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Sommario del 28/08/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a terremotati: appena possibile verrò a trovarvi, la Chiesa è con voi

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Appena possibile verrò a trovarvi. Così, Papa Francesco all’Angelus in Piazza San Pietro, rivolgendosi alle popolazioni del Centro Italia, colpite dal terribile terremoto di mercoledì scorso. Il Papa sottolinea la vicinanza della Chiesa a quanti soffrono a causa del sisma ed elogia l’impegno di quanti si stanno prodigando per portare soccorso e solidarietà. Prima delle parole sul terremoto, il Papa – commentando il Vangelo domenicale – aveva ribadito che la via del Vangelo è il servizio al prossimo, che rifugge dall’orgoglio e dall’arrivismo. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

La gente di Amatrice, di Accumoli, di Arquata e Pescara del Tronto, di Norcia è nel cuore di Francesco. All’Angelus, il Papa rinnova la sua vicinanza spirituale alle popolazioni colpite dal terremoto che ha scosso il Centro Italia e nomina le località più profondamente ferite dal sisma.

Appena possibile porterò ai terremotati la vicinanza della Chiesa
Francesco sottolinea la vicinanza della Chiesa a chi soffre e il suo desiderio di visitare quanto prima le zone terremotate:

“Ancora una volta dico a quelle care popolazioni che la Chiesa condivide la loro sofferenza e le loro preoccupazioni, prega per i defunti e per i superstiti. La sollecitudine con cui Autorità, forze dell’ordine, protezione civile e volontari stanno operando, dimostra quanto sia importante la solidarietà per superare prove così dolorose. Cari fratelli e sorelle, appena possibile anch’io spero di venire a trovarvi, per portarvi di persona il conforto della fede, l'abbraccio di padre e fratello, e il sostegno della speranza cristiana”.

L’orgoglio e l’arrivismo sono la causa di molti mali
Prima delle parole sul terremoto, il Papa aveva commentato il Vangelo domenicale sottolineando che Gesù predilige gli ultimi:

“La storia insegna che l’orgoglio, l’arrivismo, la vanità, l’ostentazione sono la causa di molti mali. E Gesù ci fa capire la necessità di scegliere l’ultimo posto, cioè di cercare la piccolezza e il nascondimento: l'umiltà. Quando ci poniamo davanti a Dio in questa dimensione di umiltà, allora Dio ci esalta, si china verso di noi per elevarci a sé; perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.

Dio paga molto più degli uomini, ci dà posto vicino al suo cuore
Le parole di Gesù, ha detto il Papa, “sottolineano atteggiamenti completamente diversi e opposti: l’atteggiamento di chi si sceglie il proprio posto e l’atteggiamento di chi se lo lascia assegnare da Dio e aspetta da Lui la ricompensa”:

“Non dimentichiamolo: Dio paga molto di più degli uomini! Lui ci dà un posto molto più bello di quello che ci danno gli uomini! Il posto che ci dà Dio è vicino al suo cuore e la sua ricompensa è la vita eterna. Sarai beato - dice Gesù - Riceverai la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (v. 14).

Servire il prossimo, gli esclusi sono i privilegiati del Regno di Dio
Il cristiano, ha proseguito il Papa, deve “scegliere la gratuità invece del calcolo opportunistico che cerca di ottenere una ricompensa”, e di "arricchirsi di più". Infatti, ha annotato, “i poveri, i semplici, quelli che non contano, non potranno mai ricambiare un invito a mensa”:

“Così Gesù dimostra la sua preferenza per i poveri e gli esclusi, che sono i privilegiati del Regno di Dio, e lancia il messaggio fondamentale del Vangelo che è servire il prossimo per amore di Dio. Oggi, Gesù si fa voce di chi non ha voce e rivolge a ciascuno di noi un accorato appello ad aprire il cuore e fare nostre le sofferenze e le ansie dei poveri, degli affamati, degli emarginati, dei profughi, degli sconfitti dalla vita, di quanti sono scartati dalla società e dalla prepotenza dei più forti”.

Ha così ricordato l’impegno di tanti volontari, in particolare nelle mense che, ha detto, sono vere “palestre di carità, che diffondono la cultura della gratuità”. Di qui l’invocazione alla Vergine affinché aiuti i cristiani ad essere “capaci di gesti gratuiti di accoglienza e di solidarietà verso gli emarginati, per diventare degni della ricompensa divina”.

Giornata per il Creato, occasione di impegno comune per l’ambiente
Al momento dei saluti ai pellegrini, il Papa ha rammentato la Beatificazione, in Argentina, di Suor Maria Antonia de San José, per il popolo Mama Antula. “La sua esemplare testimonianza cristiana, specialmente il suo apostolato nella promozione degli Esercizi Spirituali – ha affermato – possano suscitare il desiderio di aderire sempre più a Cristo e al Vangelo”. Quindi, ha ricordato che giovedì prossimo si celebra la “Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, insieme con i fratelli ortodossi e di altre Comunità ecclesiali”. Questa ricorrenza, ha detto il Papa, “sarà un’occasione per rafforzare il comune impegno a salvaguardare la vita, rispettando l’ambiente e la natura”.

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Parolin a Pordenone: Giubileo Misericordia riorienti vita dei cristiani

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Il Giubileo straordinario della Misericordia è “un’occasione di grazia abbondantemente offerta a tutti per riorientare tutto il nostro essere verso Gesù”. E’ quanto affermato stamani dal cardinale Pietro Parolin, durante la Messa nella Concattedrale di San Marco a Pordenone.

Tutti abbiamo bisogno del Vangelo della misericordia
Il segretario di Stato Vaticano ha sottolineato che Gesù ci esorta ad avere “consapevolezza dei limiti e delle mancanze e a riconoscere che abbiamo bisogno della misericordia di Dio, del suo aiuto e sostegno”. Il porporato ha quindi affermato che “non solo i singoli, ma anche la società nel suo insieme ha un bisogno immenso che la buona notizia del Vangelo risuoni nelle piazze e colmi la sete di verità, di pace e di giustizia e di misericordia” che pervade i cuori della gente.

Cristiani riconoscano volto di Gesù nei poveri e sofferenti
I cristiani, ha quindi avvertito, hanno bisogno di “riscoprire il tesoro di grazia che è stato loro regalato per renderlo fruttuoso e per illuminare della sua luce le loro giornate”. In particolare il cardinale Parolin ha esortato i cristiani a “riconoscere il volto di Gesù nei poveri, nei malati, nei carcerati, nei sofferenti, per diventare segno di misericordia, donando al prossimo quello che riceviamo e chiediamo al Signore”. (A.G.)

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Tweet Papa: chiediamo ogni giorno al Signore di venire con la sua misericordia

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"Una preghiera facile da dire tutti i giorni: 'Signore, io sono un peccatore: vieni con la tua misericordia'”. E' il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex.

