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Sommario del 14/08/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Angelus Papa: no burocrati nella Chiesa ma missionari appassionati

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La Chiesa non ha bisogno di “burocrati” e di “cristiani freddi o tiepidi” ma di “missionari appassionati”, accesi dal fuoco dello Spirito Santo, così il Papa all’Angelus, pregando la Madonna di aiutarci “ad essere solidali con le gioie e le sofferenze” dei  fratelli”. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Ispirato dal Vangelo domenicale Francesco si è soffermato sull’immagine del fuoco usata da Gesù per indicare ai discepoli lo scopo della sua missione: ‘sono venuto - dice loro - a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei fosse già acceso!’ E’ il fuoco dello Spirito Santo, che opera in noi dal Battesimo, ha spiegato il Papa, “una forza creatrice che purifica e rinnova”,

“brucia ogni umana miseria, ogni egoismo, ogni peccato, ci trasforma dal di dentro, ci rigenera e ci rende capaci di amare”.

“E’ solo partendo dal cuore divino” “che l’incendio dell’amore divino potrà svilupparsi e far progredire il Regno di Dio”.

“Non parte dalla testa, parte dal cuore”.

Da qui l’invito ad aprirsi “completamente all’azione dello Spirito Santo”:

“Egli ci donerà l’audacia e il fervore per annunciare a tutti Gesù e il suo consolante messaggio di misericordia e di salvezza, navigando in mare aperto, senza paure”.

La Chiesa - ha sottolineato Francesco - ha bisogno dell’aiuto dello Spirito Santo:

“per non lasciarsi frenare dalla paura e dal calcolo, per non abituarsi a camminare entro i confini sicuri. Questi due atteggiamenti portano la Chiesa ad essere una Chiesa funzionale, che non rischia mai”.

Il fuoco dello Spirito Santo accende invece “il coraggio apostolico”:

“ci aiuta a superare i muri e le barriere, ci rende creativi e ci sprona a metterci in movimento per camminare anche su strade inesplorate o scomode, offrendo speranza a quanti incontriamo”.

Siamo “chiamati – ha sollecitato Francesco - a diventare sempre più comunità di persone, piene di comprensione, persone dal cuore dilatato e dal volto gioioso”.

“Più che mai oggi c’è bisogno di sacerdoti, di consacrati e di fedeli laici, con lo sguardo attento dell’apostolo, per commuoversi e sostare dinanzi ai disagi e alle povertà materiali e spirituali.”

Ha ricordato il Papa quanti nel mondo, specie i numerosi sacerdoti e religiosi sono dedicati ad annunciare il Vangelo, “non di rado anche a costo della vita”:

“La loro esemplare testimonianza ci ricorda che la Chiesa non ha bisogno di burocrati e di diligenti funzionari, ma di missionari appassionati, divorati dall’ardore di portare a tutti la consolante parola di Gesù e la sua grazia”.

“Questo è il fuoco dello Spirito Santo!”, ha rimarcato Francesco

“Se la Chiesa non riceve questo fuoco o non lo lascia entrare in sé, diviene una Chiesa fredda o soltanto tiepida, incapace di dare vita, perché è fatta da cristiani freddi e tiepidi”.

Quindi un semplice invito per tutti:

“Ci farà bene, oggi, prendere cinque minuti e ognuno di noi domandarci: 'Ma come va il mio cuore? E’ freddo? E’ tiepido? E' capace di ricevere questo fuoco?'”

Infine la preghiera alla Madonna perché effusi dallo Spirito Santo possiamo “essere solidali con le gioie e le sofferenze dei fratelli”. E ancora un invocazione a San Massimiliano Kolbe, nell’odierna festa di questo “martire della carità”:

“egli ci insegni a vivere il fuoco dell’amore per Dio e per il prossimo”.

Dopo la recita dell’Angelus, Francesco ha salutato in particolare i giovani in piazza San Pietro, riprendendo il tema della Gmg di Cracovia ‘Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia’:

“sforzatevi di perdonare sempre e abbiate un cuore compassionevole”.

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Tweet di Francesco: Maria ci aiuti a pregare con cuore umile

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Tweet di Papa Francesco dal suo account @Pontifex: “Chiediamo a Maria, nostra Madre, di aiutarci a pregare con cuore umile”.

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Oggi in Primo Piano



Libia: le milizie libiche mettono in sicurezza Sirte dopo la fuga dell'Is

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In Libia continua la ritirata dei jihadisti dello Stato Islamico dalla città di Sirte, dopo l’offensiva delle milizie fedeli al governo di Tripoli. Riconquistata la sede della Tv e della Radio, mentre si procede allo sminamento delle strade. Per il governo di Al-Serraj è una vittoria importante per consolidare la propria legittimità nel Paese. Il servizio di Michele Raviart

In una città fantasma abbandonata dalla gran parte dei civili, le milizie filo-governative stanno bonificando Sirte dalle mine e dalle trappole lasciate dai jihadisti in fuga.  Operazioni che stanno rallentando la definitiva liberazione della città, ridotta in rovina dai raid e dai combattimenti. Ieri è stato riconquistato il cosiddetto “quartiere due” e ripreso il controllo della sede della Radiotelevisione locale e di Radio Sirte, da dove gli uomini dell’autoproclamato califfato diffondevano i messaggi del leader Abu Bakr Al-Baghdadi. Recuperato anche l’edificio dell’ente di controllo amministrativo della città. Per il premier Al-Serraj la sconfitta dello Stato Islamico sarebbe un importante successo in vista di una riconciliazione nazionale. Il suo governo, con sede a Tripoli e sostenuto dalla comunità internazionale, non è infatti riconosciuto dal parlamento di Tobruk, mentre ad est è forte il generale Haftar, sostenuto da Egitto e Francia. Il rischio, come ha affermato l’inviato dell’Onu per la Libia Martin Kobler, è di una perdita dei consensi di Tripoli tra la popolazione. L’economia è al collasso, manca elettricità e la svalutazione della moneta locale blocca le importazioni.

