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Sommario del 02/04/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa Francesco: serve coraggio per diventare misericordiosi

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La Chiesa celebra domani la festa della Divina Misericordia, nella seconda domenica di Pasqua, voluta da San Giovanni Paolo II. Due gli appuntamenti che Papa Francesco dedica a questa festa e a quanti aderiscono alla spiritualità della Divina Misericordia: una veglia di preghiera questa sera alle 18 in Piazza San Pietro e domani mattina la Messa alle 10, sempre in Piazza San Pietro. Durante la Veglia, si pregherà – tra gli altri – per i cristiani perseguitati e i cristiani prigionieri della mentalità mondana, le persone abusate e sfruttate, i profughi e gli esiliati. Ancora, si invocherà la Divina Misericordia perché raggiunga i violenti, i seminatori di odio e quanti opprimono la dignità dell'uomo. Intanto, stamani, Papa Francesco ha lanciato un nuovo tweet: “Diventare misericordiosi significa imparare ad essere coraggiosi nell’amore concreto e disinteressato”. Proprio sul binomio misericordia e coraggio, il servizio di Alessandro Gisotti

Ci vuole coraggio ad essere misericordiosi, ci vuole coraggio per perdonare. Il pensiero di oggi affidato da Francesco ad un tweet ricorre tante volte in questo Giubileo e a dire il vero fin dall’inizio del suo Pontificato. Sì, ci dice e ridice il Papa, “per diventare misericordiosi bisogna imparare ad essere coraggiosi nell’amore”. “Avere un cuore misericordioso – avvertiva del resto in un’altra occasione - non significa avere un cuore debole”. Chi vuole essere misericordioso, infatti, “ha bisogno di un cuore forte e  saldo”.

Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia
Forte era di certo il cuore di Lucia che, rivolgendosi all’Innominato che la tiene prigioniera, rammenta: “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”. E’ significativo che questa pagina dei Promessi Sposi sia tra le più amate da Bergoglio, il quale ha confidato di averla letta tante volte. A colpirlo è la conversione dell’Innominato che inizia, in modo inatteso, proprio grazie a quella semplice, ma dirompente affermazione: “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”. Dalle valli lombarde del ‘600 agli altipiani africani dei nostri giorni. Ci vuole coraggio per essere misericordiosi.

Coraggiosi nel perdono, nell’amore, nel fare la pace
Ecco perché incontrando i giovani del Centrafrica, tentati dalla sirena dell’odio e della violenza, Francesco invita a non ascoltare questo richiamo sinistro, ma piuttosto ad aprire il cuore, a renderlo saldo e coraggioso nell’amore. Più l’odio attorno a noi si fa fitto, d'altro canto, più la luce della misericordia deve essere penetrante:

“Si può perdonare a quello che ti ha fatto male? Sì. Così, con l’amore e con il perdono, voi sarete vincitori. Con l’amore voi sarete vincitori nella vita e darete vita sempre. L’amore mai vi farà sconfitti (…) Voi dovete essere coraggiosi: Coraggiosi nel perdono, coraggiosi nell’amore, coraggiosi nel fare la pace”. (Discorso ai giovani centrafricani, 30 novembre 2015)

Permesso, scusa, grazie: il coraggio della misericordia in famiglia
Il coraggio della misericordia, ripete il Papa, è anche quello che fa andare avanti le famiglie nell’affrontare le tante difficoltà della vita. Il coraggio di fare sacrifici, il coraggio di sapersi perdonare e ricominciare. “Il perdono – scrive Francesco nella Misericordiae Vultus - è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza”. La misericordia è concreta, annota ancora, e si declina anche con un semplice “permesso, scusa, grazie”. Ci vuole coraggio dunque per essere misericordiosi anche in famiglia:

“Ci vuole coraggio per questo, eh! Per questo quando io saluto i novelli sposi, dico: ‘Ecco i coraggiosi!’, perché ci vuole coraggio per amarsi così come Cristo ama la Chiesa. La celebrazione del sacramento non può lasciar fuori questa corresponsabilità della vita familiare nei confronti della grande missione di amore della Chiesa”. (Udienza generale 6 maggio 2015)

Il coraggio di sentirsi peccatori e di chiedere perdono
Ci vuole coraggio anche e soprattutto per riconoscersi peccatori. “Una grazia da chiedere”, ripete tante volte Francesco. Solo così infatti possiamo lasciarci raggiungere e toccare dalla Misericordia di Dio. Lui sempre bussa alla porta del nostro cuore, ma ha bisogno di noi per entrare:

“Se tu non ti senti peccatore, hai incominciato male. Chiediamo la grazia che il nostro cuore non si indurisca, che sia aperto alla misericordia di Dio, e la grazia della fedeltà. E quando ci troviamo, noi, infedeli la grazia di chiedere perdono”. (Omelia a Santa Marta, 3 marzo 2016)

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Le esequie del card. Cottier, "cantore della fede cristiana"

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Si sono svolte stamani nella Basilica di San Pietro le esequie del cardinale Georges Marie Martin Cottier, domenicano, teologo emerito della Casa Pontificia, spentosi venerdì al Policlinico Gemelli di Roma all'età di 93 anni. A presiedere il rito, il cardinale Angelo Sodano che ha ricordato nell'omelia la lunga vita del cardinale svizzero "tutta consacrata alla diffusione del regno di Dio nel mondo di oggi". "Cantore della fede cristiana" - ha proseguito - era "tutto proteso nel far conoscere il Signore", nel far vedere l'invisibile. Teologo tomista, vedeva la vita e la storia con gli occhi della fede e della ragione. Al termine delle esequie, Papa Francesco ha presieduto il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio. In un telegramma, il Santo Padre ricorda “con profonda gratitudine” il porporato svizzero, la sua “fede forte, la sua bontà paterna e la sua intensa attività culturale ed ecclesiale”, svolta in particolare al fianco di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Con la morte del cardinale Cottier, il Collegio Cardinalizio scende a 215 cardinali, di cui 116 elettori e 99 non elettori.

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Francesco ricorda l’impegno di Paolo VI per gli alluvionati di Firenze

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Papa Francesco ha inviato un telegramma al cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, in occasione del 45.mo anniversario dell’inaugurazione della “Casa per anziani Paolo VI”, dono del Beato Montini al capoluogo toscano e segno di sollecitudine dell’allora Pontefice nel difficile momento della ricostruzione della città, dopo la devastante alluvione del 4 novembre 1966. Nel telegramma, firmato dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il Papa “rivolge il suo beneaugurante pensiero, esprimendo compiacimento per la provvidenziale realizzazione che, nata dal cuore di Pastore buono del Beato Papa, ha continuato il suo fecondo servizio agli anziani, animata da sentimenti di sincera carità cristiana e da amore al prossimo”.

La vicinanza del Beato Paolo VI ai fiorentini
Ieri, nella cappella della “Casa per anziani Paolo VI”, il card. Betori ha presieduto una solenne celebrazione eucaristica alla presenza delle autorità cittadine. Nella sua omelia, riferisce l’agenzia Sir, il porporato ha ricordato “l’affetto e l’amore che Paolo VI, prima di Papa Francesco, ha avuto in occasione dell’alluvione del 1966 per Firenze e i fiorentini, non solo venendo a celebrare la Messa di Natale nella nostra Cattedrale, ma lasciando alla città un dono significativo: questa Casa per anziani, che porta il suo nome, a dimostrazione della sua vicinanza a tutti i fiorentini ed in particolare agli anziani, che tanto soffrirono, forse più di tutti, in quell’occasione”. Un dono che fu ed è “segno tangibile dell’attenzione che la Chiesa e i Papi del Novecento hanno sempre avuto verso gli anziani”, ha concluso l’arcivescovo.