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Oggi in Primo Piano



Sisma: bilancio a 290 morti, si scava ancora ad Amatrice

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Si è aggiornato a 290 morti il bilancio delle vittime del terremoto che il 24 agosto scorso ha colpito il Centro Italia: 14 i corpi ancora da identificare ad Amatrice. Sul fronte marchigiano, invece, non ci sarebbero più dispersi. E alla generosità degli italiani, la Protezione Civile risponde: non mandate beni primari, meglio donazioni. Il servizio di Roberta Barbi: 

La terra continua a tremare tra Lazio e Marche: solo questa notte l'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha registrato 20 scosse, per un totale di 1820 eventi che si susseguono senza sosta, come prosegue il lavoro dei soccorritori. Oggi ad Amatrice si cercano ancora una decina di persone; 2 o 3 secondo le segnalazioni si troverebbero ancora sotto le macerie dell’Hotel Roma. Non ci sarebbero più dispersi, invece, sul fronte marchigiano, ma ovunque resta il dramma dei sopravvissuti sfollati: 16 le aree che la Protezione civile ha allestito nel Lazio e altrettante nelle Marche, ognuna delle quali dà alloggio a quasi mille persone.

Protezione Civile: stiamo passanto dalla fase d'urgenza a quella dell'assistenza
E proprio nella tendopoli di Pescara e Arquata del Tronto, in questa prima domenica dal sisma, è stata celebrata la Messa di mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, che ha esortato le persone a “trasformarsi in una famiglia” e si è soffermato sui soccorritori che ha definito “le braccia dell’amore”. Alle spalle dell’altare, una grande croce realizzata con le attrezzature di soccorso dei vigili del fuoco. Sul fronte dell’inchiesta, la Procura di Ascoli Piceno che sta effettuando i primi accertamenti sui danni, per ora nessuna segnalazioni su edifici pubblici. È terminata, intanto, la riunione del coordinamento nazionale dell’emergenza della Protezione civile, il cui comando è passato a Rieti: “Stiamo passando dalla fase del soccorso d’urgenza a quella dell’assistenza”, ha confermato il capo, Fabrizio Curcio.

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Mons. Pompili: grati al Papa, la Chiesa è accanto alla popolazione

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Nella tendopoli principale di Amatrice, vicino al campo sportivo, questa mattina è stato proprio mons. Domenico Pompili a celebrare la Messa. Non sono mai mancate, in questi giorni, le celebrazioni per gli sfollati e le famiglie delle vittime. Ma al vescovo di Rieti preme soprattutto che queste persone al dolore possano affiancare una speranza forte che la ricostruzione avvenga nel rispetto delle regole per poter parlare di futuro. La nostra inviata, Gabriella Ceraso, lo ha intervistato: 

R. -  Credo che la cosa più semplice sia quella che stanno facendo in tanti: esserci e starci, possibilmente per molti anche rimanerci. Credo che questo sia l’unico modo per lenire quella che al momento è certamente una situazione dilaniante.

D. - Si parla tanto di ricostruzione. È necessario farla anche rispetto a dei criteri di onestà, di giustizia, sfuggendo quella che è la corruzione, un male grave. Da cristiano, cosa dire?

R. - Più che parlare di ricostruzione preferirei commentare la ricostruzione, cioè passare dal piano delle buone intenzioni a quello che poi si realizzerà. In questo preciso momento siamo ancora nella fase del dolore e in un certo senso della vicinanza. A breve dovrebbe partire questa fase, per cui mi auguro che quello che si è detto qui possa trovare riscontro. Mi piacerebbe appunto commentare a cose fatte.

D. - Lei è stato accanto al presidente Mattarella, alle autorità che sono state qui; sicuramente una presenza importante. Che percezione ha avuto? Cambieranno un po’ le cose?

R. - Ho l’impressione che ci sia stata una sincera partecipazione da parte  del presidente Mattarella che con il suo stile discreto, ma molto prossimo, ha saputo infondere fiducia. Credo che, data la limitatezza, di questo territorio, nonostante il numero esorbitante delle vittime, la politica possa effettivamente dar seguito concretamente a tali progetti. Questo è quello che io mi auguro e per il quale cercherò di fare il possibile.

D. - La gente: lei conosce il carattere di questa popolazione. Di cosa ha veramente bisogno? Che cosa chiede?

R. - Chiede di trovare una risposta alla domanda: “Che ne sarà di noi?”

D. – Ora è una certezza, prima era un pensiero: il Papa ha nel cuore il desiderio di essere presto qui …

R. – Mi pare sia veramente una bella notizia. Tutti in realtà desideravamo questo. Il fatto che lui lo abbia manifestato esplicitamente è di sicuro incoraggiamento in questo momento. Penso che un po’ tutti non aspettiamo altro che questo.

La chiesa simbolo di Amatrice, Sant'Agostino, è distrutta e lui non si dà pace per questo. “Ora - dice - è il momento della sepoltura e del dolore di aver perso tutto, incluso la Chiesa”. Al microfono della nostra inviata, Gabriella Ceraso, sentiamo il parroco, padre Savino D’Amelio

R. - Tra i parenti e congiunti stretti adesso c’è solo la preoccupazione di risolvere la problematica della sepoltura. C’è gente che corre avanti e indietro per avere questi certificati, per trovare il luogo dove seppellire i propri cari anche temporaneamente, visto che ad Amatrice metà cimitero è inagibile. Quindi chi ha già i loculi riesce a sistemare i propri defunti altrimenti devono recarsi a Preta dove c’è un cimitero nuovo con 150 posti liberi. Il sindaco di Preta ha offerto la sua disponibilità. Quindi parenti, i congiunti che sono interessati sono preoccupati. Non trapelano altri sentimenti se non questo, specie tra gli anziani. Stanotte ho dormito in una tendopoli e questa mattina ho incontrato tante persone che si stanno chiedendo dove andare perché la situazione chiaramente con queste giornate belle di sole ti consente anche di dormire in tendopoli. Poi cosa gli sarà concesso a queste persone? Unità mobili? Unità più stabili? Devono andar via? C’è chi sta lavorando e magari ha 60 anni con tre, quattro o cinque anni di lavoro da fare prima della pensione. Tutto viene trasferito: c’è una scuola alberghiera, poi chi ha dei genitori anziani. Adesso stanno pensando all’immediato, perché devono cercare di iniziare a risolvere la situazione. Dal nostro punto di vista, siamo in attesa che passi questa prima fase della sepoltura, per poi cominciare a vedere in quale direzione orientarci.

D. - Oggi è giornata di preghiera. Normalmente la domenica in un paese è un giorno in cui ci si ritrova, si sta tra parenti e si va anche a Messa. Voi non avete mai fatto mancare le Messe in questi giorni. Cosa dite ai fedeli come padri e pastori?

R. - Stiamo cercando di infondere un po’ la speranza, di richiamare il senso della fede con molta discrezione a partire dal vescovo con il quale abbiamo concelebrato le prime due Messe davanti alla tendopoli dove si trovano tutti i defunti. Quindi con la discrezione e con la sensibilità umana stiamo cercando di toccare le corde della fede, del cuore, dell’umanità di queste persone in modo che non ci siano invasioni, nè irritazione come spesso può accadere.

D. - “Piedi a terra, sguardo rivolto verso il cielo”, ha detto ieri mons. D’Ercole: è possibile per questa gente?

R. - Questo è il senso della fede. Purtroppo questa tragedia ci ha duramente colpiti, però la nostra vita continua. In questo bisogna assolutamente credere perché è una certezza.

