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Sommario del 02/08/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a vescovi polacchi: generosi coi migranti, parrocchie in uscita

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Accogliere i migranti secondo le proprie possibilità ma con “generosità”. “Toccare” la carne di chi soffre e accompagnare la crescita della fede in un’epoca di analfabetismo religioso. Rilanciare con creatività la vita delle parrocchie. Sono alcuni dei temi sviluppati dal Papa nel suo discorso con i vescovi polacchi del 27 luglio scorso, all’inizio della sua visita nel Paese europeo. Il testo del discorso è stato reso noto oggi. Il servizio di Alessandro De Carolis

Il relativismo religioso, vivere la misericordia in un mondo “dominato dall’ingiustizia”, l’intramontata validità del modello parrocchiale, l’Europa e la sfida dell’accoglienza dei migranti. Quattro domande di vescovi polacchi, quattro lunghe risposte di Papa Francesco, che inizia il suo discorso con una preghiera per la morte di mons. Zimowski e prosegue con una per il card. Macharski, visitato dal Papa in clinica a Cracovia il 28 luglio e spentosi stamattina a 89 anni.

Toccare per consolare
Sul “pericolo” della scristianizzazione – per il Papa il “problema più grave” prodotto dalla “secolarizzazione” – Francesco indica il valore della “vicinanza”, del contatto fisico “con la carne sofferente di Cristo”. “Concretezza, dice il Papa, “toccare, “insegnare, consolare”, “perdere il tempo” per essere vicini al popolo di Dio. Ma anche i vescovi siano vicini come padri ai loro sacerdoti, altrimenti – obietta Francesco – non si può chiedere loro di essere padri per la gente che hanno attorno. Vicinanza, poi, è l’opposto della cultura dello scarto e il Papa non rinuncia al consueto appello: non emarginare i giovani, non scartare i nonni, “memoria del popolo” e della “fede”.

Mondo malato di ingiustizia
L’invito alla vicinanza torna anche nella seconda risposta, quando un presule chiede a Francesco in che modo essere misericordiosi in un mondo che soffoca per troppe ingiustizie. Il Papa premette che già con Paolo VI ma soprattutto con Giovanni Paolo II, “gigante della Misericordia”, questo atteggiamento si è andato risvegliando nella Chiesa. Quello che sposta gli equilibri, afferma Francesco, è anche qui la misericordia che si fa carne, le “cose buone” che specie i cristiani costruiscono nella società, nell'ambiente del lavoro, per i malati… Certo, riconosce il Papa, il mondo in cui imperversa “la terza guerra mondiale a pezzi” è “malato di ingiustizia, di mancanza di amore, di corruzione”. Un mondo schiavo dell’“idolatria del denaro”, dove “tutto si compra e si vende”, perfino gli esseri umani. Un mondo dove anche “l’economia liquida” “favorisce la corruzione” e in cui i “giovani non hanno la cultura del lavoro perché – esclama – non hanno lavoro”.

Analfabeti della fede
Una considerazione, Francesco la fa anche sull’“analfabetismo religioso” che pure è diffuso nonostante – abbia riconosciuto prima – si noti un certo risveglio religioso. Per combattere questa assenza dei fondamenti della fede è importante, sostiene, l’accompagnamento del cammino spirituale con le “tre lingue”: la “lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Tutte e tre armonicamente”.

Parrocchia, luogo aperto e creativo
La terza domanda interroga il Papa sul ruolo delle parrocchie. La sua replica è diretta: “La parrocchie è sempre valida”, asserisce, non è una “struttura che dobbiamo buttare dalla finestra”. La sua vocazione è quella di essere un luogo “accogliente”, con i Movimenti ecclesiali a sostegno e non in “alternativa”. La parrocchia, ribadisce, “non si tocca: deve rimanere come un posto di creatività, di riferimento”, “capacità inventiva. Purché, soggiunge, sia parrocchia “in uscita”, che sappia “mettersi nelle difficoltà della gente”, e non si comporti come una “parrocchia-ufficio”.

Generosi con i migranti
L’ultima domanda riguarda il nervo scoperto dell’Europa, l’accoglienza dei rifugiati, dei migranti. Francesco stigmatizza ancora il traffico di armi come causa principale dello spostamento di masse di persone a causa di conflitti e guerre. E denuncia l’influenza delle “colonizzazioni ideologiche”, come quella del “gender”, che si diffondono grazie al denaro di istituzioni e “Paesi influenti”. Tuttavia, conclude, l’accoglienza dei migranti “dipende dalla situazione del Paese e anche dalla cultura”. Certo, chiosa, oltre a pregare molto, tutti “hanno la possibilità di essere generosi”.

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Gmg. I messaggi di Francesco: costruite ponti e seminate speranza

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Costruire ponti e non erigere muri. E’ l’invito che più volte Papa Francesco ha rivolto ai giovani di ogni parte del mondo, riuniti a Cracovia per la 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù, conclusasi domenica scorsa. Il Papa esorta i ragazzi ad avere coraggio per diventare protagonisti della storia e cambiare il mondo. Così si fa carne quella Misericordia che - con i suoi due grandi “annunciatori” polacchi, San Giovanni Paolo II e Santa Faustina - è stata, in modo speciale, al centro di questa Gmg. Ripercorriamo i messaggi centrali che Francesco ha rivolto ai giovani nel servizio di Debora Donnini

"Abbiate il coraggio di insegnarci che è più facile costruire ponti che innalzare muri!” (Veglia alla Gmg di Cracovia, 30 luglio 2016).

Tra gli applausi e l’entusiasmo, Papa Francesco ha esortato circa 1 milione e  600 mila ragazzi presenti alla Veglia al Campus Misericordiae di Cracovia, a stringersi la mano. Francesco offre, dunque, ai grandi del mondo lo spettacolo visivo di un “grande ponte fraterno”, creato dai giovani dei cinque continenti. Giovani ai quali chiede di non “vegetare”, di non confondere la felicità con un divano, rischiando di addormentarsi mentalmente davanti al computer per ore, magari giocando ai videogiochi. A loro il Papa chiede, fra gli applausi scroscianti, di difendere la loro libertà perché, invece, c’è tanta gente che li vuole imbambolati. Francesco ricorda, dunque, che costruire ponti significa rinunciare a “vincere l’odio con l’odio” perché la “nostra risposta alla guerra” si chiami fraternità.

