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Sommario del 21/08/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: la porta della salvezza è stretta ma sempre aperta per tutti

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La salvezza promessa da Gesù non è una “telenovela”. Richiede impegno per raggiungerla, ma con una certezza: che per quanto stretta sia la porta per arrivarvi, Dio la tiene sempre spalancata con la sua misericordia. Papa Francesco ha dedicato come sempre alla spiegazione del Vangelo domenicale il suo discorso all’Angelus, tenuto dalla finestra del suo studio privato su Piazza San Pietro. Il servizio di Alessandro De Carolis

Non è una questione di numeri, quanti ce la faranno e quanti no. E nemmeno una questione di cardini che girano una volta per tutte e chi resta fuori è condannato. Papa Francesco indica che per capire la pagina del Vangelo domenicale – l’entrare per “la porta stretta” – bisogna leggerla dal punto di vista della misericordia, lì è la chiave – dice – di ciò che Gesù intende con quella immagine.

Misericordia incessante
A innescare la risposta di Cristo è la domanda di un tale incrociato lungo la strada verso Gerusalemme: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Gesù replica invitando a sforzarsi per varcare la soglia di una porta non facile da superare. Ma, afferma il Papa:

“È una porta stretta non perché sia oppressiva, no; ma perché ci chiede di restringere e contenere il nostro orgoglio e la nostra paura, per aprirci con cuore umile e fiducioso a Lui, riconoscendoci peccatori, bisognosi del suo perdono. Per questo è stretta: per contenere il nostro orgoglio, che ci gonfia. La porta della misericordia di Dio è stretta ma è sempre spalancata, è spalancata per tutti! Dio non fa preferenze, ma accoglie sempre tutti, senza distinzioni”.

Uscire dalle cattive abitudini
Francesco ripete alla folla la convinzione che è l’architrave non solo del Giubileo ma di tutto il suo magistero: Gesù “aspetta ciascuno di noi, qualunque peccato abbiamo commesso, per abbracciarci, per offrirci il suo perdono” con un “flusso incessante di misericordia”. Il suo, insiste, è sempre un “pressante invito ad andare da Lui, a varcare la porta della vita piena, riconciliata e felice”:

“Entrando per la porta di Gesù, la porta della fede e del Vangelo, noi potremo uscire dagli atteggiamenti mondani, dalle cattive abitudini, dagli egoismi e dalle chiusure. Quando c’è il contatto con l’amore e la misericordia di Dio, c’è il cambiamento autentico. E la nostra vita è illuminata dalla luce dello Spirito Santo: una luce inestinguibile!”.

La salvezza è una cosa seria
Francesco propone alla folla di riflettere qualche istante in silenzio sugli ostacoli – egoismi personali, peccati – che impediscono di passare la porta della salvezza assieme al fatto che quella porta è sempre spalancata dal perdono di Dio. Quindi, conclude soffermandosi sulla considerazione di Gesù sul fatto che a un certo punto quella porta non sarà più accessibile. Anche questo va ben compreso:

“Questa porta è l’occasione che non va sprecata: non dobbiamo fare discorsi accademici sulla salvezza (...) Perché a un certo momento ‘il padrone di casa si alzerà e chiuderà quella porta’, come ci ha ricordato il Vangelo. Ma se Dio è buono e ci ama, perché chiude la porta, chiuderà la porta a un certo punto? Perché la nostra vita non è un videogioco o una telenovela; la nostra vita è seria e l’obiettivo da raggiungere è importante: la salvezza eterna”.

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Francesco prega per le vittime di un attentato in Turchia

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È salito a 50 morti e 94 feriti il bilancio di un attentato avvenuto ieri durante un ricevimento di nozze in Turchia. L’attacco è stato ricordato oggi al termine dell’Angelus in piazza San Pietro dal Papa che ha espresso dolore per le vittime e solidarietà nella preghiera alle persone colpite. Il servizio di Roberta Barbi:

 

“Cari fratelli e sorelle, mi ha raggiunto la triste notizia dell’attentato sanguinario che ieri ha colpito la cara Turchia. Preghiamo per le vittime, per i morti e i feriti e chiediamo il dono della pace per tutti”.

Una preghiera per le vittime e un’invocazione del dono della pace che avvolga tutto il Paese: così Francesco ha voluto ricordare i morti e i feriti dell’attentato terroristico di ieri a Gaziantep, città della Turchia a maggioranza curda, non lontana dal confine con la Siria. Nel corso dei primi sopralluoghi sono stati ritrovati i resti di una cintura esplosiva: sarebbe stato, dunque, un kamikaze confusosi tra gli invitati ad attivare l’esplosione, udita in tutta la città che conta circa un milione e mezzo di abitanti. La deflagrazione ha completamente distrutto la sala in cui si stava svolgendo la festa, cui partecipavano molte persone di etnia curda, comprese donne, bambini e anziani. Tra i feriti, non in modo grave, anche gli sposi, che erano fuggiti tempo fa da un villaggio curdo più a est per evitare gli scontri. Lo sposo, riferisce la Bbc, è un esponente del partito filo-curdo. La polizia, secondo quanto appreso, starebbe cercando in particolare due persone che avrebbero accompagnato l'attentatore e si sarebbero poi dileguate dopo lo scoppio.

L’attentato sarebbe di matrice jihadista, stando a quanto confermato dal governo turco, anche se non ci sarebbe ancora una rivendicazione da parte dello Stato islamico. In realtà la Turchia meridionale, e non solo,è stata più volte presa di mira dai militanti dell’Is, come pure dai separatisti curdi del Pkk. Non è però l’unica zona in cui il terrorismo islamico ha colpito. Nel luglio scorso, 44 persone sono morte in un attacco all’aeroporto di Istanbul, mentre una quarantina erano state le vittime ad Ankara a marzo.

