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Sommario del 07/08/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa all’Angelus: inaccettabile il prezzo del conflitto in Siria

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All’Angelus, Papa Francesco ha ricordato il dramma della Siria e in particolare dei civili, tra cui bambini, vittime del conflitto. Il Santo Padre ha anche esortato a vivere “la vita come una veglia di attesa operosa”, come un preludio all’eternità. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Il pensiero del Papa è andato ancora una volta alla Siria, dove nel corso dell’ultima settimana almeno 700 persone – secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani - sono morte in seguito a scontri, ad Aleppo, tra ribelli e soldati governativi. Tra le vittime ci sono anche civili:

“Purtroppo dalla Siria continuano ad arrivare notizie di vittime civili della guerra, in particolare da Aleppo. E’ inaccettabile che tante persone inermi – anche tanti bambini – debbano pagare il prezzo del conflitto. Il prezzo della chiusura di cuore e della mancanza della volontà di pace dei potenti. Siamo vicini con la preghiera e la solidarietà ai fratelli e alle sorelle siriani, e li affidiamo alla materna protezione della Vergine Maria”.

Una vita in attesa 
Riferendosi al passo del Vangelo in cui Gesù parla ai discepoli dell’atteggiamento da assumere in vista dell’incontro finale con il Signore, il Pontefice ha poi sottolineato che “l’attesa di questo incontro deve spingere ad una vita ricca di opere buone”.  Gesù – ha ricordato il Papa – ci propone un programma di vita, ricco di senso:

“E’ un invito a dare valore all’elemosina come opera di misericordia, a non riporre la fiducia nei beni effimeri, a usare le cose senza attaccamento ed egoismo, ma secondo la logica di Dio, la logica dell’attenzione agli altri, la logica dell’amore. Noi possiamo avere tante cose, essere tanto attaccati al denaro, averne tanto … Ma poi alla fine non possiamo portarlo con noi, eh! Ricordatevi che il sudario non ha tasche”.

Attendere con fede il Signore
“Bisogna – ha aggiunto il Papa - attendere con fede il Signore”, “tenersi pronti, in atteggiamento di servizio”:

“Egli si fa presente ogni giorno, bussa  alla porta del nostro cuore. E sarà beato chi gli aprirà, perché avrà una grande ricompensa: infatti il Signore stesso si farà servo dei suoi servi”.

La vita come una veglia
“Gesù – ha spiegato il Pontefice - prospetta la vita come una veglia di attesa operosa, che prelude al giorno luminoso dell’eternità”:

“Per potervi accedere bisogna essere pronti, svegli e impegnati al servizio degli altri, nella consolante prospettiva che, “di là”, non saremo più noi a servire Dio, ma Lui stesso ci accoglierà alla sua mensa. A pensarci bene, questo accade già oggi ogni volta che incontriamo il Signore nella preghiera, oppure nel servire i poveri, e soprattutto nell’Eucaristia, dove Egli prepara un banchetto per nutrirci della sua Parola e del suo Corpo”.

Rendere il mondo più giusto
Papa Francesco si è soffermato poi su “una situazione frequente anche ai nostri giorni”: “tante ingiustizie, violenze e cattiverie quotidiane – ha detto - nascono dall’idea di comportarci come padroni della vita degli altri”.

"E noi abbiamo un solo padrone [a cui non piace] chiamarsi 'padrone'; gli piace [essere chiamato] 'Padre'. Ma noi siamo servi, peccatori tutti, figli. Ma Lui è l’unico Padre.Gesù oggi ci ricorda che l’attesa della beatitudine eterna non ci dispensa dall’impegno di rendere più giusto e più abitabile il mondo. Anzi, proprio questa nostra speranza di possedere il Regno nell’eternità ci spinge a operare per migliorare le condizioni della vita terrena, specialmente dei fratelli più deboli”.

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Tweet di Papa Francesco: contro l'odio gesti di bontà

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“Nuovo tweet di Papa Francesco: “Ai gesti di odio e distruzione – scrive il Santo Padre - opponiamo gesti di bontà. Viviamo in società con diverse culture e religioni, ma siamo fratelli”.

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Papa ad Assisi, il card Bassetti: il perdono è segno di misericordia

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E’ ancora forte l’eco della visita, giovedì scorso, di Papa Francesco alla Porziuncola di Santa Maria degli Angeli nell’ottavo centenario del Perdono di Assisi. A colpire il cuore dei fedeli di tutto il mondo, non solo le parole del Santo Padre sulla necessità di imparare a perdonare come Dio fa infinitamente con ognuno di noi, ma anche un gesto concreto ed inaspettato: la confessione in basilica di diciannove persone, segno tangibile di amore e misericordia. Federico Piana ne ha parlato con il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale umbra: 

R. – Il gesto va calato in due contesti. Il primo è la lettura del Vangelo di Matteo, che il Papa ha commentato in maniera eccezionale, soprattutto anche per i tanti giovani che erano presenti, perché parlava non soltanto con le parole ma anche con i gesti. Per esempio, ha detto: “Te la farò pagare”, noi siamo soliti dire. Poi quando ha pensato all’incontro tra il figliol prodigo con il padre e il figliol prodigo ha affermato: “Padre, ho peccato”. “Gli tappa la bocca”, “gli ha tappato la bocca, non gli ha fatto finire la frase”. E poi, soprattutto quel contenuto fortissimo, perché è andato subito al cuore dei fedeli, non ha avuto mezzi termini. Ha detto che solo il perdono può rinnovare la Chiesa e il mondo, e non ha detto altre cose. Troppe persone – e l’ha ribadito – vivono nel rancore e nell’odio. E poi: “Perché perdonare a chi ti ha fatto del male? Perché tu sei stato perdonato!”. Con i gesti, con le parole, con gli sguardi veramente ha fatto una catechesi formidabile. Per cui, la conclusione non poteva essere che questa, secondo me: “E ora, andiamo tutti a lavarci nel perdono di Dio che è il sacramento della riconciliazione”. Ha detto: “Io vado, se i vescovi vogliono seguirmi …”. Ed è stata tutta una mobilitazione. E la gente era stata preparata alla confessione, altrimenti non si sarebbe potuto improvvisare in quel contesto, senza che prima avessero fatto un esame di coscienza. Poi, secondo me, c’è anche un altro significato per certi aspetti ancora più profondo. Noi lo sappiamo che il  sacramento della penitenza anche un po’ nella sua forma  è in crisi: la gente non va a confessarsi, non sa più confessarsi. Il Papa, che è il Successore di Pietro ed è il primo responsabile anche dei sacramenti della Chiesa, ha voluto veramente valorizzare fino in fondo questo sacramento così necessario per la vita cristiana.