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Usa-Turchia: braccio di ferro su Gülen. Ankara più vicina a Mosca

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In Turchia, secondo l’agenzia di stampa nazionale, le autorità giudiziarie hanno preparato il documento formale di richiesta di estradizione di Fethullah Gülen, accusato da Erdogan di essere la mente del fallito golpe del 15 luglio e in esilio volontario negli Usa dal 1999. Intanto i magistrati turchi hanno disposto il sequestro di tutti i suoi beni. Gülen ha dichiarato che si recherà in Turchia qualora sarà provato una sola delle accuse che gli vengono rivolte. In attesa della visita il prossimo 24 agosto del vicepresidente americano Joe Biden, Erdogan lamenta la scarsa solidarietà dell’Ue rispetto al tentato colpo di Stato e il ministro degli Esteri turco contesta il commissario Onu per i diritti umani. Per un commento Marco Guerra ha intervistato Valentina Scotti, ricercatrice di Diritto Pubblico Comparato alla Luiss, studiosa di questioni turche: 

R. – La situazione resta comunque controversa, perché gli Stati Uniti – anche per bocca del segretario Kerry – hanno più volte detto che non procederanno a un’estradizione a meno che Erdogan, il governo turco non siano capaci di presentare prove concrete contro Gülen. Dal canto suo, il governo turco ritiene che queste prove esistano e in realtà non siano strettamente legate al colpo di Stato recente: Erdogan sostiene che Gülen voglia sovvertire lo Stato turco e quindi ne chiede l’estradizione agli Stati Uniti. Come prove avrebbe il fatto che il Movimento Hizmet è molto infiltrato tra le forze armate, è molto infiltrato tra le forze di polizia e nella pubblica amministrazione. A prova di questo lui adduce tutte le inchieste già ai tempi dello scandalo “Ergenekon” in cui, appunto, si sosteneva che ci fosse un gruppo all’epoca non meglio identificato, interessato a sovvertire l’ordinamento democratico e che fosse in qualche modo manovrato da Gülen. Oggi Erdogan ritiene di avere prove concrete che dietro al colpo di Stato vi fosse Gülen e addirittura è stata coniata questa sigla – la “Feto”, “Fetullah Gülen Terrorist Organization”. Gli Stati Uniti, invece, poggiando anche sulle norme internazionali, chiedono prove certe per procedere all’estradizione e soprattutto la garanzia che i diritti di Gülen, una volta estradato, da un punto di vista giudiziario, verranno rispettati.

D. – Per il diritto internazionale, è possibile questa estradizione? Cosa rischia Gülen in Turchia?

R. – L’estradizione è possibile da un punto di vista giuridico, perché rientra tra gli accordi internazionali come cooperazione giudiziaria. Ovviamente, però, sempre le norme internazionali prevedono che questo non faccia venire meno la tutela dei diritti dell’estradato. Nel caso della Turchia, al momento la pena di morte – come sappiamo è stata sospesa in un lungo processo guidato dall’avvicinamento all’Unione Europea e dal Consiglio d’Europa – però non si esclude una possibilità di una sua reintroduzione. La quale pena di morte, tuttavia, non dovrebbe potersi applicare a Gülen, perché conosciamo il principio dell’irretroattività della legge penale …

D. – La comunità internazionale può entrare in questa controversia?

R. – La comunità internazionale intesa in senso più ampio non ha grandi margini di intervento, in questo senso; possiamo pensare a raccolte di firme, a un raggruppamento non meglio identificato di Paesi che chiedano uno specifico trattamento per Gülen … Però, giuridicamente, qualora gli Stati Uniti dovessero ricevere queste prove che Gülen è colpevole, a quel punto dovranno soltanto decidere se estradarlo oppure opporsi alla pretesa del governo turco e farlo restare negli Stati Uniti.

D. – Gli Stati Uniti hanno disposto il sequestro di tutti i beni di Gülen. Perché resta una figura così ingombrante e scomoda per il governo di Erdogan?

R. – Gülen ha strutturato, nel tempo, un grande gruppo – chiamiamolo “gruppo di pressione”, per usare un termine neutro – attraverso il Movimento Hizmet, movimento che lui guida da questo ormai divenuto famosissimo ranch nella Pennsylvania, negli Stati Uniti. L’idea è che il movimento di Gülen si infiltri nello Stato, nei gangli dello Stato con l’obiettivo di guidarlo. A tutt’oggi, l’unica cosa che abbiamo come certezza sono le dichiarazioni – anche queste un po’ sibilline – di Gülen, in cui dice: “Se qualcuno del Movimento Hizmet ha partecipato al colpo di Stato, l’ha fatto contravvenendo ai dettami del Movimento”.

D. – Intanto, in Turchia proseguono le purghe: negli ultimi giorni sono stati sospesi 32 diplomatici che hanno fatto perdere le loro tracce in altri Paesi. Il fallito golpe, quindi, sta allontanando sempre di più la Turchia dal resto della comunità internazionale: Erdogan si è lamentato anche della scarsa solidarietà dell’Ue …

R. – Parlerei di un riallineamento della Turchia verso nuovi scenari. Sappiamo che per decenni la Turchia ha guardato molto e con interesse all’Unione Europea; le posizioni dell’Unione Europea, particolarmente critiche e di condanna, generano la reazione di difesa del governo di Erdogan e quindi l’apertura verso nuovi partner, nuove alleanze. Quindi: da uno scenario che vedeva la Turchia allineata con l’Occidente, secondo esercito della Nato, grande partecipe degli scenari internazionali dell'Occidente, oggi vediamo invece la Turchia avvicinarsi a quelli che erano nemici storici come la Russia, come l’Iran …

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Assunta, giornata di preghiera per la Francia nel nome di p. Hamel

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In Francia, nella Solennità dell’Assunzione di Maria, tutte le Messe saranno dedicate al Paese perché Dio lo benedica in questo difficile momento che sta attraversando a causa del terrorismo. Le campane di tutte le Chiese suoneranno insieme a mezzogiorno. Sarà una giornata di preghiera particolare e commossa anche in memoria di padre Jacques Hamel, assassinato da due estremisti islamici lo scorso 26 luglio mentre celebrava la Messa nella sua parrocchia di Saint-Etienne du Rouvray. Sui sentimenti che animano questa giornata, Jean Charles Putzolu ha sentito l'arcivescovo di Rouen, mons. Dominique Lebrun: 

R. - Il 15 agosto in Francia è tradizionalmente una giornata di preghiera per il Paese. Lo faremo in modo molto intenso dopo l’assassinio di padre Jacques Hamel. L’Assunzione di Maria è il segno della vittoria totale di Gesù, non solo la sua vittoria ma la vittoria dell’umanità già presente in Maria. Quindi io penserò molto a Jacques Hamel che è stato unito al corpo di Gesù nella sua morte, nella sofferenza … Oggi, spero nella vittoria grazie a Maria.