Celebrazioni per il 450.mo anniversario di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi
Contestualmente, Papa Francesco ha inviato al cardinale Betori anche un secondo telegramma, sempre a firma del cardinale Parolin, per il 450.mo anniversario della nascita di Maria Maddalena de’ Pazzi, religiosa carmelitana fiorentina vissuta nel XVI secolo e canonizzata da Clemente IX. Nel suo messaggio, il Pontefice auspica che tale anniversario “susciti rinnovata adesione a Cristo e generosa testimonianza cristiana sull’esempio della mistica fiorentina”, “significativa figura di discepola del Vangelo e maestra di spiritualità”. La ricorrenza della nascita di Maria Maddalena de’ Pazzi è stata celebrata con una Messa presieduta dal cardinale Betori nel monastero di Careggi, dove riposano le spoglie della Santa. (I.P.)

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Udienze e nomine episcopali di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza il card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; il card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; il card. João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, con il Segretario del medesimo Dicastero; mons. José Rodríguez Carballo, Arcivescovo tit. di Belcastro. Sempre stamani, il Papa ha ricevuto mons. Savio Hon Tai-Fai, Arcivescovo tit. di Sila, Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

In Messico, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Juan de los Lagos, presentata da mons. Felipe Salazar Villagrana, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di San Juan de los Lagos mons. Jorge Alberto Cavazos Arizpe, finora vescovo titolare di Isola ed Ausiliare di Monterrey.

Nella Repubblica Democratica del Congo, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Isangi il rev.do Dieudonné Madrapile Tanzi, del clero di Isiro-Niangara, docente invitato alla Pontificia Università Urbaniana.

In Nigeria, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Osogbo il rev.do John Akin Oyejola, del clero di Oyo, parroco e direttore del Centro diocesano per la pastorale familiare.

Francesco ha nominato il card. Pietro Parolin, segretario di Stato, Legato Pontificio per le celebrazioni che avranno luogo a Gniezno ed a Poznań dal 14 al 16 aprile 2016, in occasione del 1050.mo anniversario del Battesimo della Polonia.

Il Papa ha nominato il card. Zenon Grocholewski, Prefetto emerito della Congregazione per l’Educazione Cattolica, Suo Inviato Speciale all’inaugurazione del Santuario di Toruń (Polonia), dedicato a Maria Santissima Stella della Nuova Evangelizzazione ed a San Giovanni Paolo II, che si terrà il 18 maggio 2016.

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Autismo, Zimowski: servono politiche efficaci di sostegno e inclusione

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Il mondo si tinge di blu. Da New York a Rio de Janeiro, da Roma a Riad, piazze e monumenti si illuminano di questo colore per la Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo, una patologia che comporta disturbi, di vario grado, nella comunicazione e nelle relazioni sociali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità colpisce un bambino ogni 160. Nel messaggio in occasione di questa Giornata, il presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, mons. Zygmunt Zimowski, esorta a promuovere politiche efficaci per accogliere, sostenere e includere quanti sono colpiti dall'autismo. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Nel messaggio, intitolato “Artefici e testimoni di speranza”, mons. Zimowski sottolinea che “molte volte la fatica quotidiana, la delusione, lo smarrimento, la solitudine, l’ansia per il futuro possono avere il sopravvento”. Ma in questo tempo “in cui spesso si fatica a trovare delle ragioni per sperare” e, soprattutto, “di fronte al problema relativo ai disturbi dello spettro autistico” – aggiunge - “siamo chiamati a riporre la nostra fiducia in Dio”. “Dio, infatti, è bontà e benevolenza senza limiti, si prende cura dei suoi figli e non abbandonerà mai quelli che ha chiamati ad entrare nella sua comunione, qualunque siano le difficoltà”.

Aumentano i frutti della sensibilizzazione
E non mancano segni di speranza. “La sensibilizzazione in ordine ad un disturbo neurologico e comportamentale, che fino a poco tempo fa poteva essere considerato uno stigma sociale – si legge nel messaggio - fortunatamente sta acquisendo sempre più considerazione nel campo della diagnosi e della ricerca, così come in quelli dell’assistenza, dell’inserimento scolastico e lavorativo, nonché nell’accompagnamento della crescita spirituale”.

Contro l’autismo serve un approccio multidisciplinare
E’ essenziale essere “a fianco delle persone autistiche e ai loro familiari”. “Non può venire meno – spiega il presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari - l’impegno di tutti per favorire l’accoglienza, l’incontro, la solidarietà, in una concreta opera di sostegno”. Ricordando che l’autismo si protrae per tutta la vita, il presule sottolinea l’importanza dell’alleanza tra i settori sanitario, socio-sanitario ed educativo, ma anche l’inserimento, ove possibile, in attività lavorative.

Si accolga l’invito di Papa Francesco
Nel messaggio in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo mons. Zimowski rivolge infine una speciale esortazione: “Seguendo l’invito di Papa Francesco che, soprattutto in questo Anno Santo della Misericordia, stimola credenti e non credenti a riscoprire atteggiamenti di accoglienza e di fraterna solidarietà, facciamoci carico nella nostra vita dell’accettazione e dell’inclusione delle persone autistiche e delle loro famiglie, nella certezza che in tal modo siamo testimoni di autentica e gioiosa speranza nella Chiesa e nel mondo”.

Dall’autismo non si guarisce ma un approccio multidisciplinare può portare grandi benefici. E’ quanto sottolinea, al microfono di Lucas Duran, la psicologa Paola Matussi, della Fondazione Oltre il Labirinto, che si prende cura dei soggetti con autismo: 

R. – L’autismo è una sindrome che comporta un insieme di sintomi comportamentali, di disturbi legati allo sviluppo biologicamente determinato. C’è una base genetica. Di solito l’esordio è nei primi anni di vita, con sintomi che alterano le abilità linguistiche dell’individuo, la sua capacità di comunicare e di relazionarsi con gli altri. 

D. – Quando si parla di autismo, in realtà parliamo di tante tipologie … 

R. – Sì, infatti si preferisce parlare di disturbi dello spettro autistico per sottolineare la variabilità dello sviluppo delle manifestazioni che vanno da forme più lievi a manifestazioni molto più gravi che sono associate anche a disabilità intellettive. Tra l’altro, questa grande differenza tra una forma e l’altra fa in modo che venga richiesto proprio un intervento sempre molto individualizzato sulle risorse della persona. E’ importante ricordare anche che si configura sempre come una disabilità permanente, però con aspetti dinamici. Una cosa molto importante per la prognosi di sviluppo è la precocità della diagnosi e anche l’adeguatezza del trattamento. 

D. – Questo può cambiare in assoluto la vita della persona? 

R. – Certamente anche perché prima inizia il trattamento, prima possiamo andare ad agire veramente sulle capacità che risultano compromesse. E possiamo agire anche per aiutare lo sviluppo di queste capacità. Non è una sindrome o una malattia da cui si possa guarire, ma è una cosa per cui possiamo fare molto. La cosa che funziona di più – è anche provato scientificamente – è un approccio multi-professionale e interdisciplinare, che contempli tutti gli interventi ai vari livelli. Per cui ci dev’essere un intervento clinico, un intervento abilitativo, educativo, formativo e poi il supporto alla famiglia. 

