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Sommario del 07/04/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa a Lesbo tra i profughi il 16 aprile. Lombardi: un invito ad agire

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Papa Francesco, accogliendo gli inviti del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e del Presidente greco Paulopoulos, si recherà a Lesbo sabato 16 aprile. Lo rende noto la Sala Stampa vaticana. Nell’isola greca, il Papa, Bartolomeo e l’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronimus II, incontreranno i profughi qui ospitati. Su questo viaggio del Papa, ascoltiamo il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti

R. – Come sappiamo, il Papa è sempre estremamente attento a tutte le grandi emergenze del mondo di oggi, in particolare quando ci sono persone che soffrono, che hanno bisogno della nostra solidarietà e del nostro aiuto. Com’era andato a Lampedusa, dopo pochi mesi dall’inizio del suo Pontificato, per manifestare la sua vicinanza sulla frontiera del Mediterraneo, tra l’Africa e l’Italia, così adesso, che l’emergenza è così forte invece sul fronte dell’Egeo, il Papa desidera naturalmente di far presente – anche concretamente – la sua partecipazione e la sua preoccupazione. Però, dato che siamo in un’area che è, dal punto di vista della Chiesa cristiana, principalmente ortodossa, lo fa insieme alle autorità ortodosse competenti, che sono il Patriarca di Costantinopoli e l’Arcivescovo di Atene. Quindi, è un gesto di solidarietà e di prossimità cristiana al grande problema dei rifugiati, dei profughi, dei migranti, che viene compiuto ecumenicamente dai rappresentanti delle Chiese cristiane. Questo è naturalmente un invito alla responsabilità e all’impegno per tutti: il Papa non fa degli atti di carattere direttamente politico; fa degli atti di carattere umano, morale e religioso estremamente significativi che richiamano però la responsabilità di ognuno, a seconda del suo compito e della sua situazione nella società e nei rapporti con gli altri. Quindi, certamente è anche un invito ai politici ad agire nella ricerca delle soluzioni più umane, rispettose e solidali nei confronti delle persone che soffrono in questi grandi movimenti problematici del mondo di oggi.

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Lesbo. Mons. Printezis: la visita del Papa è ai più piccoli dei piccoli

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C'è una grande attesa per la visita del Papa a Lesbo: è quanto afferma l'arcivescovo greco Nikolaos Printezis, che ha la guida pastorale dei fedeli cattolici dell’isola del Mar Egeo. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato: 

R. – Questa è la pastorale di Papa Francesco. Lui è veramente una presenza di Cristo in Terra, che serve! E questo dà la testimonianza del Vangelo. Sappiamo come il Santo Padre sia vicino ai sofferenti, agli ammalati, a quelli che sono crocifissi come Gesù. Venire qui ha questo senso: dare voce ai profughi, che sono quelli che cercano di salvare la loro vita e quella dei loro bambini. Sono tanti nel Mar Egeo! E' diventato un cimitero, come il Mediterraneo. Credo che la risposta del Santo Padre sia ai più piccoli dei piccoli.

D. – Il primo viaggio fu a Lampedusa, adesso Lesbo. Il Papa ha ribadito più volte la vicinanza alle persone che soffrono. Come si ferma questo dolore?

R. – Parlando in modo forte a coloro che vendono le armi, interrompendo questo traffico, perché le guerre finalmente finiscano.

D. – Quanto è importante che insieme a Papa Francesco ci sia anche Sua Santità Bartolomeo e Sua Beatitudine Hieronymus II?

R. – Sarà una voce unica della Chiesa di Cristo, come se questa Chiesa fosse unita. Ancora non è unita, ma abbiamo una voce unita tra queste tre persone che sono responsabili della Chiesa orientale ed occidentale. Dobbiamo vivere oggi il Vangelo e loro danno l’esempio, perché cercano di incarnarlo. E noi saremo loro vicini sia con le preghiere sia con la nostra stima e presenza.

D. – Lei ha incontrato il Papa a Roma e lo rivedrà sull’isola di Lesbo, dove c’è una piccola comunità cattolica…

R. – C’è una piccola parrocchia cattolica di 100 persone. E’ una piccola presenza, ma siamo molto stimati. Per noi è veramente una grazia del Signore la visita del Papa, lo aspettiamo.

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La crisi umanitaria dei migranti nel colloquio del Papa col premier croato

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Questa mattina Papa Francesco ha ricevuto il premier croato Tihomir Orešković, che poi ha incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, e mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati.

“Nei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - si sono rilevati i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia, di cui l’odierna visita è significativa espressione, ed è stata confermata la comune volontà di proseguire il dialogo costruttivo sui temi bilaterali attinenti alle relazioni tra la comunità ecclesiale e quella civile. Ci si è anche soffermati sul posto di rilievo che i fedeli croati assegnano alla figura del Beato Alojzije Stepinac e sulla condizione della minoranza croata in Bosnia ed Erzegovina. Nell’ampio scambio di vedute sulle questioni internazionali e regionali è stata espressa preoccupazione, in particolare, per la crisi umanitaria dei profughi dal Medio Oriente, nonché per le situazioni di conflitto che interessano diverse regioni del mondo e per gli atti che mirano ad indebolire le basi della convivenza civile”.

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Papa: i santi di tutti i giorni e i martiri mandano avanti la Chiesa

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Sono i santi della vita ordinaria e i martiri di oggi che mandano avanti la Chiesa con il loro essere coerenti e coraggiosi testimoni di Gesù risorto, grazie all’opera dello Spirito Santo: questo, in sintesi, quanto ha detto Papa Francesco nell’omelia della Messa mattutina presieduta nella Cappellina di Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti

Il cristiano “si gioca la vita nella vera testimonianza"
La prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, parla del coraggio di Pietro che, dopo la guarigione dello storpio, annuncia la Risurrezione di Gesù davanti ai capi del Sinedrio: questi, arrabbiati, vogliono metterlo a morte. Gli era stato proibito di predicare nel nome di Gesù, ma lui continua a proclamare il Vangelo perché – dice – “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”. Questo Pietro “coraggioso” – afferma Papa Francesco - non ha niente a che vedere con  “Pietro il codardo” della notte del Giovedì Santo, “quando pieno di paura rinnega tre volte il Signore”. Adesso Pietro diventa forte nella testimonianza. “La testimonianza cristiana – osserva il Papa - ha la stessa strada di Gesù: dare la vita”. In un modo o in un altro, il cristiano “si gioca la vita nella vera testimonianza”:

“La coerenza fra la vita e quello che abbiamo visto e ascoltato è proprio l’inizio della testimonianza. Ma la testimonianza cristiana ha un’altra cosa, non è solo di quello che la dà: la testimonianza cristiana, sempre, è in due. ‘E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo’. Senza lo Spirito Santo non c’è testimonianza cristiana. Perché la testimonianza cristiana, la vita cristiana è una grazia, è una grazia che il Signore ci dà con lo Spirito Santo”.

I martiri di oggi
“Senza lo Spirito - sottolinea il Papa – non riusciamo ad essere testimoni”. Il testimone è chi è “coerente con quello che dice, con quello che fa e quello che ha ricevuto, cioè lo Spirito Santo”.  “Questo è il coraggio cristiano, questa è la testimonianza”:

“E’ la testimonianza dei nostri martiri oggi, tanti, cacciati via dalla loro terra, sfollati, sgozzati, perseguitati: hanno quel coraggio di confessare Gesù proprio fino al momento della morte; è la testimonianza di quei cristiani che vivono la loro vita sul serio e dicono: ‘Io non posso fare questo, io non posso fare male ad un altro; io non posso truffare; io non posso condurre una vita a metà, io devo dare la mia testimonianza’. E la testimonianza è: dire quello che nella fede ha visto e udito, cioè Gesù Risorto, con lo Spirito Santo che ha ricevuto come dono”.  

I santi di tutti i giorni
Nei momenti difficili della storia – commenta il Papa – si sente dire che “la patria ha bisogno di eroi”. E questo “è vero, questo è giusto”. “Ma di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa? Di testimoni, di martiri”:

“Sono proprio i testimoni, cioè i santi, i santi di tutti i giorni, quelli della vita ordinaria, ma con la coerenza, e anche i testimoni fino alla fine, fino alla morte. Questi sono il sangue vivo della Chiesa; questi sono quelli che portano la Chiesa avanti, i testimoni; quelli che attestano che Gesù è risorto, che Gesù è vivo, e lo attestano con la coerenza di vita e con lo Spirito Santo che hanno ricevuto in dono”.

