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Sommario del 30/08/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Madre Teresa Santa: il mondo la celebra con gioia e semplicità

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Conto alla rovescia per la Canonizzazione di Madre Teresa, evento culminante del Giubileo della Misericordia. Una moltitudine di fedeli è attesa domenica prossima per la Messa, presieduta da Papa Francesco in Piazza San Pietro, per la Canonizzazione della Santa dei poveri. Se, dunque, l’attenzione dei media è rivolta a Roma per il grande evento di domenica mattina, è tutto il mondo a celebrare in questi giorni la figura di Madre Teresa, premio Nobel per la pace nel 1979. Il servizio di Alessandro Gisotti

Sorridente tra i suoi poveri di Calcutta, mentre parla ai potenti della Terra all’Onu, al fianco di Giovanni Paolo II in Vaticano. Sono alcune delle istantanee della straordinaria vita di Madre Teresa che dalle chiese alle strutture caritative, dai giornali ai social network vengono proposte e riproposte mentre si avvicina il giorno della Canonizzazione della “piccola matita nelle mani di Dio”, come Madre Teresa amava definirsi.

A Calcutta, le Missionarie della Carità festeggiano con semplicità
Colpisce, ma fino ad un certo punto, la scelta delle sue Missionarie della Carità che festeggeranno l’evento nella massima semplicità. A Calcutta, che vive con particolare emozione l’attesa di questi giorni, le suore di Madre Teresa il 4 settembre celebreranno “solo” una Messa per la loro Fondatrice, dopo aver assistito in tv alla celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco. Gioia e gratitudine per la Canonizzazione sono il binomio comune in ogni luogo dove sono presenti le Missionarie della Carità, dalle più centrali alle più remote: da San Gregorio al Celio, la umile casa dove Madre Teresa si riposava quando veniva a Roma al Vietnam, dove la Santa si recò in visita ben cinque volte.

Anche le Nazioni Unite ricordano il premio Nobel per la Pace
Madre dei poveri, promotrice della dignità della persona, fin dal concepimento, ma anche leader mondiale capace di mettere insieme parti in conflitto e risolvere controversie apparentemente inestricabili. Un impegno a tutto campo che le valse il Nobel per la pace nel 1979 e che viene ora ricordato alle Nazioni Unite con una esposizione, promossa – in questi giorni – dalla Missione permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro. Proprio qui, nel 1985, presentandola all’Assemblea delle Nazioni, il segretario generale dell’epoca Pérez de Cuéllar affermò: “Lei è molto più importante di me e di tutti noi. Lei è le Nazioni Unite! Lei è la pace del mondo!”.

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Navarro-Valls: eccezionale sintonia tra Madre Teresa e Giovanni Paolo II

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Come fossero fratello e sorella. E’ il sentimento che Karol Wojtyla e Madre Teresa suscitavano, in chi li guardava, assieme nei tanti incontri che i due Santi hanno avuto durante il Pontificato di San Giovanni Paolo II. Che fossero tra i poveri morenti a Calcutta o nel Palazzo Apostolico, tra i due c’era sempre una sintonia straordinaria cementata dall’amore per Gesù e per il prossimo. Testimone di molti di questi incontri è stato Joaquin Navarro-Valls, per vent’anni direttore della Sala Stampa Vaticana. Al microfono di Alessandro Gisotti, Navarro-Valls si sofferma su questa relazione speciale, muovendo la sua riflessione dal meraviglioso sorriso che caratterizzava Madre Teresa: 

R. – Quel sorriso, da bambina quasi, che aveva anche quando era molto anziana; quel sorriso naturale che aveva! Quando poi abbiamo saputo – dopo la sua morte – dalla pubblicazione delle sue lettere che aveva scritto negli anni ai suoi direttori spirituali, di quella prova che c’era nella sua anima, di una siccità, di una notte oscurissima, che lei si è portata avanti per moltissimi anni… Questo contrasto è straordinario in questa donna!

D. – Giovanni Paolo II e Madre Teresa erano straordinariamente legati, "come fratello e sorella" hanno scritto in molti. Lei che ricordi ha di questo rapporto così speciale tra i due Santi?

R. – C’era questa unione straordinaria in queste due personalità enormi della nostra epoca, che erano così diverse una dall’altra per formazione, per storia, per biografia: erano completamente diverse! C’era una comunità di intenti e di intesa straordinaria, che era evidente quando si vedevano al di fuori dagli atti ufficiali, nell’intimità dell’appartamento del Papa o quando nell’86, nel primo viaggio in India di Giovanni Paolo II, lo ha ricevuto a  Kaligath, in quei due grandi stanzoni connessi con un tempio buddhista, in cui lei raccoglieva tutte le persone che incontrava nelle strade di Calcutta. C’era una grande comunione: si vedeva quando erano insieme.

D. – Dopo la toccante e storica visita a Calcutta, in India, Karol Woytila volle che le Missionarie della Carità avessero casa anche in Vaticano e così nacque “Il Dono di Maria”. Che ricordo ha di quella scelta del Papa e cosa significa, ancora oggi, questa presenza nella Sede di Pietro?

R. – Intanto era qualcosa di inedito: è venuto fuori durante una conversazione fra loro due in Vaticano… Quando poi il Papa ci ha riflettuto un po’ su ha detto: “Si faccia! – Si può fare!”. Naturalmente era sorprendente! Era inedito che all’interno del Vaticano – perché quello spazio è all’interno del Vaticano – potessero essere accolte queste persone che stavano nelle strade, che dormivano per le strade, che non avevano famiglia, che erano malati… E così, si è inaugurato nel 1988: quindi proprio due anni dopo il viaggio del Papa in India. Io penso che Giovanni Paolo II si sia ispirato, in qualche modo, a quello che lui stesso ha visto in India. Quindi anche se fra la città di Calcutta e Roma ci sono tante differenze, possiamo dire che si somigliano nel fatto che tutte e due le città hanno tante persone che soffrono, che sono malate, che non hanno famiglia, che sono esseri umani abbandonati da tutti. Il Papa non ha dubitato un momento, consapevole com’era della grande novità che quella decisione avrebbe rappresentato per il Vaticano.

D. – La Canonizzazione di Madre Teresa avviene per volere di Papa Francesco proprio nel Giubileo della Misericordia: ne è un evento culminante. Che messaggio viene – secondo lei – da questo doppio evento, da questo legame tra Madre Teresa e la misericordia?

