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Sommario del 10/04/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco chiede rilascio p. Tom e tutti i rapiti in zone di guerra

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Appello del Papa stamane al Regina Caeli per il rilascio nello Yemen di padre Tom e di tutte le persone rapite in zone di guerra. Quindi l’invito, nella catechesi, rivolto ai cristiani perché facciano arrivare a tutti un raggio della Risurrezione del Signore. Nell’odierna Giornata dell’Università cattolica del Sacro Cuore, Francesco ha auspicato che questa sappia formare i giovani nel contesto attuale. Il servizio di Roberta Gisotti. 

L’accorato appello di Papa Francesco, subito dopo la preghiera mariana,

“nella speranza donataci da Cristo risorto, rinnovo il mio appello per la liberazione di tutte le persone sequestrate in zone di conflitto armato; in particolare desidero ricordare il sacerdote salesiano Tom Uzhunnalil, rapito ad Aden nello Yemen il 4 marzo scorso.”

Ispirato dal Vangelo domenicale - in cui si narra la terza apparizione di Gesù risorto sul lago di Galilea ai discepoli che stanchi e delusi per la mancata pesca notturna non lo riconoscono ma si fidano di lui e gettate nuovamente le reti fanno una miracolosa pesca abbondante - il Papa ha sottolineato:

“La presenza di Gesù risorto trasforma ogni cosa: il buio è vinto dalla luce, il lavoro inutile diventa nuovamente fruttuoso e promettente, il senso di stanchezza e di abbandono lascia il posto a un nuovo slancio e alla certezza che Lui è con noi”.

E, “se a uno sguardo superficiale - ha rimarcato Francesco - può sembrare a volte che le tenebre del male e la fatica del vivere quotidiano abbiano il sopravvento”:

“la Chiesa sa con certezza che su quanti seguono il Signore Gesù risplende ormai intramontabile la luce della Pasqua”.

Questo perché, ha spiegato il Papa, “il grande annuncio della Risurrezione infonde nei cuori dei credenti un’intima gioia e una speranza invincibile.”

“Cristo è veramente risorto! Anche oggi la Chiesa continua a far risuonare questo annuncio festoso: la gioia e la speranza continuano a scorrere nei cuori, nei volti, nei gesti, nelle parole”.

“Tutti noi cristiani siamo chiamati a comunicare questo messaggio di risurrezione a quanti incontriamo”:

“specialmente a chi soffre, a chi è solo, a chi si trova in condizioni precarie, agli ammalati, ai rifugiati, agli emarginati. A tutti facciamo arrivare un raggio della luce di Cristo risorto, un segno della sua misericordiosa potenza".

Prima dei saluti finali ai fedeli in Piazza San Pietro, e ai partecipanti oggi alla Maratona di Roma, il Papa ha ricordato l’odierna Giornata nazionale per l’Università cattolica del Sacro Cuore, sul tema “Nell’Italia di domani io ci sarò”.

“Auspico che questa grande Università, che continua a rendere un importante servizio alla gioventù italiana, possa proseguire con rinnovato impegno la sua missione formativa, aggiornandola sempre più alle esigenze odierne”.

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Cordoglio Papa per vittime incendio in India

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Papa Francesco "ha appreso con dolore la notizia del tragico incendio avvenuto nel tempio di Puttingal, a Paravoor, nello Stato indiano del Kerala". Così si legge in un messaggio di cordoglio a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in cui il Santo Padre invia "le proprie condoglianze alle famiglie delle vittime e delle persone ferite, pregando per tutti coloro che sono rimasti coinvolti in questa tragedia e per le operazioni di soccorso in atto". Infine il Pontefice invoca "sulla nazione la benedizione divina di forza e di pace".     

I dettagli della tragedia avvenuta ieri sera
È arrivato a 110 morti e circa 350 feriti – molti dei quali in condizioni critiche – il bilancio, ancora provvisorio, del terribile incendio divampato nel complesso di templi di Puttingal, nel villaggio costiero di Paravoor, nello Stato del Kerala, India meridionale. Nel tempio si stava festeggiando la dea Bhadrakali, come di consueto con uno spettacolo di fuochi d’artificio - che però quest’anno non era stato autorizzato dalle autorità del Kerala per motivi di sicurezza – quando alcune scintille hanno innescato altri fuochi pirotecnici stoccati nelle vicinanze in attesa di un’altra festività, il Capodanno indù, che ricorrerà giovedì prossimo.

