre credenti e non credenti. Come far giungere il suo messaggio rivoluzionario di spiritualità sul rapporto umanità-creato all’uomo contemporaneo? Ancora fra Alessandro Caspoli:

“Francesco sarà lo spunto per cercare di approfondire ciò che non è solamente una speculazione intellettuale sul rapporto umanità-creato, ma anche un approfondimento concreto di quella che è la realtà che ci circonda. Non possiamo solamente parlarne: la nostra vita deve diventare anche tutta una serie di azioni che vanno a influire sul creato, avendo cura che non sia danneggiato e che sia lasciato in una maniera migliore a quelli che verranno dopo di noi”.

Anche quest’anno il programma prevede più di cento iniziative gratuite. Nel calendario anche numerosi partecipanti. A darne una breve anticipazione, fra Giordano Ferri, il direttore del Festival Francescano:

“In modo particolare nelle conferenze avremo Massimo Cacciari, Romano Prodi, Alex Zanotelli, Pupi Avati, Donatella Bianchi… Poi, avremo spettacoli e in modo particolare il sabato sera questo grande e inedito spettacolo che abbiamo chiamato “Earth  Mass” – la “Messa della Terra – con il coro e l’ensemble musicale della diocesi di Reggio Emilia, ma anche con grandi solisti come Amanda Sandrelli, come Giovanni Caccamo e le illustrazioni, che verranno proiettate sulla facciata di San Petronio, di Jack Fusaro”.

All’ormai consolidata scelta del format “festival” – formula che si sposa benissimo con il carisma itinerante francescano in chiave contemporanea – si aggiunge una novità: la decisione di concentrare l’evento nella Piazza Maggiore di Bologna. Una scelta non casuale, perché proprio in questa piazza nel 1222 fu accolto il Santo d’Assisi. Sul significato della partecipazione in piazza e lo spirito dell’evento, ancora fra Giordano Ferri:

“Essere in piazza è diverso. Essere qui significa anche avere la possibilità di fare l’esperienza della fraternità, di confrontarsi e respirare un po’ quello che noi chiamiamo lo spirito del Festival, che speriamo sia uno spirito con la 'S' maiuscola”.

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Nella Chiesa e nel mondo



453 morti e 700 feriti a La Mecca: calca al pellegrinaggio

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Almeno 453 persone sono morte e oltre 700 sono rimaste ferite schiacciate dalla folla alla Mecca, durante l'Hajj, il pellegrinaggio annuale. La ressa sarebbe   stata provocata da "una fuga improvvisa" e  la maggior parte delle persone sono morte soffocate. Ieri si contavano 2 milioni di pellegrini nella valle di Mina nell'ovest dell'Arabia Saudita per la cerimonia del lancio di pietre contro un muro che simboleggia Satana. L’Ḥajj  costituisce il quinto dei pilastri dell’islam e obbliga ogni fedele che ne abbia le possibilità fisiche ed economiche a compiere, almeno una volta nella vita, i riti che lo compongono. 

Secondo le autorità saudite le cause sono ancora da chiarire
Le operazioni di recupero sono in corso, spiegano i funzionari, ma l’enorme numero di persone coinvolte renderà il tutto più complicato. Il 12 settembre scorso, una gru si era abbattuta sulla Grande Moschea della Mecca uccidendo almeno 110 persone. L'attrezzo era stato montato per alcuni lavori di restauro necessari prima dell'arrivo della maggioranza dei pellegrini. La cittadina di Mina si trova lungo la strada che va dal centro della Mecca alla zona pianeggiante di Arafat, dove si erge tuttavia una piccola collina di granito nota come “Monte della Misericordia”. Qui, secondo i testi sacri musulmani, Adamo ed Eva si sono ritrovati dopo la cacciata dal Paradiso terrestre. Sempre in questa zona di trova il “Ponte delle Jamarat” dal quale, nell'ultima notte di pellegrinaggio, i fedeli compiono il rito della "lapidazione del demonio". (F.S.)

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Burundi: governo respinge invito al dialogo rivolto dai vescovi

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“Nessun accordo con chi è accusato di attività insurrezionali” ha affermato il governo del Burundi respingendo l’invito al dialogo “senza escludere nessuno” rivolto dai vescovi locali per far uscire il Paese dalla crisi politica conseguente al terzo mandato del Presidente Pierre Nkurunziza.

Messaggio dei vescovi letto in tutte le parrocchie del Burundi
In un messaggio letto domenica scorsa in tutte le parrocchie del Burundi e diffuso da Radio Maria, mons. Gervais Banshimiyubusa, vescovo di Ngozi e presidente della Conferenza episcopale, aveva rivolto un pressante invito al “vero dialogo”. “Dobbiamo accettare di sederci insieme, senza escludere nessuno, per diagnosticare insieme la malattia che ci affligge e trovare il rimedio adatto” ha sottolineato mons. Banshimiyubusa.