R. – Io penso, anzi ne sono sicuro che sarà l’evento più “corposo” – per dire così – più numeroso, con più riflessi in tutto il mondo di tutto l’Anno della Misericordia. Di questo non ho alcun dubbio! Il messaggio è quello di sempre: al centro della vita della Chiesa, e quindi della vita di tutti i cristiani, c’è la carità. Non sarebbe potuto essere altrimenti! La carità, come elemento che forma tutta la personalità, che dà senso alla propria esistenza e che serve per aiutare gli altri. Ma c’è un secondo aspetto che vorrei sottolineare: quando si parla – ed è logico che se ne parli – del ruolo della donna nella Chiesa, a me viene sempre in mente Madre Teresa, che ha fatto questa grande opera, fino a diventare – controvoglia – un vero leader mondiale; questa donna piccola, questa donna che non voleva protagonismi personali: tutto questo lo ha fatto come donna, con la sensibilità di una donna, di una donna nella Chiesa, che ha ispirato la vita e l’operare di tanti vescovi, di tanti sacerdoti, di tanti cardinali all’interno della Chiesa. Quel modo chiaro, pieno di affetto di vivere la carità: una vera Santa, la cui vita è stata tutta dedicata agli altri, ma con la sensibilità, con il profilo di una donna, di una donna nella Chiesa.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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I dotti che fecero l'impresa: Agostino Paravicini Bagliani sulla storia dei "Regesta pontificum Romanorum".

La via più stretta: Giuseppe Fiorentino sul perché i Beatles piacciono ancora.

L'umorismo di "Frankenstein junior": Emilio Ranzato ricorda l'attore e regista Gene Wilder.

Simona Verrazzo su Giacometti in Marocco.

Nel cuore di ognuno di noi: Vincenzo Faccioli Pintozzi sulla misericordia di Madre Teresa al centro di un simposio organizzato da AsiaNews.

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Oggi in Primo Piano



Sisma: oggi i funerali ad Amatrice. Procura sequestra la scuola

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E’ il giorno dei funerali ad Amatrice: 38 delle 292 vittime del terremoto di una settimana fa, verranno salutate dai loro cari nel pomeriggio alle 18. Intanto si continua a scavare, di parla di una decina di persone che ancora risulterebbero disperse, mentre la procura di Rieti ha stabilito il sequestro di alcuni degli edifici crollati nell’area del sisma, a cominciare dalla scuola di Amatrice. Il servizio di Francesca Sabatinelli: 

La cosa più giusta da fare: celebrare i funerali delle vittime tra quelle stesse macerie che li hanno uccisi. Per rispettare la volontà dei loro cari che dovranno salutarli, ma anche perché la cerimonia possa diventare un monito a chi queste terre dovrà ricostruirle. Sarà un saluto ufficiale, alla presenza delle massime autorità dello Stato, esequie solenni in un giorno di lutto nazionale, e celebrarle in una Amatrice ridotta a cumoli di polvere e detriti, tra i quali si scava ancora per recuperare corpi, era la cosa più giusta da fare, come ha sostenuto con forza nelle ultime ore don Fabio Gammarota, parroco di Città Reale Posta, una delle tante frazioni di Amatrice, intervistato da Fabio Colagrande:

R. – Per ovvie ragioni che sono comprensibili a tutti. Prima di tutto, la vicinanza a coloro che sono stati loro strappati in una notte, ai quali i cari non hanno avuto modo di poter comunicare la vicinanza, fosse anche un’ultima parola, un ultimo abbraccio, un bacio… Sono corpi – padri, madri, figli, fratelli, sorelle, amici, conoscenti – che da quella notte in poi non hanno più avuto modo di poter avvicinare se non, ahimé, attraverso il triste rito del riconoscimento per taluni e, laddove non era il caso, attraverso lo schermo di un pc nello scorrere continuo di un elenco fotografico agghiacciante…

D. – Per voi le parole di Papa Francesco domenica: "Appena sarà possibile verrò a trovarvi", che significato hanno?

R. – Il Papa è il nostro padre, è il nostro pastore buono. Papa Francesco incarna in maniera quanto mai significativa questa presenza. Lo aspettiamo a braccia aperte, con il cuore disponibile ad ascoltarlo, ma soprattutto averlo vicino significa l’abbraccio di una Chiesa universale che è vicina ad ogni singola realtà, fosse anche la più sperduta, come apparentemente può essere percepita dalla globalità una piccola frazione come può essere Amatrice. La presenza del Papa in una frazione periferica, montana, in un’area depressa incarna esattamente quel pensiero che il Papa vuole rilanciare dall’inizio del suo Pontificato: ci sono e ci sono per tutti, i dimenticati, i più lontani, per coloro che non vengono minimamente considerati.

La conta di chi si attiva per raccogliere fondi si aggiorna continuamente, si ripete di inviare soldi e non beni di prima necessità che in questo momento non darebbero sollievo ai terremotati. Il tutto però accompagnato dalle schermaglie politiche sul nome del commissario per la ricostruzione, che vede la Lega opporre il nome del prefetto Francesco Tronca a quello di Vasco Errani, proposto dal Pd. Nel frattempo, però, continuano le scosse e continuano le indagini. La procura di Rieti ha disposto il sequestro di edifici nell’area interessata dal sisma, ad Accumoli così come ad Amatrice, dove sotto sequestro è finita anche la scuola Romolo Capranica, una delle costruzioni al centro delle polemiche relative alla edificazione non a norma di molte delle strutture venute giù con il terremoto. La procura indagherà a fondo sulle ditte e sui privati incaricati della ristrutturazione per verificare l’assenza di eventuali adeguamenti sismici o addirittura la possibilità di interventi abusivi. Al vaglio degli inquirenti anche l’apertura di un’indagine sull’uso di fondi pubblici destinati alla messa in sicurezza e a norma di edifici crollati. ‘Siamo stanchi di raccogliere morti’: questo l’appello di chi, nonostante gli anni e nonostante le esperienze, ancora non vede interventi risolutivi. Come il Cisom, il Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta, presente nelle zone interessate da subito dopo il sisma, e che con i suoi circa 60 volontari assiste la popolazione che si trova all’interno del Palazzetto dello Sport ad Amatrice. Mauro Casinghini, direttore del Cisom:

R. – Noi non siamo tecnici che possono esprimere un giudizio in questo senso. La magistratura farà adesso i propri accertamenti. Una cosa però la possiamo e la vogliamo dire fermamente: noi tutti – mi permetto di parlare a nome di tutto il sistema del volontariato nazionale di Protezione Civile – siamo veramente stufi di tirare fuori dalle macerie ogni tre, quattro, cinque anni, bambini, donne, uomini, senza vedere che durante questi periodi, tra un terremoto e un altro, ci sia un impegno concreto per evitare queste tragedie. Non possiamo permetterci di perdere tempo! Il nostro è un territorio bellissimo, ma anche fragilissimo, e dobbiamo necessariamente prendere decisioni vere. La politica deve farlo necessariamente, affinché queste cose non avvengano o comunque sempre di meno. Perché sennò faremo sempre un conto dei morti che non si può più fare: siamo veramente stufi di questo! Non possiamo continuamente andare a piangere le nostre vittime senza fare nulla. Per cui, è vero che non è il momento delle polemiche perché ancora stiamo cercando dispersi sotto le macerie, ma è vero che questo è il momento giusto per le decisioni, soprattutto quelle politiche.