D. - Padre Hamel è un "martire" della fede: sembra totalmente fuori luogo in Europa, nella Francia del 21.mo secolo, pensare che ci possano essere ancora dei "martiri" della fede. Questo è un fatto che sorprende, che fa riflettere; lei potrebbe anche sostenere una procedura di Canonizzazione…

R. - La violenza ci sorprende sempre, però è da tempo che in Francia parliamo della "testimonianza" che è poi il significato della parola "martirio". Ero con i giovani alla Giornata Mondiale della Gioventù. Loro mi hanno parlato delle loro difficoltà, delle violenze che subiscono quando osano dire che sono cattolici, che non sono d’accordo con i professori all’Università o che vogliono approfondire un tema, ma non si può perché "troppo cattolico, troppo religioso". Quindi, il sentimento di una testimonianza che fa violenza qui in Francia lo conosciamo. Per quanto riguarda la possibile Canonizzazione, il riconoscimento del martirio di Jacques Hamel, c’è tempo. Gli ascoltatori forse sanno che solo dopo cinque anni dalla morte, il vescovo può aprire un processo di Canonizzazione. La cosa importante è la testimonianza di padre Jacques Hamel. Poi, forse arriverà il riconoscimento che comincia appunto attraverso i fedeli cattolici, cioè la fama di santità. Ma siamo stati colpiti dall’atteggiamento del sindaco che ha pianto quel giorno e anche nei giorni successivi per la morte di padre Hamel. Lui che è comunista, che si dice ateo, nel suo cuore è stato veramente molto preso da questo. Quindi, ascolto tutte le voci, raccolgo e poi vediamo tra cinque anni.

D. - Il cardinale Jean-Louis Tauran ha sottolineato l’urgenza del dialogo islamo-cristiano, un dialogo che lui presenta come l’antidoto forse più efficace al terrorismo…

R. - Il cardinale Tauran ha l’abitudine di dire anche che siamo "condannati" al dialogo, condannati all’amore. Questo parola, “condannato”, assume un rilievo molto forte. Padre Jacques è stato "condannato". Non ha mai rinunciato al dialogo che di fatto è l’atteggiamento fondamentale di Dio di fronte all’uomo peccatore. Dunque, l’atteggiamento di Gesù nel Vangelo deve diventare il nostro atteggiamento profondo, solo che questo dialogo deve essere vero, approfondito. Quindi, spero molto che dopo questo gli incontri con i nostri amici musulmani diventeranno molto più profondi, non si tratta di stare gli uni accanto agli altri, di scambiarsi un paio di sorrisi e basta. No, vogliamo fare un progetto insieme per la comunità. Abbiamo veramente dei punti in comune e forse dei punti che non sono tali. Come risolviamo questo? Bisogna veramente approfondire questo dialogo.

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Firmata la Carta di Leuca per un Mediterraneo "Mare di ponti"

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E' stato presentato oggi a Santa Maria di Leuca un documento per rilanciare il sogno del Mediterraneo come Arca di Pace e luogo dove costruire ponti di solidarietà. Su questa iniziativa, che si ispira ai progetti di don Toninio Bello, Salvatore Tropea ha intervistato mons. Vito Angiuli, vescovo di Santa Maria di Leuca: 

R. – Questa iniziativa nasce e si inserisce nelle attività della Fondazione di partecipazione Parco Culturale ecclesiale "Terre del Capo di Leuca-Finibus Terrae". Abbiamo promosso questa iniziativa anche sotto la spinta dell’Ufficio della Cei per il turismo e nasce dall’idea di voler realizzare e creare proprio qui nel Sud, in questa terra ponte, di passaggio, di legame con le altre culture, un momento di dialogo, di incontro e di confronto tra culture, religioni e sensibilità diverse.

D. - Quali sono i punti fondamentali di questo documento?

R. - Il titolo che abbiamo voluto dare è “Il Mar Mediterraneo, un mare di ponti”. Abbiamo voluto che questa realtà geografica tornasse ad essere ponte naturale tra Europa e Mediterraneo, tenendo conto naturalmente degli scenari nuovi nei quali tutto questo si viene a ritrovare: i problemi, i conflitti che vedono al centro il Mar Mediterraneo, ovviamente anche in riferimento a tutto quello che Papa Francesco dall’inizio del suo Pontificato va dicendo.

D. - La Carta di Leuca, quanto potrà incidere per sensibilizzare i governi ma anche l’opinione pubblica per un’accoglienza più efficace e solidale?

R. - Noi contiamo soprattutto sull’educazione dei giovani: ci saranno circa 130, 140 giovani che in questi giorni dialogano tra di loro in quelli che abbiamo chiamato “i tavoli della convivialità”, cioè luoghi dove incontrarsi e discutere su alcune tematiche; poi, loro stessi, si faranno portatori di questo messaggio nei loro Paesi. C’è da tener conto che questa è la prima volta, la prima iniziativa che noi facciamo; speriamo possa ripetersi in futuro per ampliare e quindi creare delle condizioni favorevoli per questo dialogo e anche per un cambiamento della realtà politica. L’iniziativa è della diocesi e della fondazione, ma partecipano anche diversi altri attori come la Focsiv, Pax Christi e la Comunità di Sant’Egidio; è sostenuta ovviamente anche dalla Regione Puglia e penso che in futuro si potranno ulteriormente approfondire e creare delle realtà di dialogo e di incontro.

D. - La Carta nasce sotto il segno di don Tonino Bello. Quali dei suoi insegnamenti sono ripresi all’interno di questa iniziativa?

R. - Innanzitutto il tema del Sud avvertito come luogo naturale di incontri, di dialoghi. Don Tonino, che era uomo del Sud, ne riconosce questa propensione verso il dialogo e verso la pace. Questo è il primo tema. Poi certamente i cambiamenti che già lui avvertiva a suo tempo, cambiamenti di una cultura che rifiuta la guerra, gli strumenti di lotta e che vuole trovare motivi di incontro e di dialogo. Noi abbiamo voluto rilanciare tutto questo in continuità con il magistero di don Tonino Bello. Per questo abbiamo voluto creare questa iniziativa.