Accorato appello dei vescovi: "nessuno prenda la via della guerra"
“È necessario - prosegue il messaggio ripreso dall'agenzia Fides - che i veri attori del conflitto che lottano per il potere si siedano insieme senza ritardi”. Mons. Banshimiyubusa ha sottolineato che “la situazione della sicurezza nella capitale Bujumbura, rimane estremamente inquietante” con “persone selvaggiamente assassinate, rapite e poi uccise, torturate o imprigionate in modo arbitrario”. “Il nostro appello serva a far sì che non ci sia nessuno che prenda la via della guerra o che prepari quello che potrebbe divenire il pretesto per la guerra” ha concluso mons. Banshimiyubusa. L’opposizione, che contesta il terzo mandato del Presidente Nkurunziza, è fatta oggetto di inchieste giudiziarie con l’accusa di insurrezione e di aver appoggiato il tentato golpe militare di maggio. (L.M.)

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Unione Africana: alle conferenze episcopali africane lo status di osservatore

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Il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (Secam) ha ottenuto lo status di osservatore presso la sede dell’Unione Africana, ad Addis Abeba, in Etiopia. Secondo un comunicato inviato all’agenzia Fides, lo status di osservatore è stato ottenuto a seguito della firma di un memorandum d’intesa da parte del presidente del Secam, mons. Gabriel Mbilingi, arcivescovo di Lubango, e del commissario per gli Affari politici dell’Unione Africana, la dott.ssa Aisha Laraba Abdullahi

I termini della cooperazione
In base al memorandum le due parti si impegnano a consultarsi reciprocamente e a preparare programmi di cooperazione; ad invitarsi vicendevolmente e ad inviare osservatori agli incontri dei rispettivi organi su questioni di interesse comune; a cooperare per raggiungere i loro specifici obiettivi, a livello nazionale, continentale e internazionale; a cooperare nel campo della formazione, della costruzione di capacità operative, nell’organizzazione di seminari e nella diffusione di rapporti. A livello finanziario Unione Africana e Secam si impegnano cercare fondi per attività comuni a beneficio di tutto il continente africano. (L.M.)

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Coree: cristiani pregano per la pace al confine

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Uniti per la riconciliazione e la pace. E’ stato questo l’obiettivo dei 200 fedeli, cattolici, protestanti e anglicani, che hanno preso parte nei giorni scorsi al pellegrinaggio organizzato dalla Comunità di Taizé in Corea. Erano per lo più ragazzi provenienti da ogni angolo del Paese e si sono ritrovati a pregare nella Chiesa del Perdono a Paju, cittadina situata a sud di Panmunjeom, proprio a ridosso del 38esimo parallelo. “La riconciliazione è sempre stato l’elemento cardine della nostra missione”, ha detto fratel Shin Han Yol, promotore dell’iniziativa. “Da oltre 40 anni preghiamo per la pace in Corea e dal 2013 abbiamo pensato di coinvolgere ragazzi e ragazzi, cattolici e non” ha aggiunto il religioso, spiegando che: “Il pellegrinaggio è il simbolo del viaggio, pertanto non è opportuno rimanere fermi nei nostri posti confortevoli. Preferiamo, quindi, alzarci, uscire e cominciare il nostro cammino di riconciliazione”. 

Tra i partecipanti anche non coreani
​Tra i giovani intervenuti, anche esponenti della Federazione degli Studenti cattolici di Seoul (Sfcs) e della Christian Youth Academy. Non tutti coreani. Tra loro anche ragazzi francesi e vietnamiti. Sono venuti anche da Hong Kong, Taiwan e Myanmar per testimoniare il loro impegno a favore della riconciliazione tra Nord e Sud. “Vogliamo unire persone diverse tra loro ed avere una sola intenzione di preghiera: la pace. Attraverso la preghiera, la nostra comunità vuole costruire ponti tra diverse religioni e Paesi” ha sottolineato fratel Shin Han Yol. 

La scelta di Paju non è stata casuale 
Secondo il promotore, infatti: “Incontrarci a Seoul sarebbe stato più facile e avrebbe fatto registrare un’adesione più ampia. Ma vogliamo stare il più possibile vicino ai nostri fratelli e alle nostre sorelle del Nord. Per questo abbiamo scelto di celebrare i vespri a ridosso della zona demilitarizzata”. (A cura di Davide Dionisi)

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Croazia: la Chiesa pronta ad accogliere i rifugiati

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Anche la Chiesa in Croazia è pronta a fare la sua parte per accogliere e assistere i profughi che stanno raggiungendo l’Europa. E’ quanto afferma una nota della Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale croata, nella quale si ricorda che dare assistenza e protezione a rifugiati non è solo un gesto di buona volontà degli Stati, ma è un obbligo dettato dalla Convenzione di Ginevra del 1951.