D. - Quali sono al momento le necessità più importanti per queste persone che sono raccolte nel Palazzetto dello Sport e in generale per tutti coloro che sono stati colpiti dal sisma?

R. – La necessità immediata è quella di cercare un barlume di normalità in una zona che – ovviamente – non sarà più normale per lungo tempo. Sicuramente non servono più beni di prima necessità, perché ce ne sono a sufficienza; la raccolta fondi in questo momento è necessaria proprio per poter rispondere prontamente alle esigenze che man mano si vanno evidenziando. Ora ricomincia la scuola, quindi probabilmente si dovranno costruire strutture prefabbricate adibite ad aule, e serviranno anche degli spazi comuni dove poter trascorrere le lunghe ore serali dell’inverno. C’è da dire anche che l’inverno da quelle parti inizia presto. Amatrice si trova a un’altezza tale che già nel prossimo mese si potrà parlare di temperature invernali. E non è detto che poi non arrivi addirittura la neve, come si è visto spesso ad ottobre, e questo sicuramente aggrava la situazione. Bisognerà provvedere urgentemente, ma anche per questo servono dei tempi. Ci vorranno tempo, pazienza e anche una mente politica fredda, che possa trovare e applicare soluzioni reali per la collettività dei posti colpiti dal sisma.

D. – Oggi pomeriggio ci saranno i funerali in un’Amatrice che si fermerà. Ma sappiamo che tra quei detriti però si scava ancora: si pensa che ci siano ancora quanti corpi sotto le macerie?

R. – Il numero è abbastanza incerto. Ieri sera si parlava di un numero variabile tra le otto e le dieci persone. Mi auguro che la cifra finale non superi di molto il già spaventoso numero di 300. Amatrice si fermerà, (per i funerali ndr) ma di certo non si fermerà il lavoro dei Vigili del Fuoco e di chi sta scavando tra le macerie per cercare i dispersi: questo è sicuro. È un momento in cui – ovviamente – tutti, compresi noi soccorritori, facciamo i conti con le emozioni. E devo dire che vivere questo momento è molto importante, anche dal punto di vista psicologico. E mi riferisco anche allo straordinario lavoro che anche noi, come Cisom, stiamo facendo per il supporto psicologico. Abbiamo un team di psicologi che sta facendo un lavoro straordinario: ha affiancato i familiari durante le fasi di riconoscimento delle salme, e sta affiancando i cittadini che in questo momento si avviano verso l’elaborazione del lutto, che poi con il funerale si concretizza. Stiamo affiancando tutti i soccorritori, perché anche loro hanno bisogno di supporto psicologico, anche loro sono sottoposti ad uno stress infinito che va necessariamente elaborato. Ed è per questo che gli psicologi sono fondamentali.

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Amatrice attende commossa l'ultimo saluto ai suoi cari

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Il rumore delle ruspe, della preparazione della struttura dove ad Amatrice si terranno i fuenerali oggi alle 18 e nient'altro, la città si stringe nel dolore di questo giorno di lutto. Verranno portate qua 37 delle 231 vittime del Lazio. Da Amatrice, Veronica Di Benedetto Montaccini

Giornata di raccoglimento ad Amatrice. La giornata si prepara nel silenzio a celebrare i funerali alle ore 18. I cittadini hanno chiesto a gran voce di spostare il funerale da Rieti a qui e la Protezione Civile si sta dando da fare, senza sosta, dalle 6 di questa mattina, per montare la tensostruttura vicino alla palestra Don Minozzi. Come ci spiega la responsabile della Protezione Civile, Francesca Maffina:

“Sono due zone: una da 1000 metri quadri e l’altra da 500. Questa sarà un’area dove, una volta smontata la parte dedicata ai funerali di oggi, rimarrà come punto di assistenza sanitaria”.

L’ultimo saluto sarà solo per 37 delle 231 vittime del Lazio. Le altre famiglie hanno preferito stringersi ai loro cari con riti privati. Abbiamo raccolto alcune testimonianze dei cittadini presenti ad Amatrice:

“Secondo me, in un momento così l’apparenza dovrebbe essere solo di contorno. Qui l’unica cosa che si può fare - da subito - è cercare di aiutarsi l’uno con l’altro”

“Questa ormai è una catena umana: ‘Buongiorno’, ‘Buonasera’, ‘Ti serve qualcosa?’, ‘Ti prendo il pasto?’… Non esiste più il ricco, non esiste più il povero, il bello o il brutto. Adesso siamo tutti uguali! E dobbiamo ripartire insieme e con quel poco che è rimasto si ricomincia”.

Si tratta di una giornata di dolore che deve, però, far unire le persone. Don Cesare Faiazza dell’Opera Don Minozzi è qui dal giorno del terremoto e cerca di stare vicino agli sfollati:

“Certamente con lo spirito della fede. Il dolore è immenso, grande, e non c’è una famiglia qui ad Amatrice che non pianga i suoi morti, che non sia stata investita da un’ondata di dolore e di morte. Però non possiamo soltanto semplicemente lasciarci schiacciare dal peso della sofferenza. È il giorno della fede, per cui sappiamo che queste persone che ci hanno abbandonato vivono in Dio. Qui, alla Chiesa dell’istituto, il 13 agosto era stata aperta la Porta Santa della Misericordia. Forse il Signore, undici giorni prima, ci ha voluto dare un segno della sua vicinanza. E penso che Lui abbia usato misericordia”.

Per ora una città avvolta nel velo del lutto e semivuota, ma si attendono nel pomeriggio – oltre ai vertici dello Stato – migliaia di persone che non vogliono lasciare sola Amatrice.

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Sisma, Carabinieri Tpc: gente ci chiede di salvare la loro arte

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Il terremoto nell'Italia centrale del 24 agosto scorso ha distrutto anche un patrimonio culturale immenso. Dopo aver dato il loro contributo per salvare quante più persone dalle macerie, i Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (Tpc) hanno iniziato la conta dei danni ai beni artistici, con sopralluoghi anche nelle zone più a rischio. Ad Amatrice, Eugenio Murrali ha chiesto al colonnello Antonio Coppola cosa abbiano fatto e cosa faranno per salvare le bellezze artistiche dei borghi colpiti dal sisma: 

R. – Abbiamo già iniziato a recuperare degli importantissimi beni archivistici di Amatrice e dei dipinti di particolare valore. Abbiamo individuato ovviamente gli obiettivi principali nei quali erano custoditi beni d’arte, quindi sia strutture ecclesiastiche, che statali che abitazioni di privati che in queste ore stanno effettuando molte segnalazioni. Anzi, ne approfitto per indicare un indirizzo di posta elettronica – tpcro@carabinieri.it – al quale mandare tutte le indicazioni da parte di privati, in modo tale che noi possiamo fare un elenco dettagliato di obiettivi dove intervenire. Abbiamo già individuato dei primi ricoveri in cui poi portare le opere recuperate ed eventualmente iniziare le procedure di restauro.