D. – Secondo lei, quali saranno i frutti che porterà questo esempio di Papa Francesco?

R. – Sicuramente anche una riflessione molto seria sul sacramento della penitenza, perché delle 19 persone che si sono avvicinate tantissimi erano giovani. Che i ragazzi e i giovani riscoprano il sacramento della penitenza, è già – secondo me – uno dei frutti. E poi, questo insistere sulla necessità del perdono: su questo il Papa c’è ritornato, ha ripetuto: “Alzi la mano chi non ha bisogno di perdono!” ancora poco prima di partire con l’elicottero. Poi ha voluto dire l’Ave Maria, ha benedetto. Sembrava Gesù che saliva al cielo. Poi, con una mano continuava a salutare. Ma è bella quella espressione: “alzi la mano chi non ha bisogno di perdono”. Io ho detto, scherzando: doveva essere una visita privata, lui voleva raccogliersi alla Porziuncola ma è diventata una visita pubblica, anche se non c’era tantissima gente.  Questo proprio per il fatto che era stata definita visita privata ed era stato limitato il concorso della folla. Ma nonostante questo erano diverse migliaia le persone presenti. In questo contesto ha voluto fare una catechesi esemplare e lasciare uno dei segni più belli del Giubileo. E questo è rimasto –nel cuore della nostra gente che io incontro: sono anche tornato in due comunità e tutti parlano di questo perché hanno visto, anche attraverso la televisione. Secondo me, è qualcosa che veramente rimane impressa nei cuori.

D. – Bisogna ricordare anche il fatto che questa visita di Papa Francesco, questa preghiera silenziosa e privata avviene in due momenti particolari: l’VIII centenario dell’Indulgenza e del Perdono, che è stata chiesta da Francesco nel 1216, e poi il Giubileo della Misericordia …

R. – Questo del Perdono di Assisi è stato uno degli eventi ecclesiali più notevoli del secondo millennio. Il Papa ha esordito con le stesse parole con cui, dopo avere ottenuto questo Perdono dal Papa, lui, San Francesco, si rivolse alla folla e disse: “Ho una gran notizia bella da darvi: voglio portarvi tutti in Paradiso”, e annuncia il perdono. Il Papa ha esordito proprio con quelle stesse parole. Pensiamo anche al contesto: uno poteva ricevere l’indulgenza plenaria dei propri peccati soltanto in quattro luoghi del mondo: San Giacomo di Campostella, Sant’Arcangelo al Gargano, le Basiliche di Roma e la Terra Santa. E chi voleva andare a ricevere un’indulgenza, doveva fare testamento! Portare il Perdono alla portata di tutti, del popolo di Dio, solo il cuore di Francesco così vicino al cuore di Cristo, lo poteva intuire. Tant’è vero che i cardinali rimasero sbalorditi. “E senza obolo”, disse San Francesco al Papa, perché doveva essere per tutti i poveri e disgraziati, anche per chi non aveva nulla! Tra i cardinali, rimasero perplessi: “Ma, Santità, se voi concedete un perdono di questo tipo, le casse della Chiesa ne risentiranno!”, e il Papa disse: “Quel che ho detto, ho detto”. Con molta precisione, e autorizzò questo Perdono. Per me, è un evento grandioso! Io l’ho ribadito il giorno prima della venuta del Santo Padre, perché ho avuto anche la gioia e la consolazione di poter fare il Pontificale proprio alle 11 alla Porziuncola, il 2, nel giorno del Perdono. Quindi ringrazio il Signore anche per questa occasione che mi è stata offerta, e mi ha preparato e predisipsto alla visita del Santo Padre.

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Oggi in Primo Piano



Siria, ancora combattimenti ad Aleppo, libera dall'assedio

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Si continua a combattere ad Aleppo, dove ieri le forze dell’opposizione hanno annunciato di aver rotto l’assedio dei lealisti. Decine i civili uccisi dai bombardamenti governativi.Settecento i combattenti di entrambe le parti uccisi negli socntri. La cronaca nel servizio di Elvira Ragosta: 

Nella periferia meridionale di Aleppo sarebbero in corso altri scontri, dopo che ieri, le forze ribelli hanno annunciato di aver rotto l’assedio lealista nei quartieri orientali della città siriana. Decine i civili uccisi negli ultimi giorni a causa dei bombardamenti governativi sulla parte assediata di Aleppo, dove 250mila persone sono allo stremo, per mancanza di cibo acqua ed elettricità. Aver liberato Aleppo dall’assedio governativo è un successo rivendicato ieri anche da Ahrar al Sham, una delle fazioni islamiste che combattono contro l’esercito di Bashar al Assad. Della coalizione dei ribelli fa parte anche Jabhat al Aham, l’ex fronte al Nusra, che nelle scorse settimane ha annunciato la sua divisione da al Qaeda. I media governativi siriani, però, smentiscono che l'assedio sia stato interrotto. Secondo l'agenzia di stampa ufficiale Sana, che cita una fonte militare, "I gruppi terroristici stanno subendo ingenti perdite e non sono stati in grado di rompere l'accerchiamento dei quartieri orientali”. Per l'Osservatorio siriano per i diritti umani, circa 700 combattenti di entrambe le parti hanno perso la vita negli scontri dell’ultima settimana, la maggior dei quali sarebbero ribelli uccisi nei raid aerei. Intanto, le cosiddette Forze democratiche siriane, coalizione prevalentemente curda sostenuta dagli Stati Uniti, avrebbero strappato ieri all’Is la quasi totalità della città di Manbij, nel nord della Siria, città considerata strategica perché  posizionata sulla principale via di comunicazione e rifornimenti dal confine turco a Raqqa, capitale dello Stato islamico in Siria.