Il Premier: assegni alle famiglie coinvolte nella tragedia
Al momento della tragedia, all’interno del tempio trasformatosi in una gabbia di fuoco, si calcola ci fossero circa tremila persone, alcune delle quali sono riuscite a fuggire. Al momento le fiamme sono state spente e sul luogo della tragedia sono all’opera le squadre di soccorso. Il Primo ministro indiano, Narenda Mori, che si sta recando sul posto, ha annunciato un assegno da 200 mila rupie alle famiglie che hanno avuto una vittima e di 50 mila a quelle che hanno avuto un ferito nell’incidente. (R.B.)

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Giornata università cattolica. Lettera Parolin a Istituto Toniolo

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Verità, bene, giustizia e pace: questi i valori in grado di contrastare il materialismo e il positivismo scientifico "che sembrano essere le coordinate dominanti su cui muovono la cultura e la società del nostro tempo”. Scrive così il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, nella Lettera inviata al presidente dell’Istituto di Studi Superiori Giuseppe Toniolo, cardinale Angelo Scola, in occasione della 92.ma Giornata dell’Università cattolica che ricorre oggi, domenica 10 aprile. “Il mondo si trova ad affrontare sfide sempre più grandi e impegnative che richiedono personalità mature e competenti in grado di spendersi con generosità nei nuovi scenari nazionali e internazionali”, esordisce il porporato nella missiva in cui, per indicare come affronatre questa importante missione, fa sue le parole pronunciate da Papa Francesco nel Congresso mondiale della Congregazione per l’educazione cattolica: “Preparare i cuori perché il Signore si manifesti, ma nella totalità; cioè nella totalità dell’umanità che ha anche questa dimensione di trascendenza”.

Le Università cattoliche luoghi di dialogo costruttivo tra fede e ragione
Per questo, ricorda il cardinale, le nuove generazioni  “che vivono oggi una stagione di precarietà e incertezza sia dal punto di vista sociale sia sotto il profilo religioso”, hanno bisogno di trovare persone, istituzioni e luoghi in cui poter realizzare una formazione integrale resa possibile dal dialogo aperto e costruttivo tra fede e ragione, tra i diversi ambiti del sapere e la teologia: “Fondamentale il contributo dell’Università cattolica del Sacro Cuore, che padre Agostino Gemelli, con i suoi collaboratori, ha voluto come riferimento solido e qualificato per la formazione delle nuove generazioni nei vari campi del sapere e nei diversi ambiti professionali”.

Compito della Chiesa educare alla solidarietà e al servizio degli ultimi
Essere testimoni di un nuovo umanesimo che prende le mosse dall’esempio di Gesù e affrontare i problemi del nostro tempo come sfide e non come ostacoli – come ha più volte ribadito il Santo Padre – fa parte di una prospettiva che gli educatori devono fare propria in un compito, come è quello dell’educazione, affascinante e insieme impegnativo che deve essere condiviso da tutta la comunità ecclesiale. “Segno distintivo dell’Ateneo cattolico – prosegue il cardinale Parolin – è quello di una spiccata educazione alla solidarietà e al servizio degli ultimi, attraverso tutte le dimensioni del sapere e del vivere umano. Un esempio è offerto dal Policlinico universitario Agostino Gemelli”. Il porporato conclude la Lettera rinnovando l’invito ad offrire ai giovani un valido sostegno per una formazione integrale e per le loro scelte di vita, aiutando soprattutto quelli meritevoli che hanno meno possibilità. Proprio con questa finalità il Papa invierà il consueto contributo economico all’Istituto di Studi Superiori Toniolo. (A cura di Roberta Barbi)

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Amoris Laetitia. Mons. Galantino: una Chiesa sempre più incarnata

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Molti i commenti che continuano ad arrivare in queste ore sull'Esortazione Apostolica "Amoris Laetitia" di Papa Francesco, frutto di due Sinodi sulla famiglia. Ma la Chiesa è chiamata a cambiare? Alessandro Guarasci lo ha chiesto al segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino

R. – Ma la Chiesa non è chiamata a cambiare ora. È lo stesso cambiamento che da tanto ci viene chiesto, già a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Ci viene chiesto di essere una Chiesa sempre più incarnata. Questo non significa essere una Chiesa che rinuncia ai riferimenti teologici, dottrinali, ai riferimenti ai principi, ma tenendo questi ultimi fermi, cerca anche di farli diventare vita di ogni giorno e di farli incontrare a persone concrete, con storie concrete che molto spesso hanno bisogno di tempo, di comprensione, di accoglienza e di accompagnamento per poterli recepire.