“I terroristi, che non possono sopraffare la Turchia, non vinceranno”. Così ha esordito questa mattina il presidente turco, Erdogan, in un messaggio alla nazione all’indomani dell'attentato a Gaziantep. Nel suo comunicato, il presidente ha anche precisato che “non c’è differenza tra i seguaci di Gülen, il Pkk e l’Is. Il nostro Paese non può che reiterare un unico messaggio ai terroristi: sarete sconfitti”. Intanto anche l’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, ha espresso solidarietà alla Turchia e promesso che l’Europa resterà al fianco del popolo turco nella lotta al terrorismo. Una condanna dell'attacco in Turchia arriva anche dal presidente russo Putin.

 

 

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Papa, tweet: misericordia non è buonismo ma autenticità evangelica

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “La misericordia non è ‘buonismo’, né mero sentimentalismo. Qui c’è la verifica dell’autenticità del nostro essere discepoli di Gesù”.

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Oggi in Primo Piano



Rotta balcanica. Mons. Perego: rivedere l'Accordo di Dublino

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A Lubiana, in Slovenia, si sono svolte nei giorni scorsi riunioni organizzative per prepararsi alla possibile riapertura della rotta balcanica, in autunno. Lo Stato vuole evitare di diventare un "hotspot" per profughi siriani e ha mantenuto il filo spinato al confine con la Croazia. Pesa l’incertezza dell’accordo tra l’Ue e la Turchia, che potrebbe far passare centinaia di migliaia di profughi in Grecia. Eugenio Murrali ha intervistato il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego

R. – E’ un accordo, quello tra la Turchia e l’Europa, che presenta grandi incertezze e quindi pone la necessità di quello che è stato chiamato “il piano B”, e cioè un’attenzione maggiore alla riapertura della rotta balcanica che di fatto è stata interrotta dall’Accordo tra la Turchia e l’Europa. Dall’altra parte, è chiaro che gli arrivi numerosi di richiedenti asilo dello scorso anno, soprattutto verso l’Austria e verso la Germania rispetto a altri Paesi europei, il peso diverso che sta assumendo l’accoglienza delle domande d’asilo nel contesto europeo – se pensiamo che le domande d’asilo in Austria sono state 10 ogni mille abitanti, in Italia sono state 1,36 ogni mille abitanti – pongono la necessità di una revisione dell’Accordo di Dublino e anche della revisione della collaborazione di tutti i 27 Paesi europei in ordine, appunto, all’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Infatti, anche per quanto riguarda ad esempio il confine italo-sloveno, quest’anno è stato assolutamente irrisorio il passaggio di persone: 664. Così pure per la sola Austria è stato di 5.000 persone, provenienti soprattutto dall’Afghanistan e dal Pakistan. E quindi, da questo punto di vista gli arrivi dal Sud, cioè dalla Grecia, sono stati di fatto interrotti.

D. – La Slovenia sta facendo manutenzione e sembra stia ampliando il filo spinato al confine con la Croazia. In Europa si continuano a costruire barriere…

R. – Purtroppo, l’incapacità dell’Europa di rivedere l’Accordo di Dublino e di partecipare in maniera unitaria e con forme nuove all’accoglienza dei richiedenti asilo porta chiaramente alla chiusura e a nuovi muri. Quindi, credo che sia assolutamente urgente, invece, rivedere questo accordo per riuscire effettivamente a rivedere quel progetto di ripartizione e di ricollocamento delle persone richiedenti asilo in tutti i Paesi europei. Al tempo stesso, credo che anche di fronte all’incertezza dell’Accordo tra Europa e Turchia sia ancora maggiormente importante, oggi, tornare a valutare la possibilità di corridoi umanitari, cioè non lasciare che le rotte vengano gestite sostanzialmente dai trafficanti di esseri umani, ma gestire attraverso i corridoi umanitari una partenza e un arrivo in Europa – in tutti i Paesi europei – di alcune quote dei richiedenti asilo e rifugiati, ben stabilite e ben precise.

D. – Voi, come “Migrantes”, siete sempre sul campo. Quale situazione state registrando?  Quali prospettive prevedete per l’autunno?

R. – La mia preoccupazione per l’Accordo tra Europa e Turchia, sulla durata di questo accordo, rimane. Non nel senso che questo accordo sia un buon accordo – da sempre lo abbiamo contestato – ma nel senso che la fine di questo accordo potrebbe generare effettivamente una partenza disordinata e un arrivo su tutti i confini di migliaia di richiedenti asilo e di profughi, creando certamente delle situazioni che sono maggiormente esplosive rispetto a quelle che stiamo vedendo, come ad esempio a Calais, con numeri certamente assolutamente superiori.

D. – Oggi, qual è la situazione nei centri di accoglienza della penisola balcanica?

R. – E’ gravemente precaria, soprattutto perché in tanti Paesi dell’Est europeo non c’era una preparazione – essendo Paesi di passaggio, ancora più rispetto al nostro Paese – non c’era certamente l’impegno di costruire un’accoglienza, un inserimento di richiedenti asilo e rifugiati. E quindi, la situazione è veramente molto precaria. Potrebbe diventare ulteriormente precaria, soprattutto al confine, qualora ci fosse questa chiusura ancora più determinata da parte dei Paesi dell’Europa dell’Est.

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India, mons. Machado: sistema caste opprime soprattutto i cristiani

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Questa domenica viene celebrata in India la 33.ma edizione  della “Justice Sunday”, promossa fin dal 1983 e organizzata dalla Conferenza episcopale indiana. Finalità della ricorrenza, che viene celebrata ogni anno nella domenica successiva al 15 agosto, festa dell’indipendenza del Paese, è quella di rendere le persone e le istituzioni più sensibili nei confronti della società, così da rispondere meglio alle richieste di giustizia. Marina Tomarro ne ha parlato con l’arcivescovo di Vasai, mons. Felix Machado

R. – E’ importante perché ovunque c’è bisogno di giustizia. Però, siccome nel nostro Paese c’è il sistema delle caste, è necessario celebrare questa Giornata. La gente è oppressa ingiustamente solo perché appartiene all’una o all’altra casta. Quest’anno, è importante anche perché questa Giornata ricorre durante l’Anno della Misericordia. Perciò abbiamo scelto il tema “Giustizia e misericordia”. Non possiamo avere pazienza perché accadono atti di ingiustizia e la gente risponde con ancor maggiore ingiustizia e questa catena non si ferma. Per questo vogliamo raccogliere seriamente l’appello del Santo Padre, per cui per rispondere alle ingiustizie che sperimentiamo ogni giorno dobbiamo usare questa medicina di misericordia …