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Grecia: drammatica la situazione dei migranti. Mons. Perego: "si alle quote per Paese"

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Continua il flusso di migranti che dalla Siria e dall’Iraq raggiunge la Grecia attraverso la Turchia. L’accordo siglato a marzo tra Ankara e l’Ue, che prevede sostanzialmente il ritorno in Turchia per chi non ottiene il visto di rifugiato, è ora in discussione. Il presidente turco Erdogan, dopo il fallito golpe, ne ha più volte minacciato la sospensione mentre l’Europa non pensa ad un piano alternativo. Ma qual è la situazione di queste persone ora in Grecia? Michele Raviart lo ha chiesto a mons. Giancarlo Perego direttore della Fondazione Migrantes: 

R. – La situazione è drammatica: il 70 per cento delle persone non è neppure in campi profughi o in strutture attrezzati. La situazione della tutela dei diritti fondamentali è veramente a rischio. Già di per sé questo accordo vede la tutela dei diritti dei rifugiati al ribasso. In questa situazione, sarebbe ancora più a rischio la tutela di tantissime persone, il 50 per cento delle quali sono bambini e minori. L’Europa dovrebbe avere maggiori garanzie di tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo e rifugiati.

D. – Che cosa prevede questo accordo, e come stava funzionando prima della crisi che ha coinvolto la Turchia?

R. – Da un alto, già l’accordo che l’Europa aveva firmato con la Turchia, che prevedeva il rimando in Turchia di tutte le persone che sbarcavano nelle isole greche, a fronte di un rientro poi, nel contesto europeo, di quote stabilite, era fortemente non tutelante i diritti dei richiedenti asilo. Dall’altro lato, l’accordo prevedeva anche che, a fronte di questa situazione di gestione dei flussi dalla Turchia, quest’ultima avrebbe avuto la possibilità di visti di ingresso per i cittadini turchi nel contesto europeo. Quindi, l’accordo funzionava già male, e funziona male, dal punto di vista della tutela; tant’è che alcune organizzazioni internazionali, compresa Caritas Europa, oltre a Medici Senza Frontiere, avevano già sottolineato la situazione drammatica dei rifugiati. La situazione attuale si è ulteriormente aggravata.

D. – C’è il rischio che questo accordo salti, e quali sono le conseguenze?

R. – Credo che l’accordo difficilmente arriverà a saltare, perché – chiaramente – ci sono interessi da entrambe le parti: da un lato, la Turchia vuole dimostrare di avere la possibilità di gestire questa situazione; dall’altro l’Europa, se l’accordo saltasse, si vedrebbe ancora moltissimi flussi di persone arrivare in Grecia, e da lì dovrebbero esserci dei canali verso l’Europa che attualmente sono tutti chiusi. Quindi ci sono interessi di entrambe le parti a fare in modo che, pur nella difficoltà, l’accordo tenga.

D. – Si parla, anche se è smentito ufficialmente, di un “piano B” – piano alternativo – o anche di un recupero di quello che era poi il piano originario, ossia una ripartizione per quote negli Stati Membri…

R. – Noi ce lo auguriamo: che l’Europa, di fatto, metta in atto quel piano che era importante, di un diritto di asilo e di un sistema nazionale asilo in tutti i 27 Paesi europei, cosa che invece manca in quasi 20 Paesi europei. E al tempo stesso, ci auguriamo che ci sia, ancora una volta, quella ricollocazione promessa dei 160mila; anche se, di fronte a questa situazione, si possa rivalutare il fatto che si creino, da parte di tutti i Paesi europei, canali umanitari per evitare che, non solo le masse, ma oggi anche il sedicente Stato islamico possa avere le risorse per tutti gli atti di terrorismo, anche dal traffico dei migranti.

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Olimpiadi, Italo Cucci: lo sport unisce centro e periferie

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Le Olimpiadi di Rio de Janeiro, quasi alla fine del mondo come direbbe Papa Francesco, compongono un ricco mosaico con caratteristiche simili a quelle di un villaggio globale, dove viene riproposto il modello formato da centri e da periferie: a competere sono nazionali blasonate ma anche atleti di piccoli Paesi. Il servizio di Amedeo Lomonaco

I riflettori dei media sono puntati soprattutto sui grandi atleti e sulle squadre più forti e titolate del panorama sportivo mondiale. A contendersi il primo posto e il maggior numero di medaglie d’oro, riproponendo un “duello” già imperante sullo scacchiere geopolitico globale, sono Stati Uniti e Cina. Ma ci sono altre storie ed altre emozioni, poste in genere dai media ai margini dello sport mondiale, altrettanto significative.

Anche le “periferie” ai Giochi
Sono molteplici quelle che si potrebbero definire le periferie del pianeta sportivo. E’ denso di significato, ad esempio, il debutto del Kosovo che si presenta ai Giochi olimpiaci con una propria bandiera ed un proprio inno. Anche il Sud Sudan, per la prima volta, partecipa alle Olimpiadi. La sua delegazione rappresenta lo Stato, nato nel 2011, più giovane al mondo. Ci sono poi gli immigrati, spesso esclusi da quella che il Santo Padre ha più volte definito la cultura dello scarto. A rappresentarli è la nazionale dei rifugiati, composta da un gruppo di atleti provenienti da diversi Paesi in guerra.

Olimpiadi, un messaggio contro il terrorismo
Le Olimpiadi sono anche un grande messaggio contro il terrorismo. Tra gli atleti, che respingono questa drammatica cultura dell’odio che si esprime con attentati e attacchi, c’è anche Mourad Laachraoui, campione belga di taekwondo e fratello di Najim, che si è fatto saltare in aria all’aeroporto di Bruxelles: “Mi hanno suggerito di cambiare cognome - ha detto - ma io non posso e non voglio, è il nome di mio padre”.

La voce dell’Africa ai Giochi
A farsi sentire alle Olimpiadi di Rio è anche la voce dell’Africa. Un Continente, che non ha ancora organizzato un’edizione dei Giochi, capace di imporsi nello sport soprattutto con corridori e maratoneti. Quasi a ricordare che di fronte alla povertà e alle ingiustizie lo spirito di sacrificio e la tenacia sono alcune delle migliori leve per fare breccia nell’indifferenza e rompere la cultura dello scarto.

