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Sommario del 17/04/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Regina Caeli. Papa Francesco: a Lesbo ho visto tanto dolore

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“Ho visto tanto dolore”. Al Regina Caeli in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha parlato con commozione della sua visita di ieri tra i profughi accolti sull’isola greca di Lesbo, condivisa con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I e l’arcivescovo ortodosso di Atene, Ieronymos. Il Papa ha anche espresso solidarietà per le vittime del sisma in Ecuador e per quello avvenuto in Giappone qualche giorno fa e ha invocato attenzione per i lavoratori precari dei call center. Il servizio di Alessandro De Carolis

Una notte non basta a far sedimentare ciò che mente e cuore hanno assorbito di una giornata di emozioni potenti, che poche volte capita nella vita.

“Ho visto tanto dolore”
La prima cosa che Papa Francesco condivide con la folla dopo la preghiera del Regina Caeli, è l’esperienza vissuta a Lesbo tra profughi di tutte le età, tra gente che lo ha accolto e toccato con meraviglia e commozione, come la personificazione del fatto che non tutti i grandi del mondo, nei loro confronti, sono concentrati su come fare per tenerli il più possibile a distanza, ma che c’è chi è capace di farsi vicino, condividere il loro dramma, portare aiuto:

“Abbiamo visitato uno dei campi dei rifugiati: provenivano dall’Iraq, dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Africa, da tanti Paesi… Abbiamo salutato circa 300 di questi profughi, uno ad uno. Tutti e tre: il Patriarca Bartolomeo, l’arcivescovo Ieronymos ed io. Tanti di loro erano bambini; alcuni di loro – di questi bambini – hanno assistito alla morte dei genitori e dei compagni; alcuni di loro morti annegati in mare. Ho vito tanto dolore!”

“Quell’uomo piangeva tanto”
Di quel mare di disperazione, Francesco coglie un frammento, una storia di ordinario orrore per chi ha messo in gioco ogni sicurezza pur di lasciare l’inferno che gli è scoppiato attorno:

“Voglio raccontare un caso particolare di un uomo giovane, non ha 40 anni. Lo ho incontrato ieri con i suoi due figli. Lui è musulmano e mi ha raccontato che era sposato con una ragazza cristiana, si amavano e si rispettavano a vicenda; ma purtroppo questa ragazza è stata sgozzata dai terroristi, perché non ha voluto negare Cristo ed abbandonare la sua fede. E’ una martire! E quell’uomo piangeva tanto…”

Preghiera per Ecuador e Giappone
La piazza resta muta, attonita, mentre il Papa passa a esprimere solidarietà agli ecuadoriani della parte settentrionale del Paese – anch’essi vittime di una tragedia, un terremoto violentissimo che ha fatto un’ottantina di morti e centinaia di feriti – così come ai giapponesi di Kumamoto, colpiti dal sisma giovedì scorso. “L’aiuto di Dio e dei fratelli – è la preghiera di Francesco – dia loro forza e sostegno”. Forza che la fede, aveva detto nella riflessione prima del Regina Caeli, trova sempre in Gesù, il Pastore buono celebrato dalla quarta domenica di Pasqua, che nel Vangelo assicura: Io do la vita per le mie pecore “e nessuno le strapperà dalla mia mano”:

“Queste parole ci aiutano a comprendere che nessuno può dirsi seguace di Gesù, se non presta ascolto alla sua voce. E questo “ascoltare” non va inteso in modo superficiale, ma coinvolgente, al punto da rendere possibile una vera conoscenza reciproca, dalla quale può venire una sequela generosa, espressa nelle parole «ed esse mi seguono» (v. 27). Si tratta di un ascolto non solo dell’orecchio, ma un ascolto del cuore!”

Nessuno ci strappa da Gesù
Queste parole, afferma Francesco, “ci comunicano un senso di assoluta sicurezza e di immensa tenerezza. La nostra vita è pienamente al sicuro nelle mani di Gesù e del Padre”:

“Per questo non abbiamo più paura: la nostra vita è ormai salvata dalla perdizione. Niente e nessuno potrà strapparci dalle mani di Gesù, perché niente e nessuno può vincere il suo amore. L’amore di Gesù è invincibile! Il maligno, il grande nemico di Dio e delle sue creature, tenta in molti modi di strapparci la vita eterna. Ma il maligno non può nulla se non siamo noi ad aprirgli le porte della nostra anima, seguendo le sue lusinghe ingannatrici”.