La Messa di domenica: non accettare l'odio fra i popoli
Anche nell’altro momento clou della Gmg, la Messa di domenica, Francesco chiede ai giovani di cambiare il mondo. Dio “fa sempre il tifo per noi” e non conta per Lui il vestito o il cellulare. Il Papa affronta, infatti, i problemi quotidiani che i giovani di oggi vivono, invitandoli a dire “no” alla tristezza, “al doping del successo ad ogni costo”, “alla droga del pensare solo a sé”, al “maquillage dell’anima”:

“Potranno giudicarvi dei sognatori perché credete in una nuova umanità che non accetta l’odio tra i popoli, non vede i confini dei paesi come delle barriere e costruisce le proprie tradizioni senza egoismi e risentimenti. Non scoraggiatevi: col vostro sorriso e con le vostre braccia aperte voi predicate speranza e siete una benedizione per l’unica famiglia umana, che qui così bene rappresentate!”. (Messa conclusiva della Gmg, domenica 31 luglio).

I Santuari e la Cerimonia di accoglienza: un cuore capace di sognare ha spazio per la Misericordia
Andando a ritroso, già nelle visite di Sabato, al Santuario della Divina Misericordia e a quello di San Giovanni Paolo II, il Papa aveva chiaramente detto che il Vangelo ha ancora delle pagine bianche che siamo chiamati a scrivere, compiendo opere di misericordia. Ma fin dal video collegamento di Francesco con i giovani italiani presenti alla Gmg, mercoledì scorso, e poi soprattutto giovedì, alla cerimonia di accoglienza della 31.ma Gmg, il Papa li aveva esortati a lanciarsi “nell’avventura di costruire ponti e abbattere muri”, facendo ancora una volta capire cosa sia concretamente la Misericordia:

“E quando il cuore è aperto e capace di sognare c’è posto per la misericordia, c’è posto per carezzare quelli che soffrono, c’è posto per mettersi accanto a quelli che non hanno pace nel cuore o mancano del necessario per vivere, o mancano della cosa più bella: la fede. Misericordia. Diciamo insieme questa parola: misericordia. Tutti! [Misericordia!] Un’altra volta! [Misericordia!] Un’altra volta, perché il mondo senta! [Misericordia!]”.  (Cermonia di Accoglienza della 31.ma Gmg, giovedì 28 luglio 2016).

Il Venerdì con Auschwitz, l'ospedale pediatrico e la Via Crucis: essere seminatori di speranza
Francesco con il suo sorriso e la forza delle sue espressioni non chiede qualcosa da poco ai giovani: gli chiede di cambiare al mondo e di non andare in pensione dalla vita sui 23 anni. Apprezzando la vitalità e l’energia dei giovani, ricorda loro che la Chiesa e il mondo li guardano. Fin dalla conferenza stampa in aereo nel viaggio di andata, tema poi ripreso anche in quella ritorno, in merito al brutale assassinio del sacerdote francese e ad altre tristi cronache di violenza, il Papa aveva sottolineato che non si tratta di una guerra di religione ma di una guerra, punto. E che non è giusto identificare l’Islam con la violenza. Assieme ai dolorosi eventi di attualità, la visita ad Auschwitz, dove il silenzio del Papa ha parlato più di mille parole, e quella all'ospedale pediatrico, tornano indirettamente nella riflessione alla Via Crucis, il venerdì. Francesco ha, infatti, espresso il dolore e la domanda di ogni uomo di fronte alla Croce: “Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre?”. La risposta è che Gesù stesso, il Figlio di Dio, ha scelto di identificarsi nei sofferenti. La credibilità dei cristiani si gioca nell’accoglienza, non nelle idee. E ai giovani viene chiesto di essere “protagonisti nel servizio”, ricordando il valore della Via della Croce:

“È la Via della speranza e del futuro. Chi la percorre con generosità e con fede, dona speranza al futuro e all’umanità. Chi la percorre con generosità e con fede semina speranza. E io vorrei che voi foste seminatori di speranza". (Via Crucis della Gmg, venerdì 29 luglio 2016).

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Francesco: lo sport contribuisca a costruire rapporti di pace

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“Con lo sport è possibile costruire una cultura di incontro tra tutti per un mondo di pace”. Lo afferma Papa Francesco all’inizio del videomessaggio che contiene l’intenzione di preghiera per il mese di agosto. “Mi piace – dice ancora Francesco – sognare lo sport come pratica della dignità umana, trasformata in un veicolo di fraternità. Vogliamo allenarci insieme con questa intenzione di preghiera? Che lo sport – conclude – promuova l'incontro fraterno tra i popoli e contribuisca alla pace nel mondo.

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Papa crea Commissione di studio sul Diaconato delle donne

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Papa Francesco, come espresso lo scorso 12 maggio nell’incontro con le superiori generali in Aula Paolo VI, ha ufficialmente istituito una Commissione incaricata di studiare la questione del Diaconato delle donne”, "soprattutto riguardo ai primi tempi della Chiesa".

Come presidente, Francesco ha nominato l’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. I membri della Commissione sono 12, sei donne e sei uomini. Di seguito i loro nomi:

Rev.da Suor Nuria Calduch‑Benages, M.H.S.F.N., Membro della Pontificia Commissione Biblica;

Prof.ssa Francesca Cocchini, Docente presso l'Università «La Sapienza» e presso l'Istituto Patristico «Augustinianum», Roma;

Rev.do Mons. Piero Coda, Preside dell'Istituto Universitario «Sophia», Loppiano, e Membro della Commissione Teologica Internazionale;

Rev.do P. Robert Dodaro, O.S.A., Preside dell'Istituto Patristico «Augustinianum», Roma, e Docente di patrologia;

Rev.do P. Santiago Madrigal Terrazas, S.I., Docente di Ecclesiologia presso l'Università Pontificia «Comillas», Madrid;

Rev.da Suor Mary Melone, S.F.A., Rettore Magnifico della Pontificia Università «Antonianum», Roma;

Rev.do Karl‑Heinz Menke, Docente emerito di Teologia dogmatica presso l'Università di Bonn e Membro della Commissione Teologica Internazionale;

Rev.do Aimable Musoni, S.D.B., Docente di Ecclesiologia presso la Pontificia Università Salesiana, Roma;

Rev.do P. Bernard Pottier, S.I., Docente presso l'«Institut d'Etudes Théologiques», Bruxelles, e Membro della Commissione Teologica Internazionale;

Prof.ssa Marianne Schlosser, Docente di Teologia spirituale presso l'Università di Vienna e Membro della Commissione Teologica Internazionale;

Prof.ssa Michelina Tenace, Docente di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana, Roma;

Prof.ssa Phyllis Zagano, Docente presso la «Hofstra University», Hempstead, New York.