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Francesco ai metodisti: testimonianza comune nonostante differenze

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Nonostante le differenze, cattolici e metodisti sono chiamati a testimoniare concretamente a tutti l’amore di Cristo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nel discorso alla delegazione del Consiglio Metodista Mondiale, ricevuta stamani in Vaticano. Il Pontefice ha dunque incoraggiato il lavoro dell’Ufficio ecumenico metodista a Roma quale segno dell’intensificarsi delle relazioni con i cattolici. Il servizio di Alessandro Gisotti

Le differenze “permangono”, ma il dialogo sia sempre “basato sul rispetto e sulla fraternità”. Un dialogo che “arricchisce entrambe le comunità”. Così, Francesco nel discorso alla delegazione del Consiglio Mondiale Metodista ricevuta in Vaticano. Il Papa ha messo l’accento sull’apertura dell’Ufficio ecumenico metodista a Roma auspicando che “possa diventare luogo di proficuo incontro tra metodisti e cattolici”.

Cattolici e metodisti imparino gli uni dagli altri
Quindi, ha incoraggiato il lavoro della Commissione congiunta teologica che entro la fine dell’anno pubblicherà un documento sul tema “La chiamata alla santità”:

“Cattolici e metodisti hanno molto da imparare gli uni dagli altri su come intendere la santità e su come cercare di viverla. Tutti quanti dobbiamo fare il possibile perché i membri delle nostre rispettive parrocchie si incontrino regolarmente, si conoscano tramite scambi stimolanti e si incoraggino reciprocamente a cercare il Signore e la sua grazia”.

Impegnarsi a testimoniare insieme l’amore per Cristo
È vero, ha soggiunto, “che non pensiamo ancora nello stesso modo in tutte le cose, e che su questioni relative ai ministeri ordinati e all’etica molto lavoro rimane da fare”. Tuttavia, ha detto, “nessuna di queste differenze rappresenta un ostacolo che possa impedirci di amare nello stesso modo e di rendere una testimonianza comune davanti al mondo”:

“La nostra vita nella santità deve sempre comprendere un servizio di amore al mondo; cattolici e metodisti sono tenuti ad impegnarsi insieme per testimoniare concretamente, in molti campi, il loro amore per Cristo. Infatti, quando serviamo insieme chi si trova nel bisogno, la nostra comunione cresce”.

Cattolici e metodisti raggiungano il cuore di chi attende Gesù
“Nel mondo di oggi, ferito da molti mali – ha proseguito – è più che mai necessario che come cristiani testimoniamo insieme con rinnovata energia la luce della Pasqua, diventando segno dell’amore di Dio, vittorioso nella Risurrezione di Gesù”:

“Possa questo amore, anche mediante il nostro servizio umile e coraggioso, raggiungere il cuore e la vita di tanti fratelli e sorelle che lo attendono, anche senza saperlo”.

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Esortazione Amoris laetitia: frutto dei due Sinodi sulla famiglia

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C’è grande attesa per la presentazione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale del Papa “Amoris  laetitia”, sull’amore nella famiglia. Il testo redatto da Papa Francesco al termine dei due Sinodi sulla Famiglia del 2014 e del 2015 sarà reso pubblico domani mattina in Sala Stampa Vaticana. Sul percorso che ha portato a questo importante documento ascoltiamo il servizio di Paolo Ondarza

Due Sinodi per camminare insieme
Camminare insieme: il significato del termine sinodo rende davvero bene l’idea di ciò che è stato il lungo, esaltante, a tratti faticoso, itinerario che ha portato alla stesura dell’esortazione Amoris Laetitia. Non uno, ma due i Sinodi voluti dal Papa attorno alla famiglia, “luce nel buio del mondo”. Il primo, straordinario, svoltosi in Vaticano dal 5 al 19 ottobre 2014 attorno a “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, il secondo, ordinario, un anno dopo, dal 4 al 25 ottobre 2015 su “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”: in tutto 5 settimane che hanno coinvolti oltre a vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, e coppie di sposi in qualità di esperti o uditori.

Parresìa
Precedute da questionari diffusi nelle parrocchie delle diocesi di tutto il mondo, entrambe le assemblee dei vescovi sono state espressione della sollecitudine della Chiesa nei confronti della famiglia e del sacramento del matrimonio, la cui verità fondamentale di unione indissolubile tra uomo e donna – ha detto il Santo Padre – non è mai stata posta in dubbio. Da subito Francesco ha chiesto ai Padri, provenienti da ogni continente, di parlare con 'parresia' e di guardare alle mutate condizioni culturali di una società in continuo cambiamento con “zelo pastorale”.

Famiglie ferite
Se l’attenzione mediatica è stata eccessivamente rivolta alla comunione per i divorziati risposati, il tema è stato effettivamente oggetto di vivace dibattito, tanto che i paragrafi più discussi dell’ultima Relazione Finale sono stati quelli relativi  alle “situazioni difficili” e “famiglie ferite” per le quali la parola chiave è stata “discernimento”. Ma lo sguardo del sinodo ha abbracciato molto di più: dalla bellezza e forza della testimonianza di tante famiglie nel mondo, alla valorizzazione della donna; dall’importanza dei nonni alla tutela dei bambini e dei malati; dalle minacce del fanatismo, dell’individualismo, e del gender, alla precarietà lavorativa. Dalla tutela della vita, dal concepimento alla morte naturale; dal dramma dei migranti e dei profughi, alla richiesta ai governi di politiche familiari. L’assise ha inoltre ribadito l’invito del Catechismo a non discriminare le persone omosessuali specificando che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna. Inoltre i temi legati alla pastorale: l’accompagnamento dei fidanzati, l’esigenza di un linguaggio rinnovato per l’annuncio del Vangelo, la Chiesa come comunità di famiglie.

Il Vangelo non è pietra morta da scagliare contro gli altri
Non tutte le sfide hanno trovato una soluzione – ha rilevato il Papa – ma esse sono state poste sotto la luce della fede, “affrontate senza paura, senza nascondere la testa sotto la sabbia”. Il Sinodo, insomma, è stato prova della vivacità della Chiesa Cattolica che – ha detto  Francesco – “non ha paura di sporcarsi le mani discutendo animatamente”. Questo significa aver camminato insieme, secondo il Santo Padre:

“Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva, di eterna novità, contro chi vuole indottrinarlo in pietre morte, da scagliare contro gli altri. Significa anche aver spogliato i cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”.

Dio non desidera altro che tutti gli uomini siano salvati
I Sinodi si sono posti in continuità con il Giubileo della misericordia:

“Senza mai cadere nel pericolo del relativismo, abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio, che supera i nostri calcoli umani, e che non desidera altro che tutti gli uomini siano salvati”.

Vero difensore della dottrina non è chi difende la lettera, ma lo spirito
Tante le tentazioni lungo questo cammino attorno al  rapporto tra dottrina e pastorale. Il Papa ha citato quella dei  tradizionalisti, cioè di “volersi chiudere dentro la lettera, dentro la legge, senza farsi sorprendere da Dio”, ma anche quella dei progressisti e liberalisti, “che in nome di una misericordia ingannatrice, fasciano le ferite senza prima curarle”:

“L’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera, ma lo spirito; non le idee, ma l’uomo; non le formule, ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule – sono necessarie – l’importanza delle Leggi e dei Comandamenti divini; ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua misericordia”.

Chiesa ha le porte spalancate 
I Sinodi sulla famiglia sono stati espressione di una Chiesa che, per usare ancora le parole del Papa, “non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare le persone”, ma si rimbocca le maniche per versare l’olio sulle ferite degli uomini e indicare loro la Verità:

“Questa è la Chiesa: la vera sposa di Cristo, che cerca di essere fedele al suo sposo e alla sua dottrina. È la Chiesa che non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani. La Chiesa che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti, e non solo i giusti o coloro che credono di essere perfetti”.