Lavoro, prima la dignità
Durante i saluti finali, il Papa ha ricordato la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni invitando ragazzi e ragazze in Piazza a chiedersi se il Signore non stia chiamandoli a “consacrare la vita al suo servizio”, nel sacerdozio o nella vita religiosa. E accorato è anche l’ultimo appello di Francesco, quando esprime vicinanza “alle tante famiglie preoccupate – dice – per il problema del lavoro”:

“Penso in particolare alla situazione precaria dei lavoratori italiani dei call center: auspico che su tutto prevalga sempre la dignità della persona umana e non gli interessi particolari”.

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Papa ordina 11 sacerdoti: siate misericordiosi. Senza croce non c'è Gesù

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Partecipi della missione di Cristo, continuatori dell’opera di Dio, scelti per essere ministri dell’unità sull’esempio di Cristo Buon Pastore. Questo in sintesi il modello che il Papa ha proposto stamani agli 11 nuovi sacerdoti da lui consacrati nella Basilica di San Pietro. "Con la parola e con l'esempio, siate tanto misericordiosi! Senza croce non troverete Gesù", sono state le parole del Santo Padre che, nella 53.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, dal suo account Twitter @Pontifex, scrive: "Ogni vocazione nella Chiesa ha origine nello sguardo compassionevole di Gesù, che ci perdona e ci chiama a seguirlo". Il servizio di Paolo Ondarza: 

Partecipi della missione di Cristo, unico Maestro. E’ alto il mandato dei nuovi presbiteri ordinati questa mattina dal Papa nella Basilica Vaticana. Francesco lo ricorda loro, scelti da Cristo, Sommo Sacerdote, invitandoli a vivera la Parola di Dio:

"Dispensate a tutti quella Parola di Dio, che voi stessi avete ricevuto con gioia. Fate memoria della vostra storia, di quel dono della Parola che il Signore vi ha dato tramite la mamma, la nonna – e come dice Paolo – i catechisti e tutta la Chiesa. Leggete e meditate assiduamente la Parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato".

Continuatori dell’opera santificatrice di Dio, i nuovi sacerdoti sono esortati da Francesco a edificare con la parola e con l'esempio, con la dottrina e con il profumo della testimonianza di vita, la Chiesa, casa di Dio: 

"Riconoscete dunque ciò che fate. Imitate ciò che celebrate perché così, partecipando al mistero della morte e risurrezione del Signore, portiate la morte di Cristo nelle vostre membra e camminiate con Lui in novità di vita".

Scelti tra gli uomini per attendere alle cose di Dio, i nuovi sacerdoti sono esortati dal Papa a esercitare in letizia e carità sincera l’opera di Cristo, intenti a piacere a Dio e non a sé stessi. "Senza croce non troverete mai il vero Gesù; e una croce senza Cristo non ha senso", dice Francesco chiedendo ai nuovi ammessi all'ordine di essere ministri dell’unità nella Chiesa e sull’esempio del Buon Pastore, venuto per servire, non per essere servito, di non rimanere nelle proprie comodità, ma di uscire a cercare e salvare ciò che era perduto. "Siate tanto misericordiosi", è l'invito del Papa:

"Con il Battesimo aggregherete nuovi fedeli al Popolo di Dio. Con il Sacramento della Penitenza rimetterete i peccati nel nome di Cristo e della Chiesa. E, per favore, in nome dello stesso Signore, e in nome della Chiesa, vi chiedo di essere misericordiosi, tanto misericordiosi. Con l’olio santo darete sollievo agli infermi. Celebrando i sacri riti e innalzando nelle varie ore del giorno la preghiera di lode e di supplica, vi farete voce del Popolo di Dio e dell’umanità intera".