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Morto card. Macharski. Papa: un saggio servitore della Chiesa

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Il Papa lo aveva fatto visita il 28 luglio scorso all’Ospedale di Cracovia, dove era ricoverato da tempo per una grave malattia. E stamattina, all’età di 89 anni, si è spento il card. Franciszek Macharski, già arcivescovo di Cracovia e immediato successore di Karol Wojtyla sulla Cattedra di San Stanislao.

Francesco ne tratteggia con commozione la figura in un lungo telegramma di cordoglio, nel quale ricorda come il cardinale Macharski abbia guidato la Chiesa locale “nel non facile periodo delle trasformazioni politiche e sociali, con saggezza, con un san distacco dalla realtà, preoccupandosi del rispetto di ogni persona, per il bene della comunità della Chiesa, e soprattutto per conservare viva la fede nei cuori degli uomini”. Ha svolto la sua missione, nota, “con zelo” come pastore, professore, rettore del Seminario, prima di essere chiamato alla guida dell’arcidiocesi.

“Nell’ultima tappa della vita – conclude – è stato molto provato dalla sofferenza che accettava con serenità di spirito. Anche in questa prova è rimasto fedele testimone della fiducia nella bontà e nella misericordia di Dio. Rimarrà così nella mia memoria e nella preghiera”.

Con la scomparsa del card. Macharski, non elettore, il Collegio Cardinalizio risulta  composto da 211 cardinali, di cui 112 elettori e 99 non elettori.

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Papa nomina nuovo vicario apostolico di Beirut

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Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Vicariato Apostolico di Beirut, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Paul Dahdah, dei Carmelitani Scalzi, e ha chiamato a succedergli padre Cesar Essayan, dei Francescani Minori Conventuali, custode provinciale del Libano, assegnandogli la sede vescovile titolare di Mareotes. Padre Essayan è nato il 27 maggio 1962 a Saïda. Dopo gli studi preliminari e secondari al Collegio dei Fratelli Maristi, ha seguito i corsi di Ingegneria presso l’Università “Saint Joseph”. Nel 1986 è entrato nell’Ordine Francescano Conventuale. Ha seguito i corsi di filosofia e teologia presso l’Università “San Bonaventura” a Roma. Dopo il noviziato a Padova, ha emesso i voti temporanei l’8 settembre 1988 e in seguito, il 21 settembre 1993, i voti perpetui. Infine, è stato ordinato sacerdote il 17 aprile 1993. Dopo l’ordinazione, ha svolto vari incarichi nell’Ordine come guardiano, economo, custode provinciale (2010-2014 e 2014-2016). Ha aperto una seconda fraternità a Zahle, costruendo il convento, la chiesa, promuovendo le attività caritative e progetti pastorali. È stato anche parroco di “Saint Antoine de Padoue”, a Sin el Fil negli anni 1998-2008 e ha lavorato nel Tribunale Ecclesiastico Latino.

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Papa, tweet: la vita non va chiusa in un cassetto

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Il segreto della gioia: non spegnere la curiosità bella, ma mettersi in gioco, perché la vita non va chiusa in un cassetto”.

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Lombardi: grazie ai Papi e ai colleghi, 10 anni di vita intensa

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Ringraziamenti e saluti a colleghi e collaboratori che lo hanno accompagnato in dieci anni di strada e che lo hanno incoraggiato nella fatica e nella gioia, e un grazie anche ai Pontefici che lo hanno chiamato al servizio al loro fianco. E’ quanto esprime Padre Federico Lombardi in una lettera dopo aver concluso, con il mese di luglio, il servizio presso la Sala Stampa della Santa Sede. Il servizio di Gabriella Ceraso

Ringrazio di cuore chi ha voluto manifestarmi apprezzamento e affetto e saluto coloro che mi hanno accompagnato in dieci anni, scrive padre Lombardi, in cui "abbiamo seguito il ministero di due grandi Papi, vissuto momenti molto significativi della storia della Chiesa" e "della famiglia umana cercando di leggerne e farne comprendere il significato". "Non ho mai avuto l’impressione di non essere accolto o rispettato da alcuno. E’ stata un bella Chiamata, impegnativa, scrive padre Lombardi, ringraziando anche i due Pontefici, Benedetto e Francesco, che lo hanno voluto al loro servizio. Certo di quanto fatto finora, aggiunge, “starò ancora in ascolto delle nuove indicazioni di chi per me rappresenta il Signore”. Quindi, ribadendo la stima per il lavoro della comunicazione, per la possibilità di servizio e la grande responsabilità che comporta, augura impegno e entusiasmo in particolare ai suoi successori, Greg Burke alla direzione e a Paloma García Ovejero sua vice alla Sala Stampa vaticana.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Il Vangelo della vicinanza nelle parole del Papa ai vescovi polacchi.

Porta sempre aperta: sul perdono di Assisi, in prima pagina un editoriale di Gualtiero Bassetti.

Grandissima cosa chiedi, Francesco: Fortunato Frezza e Stefano Brufani riguardo alla mostra sul perdono di Assisi per l'ottavo centenario dell'indulgenza della Porziuncola.

La morte del cardinale Franciszek Macharski.

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Oggi in Primo Piano



Libia. Raid Usa contro l'Is a Sirte; Mosca: sono illegali

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I primi raid degli Stati Uniti sulla città libica di Sirte hanno già provocato “pesanti perdite” tra i jihadisti dello Stato islamico e hanno consentito alle truppe locali di farsi strada via terra, conquistando il quartiere centrale di Al-Dollar. I raid, autorizzati da Obama, erano stati chiesti dal governo di Tripoli, ma Mosca tuona: sono illegali. La Francia, intanto, promette maggiore collaborazione con al Sarraj. Per capire cosa sta avvenendo in Libia, Roberta Barbi ha sentito Paolo Sensini, storico e scrittore esperto dell’area: 

R. – In Libia, non c’è un governo che rappresenti la totalità delle tribù, dei gruppi, delle formazioni che sono lì: c’è il governo di unità nazionale a Tripoli, voluto dall’Onu – appoggiato sostanzialmente dalle forze di Misurata, che si sono avvicinate molto dappresso a Sirte – e ci sono le forze invece che fanno riferimento al generale Khalifa Haftar, a Tobruk, che è appoggiato da Egitto e Francia. Anch’egli sta spingendo e si è avvicinato a Sirte. Gli americani sono intervenuti ottemperando a un patto che era già implicito nell’investitura di al Sarray.

D. – L’apertura di un nuovo fronte di guerra da parte degli americani può essere interpretata come una volontà di accelerare la lotta al terrorismo?