E, al microfono di Paolo Ondarza, ascoltiamo il commento di don Paolo Gentili,  direttore nazionale dell'Ufficio Cei per la pastorale della famiglia: 

R. – Ma, mi sembra che raccolga come una sinfonia le note differenti che si sono avvertite durante il Sinodo – il doppio Sinodo; per cui, un ascolto vero della comunità reale, delle persone anche a volte ai margini della Chiesa o addirittura non credenti. Noi abbiamo raccolto tantissimi questionari qui, in Italia, ed è stato affascinante vedere questa “Chiesa viva”. Il Papa credo che abbia raccolto questo sguardo, questa sinfonia e ci ha donato una via nuova da tracciare, una Chiesa “formato famiglia”.

D. – “Discernimento”, una parola importante …

R. – Credo che ogni genitore sia chiamato al discernimento: un papà, una mamma di famiglia, come anche un pastore, un sacerdote, un vescovo ogni giorno sono chiamati a un discernimento, e soprattutto ad accompagnare gli altri nel discernere. C’è un aspetto che si accomuna al discernimento che era stato accennato nella “Familiaris Consortio” da San Giovanni Paolo II, ed è la legge della gradualità che è molto differente dalla “gradualità della legge”, e cioè il Vangelo resta Vangelo e chiede radicalità. Però, a volte, i tempi per attuarla – questa radicalità – si distanziano; i processi sono da favorire, da suscitare e in famiglia questo avviene: a volte le cose si capiscono soltanto due anni dopo … A volte ho visto davanti ai miei occhi una persona, magari anche cinquantenne, che davanti al papà morenti ha compreso quello che gli aveva detto quando era bambino: ecco, allora si tratta proprio di riscoprire che il senso vero delle cose è il Vangelo. Questo Papa ci sta chiedendo la luce del Vangelo che accompagna in ogni momento. Ci vorrà molto tempo per capire come vivere la “legge delle gradualità” alla luce del Vangelo.

D. – Dottrina e pastorale, di cui tanto si è discusso, non sono in contrasto?

R. – Certamente no; ma tra l’altro, la chiusura del Sinodo 2015 fatta da Papa Francesco, ci ricorda che i veri difensori della Dottrina non sono quelli che difendono la lettera, ma coloro che ascoltano lo Spirito: non le idee, ma l’uomo; soprattutto quelli che annunciano la gratuità. Direi che davvero la Misericordia diventa il collirio con cui vivere la gioia della famiglia.

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Friso: "Amoris Laetitia" mette in luce la bellezza della famiglia

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L’Esortazione post sinodale di Papa Francesco “Amore Laetitia” mette in luce la bellezza della famiglia e le fa riscoprire il suo grande valore. Ne è convinta Anna Friso appartenente al Movimento Famiglie Nuove del Movimento dei Focolari e, insieme al marito Alberto, membro del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Adriana Masotti le ha chiesto come hanno accolto il documento del Papa: 

R. – Anche in noi c’era molta attesa, perché ci aspettavamo veramente un pronunciamento sulla famiglia e sulle sue ferite. Allora, la nostra sorpresa è stata quando abbiamo sentito che c’era tutto un approfondimento sull’amore: sull’amore coniugale, sull’amore familiare. Perché per promuovere la famiglia, per dare alla famiglia la sua dignità, c’è bisogno di raccontarla e di spiegare anche a lei stessa – alla famiglia – quanto sia importante vivere l’amore, quell’amore che ne è il fondamento costitutivo. Noi, fra l’altro, abbiamo un’esperienza lunghissima di famiglia - festeggiamo quest’anno i nostri “primi” 50 anni di matrimonio - e sappiamo quanto valore abbia l’amore nella famiglia, che non è guidato da nessun altro interesse che non il bene dell’altro, che non la felicità dell’altro. E allora, in questa dimensione trovano spazio tutte le componenti dell’amore: a livello psicologico, a livello sentimentale, ma anche erotico. Questa è una specificità dell’amore coniugale che va ricordata e che non dovrà essere considerata più quel male accettato, ma un bene: quel regalo meraviglioso – come ha detto il Papa – che è dato agli sposi in corredo al loro “sì” per sempre.

D. – Ci sono poi nel documento i capitoli in cui si affrontano le situazioni di difficoltà, le ferite della famiglia. Emergono parole come “misericordia”, “discernimento”, “integrazione”. Vi aspettavate qualcosa di diverso?

R. – Mi sembra che sia stata fatta veramente la scelta giusta: dare spazio a tutti. La misericordia è il lasciapassare, cioè, è la porta spalancata per tutti, proprio nella soggettività di ciascuno. Non dimentichiamoci che in ogni storia di separazione, in ogni storia di un amore che finisce, di un sogno che si infrange, c’è sempre tanto dolore. Quindi, intanto, il dolore ha un’azione purificatrice molto grande e poi, in ogni scelta successiva, c’è pure la difficoltà di mettersi ancora in gioco. Io credo che con questa apertura possiamo veramente accogliere e sentirci accolti dalla Chiesa madre, ma soprattutto da Dio, che non smette di amare ciascuno di noi nel suo modo, che è quello infinito, quello che apre a tutti.

