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Sommario del 18/08/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Mons. Farrell: al centro della mia agenda l'Amoris Laetitia del Papa

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L’Esortazione del Papa Amoris Laetitia sarà al centro della mia agenda: è quanto afferma ai nostri microfoni mons. Kevin Joseph Farrell, finora vescovo di Dallas, nominato da Francesco prefetto del nuovo Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita69 anni a settembre, irlandese, Legionario di Cristo, il presule è intervenuto recentemente sulle crescenti tensioni tra poliziotti e afroamericani negli Stati Uniti. A Dallas nel luglio scorso 5 poliziotti sono stati uccisi da un cecchino. “La violenza – aveva detto - non si supera con altra violenza. La violenza si supera con la pace. Tutte le vite contano, neri, bianchi, musulmani, cristiani o indù siamo tutti figli di Dio ed ogni vita umana è preziosa”. Di qui, l’appello al dialogo e a “non perdere il rispetto l’uno per l’altro”. Sulla nomina del Papa, ascoltiamo mons. Farrel intervistato da Charles Collins:

R. – Well, I was humbled…
Sono onorato che il Santo Padre mi abbia chiesto di andare a svolgere un così importante lavoro. Mi sono sempre visto come un vescovo che lavora in una diocesi al servizio delle persone, ma quando ricevi una chiamata dal Santo Padre che ti chiede di fare qualcosa come questa, non puoi che rimanere stupito ed onorato allo stesso tempo. Non vedo l’ora di cominciare. Mi sembra che sia una grande sfida, soprattutto considerando il fatto che l’Esortazione del Santo Padre, Amoris Laetitia, sia così importante e così ben accolta dal mondo intero; ed essendo stato nominato a capo di quello che era il Pontificio Consiglio per la Famiglia, ovviamente sarà al primo posto della mia agenda. Così come lo sarà certamente promuovere il laicato,  assicurare che i laici abbiano il ruolo che spetta loro nella Chiesa e promuovere l’apostolato dei laici nel mondo. La vedo come una sfida. Non me l’aspettavo a questo punto della mia vita!

D. – Anche suo fratello Brian si trova qui. Come sarà lavorare vicino a lui?

R. –Yes, I do have a brother there…
Si, ho un fratello che lavora nel Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Non vedo l’ora. Siamo preti da molti, molti anni, ma non abbiamo mai lavorato nella stessa città. Quindi, sarà un fatto eccezionale.

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Mons. Paglia: Papa 'accelera' vicinanza Chiesa a umanità ferita

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Una riforma che renda sempre più capace la Chiesa di realizzare la sua missione di salvezza e di guarigione proprio là dove la vita degli individui è più minacciata dalle nuove culture della competizione e dello scarto. E’ questo il senso che Papa Francesco vuole dare al rinnovamento delle strutture ecclesiali, come si legge in un suo Chirografo pubblicato ieri. In questo contesto è giunta anche la nomina di mons. Vincenzo Paglia come presidente della Pontificia Accademia per la Vita e gran cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Sergio Centofanti lo ha intervistato: 

R. – Io credo che con queste nomine il Papa abbia voluto determinare in maniera ormai più chiara il nuovo corso relativo alle conclusioni del Sinodo dei Vescovi, in particolare della “Amoris Laetitia”. Papa Francesco non solo offre un primo riassetto della Curia Romana, mostrando la prospettiva eminentemente pastorale nella quale lui si è posto; e in effetti anche nel chirografo, per quel che riguarda il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e l’Accademia per la Vita, intende sviluppare l’aspetto più propriamente culturale e formativo del Sinodo dei Vescovi, e la nomina del prefetto del nuovo dicastero risponde a questa chiara prospettiva pastorale, scritta all’interno della Chiesa come popolo di Dio. E quindi, in qualche modo volendo far risaltare la dimensione familiare dell’intera realtà ecclesiale. E questa mi pare una prospettiva francamente molto interessante …

D. – Il Papa, nel Chirografo a lei indirizzato, dice che chinarsi sulle ferite dell’uomo per comprenderle e curarle è compito di una Chiesa fiduciosa nella forza di Cristo risorto …

R. – Il Papa vuole esortare sia chi vive nella immediatezza del contatto pastorale sia coloro che sono più a contatto con la cattedra, con lo studio, a trovare una nuova alleanza tra la pratica della vita pastorale e la riflessione teologica che si confronta con i nuovi orizzonti e le nuove prospettive o le nuove sfide che la società pone continuamente alla Chiesa e particolarmente acute all’inizio di questo nuovo millennio. Il Papa non vuole una pastorale cieca e neppure una teologia da tavolino. Vuole che tutta la Chiesa in tutte le sue componenti si chini sulla società contemporanea, perché la grazia e la misericordia del Signore risollevi, risani, aiuti e ci porti tutti in quell’itinerario verso la pienezza del Regno.

D. – Infatti, sempre nel Chirografo, il Papa chiede un approfondimento delle riflessioni su queste tematiche, iscrivendole sempre più chiaramente nell’orizzonte della misericordia …

R. – L’orizzonte della misericordia presiede questa sezione della riforma della Curia Romana. In questo senso, la convinzione che tutto converga non in una riflessione teorica, ma in quello che la Chiesa sostiene essere la “prima lex”, ossia la salvezza delle anime, la salvezza della gente, la salvezza delle famiglie, l’aiuto a questa società che spesso è davvero simile a quel campo di battaglia dentro il quale la Chiesa deve operare e far sentire la misericordia di Dio, con passione e continuità di impegno, affinché tutti, nessuno escluso, vengano raggiunti dall’amore di Dio, che è un amore che cambia e che salva.

D. – Come accoglie questa nomina del Papa?

R. – Con grande gratitudine. Il lavoro che ho fatto finora mi ha impegnato notevolmente sul versante della concretezza, dell’incontro con tante realtà ecclesiali, con tante Conferenze episcopali e comprendo questo desiderio del Papa come una sorta di accelerazione della vicinanza della Chiesa nel solcare le frontiere più delicate e che richiedono consapevolezza, audacia e anche un po’ di creatività.