D. – Spesso proprio i cristiani sono vittime di forti ingiustizie, in India: cosa fare?

R. – I cristiani mai rinunciano all’insegnamento di Gesù. Il Vangelo in India dev’essere predicato con misericordia, perché l’India ha una tradizione di religiosità da migliaia di anni; in India, il senso del sacro è ancora molto vivo, ma nella religiosità della gente non c’è questo aspetto della misericordia. Quando i cristiani sono attaccati, quando i cristiani sono trattati ingiustamente, mai hanno risposto ma sempre abbiamo seguito il Vangelo di Gesù. In India ci si nota per questo e credo che questo sia una caratteristica del Vangelo. Quando a volte accade che i cristiani siano perseguitati e perfino uccisi, la nostra risposta è sempre una risposta di misericordia, di perdono. La catena dell’odio si potrà spezzare soltanto con la misericordia.

D. – Molto sentita è anche la questione legata ai diritti dei “dalit”. Cosa può fare la Chiesa per aiutare queste persone?

R. – La Chiesa in India è veramente molto unita attorno ai “dalit”, perché i nostri fratelli “dalit” soffrono tanto di questa ingiustizia. C’è una legge che riconosce privilegi ai “dalit” di altre religioni, ma non ai “dalit” cristiani e anche musulmani, ma riguarda soprattutto i cristiani: la nostra Chiesa in India, oggi, è maggiormente composta dai “dalit”; ma questi “dalit” per iniziare a migliorare il proprio livello di vita hanno bisogno di essere un po’ supportati. Questa legge è veramente ingiusta: nel 1950 questa legge è stata estesa anche ai cristiani “dalit”. Quindi, la Chiesa intera è unita per chiedere al governo questo diritto per i nostri “dalit”.

D. – Anche le donne subiscono gravi ingiustizie. Cosa fare per loro?

R. – L’India è un po’ particolare, la cultura insegna questo ingiusto potere degli uomini; i bambini sono cresciuti in questa cultura. Allora è difficile, ma oggi molte donne hanno preso coscienza di questa ingiustizia e noi, la Chiesa, le supportiamo. Proprio oggi ho discusso alcune cose con alcune donne della mia diocesi, su come dobbiamo muoverci, ma sempre come cristiani: dobbiamo fondarci sul Vangelo. Oggi Papa Francesco incoraggia anche l’India ad applicare questa eguaglianza, come dice anche la Bibbia, tra uomini e donne. Spero che arriveremo a questo, la superiorità dell’uomo sulla donna è un elemento veramente grave nella nostra cultura. Ma per noi c’è il Vangelo, che illumina la nostra lotta.

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Meeting Rimini, mostra Acs sulle persecuzioni anticristiane

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Al Meeting di Comunione e Liberazione in corso a Rimini un luogo che sta attirando attenzione e visite è la mostra sui cristiani perseguitati, curata da “Aiuto alla Chiesa che soffre”, la Fondazione di diritto pontificio che sostiene con numerose iniziative le comunità ecclesiali nel mondo. L’inviato al Meeting, Luca Collodi, ha incontrato Alessandro Monteduro, direttore di "Aiuto alla Chiesa che Soffre", e gli ha chiesto quale risposta si possa dare al dramma della discriminazione anticristiana: 

R. – Io ho l’orgoglio di rappresentare quella risposta con “Aiuto alla Chiesa che soffre”: quella risposta che spesso i governi non sono in grado di dare. Noi a Rimini, al Meeting, la stiamo rappresentando plasticamente. Per fare degli esempi: a chi ha ucciso il futuro dell’Africa – perché uccidere 149 studenti e studentesse cristiani a Garissa, in Kenya, significa uccidere il futuro dell’Africa – noi rispondiamo con gli 11 mila seminaristi che nel solo 2015 abbiamo formato. A chi uccide indiscriminatamente a Dacca, il 1 luglio 2016, 20 persone inermi, per il solo fatto di essere occidentali, noi rispondiamo con i genitori di Simona Monti, una delle dieci vittime italiane, ed erigeremo a 150 km da Dacca una chiesa, grazie al loro contributo. In Bangladesh, per i cristiani che soffrono la discriminazione in Bangladesh: a chi il 27 marzo 2016, la sera di Pasqua, ha ucciso 72 persone tra cui 30 bambini a Lahore, in Pakistan, noi rispondiamo con il nostro caposaldo, vale a dire la “Bibbia del fanciullo”, 52 milioni di copie dal 1979, 187 lingue, dialetti, idiomi diversi, distribuiti in tutto il mondo, anche in urdu, che è la lingua del Pakistan. A chi ha ucciso padre Jacques il 26 luglio, un mese fa, noi rispondiamo con questa campagna planetaria per la formazione di mille nuovi sacerdoti. All’orrore, noi rispondiamo con la speranza.

D. – Non è una novità nella storia, morire per una fede…

R. – Non è una novità. Nel corso della nostra mostra raccontiamo anche del XX secolo, per esempio. Si stima che nel XX secolo siamo state 45 milioni le vittime per ragioni di fede, i cristiani assassinati per ragioni di fede. Il punto è che oggi sembra che la persecuzione per ragioni di fede, anticristiana in particolare, sia figlia non solo di un fondamentalismo, ma di più fondamentalismi, e non solo dei fondamentalismi ma dei tanti regimi totalitari. Il punto è che è nei numeri che si dimostra che la persecuzione tende ad aumentare. Oggi, si stima che siano 200 milioni i cristiani nel mondo, quanto meno discriminati.