Le Olimpiadi non sono solo una competizione sportiva, ma anche una rappresentazione del mondo in cui centro e periferia sono parte di un’unica trama in cui ogni Paese trova spazio e legittimità. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il giornalista sportivo Italo Cucci

R. – Una delle cose che stupisce sempre quando si parla di Giochi Olimpici è quanti siano i Paesi che appartengono al Comitato Olimpico, rispetto a quelli che fanno parte delle Nazioni Unite. Con i Giochi a 207 Paesi, le Nazioni Unite ne hanno 189 se ben ricordo (193 n.d.r.). Qui si capisce quale sia il significato dei Giochi: non quello di guardare alle imprese degli Stati Uniti, della Russia, della Cina o di grandi Paesi, che vanno a raccogliere medaglie a piene mani. Ma, come si vede nella sfilata che è durata ore, c’è tutto un altro mondo che, proprio in questa occasione, ha l’opportunità di farsi vedere, di presentarsi. Un mondo che vuole farsi conoscere con lo stupore di chi dice: “C’è anche la Guinea divisa in tre!”, tanto per capire quali siano le storie del mondo. E può capitare che, nella sfilata dell’inaugurazione, la squadra dell’Iraq sia preceduta di qualche metro da quella dell’Iran. Questa è la situazione che più colpisce quanti si rendono conto che i Giochi Olimpici non sono soltanto una gara a chi è più alto, più veloce o più forte. Ma sono una gara dell’umanità a far capire quanto, almeno nello sport, si possa essere tutti uguali.

D. – Una manifestazione che è anche un grido contro quella che il Papa ha definito più volte la “cultura dello scarto”. In questo senso, la presenza della nazionale dei rifugiati è un bel grido…

R. – La nazionale dei rifugiati è una scelta morale importante, che ha poi anche un suo scopo produttivo: di un’attenzione positiva nei confronti dei Giochi, che invece si vanno sempre più allargando verso il business, la ricchezza, la fama, la gloria, dimenticando i contenuti più etici. Queste sono le situazioni che, piano piano, il Comitato Olimpico va cercando, per attenuare quel momento negativo che viene rappresentato dalla ricchezza. Una ricchezza che ormai pervade tutto il mondo dello sport. Faccio notare, ad esempio, che quando è stato rivolto l’invito al mondo del golf a partecipare a questi Giochi, la gran parte dei golfisti più noti, famosi - ricchissimi - ha preferito stare a casa, perché – “tutto sommato” – i Giochi Olimpici non gli davano niente di più. E questo vuol dire, semplicemente, non aver capito quale sia, in fondo, la vera natura dei Giochi: non partono solamente da Atene, ma partono da molto più lontano, ovvero dagli uomini, che hanno sempre cercato, attraverso la lotta sportiva, di far dimenticare la lotta bellicosa e di sangue.

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Rio 2016, Baldini: le Olimpiadi sono una palestra per la vita

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Le Olimpiadi non sono solo una delle massime espressioni dello sport internazionale, ma rappresentano un momento unico di incontro tra nazioni, culture e anche religioni diverse, accomunate dall’universalità dello spirito olimpico. Salvatore Tropea ha raccolto la testimonianza di Stefano Baldini, atleta italiano vincitore della medaglia d’oro nella maratona ad Atene 2004 e attualmente Direttore Tecnico del settore giovanile della Federazione Italiana di Atletica Leggera: 

R. – Io ho avuto la possibilità di partecipare a quattro Olimpiadi da atleta, in quattro Continenti diversi. Ogni volta è stato bello poter vivere qualche giorno – qualcuno fortunato, anche un paio di settimane – all’interno del Villaggio Olimpico, che è l’espressione del mondo concentrato in un quartiere, che ospita qualche migliaio di persone durante i Giochi Olimpic. E il farlo attraverso l’espressione della forza, della tecnica all’interno di una gara sportiva, secondo me, è una delle esperienze che restano fra le più belle all’interno di un percorso che facciamo in questa vita.

D. – All’interno del Villaggio Olimpico, come si convive con chi sarà poi un avversario sul campo?

R. – L’avversario sul campo lo diventa nel momento della gara. Lo spirito giusto, l’educazione che dobbiamo dare ai nostri ragazzi, è quella di vivere il momento agonistico sia nella condivisione di una gioia sia in quella di una sconfitta. Io ricordo, in modo particolare, gli attimi che precedono le gare: sono momenti di concentrazione, di tensione, nei quali c’è grandissimo rispetto per gli avversari. Avversari che poi, con lo stesso spirito, ritrovi subito dopo al traguardo, quando ci si fa i complimenti, soprattutto con chi è stato più bravo.

D. – Lei da vincitore della maratona, la disciplina per eccellenza dei Giochi Olimpici, sa bene quale valore abbiaNO il sacrificio e il duro lavoro per raggiungere un obiettivo…

R. – Per me la partecipazione ai Giochi Olimpici è stata un’esperienza che mi ha messo di fronte a tutte le situazioni che poi ti allenano al quotidiano. Questo, infatti, deve essere lo sport, alla fine, per i nostri giovani e i nostri ragazzi: un allenamento per superare gli ostacoli che la vita ci mette davanti tutti i giorni e, soprattutto, aiuta nei momenti difficili.

D. – Secondo lei, gli atleti a Rio vivranno i Giochi in modo diverso rispetto alle altre edizioni, per via dell’allarme terrorismo ormai globale?

R. – Io penso che sarà, più o meno, la stessa musica delle altre edizioni dei Giochi Olimpici. Penso che le Olimpiadi siano diventate talmente importanti e cassa di risonanza mediatica che la tensione, da quel punto di vista, è sempre molto, molto alta. E lo è già, purtroppo, da tantissime edizioni.

D. – Un’ultima battuta sugli italiani in gara. Possono aspirare a riempire il medagliere?

R. – Faremo sicuramente la nostra bella figura. Per quanto riguarda il riempirlo, dipende da quali sono le nostre aspettative. Io piuttosto che quantificare, sarei per guardare alle prestazioni dei nostri ragazzi. Chi riesce a confermare o a migliorare la propria migliore performance, durante i Giochi, è un atleta che è già arrivato al successo.Questo è il messaggio che voglio passare ai ragazzi: chi riesce a dare il massimo nel momento che conta, ha già vinto.