D. – Come avete vissuto questo momento anche voi che, sì, siete chiaramente degli operatori specializzati, ma siete anche delle persone…

R. – È  una situazione drammatica che peggiora di giorno in giorno, perché già il primo report era assolutamente negativo. Ricordo il primo giorno, appena arrivati, la Basilica di San Francesco, la chiesa di Sant’Agostino e il Museo civico erano già sostanzialmente collassati. La situazione ovviamente si aggrava con le nuove scosse e uno sciame sismico che sta peggiorando – in alcuni casi anche visibilmente, come nella chiesa di Sant’Agostino – la situazione. Quello che però colpisce è il forte attaccamento alle radici di questa gente, della popolazione di questi territori, di piccole, minuscole frazioni. In tantissimi non hanno più una casa, hanno lutti, non hanno più nulla, però quando leggono sulla nostra pettorina “Tpc”, ci riconoscono e non esitano a segnalarci chiese dove ci sono, ad esempio, altari, dipinti, tabernacoli, che rappresentano in qualche modo la quotidianità che non vogliono perdere.

D. – Poi, c’è anche l’aspetto della protezione di questo patrimonio da quel fenomeno orribile che è lo sciacallaggio. Avete operato anche in questo senso?

R. – In questo siamo attivi fin dalle prime ore insieme a tutte le forze di polizia. I Carabinieri in questi territori sono particolarmente presenti. È attivo un sistema di sicurezza che è proprio teso a prevenire qualsiasi fenomeno di questo tipo.

D. – In questi giorni il tempo ha tenuto bene, ma se dovesse peggiorare anche la condizione meteorologica porterete dei teli di protezione?

R. – Sicuramente nei luoghi più importanti si inizierà quest’opera di messa in sicurezza anche per prevenire dagli agenti atmosferici, oltre che da eventuali nuovi crolli. Questo è un lavoro che certamente verrà effettuato.

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Iraq, Hrw: Kurdistan, milizie reclutano bambini in campi sfollati

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La situazione in Siria rischia di “infiammarsi” in modo generalizzato a causa degli “interventi multipli e contraddittori” di Russia e Turchia. Così il Presidente francese Francois Hollande. Intervenendo all'Eliseo alla riunione degli ambasciatori, Hollande ha sottolineato in particolare la minaccia rappresentata dall'azione turca contro le milizie curde dell'Ypg. L'Associated Press dà intanto notizia di oltre 70 fosse comuni con migliaia di corpi in Siria e Iraq, mentre Human Rights Watch (Hrw) denuncia che milizie del Kurdistan iracheno si starebbero preparando alla battaglia contro il sedicente Stato islamico a Mosul reclutando bambini nei campi allestiti per ospitare i civili sfollati. Ce ne parla Maurizio Simoncelli, vice presidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, intervistato da Giada Aquilino

R. – Il fatto non sorprende, anche perché i dati dei rapporti precedenti delle Nazioni Unite sui bambini soldato nei conflitti già parlavano di un utilizzo di minori nel conflitto iracheno da parte di forze ribelli e irregolari. Ricordiamo l’utilizzo proprio nel territorio iracheno di minori come kamikaze da parte delle forze ribelli: quindi il fatto non è nuovo ed è purtroppo anche diffuso in tutta l’area mediorientale. Per l’Afghanistan, le Nazioni Unite hanno parlato più volte del reclutamento di minori sia da parte dei talebani sia dell’esercito regolare. E la stessa cosa anche per la Somalia. Teniamo presente che la dizione delle Nazioni Unite di “baby soldiers” si riferisce a minori di sedici anni: potrebbero quindi essere bambini di dieci anni, ma anche ragazzi di quattordici-quindici, con capacità fisica di sostenere un combattimento, un’arma e quant’altro.

D. – Sarebbero milizie della regione del Kurdistan iracheno. Quindi di chi si tratta?

R. – Stiamo parlando non di veri e propri eserciti regolari, ma di forze armate irregolari che stanno combattendo contro quelle dell’Is. Questo aumenta la probabilità che il reclutamento di minori sia effettivamente in corso. Spesso ciò avviene nelle aree dove ci sono rifugiati, dove i legami familiari sono saltati e i ragazzi sono rimasti isolati o orfani, dove esiste una situazione di sbandamento generale, com’è quella di queste popolazioni rifugiate.

D. – Parliamo di forze non regolari, ma si tratta di forze curde in questo caso?

R. – Parlando dell’area del Kurdistan, sì: probabilmente sono forze curde.

D. – È ipotizzabile a breve una riconquista di Mosul?

R. – Sulla carta, secondo i dati che abbiamo sulle forze armate dei Paesi che stanno combattendo l’Is, la certezza della vittoria è scontata. Parliamo infatti di milioni di uomini armati contro due - trecentomila armati per il Califfato. Il problema sono i tempi e le modalità con cui tutto questo avverrà e, poi, ciò che comporterà successivamente. Ad esempio, la creazione di un esercito curdo porrà in seguito dei problemi di unità allo Stato iracheno: in realtà, già si parla di uno Stato curdo più o meno autonomo nel nord dell’Iraq. E questo, a sua volta, può portare ad una destabilizzazione dell’intera zona del Kurdistan che – lo ricordiamo – comprende anche l’area siriana, turca e iraniana.

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Mediterraneo: oltre 7 mila migranti salvati a largo della Libia

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Continuano nel Mediterraneo i soccorsi di migranti. Quasi 7 mila le persone tratte in salvo ieri nelle acque libiche in più di 50 operazioni coordinate dalla Guardia costiera italiana. Richieste di intervento sono giunte anche stamattina nel Canale di Sicilia. Anche sul versante greco si registra, nelle ultime 24 ore, un aumento di arrivi dalla Turchia, dove da quando è entrato in vigore l’accordo Ue-Ankara il flusso si è quasi del tutto interrotto. Il servizio di Elvira Ragosta

La maggior parte delle imbarcazioni è stata soccorsa a largo delle coste libiche, una nei pressi della Sardegna, mentre la nave Fiorillo è intervenuta per aiutare un barcone carico di migranti in acque maltesi. A supportare le operazioni anche unità della Marina militare, dei dispositivi Ue Frontex ed Eunavformed, ong e rimorchiatori italiani. Quasi settemila le persone tratte in salvo ieri, uno dei numeri più alti registrati in un solo giorno, ma altre operazioni di salvataggio sono in corso da questa mattina nel Canale di Sicilia. Il comandante Filippo Marini, portavoce nazionale della Guardia costiera:

R. – Al momento non abbiamo notizie di criticità dal punto di vista medico. Siamo pronti, comunque, anche in questo caso, a dare delle risposte attraverso la presenza dei medici della Cisom, che operano sulle nostre unità navali. Verrà pianificata – come sempre avviene – la destinazione dei migranti, a cura appunto del Ministero degli Interni; verranno valutati i porti nei quali far arrivare questi migranti. Le unità navali, che sono in questo momento in mare, continueranno a dare l’assistenza e il contributo per eventuali altre operazioni.