Forte il coinvolgimento spirituale degli undici nuovi sacerdoti. Chiamati per nome uno a uno hanno risposto senza esitazione: "Eccomi". Nove provengono dai seminari della diocesi di Roma, gli altri due rispettivamente appartengono alla Congregazione dei Rogazionisti del Cuore di Gesù e alla Confederazione dell'Oratorio di San Filippo Neri. "Dio che ha iniziato in te la sua opera da bambino, la porti a compimento", è stata la benedizione del Papa su ciascuno.

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Papa in aereo: i bambini vogliono la pace. L'Europa costruisca ponti

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“Una giornata per me troppo forte”. Così Papa Francesco aprendo la conferenza stampa sull’aereo, rientrando dal viaggio a Lesbo. Nessuna speculazione politica ha ribadito, ma un viaggio “umanitario”. Ha rimarcato la necessità di costruire ponti fatti di “dialogo e integrazione”, e mostrato le lacrime dei bambini attraverso i loro disegni. “Nessuna scelta tra cristiani e musulmani” ha detto sollecitato dai giornalisti sulle tre famiglie portate in Italia. Il servizio di Massimiliano Menichetti: 

E’ un viaggio intenso quello a Lesbo, le prime parole del Papa con i giornalisti nella conferenza stampa di rientro sull’aereo sono: è stata “una giornata per me troppo forte”, lo ripete due volte. Parla dei disegni che gli hanno regalato i bambini dove si vede la salvezza, un naufragio, la morte, dove anche il sole piange e mostra un foglio ribadendo che i piccoli "vogliono la pace”:

La paura dei bambini
“Guardate questo: anche, hanno visto un bambino annegare… Questo i bambini lo hanno nel cuore, eh? Davvero, oggi era da piangere. Era da piangere. Lo stesso tema lo ha fatto questo bambino dell’Afghanistan, che il barcone che viene dall’Afghanistan torna alla Grecia”.

Un viaggio umanitario
Francesco ancora una volta spiega che non si è trattato di un viaggio politico relativo agli accordi sui migranti tra Unione Europea e Turchia, “ma umanitario”, tra la gente, per la gente, pensato a stretto giro. Ha detto di comprendere “i governi e anche i popoli che hanno paura” del fenomeno migratorio, pur ribadendo la “responsabilità nell’accoglienza”:

Politiche di accoglienza in Ue
“L’Europa deve urgentemente fare politiche di accoglienza e integrazione, di crescita, di lavoro, di riforma dell’economia… Tutte queste cose sono i ponti che ci porteranno a non fare muri”.

Le tre famiglie musulmane
In merito all’accoglienza delle tre famiglie musulmane portate in Italia, Francesco ha spiegato che non c’è stata alcuna scelta in base alla religione ma solo per la regolarità dei documenti:

“C’erano – per esempio – c’erano due famiglie cristiane nella prima lista che non avevano le carte in regola: non è un privilegio. Tutti e 12 sono figli di Dio. Il privilegio è [il fatto di essere] figli di Dio”.

L'integrazione in Europa
Centrale per il Papa il tema dell’integrazione. Ha evocato i recenti attentati in Europa ricordando che “alcuni dei terroristi” erano “figli e nipoti” di chi era arrivato prima nel Vecchio continente e ha individuato proprio nella mancanza di politiche efficaci d’integrazione le ragioni di questo non senso:

“Oggi, l’Europa deve riprendere questa capacità che sempre ha avuto, di integrare. Perché in Europa sono arrivati i nomadi, i Normanni e tutta questa gente ha integrato e arricchito la sua cultura…  Credo che abbiamo bisogno di un insegnamento e di un’educazione all’integrazione”.

I migranti - Piccoli gesti
Ancora una volta il Papa ha ribadito nessuna distinzione “tra chi fugge dalla guerra e chi dalla fame”, perché entrambi sono “effetto dello sfruttamento”. Ha ricordato anche i migranti latinoamericani. Ha citato Madre Teresa di Calcutta per rispondere a chi gli chiedeva del valore di questo viaggio, ricordando che i “piccoli gesti” cambiano il mondo:

“Ma quei piccoli gesti che dobbiamo fare tutti, gli uomini e le donne, per tendere la mano a quello che ha bisogno”.