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Autismo: dal dolore di una famiglia l'idea di un centro di cura

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La scoperta della malattia del proprio figlio – una complessa forma di autismo – il dolore e la frustrazione di non potergli garantire cure adeguate, la decisione di reagire. Nasce da questa vicenda familiare il progetto di due coniugi, Nicole Demerio e Gianni Ghilione, di creare un Centro di eccellenza per la cura di questi casi. Promotori dell’Associazione “Il Giardino di Filippo” e della Fondazione “Domus Angelorum, Nicole e Gianni raccontano la loro storia al microfono di Alessandro De Carolis

R. – (Nicole) Dall’esperienza vissuta con nostro figlio Filippo – che è un ragazzo meraviglioso, affetto da epilessia farmacoresistente e difficoltà dovute alla progressiva alterazione del sistema immunitario – questo ci ha portati a conoscere altri bambini con le loro famiglie che vivevano quotidianamente le nostre stesse difficoltà. Qui nasce nel 2014 il “Giardino di Filippo” e da lì a qualche mese matura la convinzione di voler fare qualcosa di concreto per aiutare questi bambini e queste famiglie: bambini affetti da disturbi dello spettro autistico e da malattie dell’età evolutiva.

D. – Quando i medici vi hanno comunicato la malattia di vostro figlio, come avete accolto questa notizia?

R. – (Gianni) In realtà, una diagnosi specifica non l’abbiamo mai avuta e quindi la difficoltà è stata proprio quella di capire quali tipi di impatto potesse avere sulla sua vita e quali contromisure avremmo potuto trovare.

D. – Però, c’è una volontà che in qualche modo si accende, da parte vostra, di non rassegnarvi…

R. – (Nicole) C’è una volontà, da parte dei genitori e da parte nostra, di continuare a cercare risposte, di andare in giro per l’Italia, di andare in giro per il mondo, di farsi indicare i medici, i luminari che potrebbero darci indicazioni. Ma dovunque si vada, si hanno delle piccole risposte, quindi c’è bisogno di concentrare tutte le possibili informazioni e dare dei punti di riferimento a questi genitori. Da qui nasce l’esigenza di creare un polo, di creare una clinica, di creare un centro di cura per la ricerca in bambini fino a 17 anni.

D. – Ci sono altre famiglie nelle vostre condizioni. Avete anche un’idea di quante siano in Italia?

R. – (Gianni) In Italia, i numeri sono difficili da avere. Solo per i disturbi dello spettro autistico le percentuali sono di 1 su 68 nuovi nati, valutati intorno al 2010. Da lì in poi, dati non ci sono. Però, sono numeri importanti e per le famiglie non è un intervento specifico ma è un accompagnamento del bambino per far sì che possa raggiungere uno sviluppo al massimo delle sue possibilità, prima del 16-18 anni, perché poi sarà tardi.

D. – Nel 2014 l’Associazione “Giardino di Filippo”, subito dopo nasce l’idea della Fondazione. Perché?

R. – (Nicole) Nasce l’idea della Fondazione “Domus Angelorum” perché prende in carico il “Progetto Azaria”, che è proprio il progetto che intende realizzare questa clinica. Avremo un supporto medico di grande eccellenza, con nomi molto importanti nel campo della neuropsichiatria infantile, delle eccellenze nel settore immunitario. Avremo molti riferimenti di medici nazionali e internazionali sui quali contare.

D. – La signora Nicole ha parlato di eccellenze in campo medico: possiamo fare anche qualche nome?

R. – (Gianni) Un nome che possiamo fare è quello del prof. Oliviero Bruni, responsabile dell’unità del Sant’Andrea di neuropsichiatria infantile dell’Università “La Sapienza”, che ci ha dato la sua disponibilità ad aiutarci in questo percorso dal punto di vista scientifico, ma anche per collegarci ad altri centri nazionali e internazionali.

D. – In che modo la vostra Associazione e la vostra Fondazione vogliono sostenere il Sistema sanitario nazionale?

R. – (Gianni) Proprio partendo dalla legge sull’autismo dello scorso anno, che inquadra questa situazione, ci siamo resi conto che c’è un vuoto e noi ci siamo proposti, anche con la Regione nella quale vogliamo realizzare questo centro, che è la Liguria, proprio per colmare questo vuoto. Hanno valutato il nostro progetto in modo molto positivo e si sono resi disponibili, qualora noi riuscissimo a realizzare tutto, di accreditarlo come Servizio sanitario nazionale. Siamo in una fase abbastanza importante, stiamo mettendo a punto un quadro di finanziamenti per poter arrivare all’acquisto dell’immobile che abbiamo individuato e sul quale abbiamo “cucito” il nostro progetto, che avrà 11 camere – perché per la tipologia di intervento su questi bambini non si può pensare a una cosa troppo grande – che potrebbe avverarsi fra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo anno, per poi incominciare a realizzare nella prima fase gli ambulatori medici e le sale per le terapie individuali in modo da poter arrivare, a metà giugno, ad aprire con alcuni primi servizi.

D. – Quante sono le famiglie che in questo momento hanno aderito alla vostra associazione, al vostro progetto?

R. – (Nicole) Le famiglie sono tante. Ci scrivono, ci chiedono se siamo già pronti con questa cosa, ci stanno aspettando  Queste famiglie devono avere un punto di riferimento, questo è il nostro obiettivo: i bambini devono avere una diagnosi precoce che vuol dire tantissimo. La mia speranza è quella di aiutare il più grande numero di bambini, le loro famiglie e di poterli seguire. Magari non si arriverà a una cura totale, ma di poterli rendere autonomi nella vita, sì.

D. – La speranza del signor Gianni?

R. – La speranza mia, ma so che è anche quella di Nicole, è che fatto questo magari riusciremo a pensare ai ragazzi adulti, perché poi questo è ancora più difficile da affrontare perché magari non c’è più la vicinanza dei genitori o la forza dei genitori.