D. – Comandante, il numero record è quello di ieri, ma tanti soccorsi sono stati effettuati anche nei giorni scorsi…

R. – Sì! Ormai i numeri sono molto importanti: da gennaio ad oggi abbiamo superato abbondantemente le 100 mila persone, come soccorsi in mare nello Stretto di Sicilia. E stiamo proseguendo… I numeri, comunque, non si discostano particolarmente da quelli dell’anno precedente.

Anche sulle coste greche si registra un aumento di migranti giunti dalla Turchia 462: il numero più alto di arrivi in un solo giorno da quando è entrato in vigore l'accordo tra l'UE e la Turchia, lo scorso aprile, secondo il gruppo di lavoro per la crisi dei rifugiati nel Paese ellenico. Federico Fassi, Acnur Italia:

R. – Si tratta di due situazioni molto diverse, quindi la rotta del Mediterraneo centrale e la rotta del Mediterraneo orientale. Nel primo caso è un picco che noi consideriamo tutto sommato normale e determinato principalmente dalle condizioni meteo-marine: se guardiamo i numeri complessivi siamo perfettamente in linea con il numero di arrivi dello scorso anno. Per quanto riguarda la rotta tra Turchia e Grecia – quindi Mediterraneo orientale – dalla firma dell’Accordo Ue-Turchia, il flusso si è praticamente interrotto. Siamo veramente a pochissime persone che attraversano nel mese di agosto: giusto per darvi un’idea, 2.800 contro le 107 mila dell’anno precedente.

D. – Nella necessità di accoglienza e di corridoi umanitari come la politica può e deve rispondere a questi nuovi arrivi, sia sul versante delle coste libiche che sul versante greco, in termini europei?

R. – E’ fondamentale che l’Unione Europea si mostri coesa e unita in questo. E’ l’unico modo per gestire un fenomeno di questo genere, che è inarrestabile e che può essere governato. Deve essere governato! Le vie legali, alla protezione internazionale, sono delle soluzioni che l’Acnur propone e per le quali spinge da mesi: quindi la possibilità per chi ha bisogno di protezione internazionale di ottenere queste forme di tutela internazionale senza ricorrere ai trafficanti e poi ovviamente rischiare la vita attraversando il Mar Mediterraneo. Sono diverse soluzioni, che includono un maggior ricorso alla riunificazione familiare, ma anche visti per motivi di studio, per motivi di lavoro e visti umanitari.

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Giornata Martiri India. Machado: Chiesa lavora per riconciliazione

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La Chiesa dello Stato di Orissa, in India centrorientale, celebra oggi la "Giornata dei Martiri", per ricordare il sacrificio delle 101 persone che hanno perso la vita durante i massacri anticristiani del 2007 e del 2008, organizzati dai gruppi radicali e paramilitari indù. La Conferenza dei vescovi dell'Orissa, inoltre, ha da tempo incaricato uno speciale team di preti e ricercatori per documentare il massacro e, con la diocesi di Cuttack-Bhubaneswar, si vorrebbe avviare il processo diocesano per dichiarare il martirio. Un momento quindi molto importante per la comunità cattolica del Paese, anche a seguito della scomparsa, lo scorso 14 agosto, di mons. Raphael Cheenath, arcivescovo emerito della diocesi, simbolo della resistenza dei cristiani perseguitati proprio a Orissa. Salvatore Tropea ne ha parlato con mons. Felix Machado, arcivescovo della diocesi indiana di Vasai. 

R. - Noi crediamo che questi martiri siano morti per testimoniare la fede a Kandhamal. Hanno sofferto molto ma non hanno mai pensato di abbandonare la fede; malgrado tutto hanno dato la loro vita per testimoniare la fede.

D. - I cristiani, ce ne sono molti ancora sfollati, vivono ancora nella paura che eventi simili si possano ripetere?

R. - Dobbiamo dire che la situazione non è così in tutta l’India. È un caso specifico. Oggi non possiamo dire che i cristiani sono perseguitati dappertutto; questo non sarebbe vero. La Chiesa affronta le difficoltà, alcuni hanno problemi, ma siamo perseguitati in tutta l’India. In questa zona di Orissa, nell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, un leader indù è stato ucciso per caso, non sappiamo da chi. Hanno ritenuto i cristiani responsabili della morta di questo uomo, di questo leader. Hanno trovato una scusa per perseguitare sistematicamente i cristiani che malgrado tutta questa sofferenza continuano a portare avanti la loro testimonianza e non hanno mai pensato di abbandonare il Paese ma solo ad andare avanti.

D. - La questione però non riguarda solo l’odium fidei, ma ha dei risvolti umani e legali, poiché la comunità continua a domandare giustizia e risarcimenti adeguati. Quali sono le richieste della Chiesa e della società civile per fare chiarezza e risolvere questa situazione?

R. - Dobbiamo dire che non tutti sono contro di noi. Molti indù, ad esempio, hanno collaborato e aiutato la Chiesa e i cristiani in questa sofferenza. La Chiesa continua a tendere la mano del dialogo per fare il bene comune, per evangelizzare. La Chiesa chiede sempre giustizia, misericordia per portare la speranza a coloro che hanno perso tutto questo.

D. - La Giornata si celebra a pochi giorni dalla Canonizzazione di Madre Teresa. Questo potrà aiutare nei rapporti delicati tra la Chiesa indiana e il governo di matrice nazionalista attualmente al potere?

R. - Certamente aiuterà molto. Crediamo che questi segni, questa grazia di Madre Teresa porteranno molto alla Chiesa, al governo locale ma anche quello nazionale. La gente in India ama molto Madre Teresa e vuole che tutti noi cattolici continuiamo con questa compassione, con questa misericordia come lei. Madre Teresa per noi cristiani è ispirazione incoraggiamento e sicuramente adesso, come santa, intercederà per noi.