Austerità
Sulle politiche di austerità ha spiegato che “spiritualmente e cristianamente” questa parola significa una cosa, “politicamente un’altra”:

“A casa nostra quanti sprechi – quanti sprechi! – facciamo senza volerlo, no? E questa cultura dello scarto, dello spreco: io parlo di austerità in quel senso, nel senso cristiano. Fermiamoci qui e viviamo un po’ austeramente”.

"Amoris Laetitia"
Interpellato sull’Esortazione Amoris Laetitia ha confermato che qualcosa è cambiato sulla disciplina per i divorziati e risposati, ma ha raccomandato, per non avere una “risposta troppo piccola”, “di leggere la presentazione che ha fatto il cardinale Schönborn”. Ha comunque sottolineato che i media hanno dato troppa rilevanza alla questione della Comunione ai divorziati risposati, ignorando tante altre cose come il fatto che “la famiglia in tutto il mondo è in crisi”:

La famiglia in crisi
“La famiglia è la base della società! Non si accorge che i giovani non vogliono sposarsi? Non si accorge che il calo di natalità in Europa fa piangere? Non si accorge che la mancanza di lavoro e che le possibilità di lavoro fanno sì che il papà e la mamma prendano due lavori e i bambini crescano da soli e non imparino a crescere in dialogo con il papà e la mamma?”.

Vedi anche: l'ampia sintesi del colloquio del Papa in aereo.

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Papa, famiglie siriane. S. Egidio: è possibile cambiare vita

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Per le tre famiglie siriane portate ieri a Roma dal Papa ed accolte dalla Comunità di Sant’Egidio è già iniziata una nuova vita e un percorso di inclusione e integrazione. Le  tre coppie di profughi e i loro bambini hanno espresso gratitudine al Pontefiche e hanno vissuto momenti di grande emozione alla cena di accoglienza a Santa Maria in Trastevere. Marco Guerra ne ha parlato con Daniela Pompei, responsabile del servizio ai migranti della Comunità di Sant'Egidio: 

R. – E’ stato un clima molto caldo, molto accogliente. Gli altri profughi, già ospiti nella casa di accoglienza, hanno preparato una cena siriana e questo ha già dato loro la dimensione di entrare in una famiglia: c’erano i felafel, c’erano dolci siriani preparati dalla prima famiglia che è arrivata – anch’essa siriana – con la bambina… Erano un po’ stanchi e anche un po’ storditi, ma contentissimi! Non se lo aspettavano… Molti ci hanno detto: “Siamo rimasti senza parole!”. Le parole che ripetevano continuamente erano: “grazie”, “grazie”, “grazie al Papa”, “grazie al Papa di questo”, “noi non pensavo, effettivamente”… Uno dei capi famiglia ci ha detto: “Questa accoglienza – io ero un po’ timoroso dell’arrivo, perché non sapevo cosa avrei trovato – mi ha fatto dimenticare tutto quello che ho passato in Siria!”.

D. – Che impressione hanno avuto del Papa? Il Santo Padre ha toccato i loro cuori?

R. – Effettivamente, questo abbraccio del Pontefice ha cambiato la loro vita. Loro sapevano che il Papa sarebbe arrivato a Lesbo, sapevano anche il significato di questa visita: andare a vedere loro, andare a vedere i profughi. E quando hanno anche intuito che sarebbero tornati con il Papa, ovviamente le parole – come dicevo prima – che ripetevano e che hanno ripetuto continuamente sono state: “Grazie! Grazie!”. Una delle famiglie ha detto al Papa: “Preghi per noi” e il Papa ha risposto loro: “Pregate voi per me!”.

D. – Sappiamo che queste famiglie sono di religione musulmana. Con quali modalità sono state scelte?

R. – Non sono state scelte per il discorso religioso, ma semplicemente perché c’era una situazione – determinata dalla loro stessa condizione – di vulnerabilità. Anzitutto, perché sono famiglie e il fatto di essere già famiglia in fuga è di per sé una condizione di vulnerabilità e poi perché tutte queste famiglie venivano da un Paese che vive una guerra che dura da più di cinque anni. Una di queste famiglie, in particolare, viene da una zona che è controllata da Daesh, le altre due famiglie vengono da zone vicino a Damasco, dalla zona di confine in cui c’erano i combattimenti e sono stati costretti a fuggire. Questo è molto significativo, perché sono persone che non avevano intenzione di lasciare la Siria: hanno aspettato cinque anni prima di lasciare la Siria!