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Puglia: HolyMap con proposte estive delle Chiese locali

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Una mappa con i luoghi di culto, gli orari delle celebrazioni, e poi le segnalazioni delle diverse iniziative nelle località turistiche. L’idea è nata nella diocesi di Nardò-Gallipoli, in Puglia, dove turisti o quanti sono in vacanza trovano in distribuzione una HolyMap in diverse lingue con una serie di informazioni sulle proposte estive della Chiesa locale. Tiziana Campisi ne ha parlato con mons. Fernando Filograna, vescovo di Nardò-Gallipoli: 

R. – L’iniziativa è nata dalla grande presenza di persone nelle spiagge del litorale, frequentato non solo dai nostri diocesani, che dai paesi vicini convergono sul mare, ma soprattutto, in questo periodo, da tanti italiani che hanno scelto le nostre spiagge come luogo per il riposo estivo. Quindi volevamo curare l’accoglienza dei turisti offrendo loro diverse possibilità proprio per ristorare non solo il corpo ma anche lo spirito.

D. - Quali iniziative stanno caratterizzando l’estate nella diocesi di Nardò-Gallipoli?

R. - Quella che sta riscuotendo più interesse è la peregrinatio mariae. Il fatto che la Madonna passi da un litorale ad un altro, nelle parrocchie, nei luoghi di culto, fa sì che si crei un’attesa. Stiamo riscontrando tante confessioni, i sacerdoti confessano anche fino a mezzanotte. La Madonna diventa punto di riferimento, durante la settimana di sosta in una parrocchia, per attività vocazionali, preghiere o l’incontro con i sofferenti. L’altra iniziativa è la lectio divina, cioè permettere alle persone di prepararsi al Vangelo della domenica già dal lunedì, di sostare la sera, invece di passeggiare: ci sono dei luoghi dove c’è un sacerdote che aiuta le persone ad usare la parola di Dio, a tenerla in mano e soprattutto a confrontarsi con il Vangelo della domenica. Devo anche riconoscere la positività della adorazione notturna. Sono due i centri dove si svolge l’adorazione perpetua: notte e giorno, sia d’inverno che d’estate, il Santissimo rimane sempre esposto per l’adorazione e c’è una turnazione che a volte commuove; vedere persone che durante la notte si alternano per adorare l’eucarestia… Anche d’estate questa devozione eucaristica viene proposta ai turisti, alle persone che vengono da fuori e che trovano questo ambiente così sensibile.

D. - La Diocesi di Nardò-Gallipoli offre questa estate una HolyMap, ci spiega cos’è?

R. - Sul sito ha già avuto tante visualizzazioni. E’ un foglio distribuito in tutte le marine, in tutte le chiese, anche in luoghi come supermercati. Vi sono segnalati gli appuntamenti delle varie messe, presso tutte le marine, festive e feriali; ci sono gli orari della confessioni, i giorni e la programmazione della Lectio Divina in tutte le chiese e i luoghi dove si svolge. Poi ci sono informazioni circa altre iniziative: le adorazioni notturne, la peregrinatio mariae. Quindi un turista, grazie a questa mappa, disponibile nelle varie lingue – inglese, spagnolo, tedesco, e francese - è informato su ciò che può trovare sul territorio.

D. - Come sono accolte le iniziative che proponete?

R. - Devo dire che al primo posto c’è la peregrinatio mariae, che ha riscosso grande successo grazie alla Madonna e al suo grande fascino che attira spontaneamente le persone. In qualsiasi ora si dirigono per venerarla e per pregare. È chiaro che nell’Anno della Misericordia tutto il messaggio straordinario che il Papa sta lanciando porta ad un ritorno alla confessione. I sacerdoti confessano anche di notte fino a mezzanotte. Credo che questa sia anche per noi una sorpresa.

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Al Festival di Locarno storie di passione civile e di denuncia sociale

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Al Festival del Film di Locarno affiancano il grande spettacolo alcuni titoli che dimostrano una encomiabile attenzione alla società e alla storia: sguardi attenti che si fanno atti d'amore, passione civile, denuncia sociale. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Uno sguardo discreto e pieno d'amore alla malattia; il lungo e importante capitolo di una storia di famiglia borghese, che è anche una pagina significativa di storia d'Italia; la denuncia dell'indifferenza, di chi chiude gli occhi dinanzi ai morti sulle spiagge, che sono immigrati clandestini in fuga, una emergenza umanitaria globale. Tre titoli arrivano a Locarno, e il cinema ancora aggancia storia e realtà per dire qualcosa dei nostri tempi e di chi siamo. Valeria Bruni Tedeschi insieme a Yann Cordian è entrata per una settimana nel reparto geriatrico dell'ospedale francese di Ivry per girare "Une jeune fille de 90 ans": la "ragazzina" del titolo è una novantaduenne affetta da Alzheimer che riemerge al tempo e alla vita seguendo i passi di danza di Thierry, un coreografo che eleva la sua arte a terapia della mente e del corpo, e piccoli miracoli così succedono tra quegli anziani e malati. E' dedicato, invece, a Piero Portaluppi e alla "sua" Milano, dagli anni '30 al dopoguerra, il bel documentario "L'amatore", di Maria Mauti, che ha potuto visionare e usare il tesoro, recentemente scoperto, di immagini, familiari e cittadine, girate dal celebre architetto milanese lungo tutto il corso di una vita: emerge il ritratto anche di una Italia inconsciamente gioiosa dinanzi agli orrori del regime e alla catastrofe della guerra. Infine, altri orrori, ma tenuti "a latere!: i corpi di uomini, donne e bambini che il Mediterraneo conserva, mentre testimonianze di vite affiorano nelle reti dei pescatori di frodo siciliani. E' "Pescatori di corpi", che il trentenne Michele Pennetta ha girato seguendo queste tracce da due diverse angolazioni: quelle vissute ogni notte da chi solca il mare e quelle affrontate da Ahmed, fuggito dall'Iraq, che abita in una barca abbandonata nel porto di Catania, aspettando un futuro. Sguardi di un cinema bello e potente.