D. – Spesso si uccidono cristiani, ma si uccidono anche musulmani e rappresentanti di altre fedi religiose, non per un motivo religioso ma per altri motivi, spesso politici ed economici…

R. – Non è una guerra di religione. Per fare la guerra bisogna essere in due e noi non siamo in guerra con nessuno. Il Santo Padre lo ha straordinariamente rappresentato anche e soprattutto negli ultimi giorni. Tutt’al più, potremmo parlare di una guerra all’interno di una religione, perché è storica la separazione tra sciiti e sunniti ed è storica anche la loro diversa visione del futuro islamico nel mondo. No, non si uccide certamente per la fede. Chi colpisce al “Bataclan”, per fare un esempio, chi colpisce a Dacca colpisce gli occidentali identificandoli come “crociati”. Ma questa è la propaganda dell’estremismo islamico che noi dobbiamo rifiutare.

D. – Ci sono motivi economici per giustificare una persecuzione?

R. – Certamente sì: una visione folle, fanatica di un’ideologia religiosa spinta appunto all’estremismo e animata anche da ragioni economiche e di potere. Quello che ci interessa, tuttavia, è come dare un concreto aiuto non solo con la preghiera, non solo con la formazione e l’informazione, per esempio a quei 125 mila cristiani che ancora oggi sono in condizioni di enormi difficoltà nel Kurdistan iracheno e che non hanno ancora un alloggio definitivo e che sperano di poter rientrare a Mosul. Nessuno di loro ci chiede di venire in Europa: questo è un passaggio essenziale. A Erbil, nel mese di aprile, ne ho incontrati a centinaia. Nessuno di loro mi ha mai chiesto come raggiungere l’Europa. Tutti, a me, come agli altri componenti della delegazione di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, hanno chiesto: “Quando possiamo rientrare a Mosul?”.

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Gubbio, al via la 67.ma settimana liturgica nazionale

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“La liturgia luogo della misericordia. Riconciliati per riconciliare”. È questo il titolo della 67.ma Settimana liturgica nazionale che prende il via lunedì 22 agosto a Gubbio, in Umbria, per concludersi il 25 prossimo. Fitto il programma con numerosi e importanti relatori, come ad esempio il segretario della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo metropolita di Perugia- Città della Pieve, e il priore della Comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi. Ma qual è la vera essenza di questo ormai storico appuntamento? Federico Piana ne ha parlato con mons. Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta e presidente del Centro di Azione Liturgica: 

R. – Una bellissima esperienza di Chiesa è la Settimana liturgica nazionale, che dal suo esordio nel 1947 ha scandito un po’ tutto un cammino che la Chiesa italiana ha fatto, a cominciare dalla “Mediator Dei”, certo, e poi dai documenti conciliari, per cercare di vivere in pienezza il dono grande dell’esperienza liturgica e che sicuramente il Concilio Vaticano II ha messo maggiormente a disposizione del popolo di Dio. E quindi, in questo contesto anche quest’anno la Settimana liturgica vuole dare un contributo alla Chiesa che è in Italia proprio tenendo presenti le coordinate in cui si sta muovendo la Chiesa italiana. Da una parte, Papa Francesco con il Giubileo straordinario della Misericordia, e dall’altra anche la Chiesa italiana che ha celebrato da poco un grande Convengo nazionale in cui si è parlato del nuovo umanesimo che Cristo fonda e che Cristo sostiene. E quindi, parlare di liturgia come luogo della misericordia vuole rispondere proprio a questo e indicare l’esperienza del cristiano: un coinvolgimento della persona nel mistero di Cristo. E se Cristo è il volto misericordioso di Dio, ecco che la liturgia è necessariamente il luogo dove si fa esperienza della misericordia.

D. – Ma cosa vuol dire liturgia, luogo della misericordia di Dio”?

R. – Intanto, parlare di luogo indica proprio una concretezza. Direi che risponde, una volta di più, a quanto ci chiede Papa Francesco, cioè un’estrema concretezza quando parliamo dell’esperienza di fede. E talvolta c’è la tentazione di pensare alla spiritualità cristiana in genere e alla liturgia, che è un po’ l’esperienza concreta della spiritualità cristiana, come a un qualcosa di astratto o disincarnato dalla vita di tutti i giorni. Invece, il luogo è un posto concreto, un posto dove ci si può incontrare e la liturgia è un luogo dove non solo intellettualmente, non solo con una spiritualità astratta ma al contrario, con un’esperienza che prende tutta la complessità e la bellezza dell’essere umano, si può fare l’esperienza dell’incontro con il Signore, un incontro salvifico,

D. – E si è perso un po’, secondo lei, il senso di questa importanza o no?

R. – Questo senz’altro. Non a caso, lo sforzo che il Concilio Vaticano II già pensò di fare dedicando la sua prima Costituzione proprio al tema della liturgia – non è un caso – sicuramente dice questo, cioè un pericolo, una tentazione che la liturgia cristiana possa essere relegata a un insieme di cerimonie destinate soltanto e primariamente a un clero che celebra, dimenticando invece che la liturgia è proprio “quell'agire di Cristo con la Sua Chiesa – così si esprime il Concilio – in cui tutti quanti i battezzati sono coinvolti”: ciascuno con il suo ruolo, ma l’agire è di tutto il corpo, che è la Chiesa.

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Sinodo valdese. Bernardini: una nuova stagione con i cattolici

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Sarà un culto solenne ad aprire questa domenica, e fino al 26 agosto, nel tempio di Torre Pellice il Sinodo annuale delle Chiese metodiste e valdesi. Un appuntamento di grande rilievo per la Chiesa protestante, nel corso del quale si tratteranno argomenti specifici per una Chiesa cristiana: dal 500.mo anniversario della Riforma protestante al cammino ecumenico, ma anche temi all’attenzione dell’opinione pubblica, come le migrazioni e i “corridoi umanitari” promossi dalla Tavola Valdese, dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e dalla Comunità di Sant’Egidio, che hanno condotto in salvo in Italia circa 300 profughi, in larga parte siriani. Francesca Sabatinelli ha intervistato il moderatore della Tavola Valdese, il pastore Eugenio Bernardini: 

R. – Noi abbiamo sempre detto che la nostra attenzione per i profughi è un’attenzione che deriva dalla nostra scelta di essere discepoli di Gesù Cristo. Una scelta religiosa, cristiana, perché aiutare il prossimo più vulnerabile e bisognoso non è un optional per i cristiani: è un dovere. E quindi siamo impegnati, a volte anche in modo ecumenico, importante in questo campo: come a Lampedusa con il vescovo, la parrocchia, la Caritas, così come a Ventimiglia, dove abbiamo una collaborazione importante per assistere le persone che sono lì, sul confine. Ma certamente, il progetto dei corridoi umanitari è stato un passo in più. Lo abbiamo elaborato insieme alla Comunità di Sant’Egidio e la nostra intenzione era quella di dare un segnale, perché ogni tanto le Chiese hanno anche il dovere di indicare vie diverse da quelle che normalmente vengono percorse dalla società. Quindi, noi abbiamo la consapevolezza di dare un piccolo contributo, una goccia nel mare, però abbiamo potuto notare che questa nostra azione ha colpito anche molti interlocutori politici e poi anche Papa Francesco, che l’ha molto appoggiato.