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Vatileaks2. Chaouqui: non ho mai consegnato documenti ai giornalisti

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Ci sono fatti gravi di cui non posso riferire senza violare il segreto pontificio. Lo ha detto Francesca Immacolata Chaouqui durante l’interrogatorio della settima udienza del processo in Vaticano per appropriazione e divulgazione illecita di documenti riservati. Presenti in aula anche gli altri imputati: mons. Angel Lucio Vallejo Balda, Nicola Maio e i giornalisti Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, non più contumace. L’udienza, come conferma anche una nota della Sala Stampa vaticana, è stata aggiornata a lunedì prossimo. Massimiliano Menichetti: 

Un’udienza divisa in due parti, mattina e pomeriggio, tutta incentrata sull’interrogatorio all’ex commissario di Cosea, Francesca Immacolata Chaouqui. Rispondendo alle domande del Promotore di Giustizia, del presidente del Tribunale e degli avvocati di parte, la donna ha ripercorso l’intera vicenda: prima, durante e dopo l’attività in Cosea, la Commissione che analizzava gli enti della Santa Sede.

"Mai consegnato documenti ai giornalisti"
“Non ho mai consegnato documenti riservati ai giornalisti Nuzzi e Fittipaldi” né a qualcun altro, ha affermato. “Unico foglio inviato - ha risposto - l’invito a Nuzzi per partecipare alla canonizzazione dei due Papi sulla terrazza” con vista su San Pietro. L’imputata ha sottolineato l'amicizia di lunga data con il cronista e precisato di aver svolto la sua attività in Vaticano a titolo del tutto gratuito, adoperandosi anche in molteplici azioni benemerite per la carità del Papa.

Attività della Cosea
Ha nuovamente spiegato che Cosea doveva prima realizzare una fotografia della situazione degli enti della Santa Sede e poi strutturare soluzioni. Tra i compiti specifici della Chaouqui quello di ridisegnare la comunicazione istituzionale nel suo complesso, creando una struttura nuova e organica, dopo che già due commissioni dette “della Radio” avevano lavorato. “Un lavoro che oggi vede la sua piena attuazione - ha ribadito più volte - che è espressione di Cosea”.

Nessuna "Super Commissione"
Ha respinto ogni accusa in merito ad una presunta “Commissione ombra” o “Super Commissione” di cui lei avrebbe fatto parte. Ha spiegato di essersi recata negli uffici della Prefettura degli Affari Economici solo alcune volte prima di lavorare in Cosea, per contatti preliminari. Ha precisato che i membri di Cosea riferivano direttamente al Papa ed avevano un “potere mai visto prima in Vaticano” potendo accedere agli atti di ogni ente. E cha la creazione della Commissione aveva sovvertito gli “equilibri vaticani”, provocando non poche “tensioni” interne e “diffidenza”.

“Un fatto grave”
Chaouqui ha parlato di “un fatto grave” avvenuto nel febbraio del 2014 che il Papa stesso avrebbe chiesto di chiarire. Nessun altro dettaglio è stato fornito per non violare il segreto pontificio. Mons. Vallejo avrebbe però incaricato l’imputata di costruire una documentazione poi fatta avere al Santo Padre che la definì “un lavoro profetico”.

I dubbi sulla Gendarmeria
L’imputata ha riferito di essere stata dissuasa più volte da mons. Vallejo Balda dalla volontà “di segnalare alla Gendarmeria” delle anomalie. L’ex segretario di Cosea avrebbe anche fatto eseguire un accertamento sul Corpo vaticano dai servizi segreti spagnoli ed ipotizzato una “messa in scena della stessa Gendarmeria” il furto avvenuto nei locali della Prefettura per gli Affari Economici. Mons. Vallejo avrebbe chiesto, ogni volta, prima di una riunione di Cosea, la bonifica delle microspie al Corpo delle Guardie Svizzere.

I testimoni dell’accusa
L’imputata ha anche messo in dubbio l’imparzialità delle testimonianze lette dal promotore di Giustizia del personale della Prefettura degli Affari Economici, in particolare, sottolinea, Stefano Fraleoni "era la persona di riferimento di mons. Vallejo Balda”.

L’archivio di Cosea
In riferimento all’archivio di Cosea, situato nella stanza 217 di Casa Santa Marta al primo piano e costato secondo Chaouqui 5 milioni di euro di consulenze, l’imputata ha spiegato che dopo la fine dei lavori era necessario un lavoro di catalogazione e risistemazione. Dopo, però, il “fatto grave” accaduto nel maggio/giugno 2014, la “Segreteria dell’Economia con a capo il cardinale prefetto George Pell” ha voluto la consegna dell’archivio ed è stato interdetto l’accesso “ai membri di Cosea”. Fatti, questi, che temporalmente coinciderebbero anche con il ritiro del badge per l’ingresso in Vaticano della donna. Credenziali che il Papa stesso avrebbe poi chiesto di restituire “una volta venuto a sapere dell’accaduto”.

La falsa lettera dello Ior
In riferimento ad una lettera su carta intestata dello Ior, risultata falsa, ed il cui testo appare essere quello di una mail inviata dalla imputata al suo diretto superiore in Cosea, ha spiegato che si è “trattato di una richiesta per mettere alla prova” mons. Vallejo il quale si “vantava di avere la carta intestata di ogni ente vaticano”. Ha aggiunto di non sapere “che la lettera fosse stata realmente stampata”. Chaouqui ha confermato che mons. Vallejo “ha partecipato, a volto coperto, alla trasmissione televisiva Report” dopo aver incontrato il giornalista Paolo Mondani. E che lei avrebbe contribuito “all’impostazione scenica” di una altra trasmissione sulla banca Monte dei Paschi, lo stesso istituto citato nella lettera contraffatta dello Ior, nella quale viene citato anche un certo “Paolo”, che l’imputata non ricordava chi fosse.

Vatican Asset Management
Sollecitata sul Vatican Asset Management (Vam), ha escluso ogni rapporto con la struttura, che avrebbe generato un’altra commissione la quale avrebbe proposto la creazione di un fondo sovrano in Lussemburgo, proposta poi bocciata dal “Papa”. Ha detto di aver fornito a Nuzzi una rassegna stampa su Vam tornando a sottolineare che “non ha consegnato materiale riservato”. Ha precisato anche la lunga amicizia con il giornalista che “mai – ha detto – mi ha fatto domande inerenti al mio lavoro o chiesto di violare il segreto d’ufficio”.

Mons. Vallejo
La donna ha descritto il profilo di mons. Vallejo come “ossessionato dal desiderio di conferme” e distinto due momenti: uno in cui tra i due si è creata un’amicizia ed un altro in cui progressivamente si sono degradati i rapporti. Per Chaouqui il problema si inizia a porre quando il suo superiore capisce “di essere stato estromesso” e che dopo Cosea non avrà altri incarichi. L’imputata ha spiegato di essersi prodigata per aiutare l’uomo “che con lei si sfoga”, “non era più forte”, ma appare “indebolito”. Lo introduce nella sua cerchia familiare, amicale e professionale di alto livello: "inizia a viaggiare, conosce cardinali, ministri, gente dello spettacolo", entra in una relazione più stretta con la contessa Marisa Pinto Olori del Poggio "mia amica".

Bisignani e Paolo Berlusconi. La notte a Firenze
L'ex commissario di Cosea ha precisato che gli incontri con Bisignani e Paolo Berlusconi si sono svolti l'uno per parlare della fondazione "Messaggeri della pace" e l'altro in un contesto conviviale. Sulla notte a Firenze la donna ha negato "rapporti sessuali" con il prelato che le avrebbe “fatto delle confidenze, nella stanza in cui stava dormendo la madre, sulla sua sfera sessuale”. Dopo quell’evento si sarebbero evidenziate confidenze, stranezze, cose inopportune ed amicizie particolari, come quella con l’astrologo Mauro Iacoboni. La persona che secondo Chaouqui “avrebbe passato il telefono cellulare in carcere al monsignore con l’intento di inquinare le prove”.

Nessuna minaccia
“Non ho mai minacciato mons. Vallejo” ha ripetuto, spiegando che il noto messaggio inviato via WhatsApp in cui scrive “ti distruggo a mezzo stampa” venne redatto come reazione ad una diffamazione. E replicando alle domande ha “escluso di essere il numero due dei servizi segreti” e che “non esiste al mondo” che facesse parte di “un gruppo pericoloso” come sostenuto dal prelato. Mons. Vallejo - ha più volte ripetuto l’interrogata - era desideroso di incontrare “questo mondo” e “voleva realizzare un piccolo memoriale da dare a Nuzzi per mostrare quanto aveva fatto per il Papa”.