R. – È chiaro che c’è una volontà di intervenire, ma c’è il fatto che la Russia non è assolutamente favorevole a questi tipi di intervento, non c’è un appoggio. E c’è il fatto, per esempio, che Khalifa Haftar – il generale in contrasto con il governo di unità nazionale di Tripoli – pochi giorni fa, si è recato a Mosca. C’è una volontà di imporre un intervento preciso a guida americana e, sul piatto della bilancia, il fatto che gli americani hanno intenzione di rientrare all’interno di quello scenario.

D. – È stato detto che i raid andranno avanti “fino a che la Libia lo richiederà” e specificato che saranno raid di precisione condotti con droni. Quante vite costerà questa operazione?

R. – Questo lo vedremo, poi, a cose fatte. Tutte le promesse degli interventi chirurgici che c’erano in passato, che abbiamo visto, non si sono poi rivelate tali: hanno fatto, cioè, tantissimi morti.

D. – Il governo di Tripoli ha fatto richiesta ufficiale di intervento agli Stati Uniti. Il premier libico, sostenuto dall’Onu, al Sarray, lo ha confermato, ma ha anche ribadito che il suo esecutivo rifiuterà ogni tipo di ingerenza straniera senza mandato: è un riferimento alla Francia che, peraltro, in una telefonata del ministro Ayrault, ha ribadito di voler rafforzare la sua cooperazione con Tripoli?

R. – Ayrault e la Francia, che non hanno riconosciuto il governo di Tripoli, collaborano con Haftar. C’è una politica del doppio binario francese. È ovvio che c’è una contrapposizione. C’è una scollatura tra coloro che sono intervenuti ed è ovvio che ciascuno ha delle mire precise. La Francia vede nella Libia una cassaforte energetica e quello che a loro interessa di più è la possibilità di proiettarsi nel Sahel, che sono le aree che trafficano commercialmente e hanno come moneta nazionale il franco CFA, che è una moneta di pertinenza francese.

D. – La Farnesina ha salutato positivamente l’intervento e ha fatto sapere in merito all’uso della base di Sigonella che valuterà se questa sarà richiesta. Come si configura il ruolo dell’Italia?  

R. – Non valuterà. È implicito con gli americani che nel momento in cui verrà richiesta Sigonella, immediatamente verrà data la possibilità di utilizzarla. Si discuteva verso la fine dell’anno che l’Italia sarebbe potuta intervenire e l’operazione sarebbe stata auspicabilmente a guida italiana. In realtà, l’Italia, come già era avvenuto nel 2011, guarda dalla finestra, non interviene e accetta passivamente tutto quello che le accade.

D. – Per l’Italia un intervento in Libia è particolarmente “risolutivo”, perché da lì parte il 90% dei migranti che arrivano sulle nostre coste…

R. – Certo che sarebbe risolutivo, ma non c’è alcuna capacità, alcuna intraprendenza e iniziativa da parte dell’Italia. Non c’è nessuna volontà di intervenire concretamente e si aspetta che gli eventi procedano in un modo o nell’altro.

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USA: sondaggi favoriscono la Clinton. Mosca respinge accuse

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Continua il confronto tra i due candidati in corsa per la Casa Bianca, senza esclusione di colpi. “Le elezioni potrebbero essere truccate”. è l’ultimo affondo di Donald Trump, sotto attacco per le offese rivolte ai genitori di un soldato musulmano americano morto in Iraq. Completano il quadro i sondaggi che, a pochi giorni dal rimbalzo di Trump, ora danno favorita l’ex first lady con uno scarto di 6-9 punti. Per un commento sul valore di queste cifre e sugli ultimi risvolti della vicenda elettorale, Gabriella Ceraso ha parlato con Ferdinando Fasce, americanista dell’Università di Genova: 

R. – I sondaggi a più riprese, soprattutto nell’arco dell’ultimo ventennio, vista l’intensità e la frequenza con cui vengono fatti, hanno mostrato problemi; in particolare, in questo caso, non bisogna dimenticare che qui siamo sull’onda dell’effetto-convenzioni, quindi sono dati da prendere molto con le molle. In realtà sarà uno scontro molto sul filo di lana …

D. – Anche perché il dibattito decisivo in diretta, prima dell’election day di novembre, si terrà il 26 settembre, quindi probabilmente Trump in questi due mesi di tempo deve cercare di rimescolare un po’ le carte in tavola per risalire la china, se i sondaggi sono veritieri …

R. – Sì, non c’è dubbio. Dovrà cercare di rimescolare le carte: finora lui ha rivelato veramente delle manchevolezze profonde dal punto di vista sostanziale, cioè della conoscenza delle questioni. E credo che la Clinton dovrà stare molto attenta a non lasciarsi prendere dalla foga di una campagna negativa, perché le campagne negative in genere sono state gestite meglio dai repubblicani e poi, nel caso di una persona come Trump, sul negativo è destinato ad affermarsi, almeno dal punto di vista retorico.

D. – L’altro dato che emerge in questi giorni è quanto questi due candidati stiano tirando in ballo altri soggetti, prima di tutto Mosca. Perché?

R. – Colpisce questo improvviso ritorno delle questioni internazionali, tanto più in questa maniera: la Clinton si è molto esposta con questa pesante dichiarazione alla quale i russi hanno risposto immediatamente. C’è da dire che visto il record di comportamenti di Putin, non è che non ci possa essere stato anche un intervento come quello ventilato dalla Clinton che è – in aggiunta – politica molto navigata, quindi in genere molto sorvegliata, molto attenta. E’ vero che è sotto scacco per la questione delle mail e quindi deve cercare in ogni modo di trarsi d’impaccio rispetto a questo. L’altro aspetto interessante di questa storia è che torna un po’ l’ombra di Nixon su questa campagna elettorale, perché se ricordiamo, lì fu un caso in cui veramente la politica estera fu decisiva e ci furono trattative sottobanco tra Nixon e i vietnamiti per favorire Nixon rispetto a Humphrey. E quindi, può anche darsi che in questo caso si riproponga una vicenda come quella che era accaduta nel 1968.

D. – L’attacco in Libia, questa accelerazione della guerra anti-Is voluta da Obama: questa, come l’ipotetica riconquista di Mosul che potrebbe avvenire – qualcuno dice – a ottobre, poco prima del voto in America, favorirebbe la Clinton?

R. – Decisamente. Dietro a questa iniziativa mi pare che non sia difficile vedere anche un’intenzione di risolvere i nodi serissimi, gravissimi sul piano internazionale, ma anche di preparare il terreno per un consolidamento della posizione di Hillary Clinton sul piano elettorale.