D. – Diciamo quindi che la Dottrina della Chiesa in questi casi, nel caso dei divorziati,  non cambia. Eppure cambia molto lo sguardo, l’atteggiamento; la pastorale cambierà…

R. – La Dottrina, infatti, l’abbiamo ritrovata intatta e questo è molto importante per noi, perché abbiamo un fondamento che conferma una vita e che ci aiuta a porgere a tutti una verità che non può tramontare: la bellezza della famiglia stabile, che si riedifica ogni giorno con l’amore, in vista di una indissolubilità che gli è congeniale, proprio perché l’amore - l’amore coniugale, l’amore umano - ha questo dna. Però, appunto, nel gestire – diciamo così – le varie situazioni, ci sembra che sia stata usata veramente la chiave giusta, per trovare per ciascuno la strada di una riconciliazione con la grazia di Dio, che si manifesta in tanti modi.

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Oggi in Primo Piano



Belgio. Abrini terzo uomo aeroporto, ma obiettivo era Parigi

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Sarebbe Mohammed Abrini “l’uomo col cappello”, il terzo terrorista del commando responsabile dell’attacco all’aeroporto di Bruxelles del 22 marzo: lo conferma la Procura federale belga, nonostante il parere contrario di un analista dell’agenzia nazionale. I dettagli nel servizio di Roberta Barbi: 

Ha lasciato la borsa inesplosa all’aeroporto di Zaventem, poi, prima di rientrare a piedi nel centro di Bruxelles, si è sbarazzato della giacca bianca gettandola tra i rifiuti e del famigerato cappello che avrebbe “venduto”: questi i particolari ammessi da Mohamed Abrini, il 31enne di origini marocchine arrestato venerdì e sospettato di essere il terzo uomo ancora ricercato per l’attentato del 22 marzo scorso. Per lui e per altre tre persone fermate, sono state formulate le accuse di “partecipazione a gruppo terroristico” e “omicidio a scopo terroristico”. Ma ci sarebbero altri particolari inquietanti emersi dalla sua confessione: ad esempio che nel mirino dei terroristi il 22 marzo c’era ancora Parigi; poi su Bruxelles – obiettivo ritenuto più facile e vicino – si è ripiegato dopo la svolta nelle indagini che condussero all’arresto di Salah Abdeslam appena 4 giorni prima della data prescelta. Abrini, che era stato in Siria nell’estate dell’anno scorso, avrebbe partecipato anche agli attentati di Parigi del 13 novembre. Chiarito anche il ruolo di Osama Krayem, lo svedese di origini siriane arrestato assieme ad Abrini: era lui in metropolitana a Malbeek, per assicurarsi che El Bakraoui si facesse esplodere.

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Spagna, nessun accordo sul governo: verso nuove elezioni a giugno

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È sempre instabilità politica in Spagna. Socialisti, Ciudadanos e Podemos non riescono a trovare un’intesa sulla formazione di un governo a quattro mesi dalle elezioni. Se non sarà formato un esecutivo entro il 2 maggio, saranno convocate nuove elezioni per il 26 giugno. Il leader del partito antisistema, Pablo Iglesias, ha lanciato una consultazione tra i suoi iscritti sulla partecipazione di Podemos al governo con i socialisti di Pedro Sanchez e i centristi guidati da Albert Rivera. Alla luce degli ultimi sondaggi che confermano lo stato d’ingovernabilità della Spagna, Daniele Gargagliano ha raccolto il commento di Alfonso Botti, professore di Storia Contemporanea dell’Università di Modena e Reggio Emilia: 

R. – Eventuali nuove elezioni politiche porterebbero ad una situazione molto simile all’attuale - con l’unica differenza rappresentata da un crollo di Podemos di circa 5 punti - ma un arretramento di tutte le altre forze politiche, ad eccezione forse di Ciudadanos, che perderebbe di meno o manterrebbe le posizioni, i seggi acquisiti il 20 dicembre. Riproporrebbe una situazione di stallo, questa prospettiva, quella che sta spingendo le forze politiche, in questi ultimi giorni che restano, a fare il possibile per trovare una soluzione. Adesso, infatti, si sta parlando di un allargamento del patto tra Partito Socialista e Ciudadanos al Partito Popolare, anche perché se c’è una cosa sulla quale si è caratterizzata la posizione del Partito Popolare di Rajoy in questi mesi è l’immobilismo.