D. – Quanto entrerà nel vostro dibattito la questione fondamentale del dialogo tra le religioni, del dialogo interreligioso e delle relazioni tra religioni, in un momento particolare, difficile di così grave violenza e di paura per il terrorismo?

R. – E’ da anni che noi ricordiamo che ormai l’Europa, quindi anche l’Italia, si sta trasformando radicalmente e che dobbiamo concepirci come società – ma anche come Chiese, quindi come missione della nostra Chiesa – come una realtà europea plurale, multiculturale e multireligiosa. Naturalmente, il terrorismo è un fenomeno che non c’entra niente con questa realtà, è un fenomeno a parte. Noi condividiamo l’idea che non si tratti di una guerra di religione, però l’utilizzo strumentale di questioni e tematiche, riferimenti religiosi non può che impegnare ancora di più le religioni perché insieme non soltanto dialoghino e promuovano la reciproca convivenza e il riconoscimento, ma perché denuncino che si tratta appunto di un uso strumentale. Noi abbiamo già contrastato nel passato questi usi strumentali all’interno del campo cristiano: pensiamo che oggi si tratti di svolgere un impegno di questo tipo, senza cadere nella trappola di chi vorrebbe che ci comportassimo come se fossimo in guerra. Si tratta di lavorare di più sul dialogo, sull’integrazione, sul riconoscimento reciproco. Questa è la battaglia che dobbiamo condurre per isolare le tendenze isolazioniste ed estremiste e, ovviamente, quelle del terrorismo.

D. – Al Sinodo si farà il punto sul dialogo con la Chiesa cattolica. Ci saranno degli emissari della Conferenza episcopale italiana (mons. Ambrogio Spreafico e don Cristiano Bettega - ndr) e ricordiamo che lo scorso marzo (5 marzo 2016 - ndr) una delegazione delle Chiese metodiste e valdesi è stata ricevuta in Vaticano, per la prima volta nella storia, in udienza da Papa Francesco. Qual è, dunque, il punto?

R. – Il punto è che è confermato che ci troviamo in una nuova stagione di apertura, di maggiore fiducia e anche di iniziative di dialogo che negli anni passati si erano un po’ fermate. Abbiamo in programma un Convegno nazionale con la Conferenza episcopale, a Trento, in novembre, sul protestantesimo. A livello di varie diocesi ci sono attività che riprendono o che iniziano in modo nuovo. A Palermo abbiamo avuto la visita del vescovo della città nella Chiesa valdese durante un culto domenicale, nella provincia di Torino abbiamo ripreso un vecchio dossier che riguarda la possibilità di avere una liturgia ecumenica di Battesimo per i figli che nascono nelle famiglie in cui un genitore è cattolico e l’altro è valdese. Stiamo anche pensando a come coinvolgere la Chiesa cattolica nelle nostre celebrazioni per i 500 anni della Riforma che cade l’anno prossimo, nel 2017… Insomma, è la conferma che quello che è accaduto negli scorsi mesi con la visita del Papa nella nostra chiesa a Torino, nel giugno dell’anno scorso, e poi con l’invito che abbiamo ricevuto di andare in Vaticano in marzo, non sono soltanto degli episodi ma c’è la volontà di riprendere un dialogo pensando proprio alla situazione che dicevamo prima: un mondo che cambia e che ha bisogno della presenza e dell’unità dei discepoli di Gesù Cristo che oggi si trovano ancora in istituzioni ecclesiastiche separate ma, speriamo, non divise sulle cose essenziali.

 

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"E!State Liberi!" Campi estivi sul valore della legalità

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L'Associazione Libera contro le mafie promuove nel periodo estivo il progetto "E!State Liberi!". Le cooperative sociali di "Libera Terra" nate in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia ospitano migliaia di giovani italiani e stranieri desiderosi di fare un’esperienza di volontariato nelle strutture e nei campi confiscati alle mafie, poi riutilizzati come beni sociali per l’intera comunità. Il riutilizzo sociale dei beni confiscati è stato approvato con la legge 109 del 1996. I campi di volontariato sono strutturati in tre momenti diversi: le attività agricole o di risistemazione del bene, la formazione e l'incontro con il territorio. L’iniziativa si inserisce nelle pratiche di cittadinanza attiva, con l’obiettivo di promuovere la cultura della legalità. Maria Carnevali ha intervistato Claudio Siciliano, responsabile nazionale di "E!State Liberi!" sull'origine e lo svolgimento di questa iniziativa: 

R. – I campi nascono più di dieci anni fa con l’intento di far conoscere la legge – la 109 del ’96 – che promuove l’utilizzo sociale dei beni confiscati e accende i riflettori su quei beni e sulle realtà che provano a valorizzarli e a riconquistarli dopo la loro confisca. Nasce in Calabria e Sicilia, poi pian piano si sviluppa negli anni, partendo dalle realtà di “Libera Terra”. L’offerta coinvolge più di 50 realtà su tredici regioni.