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Hollande: grato al Papa per le sue parole dopo attacchi in Francia

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Papa Francesco ha ricevuto ieri pomeriggio il Presidente francese François Hollande. La visita, tenutasi in forma privata, è durata circa 40 minuti. Ad accompagnare Hollande c’erano tra gli altri, il ministro degli Interni francese, Bernard Cazeneuve, e l’ambasciatore francese presso la Santa Sede, Philippe Zeller. Hollande ha donato al Papa una porcellana di Sèvres, con lo stemma della Francia. Il Santo Padre, a sua volta, ha donato al capo di Stato francese una scultura in bronzo, copie dell’Enciclica Laudato si’ e delle Esortazioni apostoliche Amoris laetitia ed Evangelii gaudium. Dopo l’udienza con il Pontefice, Hollande ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Prima del colloquio privato con Papa Francesco, il presidente Hollande ha risposto alle domande di alcuni giornalisti. Il capo dell’Eliseo ha ricordato, tra l'altro, il tragico assassinio di padre Jacques Hamel, ucciso lo scorso 26 luglio da due giovani terroristi francesi di origini maghrebine nella parrocchia di Saint-Etienne du-Rouvray, in Normandia. Sulle dichiarazioni rilasciate dal capo di Stato transalpino, il servizio Amedeo Lomonaco: 

Hollande ha espresso riconoscenza e gratitudine a Papa Francesco: “Il Papa dopo la terribile prova dell’assassinio di padre Hamel, dopo l’attentato di Nizza - ha detto - ha avuto parole che sono state di grande conforto”. “Tutte le parole che sono state pronunciate – ha aggiunto Hollande riferendosi anche a quelle dei responsabili della Chiesa francese - sono state molto importanti in questo periodo, perché hanno contribuito a ricordare l’unità e la compattezza della Francia”, “la riconciliazione che occorre realizzare e anche la solidarietà del mondo intero verso la Francia che è stata vittima degli attentati terroristici”.

Hollande: i cristiani d'Oriente contribuiscono all'equilibrio in Medio Oriente
Il capo di Stato francese si è poi soffermato sulle questioni che riguardano i cristiani d’Oriente: “Siamo tra i protettori dei cristiani d’Oriente e il Papa - ha detto - sa quanto i cristiani d’Oriente contribuiscono all’equilibrio nella regione”. Alla situazione in Medio Oriente, alla crisi dei rifugiati - ha spiegato - si deve rispondere con una chiara visione del mondo, non con la paura che viene strumentalizzata.

Il capo dell'Eliseo: la laicità è un messaggio che riconcilia
Hollande ha ricordato, infine, il brutale assassinio di padre Hamel: “I cattolici francesi sono provati da questo attentato, ma è tutta la Francia - ha detto - che è stata colpita e quando una chiesa è colpita, quando un sacerdote è assassinato, è la Repubblica che è profanata, perché la Repubblica deve proteggere”. E’ questa – ha dichiarato - la laicità: “Deve proteggere tutti i culti e deve assicurare la libertà di credere o di non credere”. Ecco perché questo messaggio di laicità - ha concluso Hollande - “non è un messaggio che può ferire, ma un messaggio che può riunire e riconciliare”.

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Francesco il 31 agosto al Congresso dei cardiologi alla Fiera di Roma

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Mercoledì 31 agosto, al termine dell’udienza generale, il Papa si recherà alla Fiera di Roma per rivolgere il suo saluto ai partecipanti al Congresso Mondiale (Esc Congress 2016) organizzato dalla Società Europea di Cardiologia, che si aprirà il 27 agosto e che terminerà, appunto, il 31 agosto. Si tratta del più grande raduno al mondo sulla patologia cardiovascolare al quale prenderanno parte 35mila medici provenienti da 140 Paesi, nonché figure professionali legate alla cardiologia e aziende produttrici di farmaci e dispositivi medici. Sul significato della presenza di Francesco nella giornata conclusiva del Congresso, Francesca Sabatinelli ha intervistato il professor Leonardo Bolognese, presidente della Federazione italiana di cardiologia, nonché tra i coordinatori italiani di Esc 2016: 

R. – Per noi ha un grandissimo significato, la sua presenza è per noi di grande supporto perché sottolinea la missione della Società europea di cardiologia, e in genere della comunità cardiologica, che è quella di combattere la malattia cardiovascolare e, quindi, le implicazioni in ordine alla salute pubblica e alla lotta contro le malattie cardiovascolari. L’“endorsement” da parte di una figura come quella del Papa, al di là di quello che rappresenta per tutta la comunità cristiana, è sicuramente un grande elemento di supporto per l’attività della comunità cardiologica internazionale.

D. – Qual è l’obiettivo, lo scopo, di questo congresso dalle dimensioni così vaste?

R. – L’obiettivo e la missione sono quelli di prevenire, diagnosticare e trattare le malattie cardiovascolari. I dati in questo senso ci supportano e sono motivo di grande orgoglio. C’è stata negli ultimi dieci anni una riduzione importante delle malattie cardiovascolari, in nessun altro campo è stata raggiunta una riduzione di mortalità da malattie cardiovascolari come quella ottenuta in campo cardiologico. Per cui, è di particolare importanza l’attività della comunità cardiologica, in questo senso.