D. – L’ago della bilancia, al momento, rimane Podemos, che ha lanciato una consultazione tra i suoi iscritti sull’accordo per il governo. Il quesito sembra posto in modo tale da far saltare l’accordo. In caso di sconfitta nella consultazione, Iglesias ha fatto capire che potrebbe anche lasciare. Il partito di Iglesias rischia di perdere consenso e autorevolezza agli occhi dei suoi stessi elettori?

R. – Questa è certamente una possibilità reale. Le elezioni del 20 dicembre hanno creato una situazione nuova. Ci sono stati due sconfitti e due vincitori: sono stati sconfitti il Partito Popolare e il Partito Socialista e hanno vinto Podemos e Ciudadanos. Nessuna, però, delle quattro forze politiche è stata in condizione di avere i numeri per costituire una maggioranza. Da questo punto di vista, è molto interessante guardare il tipo di trattative, di negoziati che ci sono stati in questi mesi, e l’impressione complessiva è che si tratti di culture politiche, quelle dei quattro partiti, che sono poco avvezze alla mediazione e invece più propense a porre pregiudiziali o a porre veti. La situazione spagnola resta fermamente in bilico tra il vecchio sistema politico dei partiti e il nuovo, che non è riuscito a nascere proprio per l’esito contraddittorio delle elezioni del 20 dicembre.

D. – E’ ipotizzabile in futuro un governo di grande coalizione con socialisti e popolari?

R. – Questa era l’idea che aveva avuto Rajoy all’indomani delle elezioni. Sulla carta i numeri per una grande coalizione ci sono: sia per una semigrande coalizione tra il partito  Popolare e il Partito Socialista, sia per una coalizione tra socialisti, popolari e Ciudadanos. La questione è che una coalizione di questo tipo porterebbe, io credo, un’infinità di voti a Podemos. Sarebbe la riproposizione del “vecchio”, appena riaggiornato, riformulato, però sostanzialmente del “vecchio”, quindi lascerebbe grande spazio politico a chi propone un cambiamento più sostanziale.

D. – C’è un rischio di disamoramento verso la politica da parte dei cittadini spagnoli?

R. – Certo, è un rischio più che reale. Nel caso si dovesse andare a nuove elezioni politiche, io penso che l’affluenza alle urne sarebbe sensibilmente più bassa di quella delle ultime elezioni del 20 dicembre, proprio perché c’è una disaffezione nei cittadini alla politica e una critica ai partiti, che non sono riusciti a trovare un accordo.

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Presidenziali in Ciad. Deby in corsa per il quinto mandato

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Domenica di voto in Ciad per le elezioni presidenziali. Gli elettori sono chiamati a scegliere fra 13 candidati tra cui il capo di Stato uscente Idriss Deby, che mira ad un quinto mandato dopo 26 anni di potere incontrastato in uno dei Paesi più poveri mondo. La ricandidatura del presidente uscente ha provocato numerose manifestazioni e proteste da parte della società civile, che chiede un rinnovamento della classe politica. Per un’analisi delle condizioni del Paese africano, Marco Guerra ha intervistato Anna Bono, docente di Storia dei Paesi e delle istituzioni africane presso l'Università di Torino: 

R. – Il Ciad va al voto in un momento particolarmente difficile, perché, come altri Stati africani, è un Paese produttore di petrolio e dipende molto da quest’ultimo. E quindi risente in misura notevole del crollo drastico del prezzo del petrolio sui mercati internazionali. È una situazione che pesa su gran parte dei Paesi africani, e che oltretutto non promette di risolversi in tempi brevi. Queste votazioni si collocano quindi in un contesto di difficoltà sociali ed economiche, che si sono riverberate sulla campagna elettorale.

D. – La ricandidatura del presidente uscente per un quinto mandato alla guida del Paese ha causato un’ondata di proteste: per i leader africani lasciare il potere è sempre un’opzione molto difficile…

R. – Il presidente del Ciad ha ottenuto la cancellazione dell’articolo costituzionale che gli impediva di ricandidarsi e siamo addirittura al quinto mandato presidenziale. Questo, ovviamente, crea nell’opposizione scontento e vani tentativi di denunciare questa situazione come una situazione che rende solo apparente la democrazia di Kobane, perché – appunto – questo leader è addirittura al suo quinto mandato, ma d’altra parte non è l’unico.