E’ possibile sfidare l’autismo anche con piccole donazioni. Sulla campagna in corso promossa dalla Fondazione italiana per l’autismo, Emanuela Campanile ha intervistato Stefania Stellino presidente di “Angsa Lazio”, espressione regionale dell’Associazione nazionale genitori soggetti autistici: 

R. – Fino al 6 aprile con un sms solidale al 45507 si può contribuire a realizzare sei progetti che sono stati selezionati dalla Fia, la Fondazione italiana per l’autismo. Uno dei progetti è il “Telefono Blu” per l’autismo con un numero dedicato, a cui risponderanno degli operatori esperti che dovrebbero aiutare le famiglie perché comunque le famiglie sono tante, l’esigenza di sapere è tanta, ci sono tanti problemi che ogni giorno le famiglie devono affrontare e a cui, purtroppo, la società ancora non risponde. 

D. – Qual è il vostro modo di agire e dunque di reagire a una situazione molto difficile, come quella di avere in famiglia una persona autistica? 

R. – Ci organizziamo principalmente in due modi: cercando di fare coalizione tra le famiglie, e questo significa che abbiamo attivato dei gruppi di aiuto in cui i genitori possono scambiarsi impressioni e opinioni e possono arricchire l’altro con le loro esperienze; e poi l’altra parte, la parte più consistente che è quella di interloquire con le istituzioni. Abbiamo comunque contribuito a creare la legge sull’autismo – la 134 – che è uscita l’anno scorso, anche se c’è tanto da fare, ancora, perché è un “work in progress”. Però, almeno abbiamo qualcosa di scritto.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Lorenzo Botrugno: Quella condanna che nessuno ricorda. Pio XI e il mito storiografico della benedizione dell’attacco italiano all’Etiopia.

Senza odio né rancore: un articolo di Anna Foa sul premio Nobel Imre Kertész.

Roberto Radice: Filosofo a bassa intensità. La capacità divulgativa di Giovanni Reale.

Vagabondaggio in cerca d'ispirazione: Gabirele Nicolò su Edward Hopper in mostra a Bologna.

Con gli occhi della fede: l'omelia del cardinale Angelo Sodano ai funerali del cardinale Georges Cottier.

La Chiesa delle porte aperte: I lavori a Roma del congresso europeo sulla misericordia.

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Oggi in Primo Piano



Obama: terrorismo nucleare è minaccia globale, ridurre arsenali

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Il nucleare in mano ai terroristi è una delle minacce più grandi e un rischio che dobbiamo ridurre: così il presidente Usa Obama dal Nuclear Security Summit a Washington. Di fronte ad oltre 50 leader mondiali il capo della Casa Bianca ha chiesto uno sforzo congiunto nella riduzione degli arsenali e nella condivisione di informazioni di intelligence contro il sedicente Stato Islamico. Il servizio di Paolo Ondarza: 

La “minaccia più grande” che "cambierebbe il mondo". Non usa mezze misure il presidente Obama parlando del terrorismo nucleare, "sfida del 21.mo secolo - dice - che nessun Paese può vincere da solo". Il presidente degli Stati Uniti, arrivato a fine mandato, rilancia la sua proposta di sei anni fa a Praga: ridurre gli arsenali nucleari. Dal 2009 “passi avanti tangibili” - evidenzia - sono stati fatti se si pensa al “sostanziale successo” del negoziato con l’Iran, ma oggi, soprattutto dopo gli attacchi di Bruxelles, c’è la sfida di Daesh, il sedicente Stato Islamico: “Se mai questi folli dovessero mettere le loro mani su materiale nucleare - ipotizza Obama - lo utilizzerebbero per uccidere il maggior numero possibile di persone innocenti". Ecco perché, raccomanda il presidente Usa - occorre fermare la proliferazione delle armi nucleari e mettere in sicurezza tale materiale per garantire che non arrivi nelle mani sbagliate". “Al momento - precisa - non ci sono elementi specifici di allarme, ma la prevenzione è studiata con grande attenzione". Gli Usa - constata Obama - hanno ridotto la potenza nucleare, ma non è stato fatto il salto auspicato. Il capo della Casa Bianca punta il dito contro il presidente russo Putin colpevole - a suo avviso - di enfatizzare la potenza militare di Mosca e grande assente a Washington.

Sul rischio atomico legato al terrorismo Massimiliano Menichetti ha intervistato Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Archivio Disarmo: 

R. – In base alle informazioni che si hanno, non esiste una minaccia nucleare così impellente. Teniamo presente che comunque, se vogliamo parlare di minaccia nucleare, ci sono 16 mila testate in mano a una decina di Paesi, per cui possiamo essere preoccupati per questo rispetto a un ipotetico intervento di gruppi terroristici …

D. – In sostanza si dice: se i terroristi mettessero le mani sulle armi nucleari sarebbe un disastro. Questo pericolo è reale?

R. – E’ più che altro potenziale. Più facile, forse, per questi gruppi sono altre due ipotesi: la costruzione di una bomba nucleare “sporca”, cioè realizzare un ordigno di tipo convenzionale che esploda all’interno di un contenitore ripieno di materiale fissile, radioattivo; oppure l’ipotesi di un attacco di tipo hacker internet a un sistema di controllo missilistico che possa scatenare l’invio di un razzo nucleare.

D. – E si lavora per prevenire questi rischi...

R. – Certamente. Dato che parliamo di armi terribili, evidentemente c’è bisogno e si lavora ad un sistema di controllo internazionale omogeneo.

D. – Ma non è così semplice entrare in un sistema e lanciare un missile …

R. – Non è come lo vediamo nei film: sono sistemi molto complessi e ci si sta adottando di una molteplicità di misure di sicurezza, però noi sappiamo che i sistemi umani sono comunque fallaci …

D. – Insomma, non si deve mai abbassare la guardia …

R. – Assolutamente no.

D. – Ampliando l’orizzonte, il presidente Obama ha rilanciato la proposta di sei anni fa a Praga: quella di ridurre gli arsenali nucleari …

R. – La proposta è più che condivisibile; qualche timido passettino in questa direzione è stato fatto nel corso degli ultimi anni – in particolare, stiamo parlando degli arsenali degli Stati Uniti e della Russia, che praticamente sono il 95% degli arsenale mondiale –; però certamente i passi sono estremamente timidi, perché se andiamo di questo passo, forse entro 100 anni riusciremo ad arrivare all’“opzione 0”, ma credo che i tempi dovrebbero essere decisamente minori.

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Il vescovo di Garissa: preghiamo per la conversione dei terroristi

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In Kenya, il 2 aprile di un anno fa, 148 persone, in maggioranza studenti cristiani, vennero trucidati nel campus universitario di Garissa dai terroristi di al-Shabaab. La strage fu compiuta in modo sistematico, per colpire i non musulmani. Ma qual è oggi la situazione dei cristiani in Kenya? Luca Collodi lo ha chiesto a mons. Joseph Alessandro, vescovo di Garissa

R. -  C’è paura in Kenya, in modo particolare nel Nord-Ovest, dove si trova la Diocesi di Garissa; qui la paura si sente di più. Infatti, anche le misure di sicurezza  sono state aumentate, soprattutto in questi giorni di festività pasquale. Grazie a Dio, quest’anno, non è accaduto nulla e fino ad oggi la situazione è calma e sotto controllo. La gente, però, specialmente i cristiani, hanno ancora timore che possa accadere qualcosa all’improvviso.