D. – Come sono strutturati i campi di volontariato?

R. – Sono strutturati in sette giorni in cui i ragazzi partecipano e scoprono appunto le attività, affiancando i soci delle cooperative, delle associazioni che hanno in mano i beni confiscati e lo fanno anche formandosi, incontrando i rappresentanti istituzionali, i magistrati esperti del contrasto ai criminali sul territorio. La positività enorme di questo lavoro e di questa scoperta sta nell’evidenziare l’effettiva possibilità di contrastare un fenomeno che anche nelle costruzioni più mediatiche sembra indistruttibile. E invece qui si scopre appunto che è possibile, anche partendo da piccoli gesti che ricostruiscono comunità, ricostruiscono  un sistema economico sano, fatto di diritti, fatto di rispetto dell’ambiente, di un nuovo modo di stare insieme. La cosa bellissima è anche far capire, far scoprire ai tanti partecipanti, che quest’anno sono più di 3 mila, l’esperienza positiva, grazie a questi beni, di tutti i soggetti svantaggiati sul territorio.

D. – La provenienza dei ragazzi è uniforme tra Nord, Centro e Sud Italia? Riuscite a trovare collaborazione anche da parte di giovani che provengono dalle regioni stesse in cui vengono effettuati i campi?

R. – La partecipazione a questo progetto è soprattutto del Nord ed è molto elevata. E’ molto presente anche il tema del viaggio, della scoperta. Naturalmente sappiamo che la presenza dei beni confiscati, ma soprattutto il loro riutilizzo, è più impostata al Sud. Registriamo, però, un incremento negli anni della partecipazione dei ragazzi del Sud e del Centro. I partecipanti del Sud, diciamo, vivono questa esperienza in modo diverso. Abbiamo bellissime testimonianze di affiancamento al campo, anche non relative alla partecipazione, dove si affiancano ai volontari una volta che sono sul posto.

D. – Da cosa pensa che possa dipendere il successo di questa iniziativa?

R. – La concretezza. I tantissimi ragazzi che partecipano ce lo dicono in ogni forma. Dipingere un cancello, ricostruire un muro, rendere più accessibile il bene confiscato, che magari ospita dei laboratori contro la dispersione scolastica, costituisce un esempio concreto, reale e praticabile da parte dei partecipanti.

D. – Papa Francesco, durante la Gmg di Cracovia ha invitato i giovani a combattere la “divano-felicità”. Voi con questo percorso di impegno avete fatto vostra questa chiamata già da prima. Quali sono le reazioni dei giovani di fronte a tale responsabilità?

R. – Nella loro esperienza di viaggio, quindi di impegno e di formazione, i ragazzi sviluppano una coscienza nuova, tornano nei nuovi territori con occhi nuovi, diversi, e la voglia anche di stare insieme in modo diverso. Molto spesso i ragazzi vengono da contesti che li isolano. E’ un modo, dunque, di stare insieme agli altri concorrenziale. Naturalmente sul campo vivono un’esperienza contrapposta: il tema della cooperazione sostituisce quello della concorrenza, i legami sostituiscono l’isolamento, l’alienazione che in questi contesti viviamo. Quindi, al ritorno nei propri territori i ragazzi maturano una nuova voglia di stare insieme e vivere da cittadini protagonisti la propria vita.

D. – A proposito di cooperazione, i campi sono aperti anche a giovani provenienti dall’estero. Trovate possa essere possibile realizzare dei campi che favoriscano l’integrazione?

R. – Assolutamente. Noi abbiamo già diversi progetti e diversi spazi, anche su campi tematici, dove l’approfondimento, il lavoro e l’attività su questo tema sono più orientati. Questa esperienza serve a demolire gli stereotipi, ad abbattere muri e a costruire questo tipo di comunità nuova e positiva.

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Meeting Rimini, anteprima del film su Maria "Full of Grace"

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Viene proiettato questa sera in anteprima europea al Meeting di Rimini “Full of Grace - Piena di Grazia”, un film del regista americano Andrew Hyatt che ripercorre l'ultimo periodo della vita di Maria di Nazareth. Sarà distribuito in Italia dopo l'evento speciale programmato nei cinema, il prossimo 8 dicembre. Il servizio di Luca Pellegrini

Crede fermamente che “Full of Grace” sia un film diverso. Andrew Hyatt – laureato alla Loyola Marymount University di Los Angeles – lo ha girato in soli dieci giorni. Ma per lui e tutto il cast sono stati intensissimi. "Perché – confessa – è più come guardare una preghiera, e meno come guardare un altro film basato sulla fede. Vedere Maria come una madre sofferente, Pietro come un leader pieno di dubbi e la Chiesa originaria piena di bellezza e di dolore, in tutta la loro umanità, mostrerà la fede e la Chiesa in un modo che speriamo il pubblico non abbia mai sperimentato prima".

La sceneggiatura si concentra sugli ultimi giorni di vita di Maria e i suoi colloqui con Pietro e alcuni degli Apostoli. I dialoghi tra loro sono bellissimi, immersi in una natura pur diversa da quella della Palestina – il film è stato infatti girato in California. Pietro è preso dall'ansia: "La Chiesa non può riposare, non ora", dice. E' così: a dieci anni dalla morte di Gesù rivalità e tentazioni toccano già le prime comunità di coloro che "vivevano con la verità nel cuore – rivela l'Apostolo a Maria – e oggi vivono con la verità nella mente per capire cose che non potrebbero mai capire".

Le diverse interpretazioni teologiche e le prime divisioni, sono all'orizzonte. Maria ispira una grande serenità, dolcezza e sapienza. E' interpretata con misura dall'attrice algerina, Bahia Haifi. Poco prima di spegnersi, ricorda agli Apostoli una verità d'amore, pensando al Figlio: "Il suo cuore ha battuto insieme al mio per nove mesi, ora il vostro cuore batte col suo per l'eternità". L'Assunzione è appena accennata, con Pietro che, dopo averla adagiata in un sepolcro, guarda subito in alto, verso il cielo. Prima, con un gesto di pietà filiale, le aveva baciato con pudore una mano.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria. Avanzano curdi ad Hasakah, fallito tentativo di pace

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Avanzano le forze curde nella città di Hasakah, nel nord-est della Siria, dove da giorni si stanno verificando scontri fra le truppe lealiste del governo di Damasco e i curdi dell’Ypg (Forze di difesa del popolo). Secondo quanto riportato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, i curdi stanno guadagnando terreno nella parte meridionale della città, precisamente nei distretti di An-Nachoua e di Az Zouhour, sorvolati dagli aerei siriani che non stanno sganciando bombe.