Scambio della password
Chaouqui ha poi ammesso “di essere presente allo scambio di una password tra i due” ma di non sapere il contenuto celato da queste credenziali. Ha poi evidenziato che il collega Nicola Maio “non ha mai sottratto documenti”, ma che tale operazione era compiuta da mons. Vallejo “il quale aveva libero accesso ad ogni incartamento” e “pretendeva anche di avere un’influenza sulla vita privata” del suo collaboratore.

La chiavetta usb
Nell’udienza odierna è stata decisa la non acquisizione della chiavetta usb depositata la scorsa volta dall’avvocato di Francesca Immacolata Chaouqui, contenente la registrazione di conversazioni tra la sua assistita ed un’amica fidata di mons. Vallejo, perché ritenuta in sostanza una prova depositata tardivamente e non fondamentale per il processo.

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Altre udienze e nomine di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza mons. Giuseppe Pinto, Arcivescovo tit. di Anglona, Nunzio Apostolico nelle Filippine; Sua Beatitudine Gregorios III Laham, Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti (Siria); Mons. Georges Pontier, Arcivescovo di Marseille, presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia, con Mons. Pascal Delannoy, Vescovo di Saint-Denis, Vice-Presidente; Mons. Pierre-Marie Carré, Arcivescovo di Montpellier, Vice-Presidente;
Mons. Olivier Ribadeau Dumas, Segretario Generale.

In Ghana, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Keta-Akatsi, presentata da Mons. Anthony Kwami Adanuty, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della medesima diocesi Mons. Emmanuel Fianu, S.V.D., Vescovo di Ho.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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A Lesbo per i profughi: sabato 16 aprile la visita del Pontefice insieme con il Patriarca Bartolomeo e l'arcivescovo Hieronymos II.

Nessuna differenza è un ostacolo: il Papa al Consiglio metodista mondiale.

Sangue vivo: Messa a Santa Marta.

Business mortale: Luca M. Possati sul traffico di droga in Europa.

Quel filo sottile sul quale il regista appende le cose: Emilio Ranzato sul suggestivo documentario "Hitchcock/Truffaut".

Come bambini: da Parigi, Luisa Nieddu sui capolavori della pittura francese in mostra al Musée Marmottan Monet.

Lucetta Scaraffia ricorda Kari Elisabeth Borresen, pioniera della teologia al femminile.

Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Falene per il commissario Ricciardi": "Civiltà Cattolica" recensisce "Anime di vetro" di Maurizio de Giovanni.

Evangelista della Misericordia: l'introduzione di Carlo Broccardo a "La gioia della Misericordia. Il Vangelo di Luca letto dal Papa".

"L'altro" sono i rifugiati: comunicato congiunto del Comitato internazionale di collegamento cattolico-ebraico. 

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Oggi in Primo Piano



Panama Papers: autorità pronte a maggiore trasparenza

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Scandalo "Panama Papers". Dopo la bufera provocata dalle rivelazioni sui conti offshore le autorità panamensi corrono ai ripari e annunciano l’istituzione di una Commissione di esperti per esaminare le pratiche attuali e proporre misure per rafforzare la trasparenza. Intanto lo scandalo continua a fare vittime: dopo le dimissioni del premier islandese, arrivano quelle del presidente della Hypo Vorarlberg una delle 20 banche austriache coinvolte e fioccano smentite e passi indietro da molti dei diretti interessati. Ma quali sono i margini d'azione internazionale per garantire una maggiore trasparenza e quindi ridurre l'evasione fiscale? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Eugenio Della Valle, docente di Diritto tributario a la Sapienza di Roma: 

R. – Molto semplicemente adottando misure “pattizie”, ossia stipulando con i Paesi coinvolti di volta in volta e che oggi sono considerati dei paradisi fiscali, trattati-convenzioni, attraverso cui le informazioni e i dati di carattere fiscale vengano trasmessi dai Paesi interessati, anche automaticamente, ai Paesi di residenza dei contribuenti.

D. – Il presidente Usa, Barack Obama, ha detto nei giorni scorsi che l’evasione è un fenomeno globale e deve essere quindi affrontato in maniera globale, con stesse regole. È possibile parlare di standard da questo punto di vista, nonostante i diversi interessi?

R. – Standard ne esistono e da tempo, ma questi Stati devono essere costretti, con la politica, a scendere a patti. È una questione – ripeto – politica, non giuridica; perché a livello normativo non è difficile ideare un trattato che consenta lo scambio di informazioni: ne esistono già. Bisogna costringere però il paradiso fiscale a stipularlo. Detto in maniera molto semplice, i Paesi che hanno a che fare con i paradisi fiscali potrebbero dotarsi di norme che rendano molto difficile fare attività commerciale con i paradisi fiscali, e quindi li isolino economicamente.

D. – A livello europeo, a che punto siamo per quanto riguarda le norme per ridurre lo spazio per l’evasione? Ci sono già norme globali, ma si guarda anche ad una riforma: in che cosa consisterà?

R. – I Paesi europei sono già dotati di norme interne, ma si lavora anche ad un’armonizzazione delle diverse legislazioni dei singoli Paesi membri, che va in questa direzione. Ad esempio, poche settimane fa era uscita una proposta di direttiva - “Anti - Beps”, che serve a far sì che i singoli Paesi europei si dotino di leggi più forti, in particolare, in questo caso, contro l’elusione e l’evasione fiscale internazionale di multinazionali, di soggetti per cui è molto facile spostare reddito da un Paese all’altro. Quindi – ripeto – l’Europa è già dotata di una buona strumentazione giuridica antielusiva e antievasiva, ma questa verrà rafforzata proprio per effetto del pacchetto di misure, tra le quali la proposta di direttiva “Anti – Beps”.

D. – Lei che idea si è fatto? È possibile che tutto questo sia, come dice Soros, un complotto di matrice statunitense?

R. – Qui entriamo nel campo delle mere ipotesi. Che ci siano in tutte le parti del mondo persone che spostano i propri beni in paradisi fiscali, ciò è assolutamente noto, nonostante i diversi provvedimenti di condono che abbiamo avuto qui in Italia. Cambiano i luoghi, ma il vizio rimane sempre lo stesso.

D. – E come dice il presidente Obama, il problema è che in parte tutto questo è legale?

R. – È legale, nel senso che io sono libero di spostarmi dove voglio nel mondo, e i miei asset – i miei beni – li posso portare dove voglio. Nessuno vieta al cittadino italiano di non risiedere più in Italia. Allora la questione è che se una persona vive in Italia, deve pagare le tasse qua, anche se ha portato i beni fuori. Se si sposta all’estero, deve veramente essere andato a vivere all’estero, perché se formalmente è andato a vivere fuori, ma in realtà seguita a vivere in Italia, le imposte deve seguitare a pagarle qui.

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Primarie Usa: dopo voto in Wisconsin, corsa aperta tra Repubblicani

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Si riaccendono le primarie per la candidatura alla presidenza americana con il voto in Wisconsin, di martedì scorso, che ha visto la vittoria di Bernie Sanders in campo democratico e Ted Cruz in quello repubblicano. Nonostante le recenti sconfitte, Donald Trump e Hillary Clinton restano saldamente in testa per numero di delegati e nei sondaggi sulle prossime sfide elettorali. Tuttavia la partita per le nomination non è ancora chiusa. Marco Guerra ne ha parlato con Alia Nardini, docente di Relazioni internazionali alla Spring Hill di Bologna: 

R. – Questa mattina, molte fonti - dai social media alla stampa – titolavano: “La corsa si è finalmente riaperta”. In realtà i sondaggi avevano predetto il risultato del Wisconsin, sia con la vittoria di Ted Cruz che con quella di Bernie Sanders: per cui, avevamo buone ragioni per predire questo risultato nei termini in cui si è manifestato. Quindi, un inciampo e per di più un inciampo anticipabile e anticipato.