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Napoli, Scampia: 18 milioni di euro per riqualificare le Vele

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Il Comune di Napoli ha approvato il piano per la riqualificazione dell’intera zona di Scampia in un’apposita delibera che prevede l’abbattimento di tre dei quattro edifici conosciuti come "le Vele". Sono 18 i milioni di euro destinati per la demolizione immediata delle Vele A, C, e D e per la ristrutturazione della Vela B. Il progetto che prevede, dunque, l’abbattimento di tre Vele ed è stato consegnato all’attenzione di Palazzo Chigi per l'approvazione e l'ammissione al relativo finanziamento. Entro la primavera del 2017 si potrebbe concludere definitivamente un’opera iniziata nel 1997, dove fino al 2003 venne avviata una prima tranche di abbattimenti che interessò tre delle sette Vele originarie. La quarta Vela attualmente presente rimarrà invece, almeno per il momento, al suo posto per ospitare temporaneamente nuclei familiari che ancora non hanno trovato alloggio. Michele Ungolo ne ha parlato con Carmine Piscopo, Assessore all’urbanistica del Comune di Napoli: 

R. -  La proposta nasce perché all’interno di un ambito di discussione che vede il territorio di Scampia e in particolar modo le area di margine urbano dell’area a Nord di Napoli come tra i più vivi e i più interessanti sui quali intervenire. Lì abbiamo problemi che oramai si sono stratificati nel tempo, abbiamo edifici per alloggi collettivi che nel tempo hanno mostrato grandi problemi, le “Vele” che rappresentano una realtà unica in Italia… L’amministrazione De Magistris è impegnata da tempo nel reperire fonti finanziarie, risorse economiche per poter intervenire con l’abbattimento della parte residua delle Vele e un progetto di riqualificazione dell’ultima Vela che noi vorremmo conservare in piedi e che contemporaneamente servirà per ospitare alloggi temporanei e poi essere ulteriormente trasformata.

D. - Alcune delle abitazioni sono state occupate abusivamente. Secondo lei, ci sarà una sorta di ostruzionismo da parte dei cittadini oppure si attenderà con ansia l’inizio dei lavori?

R. - Noi abbiamo da tempo attivato un confronto con i cittadini che in passato era stato negato dalla politica. Non è più possibile ripensare il territorio o partire con operazioni di trasformazione se non hai dalla tua parte le collettività di riferimento che tutti i giorni vivono quel luogo e conoscono bene quelle che sono tutte le difficoltà di quel territorio. Sono state tenute assemblee e insieme sono state decise alcune cose. Quindi, anche la scelta di arrivare all’abbattimento di tre Vele su quattro è una scelta non solo condivisa, ma molto attesa da parte della collettività.

D. - Le Vele sono diventate in un certo senso il simbolo di Napoli. Anche la recente serie televisiva “Gomorra” diventata ormai popolare racconta un quartiere in preda al degrado e con molte difficoltà. Si punta quindi con questa nuova opera a migliorare quello che è il tenore di vita del cittadino?

R. - Le “Vele” sono una parte di Napoli. Oggi, rappresentano il cuore della città metropolitana. Quello su cui c’è qualcosa da ridire è sul voler rappresentare unicamente questa realtà fortemente drammatica come costituiva della realtà dell’intera città. Diciamo che Scampia purtroppo è diventata l’effige, l’immagine, il simulacro di qualcosa. Ma questo dipende dalle narrazioni che si vogliono fare.

D. - Volendo fare una stima, quando potrebbero iniziare questi lavori di abbattimento?

R. - Il governo si è dato 90 giorni secondo il bando per redigere una graduatoria, quindi per la riposta e ammissione o meno al finanziamento. Subito dopo, sapremo se la città di Napoli assieme al progetto della città metropolitana saranno finanziati. In quel caso lì avremo 60 giorni, sempre secondo il bando, per poter redigere il progetto definitivo ed esecutivo.

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E' morto Gene Wilder, genio della comicità hollywoodiana

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Il mondo del cinema è in lutto per la morte di Gene Wilder avvenuta ieri, a Stamford negli Usa, a causa di alcune complicazioni relative all'alzheimer, di cui era malato. L’attore di 83 anni aveva ottenuto la notorietà internazionale con il ruolo del Dottor Frankenstein, in “Frankenstein Junior”. Non solo attore, ma anche sceneggiatore, regista e scrittore, ha attraversato il panorama artistico mondiale, anche grazie a importanti sodalizi, tra cui quello con Mel Brooks. Maria Carnevali lo ha ricordato con Ornella Sgroi, critica cinematografica: 

R. – E’ un ricordo immenso, divertito, appassionato, ironico, di parodia sofisticata. Gene Wilder è diventato una icona per tutti gli appassionati del mondo del cinema. Sono tante le sue interpretazione più famose: due su tutte sono quelle di “Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato”, il film di Mel Stuart; e - ancora di più - “Frankenstein Junior ”, il film di Mel Brooks - con il quale c’è proprio questo sodalizio artistico, creativo e geniale - che ha lanciato tanto Mel Brooks come regista quanto Gene Wilder come attore proprio nello scenario e nell’immaginario cinematografico dei grandi appassionati della settima arte.

D. – Qual è il rapporto tra comicità e umanità nelle sue opere?

R. – E’ un rapporto strettissimo, anche perché lui è sempre stato descritto come un artista piuttosto introverso di carattere; anche il rapporto con la comicità era, comunque, un rapporto interiore più che esteriore, perché ciò che a lui interessava – e lo aveva dichiarato più volte - non era cercare di essere divertente, ma cercare di essere reale, anche perché lui sottolineava il suo essere attore e non un clown. Questo dà la misura del suo rapporto con la comicità, la commedia, che è appunto una commedia d’autore, costruita su un senso dell’umorismo, un genio comico, un po’ folle, ma sempre molto sofisticato, creando anche dei sodalizi artistici importanti, come – sempre per tornare a “Frankenstein Junior” – il sodalizio con l’attore Marty Feldman , che interpretò il famoso Igor.

D. – Quanto la parodia era fondamentale nei ruoli resi grandi dall’attore?

R. – La parodia è alla base del suo lavoro. Anche se non è sempre parodia quella di Wilder, perché se pensiamo ad un film come “Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato”, quello è un film che spazia molto sull’idea dell’immaginario, della visionarietà. C’è sempre un’idea dietro alla comicità, alla parodia di Gene Wilder.

D. – Spesso ha dichiarato come questo lavoro sia un modo per uscire dalla sua timidezza, che svanisce poi davanti al pubblico. Si intravede questa sfumatura caratteriale nelle sue opere?

R. – In qualche modo sì. E’ sempre sotto testo anche in molti dei suoi film, nel modo in cui venivano tratteggiate le sue relazioni affettive, sentimentali e quindi il suo rapporto con l’altro sesso, con la donna. C’è sempre questa reverenzialità, in un certo senso, nei confronti della bella donna, che affascina e rapisce l’uomo, magari meno avvezzo alle frequentazioni e alle relazioni amorose. E poi, in realtà, è un rapporto che si nota – secondo me – anche proprio nel suo modo di recitare e di interpretare i vari ruoli, che gli venivano cuciti addosso e che si può catturare anche un po’ in quel suo sguardo, che è uno sguardo assolutamente definito, marcato, suo, proprio inconfondibile, con questa sua aria quasi trasognata, quasi un po’ tra dimensioni parallele.