D. – In che condizioni, quindi, si trova il Paese?

R. – Un dato per tutti, che basta a dare un’immagine del Paese è questo: ogni anno le Nazioni Unite pubblicano una classifica dei Paesi del mondo in base al loro livello di sviluppo umano e quindi non soltanto di crescita economica ma di condizioni di vita generali. Ebbene, quest’anno il Ciad si trova in 185.ma posizione: praticamente è uno degli ultimi. È uno dei Paesi più poveri del mondo. E questo, per un Paese produttore di petrolio, che è vero che in questo momento è in crisi, ma produce petrolio da diversi anni, è un indicatore di qualcosa che non va. Il problema non è soltanto un leader che rimane a tempo indeterminato al potere: il problema è come lo gestisce questo potere, lui e la classe politica di cui si circonda; quest’ultima, nel caso del Ciad, non sta mettendo a frutto i proventi del petrolio e anche le altre risorse per farne un fattore di crescita economica, e quindi poi di sviluppo umano.

D. – Il Ciad è un importante alleato alla lotta al terrorismo: nel Paese c’è la base principale dell’operazione internazionale a guida francese. Nel quadro regionale, qual è il ruolo del Ciad?

R. – Non solo il Ciad ha la base francese, ma in Ciad c’è anche la base dello schieramento militare interregionale che sta combattendo Boko Haram, il movimento islamista, in Nigeria e nei Paesi confinanti, quindi anche in Ciad. Anzi, proprio le truppe del Ciad sono state decisive l’anno scorso per costringere Boko Haram a lasciare gran parte dei territori e delle cittadine che aveva occupato creando una sorta di califfato. Quindi sì, ha un ruolo molto importante su questo fronte, non c’è dubbio.

D. – Quali saranno le sfide che aspettano al nuovo presidente?

R. – Le sfide del nuovo presidente e del nuovo governo – si fa per dire perché è molto probabile che venga rinnovata la fiducia al presidente attuale – sono quelle degli anni trascorsi: riorganizzare e risanare un’economia che, nonostante la crescita economica, non si traduce in sviluppo, umano e sociale. Inoltre, c’è da dire che il Ciad deve far fronte al problema del jihadismo.

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Card. Assis: perso in Brasile il significato della parola "politica"

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Il fenomeno della corruzione è tra i temi al centro dei lavori dei vescovi del Brasile, riuniti in questi giorni ad Aparecida per la loro 54.ma Assemblea generale, mentre nel Paese va avanti l’inchiesta sullo scandalo legato al gigante petrolifero Petrobras. Molti i nomi appartenenti alla classe dirigente coinvolti. Il nostro inviato Silvonei Protz ha intervistato il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida: 

R. – Penso che sia una situazione che deve fare riflettere tutti i brasiliani. Il vero significato della parola “politica” penso sia andato perduto, il significato intrinseco di questa parola. “Politica” vuol dire lavorare per il bene generale del popolo. Tante volte ci sono politici che vanno ad occupare un incarico pubblico per cercare i propri interessi, o interessi privati, ma non cercano gli interessi della nazione, di tutto il popolo, soprattutto dei più poveri. Penso allora che dobbiamo recuperare il significato proprio della parola “politica”: servizio alla comunità; servizio al bene comune. In questo momento, in cui noi ci avviciniamo alle elezioni municipali di ottobre, i brasiliani devono votare bene, con responsabilità, con libertà e, soprattutto, esigere dei candidati che abbiano progetti concreti per il bene comune e accompagnare i politici eletti dopo il voto per vedere se compiono quello che hanno promesso agli elettori. Questo è fondamentale. Allora, dobbiamo far votare con responsabilità, esigendo progetti concreti da coloro che si presentano per occupare un incarico politico.

D. – I vescovi riuniti al Santuario di Aparecida faranno anche una nota sulla situazione del Brasile, una nota comune di tutti i vescovi…

R. – E' necessario che i vescovi dicano una parola di orientamento per il popolo brasiliano, una parola profetica che possa illuminare, dare luce un poco alla situazione che noi stiamo vivendo in questo momento. Non una parola politica o di partito, ma una parola di pastore che non sfugge alla responsabilità di dire qualcosa, di illuminare questo scenario in cui ora viviamo. Penso che questa sia l’aspettativa del popolo brasiliano in generale, in questo momento in cui si svolge l’Assemblea dei vescovi brasiliani.

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Mantova inaugura l'anno come capitale italiana della Cultura

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Questo fine settimana, spettacoli e performance d'autore hanno inaugurato l’anno di Mantova capitale italiana della Cultura 2016. La città lombarda è stata premiata con un milione di euro, svincolato dal Patto di stabilità per realizzare il progetto. Maria Laura Serpico ha intervistato il sindaco, Mattia Palazzi. 

R. – Insieme con tutti i partner e le istituzioni di Mantova Capitale abbiamo da una parte illustrato il programma e soprattutto presentate le sfide della città.