D. - Lei è parroco di Sant’Agostino, una chiesa che ha pagato duramente. L’abbiamo vista violata; che effetto le fa vedere la sua casa, anche la casa del Padre, in queste condizioni?

R. – Potete immaginare! Tutto quello che si guarda ti butta giù, nel senso che anche la struttura esterna ha un suo valore. Pensiamo già a come impostare un po’ la vita religiosa da domani, però è chiaro che le strutture hanno una certa forza perché sono punti di riferimento, di aggregazione.

D. - La gente riesce con lei a pregare in questi frangenti, in questi momenti?

R. – Mi chiedono di andare a benedire le salme, di essere presente al momento della tumulazione, quindi il senso della fede è profondo, è vero, c’è. Siamo dentro questo tumulto di movimento per risolvere le questioni logistiche di corse e rincorse per risolvere i problemi immediati.

D. - Quindi c’è bisogno di più calma, di un momento di quiete …

R. - Si certo. Il tempo vuole la sua parte nel senso che con un po’ di tranquillità poi bisognerebbe ricucire, ritessere una po’ la tele delle relazioni che non sono state interrotte, ma ferite.

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Sindaco Amatrice: aspettiamo il Papa, commosso da solidarietà di tutti

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Tra le macerie di Amatrice non smette di ripetere la parola "speranza" il sindaco Sergio Pirozzi, che incontra i suoi concittadini e chiede a ciascuno, specie chi ha subito lutti, di non cedere allo sconforto preparandosi con coraggio e determinazione alla road map della ricostruzione che, dice, sarà resa pubblica a giorni. Intanto confida con un sorriso che la notizia che il Papa visiterà i luoghi colpiti "è un grande conforto". La nostra inviata ad Amatrice, Gabriella Ceraso, lo ha intervistato: 

R. – In questo momento è importante infondere speranza, io per quanto riguarda la parte civica e la Chiesa per la sua, anche se posso permettermi di piangere quando la sera sono da solo. Credo fortemente che ci sapremo rialzare, non dobbiamo fare del vittimismo ma dobbiamo credere. Penso che credere sia la cosa più importante e fondamentale!

D. - Anche il Papa ha espresso concretamente la voglia di essere qui …

R. - Il Papa rappresenta la mia religione, una religione che dà speranza, che dà perdono, che dà anche la possibilità di andare in un mondo migliore, il Paradiso … Se più gente possibile avesse quei capisaldi morali, umani per potere andare in Paradiso sarebbe sicuramente un mondo migliore. Per questo è importante la presenza qui di Sua Santità.

D. - Lei ha visto con i suoi occhi tante cose brutte. Ma c’è una cosa bella che le dà forza?

R. - Il mondo della solidarietà. Non può immaginare le persone che mi hanno chiamato dal mondo intero, persone che conoscevo e altre no per non parlare di coloro che hanno perso i propri cari, che un minuto dopo la tragedia si sono messi a disposizione di tutti! Sono persone che mi danno speranza; sono convinto che riusciremo a mettere in piedi questo paese, questa comunità; recupereremo le chiese storiche che sono i simboli che non vanno mai abbattuti ma vanno rimessi al loro posto perché rappresentano la nostra identità, il nostro senso di appartenenza alla comunità.

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Boldrini: istituzioni daranno risposte concrete ai terremotati

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​"I bambini delle zone terremotate torneranno a scuola nei tempi opportuni", così la presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, visitando oggi il centro di Amatrice. "La politica è unita sui provvedimenti e non c'è motivo per non realizzare quello che la popolazione chiede, cioè una ricostruzione adatta alle loro esigenze". La presidente ha pranzato nella tendopoli e ha fatto il punto sui lavori con i responsabili della protezione civile e con il sindaco Pirozzi. Sentiamola al microfono di Gabriella Ceraso

R. - Le persone ribadiscono la loro intenzione di non allontanarsi dal territorio. Chiedono che le scuole siano riaperte. D’altra parte i bisogni sono chiari a tutti. Il sindaco Pirozzi sta facendo la raccolta di tutte le richieste … E' importante dare normalità, andare avanti nonostante quanto accaduto. Ho sentito fiducia, anche se però ci dicono: “Adesso siete tutti qui. Noi speriamo che voi non ci lascerete soli”. Non c’è una fiducia in bianco: c’è una fiducia condizionata ai fatti. Quando ci sarà il decreto noi chiaramente ci occuperemo della situazione a livello di Camere; poi ci sarà la Legge di Stabilità: faremo in modo che porti stabilità anche edilizia e architettonica. Quindi sarà il momento in cui, a livello di Camere, dovremo decidere anche le priorità. E' importante raccogliere dagli amministratori locali tutte le richieste e fare in modo che quelle richieste poi si traducano in norme e stanziamenti adeguati.

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Sisma: anziani e bambini, i più colpiti tra i sopravvissuti

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Nel Palazzetto dello Sport di Amatrice, dove è impegnato in prima linea l’Ordine dei Cavalieri di Malta, si continua a lavorare alacremente, ma c’è spazio anche per i rapporti umani. A raccontare la vita in questo piccolo microcosmo è il vice capo campo, Jacopo Caucci, al microfono di Eugenio Murrali: 

R. – Stiamo gestendo il Palazzetto dello Sport di Amatrice. In questo caso ospita circa 60 sfollati dai venti anni fino al più anziano che ha 87. In più fino a pochi giorni fa è stato un centro di stoccaggio. Qui abbiamo sia materiale medico, perché abbiamo un’infermeria, abbiamo cibo, generi di primo soccorso, tutto ciò che è necessario per l’igiene personale vestiti, coperte …

D. – Al quarto giorno di lavoro, qual è lo spirito dei volontari? Qual sono le energie rimaste?

R. - Di energie ce ne sono poche, ma continuiamo ad usarle. Siamo coscienti che questa sarà una lunga emergenza, perché questo paese purtroppo non esiste più e le persone non hanno più una casa e di conseguenza dovranno rimanere per molto tempo in questi campi a meno che non si trovino altre collocazioni. Abbiamo potuto notare in questi giorni che molte persone non vogliono lasciare il luogo; preferiscono dormire in un palazzetto piuttosto di lasciare quella che considerano ancora la loro casa. La chiamano “casa mia” anche se casa loro non c’è più.

D. - Qual è il vostro rapporto con le persone in questi giorni? Come vi state relazionando con loro?

R. - I primi giorni sono stati di carattere operativo. Quindi si trattava di sistemarli, dare loro un pasto caldo, un letto e assicurarsi che avessero delle condizioni sanitare ottimali per poter rimanere all’interno di un campo e non dover essere quindi ospedalizzati. Con il passare del tempo ovviamente si creano quelle sinergie tra i volontari e gli sfollati che portano poi a rapporti di amicizia, di confidenza per poter gestire al meglio il campo.

D. - E gli anziani?

R. - Sono paradossalmente quelli che si rendono meno conto delle questione, forse perché hanno molta esperienza di vita alle spalle e quindi la vivono quasi fosse una cosa naturale. So che è difficile capire questa cosa: sembra siano alienati dal contesto. Stanno all’interno del nostro campo, dormono, si lavano, ma non vivono la situazione con la disperazione che magari può provare un ragazzo di 20 o di 30 anni che ha ancora molta vita davanti e si rende conto che parte di questa è finita quattro gironi fa dal punto di vista infrastrutturale naturalmente... anche se molte delle persone che sono qui dentro hanno avuto dei lutti. Quindi in ogni caso sono delle vite spezzate.