D. – Quindi Cruz è stato rilanciato veramente? Ha qualche chance di tenere testa a Trump?

R. – In realtà sì, perché Cruz ha accumulato 36 delegati con il voto del Wisconsin rispetto ai 6 vinti da Trump: quindi a livello di delegati questi numeri del Wisconsin aiutano Cruz a rimanere competitivo. Il conteggio aggregato vede Trump, sempre al comando, con 743 delegati; Cruz lo segue con 517: sono più di 200 delegati di differenza, ma sicuramente è un margine che se Trump avesse vinto in Wisconsin si sarebbe allargato. Quindi Cruz sta rimanendo competitivo e tamponando i danni - nell’ottica del Partito Repubblicano – che la candidatura di Trump sta portando.

D. – Quindi c’è una strategia di contenimento di Trump da parte del Partito Repubblicano?

R. – Assolutamente! Ed è una strategia che si sviluppa su più fronti. C’è un fronte cattolico-religioso, che sta evidenziando - ricordiamoci l’azione di Ethics and Public Policy Center, guidato da George Weigel - e sta ricordando all’elettorato statunitense che Trump non incarna quelli che sono o dovrebbero essere i veri valori dei repubblicani. C’è poi una parte, che è quella dei neo-conservatori, che aveva sostenuto George W. Bush, che ricorda all’elettorato – sempre repubblicano – come Trump, a loro parare, sia incapace di gestire la politica estera: quindi è una critica, invece, che guarda al ruolo dell’America nel mondo. C’è poi una critica primariamente economica che, appunto, contesta le idee economiche di Trump. Quindi, è una strategia che il Partito Repubblicano sta portando avanti su più piani e gli elettori sembrano rispondere: chiaro, poi dopo c’è una parte dell’elettorato che invece non gradisce questa ingerenza del partito e prediligerebbe uno svolgersi più autonomo delle primarie repubblicane.

D. – Quindi cosa dobbiamo prevedere negli Stati in cui si deve ancora votare?

R – Lo scenario, nell’immediato, vede tre appuntamenti importanti. Il primo è quello del 19 aprile, dello Stato di New York, in cui ci sono 95 delegati in palio. Poi abbiamo il voto del 26 aprile: importante perché ci sarà una pluralità di Stati che votano: dal Connecticut a Delaware, alla Pennsylvania, al Maryland, a Rhode Island. E, infine, il premio – chiamiamolo così – più ambito del 7 giugno, in cui votano la California, il Montana, il New Jersey, il New Messico, il North Dakota e il South Dakota: un appuntamento per i Repubblicani che in gergo si chiama “winner take call”: quindi colui che si piazza primo, prende tutti i delegati in palio. I delegati della California sono 172: quindi ci sono le possibilità che Trump si assicuri la nomination repubblicana, raggiungendo la soglia dei 1237 delegati, numeri che non permetterebbero al partito di contestare la sua candidatura in una "brokered convention".

D. – Per concludere: sul fronte democratico, cosa bisogna segnalare e cosa significa la vittoria di Sanders in Winsconsin?

R. – Sul fronte democratico, c’è stata questa vittoria – anche qui prevista dai sondaggi – di Sanders su Hillary Clinton. Lo scenario, tuttavia, nel Partito Democratico non cambia radicalmente. Un dato importante è sicuramente che Hillary Clinton non è mai scesa sotto il 40 per cento delle preferenze. La strada di Hillary Clinton sicuramente non è conclusa e ci sono degli intoppi: la campagna della Clinton sta descrivendo, appunto, Sanders come un intoppo, chiedendo al senatore del Vermont di ritirarsi; mentre invece in molti - soprattutto i giovani e l’elettorato bianco - preme perché continui la sua gara nella speranza di vincere. Sanders si dichiara ancora molto possibilista riguardo alle sue possibilità di ottenere la nomination.

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Lago Ciad. Medici Senza Frontiere: quasi 3 milioni di sfollati

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Quasi tre milioni di persone in fuga dalla guerra e dalla povertà si sono rifugiate nel bacino del lago Ciad nel centro dell’Africa. Un milione circa arriva dalla Nigeria in fuga dalle violenze perpetrate dal gruppo terroristico Boko Haram. Daniele Gargagliano ha parlato della grave situazione in Ciad con Federica Alberti, che opera sul posto come capo della missione umanitaria di Medici Senza Frontiere: 

R. – La situazione umanitaria è complessa e il contesto è molto volatile e questo perché da circa un anno, anche più di un anno, ci sono diversi rifugiati che lasciano il lago e si spostano verso la terra ferma per ragioni anzitutto di sicurezza, ma anche su richiesta del governo che in quelle terre compie operazioni militari. I problemi che noi incontriamo sono relativi alla salute e all’accesso all’acqua; ma anche relativi alla salute primaria, perché queste sono persone che, a volte, hanno subito delle violenze e Msf fornisce loro un supporto di assistenza psicologica ma anche vaccinazioni…

D. – Perché quasi tre milioni di persone cercano rifugio nel bacino del Ciad?

R. – Anzitutto bisogna dire che il bacino del Lago Ciad comprende diversi Paesi: quindi non comprende solo il Ciad, ma anche il Niger e la Nigeria. Molto spesso queste persone lasciano le loro terre per ragioni di sicurezza e soprattutto nel caso del Ciad è il governo a chiedere a queste popolazioni di lasciare le loro terre per poter compiere operazioni militari contro Boko Haram.

D. – La violenza del terrorismo e della guerra ha aggravato una situazione di miseria già preesistente per le popolazioni?

R. – Il Lago Ciad è una zona in cui c’erano già delle problematiche preesistenti, come appunto l’accesso all’acqua e alla sanità. Effettivamente la situazione era precaria già prima che questo fenomeno si sviluppasse.

D. – Quali sono le cause principali di questo grande esodo?

R. – Problemi di sicurezza e attacchi kamikaze che vengono compiuti contro queste popolazioni da parte di Boko Haram. E’ chiaro che le popolazioni, non sentendosi in sicurezza, sono costrette a lasciare le loro terre, lasciando soprattutto la zona del lago e dirigersi verso la terraferma.

D. – Quali iniziative, voi di Medici senza Frontiere, avete messo in campo per gestire l’emergenza umanitaria?

R. – Abbiamo messo in campo le cliniche mobili, attraverso le quali viene fornito un servizio sanitario di base e vengono forniti, in casi specifici, anche dei kit che si chiamano No Food Items, che sono composti da prodotti safe-care: quindi del sapone, delle corde, delle cose non commestibili. Cerchiamo di fare anche delle distribuzioni di trattamenti per l’acqua, proprio perché l’accesso alle risorse è veramente un grosso problema. Diamo poi un servizio sanitario di base e quando necessario forniamo anche dei beni di prima necessità. Nel febbraio sono state fatte circa 7 mila consultazioni mediche nei nostri centri. Il nostro obiettivo è quello di portare soccorso a queste persone che hanno bisogno di una assistenza dal punto di vista psicologico, ma anche riguardo ai bisogni primari e quindi la necessità di un luogo dove poter stare; di avere del legno per costruire delle case anche se semplici e fatte solo di terra e legno; ma anche la necessità dei beni di primi necessità. Questo è il nostro obiettivo, l’obiettivo di Msf.

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Sanzioni alla Corea del Nord anche dalla Cina, alleato storico

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La Cina ha imposto restrizioni alle importazioni di carbone dalla Corea del Nord e alle vendite di carburante per aerei, in linea con le sanzioni Onu dopo i test missilistici e nucleari da parte di Pyongyang.  Dopo anni di progressivo allontanamento di Pechino, alleato storico, sembra proprio la prima presa di posizione dura a livello ufficiale. Fausta Speranza ne ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento: 

R. – Questa è sicuramente una posizione diversa e più ufficiale delle altre anche perché l’atteggiamento del governo nord coreano, negli ultimi tempi, è diventato particolarmente aspro, particolarmente duro, con promesse di utilizzo di nuove armi che sicuramente preoccupano estremamente il governo di Pechino, e non soltanto chi è sotto la possibile minaccia della Corea del Nord, quindi il Giappone o la Corea del Sud. Ci sono state delle fughe di notizie su nuove armi, oltre a queste manifestazioni  spettacolari del leader nord coreano, che promette l’utilizzo di nuove armi nucleari miniaturizzate. Tutto questo sicuramente preoccupa il governo di Pechino, non solo a livello locale, ma internazionale, e lo ha portato ad intervenire direttamente.