D. – C’è paura ma i cristiani di Garissa non lasciano le loro case…

R. - Esattamente. Alcuni sono tornati in altre regioni del Kenya dalle quali provenivano. Altri, però, sono tornati di nuovo a casa, nel territorio della nostra Diocesi. Sono forti nella loro fede e questo dà coraggio anche a me. Durante la Quaresima e il Triduo Pasquale sono stato molto vicino ai nostri cristiani. Le chiese e la cattedrale erano piene. Questo è il segno che i nostri cristiani, anche se provano un po’ di paura, riescono a superarla.

D. - A che punto è il dialogo con il mondo musulmano?

R. - Prima del massacro dell’università, avevamo iniziato a fare degli incontri di dialogo con i musulmani. Erano incontri regolari. Dopo il massacro, la frequenza  degli incontri si è un po’ fermata: Ora abbiamo ripreso di nuovo. L’università è aperta dal 4 gennaio scorso, ma gli iscritti sono pochi. La maggior parte degli studenti è costituita da musulmani locali della tribù somala; gli iscritti sono adulti che frequentano i corsi serali, dopo il lavoro. Ma si spera nelle nuove iscrizioni di settembre.

D. – In Europa la stampa ha dimenticato l’anniversario di Garissa. Come possiamo ricordare la strage e i cristiani perseguitati?

R. - Prima di tutto vorrei  ricordare che siamo nell’Anno Giubilare della Misericordia. Questa domenica, in cattedrale, cercheremo di chiedere la misericordia di Dio per tutti noi e per coloro che perseguitano i cristiani non solo a Garissa o in Kenya, ma in tanti altri Paesi nel mondo. Preghiamo anche per noi stessi, in modo particolare per i familiari che hanno perso i loro cari nella strage. Crediamo che per Dio nulla sia impossibile. Preghiamo anche affinché questi nostri fratelli terroristi, un giorno, si pentano delle loro azioni e cerchino di costruire un mondo migliore basato sulla fraternità, sulla pace, sulla misericordia e sul rispetto verso le persone di fedi differenti. Questa domenica poi si festeggia la Divina Misericordia: siamo certi che Dio ci ascolti e che accoglierà le nostre preghiere.

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Scontri in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian

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Torna in primo piano il Nagorno-Karabakh, l'autoproclamata Repubblica caucasica al centro di una contesa armata, negli anni ’90, tra Armenia e Azerbagian. Gli eserciti dei due Paesi sono tornati a scontrarsi in queste ore in quella che, anche dopo il congelamento del conflitto nel 1994, è sempre rimasta una guerra a bassa intensità. Per placare la tensione è intervenuto anche il presidente russo Putin. Il servizio di Giancarlo La Vella: 

Il capo del Cremlino si è detto profondamente preoccupato dalle notizie sulla ripresa delle operazioni militari in Nagorno-Karabakh, la Repubblica riconosciuta solo dall’Armenia. Putin esorta le parti a fermare immediatamente i combattimenti. Erevan accusa l'Azerbaigian di aver dato inizio a una pesante offensiva. Baku, a sua volta, punta il dito contro le forze militari armene, colpevoli di aver iniziato a colpire le postazioni azere lungo il confine di fatto e gli insediamenti in cui vivono gli abitanti del Nagorno-Karabakh di etnia azera, costretti a lasciare le loro case. Di fatto il conflitto sembra aver assunto già proporzioni rilevanti. Violenti scontri sono in corso già da diverse ore. Il Ministero della Difesa armeno ha comunicato che un gruppo di sabotaggio e ricognizione delle forze armate azere è stato annientato. Numerose le vittime. “I combattimenti continuano” – è la preoccupante precisazione del portavoce dell’Armenia.

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Amnesty: la Turchia respinge in Siria migliaia di profughi

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A due giorni dall’entrata in vigore dell’accordo tra Unione Europea e Turchia, al quale è arrivato ieri il sì della Grecia, si chiede che vengano garantite tutte le tutele necessarie ai migranti. Unhcr e Amnesty International continuano a denunciare un’intesa che, ribadiscono, aprirà la strada ai respingimenti forzati. Francesca Sabatinelli: 

Si deve garantire la protezione internazionale, ma soprattutto prevenire il rischio di respingimento. Le principali sigle impegnate nella difesa dei diritti umani, a poche ore dall’entrata in vigore dell’accordo Ue-Ankara, ricordano che tutti i rimpatri forzati in Siria sono illegali, secondo la legge turca, europea e internazionale. Amnesty International denuncia che da metà gennaio la Turchia ha rimpatriato con la forza un centinaio di rifugiati siriani al giorno e tra loro anche donne e bambini. Il principio di non respingimento, reagisce alle accuse l’Unione Europea, è una linea rossa che vogliamo vedere rispettata. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia:

R. - Accadde qualcosa di profondamente illegale quando l’inchiostro con cui era stato siglato l’accordo tra Unione Europea e Turchia, era ancora fresco, già nelle ore successive venivano respinte decine di afghani verso un teatro di guerra. Ma ciò che è peggio è che una nostra delegazione di ricerca ha documentato come, da metà gennaio, una media di cento siriani al giorno sia stata respinta in uno scenario – quello della guerra siriana - che è di pericolo estremo. Tra queste persone ci sono anche dei bambini, una donna incinta all’ottavo mese, nuclei famigliari spezzati e non c’è segnale che tutto questo possa purtroppo cessare.

 D. - All’indomani dell’accordo sia Amnesty che altre organizzazioni hanno denunciato il fatto che improvvisamente la Turchia veniva considerata dai leader europei un Paese sicuro. Voi continuate a smentire questa versione …

 R. - Come fa un Paese che non è sicuro per i suoi cittadini a diventare sicuro per i non cittadini? Cioè per i richiedenti asilo, per i rifugiati, per i migranti? Questo è semplicemente impossibile a meno che non ci sia la volontà politica con un tratto di penna di cancellare quella negazione “non”. È questo il senso dell’accordo tra Unione Europea e Turchia: aver rilegittimato come “Paese sicuro” un Paese al quale viene delegato, pagandolo profumatamente, un compito che è quello di prendersi dal territorio europeo delle persone che in realtà hanno necessità di protezione internazionale.

D. - L’Unione Europea ha reagito alle accuse che avete formulato. Ciò che la portavoce ha specificato è che il principio di non respingimento è scritto nero su bianco nell’accordo, perché il non respingimento è una linea rossa che l’Unione Europea vuole vedere rispettata. Dove si incastra il meccanismo? Voi ribadite che si tratta di respingimenti; l’Unione Europea ne fa un principio, quello del non respingimento …

 R. - Se il rispetto del principio di non respingimento è la linea oltre la quale non si deve andare questo accordo va annullato immediatamente. Quindi, l’Unione Europea annulli l’accordo con la Turchia, perché quello che sta accadendo è esattamente ciò che noi prevedevamo sarebbe successo e l’Unione Europea è complice di tutto questo perché ha la consapevolezza - e le prove ormai sono numerose - che la Turchia sta effettuando respingimenti. Al momento sta effettuando respingimenti di persone che già si trovavano in territorio turco. Ma qual è il rischio? Quando entrerà in funzione questa porta girevole nel Mar Egeo - per cui dalla Grecia verranno fatti tornare in Turchia coloro che vi saranno entrati in maniera irregolare - queste persone rimandate in Turchia rischiano di essere rastrellate e portate nei centri di detenzione del Sud Est della Turchia e da lì rimandate oltre confine in Siria. È già successo - purtroppo - alcune migliaia di volte in queste poche settimane; succederà quando arriveranno le persone espulse dalla Grecia perché non avranno, secondo i funzionari dell’Unione Europea, necessità di protezione internazionale potranno tornare in Turchia paese sicuro. Dalla Turchia rischiano di entrare, purtroppo, di nuovo nella guerra da cui sono fuggiti.