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Erdogan: senza visti no all'accordo sui migranti

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Se l’Unione Europea non concederà la liberalizzazione dei visti per cittadini turchi, Ankara non rispetterà più l’accordo sui migranti. Lo ha ripetuto oggi il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, che ha attaccato l’Ue, nella persona di Federica Mogherini, alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, per – a suo dire – non essersi subito recata in Turchia dopo il tentato golpe. Erdogan ha anche accusato l’Occidente di sostenere golpisti e terroristi. Intanto, continuano le epurazioni: un mandato d’arresto è stato spiccato per un centinaio di dipendenti dell’ospedale militare di Ankara per possibili legami con la rete di Fethullah Gulen, al quale viene attribuito il fallito colpo di Stato. Francesca Sabatinelli ha intervistato Elena Paciotti, presidente della Fondazione Lelio Basso che, nei giorni scorsi, ha firmato un documento di denuncia per le gravi violazioni dei diritti umani in Turchia, chiedendo anche la cancellazione dell’accordo sui migranti: 

R. – Il problema è molto preoccupante. Già al momento in cui è stato stipulato, quell’accordo era estremamente discutibile perché non vi erano garanzie sufficienti del trattamento decoroso, dignitoso, per le persone migranti o addirittura richiedenti asilo. Poi, i patti si mantengono se le condizioni rimangono uguali. Le condizioni della Turchia, da quando è stato stipulato quel discutibilissimo patto a oggi, sono gravemente cambiate. C’è stato questo tentativo di colpo di Stato che certamente va condannato e tuttavia questa non è una democrazia. E’ giustissimo e comprensibile che coloro che hanno tentato di compiere un colpo di Stato siano individuati, processati e condannati, ma non certamente tutti i giornalisti, gli avvocati, i magistrati, i professori rimossi dai loro incarichi da un giorno all’altro: evidentemente vi erano degli elenchi precedenti. Quindi, una situazione che è gravemente cambiata rispetto al momento in cui quel patto – sciagurato, possiamo dire – era stato sottoscritto. E io credo che, a maggior ragione, quel patto vada denunciato. Era già scarsamente accettabile allora, tanto più lo è adesso. Credo che la Turchia non abbia compreso che cos’è diventata l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale: si è preso atto che i diritti individuali delle persone non possono essere affidati ai governi degli Stati, che quindi occorra una protezione più forte. Quindi, quella interna, delle Costituzioni rigide, che tutelino le opposizioni, le minoranze, i singoli, ma anche una protezione internazionale che in Europa è data dal Consiglio d’Europa, dalla Corte europea dei diritti umani. Insomma, occorre una protezione nazionale e internazionale per tutti coloro che non sono d’accordo con la maggioranza. E dunque io credo si debba avere una reazione più ferma.

D. – Quell’Europa che ha dato vita a questi testi fondamentali di difesa dei diritti umani, quella stessa Europa – le istituzioni dell’Unione Europea – sembrano ammutolite di fronte al continuo ricatto proveniente da Erdogan…

R. – Purtroppo, è una cosa che si verifica da tempo, nel senso che non c’è mai stata in Europa una vera volontà di promuovere i diritti fondamentali delle persone. Per fortuna, abbiamo delle Carte vincolanti, abbiamo dei giudici che le applicano. Però, la garanzia primaria dei diritti dei cittadini è data dal comportamento delle istituzioni. E qui questo comportamento delle istituzioni è mancato. Io ricordo all’epoca in cui Jörg Haider era diventato un componente del governo austriaco, i governi dei 14 Paesi europei immediatamente hanno dichiarato che questa fosse cosa non accettabile per l’Europa, che rappresentava un pericolo. Oggi noi vediamo che nella stessa Unione Europea ci sono regimi che proclamano, in qualche modo, una discriminazione di minoranze e l’Europa non fa nulla pur avendo oggi nei Trattati degli strumenti. Insomma, noi non abbiamo una tutela da parte delle istituzioni politiche perché seguono piuttosto gli interessi economici, le preoccupazioni dei loro cittadini, delle loro maggioranze e non rimane altro che le giurisdizioni, che arrivano sempre molto tardi, per proteggere i diritti dei cittadini.

D. – Quanto questi interessi possono piegarsi di fronte a un’eventuale reintroduzione della pena di morte, che è stata di nuovo minacciata oggi da Erdogan?

R. – Questo taglia la testa al toro, perché le situazioni attuali di arresti, di destituzioni sono già delle gravissime violazioni dei diritti fondamentali e quindi richiederebbero già ora una rescissione di questi rapporti che ci sono stati in passato. Ma, se viene introdotta la pena di morte, non c’è più discussione: questo è assolutamente vietato, sia dalla Carta dei diritti fondamentali sia dalla Convenzione europea dei diritti umani e, quindi, automaticamente la Turchia è fuori da queste istituzioni e da questi sistemi di protezione dei diritti fondamentali. Purtroppo, non vuol dire che non si abbiano ulteriori rapporti. Noi abbiamo molti rapporti con gli Stati Uniti d’America, che hanno la pena di morte…

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Strage Bologna. Mons. Zuppi lancia un appello: chi sa parli

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Trentasei anni fa l’attentato alla stazione ferroviaria di Bologna: 85 le vittime, oltre 200 i feriti in quello che è stato il più grave atto terroristico del dopoguerra in Italia. Se come esecutori materiali furono individuati e condannati militanti di estrema destra, tutt’ora sconosciuti sono gli ipotetici mandanti, benché nel tempo siano emersi collegamenti con la criminalità organizzata e i servizi segreti deviati. Oggi, in un messaggio inviato a Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione familiari delle vittime, il capo dello Stato, Sergio Mattarella ha sottolineato: “Permangono -  scrive - ancora domande senza risposta e la memoria è anche sostegno a non dimettere gli sforzi per andare avanti e raggiungere quella piena verità che è premessa di giustizia". Intanto Bologna fa memoria delle vittime: una Messa è stata celebrata questa mattina dall’arcivescovo della città,  mons. Matteo Zuppi.  Adriana Masotti gli ha chiesto quanto sia importante che si faccia piena luce su quanto accaduto quel 2 agosto 1980: 

R. – Molto! E’ molto importante perché darebbe una risposta alla memoria. E siccome il senso di giustizia,  di fronte ad una evidente manifestazione  di male e di ingiustizia come è stata la strage, si pone in maniera inquietante, avere delle risposte chiare chiude una ferita che, purtroppo, altrimenti rimarrebbe sempre aperta. Purtroppo ci sono tantissimi dubbi ed effettivamente ha ragione il presidente, ci sono tante domande che non hanno trovato una risposta. Questo causa una sofferenza profondissima nelle vittime e a mio parere dovrebbe causarla a tutti quanti: in questo caso dobbiamo essere tutti quanti dalla parte delle vittime e non dovremmo accontentarci di una giustizia così parziale e così limitata.