D. – Si parla di carbone e di carburanti, ma quali sono i terreni di scambio tra Pechino e Pyongyang?

R. – Di preciso non lo sappiamo, perché naturalmente nel momento in cui si parla di sanzioni su generi alimentari, su carbone e così via, di sicuro c’è qualcos’altro. Ora, devo essere sincero e dire che la Cina dovrebbe comunque fare un piccolo esame di coscienza, perché se il governo nord coreano è arrivato a questo punto è anche perché negli anni passati c’è stata la condiscendenza di Pechino. E, in questo momento, Pechino è preoccupata, perché oltre a queste forniture legali - è comprensibile - probabilmente Pechino negli anni ha passato anche qualcos’altro.

D. – Legalizzato il “divorzio” – diciamo così - a questo punto quali possibili cambiamenti negli scenari ci possiamo immaginare?

R. – Ma, intanto, è di poche ore l’annuncio del Ministro della Difesa sud coreano secondo cui la Corea del Nord ha la possibilità di utilizzare un sistema missilistico multiplo con una gittata di 125 miglia. Soltanto per dare un’indicazione sul terreno, tra la zona smilitarizzata e la zona della grande Seoul - e intendo sia la città che i suoi dintorni, dove ci sono 26 milioni di persone - ci sono soltanto 35 miglia. Quindi se è vera questa notizia di questo sistema missilistico multiplo, buona parte della Corea del Sud sarebbe sotto minaccia. Questo, con gli annunci fatti negli ultimi tempi, costringe Pechino ad intervenire, costringe a costruire un nuovo rapporto e, possibilmente o probabilmente, attraverso canali riservati, attivi da anni, a minacciare la Corea del Nord per portarla a “miti consigli”.

D. – Ci dobbiamo aspettare, dunque, un maggiore sostanziale isolamento della Corea del Nord?

R. – Sicuramente sì, perché se l’alleato storico ha appena fatto non uno, ma anche due passi indietro mi sembra,  a questo punto la Corea del Nord deve fare i suoi calcoli. Certo, potrebbe essere una variabile impazzita, ma certamente deve fare dei conti estremamente razionali: se conviene andare avanti su questa linea.

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Francia: approvata legge che sanziona clienti prostitute

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La Francia ha varato la legge sulla prostituzione stabilendo che il cliente di una prostituta compie un'illegalità: "l’acquisto" di un atto sessuale verrà dunque sanzionato con multe dai 1.500 ai 3.500 euro per i recidivi. Dall’altro lato, non sarà più possibile accusare di adescamento chi si prostituisce. Maria Laura Serpico ha chiesto a Giovanni Paolo Ramonda, presdiente dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, se la sanzione economica è l’arma migliore per combattere questa tipologia di crimini: 

R. – La Francia si sta adeguando al cosiddetto “modello nordico”, a cui tra l’altro, come Comunità Giovanni XXIII, già quando era presenta don Oreste Benzi, ci ispiravamo: era stato adottato dalla Svezia e aveva portato molti frutti e una drastica riduzione di questa forma di schiavitù. Perché? Perché bisogna agire sulla domanda: le donne, nella stragrande maggioranza, sono schiave e schiavizzate, ancora nella forma attuale; vengono praticamente catturate minorenni; molte di loro sono incinte... E’ una vera forma di schiavitù! La Francia si sta, dunque, adeguando a questo: hanno capito che le donne sono schiave e quindi c’è una responsabilità che non può essere riconosciuta di fatto, mentre c’è una grave responsabilità dei clienti.

D. - La sanzione economica è l’arma migliore per combattere questa tipologia di crimini?

R. – La forma migliore è sempre quella educativa, è sempre quella che lavora sulle coscienze. La sanzione economica può essere un deterrente; un altro deterrente può essere quello che il cliente sa che vengono divulgati i suoi dati. E’ ovvio che la forma prima dovrebbe essere sempre quella educativa. Ma mentre noi attendiamo che l’educazione faccia il suo corso - e noi, come Associazione Papa Giovanni, lavoriamo anche sui clienti, nell’ascolto, nella formazione - sono fondamentali delle normative che mettano dei vincoli e quindi anche delle forme di punibilità del cliente. E’ ovvio che la persona, se lo avesse percepito personalmente e individualmente sarebbe stato meglio: ma mentre aspettiamo questo – perché altre persone non muoiano – anche la legge, la normativa che ti pone vincoli e freni è utile.

D. – Secondo la legge francese, 4.8 milioni di Euro saranno destinati ogni anno a percorsi di uscita dalla prostituzione. E in Italia?

R. – Anche in Italia ci sono programmi molto importanti. E’ prevista dalla legislazione italiana la possibilità che la donna – se denuncia – possa fare un percorso di "messa alla prova" e un programma di protezione se necessario, con il percorso per avere i documenti, per un avviamento al lavoro, alla formazione, alla studio della lingua o ad un eventuale ricongiungimento familiare. E’ ovvio che destinare anche dei fondi per questo è importante. Dopo, lo Stato dovrà vigilare che siano utilizzati per percorsi reali e che la controparte sociale – comuni, associazioni che rendono possibile questo – sia composta da persone competenti che lavorino già sul campo e che abbiano già dimostrato una piena collaborazione con le istituzioni, anche per debellare questo fenomeno.

D. – Sempre in Francia saranno concessi permessi di soggiorno speciali per le vittime di prostituzione di origine straniera. Cosa denota il dato secondo il quale l’80 per cento delle donne che si prostituiscono in Francia sono di origine straniera?

R. – La prostituzione, quella di massa, "utilizza" questo mercato che è in mano alle lobby dei trafficanti, alle lobby che reclutano generalmente queste donne in Paesi poveri, in famiglie povere, promettendo loro un lavoro e mettendole poi sulla strada. Quindi vanno a pescare anche in un background di retroterra di povertà estrema: promettono miraggi, promettono sogni a queste ragazzine e alle loro famiglie, che vengono poi tremendamente delusi dalla realtà che incontro.

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Bufera sulla Rai per intervista a figlio Riina. Fnsi: scelta scellerata

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Bufera in Italia sulla Tv pubblica, dopo l’intervista - trasmessa ieri sera su Rai Uno nel programma “Porta a Porta”, condotto dal giornalista Bruno Vespa - al detenuto per reati di mafia, in libertà vigilata, Salvo Riina, figlio del più noto criminale, capo di Cosa nostra, Totò, condannato a svariati ergastoli. A lui Salvo ha dedicato il libro “Toto Riina, mio padre, era il mio eroe”. Le polemiche accese sulla stampa e le tante voci contrarie non hanno impedito ai vertici della Rai di sospendere la messa in onda dell’intervista preregistrata. “Una scelta scellerata”, ha commentato la Federazione nazionale della Stampa italiana. Roberta Gisotti ha intervistato il presidente Giuseppe Giulietti: 

R. - Noi non abbiamo chiesto, ovviamente, di non mandare in onda, di censurare o di cancellare… Ma non si vede la necessità di questa intervista. Qui non siamo in presenza di un scoop, di un’intervista riservata ad un capo mafia che svela chissà quali retroscena, ma di un detenuto in libertà vigilata e di un libro che è stato pubblicato e che si può comprare; non c’è nessun retroscena. Si inserisce in una campagna per la riabilitazione di alcuni vecchi capi mafia e l’abrogazione dell’art. 416 bis del Codice penale. A questo punto viene presentata come un’esclusiva. Non si capisce il senso. Posso dire che trovo ancora più grave che questa sera si faccia una puntata con la cosiddetta “antimafia”.  Ma che significa? La par condicio tra il punto di vista della mafia e dell’antimafia? Mi pare pericoloso che si possa instillare questo sospetto e la vastità delle reazioni, anche istituzionali, fa capire che non si tratta di una presa di posizione della Federazione nazionale della stampa, ma di un ‘nervo scoperto’ che è stato toccato e che ha offeso milioni di italiani.