Proseguono gli scontri fra lealisti e curdi
È di 43 morti, fra cui 27 civili compresi 11 bambini, il bilancio delle violenze innescate mercoledì scorso da un raid siriano, che ha fatto scattare l’intervento della coalizione a guida americana in appoggio alle forze curde dell’Ypg, sostenute per la loro efficacia nella lotta al sedicente Stato islamico. Molte le persone che da allora hanno lasciato la città, andando a ingrossare le fila degli sfollati. Ieri pomeriggio, inoltre, dopo il fallimento dei negoziati mediati dai russi nella vicina Qamishli, sono ripresi gli scontri: i curdi avrebbero chiesto alle milizie di Damasco di ritirarsi completamente, ma queste avrebbero rilanciato proponendo un disarmo reciproco. I fatti avevano scatenato anche le dichiarazioni del presidente turco Erdogan, che considera i curdi siriani alleati del Pkk, i separatisti curdi bollati da Ankara come terroristi.

Ancora raid aerei su Aleppo, 25 morti
Intanto, ad Aleppo si continua a morire: è di 25 morti di cui 16 civili tra i quali 2 bambini e 4 donne, il bilancio del bombardamento sui sobborghi di Orm al-Kobra e Kafar Halab. A riferirlo è sempre l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Infine, secondo indiscrezioni, centinaia di ribelli siriani si preparerebbero ad attaccare dal territorio turco la cittadina siriana di Jarablus, controllata dal sedicente Stato islamico. Lo riferiscono i media locali. L'assalto, si afferma, dovrebbe partire nei prossimi giorni. (R.B.)

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Allerta tifoni in Giappone, evacuazioni e stop collegamenti

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È allerta tifoni, in questi giorni, in Giappone. Verso l’arcipelago, infatti, si stanno dirigendo rispettivamente le due perturbazioni chiamate Kompasu e Mindulle, entrambe accompagnate da forti venti e violente precipitazioni.

Nelle prossime ore l’arrivo di Kompasu sulla prefettura di Hokkaido
Per questa sera è atteso l’arrivo di Kompasu, l’11.mo tifone della stagione, sull’isola di Hokkaido, nel nord del Paese. Per sicurezza, circa tremila persone sono state evacuate dalla città di Kitami, già flagellata da piogge battenti e in cui si è resa necessaria l’interruzione di 350 collegamenti ferroviari. Attualmente il tifone sta insistendo sul Pacifico, al largo di Kamaishi.

Attesa per domani sull’isola di Honshu la tempesta Mindulle
Si trova invece a circa 170 km a nordest dell’isola di Chichijima e si sta dirigendo verso quella di Honshu, dove dovrebbe arrivare domattina, il tifone Mindulle. La tempesta, secondo i meteorologi, dovrebbe toccare terra sulla regione di Tokyo. (R.B.)

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Nigeria. Card. Onaiyekan: mai dare la pace per scontata

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Mai dare la pace per scontata: questo il monito lanciato recentemente dal cardinale John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, in Nigeria, durante la sua omelia pronunciata nella Cattedrale di Nostra Signore del Perpetuo Soccorso di Makurdi, nello Stato di Benue.

Promuovere sempre fiducia reciproca e convivenza pacifica
Riflettendo sulle attuali condizioni della nazione, il porporato ha sottolineato l’importanza dell’unità e ha richiamato la necessità che tutti i nigeriani cooperino, assieme al governo, nella lotta alla corruzione e agli altri problemi che affliggono il Paese, impedendone lo sviluppo. “Rendiamo grazie a Dio per la pace di cui godiamo in molte zone della Nigeria – ha detto il card. Onaiyekan – ma ricordiamo di non dare mai la pace per scontata, bensì di fare tutti del nostro meglio per promuovere la fiducia reciproca, per costruire la convivenza pacifica e per non lasciare spazio a chi, malvagiamente, vuole seminare discordia e infelicità nel nostro Paese”.

No alla polarizzazione religiosa
“Non possiamo vincere nessuna battaglia se la nazione non è unita nel nome di Dio”, ha ribadito ancora l’arcivescovo di Abuja, esortando i fedeli ad “affrontare con decisione” tutto ciò che “tende a dividere il Paese”. “E questo si verifica soprattutto nel campo della religione – ha sottolineato – dove si vedono invasioni violente dei luoghi di culto da parte di estremisti”. Infine, il porporato ha esortato la popolazione nigeriana a un’azione “concreta, visibile, convincente e urgente” per allontanare il Paese “dal pericoloso percorso verso la polarizzazione religiosa”. (I.P.)

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In Benin il pellegrinaggio tradizionale dei giovani Taizé

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“Insieme, ricercare le vie della speranza” è il tema del tradizionale “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra” animato dalla comunità di Taizé in programma a Cotonou, in Benin, dal 31 agosto al 4 settembre prossimi. L’evento – spiega L’Osservatore Romano – è dedicato a migliaia di giovani dell’Africa occidentale e prevede la partecipazione di Frère Alois, priore della comunità ecumenica.

Ricercare percorsi di solidarietà
Le principali finalità del raduno – spiegano gli organizzatori – saranno quelle di celebrare Cristo, quale “sorgente di pace e di comunione” e “sperimentare la Chiesa come fermento di unità nella famiglia umana” nella comune “ricerca di percorsi di solidarietà”. “Questo incontro – aggiungono – ha lo scopo di sostenere i giovani nella loro ricerca spirituale. È un incoraggiamento ad approfondire la fiducia in Dio, in se stessi e negli altri”. Si tratta, in sostanza, di un invito “a essere attenti ai segni di speranza intorno a sé e ad assumersi la responsabilità di diventare lievito di pace e di fiducia nella Chiesa e nella società”.