D. - Alla fine di questa primissima fase di emergenza di cosa c’è ancora bisogno?

R. - Adesso bisogna solamente ricostruire perché c’è stata una concertazione a livello nazionale di invii che praticamente siamo stati costretti, come è emerso anche dagli ultimi dispacci del Dipartimento della Protezione Civile, a bloccare gli invii gli aiuti. Questo palazzetto è completamente pieno di ogni genere di cose. Adesso l’unica cosa che si può fare è capire come ricostruire questo paese, se si può ricostruire, sperando che non ci sia un’idea tipo “New Town L’Aquila”: cerchiamo di intervenire sul territorio.

A patire maggiormente le sofferenze del terremoto sono i bambini, cui devono essere spiegate le perdite familiari nel modo giusto, e gli anziani, che hanno più difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti. Lo conferma ad Eugenio Murrali la volontaria psicologa del Corpo italiano di soccorso dell’Ordine del Cavalieri di Malta, Mara Germani

R. – Il nostro primo dovere, come gruppo di primo intervento psicologico, è fare una valutazione, quella che noi chiamiamo “analisi dei bisogni”, proprio per capire quelle che sono le reali necessità, perché noi abbiamo una formazione, un’esperienza di diverse situazioni emergenziali a partire dai terremoti dell’Abruzzo, e dell’Emilia. Quindi sappiamo cosa trovarci di fronte, ma ogni situazione poi ha le sue particolarità e le sue caratteristiche. Quindi quello che noi facciamo in prima battuta è proprio cercare di capire quali sono queste particolarità.

D. - Quali particolarità avete trovato qui?

R. - Qui innanzi tutto c’è stato un fortissimo impatto per quanto riguarda interi nuclei famigliari. Quindi quello che ci ha colpito anche dai racconti delle situazioni è stata la distruzione di un intero paese, ma quello che colpisce non sono solo le mura - intese come edificio - ma come contenitore, come casa e contenitore delle famiglie intere.

D. - A quattro giorni dal sisma, finita la primissima fase di emergenza, cosa si apre da un punto di vista psicologico di nuovo?

R. - Sicuramente il primo impatto è quello di fare, di riuscire prima a scavare, poi a fare i riconoscimenti, le pratiche che poi purtroppo bisogna sbrigare, recuperare i generi di prima necessità … Quindi è tutto improntato al fare, non pensare in qualche modo, a non darsi uno spazio per riflettere su quello che sta accadendo. Finito il momento del fare, è il momento nel quale emerge un po’ l’emotività, vengono fuori quelli che sono gli aspetti che in qualche modo erano stati accantonati. Noi aiutiamo le persone in questo, ad elaborare quelli che sono gli impatti emotivi e tutto il vissuto che poi emerge.

D. - Chiaramente le categorie dei bambini e degli anziani sono sempre le più fragili. Cosa state riscontrando?

R. - In particolare nei genitori stiamo riscontrando la necessità di parlare ai bambini, di comunicare ai piccoli di varie fasce d’età poi che cosa sta accadendo, eventi tragici all’interno della famiglia. Quindi quello che noi facciamo è anche un po’ assistere i genitori in questo compito, dare indicazioni, suggerimenti.

D. - Qual è lo spirito di voi volontari dopo quattro giorni di lavoro così intensi?

R. - Sicuramente noi ci formiamo anche durante quello che noi chiamiamo “il tempo di pace” per riuscire poi a sostenere questo tipo di lavoro. Noi come psicologi in particolare lavoriamo in équipe proprio perché non sarebbe pensabile svolgere questa funzione da soli. Noi siamo sempre in gruppi di tre o quattro colleghi in modo tale che tra noi poi possiamo ricercare il supporto di cui abbiamo necessità e soprattutto il coordinamento perché altrimenti non si possono dare più cose contemporaneamente.

D. - Tornando agli anziani, invece …

R. - In questo caso c’è proprio il legame con quella che è la terra, la casa … Quindi la difficoltà anche al cambiamento per un anziano è già difficile da affrontare. In questo caso cerchiamo di intervenire e di aiutare anche sostenendo i famigliari che molto spesso devono cercare di comunicare le variazioni, anche gli spostamenti.

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Pescara del Tronto: il dramma di chi ha perso tutto

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Uno dei borghi più colpiti dal terremoto del 24 agosto è Pescara del Tronto, piccolissima frazione di 135 residenti che i vigili del fuoco credono diventerà un paese fantasma. Le persone sopravvissute, scortate dai soccorritori, si stanno recando in questi giorni davanti alle loro abitazioni disastrate per cercare di recuperare qualche oggetto di prima necessità. Il servizio da Pescara del Tronto di Veronica Di Benedetto Montaccini

Pescara del Tronto è completamente rasa al suolo come se un carrarmato ci fosse passato sopra. In questa frazione collegata da una sola strada al resto del mondo ormai i vigili del fuoco hanno terminato il recupero dei corpi: 45 vittime. Dopo i funerali nella giornata di lutto nazionale, chi è sopravvissuto al terremoto vuole entrare nella "zona rossa" per recuperare gli oggetti più importanti o almeno vedere con i propri occhi la casa di una vita, anche se distrutta. Come la signora Luigina, 56 anni, con i suoi due figli che passavano ogni estate in questa cittadina:

R. – Qui abbiamo passato tanti anni, abbiamo passato le vacanze estive. Per tanti anni siamo venuti qui, perché è un luogo dove si sta bene, l’aria è buona, l’acqua è naturale. Poi ogni anno ci si ritrovava sempre con le stesse persone, quindi si erano create delle amicizie. Adesso vedo solamente desolazione, tante macerie. Questo mi rattrista veramente tanto. Per noi è stata una grande tragedia. Mi hanno detto che ci sono numerose crepe, il tetto si è rovinato, soprattutto la parte in alto a destra. Sicuramente non sarà più agibile, non ci si potrà più abitare. Quindi una parte della nostra vita finisce qui con questo terremoto: un tessuto sociale che se ne è andato e parte della nostra vita che si è frantumata, come si sono frantumati i cornicioni, i tetti, le pareti di queste case. Si è frantumata anche una parte di noi.

Si entra con il casco in uno scenario di guerra con macchine accartocciate e squarci aperti su camere da letto. Solo due quadri sono rimasti attaccati ad una parete di una casa. Ognuno qui ha perso un suo caro:

R. – I bambini, la piccola Giulia, Marisol - un anno e mezzo - e tante vittime giovanissime, quindi tanti piccoli, tanti angeli che adesso sono in Cielo. Ha colto tutti di sorpresa; questo terremoto non ha dato scampo. La nostra famiglia ha perso dei partenti - parenti fi mio marito -, tre zii e un cugino e poi gli amici di infanzia dei miei figli che passavano l’estate qui, insieme. Adesso li abbiamo persi … Sono in Cielo.

Vigili del fuoco, abitanti e volontari parlano di una futura città fantasma destinata a scomparire tra i detriti perché aveva più seconde case per le villeggiature che residenti disposti a rimanere.