D. - Forse per questo i vertici della Rai sono stati convocati oggi dalla Commissione antimafia, mentre la Vigilanza ascolterà a breve il direttore di rete, Andrea Fabiani. E, si prevede un atto di indirizzo sugli ospiti. Ma può servire ricorrere a manuali di altri tempi piuttosto che ricordare la deontologia dei giornalisti e la missione della Rai?

R. - La penso assolutamente come lei. Non credo molto ai Codici, non credo alla via disciplinare al giornalismo. Certe cose non vanno fatte perché non rientrano nello statuto del servizio pubblico e non dovrebbero rientrare nemmeno nella deontologia. Non servono Codici. Se dovesse essere assunto un provvedimento disciplinare anche contro Vespa, personalmente io non sarei favorevole perché il problema non è cosa si espelle. La domanda che si dovrebbe porre è questa: a cosa è servita questa puntata? Che cosa ha aggiunto, e soprattutto: come mai non si aprono mai queste piazze mediatiche per esempio, ai tanti cronisti minacciati, ai tanti sacerdoti in lotta contro le mafie e le camorre? Come mai costoro hanno meno spazio di alcuni di questi protagonisti e dei volti peggiori della cronaca nera italiana? Questa è la grande questione! Non tanto chi cacciare, ma quante voci dovrebbero essere aggiunte, quale sostegno dare alle vittime della mafia e della camorra in questo Paese. Anche il Papa ha parlato di questi temi, ha scomunicato i mafiosi in un modo durissimo. Insomma, stiamo parlando di una questione delicatissima in questo Paese, altro che fare o non fare un’intervista. Tra l’altro molto più dura di noi questa mattina è stata la presidente della Rai Monica Maggioni su L’Avvenire. Mi attendo che sia il Consiglio di amministrazione della Rai a riunirsi e a discutere, non la politica ad assumere provvedimenti nei confronti di questo o quel giornalista.

D. - Questo caso può servire a sensibilizzare sulla reale missione di una Tv di Stato?

R. - Me lo auguro, perché questo dibattito per ora è totalmente assente. Si dibatte sempre su chi prenderà il potere, sul ruolo dell’amministratore delegato, sul controllo da parte dei governi. Si discute solo del controllo ed è stata abrogata la discussione sul futuro e la missione del servizio pubblico perché una parte, anche della politica e non solo, ritiene che vada eliminato il concetto di servizio pubblico e tutto vada privatizzato integralmente. Tra qualche settimana si aprirà la discussioni sul rinnovo della concessione alla Rai della convenzione che lega lo Stato alla Rai. Mi auguro che finalmente esistano movimenti e associazioni che dicano: “Non vogliamo sapere chi comanda ma che cosa deve fare il servizio pubblico”. Pongo una sola questione: deve illuminare di più o di meno le periferie del mondo? Deve spostare i riflettori verso i luoghi che non si vedono o continuare a celebrare le oligarchie qualunque esse siano? Questa è una grande questione. Noi sappiamo tutto dei minuti dei partiti in Tv, ma manca un osservatorio che rilevi quali sono i temi trattati oggi nella Tv pubblica e quali soggetti sociali, nel mondo, in Europa, in Italia hanno accesso alla comunicazione pubblica. Mi piacerebbe una grande iniziativa comune su questi temi, per spostare i riflettori verso quello che non si vede.

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Nella Chiesa e nel mondo



Nagorno-Karabakh: visita di solidarietà di Karekin II e Aram I

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Il Catholicos di tutti gli Armeni, Karekin II, e il Catholicos della Grande Casa di Cilicia, Aram I, visiteranno insieme nei prossimi giorni il Nagorno-Karabakh, la regione a maggioranza armena annessa da Stalin all'Azerbaigian, dove negli ultimi giorni è riesploso violentemente il conflitto tra azeri e armeni. Lo riferisce un comunicato ufficiale del Catholicosato della Grande Casa di Cilicia, ripreso dall'agenzia Fides, in cui viene specificato che i due Capi della Chiesa apostolica armena realizzeranno la loro visita “per portare il proprio sostegno alle forze armate armene e alla popolazione dell'Artsakh (nome armeno con cui si indica la stessa regione, ndr)”.

Il cessate il fuoco del 1993 violato da attacchi e scaramucce di confine
La questione delle tensioni etnico-politiche intorno al Nagorno-Karabakh è riesplosa al momento della dissoluzione dell'Unione Sovietica. In quella regione a maggioranza armena, nel settembre 1991 il soviet locale, utilizzando la legislazione sovietica dell'epoca, aveva dichiarato la nascita della nuova Repubblica, dopo che l'Azerbaigian aveva deciso di fuoriuscire dall'Urss. Seguirono un referendum e le elezioni, ma nel gennaio dell'anno seguente la reazione militare azera accese il conflitto che provocò 30mila morti e si concluse con un accordo di cessate il fuoco nel 1993, da allora continuamente violato da attacchi e scaramucce di confine.

Gli ultimi scontri hanno causato 75 morti
Gli scontri degli ultimi giorni tra le forze azere e quelle delle autorità separatiste armene sono i più gravi accaduti dalla metà degli anni Novanta, e hanno prodotto almeno 75 morti, con vittime anche civili, fino ad una tregua firmata martedì 5 aprile. Al riaccendersi delle tensioni non è estraneo lo scontro geo-politico che oppone Russia e Turchia (sostenitrice dell'Azerbaigian) negli scenari mediorientali.

La solidarietà con il Nagorno-Karabakh di Karekin II e Aram I
​Nei giorni scorsi, il Catholicos Karekin ha condannato “le operazioni aggressive e premeditate dell’Azerbaigian, lungo le frontiere del Nagorno-Karabakh nei confronti anche delle zone abitate da civili e da popolazioni pacifiche”, che “minano la stabilità della regione e annullano gli sforzi per comporre la diatriba della lotta”. Il 6 aprile anche il Catholicos Aram I ha espresso la sua solidarietà al popolo dell'Artsakh in una conversazione telefonica con Bako Sahkyan, Presidente della Repubblica del Nagorno Karabakh, Stato “de facto” non riconosciuto da alcun membro dell'Onu. (G.V.)

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Ucraina. Mons. Shevchuk: appello alla conversione dai mali sociali

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Una corruzione diffusa ad ogni livello; un sistema giudiziario ingiusto; la disonestà sul posto lavoro; l’alcolismo e la tossicodipendenza; l’immoralità sessuale; gli aborti; lo sfruttamento predatorio della natura: sono queste e tante altre le malattie sociali da cui dovrebbe purificarsi l’Ucraina per ottenere il dono del perdono misericordioso di Dio. E’ quanto afferma Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, in un messaggio per il Giubileo della misericordia. Al cuore del documento l’invito alla conversione dai mali che minano la vitalità del Paese e causano danni irreparabili alle sue attuali e future generazioni.

Convertirsi implica una radicale rinuncia al peccato
La chiamata al pentimento, sottolinea l’arcivescovo maggiore di Kiev, “riguarda non solo ogni cristiano, ma qualsiasi persona” e “non è meno importante per le comunità e intere nazioni” come l’Ucraina che “ha bisogno di una purificazione e conversione collettiva a Dio”.  Ma convertirsi implica una radicale rinuncia al peccato nelle sue varie forme e il sincero desiderio di riparare al male che si è fatto. In questo senso - afferma mons. Shevchuk – la società ucraina e i suoi rappresentanti politici sono chiamati a diversi compiti, tra i quali: “la protezione della vita dal concepimento alla morte naturale; il rispetto del matrimonio quale unione indissolubile tra un uomo e una donna; la protezione e promozione dei valori della famiglia;  il rispetto della dignità di ogni persona; la creazione di un sistema giudiziario giusto; la promozione della spiritualità e della cultura del popolo ucraino; la cura del Creato”.