D. - Il punto però è che in questo modo l’Unione Europea ha salvato le sue coste …

R. - Sì, le aveva salvate anche l’Italia firmando accordi con Gheddafi. Non mi pare che ci sia nulla di onorevole in questo e al contrario è un disonore, è una bancarotta morale dell’Europa, è il funerale del diritto d’asilo e non c’è nessuno che dovrebbe esser contento di una soluzione che non vede arrivare rifugiati o richiedenti asilo che però tanto arriveranno, magari da un’altra parte. Questo è il tema che va sottoposto all’attenzione dell’Unione Europea che si sta rendendo complice di una violazione del principio di non respingimento che è una delle violazioni più gravi: vuol dire rimandare uomini, donne e bambini in mezzo alla guerra.

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Pensioni: sindacati in piazza per cambiare la legge Fornero

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In Italia sindacati uniti oggi in piazza per cambiare la legge Fornero sulle pensioni attraverso l'introduzione della flessibilità in uscita: manifestazioni a Roma, Napoli e Venezia. Dalla città lagunare la leader Cgil Camusso chiede di riscrivere lo statuto dei lavoratori, mentre il collega della Uil Barbagallo dal capoluogo partenopeo spiega: “La gente è insoddisfatta del governo”. Da Roma la segretaria Cisl Annamaria Furlan annuncia 'un'iniziativa unitaria sulla rivalutazione delle pensioni' per il prossimo 19 maggio. Paolo Ondarza le ha chiesto quali le motivazioni della protesta odierna: 

R. – Una mobilitazione per cambiare la nostra legge previdenziale: una legge che senza distinguere da lavoro a lavoro, tiene fino 66-67 anni - e poi andremo anche oltre - uomini e donne sul posto di lavoro, con a casa i figli e alcune volte i nipoti disoccupati. E’ evidente che non va bene, come non va bene il fatto che i nostri pensionati e le nostre pensionate abbiano perso quasi il 30 per cento del loro potere di acquisto negli ultimi 15-20 anni. Credo che vada immediatamente cambiata questa legge! Abbiamo bisogno di creare posti di lavoro per i giovani e di consentire dopo 40-41 anni di lavoro di poter scegliere di andare finalmente in pensione. Noi abbiamo una nostra proposta, ma manca in modo eclatante la proposta del governo: quindi l'esecutivo convochi le parti sociali e iniziamo insieme un lavoro per cambiare questa legge.

D. – Finora siete stati ignorati, come sindacati?

R. – Su questo tema assolutamente sì! E per la verità non solo su questo tema… Guardi, la cosiddetta Legge Fornero è partita male proprio perché è stata fatta senza alcun incontro con le parti sociali e conoscendo poco il mondo del lavoro. Lavorare a 65-66-67 anni su una gru portuale, su una impalcatura, ma anche dover seguire 20-25-30 bambini nelle tante classi italiane è impossibile! Ci vuole competenza per fare una legge pensionistica e la competenza ce l’ha chi ha la rappresentanza del lavoro e quindi imprese e sindacato.

D. – Oggi lei  ha annunciato anche una nuova manifestazione sulla rivalutazione delle pensioni: manifestazione che potrebbe svolgersi il mese prossimo…

R. – E’ una manifestazione organizzata dalle nostre categorie dei pensionati, perché il potere di acquisto delle pensioni è davvero crollato. Bisogna creare una certezza equilibrata, ma che dia le condizioni che essere pensionato, che essere pensionata, non necessariamente - dopo una vita di lavoro – significhi povertà! Questo vale per gli attuali anziani, ma vale anche per i giovani: con questa legge previdenziale, col sistema di calcolo, i giovani – che peraltro arrivano tardi al lavoro, dopo anni di precariato – avranno, e questo è ovvio, un domani delle pensioni troppo, troppo basse.

D. – Il Paese invecchia; i pensionati saranno sempre di più; si fanno pochi figli… Avranno questi giovani un giorno la pensione? Cosa sta facendo il governo per questo?

R. – Il governo su questi temi purtroppo è in ritardo su tutto! Noi dobbiamo creare condizioni di risposte per i giovani, per il loro futuro pensionistico e di dignità per i tanti anziani e le tante anziane del nostro Paese. L’invecchiamento è una cosa positiva, se si può vivere con dignità; se si vive quasi esclusivamente in condizioni di povertà, è ovvio che assume un significato ben diverso…

D. – In questa ottica si può inserire anche il capitolo politiche familiari?

R. – Certo! Le politiche per la famiglia sono fondamentali. Se il Paese ha retto in questi anni di crisi, è proprio per la famiglia e spesso gli anziani hanno dovuto sostenere i figli, le figlie, ma anche i nipoti e le nipoti. Il tema dello sviluppo, il tema dell’economia reale, il tema degli investimenti pubblici e privati, nelle infrastrutture devono essere prioritari nell’agenda del governo.

D. – Per questo è urgente – voi dite – nominare subito un nuovo ministro per lo Sviluppo economico…

R. – Assolutamente si! E’ assolutamente necessario: abbiamo – purtroppo! – migliaia di aziende in crisi, ma abbiamo anche bisogno di ripartire sul tema della crescita e dello sviluppo, grande assente nel nostro dibattito italiano.

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Vallini: una grazia per Roma le "100 piazze" dei Neocatecumenali

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Al via anche quest’anno l’iniziativa “Cento piazze”, promossa dal Cammino neocatecumenale nella Diocesi di Roma e annunciata questo sabato nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Durante le domeniche di Pasqua, molte piazze della capitale saranno animate da giovani e famiglie del Cammino che porteranno la testimonianza del loro incontro con Dio. Una missione evangelizzatrice - ha spiegato il cardinale vicario Agostino Vallini - che è una grazia, in una Roma secolarizzata, interetnica e interreligiosa. Ascoltiamo le voci dei partecipanti al microfono di Michele Raviart

R. - È un modo per evangelizzare, per uscire dalla parrocchia: è un invito di Papa Francesco, no? Non si tratta di andare verso gli altri con superbia, dicendo loro: ‘Voi siete le pecore perdute’. Si tratta di dare testimonianza: ‘Io ero nella tua stessa situazione. Se tu stai in questa situazione, sappi che Dio ti ama e ti salva’.

R. - Principalmente, significa rispondere a un invito: quello di provare con le poche forze che abbiamo a portare la nostra testimonianza nella città di Roma; provare ad evangelizzare una città che – secondo me – ne ha molto bisogno.

D. – Come questa iniziativa può portare a un cambiamento?

R. – Sicuramente è uno strumento per provare a smuovere qualche coscienza. Anche se è solamente una goccia nell’oceano, è una goccia della quale c’è bisogno: goccia dopo goccia magari, se ognuno fa il suo, si riesce a smuovere qualcosa.