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Internet: 25 anni fa nasceva il primo sito web

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Sono passati 25 anni dalla nascita del primo sito Internet. Oggi i siti web sono oltre un miliardo. Quelle legate alla rete sono tra le invenzioni che hanno maggiormente trasformato abitudini e società. Quasi ogni ambito - dal lavoro alla politica, dalla scuola alla sanità e all'economia - è interessato da questa rivoluzione che continua a condizionare, tra limiti e potenzialità, il vivere quotidiano. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

E’ il mese di agosto 1991: nasce il primo sito web messo on line dal Cern, il centro di ricerca di Ginevra, che per finalità scientifiche mette a disposizione di studiosi e di scienziati un database. La logica è quella degli ipertesti e di pagine collegate tra loro tramite link. E’ uno dei primi passi della rivoluzione digitale.

Da Arpanet a www
Questo storico traguardo è preceduto, nel 1969, dalla creazione di una rete di computer, Arpanet, creata dal Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti con scopi militari. Ma solo nel 1991, con l’avvento del World Wide Web, nasce l’epoca della tripla W. Comincia l’era della condivisione di massa delle informazioni.

Internet, universo in espansione
La rete prende subito forma e si espande. Nascono i primi motori di ricerca. Diventano familiari, in casa e in ufficio, i modem per connettersi ad Internet. I siti hanno in genere una grafica essenziale anche perché sono ancora processi lenti il caricamento delle pagine web e il completamento dei download.

Nel 2014 oltre un miliardo di siti
Nel 1995 i siti in rete sono meno di 25mila. Ma solo 4 anni dopo, nel 1999, si supera la soglia di un milione. Nel 2014 viene superato il traguardo di un miliardo di siti web. A distanza di 25 anni da quel primo sbarco sulla rete, gli utenti sono oltre 3 miliardi e mezzo. Si stima che nel 2020 saranno oltre 4 miliardi le persone connesse.

La rivoluzione di Internet ha modificato stili di vita, modi di comunicare e settori cruciali come l’economia e l’informazione. Come è cambiato il mondo della rete in questi 25 anni? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al prof. Paolo Peverini, docente di Semiotica  della comunicazione visiva alla Luiss Guido Carli di Roma: 

R. – Il mondo è cambiato moltissimo, così come del resto il significato che noi stessi attribuiamo alla parola “Internet”. I cambiamenti sono decisamente impressionanti. Sono impressionanti sotto il profilo tecnologico, politico, economico e finanziario. Oggi Internet fa parte della vita quotidiana di un numero enorme di persone. Internet oggi è davvero molto lontano dalle fasi di avvio. Oggi il Web è talmente pervasivo che, per molte persone, è molto complicato distinguere la dimensione “online”, l’essere connessi, da quella “offline”, il non esserlo.

D. – Dunque Internet e le nuove tecnologie investono interamente la vita dell’uomo, in vari ambiti, e in particolare anche in quello delle relazioni. Con l’avvento di Internet e delle nuove tecnologie non si usano più, ad esempio, cartine geografiche per gli spostamenti, ma il navigatore. La comunicazione attraverso la Rete prevale su quella faccia a faccia. Tra i limiti di Internet c’è anche, paradossalmente, una drastica riduzione delle interazioni dirette con l’altro e con la realtà circostante…

R. – Questo è un tema davvero molto interessante e vasto da esplorare. Partiamo da una considerazione: quando si comincia a utilizzare Internet nella prospettiva dell’utente - quando Internet, anche in Italia, inizia a diventare un fenomeno caratterizzato da grandi numeri - ci si accorge che la metafora che si usa per descrivere le pratiche di utilizzo e di avvicinamento dell’utente a Internet ha a che fare con l’esplorazione. Quindi con motori di ricerca che fanno riferimento all’esplorazione e alla scoperta. All’inizio, l’idea è che Internet sia un “mare magnum” in cui è possibile per l’utente curioso, non necessariamente esperto, raccogliere informazioni, cercando di orientarsi grazie ai motori di ricerca. Siamo nelle prime fasi del Web considerato come un fenomeno per un grandissimo numero di utenti: nelle case ci sono moltissimi computer e quindi Internet inizia a diventare una esperienza diffusa. Oggi - ad essere sinceri - sono le informazioni che cercano noi: è molto più complicato per noi sfuggire a quelle logiche di focalizzazione delle notizie ritenute rilevanti per l’utente, basate su algoritmi, sempre più potenti e precisi. Questo significa che, se in una prima fase Internet era caratterizzato dalla presenza di chat e board di discussione, oggi prevale sicuramente una visione meno entusiastica e positiva. Questo perché Internet è diventato un grande spazio di raccolta di informazioni per gli utenti, che poi possono essere utilizzate in maniera anche molto proficua dai brand per rivedere o pianificare strategie di marketing. Questo non significa che le persone non interagiscano più. Però, sicuramente, stiamo assistendo a dei fenomeni e in alcuni casi a delle vere e proprie patologie per gli utenti che fanno un uso più intenso della Rete.

D. – Quali sono i vantaggi e quali i limiti di essere sempre connessi?

R. – Internet oggi andrebbe forse definito meglio come “Social Web”. I social network oggi hanno un ruolo preponderante nello strutturare le interazioni tra gli utenti online. I vantaggi sicuramente ci sono: Internet consente a chiunque di accedere a dei contenuti. Questo non significa, però, che si sia realizzato quel modello di “democrazia elettronica”, che pure negli anni ’90 alcuni avevano provato a definire.

D. – E questo fa nascere una domanda cruciale: Internet rende veramente liberi? È davvero uno dei migliori sistemi di difesa delle democrazie?

R. – Io non credo che Internet, di per sé, renda liberi. Credo che dobbiamo provare ad abbandonare una visione deterministica del rapporto tra la tecnologia dei media, della comunicazione e dell’informazione, e i cambiamenti sociali. Non è mai una tecnologia, di per sé, l’unico elemento in grado di innescare un processo di democratizzazione.

D. – Si diffondono sempre più velocemente strumenti nuovi: quali sono le nuove frontiere della Rete – di Internet – e del mondo digitale?