L’Ucraina resti fedele ai valori del Vangelo
Secondo l’arcivescovo maggiore di Kiev, il popolo ucraino risponderà alla sua vocazione e missione nella costruzione della casa comune europea, non cercando di compiacere i potenti del mondo, ma scegliendo di ispirarsi alla Parola di Dio.   Posizioni e iniziative contrarie alla legge naturale e al Vangelo, ammonisce,  “non possono essere chiamate ‘valori’, ma sono ideologie che porteranno alla mortificazione dei diritti umani e a una nuova schiavitù”.  “Il Signore – conclude quindi il messaggio - non risparmierà la Sua misericordia a noi e all’intero Continente europeo se rinunceremo veramente agli  abomini e ai crimini e adegueremo la nostra vita familiare e sociale alla Sua legge e  volontà”.  (A cura di Lisa Zengarini)

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Sudafrica: Consiglio delle Chiese chiede dimissioni presidente Zuma

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“In qualsiasi altro Paese, il Capo dello Stato avrebbe dato le dimissioni”: così, in una nota, il Consiglio sudafricano della Chiese (Sacc) commenta la sentenza con cui, nei giorni scorsi, la Corte Costituzionale nazionale ha riconosciuto che il Presidente sudafricano Jacob Zuma ha violato la Costituzione, impiegando fondi pubblici per ristrutturare la sua residenza privata di Nkandla.

Fondi pubblici usati a scopo privato
La vicenda riguarda le spese sostenute ufficialmente per rafforzare le misure di sicurezza della villa di campagna del Capo di Stato, ma in realtà è emerso che denaro pubblico è stato utilizzato per costruire, all’interno del complesso residenziale, nuove strutture come una piscina e un anfiteatro. In un intervento televisivo, Zuma ha respinto la richiesta di dimissioni avanzata dall’opposizione ed ha negato di aver “agito in modo disonesto”, affermando di non essere stato al corrente di irregolarità. Ha però ammesso che “avrebbe potuto gestire molte cose in modo diverso” ed ha promesso che rimborserà parzialmente lo Stato delle spese sostenute, pari a 15 milioni di dollari.

Ripristinare fiducia nell’integrità costituzionale
Le mancate dimissioni del Presidente – scrive la Sacc – dimostrano che il Sudafrica “non è una democrazia normale”. Soddisfazione, quindi, viene espressa per la sentenza della Corte, che “è servita per ripristinare, nel popolo, la fiducia nell’integrità costituzionale della nazione” e per progredire nell’innalzamento del “livello di responsabilità come nazione”. Ribadendo la necessità che i fondi sottratti “siano restituiti rapidamente”, il Consiglio delle Chiese auspica che il Presidente riconosca “il disastro che ha provocato” e che il Parlamento “adotti con urgenza adeguate misure correttive per ripristinare la fiducia della popolazione nel ruolo di supervisione proprio dell’esecutivo”.

Il Presidente Zuma ammetta le sue colpe
​“Ci aspettiamo – sottolinea la Sacc – che il Presidente Zuma ammetta le sue colpe, si scusi con i cittadini contribuenti e scelga le opzioni politiche migliori per ripristinare la fiducia nell’Ufficio di presidenza che egli occupa”. “Non crediamo di chiedere troppo, date le circostanze”, conclude la nota. (I.P.)

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Gmg di Cracovia: 700 giovani da Israele, Palestina, Giordania, Cipro e Gaza

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Saranno 700 i giovani della diocesi di Terra Santa che parteciperanno alla Gmg di Cracovia a fine luglio. Un numero di gran lunga superiore ai 30 che si recarono a Rio de Janeiro nel 2013. Il gruppo dei giovani dalla Terra Santa, secondo quanto riferito del Patriarcato Latino di Gerusalemme, è composto da un centinaio di giordani, 200 palestinesi e poi da gruppi di greco-cattolici, di maroniti, di cattolici di espressione ebraica e come anticipato dal Sir, anche da 5 giovani dalla Striscia di Gaza. A tutti questi vanno aggiunti giovani del Cammino neocatecumenale provenienti da Israele, Palestina, Giordania e Cipro. 

In Polonia i giovani faranno una settimana di missione vicino Varsavia
​Il gruppo al completo - riferisce l'agenzia Sir - partirà, grazie a dei permessi speciali accordati da Israele, direttamente dall’aeroporto “Ben Gurion” di Tel Aviv. In queste settimane fervono i preparativi, non solo logistici ma anche spirituali, che vedono i partecipanti impegnati a redigere, tra le varie cose, sussidi di preparazione e i libri dei canti che accompagneranno il loro soggiorno in Polonia. Nel programma è prevista anche una settimana di missione nei pressi di Varsavia, nell’ambito dei gemellaggi tra le diocesi. (R.P.)

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Sud Corea: il 17 aprile quinta Giornata della Gioventù cattolica

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“Venite e vedrete”. Il passo del Vangelo di Giovanni é stato scelto quest’anno dall’arcidiocesi di Seul per la quinta Giornata della Gioventù cattolica che si svolgerà il prossimo 17 aprile presso il Seminario teologico della capitale. Promosso dal dipartimento Vocazioni e dalla Pastorale giovanile dell'arcidiocesi, l'evento ha come obiettivo quello di coinvolgere i ragazzi delle scuole medie in una riflessione più ampia sul loro futuro e sulla loro vocazione.

Un’iniziativa nata nel 2009 con un’adesione sempre più ampia
“Un aiuto concreto a riconoscere la chiamata di Dio” fanno sapere i promotori. L’iniziativa é nata nel 2009 e, negli anni, ha fatto registrare un numero di adesioni sempre più alto. Per la prossima edizione sono attesi 5.000 ragazzi, tutti provenienti dalle parrocchie di Seul e delle aree periferiche. Appuntamento alle 9.30 per scegliere tra le varie iniziative inserite nel ricco calendario: si va dalle attività ludiche a quelle di partecipazione diretta, fino alla conoscenza diretta dei diversi ordini religiosi.

Messa conclusiva presieduta dal card. Andrew Yeom Soo-jung
​L’area che ospiterà i giovani sarà suddivisa in tre sezioni, passato, presente e futuro, all'interno delle quali si avrà l'opportunità di costruire il proprio percorso vocazionale ed individuare le aspirazioni ed aspettative future coerentemente con il proprio cammino di fede. La Giornata si concluderà alle 15.30 con la Messa presieduta dall’arcivescovo di Seul, card. Andrew Yeom Soo-jung. (A cura di Davide Dionisi)

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A Seoul, Porta Santa su un autobus per i senzatetto

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È una Porta Santa davvero speciale quella che i giovani di Seoul, in Corea del Sud, sono invitati a varcare in questo Giubileo straordinario della misericordia. Si tratta, infatti, della Porta Santa allestita su un autobus. L’iniziativa – riferisce l’agenzia Eglise d’Asie – è stata lanciata da padre Vincenzo Bordo, missionario nel Paese da 26 anni e che nella città coreana gestisce “La casa di Anna”. Si tratta di un Centro di assistenza per i senzatetto, ai quali vengono offerti cibo (con una media di 550 pasti al giorno), cure mediche e sostegno psichiatrico, ma anche di un Centro di accoglienza per i giovani che vi possono ricevere un’istruzione ed un accompagnamento personale e spirituale.

Portare la misericordia ai nuovi orizzonti
“Il Papa – spiega padre Bordo - ha permesso l’apertura di Porte Sante in tutte le diocesi del mondo, affinché tutti i fedeli le potessero attraversare e ricevere la grazia del perdono e la speranza di una vita migliore. Guidati da queste parole, anche noi siamo usciti dal nostro Centro per vedere se c’erano altri confini da esplorare e altri orizzonti da raggiungere”.

Aiutare i minori nelle periferie di Seoul
Per questo, continua il sacerdote, “abbiamo comprato un autobus, lo abbiamo allestito e ci siamo immersi nelle periferie della città per andare incontro agli oltre 250mila minori che per violenza, sopraffazione, abuso lasciano le loro case e si arrangiano come possono nei sobborghi di Seoul”. Tre volte a settimana, dunque, dalle 19.00 alle 22.00, lo speciale bus “giubilare” si sposta per la città. E con l’autorizzazione del vescovo locale, la porta dell’automezzo è diventata la ‘Porta della Misericordia’ e chi la oltrepassa “è invitato a praticare le opere di misericordia nei confronti di coloro che incontra sulla strada”.

Seguire Gesù sulla via della misericordia
​"La nostra missione è sulle orme di Gesù, che ha osato lasciare le 99 pecore del gregge di ricongiungersi con la quella smarrita," dice il missionario italiano, che quindi conclude: “Il cristianesimo non è una serie di preghiere da recitare, bensì è una persona viva e presente tra noi: Gesù Cristo, qualcuno da amare e da seguire nel percorso di amore misericordioso”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 98

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.