D. – Attore, sceneggiatore, regista e scrittore. Cosa ha lasciato e lascia al panorama artistico internazionale?

R. – Gene Wilder lascia tanto per ognuno di questi ambiti nei quali si è cimentato. Se proprio dobbiamo fare una associazione immediata, il suo nome è e rimarrà sempre il cinema, alcuni personaggi in particolare, su tutti “Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato” e “Frankenstein Junior”. E poi un modo sofisticato, intelligente di fare commedia, con uno sguardo sempre molto colto nei confronti del cinema del passato. Quello che lascia è una idea di cinema, di commedia, di commedia d’autore, che riesce a mettere insieme la parodia con la conoscenza.

D. – Oggi già gode di una particolare viralità in Internet grazie al suo ruolo di Willy Wonka. Qual è, secondo lei – l’opera più caratteristica dell’attore, quella cioè che tramanderà la sua fama anche alle future generazioni?

R. – Sicuramente “Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato” ha creato un immaginario colorato, effervescente. Diverso è il discorso, invece, per “Frankenstein Junior”, che per me rimane l’apice della carriera di questo artista: citazioni memorabili nate da questo film hanno conquistato le generazioni più diverse, fino ai ragazzi e agli adolescente. C’è poi anche “La Signora in Rosso”. Queste, forse, sono le tre iconografie che più raccontano l’animo artistico di questo grande attore e regista.

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Nella Chiesa e nel mondo



Venezuela: vescovi difendono diritto a protestare pacificamente

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I vescovi venezuelani difendono il diritto dei cittadini di protestare pacificamente in vista della grande manifestazione organizzata il 1° settembre dall’opposizione nella capitale Caracas. Una mobilitazione posta in essere dall’opposizione per protestare ed ottenere dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) il via libera per la raccolta del 20% delle firme necessarie per la tenuta del referendum di revoca del Presidente Nicolás Maduro.

Manifestare è un diritto legittimo garantito dalla Costituzione
"Si tratta dell'esercizio di un legittimo diritto sancito dalla Costituzione e dall'ordinamento giuridico del Venezuela", afferma una nota della Presidenza della Conferenza episcopale venezuelana (Cev). "Per questo le mobilitazioni, comizi e attività di carattere politico devono essere rispettati e protetti dagli organi dello Stato e devono svolgersi inoltre in un clima di pace, convivenza civile, tolleranza e rispetto".

I cittadini hanno diritto di esprimere pacificamente le loro opinioni
Articolato in cinque punti, il documento sottolinea che le istituzioni,  e in particolare le forze di sicurezza, hanno l’obbligo di garantire a tutti i cittadini “il diritto alla libera espressione delle loro idee, alla libera circolazione nel Paese così come all'integrità personale e al rispetto del bene comune". I presuli ribadiscono l’urgenza evidenziata a luglio, al termine della loro 106.ma assemblea plenaria, di trovare risposte adeguate ai bisogni e alle aspirazioni del popolo venezuelano. Allo stesso tempo lanciano un appello affinché tutti i venezuelani possano esprimersi nel rispetto delle opinioni diverse e “con il proposito di lavorare per la pace, come vuole il Signore Gesù”.

L’appello ai fedeli laici a fare il possibile per il dialogo
Nel riaffermare la loro vicinanza al popolo venezuelano, in particolare a coloro che soffrono di più nell’attuale crisi, i presuli ricordano che i fedeli laici, soprattutto i politici e coloro che sono impegnati nel volontariato, hanno un ruolo fondamentale nella costruzione della pace nel Paese: “Essi devono compiere ogni sforzo per rendere possibile la cultura dell'incontro e del dialogo costruttivo e devono, inoltre, creare un clima di riconciliazione tra tutti gli uomini e donne del Venezuela”

I sacerdoti si astengano da interventi politici
Infine l’esortazione rivolta ai sacerdoti venezuelani affinché promuovano preghiere per la pace e il bene del Paese, l'incontro e il dialogo e si impegnino soprattutto per i più deboli e bisognosi, astenendosi dalla partecipazione ad attività politiche e di partito. “Il Dio dell'Amore – conclude la nota dei vescovi - ci accompagni in ogni momento con la Sua grazia e la Sua benedizione e che la protezione di Nostra Signora di Coromoto rafforzi l'impegno dei venezuelani per la costruzione della pace, della giustizia e della misericordia".

Il Paese è allo stremo
La manifestazione del 1° settembre si tiene in momento drammatico per il Paese dove manca tutto: dai generi alimentari, alle medicine, dall’assistenza medica all’elettricità e a servizi igienici regolari. Per molti osservatori essa potrebbe essere una prova decisiva per la sopravvivenza del Governo Maduro, uscito indebolito dalla vittoria dell’opposizione alle ultime elezioni parlamentari. (A cura di Lisa Zengarini)

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Iraq: appello del Patriarca Sako ai musulmani moderati

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È giunto il momento per i musulmani e i non musulmani di buona volontà di tutto il mondo di affrontare seriamente e “non superficialmente” la difficile situazione che si è venuta a creare con l’entrata in azione di Daesh. È quanto afferma il Patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphaël Sako I, in una lettera pubblicata sul sito del patriarcato e ripresa dall’Osservatore Romano.

Prendere una posizione netta e unitaria
Secondo il presule, per fermare il “cancro” dell’Isis che porta odio, isolamento, estremismo, violenza e al rifiuto della convivenza, del progresso e della modernità, i musulmani moderati dovrebbero prendere una posizione netta e unitaria. “I musulmani — afferma — dovrebbero mostrare al mondo il vero volto dell’islam e affermare che il loro credo è contrario a ogni forma di estremismo. L’islam è diverso da ciò che rivendica l’Is. Sappiamo che il messaggio di tutte le religioni contiene l’amore, la tolleranza e il perdono”. Da qui la necessità di impegnarsi maggiormente per veicolare “il messaggio centrale dell’islam, nel rispetto di Dio e delle altre religioni”.

Lottare contro il terrorismo con la diffusione di una cultura della libertà
Nella lettera, il patriarca caldeo sottolinea che i cristiani sono in attesa di poter collaborare e lavorare fianco a fianco con i Governi e le autorità religiose “per affrontare e smantellare il terrorismo e l’estremismo attraverso la diffusione di una cultura della libertà, della ragione, della tolleranza, della convivenza, dell’amore, del rispetto dei diritti umani e della diversità. Tutto ciò — aggiunge — può essere ottenuto attraverso la riforma delle scuole, che sono attualmente la principale fonte di insegnamento dell’estremismo; la creazione di tavole della pace e di cooperazione; l’adozione di un dialogo civile, pacato e coraggioso per risolvere tale crisi che ha colpito e devastato le persone e i loro Paesi; la creazione di uno Stato di diritto”.