R. - Qui durante l’inverno c’erano pochissime anime. Amatrice si riempiva d’estate; è il centro più importante. Questo è un centro piccolino di pochi abitanti. Non so come andrà a finire. Io spero che verrà ricostruito, perché per me costituisce una parte della mia storia, una parte importante. Sono tanto confusa, tanto triste e anche tanto impotente di fronte a queste cose. Mi rendo conto che l’uomo di fronte alle forze della natura non può nulla.

Luoghi importanti per chi è ancora vivo: per le oltre 200 persone salvate dai vigili del fuoco dopo il sisma.

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Siria: 20 civili morti in raid aerei turchi

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Si continua a combattere in Siria, in attesa della tregua chiesta a gran voce dalle Nazioni Unite. Almeno 20 civili sono morti oggi per i raid aerei turchi nella parte settentrionale del Paese. La cronaca nel servizio di Elvira Ragosta: 

Resta ancora una speranza il cessate-il-fuoco di 48 ore ad Aleppo. Una tregua auspicata dall’Onu e per la quale l’inviato speciale, Staffan de Mistura, ha chiesto alle parti una risposta entro oggi. Intanto, ad Aleppo si continua a morire. Ieri 15 persone sono rimaste uccise da barili-bomba sganciati dall’esercito governativo. Il raid ha colpito una veglia per gli 11 bambini uccisi nel bombardamento di tre giorni fa. Nel Paese martoriato dalla guerra i combattimenti proseguono su più fronti. Sono venti i civili morti e 50 i feriti, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, nei raid aerei lanciati dalle forze turche contro il villaggio di Jub al-Kousa, nel Nord della Siria. Una zona controllata dalle milizie alleate alle Forze Democratiche Siriane appoggiate dai curdi. Ankara è impegnata da mercoledì scorso in un’offensiva all’interno del territorio siriano e i raid di oggi sarebbero la risposta al primo militare turco caduto ieri, durante un attacco con razzi da parte di militanti curdi. Intanto, la televisione siriana annuncia che si è conclusa ieri l’evacuazione di 5 mila persone, tra ribelli e civili, a Daraya, il sobborgo alle porte di Damasco rimasto per 4 anni roccaforte degli insorti, fino all’accordo raggiunto pochi giorni fa tra i ribelli e il governo.

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Ordinato primo sacerdote in Mongolia. Cervellera: cattolici in crescita

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La Chiesa in Mongolia, la più giovane comunità cattolica del Mondo, festeggia l’ordinazione del suo primo sacerdote locale. Nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, nella capitale Ulaanbatar, infatti, è stato ordinato oggi il giovane Jospeh Enkeeh-Baatar, che svolgerà il suo ministero nella piccolissima comunità cattolica di Arvaiheer, composta da appena 21 persone. Un evento storico, che conferma la crescita della Chiesa in questi ultimi anni nel continente asiatico. Salvatore Tropea ha intervistato al riguardo padre Bernardo Cervellera, direttore di "Asia News". 

R. – È un momento importante, perché è il primo sacerdote in una comunità che è nata proprio dalle ceneri, che non esisteva praticamente. I primi missionari hanno cominciato ad instaurare con queste piccole comunità dei rapporti di amicizia e il fatto che adesso abbiano già un sacerdote è veramente un dono molto grande per questa Chiesa. Questo vuole dire che i semi che sono stati gettati dai missionari sono fecondi. Lavorare in Mongolia significa confrontarsi, da una parte, con una cultura di religiosità sciamanica – quindi vedono i sacerdoti come un punto di incontro tra il Cielo e la terra, tra Dio e l’uomo - nello stesso tempo, c’è una tradizione buddista, tibetana, molto forte. Di conseguenza, il fatto che ci sia un sacerdote mongolo, che è parte di questa cultura, e che, nello stesso tempo, ha ricevuto l’annuncio di Gesù Cristo, può veramente fare quel lavoro di inculturazione, sia dal punto di vista della cultura sia da quello della teologia, che – naturalmente – è un po’ più difficile e lento per un missionario straniero.

D. – La Chiesa in Mongolia com’è cresciuta in questi anni, non solo numericamente, ma anche e soprattutto in termini di apostolato ed evangelizzazione?

R. – È cresciuta veramente molto lentamente e pazientemente, con rapporti di amicizia, e anche offrendo ai bambini la possibilità di avere un asilo o una specie di oratorio in cui giocare e studiare. Poi ha dato un aiuto anche alle donne, perché c’è una grande miseria: quindi ha cercato di dare lavoro alle donne e agli uomini. La Chiesa può operare in Mongolia perché, per legge, gli operatori stranieri devono assumere un certo numero di lavoratori locali. Questa è una strettoia in cui la Chiesa si trova; però, di fatto, è un modo con cui quest’ultima aiuta anche lo sviluppo economico del Paese. La Mongolia, dopo la caduta dell’Impero sovietico, garantisce la libertà religiosa. Tuttavia, nei confronti delle religioni, e soprattutto di quelle straniere, sono un po’ cauti e hanno paura del proselitismo. Per questo quindi sono molto attenti, rilasciano permessi con difficoltà, vogliono verificare, mettono condizioni, ecc. Però, pur con molta pazienza, la Chiesa sta crescendo.

D. – Questo storico evento è il segnale di una Chiesa che, in Mongolia, ma in Asia in generale, potrà crescere ancora molto in futuro?

R. – Il fatto che in Mongolia sia nata già la prima vocazione sacerdotale dice che anche in Mongolia, ma in generale in tutta l’Asia, c’è una grande sete di Dio, una grande ricerca del contatto con il divino e la religione. Perché questi popoli, ad esempio questi che erano sotto il comunismo, erano abituati al materialismo; e invece, la fede – la religione – sta rinascendo. Bisogna poi ricordare anche che il sacerdote è stato educato in Corea del Sud; e la Chiesa coreana è molto impegnata in un rapporto di fraternità con quella mongola per sostenerla ed aiutarla. Quindi la Chiesa coreana, che è tra le più vivaci dell’Asia e aiuta la piccola Chiesa mongola, dice che in Asia l’evangelizzazione ha delle ottime prospettive.

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Alla Mostra del Cinema di Venezia, il film "Vangelo" di Delbono

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Alla Mostra del Cinema di Venezia, che si apre mercoledì prossimo, sono molti i film in cui registi diversissimi tra loro affrontano temi legati alle esperienze umane e religiose. Tra questi titoli sicuramente “Vangelo”, che Pippo Delbono, regista teatrale, porta alle “Giornate degli Autori”. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Tra i campi di mais i loro volti raccontano le loro storie, Pippo Delbono chiede soltanto i nomi. Sono profughi arrivati da terre ove la sofferenza è quotidiana, la morte una cruda realtà. Le loro tragedie gli ricordano le parole di Gesù. Decide di girare un Vangelo, molto a modo suo, con frammenti di citazioni che s’innestano sulla realtà che quelle persone evocano e portano con sé. All’origine di questo film, come confessa il regista, il ricordo della madre, che gli chiedeva di fare qualcosa che racconti l’amore, e poi il famoso quadro del Caravaggio “Le sette opere di misericordia”.   