R. – Quello a cui assisteremo, nei prossimi anni, è molto difficile provare ad indovinarlo oggi. Sicuramente, un aspetto determinante sarà la possibilità di ottimizzare le informazioni che vengono raccolte sul profilo degli utenti. E queste informazioni, raccolte tramite algoritmi sempre più precisi, consentiranno di perfezionare, sempre di più, il rapporto tra chi fornisce informazioni, servizi, prodotti online e i consumatori. Però, va anche detto che questo renderà probabilmente sempre più difficile, per molte persone, riuscire a fare a meno del Web. Per questo credo che oggi il termine stesso “virtuale” sia probabilmente desueto.

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Musei italiani aperti anche nel giorno di Ferragosto

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Musei aperti a Ferragosto. Il ministero dei Beni culturali rinnova anche quest’anno la tradizione e, nonostante la festa capiti di lunedì, giornata in cui generalmente i luoghi della cultura sono chiusi, ha organizzato, per il 15 agosto, un vero e proprio appuntamento speciale con l’arte, per turisti e cittadini. Il servizio di Gabriella Ceraso. 

Un Ferragosto pieno di sole e di cultura: queste le previsioni in Italia per la festa dell’Assunta. Non solo quindi pranzi all’aperto, passeggiate o escursioni al mare e in montagna, ma anche un’occasione e la possibilità per un’avventura della mente e aprire le porte di musei, parchi, chiese e palazzi.

All’incirca 300 i musei aperti: dai gioielli più amati - il Colosseo, gli Uffizi a Firenze, i Bronzi di Riace - ai luoghi romantici - la grotta azzurra di Anacapri, Villa d’Este a Tivoli, l’Eremo di S. Leonardo a Monteriggioni. Un’apertura significativa perché avviene di lunedì, giorno dedicato di solito al riposo e alla manutenzione e un’apertura che strizza l’occhio alle Olimpiadi di Rio, come spiega l’architetto Manuel Roberto Guido, direttore dei servizi di gestione e valorizzazione dei Musei del Ministero:

“Stiamo vivendo l’emozione delle Olimpiadi di Rio e il nostro Ministero ha voluto in qualche modo essere presente a questo evento così importante attraverso un paio di iniziative. La prima, è la presenza italiana a Rio de Janeiro nel Museo delle Belle Arti, con una mostra dedicata ai giochi nell’antichità – nell’antica Grecia e nell’antica Roma –, in cui sono presenti opere provenienti da molti dei nostri musei nazionali. Per quanto riguarda il pubblico italiano, lo stesso tema è stato ripreso su iniziativa del ministro Franceschini, all’interno dei nostri luoghi della cultura, dove i direttori dei singoli musei sono stati chiamati ad individuare un’opera – e devo dire che non ci sono grossi problemi, nell’ambito delle nostre collezioni ce ne sono parecchie - che in qualche modo richiamasse direttamente o indirettamente il tema dello sport. Quest’opera, che permane naturalmente nella sua sede originale, viene comunque evidenziata con didascalie, con pannelli che ne consentono una lettura in collegamento con questo particolare evento che stiamo vivendo in questi giorni”.

E l’offerta passa dalla città alla provincia fino ai luoghi più caratteristici di villeggiatura, venendo incontro a tutte le esigenze dei turisti. Ancora Roberto Guido:

“Noi abbiamo la possibilità di tenere aperti alcuni dei nostri più importanti luoghi della cultura – musei ed aree archeologiche – con un’apertura straordinaria, prolungata la sera, in modo da consentire anche ai villeggianti di poter usufruire del nostro patrimonio dopo cena. Vorrei ricordare, per esempio, il caso dei Templi di Paestum, che sono aperti fino alle 24.00, dal giovedì alla domenica, fino all’11 settembre. Ma pure i famosissimi Pompei ed Ercolano, molto raggiungibili da tutti coloro che sono in villeggiatura sulla Costiera, sono aperti il sabato sera fino alle 23.00. Anche il Museo Archeologico di Taranto e quello di Reggio Calabria, raggiungibile da tutti quelli che soggiornano sulla costa calabrese, è aperto addirittura fino al 31 ottobre, tutti i sabati fino alle 22.30. Per andare sull’Adriatico, abbiamo la Galleria Nazionale delle Marche ad Urbino, che non è precisamente sulla costa, ma molto facilmente raggiungibile da chi soggiorna sulla costa marchigiana e romagnola, che fino al 6 ottobre apre il giovedì sera fino alle 22.30”.

Confortati allora dai numeri positivi del Ministero che vedono gli italiani come turisti affascinati dal mondo artistico del Bel Paese, l’appuntamento è sul sito Internet www.beniculturali.it per informazioni, costi e orari. Buon viaggio nel mondo dell’arte.

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Padre Massimiliano Kolbe, il cielo che illuminò il bunker

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È una delle storie di eroismo cristiano più limpide quella di San Massimiliano Kolbe, il religioso polacco che la Chiesa ricorda alla vigilia della Festa dell’Assunta, giorno in cui nel 1941 fu ucciso nel campo di concentramento di Auschwitz. Paolo VI lo beatificò il 17 ottobre 1971 e il suo connazionale, San Giovanni Paolo II, lo proclamò Santo il 10 ottobre 1982. Alessandro De Carolis lo ricorda in questo servizio: 

“Il Cavaliere dell’Immacolata”. Un uomo dall’animo nobile come il suo non poteva concepire altro titolo per la sua piccola rivista dedicata alla Mamma celeste, che fin da bambino aveva imparato ad amare. Massimiliano Kolbe fu un cavaliere nel senso più alto del termine e fino all’ultimo respiro.

Cavaliere all’avanguardia
Cavaliere nel creare sotto il nome e la protezione dell’Immacolata la sua “Milizia”, in un tempo in cui – era il 1917 – l’Europa era attraversata dagli eserciti della Prima Guerra mondiale. Massimiliano, carattere socievole e ottimista, capisce che per bilanciare la propaganda totalitaristica che nel primo dopoguerra sta sviluppandosi è necessario che l’impegno pastorale dei Francescani, tra i quali è entrato, sia sostenuto, per una maggiore diffusione e presa sulla gente, dall’uso della tecnologia a disposizione, che a quell’epoca voleva dire stampa e radio.

Miliziani di Maria
Massimiliano è intelligente, bravo nello studio ma la tubercolosi che lo mina fin ragazzo gli impedisce di predicare e insegnare. I superiori gli permettono allora di dedicarsi alla sua “Milizia”, che non smette di raccogliere adepti ovunque venga conosciuta e conosciuto e stimato il suo propagatore, dai professori in cattedra agli studenti, da contadini semianalfabeti ai professionisti. Ed è a questo punto che il religioso polacco impianta una stamperia e nel 1921 esce il primo numero del “Cavaliere”.