D. – Quali saranno – se ci saranno – le novità in questi giorni di congresso?

R. – Si riuniranno oltre 35 mila delegati provenienti da 140 Paesi, che condivideranno le più aggiornate informazioni scientifiche in campo cardiovascolare: dalle nuove tecnologie, alle problematiche sulla cardiopatia di genere, agli effetti della crisi finanziaria e sociale sulla salute cardiovascolare, alle problematiche relative alla prevenzione, a partire dalla prima e seconda infanzia, in modo tale che possiamo crescere bambini e adolescenti sani e prevenire fattori di rischio in età adulta, per arrivare poi alle cose più avanzate, come quella di utilizzare le nano-tecnologie per rigenerare il tessuto cardiaco. Quindi, c’è una vasta gamma di informazioni scientifiche che verranno condivise che vanno dalla prevenzione, alla diagnosi, ai nuovi strumenti di trattamento che, sicuramente, sono quelli che poi interessano da vicino i nostri pazienti.

D. – Quest’anno è stata scelta come sede del congresso Roma, l’Italia: è importante questa scelta? 

R. – E’ importante perché dà un riconoscimento al ruolo che la comunità cardiologica in Italia ormai da decenni ha a livello internazionale. Se si è atteso tanto per avere il congresso qui da noi, in Italia e a Roma, non è dipeso certamente dal peso scientifico e professionale che la cardiologia italiana può avere avuto in questi anni, perché è stato sempre di rilievo, quanto piuttosto per un problema legato alle infrastrutture, perché questo è il più grande congresso di cardiologia del mondo e quindi ospitare non soltanto 35 mila delegati, ma anche spazi espositivi che sono veramente rilevanti in termini di dimensioni, fino ad adesso non era mai stato possibile, ora finalmente lo abbiamo visto realizzato. Quindi, da una parte c’è il riconoscimento che anche l’Italia sul piano logistico e organizzativo è in grado di ospitare un congresso di queste dimensioni; dall’altra, l’impegno da parte di tutti i ruoli internazionali perché ciò avvenisse è proprio il riconoscimento del ruolo, a livello internazionale, della cardiologia italiana.

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Tweet: non abbandoniamo mai la preghiera, anche quando sembra inutile

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Il Papa ha pubblicato un nuovo tweet: “Non abbandoniamo mai la preghiera, anche quando ci sembra inutile pregare”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Pierangelo Sequeri sull’invenzione di una poetica teologale nella ricerca spirituale di Giovanni Battista Montini.

Paolo Vian su Agostino Valier e il Concilio: un vescovo della Riforma cattolica.

Cristiana Dobner sul silenzio che diventa preghiera.

Andrea Possieri ricorda lo storico Ernst Nolte.

Un articolo di Miguel Delgado Galindo dal titolo “Una diversa dall’altra”: dalla Polonia a Panama continua il pellegrinaggio delle giornate mondiale della gioventù.

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Oggi in Primo Piano



Raid in Siria: Onu ferma attività umanitaria, civili abbandonati

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I continui raid sulla Siria ostacolano gli aiuti ai civili. Questo il motivo per cui l'inviato speciale dell' Onu per la Siria, Staffan de Mistura, ha annunciato di avere sospeso l'attività della sua task force umanitaria. La decisione giunge dopo il nuovo appello alle parti in guerra del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per la martoriata città di Aleppo: si rischia una catastrofe umanitaria – scrive – senza precedenti. Sulle ragioni della concentrazione del fuoco su Aleppo, Giancarlo La Vella ha intervistato Lorenzo Trombetta, dell'Ansa di Beirut: 

R. – Aleppo è uno snodo cruciale per la guerra siriana, sia perché è il terminale dell’asse stradale Damasco-Aleppo, Nord-Sud, Sud-Nord, che divide in due la Siria: da una parte quella dominata dai russi, dagli iraniani e dalle forze governative; dall’altra la Siria rurale, in parte dominata dal sedicente Stato Islamico e in parte da sacche della resistenza di insorti di vari gruppi e filiazioni. In questo modo, Aleppo non soltanto è il terminale dell’asse, ma è anche uno snodo che da secoli divide il Medio Oriente. C’è un Medio Oriente che si affaccia verso l’Anatolia, sottoposto quindi all’influenza turca, con i fortissimi interessi economici della Turchia nel Nord della Siria; ma c’è anche il collegamento con Mosul, quindi con il petrolio iracheno e con quello che è il profondo Medio Oriente e poi l’Asia Centrale. Poi, in fondo, Aleppo è anche una città mediterranea, perché il Mediterraneo è a meno di 200 kilometri di distanza. E Aleppo è fondamentale anche per il controllo della parte Nord-occidentale della Siria: quella che si affaccia sulla costa di Latakia. Ecco perché questa città, geograficamente e politicamente, racchiude diverse dimensioni cruciali per il destino della guerra.

D. – L’appello del segretario generale dell’Onu si rivolge soprattutto a Russia e Stati Uniti; c’è veramente la volontà di salvaguardare i civili da parte di chi, in questo momento, è impegnato ad attaccare le basi del sedicente Stato islamico?

R. – Innanzitutto, la questione di Aleppo non è legata direttamente a quella dell’Is. L’Is non è presente, almeno non ufficialmente, nella zona di Aleppo. Ad Aleppo si combatte una guerra per il potere a Damasco e in generale nella Siria oggi controllata dalle forze governative. Si sa – ed è piuttosto documentato anche da varie organizzazioni umanitarie – che i russi e i governativi, insieme con forze iraniane, hanno colpito sistematicamente i civili ad Aleppo Est, controllata dagli insorti. E gli stessi insorti, a loro volta, hanno fatto uso di armi e bombardamenti contro installazioni civili ad Aleppo Ovest e in altre regioni. Senza dubbio nessuno è esente da colpe in questa guerra; ma – ovviamente – per il tipo di armi che i russi, gli iraniani e i siriani mettono in campo, questi ultimi hanno delle responsabilità diverse rispetto all’altro fronte.