R. - Penso sia importante parlare alle persone che ci sono vicine; non soltanto ai popoli lontani, ma proprio a chi è vicino a noi, perché si vede quanto le persone abbiano bisogno di una parola di salvezza.

D. – Secondo lei, c’è bisogno di evangelizzare Roma?

R. – C’è bisogno, perché oggi viviamo in un mondo corrotto, un mondo di corruzione, e i giovani sono lasciati un po’ allo sbaraglio. Quindi altroché se c’è bisogno, c’è molto bisogno di questo!

D. – Che testimonianza porterai?

R. – Nel momento in cui ti fermi e sai che devi dare una testimonianza, significa rivivere quello che il Signore ha fatto nella tua vita, dove ti ha preso. Io ero un ateo, anticlericale, e il Signore è venuto a cercarmi nella vita con dei fatti. E dopo qualche anno mi ha portato di nuovo nello stesso territorio dove vivo a testimoniare l’esatto contrario di quello che sostenevo. Questo è comunque un momento di crescita per sé stessi.

R. - Momenti in cui ci si racconta la vita vera, in cui abbiamo incontrato concretamente Dio; ci rendiamo partecipi, gli uni con gli altri, di questa vita. E poi si fa festa, si canta insieme, con la gioia del canto si testimonia quello che vivi. E riesci a dedicare questo tempo della domenica, proprio perché hai vissuto una bellezza così grande che poi viene naturale passare del tempo così.

D. – Da dove nasce questo bisogno di evangelizzare e quindi la partecipazione alle “Cento Piazze”?

R. – L’evangelizzazione è dare una testimonianza agli altri, a chi è lontano dalla Chiesa, e aiutarli. Dare una testimonianza agli altri: la nostra vita agli altri.

D. – Il fatto che quest’anno avvenga anche nell’Anno del Giubileo che significato ha in più?

R. – Nella vita quotidiana c’è bisogno della misericordia, di scoprire veramente questi valori e queste cose così importanti. Ringraziamo la madre Chiesa per tutto quello che ci dona, per le cose che ci fa vivere, perché sono importanti e ci servono nella vita quotidiana.

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Domenica della Divina Misericordia: l'abbraccio con la bontà del Padre

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Si celebra questa domenica la Festa della Divina Misericordia. Una ricorrenza istituita nella seconda domenica di Pasqua da San Giovanni Paolo II nel 2000, in occasione della canonizzazione di Santa Faustina Kowalska. Proprio alla vigilia di questa festa, il 2 aprile di 11 anni fa, moriva Papa Wojtyla. Santa Faustina, suora polacca della Congregazione della Beata Vergine Maria della Misericordia, ebbe straordinarie rivelazioni: nel 1931, in una apparizione, Gesù le chiese di far dipingere l’immagine della sua Misericordia. Sul significato e sull’importanza della Domenica della Divina Misericordia, Elvira Ragosta ha intervistato suor Maria Rosa Lo Proto, segretaria delle Suore Domenicane Missionarie di San Sisto e presidente dei gruppi di preghiera “Figli spirituali di Giovanni Paolo II”: 

R. – E’ un momento di grazia per tutta la Chiesa riscoprire questo grande fiume erompente che dà la possibilità ad ogni uomo di riconoscersi bisognoso della misericordia di Dio per rimettersi in un cammino nuovo e quindi quasi purificati, rigenerati dalle acque preziosissime della Divina Misericordia, ci possiamo ripresentare con cuore libero e gioioso ad avere l’abbraccio del Padre.

D. – Una devozione – quella alla Divina Misericordia – che nasce con l’esperienza di Suor Faustina Kowalska …

R. – Esatto. Nel suo diario, Santa Faustina ricorda di aver pianto perché il pittore ha dipinto Gesù Misericordioso non perfettamente come lei lo vedeva e Gesù la consola dicendo: “Faustina, non preoccuparti se non mi ha fatto bene come tu volevi: la cosa importante è che coloro che guarderanno la mia immagine si abbandonino alla certezza e quindi alla gioia del mio abbraccio misericordioso”.

D. – La festa venne istituita nel 2000 da Papa Wojtyla, che morì cinque anni dopo, proprio nei Vespri della ricorrenza. Come leggere questo legame con San Giovanni Paolo II?

R. – E’ un legame che si è potuto vedere la sera del 2 aprile, quando in Piazza San Pietro migliaia di persone pregavano e invocavano il Signore per aiutarlo, perché ormai si percepiva il grande momento del suo trapasso; e quindi senz’altro anche quel tratto della Misericordia di Dio è passato attraverso di lui che pregava e si offriva per noi, unito a Maria.

D. – Alla misericordia Papa Francesco ha voluto dedicare quest'Anno giubilare; quanto è importante in questo momento storico molto particolare, la misericordia?

R. – Secondo me, lui come religioso e anche come missionario è stato ispirato, perché forse non tutti ancora abbiamo capito l’importanza di questo grande dono che ci deriva proprio dalla Passione e morte di Gesù. E c'è la famosa coroncina, tanto pregata: il Papa ne ha dato anche in omaggio in Piazza San Pietro. Ci ha fatto anche ripristinare le opere di Misericordia, corporali e spirituali, e questa è un’icona bellissima che dà a noi l’opportunità non solo di rivalorizzare un po’ quelli che sono i cardini della nostra fede, ma rivitalizzarla!

D. – Suor Maria Rosa, la festa della Divina Misericordia spiegata ai ragazzi: lei che è catechista, è stata insegnante, come ha avvicinato i giovani a questa festività? Come ha insegnato loro a pregare, in occasione di questa festività?

R. – Prima di tutto, la testimonianza e soprattutto interessare i ragazzi stessi. Presentavo quasi sempre le parabole del Figliol prodigo e del Buon Samaritano, perché non dimentichiamoci: anche il Buon Samaritano è stato uomo di misericordia, perché è stato capace non solo di fermarsi, di ungere le ferite, ma ha caricato l'uomo ferito sul suo giumento, lo ha portato alla locanda, ha pagato di persona e ha detto all'albergatore: “Ciò che spenderai di più, te lo rifonderò al mio ritorno”. E quindi, certamente, lui è stato misericordioso. Ma in quel Samaritano noi sappiamo che c’è Gesù, quindi si fa presto poi a leggere la misericordia, quando noi leggiamo la Parola di Dio, perché la Parola di Dio è una parola viva, è una parola di verità, è una parola che ti conquista, è una parola che non muore…

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Il commento di don Gianvito Sanfilippo al Vangelo della Domenica

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Nella Domenica della Divina Misericordia, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù appare a Tommaso che non credeva alla sua risurrezione e mostrandogli le sue piaghe gli dice:

«Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!».