Dal Giappone all’India
Rapidamente tutto diventa grande. Un altro nobile per titolo, un conte, gli dona un terreno e lui lo utilizza per fondare “Niepokalanow”, la “Città di Maria”, mentre le spartane capanne diventano edifici in muratura e la vecchia macchina stampatrice sin evolve in una moderna tipografia. Padre Kolbe si spinge a radicare i “Cavalieri” della sua Milizia fino in Giappone e in India, ma la malattia lo riporta in Polonia proprio quando l’esercito di Hitler sta per invadere la Polonia. I nazisti fanno terra bruciata della pubblicazione e soprattutto si scagliano contro i francescani che danno accoglienza a 2.500 rifugiati, 1.500 dei quali ebrei. Il 17 febbraio 1941, padre Massimiliano viene arrestato e il 28 maggio per lui si aprono i cancelli di Auschwitz.

Principe tra gli orrori
In quella gabbia degli orrori, il Cavaliere vive la sua ultima e più nobile fase della sua esistenza. Perde nome e abito, diventa un numero, il 16670, subisce violenze e viene assegnato al trasporto dei cadaveri nel crematorio. Ma in un luogo dove l’arte della crudeltà è affinata per abbrutire, la grande dignità di sacerdote e uomo di padre Massimiliano spicca come un diamante. “Kolbe era un principe in mezzo a noi”, racconterà un superstite.

“Solo l’amore crea”
La fine è nota. Trasferito alla fine di luglio al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi, quando uno di loro riesce a scappare, per rappresaglia in dieci finiscono in un bunker condannati a morire di fame. Uno dei prescelti è un giovane sergente polacco, Francesco Gajowniezek, che scoppia in lacrime e supplica il lagherfurher di risparmiarlo perché ha moglie e figli. A quel punto, padre Kolbe si fa avanti e chiede di scendere nel bunker al posto suo, tra lo stupore dei soldati. Il martirio è lentissimo. Consolati dall’incoraggiamento e dalle preghiere intonate da padre Massimiliano, le voci si affievoliscono e spengono una dopo l’altra. Dopo due settimane in quattro ancora resistono, uno è padre Kolbe. Le SS decidono di toglierli di mezzo con una iniezione di acido fenico. Tendendo il braccio al medico che sta per ucciderlo gli dice: “Lei non ha capito nulla della vita. L’odio non serve a niente. Solo l’amore crea”. Le sue ultime parole sono “Ave Maria”. E’ il 14 agosto 1941. Il corpo del Cavaliere viene cremato il giorno dopo, festa dell’Assunta.

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"Il turco in Italia", al Festival di Pesaro, diretta da Speranza Scappucci

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E' andata in scena al Rossini Opera Festival di Pesaro - prossime repliche domani e giovedì - una allegra edizione de "Il Turco in Italia": atmosfere cinematografiche che ricordano i film di Fellini, create dalla regia originale e assai movimentata di Davide Livermore, ottimo il cast e sul podio una nuova stella della direzione d'orchestra, già impegnata nei maggiori teatri lirici del mondo: Speranza Scappucci. Il servizio di Luca Pellegrini. 

Non è come Fiorilla, anche se è un personaggio che ama moltissimo, insieme a tutta l'opera. Questa "donna capricciosa ma onesta", come recita la locandina, confessa, entrando in scena nel primo atto del "Turco in Italia" di Rossini: "Non si dà follia maggiore dell'amare un solo oggetto", mentre Speranza Scappucci, che l'ha diretta con grande brio e innato senso teatrale, ama davvero un solo oggetto: la bacchetta con cui dirige un'orchestra. E, naturalmente, da sempre, la musica. Le ha dedicato tutta la vita, con sacrificio e volontà. Così ricorda la sua infanzia, già permeata di note, sempre accompagnata dall'amore dei genitori.

R. – Io da bambina ho studiato il pianoforte. Ho cominciato a quattro anni, seguendo mia sorella. La musica – diciamo – mi ha accompagnato per tutta la mia vita, fa parte della mia esistenza. Quindi non ricordo nemmeno la vita prima, senza la musica. Poi i miei genitori mi dicono che spesso mi alzavo cantando delle melodie. Forse, già da piccola, avevo questa inclinazione. La bacchetta non è mai stata un sogno, nemmeno un’idea fino a cinque anni fa quando, dopo aver lavorato tanto nei teatri, anche vicino a grandi maestri, mi sono resa conto che avevo un bagaglio musicale molto grosso.

D. – La prima volta che ha avuto davanti un’orchestra - non credo si possa immaginare che cosa significhi per chi non l’ha mai fatto – che cosa ha pensato?

R. – Intanto, quando ho studiato al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e poi alla Juilliard School di New York ho sempre fatto moltissima musica da camera. Quindi ho sempre amato fare la musica con gli altri. Quando ti trovi sul podio hai questa sensazione di dire: “Ci sono questi musicisti che hanno bisogno della mia idea musicale”, e quindi non c’è tempo per pensare troppo, bisogna fare subito. Più che altro come ti rivolgi all’orchestra nel momento delle prove, cioè cosa racconti ai musicisti del “Turco in Italia”: perché quel suono lo vuoi fatto in un certo modo piuttosto che in un altro. Questa, secondo me, è la cosa affascinante, la cosa più bella del mestiere del direttore d’orchestra.

D. – E le prime cose allora che all’orchestra, qui a Pesaro, ha raccontato del “Turco” quali sono state?

R. – Io sono salita sul podio e ho detto: “Cominciamo”. L’abbiamo letta e poi mi sono fermata e appena ho visto sulla pagina l’inizio di questa ouverture – per chi non conosce l’opera comincia con delle terzine - che spesso in varie registrazioni del passato che ho sentito è fatta molto lenta, ho detto: “Questa è la schiuma del mare, dell’onda che sta arrivando, del Turco che arriva”. Quindi ho subito pensato che dovesse essere frizzante, piena di energia. In tutto “Il Turco in Italia” è completamente presente il tema dell’acqua, del vento e del mare.