D. – Quali sono le principali caratteristiche di Mantova, che la rendono la città ideale a rappresentare l’Italia?

R. – Innanzitutto, la nostra storia e il nostro patrimonio storico-artistico: è la città di Giulio Romano, del Mantegna, di Leon Battista Alberti. Difficile trovare in una città così piccola una ricchezza così potente. E poi, Mantova è una città peculiare: è una città che in 20 minuti attraversi a piedi ed è la città del Festival della Letteratura: quest’anno sarà il XX anniversario del Festival. Insomma, davvero, ne ho dette tre, ma potrei continuare ancora per molto…

D. – In cosa consiste il progetto presentato e che poi ha vinto i fondi?

R. – E’ un progetto molto ambizioso che si sostiene su alcuni “asset”: il recupero del patrimonio storico-artistico e l’innovazione digitale-tecnologica nella fruibilità della città, dalla mobilità alla gestione del patrimonio stesso. “Video 360” è un’applicazione che si chiama “Mantova”, che tra due-tre giorni è pronta e sarà scaricabile. Un impegno importante nello spettacolo: spettacoli nelle piazze, dal teatro alla danza all’architettura, alla musica che quest’anno sarà davvero centrale nella vita della nostra città. Diversi interventi espositivi sull’arte contemporanea che lavoreranno sul tema dello spazio urbano e della rigenerazione urbana della nostra città. E infine, l’enogastronomia: la nostra seconda provincia agricola italiana, la cucina mantovana è nota e conosciuta a livello nazionale e internazionale come una delle cucine più importanti e genuine e quindi insomma, davvero, c’è tanta roba... Quest’anno Mantova sarà unica.

D. – Secondo lei, perché Mantova ha prevalso sulle altre città candidate?

R. – Credo per un programma molto pragmatico: investiamo cinque milioni di euro sul recupero del patrimonio con interventi che abbiamo pianificato l’estate scorsa e che già stanno partendo, perché Mantova rappresenta una sfida non solo per Mantova ma per l’intero Paese. Come medie e piccole città di arte e di cultura possono trasformarsi, tornare a guardare le nuove generazioni e lavorare proprio per essere e divenire città moderne: questo è un tema che riguarda noi, ma riguarda in realtà il Paese intero.

D. – Quali sono allora, appunto, le responsabilità di Mantova in quanto rappresentante della cultura italiana?

R. – E’ quella di dimostrare che le città in Italia hanno un ruolo fondamentale: è quella di riappropriarci della progettualità e della voglia e del desiderio di cambiare le città e di costruire un futuro. Io penso ad esempio che il tema della sostenibilità, sia nella mobilità sia nei processi produttivi sia nella rigenerazione del territorio rappresenti una sfida straordinaria per l’intero Paese e possa essere la chiave di volta anche per chiamare qui giovani ricercatori, designer, progettisti, innovatori sociali. Insomma, l’idea è che le città cambiano, che noi abbiamo una storia incredibile, una storia che dobbiamo ovviamente salvaguardare, curare e promuovere, ma abbiamo anche un futuro da costruire.

D. – Brevemente, quali sono gli eventi culturali previsti per quest’anno?

R. – Sono oltre mille eventi, quindi è impossibile poterli elencare tutti. Sono da “Cento tele”, mostra sull’arte contemporanea, alla grande stagione dei concerti – Battiato, Bregovic, Capossela – interventi e iniziative legati al gusto e al cibo, iniziative legate al paesaggio. Insomma, è davvero un panorama ricco ricco di eventi.

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Nella Chiesa e nel mondo



Preghiere nel mondo per sacerdote rapito nello Yemen

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Di padre Tom Uzhunnalil, il sacerdote salesiano indiano rapito in Yemen ai primi di marzo, "ho ammirato fin dall’inizio il suo coraggio e la sua accortezza in tutte le situazioni”. Ben consapevole dei rischi che correva, era però “pronto a subire questo destino”. Tuttavia, “speriamo con tutto il cuore che possa essere strappato alle mani dei suoi rapitori”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Thomas Menamparampil, arcivescovo salesiano, attuale amministratore apostolico di Jowai ed emerito di Guwahati, in India.

Numerose le iniziative di preghiera
Dal 4 marzo scorso padre Tom Uzhunnalil è nelle mani di un gruppo di rapitori, forse  legato all’Is, che ha assaltato una casa di riposo per malati e anziani gestita dalle missionarie della Carità ad Aden. Nell’attacco sono state massacrate quattro suore di Madre Teresa e altre 12 persone, presenti all’interno della struttura. In queste settimane, in India e in molte parti del mondo si sono tenuti momenti di preghiera per chiedere la liberazione del sacerdote. Fra queste, la veglia dell’arcidiocesi di Bangalore, il 4 aprile scorso, a un mese esatto dal rapimento.