I giovani ospitati nelle parrocchie
Ma il pellegrinaggio offrirà anche un’occasione per condividere attraverso i consueti canoni della comunità – la preghiera, il canto, il silenzio, le testimonianze – l’esperienza di fede con persone di altre culture e scoprire la vita dei cristiani di Cotonou. Il programma giornaliero prevede un tempo di preghiera comune, al mattino nelle parrocchie e nel pomeriggio in un unico luogo centrale. L’ospitalità sarà un aspetto essenziale: i partecipanti, infatti, verranno accolti dalle parrocchie e dalle comunità locali. (I.P.)

 

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Usa. La “Domenica del Catechista” sul tema della preghiera

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“La preghiera: la fede pregata”: questo il titolo della “Domenica del Catechista”, organizzata dalla Commissione episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi degli Stati Uniti. La giornata, che si celebra ogni anno nella terza domenica di settembre, quest’anno ricorrerà il 18 settembre. “Il tema scelto per il 2016 – scrive in un messaggio mons. Leonard Blair, presidente della Commissione episcopale organizzatrice dell’evento – invita tutti i battezzati, ma in particolare i catechisti e gli insegnanti della scuola cattolica, a dedicarsi in modo più profondo alla pratica della preghiera, per il bene spirituale personale e degli altri”.

“La preghiera è uno slancio del cuore”
Il presule ricorda poi le parole di Santa Teresa di Lisieux, che diceva: “La preghiera è uno slancio del cuore; è un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella grazia”. Come anche San Francesco di Sales, il quale affermava che “ognuno di noi ha bisogno di una mezz'ora di preghiera al giorno, tranne quando siamo occupati: allora, abbiamo bisogno di un'ora ". “La preghiera quotidiana, infatti – sottolinea mons. Blair – fa brillare la luce del Vangelo su ogni cosa che facciamo, in modo che tutti i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni possano essere conformati e commisurati all’amore di Dio e del prossimo”.

Pregare è un modo per avvicinarsi a Dio
Di qui, l’invito ai fedeli ad avvicinarsi al Signore, impegnandosi a pregare “in modo più profondo in privato, assieme agli altri, in comunione con la Chiesa”. In vista della “Domenica del catechista”, infine, la Commissione ha preparato una vasta gamma di materiale con suggerimenti per le celebrazioni liturgiche che si terranno in tutte le parrocchie del Paese. (I.P.)

 

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In Argentina la Settimana biblica dedicata alla misericordia

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Con il motto “Beati i misericordiosi”, in sintonia con il Giubileo straordinario della misericordia, l’arcidiocesi di Buenos Aires si prepara a celebrare la sua seconda Settimana Biblica. L’evento si terrà in diversi luoghi della capitale argentina dal 17 al 23 settembre prossimi ed è rivolto, in particolare, agli operatori pastorali che desiderano sentirsi incoraggiati e sostenuti, nella loro missione, dalle Sacre Scritture.

Per essere misericordiosi ascoltare la Parola
A fare da “filo rosso” all’intera Settimana saranno le parole di Papa Francesco, il quale ha più volte ricordato come “per essere misericordiosi, sia necessario prima mettersi all’ascolto della Parola di Dio”. Oltre alle celebrazioni eucaristiche, il programma dei lavori prevede anche numerose conferenze e seminari su alcuni punti-chiave. Ad esempio, sul rapporto tra la Bibbia e la salvezza, sul legame tra la Sacra Scrittura, la catechesi e la missione, sull’importanza della Bibbia per gli anziani, sulla Parola di Dio all’interno della liturgia e sulla misericordia nel Vangelo di Luca.

Focus sul “Cura Brochero”
Infine, spazio alla figura del “Cura Brochero”, ovvero il sacerdote diocesano argentino Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero, che verrà canonizzato da Papa Francesco, in Vaticano, il prossimo 16 ottobre. Di lui parlerà, giovedì 22 settembre, il vice postulatore della Causa di canonizzazione, il padre gesuita Julio Merediz, il quale terrà una conferenza proprio sul rapporto tra il futuro Santo e la Bibbia. (I.P.)

 

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India. Al via il “Madre Teresa International Film Festival”

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Verrà canonizzata il 4 settembre in Vaticano, Madre Teresa di Calcutta, fondatrice della Congregazione delle Missionarie della Carità, che dedicò la sua vita al servizio dei poveri in India. Per l’occasione, il Paese asiatico sta preparando la quarta edizione del “Madre Teresa International Film Festival”, che avrà inizio a Calcutta venerdì 26 agosto, anniversario della nascita della futura Santa, e si concluderà lunedì 29.

L’evento è organizzato da Signis
La rassegna è organizzata da Signis, l’organismo internazionale cattolico, ed è diretta da Sunjl Lucas, che spiega: “Vogliamo presentare il migliore e più ampio repertorio di film e documentari incentrati sulla figura e la vita di Madre Teresa, vincitrice del Premio Nobel per la pace” nel 1979. “Vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica e le singole persone” sull’operato della missionaria, conclude il direttore.

Due anteprime mondiali in programma
Ancora in fase di completamento la lista dei film partecipanti al Festival, ma l’obiettivo di Signis è avere almeno 20 pellicole in programma, tra cui due antiprime mondiali: “Ama fino a stare male” e “Memorie di Madre”. In lizza anche numerosi documentari, come “In nome dei poveri di Dio” che ha per protagonista Geraldine Chaplin, figlia dell’attore e regista cult del cinema muto, Charlie. Molto attesa, inoltre, la pellicola “Madre Teresa: la sua eredità” che ripercorre, in senso cronologico, l’operato della futura Santa, oltre a diverse sue interviste rilasciate nel corso degli anni.

Le precedenti edizioni del Festival
Sostenuto e approvato dall’arcidiocesi di Calcutta e dalle stesse Missionarie della Carità, il Festival cinematografico dedicato a Madre Teresa si è svolto per la prima volta nel 2003, subito dopo la Beatificazione della suora missionaria. La seconda edizione si è tenuta, invece, nel 2007, in occasione del 10.mo anniversario della morte di Madre Teresa, mentre la terza edizione risale al 2010, in occasione del centenario della sua nascita. (I.P.)

 

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 234

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.