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Nella Chiesa e nel mondo



Belgio, due poliziotte aggredite a colpi di machete

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Torna la paura in Belgio. Ieri pomeriggio, al grido di “Allahu Akbar”, un uomo armato di machete ha aggredito due poliziotte nei pressi del principale  commissariato di Charleroi. L’aggressore è morto in seguito ai colpi d’arma da fuoco sparati da un terzo agente. Secondo i media locali, che citano fonti governative, era di origine algerina e non conosciuto dall'intelligence. Una delle due agenti è stata sottoposta a un intervento chirurgico a causa di profonde ferite al volto, l’altra è stata ferita in modo lieve. Il premier belga, Charles Michel, al termine della riunione con i servizi di sicurezza, convocata questa mattina, ha annunciato che saranno prese delle misure ulteriori per la sicurezza della polizia: "La polizia ha evitato una tragedia
peggiore, ora lavoriamo con i sindacati per aumentare la sicurezza degli agenti- ha detto Michel- anche se il 100% di sicurezza non esiste". Il premier ha poi invitato a "non cedere alla paura (E.R.)

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Ventimiglia, nel pomeriggio manifestazione No Border

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Tre cittadini francesi sono stati fermati alla frontiera.Secondo fonti di polizia, i tre avevano mazze, coltelli e cappucci neri.Tra le ipotesi quella che i tre volessero partecipare alla manifestazione in programma per oggi a Ventimiglia a favore dei migranti e contro la chiusura delle frontiere. Nella città ligure  ieri si sono verificati tafferugli tra polizia e No border i non lontano dal centro di prima accoglienza per migranti. Durante scontri, un sovrintendente capo di 53 anni della Polizia di Stato, Diego Turra, è morto colpito da un infarto mentre scendeva da un mezzo di servizio. Tredici le perosone fermate a seguito degli scontri. Intanto, a Ventimiglia è di nuovo emergenza migranti. Sono infatti 490 gli ospiti che la scorsa notte hanno soggiornato nel centro di accoglienza allestito al Parco Roja. "Il numero - avverte il responsabile del centro di Ventimiglia, Walter Muscatello - è aumentato sensibilmente negli ultimi 4-5 giorni. Eravamo circa 250 e oggi siamo poco sotto i cinquecento". I centoquaranta migranti che hanno forzato la frontiera con la Francia, venerdì scorso, sono stati tutti accompagnati nei centri del sud Italia per essere identificati ed espulsi.(E.R.)

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Filippine, vescovi: no a omicidi extragiudiziali

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“Lasciate che l’umanità che è in noi parli!”. Questo l’accorato appello di mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen Dagupan e presidente della Conferenza episcopale filippina (Cbcp), contro la drammatica escalation di omicidi extragiudiziali registrata in questi mesi nelle Filippine.

Lanciata la campagna “Non uccidere”
L’appello, indirizzato in particolare alle forze dell’ordine, ma anche a tutti i cittadini,  è contenuto in un messaggio che rientra nella campagna “Non uccidere” lanciata dalla Chiesa filippina per promuovere il rispetto della vita umana e condannare la lunga scia di esecuzioni sommarie contro sospetti spacciatori di droga che sta percorrendo il Paese. Dall’elezione del nuovo Presidente Rodrigo Duterte, lo scorso maggio, oltre 700 i sospetti spacciatori sarebbero stati uccisi senza essere portati a giudizio.

Rispettare i diritti umani anche dei sospetti criminali
Durante la campagna elettorale, l’ex-sindaco aveva giurato “tolleranza zero” contro il narco-traffico e promesso la morte ad almeno 100mila spacciatori. Dichiarazioni che hanno suscitato le preoccupazioni dei vescovi e delle organizzazioni per i diritti umani, ma anche delle Nazioni Unite. “Viviamo in una democrazia e la lotta alla droga deve seguire l’iter giudiziario”, ha ribadito in questi giorni il vescovo di Butuan, mons. Juan de Dios Pueblos. “Il fine non giustifica i mezzi. Se una persona ha sbagliato, devono essere prese misure che non calpestino i suoi diritti umani”, sottolinea, dal suo canto, mons. Teodoro Bacani, vescovo emerito di Novaliches.

Non perdere la nostra umanità nella lotta al crimine
E sull’esigenza di non perdere l’umanità nella lotta il crimine e il narco-traffico insiste il messaggio di mons. Villegas: “L’umanità che è in me piange per i miei simili che non esitano ad uccidere criminali credendo che il loro omicidio serva a combattere il male nel mondo: ogni essere umano intorno a me è mio fratello e mia sorella”, si legge nel testo. “Crediamo veramente – chiede l’arcivescovo – di assicurare ai nostri figli un luogo sicuro se, con la nostra tolleranza di omicidi, gli insegniamo che uccidere un sospetto criminale senza un giusto processo è un modo moralmente accettabile di sradicare il crimine?”. Di qui la preghiera che chi si fa giustizia da solo “ascolti la voce della propria coscienza”, che “la ragione abbia la meglio e che alla fine vinca l’umanità” che è in ciascuno di noi. (L.Z.)

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Olimpiadi: iniziativa di religiose brasiliane contro la tratta

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Due anni fa, in occasione dei Mondiali di calcio contribuì in modo significativo - con il 42% di denunce in più - a far emergere i casi di sfruttamento sessuale di bambini e adolescenti e di situazioni di tratta di persone. Oggi, mentre sono accesi i riflettori sulle Olimpiadi di Rio la rete brasiliana delle religiose contro la tratta di persone “Um grito pela vida” mette nuovamente in campo la campagna “Gioca per la vita”. Lo stesso slogan del 2014 per contrastare un fenomeno che sempre di più accompagna le grandi manifestazioni che richiamano da ogni angolo del mondo masse di turisti e visitatori.

Responsabilizzare i cittadini e le autorità nella lotta contro la tratta
La campagna, sostenuta da Talitha Kum, la rete internazionale degli organismi religiosi contro la tratta di persone, e dall’Unione internazionale delle superiore generali, mira a informare e responsabilizzare i cittadini, la stampa e le agenzie di viaggio su un fenomeno che può essere prevenuto e contrastato. L’obiettivo - spiega la coordinatrice di “Um grito pela vida”, suor Alves de Oliveira, citata da L’Osservatore Romano - è di fare di Rio 2016  “uno spazio propositivo, che promuova la cittadinanza, la cura della vita e la denuncia della tratta di persone e di ogni forma di sfruttamento e violazione dei diritti umani, dando alla popolazione strumenti affinché possa reagire e denunciare ogni forma di mercificazione e banalizzazione della vita”.