D. – Queste famiglie avevano una vita normalissima nel loro Paese d’origine, che è stata sconvolta dalla guerra. Nei loro occhi c’è tutto il dramma del conflitto siriano…

R. – Erano persone normalissime. Nella coppia più giovane, la moglie è un ingegnere agronomo, anche il marito è un ingegnere: era una coppia normalissima e aveva già un percorso di vita abbastanza segnato in maniera positiva. Anche le altre due famiglie sono normalissime. Una signora è sarta e lavorava come sarta, l’altra lavorava come parrucchiera; uno dei due mariti faceva piccolo commercio e l’altro faceva l’agricoltore… Quindi, sono famiglie che avevano una loro vita, una vita dignitosa. Due di queste famiglie ci hanno detto che hanno bombardato la loro casa e che non potevano più vivere lì. Hanno conosciuto anche la violenza dello Stato islamico. Una delle donne ci ha raccontato che è stata costretta a portare il Burqa totale, un’altra invece ci ha raccontato che se gli uomini portavano i jeans venivano ripresi…

D. – I bimbi dell’asilo per stranieri della vostra Comunità erano presenti alla cerimonia di accoglienza. Si tratterà quindi di un soggiorno in comunità, che prevede un percorso di accoglienza e di inclusione?

R. – Sì, certo. Prevede un percorso di accoglienza e di integrazione immediatamente: già questa mattina alcune delle famiglie stavano venendo qui, nella nostra scuola di lingua e cultura italiana, per iscriversi, per iniziare subito il percorso di integrazione. Effettivamente, questo è necessario: essere accompagnati, essere accolti, ma iniziare subito il percorso di integrazione. Hanno tutto il desiderio di farlo. Pur essendo stanchissimi – felici, ma stanchissimi – sia le donne che gli uomini mi hanno chiesto se potevano venire a iscriversi alla scuola di lingua. La mattina a Lesbo ci hanno chiesto come funzionava il sistema scolastico per l’iscrizione dei bambini: tutte domande di integrazione, con il desiderio di cominciare una nuova vita.

D. – L’impegno di Sant’Egidio rappresenta un esempio virtuoso di come possono essere attivati i corridoi umanitari. Questa esperienza con i profughi siriani sarà ripetuta?

R. – Sì, certo sarà ripetuta. Noi abbiamo già attivo un protocollo di intesa con il governo italiano, con il Ministero degli esteri e il Ministero degli Interni, per far arrivare in Italia mille persone dal Libano, dal Marocco e dall’Etiopia. Questo protocollo noi lo abbiamo sottoscritto insieme alla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e con la Tavola Valdese: è un progetto ecumenico. Allo stato attuale, sono già arrivati in Italia 100 siriani. Fra qualche giorno, arriveranno i prossimi 100 dal Libano, sempre siriani… Noi abbiamo tutte le intenzioni di continuare e anche di dimostrare che è possibile far entrare delle persone in sicurezza – non affrontando cioè quei terribili viaggi che portano la morte – e questa sicurezza è garantita anche ai cittadini europei, perché queste persone – prima di arrivare in Italia – vengono controllate più volte dalle autorità italiane, dalle autorità – per esempio, in questo caso, libanesi – e poi vengono ricontrollate quando arrivano in Italia. Quindi, è anche una forma di sicurezza per gli europei e garantisce un inserimento pensato e sicuro. Quello che noi vogliamo dire è che è possibile: è possibile anche un’altra vita.

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Il Papa a Lesbo: alcuni commenti a una giornata storica

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Sulla visita di Papa Francesco a Lesbo sentiamo alcune impressioni a cominciare da quelle di Donatella Parisi, del Centro Astalli, al microfono di Luca Collodi

R. – L’immagine che portiamo via da quella mattinata bella, intensa, è Papa Francesco che in silenzio ascolta le storie e le richieste dei rifugiati, di uomini e donne, di madri e padri, che hanno perso i loro figli o che sognano soltanto di poterli riabbracciare. Ecco, questo è il senso del nostro agire: diamo dignità e garantiamo diritti a persone che ne hanno, appunto, diritto.