D. – Aver ricucito i rapporti tra Mosca e Ankara può cambiare in qualche modo le carte in tavola in questo momento?

R. – Senza dubbio. La Turchia svolge un ruolo fondamentale proprio nel determinare gli equilibri nel Nord della Siria e quindi nel contesto di Aleppo. Non a caso il riavvicinamento tra Mosca e Ankara ha preceduto di pochi giorni addirittura la chiusura finale dell’assedio governativo russo-iraniano su Aleppo. In qualche modo è mancato agli insorti, che stavano ad Aleppo Est, quell’appoggio turco che evidentemente prima era arrivato, sia in termini di armi che in termini politici, diplomatici e anche logistici. Dopo l’allineamento con Mosca, si è visto sul campo come la coalizione degli insorti abbia comunque perso un alleato fondamentale.

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Turchia: attacchi contro la polizia, oltre 10 morti

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Turchia di nuovo sotto attacco. Nelle ultime 24 ore sono state colpite due stazioni di polizia nell’Est del Paese. Il bilancio è di oltre 10 morti e più di 200 feriti. Intanto prosegue il pugno duro contro tutte le realtà accusate di aver preso parte al fallito golpe del 15 luglio. Il Servizio di Marco Guerra: 

Stamane dinanzi la stazione di polizia di Elazig, ieri sera nei pressi di una centrale nella provincia di Van. Entrambe le località sono nell’Est del Paese, dove è presente la minoranza curda. Secondo la stampa locale molti feriti sono civili e versano in gravissime condizioni. Nessuna rivendicazione è giunta al momento ma il ministro della Difesa punta il dito contro i separatisti curdi del Pkk che, anche nel recente passato, hanno colpito diversi obiettivi delle forze dell’ordine.

Gli attacchi arrivano mentre prosegue il giro di vite contro i presunti sostenitori del fallito golpe. Oggi nuova vasta operazione della polizia turca: sono state effettuate a Istanbul circa 100 perquisizioni in diverse sedi di società sospettate di garantire finanziamenti al movimento del magnate turco Fetullah Gulen in autoesilio negli Usa, ritenuto dal governo di Ankara l'ispiratore del tentativo di golpe. Ordinato il congelamento dei beni di 187 manager turchi, 60 dei quali sono stati arrestati. Tra i nomi eccellenti coinvolti, secondo alcune indiscrezioni, anche il presidente della Confindustria turca.

Il nuovo bilancio complessivo, fornito dal premier turco Binali Yildirim, vede circa quarantamila persone in custodia cautelare o agli arresti domiciliari, 20mila già in carcere mentre nel settore pubblico sono stati sospesi 79 mila dipendenti, cinquemila sono stati licenziati definitivamente. Il premier e quindi tornato sulla necessità di svuotare le carceri per far spazio ai golpisti: “Non si tratta di indulto, ma abbiamo bisogno di posti letto” spiegato Yildirim.

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Galantino: prevalga buonsenso, nessuna paura per il burqini

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La paura del burkini “appare strumentale. Dobbiamo imparare a vivere insieme”: così mons. Nunzio Galantino commenta la scelta della Francia di vietare, in spiaggia, l’abbigliamento musulmano femminile. In un’intervista al “Corriere della Sera”, il segretario generale della Cei invita alla “conoscenza di simboli di altre culture ed alla loro accettazione, quando non ledano le esigenze della sicurezza”. Il servizio di Isabella Piro

Andare oltre “le banalità e le strumentalizzazioni”, lasciandosi guidare da “ragionevolezza e responsabilità”: è questo l’auspicio di mons. Galantino, di fronte al dibattito scatenato, in Francia, dal divieto del burkini sulle spiagge. Un divieto partito dai sindaci della Costa Azzurra e rilanciato dal ministro dell’Interno, Manuel Valls, in nome della laicità dello Stato, della sicurezza e dell’igiene.

Tutelare libertà di religione, coscienza ed opinione
“Ogni persona ha diritto a mostrare la propria fede anche nell’abbigliamento, se lo ritiene opportuno – dice mons. Galantino – Si vigili che non vi siano usi strumentali dei simboli religiosi, ma se ne garantisca la piena libertà”, legata alla “libertà di coscienza, di opinione e di religione”. Infatti, continua il segretario generale della Cei, “la libertà da riconoscere ai simboli religiosi va considerata alla pari della libertà di esprimere i propri convincimenti e di seguirli nella vita pubblica”.

Richiamo al buonsenso, anche per i musulmani
Di qui, il richiamo del presule al “buonsenso” perché “è difficile immaginare che una donna che entra in acqua stia realizzando un attentato” ed è “paradossale che ci si allarmi” per una donna “troppo vestita” che fa il bagno al mare. Altrettanto buonsenso, però, mons. Galantino lo chiede alle comunità musulmane, affinché la libertà che rivendicano per seguire le proprie tradizioni “non limiti la nostra sicurezza”.

Uccisione di padre Hamel, “un fatto mostruoso”
L’intervista del “Corriere della Sera” si allarga, poi, ai recenti attentati in Francia e, in particolare, alla morte di padre Jacques Hamel, sgozzato in Chiesa, sull’altare: “È stato un fatto mostruoso”, dice mons. Galantino, esprimendo poi apprezzamento per “la buona reazione di condanna di quel gesto da parte di ambienti musulmani”. Si è trattato di una reazione “non ancora sufficiente – specifica il presule – ma più forte rispetto ad ogni precedente occasione”.

Sì a costruzione di nuove moschee, ma controlli severi sul loro uso
Quanto alla presenza di musulmani in Chiesa, in segno di solidarietà, il segretario generale della Cei afferma: “Si possono trovare modalità meno invasive, ma ugualmente forti e significative. Non è necessario che l’abbraccio avvenga in Chiesa o in moschea”. Ed alla costruzione di nuove moschee in Italia, mons. Galantino si dice favorevole, purché ci siano “controlli severi dell’uso” che se ne fa. Perché – conclude – “il musulmano che si vede negare il diritto a pregare in un luogo dignitoso è più vicino alla radicalizzazione di uno che si vede accolto in quell’esigenza prioritaria”.