“Sì, sono due giusti punti di partenza: il Caravaggio un po’ inconsciamente e la madre invece con una chiara decisione. Mia madre è una donna molto cattolica. Dentro la sua grande fede aveva in fondo una straordinaria libertà, e spesso un po’ un eccessivo rigore. Però sicuramente mi ha segnato tantissimo: porto dentro questo cammino di mia madre, anche se poi io ho preso una strada un po’ diversa, nel senso che sono buddista e pratico il buddismo da tanti anni. Però è stato come un passare da una cosa all’altra e anche ritornare a rileggere il Vangelo dopo aver fatto un cammino importante comunque nella spiritualità; e quindi rileggerlo adesso con uno sguardo nuovo. Il Caravaggio è comunque la bellezza dell’essere umano, la luce che esce fuori da persone che molto spesso la società chiama ‘criminali, zingari, rifugiati, diversi, esclusi’”.

Lei dichiara di non credere, eppure si confronta con il testo che è il fondamento del cristianesimo:

“Sicuramente è successo che mi ha anche un po’ toccato e colpito questo nuovo Papa, che ha dato segni di grande apertura umana, forte, forse rara in questo momento in cui tutti parlano, ma si sente che in verità alle persone, nel profondo, non importa nulla delle cose. E poi sì, trovare questa assurda contraddizione di un Paese come questo, dove tutti apparentemente si reputano ‘cristiani’ – sono tutti cattolici – e poi assumono dei comportamenti che si allontanano totalmente – ma totalmente! – da quel pensiero. Allora io, da non cattolico, dico loro: “Ma scusate! Fermi un attimo…”. Io non ho voluto fare un percorso intellettuale, ma un percorso semplice: complesso, ma semplice. Quando nel film, a un certo punto, si dice: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere”. Partiamo da lì: chi ha sete oggi, chi ha fame oggi?”

L’incontro con gli immigrati, con i profughi, con persone che portano segni di grandi ferite e di grande vita, che cosa ha significato per la realizzazione del suo film?

“Queste persone mi hanno portato diverse cose. Una è stato, oggettivamente, come racconto nel film, una casualità, cioè un andarli a cercare e arrivare lì in un momento di ferita. Tutto il mio cammino stato segnato da ferite, però sembra che queste ferite in qualche modo siano state anche una grande occasione per rimanere lucido e non perdermi. Guarda caso, lì, da queste persone con cui la morte ha convissuto molto più presente che per noi, che la dimentichiamo – non è che noi non moriamo, noi la dimentichiamo – ecco, queste persone invece la morte se la portano dentro, incisa nello stomaco, e questa morte dà loro – per quello che poi diventa il mio lavoro artistico – secondo me una straordinaria capacità espressiva, come una bellezza. Ecco, loro ce l’hanno. E lì viene fuori il Vangelo: in fondo, il Cristo dice: 'Se non sarete uguali ai bambini non entrerete nel Regno dei Cieli', ma io lo direi anche a un artista: 'Se non sei come un bambino, non sei un artista'. E’ stato molto semplice, in fondo, complesso e semplice, questo cammino. Inevitabile che poi io sia finito nel Vangelo: sono state come inevitabili coincidenze che si sono unite. Certo, le mie ferite mi sono state amiche: quel famoso Calvario … Mi ricordo di quel Vangelo, da piccolo. Cosa mi ricordo di quel Vangelo? Ho delle cose forti che mi sono rimaste segnate, soprattutto quel Calvario, è da quel Calvario, che è la nascita dalla morte, che passa anche il cammino del Cristo. D’altra parte, il cammino di queste persone è quello: chi più di loro mi può raccontare in questo tempo quella storia lì? Chi più di loro?”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Paraguay: vescovi condannano attacco della guerriglia

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I vescovi del Paraguay hanno espresso una “ferma condanna” dell’attacco dinamitardo che sabato mattina ha ucciso 8 militari nei pressi del villaggio di Arroyito, a circa 450 chilometri a Nord della capitale Asunción. Il ministro degli Interni attribuisce la responsabilità dell’attacco alla guerriglia dell’Esercito del Popolo (Epp), un gruppo ribelle di matrice marxista, attivo nella regione dal 2008 e composto da un centinaio di elementi, già autore in passato di altri attentati contro le forze del governo paraguaiano.

Basta con tanto dolore e lutto
In una breve dichiarazione, i presuli esprimono “preghiere per le vittime e solidarietà ai familiari” e chiedono la cessazione degli attentati “contro la vita e la dignità delle persone quale che sia la sua condizione o funzione”, ribadendo che “la vita è un valore supremo che non può essere subordinato a nessuna causa politica, sociale o economica”. "Fermatevi! Basta con tanto dolore e lutto", implorano quindi i vescovi che chiedono alle autorità la rapida identificazione e punizione degli autori dell’attacco per evitare ulteriori spargimenti di sangue.

Più di 60 le vittime del gruppo guerrigliero
Con l’attacco di sabato, il numero totale delle vittime delle oltre 100 azioni armate dell’l’Esercito del Popolo (Epp), che si sospetta legato alla guerriglia colombiana delle Farc e dell’Eln, ha raggiunto quota 61, di cui 32 civili, 18 poliziotti e 11 militari. Il gruppo è nato nel 1996 come una banda dedita a rapine, sequestri e narcotraffico, "riciclandosi" poi come gruppo armato insurrezionale associato ad ex membri del Partito "Patria Libre" si "riciclò" come gruppo armato insurrezionale. (L.Z)

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Libia: forze governative verso battaglia finale a Sirte

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In Libia, sarebbe vicina la battaglia finale per la liberazione completa di Sirte dalla presenza del sedicente Stato islamico. Le forze fedeli al governo libico sostenuto dall’Onu sono entrate nelle ultime aree di Sirte ancora controllate dai miliziani dell'Is. Ad annunciarlo è un portavoce delle forze fedeli al governo di unità nazionale in Libia.

Il premier al-Serraj cerca nuovo accordo con fazioni dell'Est
Intanto, il premier designato libico,Fayez Serraj, si riunirà oggi con i membri del Consiglio di presidenza per formare una squadra di governo che possa essere accettata dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk. Entrambe le istituzioni libiche, il Consiglio di presidenza con sede a Tripoli e il parlamento con sede a Tobruk, non hanno ancora raggiunto un accordo definito sulla formazione di un governo di unità nazionale che possa governare l'intero Paese.

Emergency lascia Est della Libia
Emergency interrompe, intanto, l'attività dell'ospedale di Gernada, nell'Est della Libia, a seguito di "gravi episodi di violenza da parte delle forze di polizia locale all'interno dell'ospedale". La decisione, precisa l’organizzazione di volontariato, è stata presa "in accordo con il ministero della Sanità", al quale Emergency ha offerto "la sua disponibilità a intervenire in altre zone del Paese". Il centro chirurgico di Gernada era stato aperto lo scorso 12 ottobre per curare i feriti dei combattimenti nelle zone di Bengasi e Derna. In 10 mesi sono state 1.400 le persone curate. (E.R.)

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Nigeria: 8 persone arse vive per blasfemia, l’orrore dei cristiani

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In Nigeria è ancora vivo l’orrore per la morte di otto persone bruciate vive in una casa nella città di Zamfara, nella Nigeria settentrionale, da un gruppo di musulmani che inseguivano un giovane studente convertito al cristianesimo accusato di blasfemia contro il profeta Maometto. 