Il cristianesimo è nato e cresciuto in Oriente
​Infine, il patriarca Sako, nel sottolineare che “tutte le persone hanno il diritto di godere di una vita stabile e sicura, di avere gli stessi diritti e doveri”, ricorda che “il cristianesimo è nato e cresciuto in Oriente. I cristiani rappresentano una parte essenziale del tessuto della società mediorientale. Hanno costruito e sviluppato la cultura e la civiltà araba. È un peccato che essi siano stati attaccati ingiustamente e minacciati ripetutamente”. Dunque, c’è bisogno che vengano aiutati a rimanere nelle loro terre. (L.Z.)

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Turchia: scarcerato prima del tempo omicida di don Santoro

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Il 26enne turco Oguzhan Ayudin, condannato nel 2006 a 18 anni e 10 mesi di prigione come assassino reo confesso del sacerdote italiano Andrea Santoro, è stato liberato nei giorni scorsi con più di 10 anni di anticipo rispetto alla scadenza della pena carceraria a lui comminata. Secondo le informazioni riportate dalla stampa turca, Aydin - riferisce l'agenzia Fides - è uno delle decine di migliaia di detenuti scarcerati prima del tempo per liberare le celle necessarie alla detenzione delle migliaia di persone arrestate dopo il fallito colpo di stato dello scorso 15 luglio.

Don Santoro ucciso mentre era in preghiera
L'omicidio di don Andrea Santoro avvenne il 5 febbraio 2006, mentre il sacerdote italiano si trovava in preghiera nella chiesa di Trabzon dove svolgeva la sua opera pastorale. L'assassino, prima di trafiggerlo con due colpi di pistola, aveva urlato “Allahu Akbar” (“Dio è grande”). Quattro giorni dopo Aydin, a quel tempo minorenne, era stato arrestato e aveva confessato di essere l'autore dell'omicidio, giustificandolo con il “turbamento” che aveva destato in lui la vicenda delle vignette satiriche su Maometto, pubblicate mesi prima su un quotidiano danese. 

Perplessità sull'arresto del giovane
​Fin dall'inizio molti osservatori espressero dubbi e perplessità sulle indagini frettolose che avevano “risolto il caso” con l'arresto di un quindicenne, che in caso di condanna, a motivo della sua giovane età, sarebbe stato condannato a una pena più lieve rispetto a quelle previste in vicende analoghe per le persone adulte. (G.V.)

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Sud Sudan: vescovo condanna ondata di omicidi di civili a Yei

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“Sono azioni odiose e crimini indicibili”. Così mons. Erkolano Lodu Tombe, vescovo di Yei, in Sud Sudan, ha condannato l’ondata di omicidi contro gli abitanti della città e delle aree limitrofe, commessi da gruppi misti di militari e civili, secondo le testimonianze dei sopravvissuti agli assalti. La dichiarazione di mons. Ludu segue il massacro dei tre persone appartenenti alla stessa famiglia i cui corpi sono stati gettati nel fiume Yei. Secondo le autorità un altro componente della famiglia è ancora disperso. Il vescovo ha sottolineato che i massacri stanno spingendo la popolazione a cercare rifugio nei Paesi vicini, in Uganda in particolare.

A Yei ondata di assalti commessi da squadroni della morte
Yei era rimasta relativamente pacifica durante i due anni (2013-2015) di guerra civile tra la fazione guidata dal Presidente Salva Kiir e quella dell’ex vice Presidente Riek Machar. Dopo i recenti scontri nella capitale Juba, che stanno compromettendo seriamente il processo di pace, Yei, che è sempre stata sotto il controllo delle forze governative, ha visto un’ondata di assalti commessi da squadroni della morte, che colpiscono usando armi da taglio (machete) e da fuoco.

Ogni notte ci sono assalti mortali alle abitazioni
Secondo le testimonianze degli abitanti, aree rurali intorno a Yei e ad altre località vicine sono diventate basi per i ribelli, fedeli a Machar, e secondo alcuni abitanti l’ondata di uccisioni contro la popolazione civile è una rappresaglia per gli attacchi commessi dai ribelli contro i soldati governativi. (L.M.)

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Romania: terzo Incontro internazionale dei giovani ortodossi

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2.500 giovani fra i 16 e i 35 anni provenienti da diversi Paesi del mondo si ritroveranno dal 1° al 4 settembre a Bucarest, per partecipare al terzo Incontro internazionale della gioventù ortodossa.

Evento promosso nell’ambito dell’Anno dell’educazione religiosa dei giovani
L’evento – riferisce il sito http://orthodoxie.com/ - è organizzato dall’arcidiocesi di Bucarest, in collaborazione con il Patriarcato di Romania e con la benedizione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena, e sarà il momento culminante  delle iniziative promosse dal Patriarcato nell’ambito dell’Anno dell’educazione religiosa della gioventù cristiana ortodossa. L’obiettivo è offrire un’esperienza di formazione ai giovani nel campo educativo, spirituale, culturale e artistico, in modo che possano a loro volta formare altre persone nelle comunità di appartenenza, nella consapevolezza che essi giocano un ruolo cruciale nella salvaguardia del loro patrimonio più prezioso: la fede, le tradizioni e la cultura.

Celebrare la gioia dell’incontro con Cristo
I valori che le nuove generazioni apprendono, come il loro comportamento – spiega Orthodoxie - possono infatti rafforzare la società in cui vivono, oppure fare sprecare ciò che è stato realizzato dalle generazioni precedenti. Perché esse scelgano la prima e non la seconda strada, è quindi necessario uno sforzo comune per accrescere la coscienza della loro responsabilità davanti a Dio e alla storia. Per questo i giovani hanno bisogno di essere coinvolti in incontri spiritualmente e culturalmente stimolanti, di attività di formazione e informazione, di dialoghi che rafforzino la loro fede. In tal senso, l’incontro di Bucarest offrirà ai partecipanti un’occasione per conoscere la spiritualità vissuta nelle comunità ortodosse della città, la sua tradizione e cultura, per celebrare la gioia dell’incontro con Cristo e apprezzare l’importanza dell’impegno dei giovani nel volontariato e nella promozione dei valori cristiani della famiglia e della difesa della vita.

Il programma della manifestazione
Il programma della quattro-giorni prevede due seminari incentrati sulla domanda “Quali sono il posto, il ruolo e l’importanza della gioventù nella Chiesa?”, una conferenza spirituale, ma anche concerti e momenti ricreativi. Domenica 4 settembre il Patriarca di Romania, Daniel, celebrerà la Divina Liturgia davanti alla cattedrale della Salvezza della Nazione in costruzione, al termine della quale indirizzerà ai partecipanti un messaggio.  L’anno prossimo la manifestazione sarà ospitata dall’arcidiocesi di Iaşi. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 243

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.