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Un tredicenne sui barconi per far curare il fratellino in Italia

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E’ una storia a lieto fine quella di Ahmed, 13 anni, partito dall’Egitto per trovare medici disponibili a curare il fratellino di 7 anni, affetto da una patologia del sangue. Il piccolo, grazie alla mobilitazione della Regione Toscana, sarà curato in Italia. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Ahmed è arrivato da solo, a Lampedusa, a bordo di un barcone. In Egitto, in una polverosa casbah a 130 chilometri dal Cairo, ha lasciato la famiglia e il fratellino Farid, affetto da una malattia del sangue, la piastrinopenia. Appena arrivato in Sicilia, ha estratto da un sacchetto di plastica la fotocopia di un certificato medico con la diagnosi della malattia del fratellino. Durante il viaggio, ha incrociato alcuni dei drammi dell’immigrazione. Al suo arrivo in Italia ha raccontato di aver visto, prima della partenza, giovani donne trascinate in un magazzino da dove tornavano in lacrime prima di salire sul barcone. Ha anche detto che durante la traversata non ha ricevuto cibo ma solo un sorso di acqua al giorno. Ahmed ha temuto di morire ma non ha mai perso la speranza di trovare dei medici disposti a curare il più piccolo dei suoi fratelli. Ha detto che il dolore più grande è stato quello di vedere Farid dover lasciare l’ospedale in Egitto perché il padre non aveva i soldi per pagare le cure. Ora sogna di poter giocare e correre insieme con il suo fratellino.

La vicenda  di Ahmed è stata riportata dai mezzi di informazione. Dopo aver letto la notizia, il prof. Marco Carini, direttore del Dipartimento oncologico dell’Ospedale Careggi di Firenze, si è subito attivato. Amedeo Lomonaco lo ha intervistato: 

R. – Leggendo questa notizia on-line la mattina sul computer, ho pensato che era una delle poche volte che leggendo una notizia così drammatica, un medico potesse fare qualcosa, mentre normalmente siamo impotenti davanti a tragedie che avvengono in mare. Conseguentemente, ho mandato un messaggio all’assessore alla Sanità della Regione Toscana. Ho chiesto di poter occuparci noi di questo bambino e della sua malattia, per poterlo curare adeguatamente.

D. – Il fratellino di Ahmed, Farid, è affetto da una malattia del sangue …

R. – La diagnosi di piastrinopenia è una diagnosi aspecifica. Per prima cosa, va capito quale sia la causa che ha portato a questa malattia. La piastrinopenia è una carenza di piastrine. Le piastrine sono elementi del sangue che servono a non far sanguinare, detto in termini molto semplici. Il trattamento va adeguato a seconda del tipo di patologia che ha causato questa piastrinopenia: potrebbe essere una cosa banale o una cosa più importante…

D. – Da questa storia, comunque, emerge il coraggio di Ahmed, che non ha esitato a correre anche grandi rischi per salvare il fratellino …

R. – Quello che mi ha colpito di più è stata la frase di Ahmed in cui dice che vuole continuare a giocare a pallone con il fratellino. Spera che la malattia si risolva e che Farid possa tornare a gioire della vita come tutte le persone sane.

La storia di Ahmed e quella del suo fratellino Farid hanno dunque trovato in Italia importanti risposte istituzionali. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’assessore al diritto alla salute della Regione Toscana, Stefania Saccardi

R. – Ho apprezzato questo straordinario gesto d’amore fatto dal piccolo Ahmed nei confronti del fratellino e mi è sembrato giusto rispondere dando la massima disponibilità d’accoglienza e dandogli una mano per prendersi cura del piccolo Farid. Abbiamo un grande ospedale pediatrico come il Meyer e abbiamo una rete di accoglienza gestita anche dalla Fondazione Tommasino Bacciotti che mette a disposizione degli appartamenti in modo assolutamente gratuito per le famiglie che hanno i bambini ricoverati al Meyer.

D. – Sarà un’operazione, quella del trasferimento del piccolo Farid e - immagino anche della sua famiglia - abbastanza complessa. Farid ha una patologia molto particolare …

R. – Di questo si occuperà il Ministero degli Esteri. Il presidente del Consiglio si è attivato immediatamente: appena saputo della disponibilità della Regione Toscana ad accogliere e curare il piccolo Farid, si è immediatamente attivato per far giungere Farid e la famiglia in Toscana. Quando il bambino sarà qui, sarà ricoverato presso l’ospedale Meyer e saranno fatti tutti gli accertamenti del caso.

D. – Ahmed ha saputo di questa risposta da parte delle istituzioni italiane?

R. – Penso di sì, perché già oggi o domani il Ministero degli Interni sta organizzando il trasferimento di Ahmed a Firenze, proprio per consentirgli – nel momento in cui arriveranno anche il fratellino e la madre – di riunirsi con la propria famiglia a Firenze.

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Al Meeting di Rimini l'accoglienza, la misericordia e Madre Teresa

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Apre le porte domani fino al 25 agosto il Meeting per l'amicizia tra i popoli di Rimini. Tema di quest’anno "Tu sei un bene per me". Centrale la riflessione sui valori della misericordia nell’anno del Giubileo e dell’accoglienza, con tanti ospiti e testimoni. L’edizione 2016 riserverà ampio spazio alla figura di Madre Teresa di Calcutta in vista dell’ormai vicina canonizzazione. Al microfono di Luca Collodi la presidente della Fondazione del Meeting, Emilia Guarnieri

R. – Il titolo di quest’anno “Tu sei un bene per me” e il desiderio di poterlo dire a chiunque visiterà Meeting è proprio il riverbero di quella stessa infinita misericordia che Papa Francesco ci ha riproposto in questo Giubileo e da cui ci sentiamo veramente abbracciati.

D. – L’impegno dell’accoglienza diventa qualcosa demandato al privato della persona o diventa anche un atteggiamento sociale?