D. – Che ruolo ha avuto la famiglia nella carriera di Speranza Scappucci?

R. – Per me un ruolo fondamentale. Intanto, perché la mia famiglia ama molto la musica: mio padre, mia mamma. Da sempre, da quando eravamo piccoli, ci hanno portato ai concerti, all’opera. Hanno sempre fatto i sacrifici necessari per darci una educazione musicale e poi hanno avuto il coraggio, secondo me, di dire a 19 anni: “Prendi, vai a New York da sola a studiare in questa scuola”. Ancora oggi vengono sempre ai miei spettacoli e sono in camerino ad aiutarmi. E’ fondamentale – direi – la famiglia.

D. – A proposito di camerino, che cosa fa il maestro Scappucci quando lascia il camerino e si avvia verso il podio, dinanzi alla buca?

R. – C’è un momento di concentrazione mentre si scende dalle scale. Io porto sempre con me il rosario, perché sono molto devota alla Madonna e quindi questa è una cosa che mi porto sempre con me sul podio. Niente, ci si affida al Signore o al destino. Siamo sotto le stelle! Perché in ogni recita c’è l’imprevisto, può succedere di tutto e soprattutto bisogna essere molto concentrati. Insomma, la protezione dall’alto aiuta.

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Nella Chiesa e nel mondo



Usa: violenze a Milwaukee dopo l'uccisione di un afroamericano

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Proteste e violenze a Milwaukee, negli Stati Uniti, dopo che la Polizia ha ucciso nel corso di un inseguimento un ragazzo afroamericano di 21 anni. Distrutte alcune auto delle Forze dell’ordine, bruciate una banca, una pompa di benzina ed altri esercizi commerciali.  Negli scontri tra la Polizia e i circa duecento manifestanti è rimasto ferito da un mattone un agente, nonostante l’invito alla calma della famiglia del ragazzo ucciso. Tre le persone arrestate finora. Poche ore prima la Polizia aveva fermato per un controllo una vettura con due ragazzi, che si sono dati alla fuga. Nell’inseguimento uno degli agenti ha sparato ad uno dei fuggitivi, uccidendolo. Secondo fonti della Polizia la vittima era armata di una pistola semiautomatica utilizzata in una precedente rapina. L’altro ragazzo si trova ora in stato di fermo mentre l’agente che ha sparato è in congedo temporaneo. Ancora non è chiaro se la vittima abbia estratto o meno la pistola prima dello sparo dell’agente. (M.R.)

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Filippine: migliaia in piazza contro l'ex-dittatore Marcos

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Nelle Filippine circa duemila manifestanti hanno protestato a Manila contro la decisione del presidente Rodrigo Duterte di autorizzare la sepoltura dell’ex dittatore Ferdinand Marcos nel “Cimitero degli eroi”, dedicato alle più importanti personalità filippine.  Marcos, al potere dal 1965 al 1986, aveva decretato la legge marziale nel 1972 ed è considerato dall’organizzazione “Transparency International” come il secondo politico più corrotto di tutti i tempi per aver prelavato per uso personale  10 miliardi di dollari dalle casse dello Stato.  Per il neo-presidente Duterte, che ha fatto della lotta alla corruzione uno dei punti principali della sua campagna elettorale, Marcos è stato “il miglior presidente mai avuto dalle Filippine”. “E’ una grave ingiustizia, non è stato un eroe”, dicono i manifestanti, che preparano un ricorso alla Corte di giustizia e una raccolta firme per fermare la tumulazione. Il trasferimento della salma è programmato per settembre ed è sostenuto dalla famiglia Marcos, rientrata in politica dopo la morte del presidente. (M.R.)

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Bangladesh: aiuti Caritas per gli alluvionati

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Estate drammatica per il Bangladesh che ha dovuto affrontare le peggiori inondazioni degli ultimi dieci anni: almeno tre milioni di persone, sparse in 16 distretti del Paese, hanno subito ingenti danni, mentre acqua e fango fuoriusciti dai fiumi hanno spazzato via più di 15mila case.

Kit di emergenza per oltre 1.600 famiglie
Per questo, la Caritas locale ha promosso in questi giorni una serie di iniziative per aiutare le vittime delle alluvioni devastanti. I volontari dell’organismo caritativo cattolico hanno distribuito 4mila taka (circa 46 euro) e kit per la pulizia ad ogni persona, per almeno 1.650 famiglie colpite dall’emergenza. Gli sforzi si concentrano in due distretti del nord del Paese. Alla consegna dei generi di conforto erano presenti anche funzionari del governo centrale di Dhaka.

Segnali di miglioramento, ma è ancora emergenza
Interpellato da AsiaNews, Pintu William Gomes, funzionario del Dipartimento della gestione dei disastri di Caritas Bangladesh, racconta: “Abbiamo distribuito aiuti in due distretti, Sirajgonj e Kurigram, alle persone più colpite. A breve altri distretti saranno interessati dalla distribuzione”. Nonostante ci siano segnali di miglioramento, il dramma della popolazione colpita non accenna a diminuire. “Abbiamo consegnato - spiega ancora Gomes - kit di disinfezione contenenti sacchi, tazze e altri generi di prima necessità, perché la popolazione possa raccogliere acqua potabile in tutta sicurezza”.

Campagna di informazione per evitare epidemie  
Dal suo canto, Danis C. Baskey, direttore regionale di Caritas Rajshahi, rende noto che i volontari cattolici hanno lanciato anche una campagna di informazione sull’igiene e la pulizia nelle comunità più colpite, così da prevenire il rischio di infezioni ed epidemie. Fra i punti essenziali, anche i suggerimenti su come evitare i morsi dei serpenti, l’uso dei servizi igienici, la pulizia delle mani e la cura personale. (I.P. – AsiaNews)

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Germania: “Essere Chiesa insieme”, vademecum di riorientamento pastorale

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Incoraggiare tutte le congregazioni e le comunità, le organizzazioni e le istituzioni ecclesiali tedesche a contribuire insieme al processo di riorientamento pastorale della Chiesa in Germania. Questo lo scopo del vademecum “Essere Chiesa insieme – Spunti, proposte, idee”, pubblicato questa settimana dalla Conferenza episcopale tedesca (Dbk). 