Inaccettabile chiudere le frontiere e punire i rifugiati
La Commissione punta quindi il dito contro l’irrigidimento delle frontiere deciso da alcuni Governi europei per fermare il flusso di profughi, definendo “inaccettabili” le “politiche e pratiche contrarie ai principi della solidarietà cristiana, alle rigide norme del diritto internazionale e allo spirito di un’Europa senza confini”. Oltre che inefficaci – si osserva - queste misure “sono ingiuste, perché mirano a punire innocenti e alimentano le attività della criminalità organizzata, che comprendono il traffico di esseri umani, causa di tante sofferenze e tragedie”.

Un dovere legale e morale
Il legittimo diritto dei Paesi di proteggere i propri confini e di garantire la sicurezza dei propri cittadini, prosegue la nota,  non esonera “dall’adempimento degli obblighi legali di aiutare e proteggere i rifugiati”. Persone vulnerabili che possono diventare facilmente vittime della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento. Per questo – sottolinea la Commissione giustizia e pace croata - è necessario migliorare il sistema di identificazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo al loro ingresso in Europa: “Falle e difetti di questo sistema non sarebbero solo una violazione dell’obbligo di garantire protezione dalla schiavitù, ma la negazione dei principi fondamentali  dell’umanità  e della filantropia cristiana, che condanna la riduzione in schiavitù”.

Un’accoglienza senza discriminazioni religiose
Ma l’accoglienza non può essere riservata solo ai cristiani che fuggono dalle guerre e persecuzioni in Medio Oriente: “Condizionare l’assistenza e la protezione dei rifugiati alla loro appartenenza religiosa – afferma - non solo sarebbe contrario al principio di non discriminazione sancito dal diritto internazionale, ma anche ai principi fondamentali della fede cristiana”. Le parole dell’Antico Testamento e del Vangelo in questo senso parlano chiaro.

Più solidarietà dall’Europa
Di qui l’appello ai fedeli e a tutte le persone di buona volontà a dare il loro contributo all’assistenza ai rifugiati. La Commissione giustizia e pace si rivolge poi alla comunità internazionale affinché faccia il possibile per riportare la pace nelle aree in guerra in Asia e Africa da cui provengono i profughi. Infine, l’appello a tutti gli Stati europei a “mostrare  una solidarietà efficace con i rifugiati e i Paesi che portano il peso maggiore dell’attuale crisi”. (A cura di Lisa Zengarini)

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Irlanda: scuole cattoliche apono le porte ai bambini siriani

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Le scuole primarie cattoliche dell’Irlanda sono pronte ad accogliere ed educare i bambini rifugiati provenienti dalla Siria e da altre aree di confitto: lo riferisce, in una nota, padre Tom Deenihan, segretario generale dell’Associazione delle scuole primarie cattoliche irlandesi. “La maggior parte delle scuole – spiega padre Deenihan – hanno spazio per accogliere questi bambini e sarebbero felici di farlo”.

Scuole cattoliche in primo piano nell’integrazione dei migranti
Il sacerdote ricorda poi che “le scuole parrocchiali cattoliche sono sempre state in primo piano nell’integrazione dei migranti all’interno delle comunità locali” e che “bambini di religioni e nazionalità diverse costituiscono il profilo multi-nazionale delle scuole cattoliche in tutto il Paese”. “Tutti i nostri alunni – sottolinea ancora padre Deenihan – ricevono una formazione di qualità e, a loro volta, arricchisono la vita quotidiana delle nostre scuole”.

Una risposta concreta all’appello di Papa Francesco
​Padre Deenihan ribadisce, quindi, l’appello lanciato da Papa Francesco all’Angelus del 6 settembre, con cui ha invitato le parrocchie ad accogliere i profughi e conclude: “Come parte integrante della vita parrocchiale in Irlanda, le scuole cattoliche non dovrebbero farsi attendere in questo momento critico per i rifugiati”. Da ricordare che l’Associazione delle scuole primarie cattoliche irlandesi è il punto di riferimento di oltre 2.900 istituti di formazione nel Paese. (I.P.)

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Nigeria. Card. Onaiyekan: vincere Boko Haram con un'amnestia

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«Se concedessimo l’immunità a chi lascia Boko Haram, la maggior parte dei miliziani deporrebbe le armi». Ne è convinto il card. John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, che in una conversazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre nota come almeno l’80% degli appartenenti al gruppo fondamentalista non ne condivida affatto il pensiero.