Mons. Menamparampil incontra i familiari di padre Tom
Di recente, mons. Menamparampil ha incontrato ha visitato i familiari di padre Tom a Ramapuram, nel Kerala, e ha pregato insieme loro. “Abbiamo fiducia nel Signore e sappiamo che c’è un tempo e una stagione per tutto”, ha concluso il presule.

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Panama Papers. Cameron pubblica dichiarazioni dei redditi

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La conferma è arrivata questa notte: il premier britannico David Cameron, travolto in questi giorni nello scandalo delle Panama Papers, ha reso pubbliche le proprie dichiarazioni dei redditi, ora consultabili sul sito del governo. Secondo quanto emerso, nessun reddito tassabile per Cameron, a parte quello derivante dalla sua carica di Primo ministro, e la conferma che tutte le azioni “contestate” – le quote in un fondo offshore ottenute dal padre deceduto, Ian - sono state vendute da Cameron e dalla moglie nel 2010, per un saldo complessivamente negativo. Quanto ai guadagni del premier, nell’ultima dichiarazione disponibile – quella dell’anno fiscale 2014/2015 – avrebbero ammontato a circa 200 mila sterline, per un totale di tasse pagate pari a 76 mila.

Nuovi sospetti su evasione della tassa di successione
Nuovi sospetti, però, spuntano all’orizzonte, sollevati dal Sunday Times secondo cui la donazione fatta dalla madre di Cameron al figlio David nel 2011 – dopo la morte del padre Ian - e pari a 200mila sterline, nasconderebbe, in realtà, un’ulteriore quota di eredità paterna sulla quale il premier non avrebbe, dunque, pagato la dovuta tassa di successione.

Ieri a Londra la protesta a Downing Street
Giorni difficili, dunque, per il premier, a due mesi e mezzo dal delicato referendum sulla possibilità della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea: la cosiddetta “Brexit”. Ieri pomeriggio una manifestazione sempre più consistente di inglesi con cappello stile Panama e camicie hawaiane e inneggianti alle dimissioni del premier si è riunita dapprima davanti al numero 10 di Downing Street - la residenza ufficiale del Primo ministro - per poi spostarsi davanti a un centro di Covent Garden, dove Cameron stava partecipando al congresso primaverile del partito conservatore. Intanto il premier ha annunciato la creazione di un gruppo di lavoro per indagare sui file fuoriusciti dallo studio Mossack-Fonseca e composto da agenti del fisco e membri dell’Agenzia nazionale del crimine. (R.B.)

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Nell'Italia di domani io ci sarò. Cei: investire sui giovani

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“Nell'Italia di domani io ci sarò. Da oggi”: questo il tema della 92.ma Giornata per l'Università Cattolica, che ricorre domenica 10 aprile. Nel messaggio diffuso per l’occasione e ripreso dall’agenzia Sir, la presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei) ricorda che “i nostri giovani sono generosi e che non si tirano indietro di fronte alle sfide e ai cambiamenti”, però “hanno bisogno però di essere sostenuti e incoraggiati, di sentire l’affetto e la vicinanza di tutti coloro che credono e hanno fiducia in loro”. Per questo, “la comunità ecclesiale con le sue istituzioni formative ha una grande responsabilità verso le nuove generazioni ed è chiamata a declinare la crescita umana con una visione integrale della persona alla luce dei valori cristiani e dell’esperienza di fede che scaturisce dall’incontro con Cristo. Un incontro che non lascia indifferenti e che fa diventare operose le mani dei giovani, proiettate verso Dio e verso il prossimo”.

Farsi interprete delle domande dei giovani
Per affrontare le sfide e vivere i cambiamenti, prosegue il messaggio, “generazioni e generazioni di giovani sono state aiutate dall’Università Cattolica del Sacro Cuore”, chiamata a “farsi sempre più interprete delle domande dei giovani e a dare risposte concrete affinché possano essere artefici di un futuro che realizzi il bene del Paese e nello stesso tempo promuova condizioni di giustizia e di pace per tutti i popoli”.

Nuove generazioni desiderose di contribuire al futuro del Paese
Le nuove generazioni, evidenzia la presidenza della Cei, “sono desiderose di contribuire, con la loro creatività e il loro entusiasmo, al futuro del Paese. Anche l’Università Cattolica c’è e si pone con rinnovato impegno al loro fianco”. Poi, l’invito alle comunità ecclesiali affinché sostengano i giovani, “rinnovando e possibilmente rafforzando, con modalità adeguate alle esigenze del nostro tempo, quel rapporto di reciproca stima e sostegno che fin dai suoi inizi lega l’Ateneo ai cattolici italiani”.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 101

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.