Sulla Domenica della Divina Misericordia ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma: 

Questa festa è uscita dalle viscere della Mia Misericordia ed è confermata nell’abisso delle mie grazie. Ogni anima che crede ed ha fiducia nella mia Misericordia, la otterrà”. Ecco le parole tratte dal “Diario” di Suor Faustina Kowalska, con le quali Gesù Cristo, si rivolge anche a noi, oggi. Come in un solo giorno, in questa Ottava di Pasqua, la Chiesa ha proclamato e continuerà a proclamare in questo Tempo Pasquale, la Risurrezione del Signore e la sua vittoria sulla morte, e annuncia con zelo il suo amore appassionato per  ciascuna persona umana. Questa vita nuova risplende dalle vesti bianche dei figli di Dio, sciame novello dei battezzati, occasione di lode e di onore a Dio per l’assemblea dei fedeli, e suo vanto. In questo tempo la liturgia confermerà la fede nei cuori dei credenti, e darà nuovo slancio all’evangelizzazione perché ogni uomo sia raggiunto dall’amore di Dio. Ancora attraverso Santa Faustina il Signore ci esorta, infatti: “Con le anime che esalteranno e faranno conoscere ad altre la Mia grande Misericordia, nell’ora della loro morte mi comporterò secondo la mia misericordia infinita.”. Ce ne da testimonianza anche San Giovanni Paolo secondo, che proprio nei primi vespri di questa solenne festività, da lui istituita, entrò nelle dimore eterne, attorniato dai suoi figli in piazza San Pietro, nel suo “dies natalis”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Venezuela: richiesta mediazione della Chiesa per uscire dalla crisi

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Riunita in sessione ordinaria e all’unanimità, l’Assemblea nazionale del Venezuela ha approvato un accordo per intraprendere, ancora una volta, la strada del dialogo tra governo e opposizione in risposta all’appello di Papa Francesco di favorire la riconciliazione e la pace nel Paese. A pochi giorni dal messaggio pasquale Urbi et Orbi del Pontefice, il neo parlamento venezuelano, in cui l’opposizione è numericamente maggioritaria, ha trovato, per la prima volta dall’inizio della sua attività lo scorso 5 gennaio, il consenso di tutti i deputati sull’urgenza di un dialogo tra le parti per uscire dal labirinto di una crisi economica e umanitaria senza precedenti nella storia contemporanea della nazione sudamericana.

Sei buone intenzioni
Il documento, approvato dopo un lungo dibattito, propone in sei punti di “lavorare in buona fede come chiesto dal Sommo Pontefice per il bene comune e promuovere la cultura dell’incontro; creare le condizioni per un dialogo fecondo che permetta di raggiungere la pace e incoraggiare i venezuelani ad umanizzare il Paese”. Inoltre, l’Assemblea nazionale ha chiesto alla Chiesa di convocare governo e opposizione per un incontro di dialogo. In quest’ottica, è stato chiesto al nunzio apostolico, l’arcivescovo Aldo Giordano, di presiedere un tavolo di riconciliazione come rappresentante della Santa Sede. 

Un primo dibattito bocciato
La proposta iniziale lanciata dal blocco dei partiti dell’opposizione, Mud (Mesa de la Unidad Democratica), è stata bocciata dai parlamentari filo-governativi perché puntualizzava i temi di spaccatura tra l’Assemblea nazionale e l’esecutivo, e cioè, l’amnistia per i prigionieri politici, la dovuta neutralità del Tribunale supremo di giustizia nel valutare le decisioni dell’Assemblea nazionale, l’imparzialità del Pubblico ministero nel combattere la corruzione e un’esortazione al Difensore pubblico per garantire la difesa dei diritti umani. Dopo le elezioni dello scorso 6 dicembre, l’opposizione riunita nella Mud è numericamente maggioritaria per la prima volta in 17 anni, ma tuttavia questa prerogativa non ha molto valore, dal momento che ogni decisione dell’Assemblea nazionale viene revocata dal Tribunale supremo di giustizia composto da una giuria a maggioranza pro-governativa che, come altre istituzioni dello Stato, è al servizio dell’esecutivo. Questa situazione è considerata il maggiore ostacolo per poter intraprendere le interpellanze parlamentari e le riforme legislative necessarie per il superamento della crisi socio-economica che attanaglia il Paese.

Preoccupazione del Papa
Da ricordare che l’unica nazione dell’America Latina nominata dal Papa nel suo messaggio pasquale è stata il Venezuela e le “difficili condizioni in cui si trova a vivere” il popolo venezuelano. In particolare, il Pontefice ha lanciato un appello a “quanti hanno in mano i destini del Paese, affinché si possa lavorare in vista del bene comune, cercando spazi di dialogo e collaborazione”. All’inflazione galoppante ed alla carenza generalizzata di alimenti e medicinali, si sommano la violenza e la criminalità che costano la vita ad oltre un centinaio di persone ogni settimana. Il governo del presidente Nicolàs Maduro ha rifiutato la richiesta dell’Assemblea nazionale di dichiarare l’emergenza umanitaria e sanitaria perché ritenuta “inesistente e prodotto di una manipolazione ‘golpista’ strumentalizzata anche dall’estero”.

Manca la volontà di dialogo
“Il governo non ha la volontà di dialogare, né di rispettare i poteri costituiti”, ha affermato mons. Baltazar Porras Cardoso, arcivescovo de Mérida dopo l’appello del Pontefice. Il presule ha ribadito che il conflitto tra l’Assemblea nazionale e il Tribunale supremo di giustizia evidenzia queste difficoltà. Nonostante ciò, la Chiesa venezuelana è ancora fiduciosa sulla possibilità di un dialogo tra le parti. “Il presidente Maduro - ha detto mons. Porras - non deve limitare le sue riunioni solo agli attori politici ed economici che lo appoggiano, ma allargare il dialogo anche con chi lo avversa”. Il presule ha affermato, inoltre, che “non si può continuare a negare la crisi; tuttavia il governo non ha la capacita di accettare le critiche”. 

La mediazione della Chiesa
L’appello del 27 marzo non è stato il primo lanciato da Papa Francesco in favore del dialogo e della riconciliazione in Venezuela. Il deputato della Mud, William Davila, ha ricordato che sono già sette le volte che il Papa rivolge questo tipo di esortazione e che non si può “voltare ancora le spalle a questa richiesta che è l’unica soluzione possibile per il Paese”. La Chiesa cattolica venezuelana ha già partecipato a diversi tavoli di dialogo tra il governo e l’opposizione. Il nunzio Aldo Giordano è stato, infatti, presente durante gli incontri promossi dall’Unasur (Unione delle nazioni dell’America del Sud) nel 2014 tra il presidente Maduro ed i principali dirigenti dell’opposizione.

Unasur con il Papa
Anche questa volta, l’Unasur, in un comunicato, “ha accolto la preoccupazione di Papa Francesco per la pace e ha ribadito la sua proposta di dialogo istituzionale”. L’organizzazione sudamericana ha inoltre esortato le forze politiche del Paese a dialogare e ad evitare nuovi conflitti tra l’Assemblea nazionale e il Tribunale supremo di giustizia, in particolare dopo che, martedì scorso, la maggioranza parlamentare ha approvato una legge sull’amnistia dei prigionieri politici. Il segretario generale dell’Unasur, il colombiano Ernesto Samper, ha evidenziato che un intervento del governo per bloccare tale normativa “potrebbe produrre un scontro tra Titani” che solo il dialogo potrebbe evitare. (A cura di Alina Tufani)

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Gracias: Triduo Divina Misericordia per padre Tom, rapito in Yemen

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“Preghiera e misericordia” per padre Tom Uzhunnalil, salesiano indiano sequestrato ai primi di marzo in Yemen: è quanto chiede l’arcivescovo di Mumbai, card. Oswald Gracias, che lancia un appello in occasione del Triduo della Divina Misericordia. Il porporato auspica la salvezza del sacerdote 56enne, da quattro settimane nelle mani del gruppo terroristico che ha assaltato la residenza delle Missionarie della Carità di Aden. In questi giorni anche i vescovi del Paese hanno lanciato un appello al governo, chiedendo un “intervento urgente” per sbloccare la vicenda.