Amnestia per i terroristi che vogliono lasciare Boko Haram
«Sono pochi quelli che sposano realmente l’ideologia di Boko Haram – aggiunge il porporato – gli altri sono stati reclutati con la forza e lascerebbero volentieri la setta islamista se gliene fosse offerta la possibilità». Il card. Onaiyekan è quindi favorevole a concedere l’amnistia ai terroristi che si consegnino liberamente alle autorità, impegnandosi ad interrompere i rapporti con il gruppo. «Soltanto in questo modo potremmo convincere altri membri a lasciare il gruppo», afferma il porporato ricordando come il 16 settembre scorso il Presidente nigeriano Mohammadu Buhari si sia detto pronto ad accordare un tale provvedimento qualora i fondamentalisti liberassero le 200 studentesse rapite a Chibok nell’aprile 2014. 

Il porporato loda il Presidente Buhari per l'offensiva contro Boko Haram
Le considerazioni del card. Onaiyekan emergono in un momento decisamente negativo per gli uomini di Abubakar Shekaku. Il 19 settembre scorso l’esercito nigeriano ha infatti sferrato un duro colpo ai “talebani africani” nell’ambito della controffensiva che mira a eliminarne la presenza dal nordest della Nigeria. «Negli ultimi mesi vi sono state numerose incursioni nelle aree in mano a Boko Haram, che ormai ha perso il controllo anche di larga parte dei confini nazionali», aggiunge il card. Onaiyekan, lodando l’impegno profuso da Buhari sin dal suo primo giorno di mandato. L’arcivescovo di Abuja ha particolarmente apprezzato la scelta del neo Presidente – che in quanto ex presidente del Consiglio militare supremo ha una solida esperienza in campo militare – di collaborare con gli eserciti di Ciad, Camerun e Niger. Tuttavia il porporato fa notare come i primi successi dei militari nigeriani contro il gruppo oltranzista si siano registrati durante l’ultima fase della presidenza di Goodluck Johnathan.

Boko Haram ha compromesso le relazioni tra cristiani e musulmani
«Ora che Boko Haram è in difficoltà – afferma - è fondamentale offrire una via d’uscita a quanti desiderino abbandonare il gruppo fondamentalista. Il nostro Paese è grande abbastanza per correre il rischio di un’amnistia». Se il porporato è bendisposto ad un’amnistia per i “pentiti” della setta, non si può dire lo stesso di molti cristiani. Per il card. Onaiyekan la ragione di questo rifiuto è da ricercarsi nel deterioramento dei rapporti interreligiosi. «La presenza di Boko Haram ha gravemente compromesso le relazioni tra cristiani e musulmani. Ci vorrà molto tempo prima che la ferita guarisca». (M.P.)

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Ghana: vescovi su grave scandalo di corruzione della magistratura

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I vescovi del Ghana seguono “con interesse e attenzione” il mega scandalo giudiziario che ha investito in queste settimane il Paese africano e ha portato alla sospensione di 22 magistrati filmati di nascosto mentre chiedevano il pagamento di tangenti per 'aggiustare' processi. In una dichiarazione diffusa oggi, i presuli plaudono l’inchiesta condotta dal giornalista Anas Aremeyaw che ha fatto esplodere il caso - uno degli scandali corruzione più gravi nella storia del Ghana indipendente - consegnando al capo della polizia 500 ore di registrazioni video.

La corruzione un cancro che pervade tutta la società ghanese
“Crediamo che questa denuncia  sia un ulteriore campanello d’allarme che dovrebbe fare capire al popolo ghanese quanto le tangenti e la corruzione abbiano corroso il tessuto stesso della nostra società e indurlo a prendere di petto questo cancro”, si legge nella dichiarazione, che ricorda le ripetute denunce del fenomeno da parte dell’episcopato. Pur apprezzando alcune recenti misure anti-corruzione adottate dal Governo di Accra, i vescovi ghanesi chiedono all’esecutivo di fare di più. Essi esprimono quindi l’auspicio di una rapida conclusione dell’inchiesta in corso, invocando l’applicazione del “rigore della legge” nei confronti dei magistrati colpevoli e la revisione dei processi da loro trattati.

Dire no alle tangenti e alla corruzione e sì all’onestà
​In conclusione, il documento, firmato da mons. Joseph Osei-Bonsu, vescovo di Konongo-Mampong e presidente della Conferenza episcopale del Ghana, rivolge un rinnovato appello a tutti i cittadini ghanesi a lavorare insieme nella lotta contro “le due piaghe gemelle delle tangenti e della corruzione” che tormentano  il Paese ormai da molto tempo: “Non tutto è perso. Come esseri umani siamo capaci di fare il peggio, ma anche di superare noi stessi, scegliendo di nuovo il bene e ricominciando da capo. Decidiamo dunque da oggi di dire no alle tangenti e alla corruzione e sì a una vita di onestà, integrità e giustizia”, conclude la dichiarazione. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 267

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.