I giovani cristiani della Nigeria: no alla sharia in alcuni Stati
I fatti risalgono al 22 agosto: gli assalitori hanno raggiunto un’abitazione dove il giovane era stato accolto da un soccorritore dopo essere stato pesantemente percosso, dandole fuoco con le otto persone che si trovavano dentro. Unanime la condanna delle Chiese cristiane nel Paese. In una dichiarazione dell’Associazione cristiana della Nigeria (Can), il presidente della Commissione giovanile dell’organizzazione, Daniel Kadzai, ha chiamato in causa la coesistenza di due ordinamenti in Nigeria: quello  laico della Costituzione nigeriana e la sharia in vigore negli Stati settentrionali a maggioranza musulmana: “Il primato del diritto - ha affermato - non può essere rispettato in un Paese in cui regna un dualismo giuridico che apre la strada alle persecuzioni dei cristiani”. “Mentre il governo si felicita per i recenti successi nella lotta contro i terroristi di Boko Haram - ha aggiunto - è triste constatare che le forze di sicurezza sono incapaci di perseguire e arrestare chi attacca i cristiani”. 

Il dolore del Forum degli anziani cristiani della Nigeria
Profondo dolore per l’accaduto è stato espresso anche dal Forum degli anziani cristiani della Nigeria (Ncef), anch’esso membro del Can, che denuncia la progressiva islamizzazione del Paese. In una nota, il presidente Solomon Asemota, rileva come il Comitato per i servizi di informazione e sicurezza istituito di recente dal presidente Muhammadu Buhari sia composto quasi esclusivamente da musulmani. Come musulmani sono, oltre allo stesso Capo di Stato, anche i ministri della Difesa e dell’Interno e i capi di Stato Maggiore dell’Esercito e dell’Aeronautica. Anche nel campo dell’educazione – denuncia il presidente del Forum – i posti chiave sono detenuti da musulmani.

La Nigeria è uno Stato laico
Lo Ncef respinge inoltre una recente dichiarazione del sultano di Sokoto, Sa'ad Abubakar, una delle più alte autorità dell’islam sunnita del Paese, secondo la quale la Nigeria non è una nazione laica, ma un’entità multi-religiosa. In realtà, si sottolinea, la Costituzione nigeriana stabilisce chiaramente che i governi nazionali e statali della Federazione non possono in alcun modo adottare una religione come religione di Stato. Le dichiarazioni del sultano Abubakar -  osserva la nota - sembrano piuttosto volere dire che la Nigeria è composta da due religioni l’islam e il cristianesimo “finché quella musulmana non diventerà de facto e de iure la religione ufficiale della Nigeria”. (L.Z.)

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Indonesia: attacco ad una chiesa, ferito un sacerdote

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La polizia indonesiana sta indagando su un sospetto attacco terroristico compiuto questa mattina da un aggressore armato di coltello contro un sacerdote mentre celebrava la Messa domenicale in una chiesa nella città di Medan, nel Nord di Sumatra. Nell’attacco - riferiscono le agenzie - non ci sono state vittime e padre Albert Pandiangan - questo il nome del sacerdote - è rimasto solo lievemente ferito al braccio da una coltellata. 

Polizia ha evacuato la chiesa, ferito leggermente il sacerdote
Secondo alcuni testimoni citati dalle agenzie, l'attentatore era seduto tra i fedeli quando ha tentato di azionare un ordigno artigianale, che gli è esploso nello zaino. Ferito, si è poi avventato sul sacerdote ferendolo leggermente. La polizia ha evacuato la chiesa e messo in sicurezza tutta l'area. Nello zaino dell'uomo è stato trovato del materiale con il logo dell'Is.
L'Indonesia è il più grande Paese musulmano al mondo per numero di credenti e la maggioranza della sua popolazione pratica un Islam moderato, ma negli ultimi anni ha visto l’emergere di gruppi fondamentalisti ed è stata obiettivo di una raffica di attacchi terroristici, il più grave dei quali è stata la strage di Bali nel 2002, in cui morirono 202 persone. (L.Z.)

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Bangladesh: uccisa la mente dell'attentato di Dacca

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In Bangladesh, le forze ant-iterrorismo hanno ucciso ieri la mente dell’attentato di Dacca, in cui il primo luglio scorso morirono 22 persone, tra cui 9 italiani. L’uomo, Tamim Ahmed Chowdhury, 30 anni, è morto insieme a due sue collaboratori nel corso di una sparatoria con la polizia nel covo in cui si nascondevano a Narayanganj, a circa 20 kilometri da Dacca.

Polizia Bangladesh: Tamim Ahmed Chowdhury era la mente dell’attentato di Dacca
Su Tamim Ahmed Chowdhury, ha ricordato il capo della polizia anti-terrorismo del Bangladesh, esisteva una taglia di 22 mila euro. Considerato il capo di un 'neo-JMB', il coordinatore della filiale in Bangladesh del sedicente Stato islamico Chowdhury, era scomparso dal 2013 dal Canada, dove la sua famiglia era emigrata negli anni '70, ed era tornato in Bangladesh. Secondo le autorità locali, l’uomo aveva trascorso anche un periodo di addestramento militare in Siria. Un commando di sette uomini armati fece irruzione, il primo luglio scorso, nell’Holey Artisan Bakery di Dacca e prese in ostaggio i clienti. Alcuni furono uccisi immediatamente. Tra le vittime nove italiani, sette giapponesi, un’indiana, un americano e alcuni cittadini bengalesi. Tredici, invece gli osdtaggi liberati nel blitz della polizia all’alba in cui persero la vita, oltre a due agenti, tutti i membri del commando, tranne uno catturato vivo.(E.R.)

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Filippine: appello dei religiosi contro omicidi extragiudiziali

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Lancia l’allarme l’Associazione dei Superiori religiosi maggiori delle Filippine (Amrsp) contro gli omicidi extragiudiziali in costante crescita nel Paese. Un fenomeno legato al contrasto del narcotraffico avviato dal governo, ma “che sembra ormai incontrollato” – scrive l’Associazione in una nota – e che desta “preoccupazione”, perché si contano circa “un migliaio” di morti, “tutti privi di un mandato di arresto o di prove di colpevolezza”.

No ad una cultura dell’impunità
Se, quindi, da una parte i Superiori maggiori sostengono la campagna del governo contro la droga, dall’altra tuttavia si dicono “allarmati” per il silenzio con cui le autorità e la società rispondono a queste uccisioni. “Il male prospera dove gli uomini buoni tacciono - sottolinea l’Amrsp - La mancanza di indignazione pubblica è allora una tacita approvazione di ciò che sta accadendo? O è la paura che impedisce alle persone di parlare?”. In entrambi i casi, i religiosi evidenziano che questo atteggiamento “porta ad una cultura dell’impunità”.