R. – Sicuramente il tema dell’accoglienza, dell’apertura all’altro – l’immigrato ma non soltanto – è una questione che parte dal cuore della persona, ma se non la facciamo diventare una modalità di costruzione sociale, civile e politica, direi anche economica, credo che siamo destinati alla morte, l’Europa è destinata alla morte, il nostro Paese è destinato alla morte, perché siamo nati esattamente sull’accoglienza. Se smarriamo questo, smarriamo la nostra identità di uomini.

D. – Una scommessa del Meeting di quest’anno è far capire com’è possibile guardare all’altro in un modo nuovo …

R. – In un momento di perdita dei valori, di dissoluzione dei legami, che cosa può convincere che una concezione di sé non egoistica ma aperta, larga sia più conveniente? Solo la testimonianza di un’altra persona, di altre persone che vivono così e che umanamente mostrano la convenienza di questo. Anche un gesto come il Meeting si giustifica ancora di più per la possibilità che offre di incontrare persone, di incontrare storie di terroristi e di parenti di vittime che si sono ri-incontrati; di incontrare carcerati che in Brasile vivono in un carcere aperto, di incontrare gente che vive in situazioni di persecuzione, di incontrare persone che, superando l’egoismo, tirano su imprese per favorire l’inserimento dei giovani … Credo che la testimonianza della positività umana di tutto questo possa essere qualcosa che smuove. Posso aggiungere la testimonianza di padre Trinchero, che è a Bangui, dove il Santo Padre è andato ad aprire la prima Porta Santa; la testimonianza di mons. Ballin, vicario dell’Arabia. Mi piace citare anche il Premio Nobel per la pace del 2015, il Quartetto tunisino, perché siamo riusciti ad avere anche loro. Poi avremo molti testimoni di accoglienza,  quindi avremo il sindaco di Lampedusa, la testimonianza di padre Lufti da Aleppo, se riesce a partire …

D. – Come sta cambiando il rapporto tra il Meeting e la politica?

R. – In questi 37 anni a oggi è tanto cambiata la politica! Il Meeting non ha mai avuto un rapporto particolare con la politica. Noi abbiamo sempre cercato il rapporto con le istituzioni, abbiamo sempre cercato persone da cui imparare a vivere, imparare a stare nel mondo, nella società e quindi anche nella politica. Quest’anno noi apriamo con un grande incontro dedicato proprio ai 70 anni della Repubblica con il presidente Mattarella. Quello che noi ci aspettiamo dal Capo di Stato è che ci documenti, ci testimoni che cosa vuol dire fare politica nel nostro Paese oggi, nelle condizioni in cui siamo.

D. – Una mostra riguarda Madre Teresa: “Vita, spiritualità e messaggio” …

R. – Sì, certo; tra l’altro con le sue reliquie, con il suo sari, con oggetti che le appartenevano e che sono già qui – e lo dico con grandissima emozione; e poi avremo l’incontro finale del Meeting che è dedicato proprio a Madre Teresa.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi Rd Congo: prossime elezioni siano libere e trasparenti

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Durante un incontro, svoltosi lunedì 15 agosto, con una delegazione della Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), i vescovi della Repubblica Democratica del Congo hanno nuovamente sollecitato un’accelerazione dei tempi del processo elettorale, perché le prossime elezioni politiche e amministrative possano essere libere e trasparenti e i risultati siano accettati da tutti.

La data delle elezioni ancora non fissata
Le date del voto, infatti, non sono state ancora fissate e si sta ormai concretizzando la possibilità di un prolungamento del mandato del Presidente Joseph Kabila oltre alla sua scadenza, prevista, secondo la Costituzione, alla fine dell’anno. Un interim che, per l’opposizione, a cominciare dal suo principale rivale Etienne Tshisekedi, rischia di trasformarsi in una sorta di incarico a vita per Kabila, che già nel 2015 aveva tentato di modificare la Costituzione per ottenere un terzo mandato. Per uscire dall’impasse, lo scorso mese di luglio i vescovi avevano chiesto “a tutti gli esponenti politici di mettersi attorno a un tavolo, in vista di un dialogo nazionale sincero, diventato ormai la via inevitabile per rilanciare il processo elettorale nel rispetto della Costituzione e per evitare, in tal modo, il caos”.

Per i vescovi l’unica strada per evitare il caos è il dialogo
Ed è in questo contesto che si inserisce il faccia a faccia del 15 agosto con la delegazione della Ceni guidata dal suo presidente, Corneille Nangaa. “Si stanno facendo piccoli passi avanti e potrebbero esserne fatti altri da una parte e dall’altra, sperando che con il dialogo si risolvano le incomprensioni”,  ha commentato padre Léonard Santedi, segretario generale della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco), che ha preso parte alla consultazione. “È possibile privilegiare l’interesse superiore della Nazione e venirsi incontro, facendo tutto il possibile per evitare il caos”, ha aggiunto il sacerdote, sottolineando la disponibilità dei vescovi ad offrire i loro buoni uffici.

16 mesi per aggiornare il registro elettorale. Venerdì l’incontro con i politici
Da parte sua, il presidente della Ceni ha annunciato  che entro la fine della settimana sarà reso noto il cronogramma dell’aggiornamento del Registro elettorale, un processo iniziato il 31 luglio nel Nord-Ubangi  e che - ha detto - dovrebbe richiedere 16 mesi di tempo. Nangaa ha inoltre riconosciuto che il contributo della Chiesa in questa fase potrà avvenire a due livelli: attraverso la mobilitazione dei cittadini per farli registrare nel Registro elettorale e attraverso la sensibilizzazione delle istituzioni e della Comunità internazione sui problemi che restano da affrontare. Salvo imprevisti, venerdì 19 agosto la Ceni inizierà le consultazioni con i leader politici del governo e dell’opposizione. (T.C. – LZ.)