D. – Mons. Zuppi, qual è il suo messaggio oggi ai familiari, alla comunità di Bologna e a quella nazionale?

R. – Due messaggi. Il primo che chi ha sperimentato un dolore così terribile, come quello del terrorismo,  può e deve essere attento a tutti i terrorismi e pronto a combatterli con la vera forza, che è quella dell’umanesimo, del dialogo, della fermezza, della giustizia e quindi una via di fraternità. Siamo in un momento di grande paura, dobbiamo mantenere alta questa scelta, proprio per evitare che la paura ci porti dove noi non vorremmo e cioè a chiuderci o a rispondere al male con il male. Il secondo messaggio è quello della vicinanza a tutti coloro che oggi sono colpiti. E’ curioso che proprio oggi pomeriggio ci siano i funerali di padre Jacques Hamel: credo che questa coincidenza con i funerali di una persona che è stata vittima del terrorismo, ci aiuti a comprendere bene da che parte stare. E, forse, un ultimo messaggio: chi sa qualcosa, deve parlare! Forse è un po’ ingenuo, ma a distanza di tanti anni, forse, c’è un dovere di chi sa qualche cosa, di uscire dall’anonimato e di aiutare la via della giustizia. Credo che questo sia un atto dovuto a quelle vittime!

D. – L’Italia ha vinto il terrorismo, è uscita dagli Anni di Piombo e, sempre il presidente Mattarella nel suo messaggio, dice che sono stati l’unità, la fedeltà ai principi della democrazia, il senso di umanità e del valore assoluto della persona mantenuti vivi, che hanno rappresentato le "armi" per vincere la violenza. Oggi, di fronte alle nuove manifestazioni di terrorismo, serve ancora tutto questo, ma anche dell’altro?

R. – Ci vuole questo e, come è stato anche per vincere il terrorismo, ci vuole l’intelligenza per combatterlo, gli strumenti adatti per combatterlo. Il terrorismo non è una guerra tradizionale e richiede, quindi, una particolare intelligenza per disarmare le mani dei violenti. Come l’Italia è stata capace di combattere e di sconfiggere il terrorismo, lo stesso deve fare l’Europa e il mondo occidentale contro il terrorismo che si riveste di motivi religiosi, anche se non ha niente a che fare con quelli!

D. – A questo proposito, c’è da ricordare la partecipazione della comunità islamica oggi a Bologna alle celebrazioni di questo anniversario…

R. – Oggi è con noi nel ricordo, la comunità islamica, che vuole partecipare per manifestare solidarietà per quanto è avvenuto a Rouen e per manifestare totale distanza da chi strumentalizza il nome di Dio per giustificare la violenza. Credo che anche questo sia un messaggio importante che va nella direzione giusta.

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Caporalato, sì del Senato a ddl. Flai Cgil: legge fondamentale

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Giornata importante quella di ieri nella lotta allo sfruttamento lavorativo: l’aula del Senato con 190 "sì", nessun "no" e 32 astenuti ha approvato il disegno di legge contro il caporalato che ora passa alla Camera per l’approvazione definitiva. Soddisfazione di Flai Cgil-Federazione Lavoratori Agroindustria, il cui segretario generale, Ivana Galli, sempre ieri aveva accompagnato dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, un gruppo di braccianti pugliesi. Alla Boldrini era stato inoltre consegnato l’ultimo rapporto del Sindacato, “Agromafie e caporalato”. Francesca Sabatinelli ha intervistato Ivana Galli

R. – C’è una condizione di sfruttamento, di sotto salario, di difficoltà rispetto anche alla carenza di servizi igienici e di sicurezza. Soprattutto, però, si parla di sotto-salario e di sfruttamento, perché non vengono dichiarate le giornate effettivamente lavorate. E’ una condizione che vede le persone costrette al ricatto, perché assunte tramite il caporale, la loro assunzione passa attraverso il caporale, lo devono pagare per poter avere il lavoro, devono pagare il trasporto, devono pagare l’acqua. Nel Rapporto abbiamo stimato che sono circa 400 mila nel nostro Paese i lavoratori – tra lavoratrici e lavoratori e migranti in genere – che vivono sotto caporale: dalla Lombardia al Piemonte, dalla Sicilia alla Puglia, dalla Calabria alla Campania. Il terzo "Rapporto Agromafia e Caporalato", del nostro Osservatorio Placido Rizzotto, descrive questo fenomeno trattando anche la transumanza dei lavoratori, soprattutto migranti, che si spostano dal nord al sud, che seguono praticamente la stagionalità, che seguono le campagne di raccolta. Questo Rapporto descrive come il fenomeno si stia infiltrando non solo nell’agricoltura, ma anche in altri settori produttivi.

D. – Dalla presidente della Camera, ieri, c’era anche il marito di Paola Clemente, morta l’anno scorso per le fatiche del suo lavoro mentre raccoglieva l’uva. Si è parlato moltissimo di questa donna, ma in questo anno è cambiato qualcosa?

R. – Diciamo “purtroppo” – se me lo può passare – la morte della signora Paola Clemente ha portato alla ribalta nazionale il fenomeno dello sfruttamento e del caporalato... Io dico purtroppo. La signora Paola, con la sua morte, l’anno scorso ad agosto, ha in qualche modo fatto esplodere il problema, facendolo diventare un tema nazionale. L’anno scorso poi ci sono state anche altri morti, sempre dovute al tempo, alla fatica, allo stress, alle tante ore di lavoro. La morte della signora Paola ha contribuito ad accelerare un percorso e una discussione, c’è stata una inversione, tant’è che a gennaio-febbraio è stato presentato dai tre ministri (Martina, Poletti e Orlando) questo Disegno di Legge di contrasto allo sfruttamento e al caporalato in agricoltura.

D. – Quali sono i punti fondamentali di questo Ddl, che voi, immagino, condividiate?

R. – Condividiamo. E’ un testo importante – importantissimo – perché riscrive l’art. 603 bis che qualche anno fa ha introdotto il reato di caporalato, introduce anche il reato di sfruttamento, quindi la riscrittura del 603 bis e l’introduzione del reato di sfruttamento pone in carico anche in capo alla azienda la responsabilità di utilizzo del caporale per quanto riguarda l’assunzione di manodopera. Non è più soltanto ed esclusivamente una responsabilità del caporale che intermedia illecitamente la manodopera in agricoltura, ma la responsabilità è anche in capo all’impresa che ricorre al caporale per l’assunzione e l’utilizzo della manodopera in agricoltura. Prima la responsabilità era solo del caporale, mentre adesso la legge introduce una responsabilità anche in capo all’azienda.