Operare secondo la legge, rispettando la sacralità della vita
Di qui, il richiamo agli organismi governativi ad applicare la giustizia “secondo procedure corrette, operando entro i limiti stabiliti dalla legge”. Dal canto loro, i Superiori maggiori si impegnano a sensibilizzare le comunità parrocchiali e le istituzioni educative cattoliche su questo grave problema, aiutando gli orfani e le vedove vittime delle uccisioni extragiudiziali. Ribadendo, inoltre, l’impegno ecumenico ed interreligioso nella difesa della “inviolabilità e sacralità della vita”, i religiosi esortano, in questo “Anno della misericordia”, a lasciare spazio “all’umanità ed alla compassione”, soprattutto verso “gli ultimi, privi di potere”.

Preghiere per la pace e la giustizia
“Il problema della droga è complesso e va affrontato in modo integrale – scrive ancora l’Associazione – con grande comprensione e compassione sia per le vittime che per i carnefici”, senza cedere alla “disumanizzazione provocata dalla cultura della morte”. Per questo, i religiosi sostengono la necessità di “riformare il sistema penale” e di puntare sia sulla “riabilitazione dei tossicodipendenti”, sia sulla ferma condanna della “corruzione”, perché “la droga è legata ai sistemi corrotti e clientelari che si nutrono dell’avidità insaziabile delle persone”. Infine, l’appello è a celebrare “Messe e veglie di preghiera per la pace e la giustizia” nelle comunità filippine più colpite da tali drammatici episodi. (I.P.)

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Elezioni Giordania. Mons. Lahham: voto sia consapevole

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Urne aperte, in Giordania, il prossimo 20 settembre, per le elezioni: i cittadini sono chiamati a rinnovare i 60 seggi dell’Assemblea parlamentare. In vista della tornata elettorale, il vicario patriarcale per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Maroun Lahham, ha esortato i cristiani ad esercitare il loro diritto-dovere di voto in maniera consapevole.

No alla compravendita dei voti, operare con discernimento
Di qui, il richiamo del presule ad evitare ogni forma di compravendita del consenso elettorale e ad operare con discernimento, soprattutto nella scelta dei deputati da eleggere per i nove seggi riservati ai cristiani. “Suggerisco a tutti – dice mons. Lahham, citato dall’agenzia Fides - di studiare con attenzione il curriculum dei candidati ai seggi cristiani, così da verificare la loro condotta politica durante il precedente mandato, valutando se hanno operato per il bene della Chiesa”.

La nuova legge elettorale
Le elezioni si terranno in base alla nuova legge, entrata in vigore a marzo, che ha abrogato quella del 1993. Il nuovo sistema elettorale si basa su liste con più candidati e suddivide il Paese in 23 circoscrizioni. Gli oppositori della nuova normativa affermano che essa continua a garantire il potere di piccole comunità e minoranze che hanno forti legami con il re e il governo, mentre è limitata la rappresentanza dei giordani di origine palestinese, che sono circa il 70 per cento della popolazione. (I.P. – Fides)

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Perù: Anno giubilare per 400.mo morte Santa Rosa da Lima

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Un Anno giubilare per commemorare i 400 anni della morte di Santa Rosa da Lima, la prima Santa peruviana: a lanciarlo è stata l’arcidiocesi di Lima che, in questi giorni, ha presentato l’evento alla stampa. Il motto dello speciale Anno sarà “400 anni intercedendo per te”, in riferimento alle migliaia di preghiere che la Santa ha ricevuto ed esaudito nel corso di quattro secoli.

Celebrazioni al via il 29 agosto
Le celebrazioni avranno inizio la prossima settimana. In particolare, domani 29 agosto, si svolgerà la processione delle reliquie di Santa Rosa dalla Basilica del Santo Rosario alla Cattedrale di Lima. I sacri resti furono omaggiati anche da San Giovanni Paolo II nel corso del suo ultimo viaggio a Lima, nel maggio del 1988. Il 30 agosto, invece, si terrà una solenne Messa di ringraziamento nella Plaza Mayor della città, presieduta dall’arcivescovo locale, cardinale Juan Luis Cipriani, con la partecipazione delle autorità civili e militari e di numerosi fedeli. Sarà, inoltre, possibile visitare, anche di notte, il Museo del Convento di Santo Domingo,  la cui cripta servì inizialmente da tomba per la Santa. Riaperto recentemente al pubblico, il luogo di culto ospita anche fotografie inedite di Rosa da Lima.

Una vita dedicata alla preghiera ed ai poveri
Nata nella capitale il 20 aprile 1586, decima di tredici figli, Isabella (questo il suo nome di Battesimo) proveniva da una casata nobile, di origine spagnola. Sin da piccola, avvertì la chiamata vocazionale e si ispirò al modello incarnato da Santa Caterina da Siena. E infatti, come lei, a vent’anni vestì l'abito del Terz'ordine domenicano. Allestì nella casa materna una ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, soprattutto a quelli di origine india. Dal 1609 si richiuse, in preghiera, in una cella di appena due metri quadrati, costruita nel giardino della casa materna, dalla quale usciva solo per la funzione religiosa. Stremata dalle privazioni, morì il 24 agosto 1617. (I.P.)

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Paralimpiadi di Rio: in gara anche due rifugiati

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Ci saranno anche due rifugiati tra gli atleti in gara alla 15.ma edizione delle Paralimpiadi, in programma a Rio de Janeiro dal 7 al 18 settembre prossimi. Si tratta di Ibrahim al Hussein, rifugiato siriano che vive in Grecia e che nuoterà nei 50mt e nei 100mt stile libero, e Shahrad Nasajpour, iraniano riconosciuto rifugiato negli Stati Uniti che gareggerà nel lancio del disco. Ad annunciarlo, il Comitato paralimpico internazionale.

Soddisfazione dell’Acnur
Soddisfazione viene espressa dall’Acnur, l’Agenzia Onu per i rifugiati: “La partecipazione del primo team di rifugiati ai Giochi Paralimpici – si legge in una nota -  rappresenta un esempio di ciò che si può raggiungere quando i rifugiati con disabilità hanno l’opportunità di perseguire i loro sogni e mettere in campo le loro capacità”. “Mentre le persone costrette ad abbandonare le proprie case affrontano sfide e difficoltà - continua l’Acnur - le persone con disabilità sono esposte a rischi ancora maggiori perché spesso incontrano numerose barriere nell’accedere ai servizi di assistenza e quindi rischiano che i loro bisogni di protezione non trovino risposte”.

Promuovere inclusione e partecipazione dei disabili nella società
Di qui, il richiamo alla promozione di una “attiva inclusione e piena partecipazione dei disabili nella società, anche attraverso lo sport”, poiché si tratta di “un elemento chiave per assicurare loro protezione e benessere”. “Includere un Team di rifugiati nei Giochi Paralimpici – sottolinea inoltre l’Alto Commissario per i rifugiati Filippo Grandi - rappresenta anche un messaggio di sostegno per tutti i rifugiati e richiedenti asilo con disabilità nel mondo”.

Il precedente alle Olimpiadi di agosto
Da ricordare che già alle recenti Olimpiadi di Rio de Janeiro, svoltesi dal 5 al 21 agosto, ha partecipato una squadra di rifugiati, composta da dieci atleti. A loro, è giunto anche l’incoraggiamento di Papa Francesco che, in una lettera, li ha esortati a rappresentare “un grido di fratellanza e di pace” affinché “l'umanità comprenda che la pace è possibile, che con la pace tutto si può guadagnare; invece con la guerra tutto si può perdere”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 241

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.