Un impegno a favore della vita delle vittime della schiavitù contemporanea
Si tratta, aggiunge, di  “prendere posizione contro le forze di morte” e  di “affermare il nostro impegno a favore della vita”, in particolare di coloro  “i cui diritti sono violati e vivono sottomessi dal giogo della schiavitù contemporanea: la tratta di persone, definita da Papa Francesco ‘una piaga nel corpo dell’umanità’”.

Una campagna realizzata anche attraverso l’educazione
La campagna antitratta, realizzata da 26 gruppi del network presenti in 22 Stati brasiliani, chiede alle persone di denunciare e alle autorità di essere più celeri nelle inchieste e nei processi contro responsabili di questi crimini. Una campagna realizzata attraverso mezzi di comunicazione e social media e campagne nelle strade, di Rio de Janeiro e Manaus. Ma anche con attività di tipo educativo rivolte soprattutto ai giovani e agli adolescenti, che sono i gruppi più esposti alla tratta. (L.Z.)

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Vescovi Uruguay: no a bambini sfruttati come corrieri della droga

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Bambini sfruttati come corrieri della droga: è la drammatica denuncia lanciata da mons. Pablo Galimberti, vescovo di Salto, in Uruguay. In una nota diffusa sul sito della Conferenza episcopale locale (Ceu), il presule sottolinea come “la droga, ormai, si sia talmente radicata nel tessuto familiare” che “quando un narcotrafficante viene arrestato e va in carcere, è un duro colpo per tutta la sua famiglia”, perché “viene meno l’unica entrata economica” che ne permette la sussistenza. E così, purtroppo, i bambini devono subentrare ai loro padri nel circuito della vendita di stupefacenti.

La droga nascosta negli zaini per la scuola
“Vestiti con la divisa scolastica, li vediamo girare per i quartieri delle città – scrive mons. Galimberti – mentre nei loro zainetti trasportano la droga da una zona all’altra. Piccoli ed innocenti trafficanti, costretti ad imparare come sfuggire ai controlli e nascondersi, per aiutare il bilancio familiare”. E questo, ribadisce il presule, “sta aprendo nuovi scenari” sociali da prendere in considerazione. Di qui, il richiamo ad un cambiamento di mentalità, affinché si incoraggino le persone a lavorare, grazie a “corsi di formazione, sovvenzioni o incentivi” che portino a “migliorare le proprie doti naturali”.

Azioni urgenti per proteggere donne e bambini dal narcotraffico
Infine, il vescovo di Salto lancia un appello ai legislatori affinché “vengano analizzati tutti i percorsi possibili per aiutare le donne vittime di partner coinvolti nel narcotraffico”. Richiesta, inoltre, un’azione “urgente e tempestiva” in favore dei minori, perché non siano più costretti a “vivere alle intemperie, andando alla deriva, in una terra di nessuno”. “Prendersi cura di loro – conclude il presule – significa aiutare la parte più fragile della nostra società”. (I.P.)

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Turchia, oggi a Istanbul manifestazione convocata da Erdogan

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Migliaia di persone sono attese nel pomeriggio a Istanbul, dove il presidente, Recep Tayyip Erdogan ha convocato la "manifestazione per la democrazia e i martiri" del fallito golpe del 15 luglio scorso. All'evento, nel quartiere di Yenikap,i parteciperanno anche i leader dei due principali partiti di opposizione, il Chp di centrosinistra ed il nazionalista Mhp. Nessun  invito, invece, per il partito curdo Hdp. Intanto, secondo quanto riporta l'agenzia di stato Anadolu, sono oltre 90 le persone arrestate tra le forze speciali turche in seguito agli sviluppi delle indagini sul tentativo di colpo di stato. Il nuovo giro di vite ha preso di mira sospetti seguaci di Fethullah Gulen, il religioso in auto-esilio negli Stati Uniti e considerato da Ankara la mente del golpe. Nel porto di Yenikapi verranno allestiti un grande palco emaxi-schermi. Secondo l'agenzia turca, solo gli organizzatori sono circa 13 mila. Mobilitati, oltre alla polizia, elicotteri, ambulanze e 700 tra medici e infermieri. Simili manifestazioni si terranno simultaneamente anche in altre città' della Turchia. (E.R)

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Assemblea generale degli Istituti secolari a Roma

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La formazione dei membri degli Istituti secolari e l’identità della consacrazione degli Istituti stessi: questi i due temi principali che saranno al centro dell’Assemblea generale della Conferenza mondiale degli Istituti secolari (Cmis), in programma a Roma, presso il Centro Salesianum, dal 21 al 25 agosto.

Attesi 140 partecipanti da 25 Paesi
L’evento – informa una nota ripresa dall’agenzia Sir - riunirà i responsabili generali degli istituti secolari membri della Conferenza e i presidenti delle Conferenze nazionali e continentali di Istituti secolari. In totale, sono attesi oltre 140 partecipanti, in rappresentanza di più di 25 Paesi dei 5 continenti.

Messa inaugurale presieduta dal card. Braz de Aviz
Ad aprire i lavori sarà il card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, che presiederà la celebrazione eucaristica lunedì 22 agosto, alle ore 18.00, presso il Centro Salesianum. Oltre alla relazione sulle attività della Cmis dell’ultimo quadriennio, saranno esaminati altri temi importanti per i prossimi quattro anni; la laicità come luogo naturale per la formazione; le novità emergenti dalle diverse culture e continenti; i tratti specifici e lo sviluppo degli Istituti consacrati; la riscoperta del valore di una vocazione evangelica che non cerca visibilità o efficienza.

24 agosto, udienza con Papa Francesco
Centrale, inoltre, la riflessione in vista del 70.mo anniversario della “Provida Mater Ecclesia”, la Costituzione apostolica sugli Istituti secolari, siglata da Pio XII nel 1947. L’Assemblea eleggerà anche il Consiglio esecutivo, cui sarà affidato il compito di mettere in atto tali orientamenti. I partecipanti all’Assemblea assisteranno all’udienza generale del Papa, mercoledì 24 agosto. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 220

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.