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Crisi in Venezuela. Vescovi: aprire le frontiere con la Colombia

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Aprire definitivamente le frontiere del Venezuela e della Colombia: questo l’appello lanciato, nei giorni scorsi, da mons. Mario del Valle Moronta Rodriguez, vescovo di San Cristóbal de Venezuela, alla fine del pellegrinaggio della Madonna della Consolazione de Táriba en Táchira. “Credo che i due governi – ha affermato il presule - debbano fare lo sforzo di aprire in modo permanente le frontiere, perché non è giusto che il confine sia stato chiuso e non è neanche giusto che non sia ancora aperto in modo definitivo”.

Sforzo congiunto di entrambi i Paesi
“Secondo l'opinione di alcune persone – ha continuato mons. Monta - il confine aperto permette il passaggio dei paramilitari, ma in realtà essi non passano attraverso il confine, bensì da un'altra parte”. Di qui, il richiamo ad entrambi gli Stati affinché compiano “uno sforzo congiunto per eliminare questo problema che ci sta dividendo”.

Venezuela allo stremo
Lo scorso 13 agosto – spiega l’agenzia Fides - in un incontro comune fra i presidenti dei due Paesi, era stato deciso per di aprire cinque valichi di frontiera tutti i giorni per quindici ore. Grazie a questo accordo, solo lo scorso weekend circa 127.000 venezuelani sono entrati nel territorio colombiano, in cerca di riso, latte o verdure, carenti nel Paese da molti mesi.

Un anno fa, la chiusura delle frontiere
Da ricordare che la chiusura della frontiera del Venezuela con la Colombia è stata stabilita circa un anno fa dal presidente di Caracas, Nicolás Maduro. La decisione era stata presa per contrastare il contrabbando ed il narcotraffico. In seguito, è stato dichiarato lo stato di emergenza.

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Argentina, mons. Lozano: tutelare bambini, sono presente e futuro

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Cura, attenzione, incoraggiamento, autonomia, alfabetizzazione, nutrizione: sono questi i bisogni primari dei bambini, ricordati da mons. Jorge Lozano, presidente della Commissione episcopale per la Pastorale sociale in Argentina. In vista della Giornata del bambino, che ricorre domenica 21 agosto, il presule ha scritto un editoriale pubblicato dall’agenzia cattolica Aica: nel documento, mons. Lozano sottolinea innanzitutto che “i bambini non sono solo il futuro, ma anche il presente” del Paese. Di qui, l’invito rivolto all’intera società affinché se ne prenda cura.

Insegnare i valori fondamentali 
Ma tale cura non deve riguardare solo i bisogni materiali, bensì anche i valori morali fondamentali, sottolinea il presule argentino, come “imparare a dire la verità, ad accudire i più deboli, ad ascoltare e dialogare, ad apprezzare gli sforzi per raggiungere un risultato, ad essere responsabili”. In ambito familiare, poi, il presidente della Commissione episcopale per la Pastorale sociale esorta a rafforzare il legame tra nonni e nipoti, perché i primi hanno molto da insegnare ai secondi.

L’importanza della preghiera e dell’amicizia con Gesù 
Non solo: per i bambini, aggiunge mons. Lozano, “è molto importante costruire e rafforzare i legami con la comunità nel quartiere, a scuola, in parrocchia, in ambito sportivo”, fino a trasformare “il detto ‘Chi semina vento, raccoglie tempesta’ in ‘Chi semina tenerezza, raccoglie felicità”. Naturalmente, nel processo educativo dei bambini non va trascurata la preghiera: “È molto importante – raccomanda il presule – che i genitori insegnino ai figli la preghiera, prima ancora del catechismo. L’amicizia con Gesù, infatti, è la cosa migliore che possa capitare nella vita, perché conoscendo il suo amore incrollabile, camminiamo in modo sicuro”.

Patto educativo tra scuola e famiglia
Poi, il vescovo argentino richiama l’importanza della collaborazione tra scuola e famiglia nel processo educativo dei minori, soprattutto per “educarli ad amare”, “a perdonare, a capire”, tenendoli così lontani da “una mentalità edonista ed individualista”. “L’assenza di adulti – sottolinea ancora mons. Lozano – genera figli insicuri”.

Non dimenticare i minori vittime di abusi
Ma il pensiero del presule va anche alle sofferenze dei minori costretti a lavorare, sfruttati sessualmente, vittime di abusi persino in casa, o schiacciati dalle disuguaglianze sociali: “Prestiamo loro cura ed attenzione – esorta mons. Lozano – perché il modo in cui li custodiamo manifesta l’amore o il disprezzo che abbiamo per la vita”. L’appello è rivolto anche ai sacerdoti, ai consacrati ed ai catechisti che “ogni giorno entrano in contatto con i bambini”: “Ci è stato affidato un tesoro – ricorda il presule – Chiediamo la grazia di essere responsabili di tale dono”. Infine, il presule affida i minori alla protezione della Vergine Maria. (I.P.)

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Vescovi Malta: difendere la vita sempre e ovunque

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È incentrata sulla tutela della vita, in ogni sua fase, la lettera pastorale diffusa da mons. Charles Scicluna e mons. Mario Grech, vescovi di Malta e Gozo, in occasione della Solennità dell’Assunzione di Maria. In primo luogo, i presuli ricordano i recenti attentati terroristici avvenuti in Francia, in Germania, in Iraq, e costati la vita a molte persone, tra cui padre Jacques Hamel, ucciso sull’altare. “Questi atti crudeli contro la vita sono stati uno shock per tutti noi”, commentano i vescovi maltesi.

Terrorismo e “cultura dello scarto”
Ma non si tratta solo di questo: “Oggi il diritto alla vita è minacciato anche in modi meno drammatici, ma non per questo meno terribili”, come “la cultura dell’usa-e-getta con cui gli esseri umani vengono scartati come rifiuti”, perché “si dà priorità al denaro e non alle persone”. Tale cultura – sottolineano mons. Scicluna e mons. Grech, in linea con il magistero di Papa Francesco – “uccide i bambini non ancora nati, abbandona gli anziani, emargina i disabili, valuta le persone in base al loro potenziale economico e consumistico, è ingiusta nei confronti dei poveri”. Tipico di questa cultura è anche “lo sfruttamento dell’ambiente che arricchisce pochi e ruba a molti”.