Parrocchie, istituti religiosi, monasteri, famiglie in preghiera per padre Tom
Parlando con l’agenzia AsiaNews, il presidente della Federazione delle Conferenze dei vescovi asiatici e della Conferenza dei vescovi cattolici di rito latino dell’India definisce un “momento privilegiato” il Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco. In concomitanza con le celebrazioni del Triduo della Divina Misericordia, dal 1.mo al 3 aprile, il porporato invita quindi “i gruppi di preghiera, le parrocchie, gli istituti religiosi, le cappelle ed i monasteri, ma anche le abitazioni private” a pregare per padre Tom.

Solo la Divina Misericordia può limitare il male
“Prego che ognuno di noi - sottolinea il card. Gracias - affidi padre Tom alla Divina Misericordia. Vi chiedo inoltre di pregare perché possa fare ritorno sicuro fra noi e incoraggio tutti voi a essere partecipi delle sue sofferenze. Chiediamo che egli possa ritrovare presto la sua libertà”. “San Giovanni Paolo II ha affermato - conclude il cardinale - che solo la Divina Misericordia è in grado di mettere un limite al male. Preghiamo dunque anche per coloro i quali hanno commesso i barbari omicidi delle quattro missionarie della Carità e sequestrato padre Tom, per intercessione di  Maria, Madre di Misericordia”.

L’attacco terroristico del 4 marzo
Dal 4 marzo scorso padre Tom Uzhunnalil è nelle mani di un gruppo terroristico, forse legato al sedicente Stato islamico, che ha assaltato una casa di riposo per malati e anziani gestita dalle missionarie della Carità ad Aden, nel sud dello Yemen. Nell’attacco sono state massacrate quattro suore di Madre Teresa e altre 12 persone, presenti all’interno della struttura. (I.P.)

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Polonia: vescovi in favore del divieto totale di aborto

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I vescovi polacchi scendono in campo insieme ai movimenti pro-vita per chiedere un divieto totale dell’aborto nel Paese, ammesso oggi solo nel caso di stupro, di gravissime malformazioni del feto, o se gravidanza e parto mettono in pericolo la sopravvivenza della madre.

La legge del 1993 che permette l’aborto solo in casi eccezionali non basta
Una proposta di legge in questo senso è stata presentata in Parlamento da associazioni pro-vita con il sostegno del nuovo governo guidato dal partito nazional-conservatore Diritto e giustizia (Prawo i Sprawiedlywosc - PiS). Lo hanno confermato in questi giorni il Primo ministro, Beata Szydlo, e il leader storico del PiS, Jaroslaw Kaczynski. “Quando si tratta di difendere la vita del nascituro non si può restare fermi al compromesso raggiunto con la legge del 1993”, afferma  la Conferenza episcopale polacca in una lettera pastorale che sarà letta in tutte le parrocchie domenica 3 aprile e che invita quindi i fedeli a sostenere il giro di vite contro l’aborto. Se approvato, il provvedimento permetterà l’interruzione volontaria della gravidanza solo nel caso in cui sia in pericolo la vita della madre. Inoltre, il testo prevede che le persone che partecipano ad un aborto illegale siano punite con cinque anni di carcere, anziché gli attuali due. 

Dati controversi sul numero di aborti in Polonia
Le cifre sul numero annuale di aborti in Polonia sono controverse. Secondo le autorità sanitarie, il numero d’interruzioni volontarie di gravidanza è salito da 500 nel 2012 a 1.812 nel 2014. Le associazioni femministe parlano, invece, di almeno 80mila aborti l’anno, e forse di un totale di 200mila se si contano le donne (non vittime di stupro, né con gravidanze a rischio) che già oggi vanno all’estero per l’intervento. Secondo un recente sondaggio di opinione, il 51 per cento dei polacchi sarebbe favorevole ad una liberalizzazione dell’aborto. (L.Z.)

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Kenya. Appello leader religiosi: elezioni 2017 siano pacifiche

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“Facciamo appello a tutti i politici, con i loro interessi consolidati, affinché cessino di trasformare le elezioni in una questione di vita e di morte per i keniani”. Lo scrive il Consiglio interreligioso del Kenya in una nota congiunta, in vista delle prossime elezioni generali che si terranno nel Paese nel 2017. A tale organismo aderisce anche la Conferenza Episcopale del Kenya, oltre a diverse altre confessioni cristiane, musulmane e induiste del Paese. “È immorale e criminoso per tutti coloro che cercano una posizione – si legge nella nota, ripresa dall’agenzia Fides - accettare che i keniani possano morire o essere mutilati solo per soddisfare le loro ambizioni politiche”.

Allarme per la creazione di milizie violente
In particolare, i leader religiosi denunciano la creazione di milizie in previsione delle votazioni: “Siamo particolarmente disgustati che politici e aspiranti tali a diversi livelli stiano creando milizie il cui solo intento è di portare la violenza ai keniani. Tutto questo deve essere fermato immediatamente. Predicate e praticate la pace piuttosto che creare strutture di violenza” esortano i leader religiosi. Un appello, poi, viene lanciato anche ai mass media, affinché non diano seguito alla propaganda basata sulla divisione etnica e tribale, favorita da alcuni politici, tramite i social network.

Commissione elettorale agisca in modo responsabile
La dichiarazione richiama, inoltre, la Commissione elettorale indipendente (Iebc) alle sue responsabilità, invitandola in particolare ad allestire un registro chiaro dei votanti ed a verificare il corretto funzionamento dei dispositivi elettronici che verranno usati nei seggi elettorali, visto che quelli utilizzati nelle elezioni precedenti “hanno fallito miseramente”. 

Elezioni siano libere, giuste, pacifiche e credibili
“Come leader religiosi – conclude la nota - ribadiamo il nostro impegno nel processo elettorale, con l'obiettivo di promuovere l'apprendimento dei valori nazionali, la coesione e la partecipazione della cittadinanza ai processi politici e di garantire che le elezioni del 2017 saranno libere, giuste, pacifiche e credibili”. (I.P.)

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A Praga, Marcia nazionale per la difesa della vita

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Una marcia in difesa della vita: è quella che si svolge oggi, sabato 2 aprile a Praga, in Repubblica Ceca. A promuoverla, il Movimento nazionale per la vita. “L’aborto non è mai una buona soluzione – afferma  Radim Uchac, presidente del Movimento, citato dall’agenzia Sir - Dobbiamo sempre trovare il modo di dare a ogni bambino l’opportunità di nascere, aiutando le donne ad accettare i propri figli anche se la gravidanza le ha colte di sorpresa”. “Essere creativi e pro vita – aggiunge - significa anche prendere posizione e fare udire la propria voce”, e la Marcia nazionale per la vita può contribuire a “dare speranza alla società”.

Sostenere le madri in difficoltà
Secondo l’Ufficio statistico della Repubblica Ceca, nel 2014 i casi di interruzione volontaria di gravidanza sono stati circa 22mila. “Invitiamo la gente a partecipare alla marcia per salvare le vite dei bambini – dichiara Katerina Uchacova, direttrice della Ong Res Claritatis – anche attraverso il sostegno alle loro madri, affinché non prendano decisioni di cui potrebbero pentirsi per il resto della loro vita”. In mattinata  anche una celebrazione eucaristica presso la cattedrale dei Santi Vito, Venceslao e Adalberto di Praga, presieduta dal card. Dominik Duka, arcivescovo della città.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 93

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.