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Incontro vocazionale del Cammino: in migliaia per dire sì a Cristo

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A Cracovia, a poche ore di distanza dalla veglia e dalla messa presiedute da Papa Francesco, il Campus Misericordiae ha accolto nuovamente l’entusiasmo dei giovani. Più di 150 mila ragazzi del Camminio Neocatecumenale da 120 nazioni si sono riuniti per l’incontro vocazionale che, come di consueto, segue le celebrazioni della Gmg. Molti di loro intraprenderanno il percorso per il sacerdozio in uno dei 107 seminari Redentoris Mater del Cammino, mentre, tra le vocazioni femminili, tante sceglieranno l'impegno spirituale della clausura. Il cardinal  Stanisław Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, ha presieduto ieri pomeriggio l’incontro, al quale è intervenuto Kiko Argüello. Presenti numerose autorità ecclesiastiche da tutto il mondo. Il servizio di Eugenio Murrali: 

Un incontro per presentare la propria disponibilità a consacrare la vita a Cristo. Ragazze che sentono in sé una vocazione contemplativa, ragazzi che dicono il proprio sì al percorso che porta al sacerdozio, ma anche intere famiglie, pronte a partire in missione per il mondo. Si sono ritrovati tutti a Cracovia e Kiko Argüello racconta così l’urgenza spirituale che li ha spinti a questo momento di condivisione:

"Molti giovani mi dicono: "Io sto aspettando gli incontri che fate, perché mi piace che Gesù Cristo mi chiami, che mi dica: Tu, alzati e seguimi. Molti giovanni hanno sentito questo: tu, alzati e seguimi" ".

Ore di preghiera e di allegria, attraversate dalla memoria di Giovanni Paolo II, ricordato in particolar modo dal cardinal Dziwisz:

"Sia lodato Gesù Cristo. Così salutava sempre giovanni Paolo II".

E ovviamente commosso il pensiero rivolto da tutti a Carmen Hernandez, la coiniziatrice del Cammino, di cui Kiko sottolinea, a più riprese, tra il sorriso e l'emozione, la presenza e l’intercessione nella scelta evangelizzatrice:

"Un miracolo di Carmen è che ha detto che dobbiamo andare l'anno prossimo in tutta Europa. I presbiteri, i seminaristi. In particolare i seminaristi mi domandano sempre: "Quando ci mandi a due a due, senza bisaccia, senza soldi, a dormire per le strade. Perché ci hanno raccontato che avvengono miracoli, ci hanno detto, quelli che lo hanno fatto, che sono stati i giorni più belli della loro vita, sentendo Gesù Cristo dentro, con forza. Anche voi volete vivere questa esperienza? Dormire per le strade, stare quattro giorni senza mangiare nulla, essere rifiutati, insultati, ma sentire Gesù Cristo molto vicino.

Perché è con la testimonianza, spiega Kiko, che si può trasmettere il Kèrigma:

"Il Cristianesimo non conquista con la spada, né con la guerra: si propone con la testimonianza personale. Il massimo che possiamo dire è: "Io ti racconto la mia vita".

E molti sono stati i temi toccati dall’iniziatore del Cammino: l’importanza di Paolo VI e della Humanae Vitae, il ruolo imprescindibile della fede e della speranza, che restano una certezza nel vuoto di valori, ma anche l’ecumenismo, le relazioni che gli itineranti stanno intessendo con la Chiesa Ortodossa.

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Brasile. Convegno dei Focolari sul tema della fraternità

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“Le basi teorico-pratiche del paradigma di fraternità: proiezioni nelle scienze sociali, politiche, economiche e culturali". Si è discusso di questo al Corso universitario che per una intensa settimana, dal 25 al 30 luglio scorsi, ha riunito circa 80 giovani latinoamericani. A promuoverlo il Centro accademico Latinoamericano Sophia ALC del Movimento dei Focolari, presso il Centro Congressi della Mariapoli Ginetta nei pressi di San Paolo, in Brasile. Il servizio di Carla Cotignoli: 

I giovani latinoamericani erano entrati nelle piaghe che tuttora feriscono i loro popoli: la crisi economico sociale, il dramma degli indigeni e le grandi problematiche dell’Amazzonia, la disuguaglianza sociale e la violenza di cui – come ha riferito il politologo argentino, Juan Esteban Belderrain – l’America Latina registra il triste primato mondiale. Spaventosi i dati: nel 2012 salgono a oltre 140 mila gli omicidi, un terzo del mondo, nel solo Brasile sono stati oltre 50 mila. Un fenomeno tristemente in crescita.

Su questo sfondo drammatico, i giovani si sono sentiti fortemente coinvolti a approfondire la novità culturale che si è aperta nelle proprie discipline ponendo in atto il paradigma della fraternità che impegna pensiero e vita. Un solo esempio. Come ha mostrato il professore brasiliano, Marconi Aurélio e Silva, docente di Scienze Politiche, per l’applicazione di questo paradigma, giá sperimentato da 20 anni, la politica supera la dimensione conflittuale, si vedono complementari maggioranza e opposizione, nell’avversario si coglie una parte della verità, si attiva la partecipazione del cittadino.

Questo nuovo paradigma culturale, in questi giorni, è stato vissuto  nei rapporti interpersonali, tra studenti delle varie culture latinoamericane, tra studenti e professori, animando  interdisciplinarietá e multiculturalitá. Non solo. Partendo, i giovani si sono impegnati a individuare le maggiori urgenze delle loro cittá e, con l’accompagnamento dei professori, a elaborare e porre in atto progetti a dimensione política, economica, sociale.

In conclusione, il prof. Sergio Rondinara, dell’Istituto Internazionale Sophia (Italia) di cui Sophia Alc è la prima sezione extra-europea, ha espresso grande speranza nel cogliere nei giovani presenti “uno spaccato bellissimo, cristallino, dei popoli latinoamericani”. “Fa intravvedere – ha detto – che il futuro è in questo continente”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Perù: appello dei vescovi contro insicurezza, povertà, corruzione

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Rispondere con “saggezza, efficienza e prontezza ai grandi mali che, come ombre minacciose, incombono sulla popolazione: insicurezza, povertà e corruzione”. Scrive così la Conferenza episcopale del Perù (Cep) nel messaggio diffuso in occasione del 195.mo anniversario di indipendenza della nazione, celebrato il 28 luglio. Rivolto, in particolare, al neo Capo dello Stato, Pedro Pablo Kuczynski, eletto nel giugno scorso, il documento esprime “le grandi speranze”, ma anche le grandi aspettative, dei vescovi nei confronti del nuovo governo nazionale.