Vita è dono di Dio, proteggerla dal concepimento alla morte naturale
Di qui, il richiamo dei vescovi maltesi a “proteggere la vita sempre, ovunque ed in ogni sua fase”, “dal concepimento e fino alla morte, specialmente quando una persona si trova in una posizione vulnerabile o svantaggiata”, anzi: lavorando “insieme per migliorarne la qualità”. “Noi cristiani – sottolineano i presuli – abbiamo il dovere speciale di amare la vita, perché per noi essa è un dono di Dio che ne è l’unico padrone, dall’inizio alla fine”. “Nessun essere umano, di conseguenza – continua la Chiesa di Malta – può arrogarsi il diritto di distruggere la vita innocente di un altro o di considerare alcune persone come prive di valore o come ostacoli”.

No all’eutanasia: il valore della vita non dipende dalla salute 
Quindi, i presuli guardano al dibattito, in corso nel Paese, relativo all’eutanasia: a luglio, infatti, il governo ha respinto un progetto di legge relativo alla legalizzazione della così detta “dolce morte”, ma il tema è ancora alla ribalta, nell’opinione pubblica e politica. “L’eutanasia è una minaccia alla vita – sottolineano i vescovi – Comprendiamo la sofferenza fisica e psicologica dei malati gravi e dei loro familiari, ma crediamo che il valore della vita umana non dipenda dal fatto che una persona sia sana o sia soddisfatta della qualità della sua esistenza”. Per questo, “l’eutanasia non può mai essere nell’interesse del paziente”.

Allarme farmaci abortivi: sì a obiezione di coscienza per operatori sanitari
Al contempo, la Chiesa di Malta ribadisce che “ogni persona ha diritto alle cure e la società ha l’obbligo morale di fornire servizi sanitari in difesa del diritto alla vita”. E se è vero che “ogni persona si riserva il diritto, legale e morale, di rifiutare” l’accanimento terapeutico, è anche vero che “bisogna fornire le cure necessarie ad alleviare il dolore psicofisico dei malati, fino alla morte naturale”. Allo stesso modo, i vescovi richiamano l’importanza di tutelare la vita sin dal concepimento, mettendo in guardia dai farmaci abortivi, esortando i fedeli a “prendere decisioni responsabili in favore della vita” e chiedendo il rispetto del diritto all’obiezione di coscienza per gli operatori sanitari.

Incentivare cure palliative e assistenza di qualità per malati terminali
In generale, poi, mons. Scicluna e mons. Grech sottolineano che “una società mostra il suo volto misericordioso quando le persone vulnerabili vengono sostenute ed aiutate”. Per questo, è necessario che Malta “rafforzi i servizi sanitari” di qualità, in particolare quelli relativi alle cure palliative e all’assistenza per i malati terminali. Il pensiero va anche ai familiari dei pazienti, all’amore con cui spesso accompagnano i loro cari nei momenti difficili: “Questo – sottolineano i vescovi maltesi – è un bellissimo gesto di umanità”. Di qui, l’appello conclusivo rivolto dai presuli a tutti i fedeli affinché “incrementino le opere di misericordia e continuino ad impegnarsi in modo tale che nessuna persona, a Malta, potrà mai essere abbandonata alla malattia”. (I.P.)

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Mongolia: preparativi per ordinazione primo sacerdote cattolico

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La giovane Chiesa cattolica della Mongolia si sta preparando a festeggiare, il 28 agosto, l’ordinazione del suo primo sacerdote autoctono: Joseph Enkhee-Baatar. A presiedere l’ordinazione nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo della capitale Ulan Bator, sarà il Prefetto apostolico di Ulaanbatar, mons. Wenceslao Selga Padilla.

Il futuro sacerdote ordinato diacono nel 2014
Il futuro sacerdote è stato ordinato diacono nel 2014 a Daejeong, in Corea del Sud, dove ha ricevuto la sua formazione, ed è rientrato in Mongolia nel gennaio scorso. In questi mesi ha portato avanti la sua esperienza pastorale, servendo in diverse parrocchie del Paese, dove attualmente sono presenti in tutto circa 20 missionari e 50 suore di 12 Congregazioni diverse.

La gioia della piccola comunità cattolica mongola
Per la piccola comunità cattolica mongola, che si sta preparando all’evento con una novena di preghiera, l’ordinazione è un motivo di grande gioia e speranza per il futuro di questa giovane Chiesa, come sottolinea padre Anthony Chantry, Direttore nazionale di Missio, l’Opera missionaria cattolica internazionale, che l’anno scorso ha raccolto più di 615mila euro per finanziare la costruzione di chiese e la formazione dei sacerdoti in Mongolia.  “Si tratta di un esempio straordinario di cosa significa essere una Chiesa missionaria!”, ha detto il sacerdote citato da “The Tablet”.

Una Chiesa giovane, ma in costante crescita
La Chiesa mongola ha appena 24 anni: la sua presenza nel Paese risale infatti al 1992, quando furono stabiliti rapporti diplomatici fra Santa Sede e la neo-nata Repubblica di Mongolia e venne aperta la Missione di Ulan Bator, affidata ai Missionari di Scheut, elevata nel 2002 a Prefettura Apostolica di Ulaanbaatar. L’opera di apostolato delle diverse Congregazioni religiose presenti in Mongolia, apprezzata anche dalle autorità locali, ha dato i suoi frutti, come indica il lento, ma costante incremento dei convertiti al cattolicesimo in questo Paese buddista e l’interesse manifestato da un numero crescente di giovani fedeli per il sacerdozio e la vita consacrata. L’ordinazione sacerdotale di Joseph Enkhee-Baatar ne è la conferma. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 231

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.