Il rinnovamento pastorale delle diocesi tedesche
La pubblicazione – spiega un comunicato della Dbk ripreso dall’agenzia Sir - avviene a un anno dalla diffusione dello strumento di lavoro sul rinnovamento pastorale nelle diocesi tedesche che è stato approfondito e discusso in questi 12 mesi. Essa si inserisce nell’ambito del processo strutturato di dialogo, avviato in questi anni dall’Episcopato, sulle sfide della Chiesa in Germania oggi e sulla sua testimonianza e missione nei vari ambiti della società.

Diversi contributi
Diversi autori hanno contribuito a sviluppare idee e proposte sulla prassi pastorale “dello stare insieme” in questo processo. Tutti i testi sono disponibili in www.gemeinsam-kirche-sein.de e diversi articoli possono essere analizzati sul sito del l’Ufficio cattolico per la pastorale missionaria (Katholischen Arbeitsstelle für missionarische Pastoral - Kamp) , l’organismo istituito dai vescovi nel 2010, con il compito appunto di analizzare le questioni fondamentali della pastorale missionaria e il ruolo della religione nella società.

Una Chiesa vicina alla gente
“Essere Chiesa insieme”, evidenzia  nella prefazione il presidente della Commissione pastorale della Dbk, mons Franz-Josef Bode,  mette in relazione la parola dei vescovi con la discussione e la proposta interdiocesana: “La gente dovrebbe sapere che nella Chiesa può trovare una comunità originale e reale che rappresenta le diverse realtà”. Secondo il vescovo di Osnabrück “essere Chiesa insieme si realizza nei luoghi in cui la essa è vicina alla gente, nelle associazioni, nelle comunità, nei gruppi, nelle comunità locali”. (L.Z.)

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In rete la versione cinese della “Dottrina sociale cristiana" del card. Hoeffner

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La traduzione in cinese di “Christliche Gesellschaftslehre”, opera fondamentale per comprendere la dottrina sociale della Chiesa, è oggi online e scaricabile in forma gratuita da chiunque sia interessato. A curarne la pubblicazione sulla rete – riporta l’agenzia asianews - è “Ordo Socialis”, organizzazione accademica per la promozione della dottrina con base in Germania.

Il card. Hoeffner, uno dei padri della moderna dottrina sociale della Chiesa
Il libro, tradotto in italiano come “La dottrina sociale cristiana”, è stato pubblicato per la prima volta in tedesco nel 1962. L’autore è il defunto cardinale e teologo tedesco Joseph Hoeffner, considerato uno dei padri della moderna dottrina. La traduzione cinese si basa su una edizione aggiornata e apparsa nel 2000 (anche se l’autore è scomparso nel 1987): la versione stampata non è più disponibile e l’editore cinese, VI Horae, non esiste più.

Un’opera fondamentale per aggiornare la Chiesa cinese
L’aggiornamento in questo campo e in quello della teologia è di primaria importanza per la Chiesa cinese, che dall’avvento del maoismo – precedente al Concilio Vaticano II – non è riuscita a compiere studi approfonditi in materia a causa del lungo isolamento imposto da governo fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Nonostante restrizioni e censure, dall’inizio degli anni Duemila le cose sembrano procedere in maniera più spedita.

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Austria: tutto pronto per “Key2Life”, festival della musica rock cattolica

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I cattolici sono…rock! Potrebbe essere questo il motto di “Key2Life”, il festival di musica rock cattolica, in programma a Marchegg, vicino Vienna, dal 18 al 21 agosto. La kermesse – spiega l’agenzia Sir - si presenta come un’occasione inusuale e non convenzionale per accostarsi alla spiritualità cattolica. Quindici le band musicali cristiane, provenienti da tutto il mondo, che si esibiranno durante la manifestazione.

Un’idea nata nel 2003
Dal 2003 il festival “Key2Life” è un successo di pubblico che premia l’idea avuta dalla rivista giovanile cattolica “You!” e dalla pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Vienna. Qui, tredici anni fa, il Vicariato per la zona nord della città organizzò un grande concerto a Stephansplatz nell’ambito della Missione 2003, che attirò migliaia di giovani. Ma oltre alla musica, quest’anno le quattro giornate del festival offriranno momenti mattutini di preghiera in compagnia dei monaci della Comunità domenicana di San Giovanni.

Non solo musica, ma anche confessione e preghiera
Alcuni sacerdoti, inoltre, saranno sempre disponibili per amministrare il sacramento della riconciliazione. Infine, presso la Sala parrocchiale del convento di San Giovanni, si terrà la così detta “Jakob Academy”, un momento di confronto organizzato dal coordinamento dei movimenti giovanili della Conferenza episcopale austriaca. (I.P. – Sir)

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Meter dona a città di Noto scultura per commemorare i bambini vittime di violenza

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I bambini vittime di violenza: a loro è dedicata la scultura in pietra bianca, raffigurante la lettera M simbolo dell’Associazione Meter, collocata nella piazza XXIV Maggio della Città siciliana di Noto, patrimonio dell’Unesco. La cerimonia d’inaugurazione avverrà questa sera, alle ore 20.30, presente il Sindaco Corrado Bonfanti e don Fortuna di Noto, fondatore e presidente dell’Associazione Meter, impegnata “dalla parte dei bambini” per contrastare ogni violenza e sopruso, in particolare gli atti di pedofilia, amplificati sulla rete. La scultura, opera di Antonino Rossitto, improntato a valori spirituali e civili, riporta due targhe, una con lo stemma del Comune di Noto e l’altra con l’iscrizione GBV 1995 – Giornata dei bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza contro la pedofilia. (R.G.)

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Tv: scompare Ettore Bernabei, storico dg della Rai

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E’ morto all’età di 95 anni Ettore Bernabei, storico direttore della Rai dal 1961 al 1974 e grande interprete del “servizio pubblico”. Si è spento ieri sera all’Argentario, dove era in vacanza con la famiglia. Nato a Firenze il 16 maggio 1921 Bernabei era un cattolico praticante e padre di 8 figli. Direttore de "Il Popolo", quotidiando della Democrazia Cristiana nel 1956, dopo la direzione generale della Rai è a capo di Italstat e da ultimo produttore televisivo di successo con la "Lux Vide". Al suo ricordo è legata l'epoca d'oro della Tv italiana e i grandi sceneggiati come l'Odissea e il Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli. “La Tv può ricondurre miliardi di uomini e donne sulla via del vero e del giusto”, aveva detto nella lectio magistralis tenuta alla Pontificia Università Lateranense nel giorno del suo 90 esimo compleanno. (M.R.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 227

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.