Guardare al bene comune, al rispetto ed alla solidarietà
“I popoli cambiano – sottolinea la Cep – quando il cuore dell’uomo trova e adotta gli ideali del bene comune, del rispetto e della solidarietà”. Al contempo, dai presuli arriva il richiamo all’importanza “delle leggi e delle istituzioni per raggiungere il radicamento e la crescita di tali ideali nella vita quotidiana”. In questo contesto – prosegue la nota – “il dono della fede cristiana radicata nell’identità nazionale è la forza più potente che può guidare il cambiamento e la trasformazione di ogni uomo”.

Tutelare la vita e la famiglia e “costruire ponti”
Poi, i vescovi del Perù esortano a non dimenticare valori fondamentali come “il rispetto per la vita, dal concepimento e fino alla morte naturale; la difesa della famiglia, base della società e fondata sul matrimonio tra uomo e donna; la giustizia e la tutela dei diritti dei più vulnerabili; l’onestà e la salvaguardia del Creato, nostra casa comune”. Di qui, l’appello a tutti i cittadini, e in particolare alle istituzioni nazionali, ad affrontare tali sfide “lavorando insieme, in armonia, per il bene del Paese e nel rispetto della democrazia”, così da essere “operatori di pace e seminatori di misericordia”. Infine, i presuli ribadiscono l’appello a “costruire ponti”, ovvero a dialogare, lanciato in tante occasioni da Papa Francesco. (I.P.)

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Indonesia: vescovi condannano attacchi contro templi buddisti

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I vescovi indonesiani hanno fermamente condannato una serie di attacchi compiuti nei giorni scorsi da estremisti musulmani nel nord dell’isola di Sumatra contro templi buddisti. Secondo quanto riporta l’agenzia Ucan, gli incidenti sarebbero stati scatenati dalle lamentele di un membro della comunità cinese della città di Tanjung Bali, in maggioranza buddista, per il rumore giudicato eccessivo delle chiamate alla preghiera dei muezzin. Negli scontri che ne sono seguiti è stata distrutta una decina di templi buddisti. 

Mons. Suharyo: una ferita alla tradizionale armonia religiosa nel Paese
Mons. Ignatius Suharyo, arcivescovo di Giakarta e presidente della Conferenza episcopale indonesiana, ha espresso profondo rammarico per le violenze che – ha detto – feriscono la tradizionale armonia religiosa del Paese e ha chiesto alle autorità di portare alla giustizia i responsabili. Un appello ribadito anche da padre Antonius Benny Susetyo, segretario del Setara Institute for Democracy and Peace, un’organizzazione impegnata per la promozione della democrazia e la pace in Indonesia. “Simili incidenti si ripetono regolarmente, perché gli istigatori di questi atti intolleranti non vengono puniti abbastanza”, ha denunciato il sacerdote, facendo notare che gli appelli alla violenza sono stati lanciati attraverso i media sociali. Il capo della polizia locale ha assicurato che le forze dell’ordine rafforzeranno i loro controlli sui social. (L.Z)

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Vescovi francesi: Messe del 15 agosto dedicate al Paese

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Saranno dedicate alla Francia tutte le Messe che verranno celebrate nel Paese il 15 agosto, Solennità dell’Assunzione di Maria. Ad annunciarlo, con una nota ufficiale, è il presidente della Conferenza episcopale locale (Cef) ed arcivescovo di Marsiglia, Georges Pontier. “In questa festa di speranza – scrive il presule – invitiamo a menzionare questa specifica intenzione durante la preghiera dei fedeli delle celebrazioni eucaristiche”.

A mezzogiorno, suoneranno le campane di tutte le Chiese
Mons. Pontier esorta, inoltre, a far suonare le campane di tutte le Chiese a mezzogiorno in punto. “Che Dio benedica il nostro Paese, nelle prove che sta attraversando”, conclude l’arcivescovo di Marsiglia, con un chiaro riferimento ai recenti attentati che hanno colpito la città di Nizza e la diocesi di Rouen, dove è stato barbaramente ucciso un anziano sacerdote, padre Jacques Hamel.

Lo scorso anno, in preghiera per il Medio Oriente
Da ricordare che, dopo il voto di Re Luigi XIII il quale consacrò la Francia alla Vergine Maria nel 1638, la festa dell’Assunzione ha sempre una speciale intenzione di preghiera. Lo scorso anno, ad esempio, le Messe del giorno furono dedicate ai cristiani del Medio Oriente. (I.P.)

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Brasile, la misericordia al centro del mese delle vocazioni

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“Misericordiosi come il Padre”: questo il tema proposto dalla Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) per l‘edizione 2016 del Mese delle vocazioni, celebrato ogni anno in Brasile ad agosto.

Seguire l’esempio di Dio misericordioso nella propria vocazione

Ispirato all’Anno Santo della Misericordia, il tema scelto – spiega mons. Jaime Spengler, arcivescovo di Porto Alegre e presidente della Commissione episcopale per la pastorale dei ministeri ordinati e la vita consacrata - vuole essere un invito a tutti i fedeli laici, religiosi e presbiteri ad “impegnarsi di più” e a “riflettere più intensamente” sulle rispettive vocazioni, seguendo l’esempio di Dio Padre misericordioso. 

Ogni vocazione ha bisogno del sostegno della Chiesa

Il coordinatore della Pastorale vocazionale brasiliana, mons. José Roberto Palau Fortes ricorda che ogni vocazione alla vita consacrata è il risultato della misericordia divina: “Come sottolineato da Papa Francesco, essa è risultato dello sguardo misericordioso di Gesù e nasce, cresce ed è sostenuta dalla Chiesa”. Il presidente della Pastorale vocazionale brasiliana, padre Elias Aparecido da Silva, esorta quindi tutte le comunità ecclesiali brasiliane a pregare insieme in questo mese per chiedere “al Signore delle messe il dono di numerose e sante vocazioni e stimolare i nostri adolescenti e giovani a rispondere generosamente alla Sua chiamata".

Un sussidio per animare il mese delle vocazioni

Per animare il Mese delle vocazioni, la Commissione episcopale per la pastorale dei ministeri ordinati e la vita consacrata ha preparato un sussidio in cui propone diversi cicli di catechesi scaricabile dal sito www.edicoescnbb.com.br. Il sussidio suggerisce, in particolare, incontri incentrati su tre temi: "La vocazione è nata nella Chiesa", "La vocazione cresce nella Chiesa" e "La vocazione è coltivata nella Chiesa". Inoltre, propone preghiere, canti e riflessioni di Papa Francesco sulle vocazioni e testi per le quattro messe domenicali di questo mese dedicate, rispettivamente, alle vocazioni ai Ministeri ordinati del Diaconato, Presbiterato ed Episcopato; al matrimonio; alla vita consacrata e dei laici. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 215

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.