D. – Così il Papa, Bartolomeo e Ieronymus nella Dichiarazione congiunta: “Esortiamo tutti i Paesi ad estendere l’asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei e adoperarsi insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per una fine sollecita dei conflitti in corso…”

R. – E’ un appello importante…

D. – Estendere l’asilo temporaneo…

R. – Questa è una sottolineatura che è molto, molto importante. Ci sono direttive europee che prevedono visti umanitari da dare a chi scappa da guerre. Sarebbe la cosa più ovvia da fare, per esempio, con i siriani che fuggono dal conflitto – da Damasco, da Aleppo, da Homs – e che arrivano in Europa a chiedere asilo: abbrevierebbe molto i tempi e le sofferenze di queste persone e avrebbe poi anche la possibilità di dare sollievo a questo sistema così faticoso in Europa.

Fabio Colagrande ha raccolto i commenti di padre Ermenegildo Baggio, segretario generale della Congregazione degli Scalabriniani, da sempre impegnata a fianco dei migranti, e di Patrizia Caiffa, scrittrice e giornalista dell’Agenzia Sir: 

R. – Io ho sentito che questo gesto dei tre fratelli leader religiosi cristiani dà una dimensione nuova, coglie una dimensione nuova del fatto migratorio, che eravamo stati tentati di vedere solo sotto un aspetto economico. Invece, qui veniamo richiamati al centro stesso della cultura e della fede. E’ una grande sfida quella di riuscire a riscoprire, attraverso proprio questa gente che viene da fuori, lo straniero, una dimensione culturale, umanitaria, cristiana dell' anima, che anche l’Europa deve riscoprire.

D. – Patrizia Caiffa, siamo nel cuore del Giubileo della Misericordia. E’ stato offerto sicuramente un segno forte anche in questo contesto…

R. – A me ha colpito moltissimo, da un punto di vista emotivo, l’incontro del Papa con questi rifugiati, soprattutto la scena in cui uno di loro si è gettato in lacrime davanti a lui per chiedere una benedizione. Mi colpisce il fatto che il Papa, come costante del suo Pontificato, voglia sempre incontrare in prima persona i disperati, quindi guardarli negli occhi, ascoltare le loro storie e sentirsi uniti a loro tramite il cuore. C’è questo processo, appunto, di immedesimazione, di empatia, di compassione che porta poi alla misericordia nei confronti dell’altro e a far capire all’opinione pubblica cosa c’è dietro questo dramma epocale.

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In Vaticano, anteprima documentario su Ukon, il “Samurai di Cristo”

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Si terrà questa domenica all’Istituto Maria Bambina di Roma, alla presenza del cardinale Luis Antonio Tagle, l’anteprima mondiale del film-documentario “Ukon il samurai – La via della spada, la via della Croce”, prodotto da "Aurora Vision" con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, la collaborazione dell’Ambasciata del Giappone presso la Santa Sede, della Conferenza episcopale del Giappone, i Gesuiti d’Italia, la "Trentino Film Commission". Takayama Ukon è un grande samurai del XVI secolo che si è convertito al cristianesimo attraverso la predicazione di San Francesco Saverio. Nel gennaio scorso, Papa Francesco ha firmato il decreto che riconosce il martirio di Tkayama Ukon, che sarà dunque proclamato Beato. Il suo percorso interiore tra la spada e la croce viene raccontato dal film con un linguaggio immediato e rivolto al pubblico giovanile. Alessandro Gisotti ha intervistato la regista del documentario, Lia G. Beltrami

R. – L’idea di realizzare il film su Takayama Ukon nasce da due punti. Uno: guardavo tanti giovani, negli anni, che si avvicinavano alle arti marziali, al Kendo, alle arti giapponesi attirati da qualcosa, ma senza sapere da cosa. E dall’altra, un incontro con il cardinale Tagle che mi ha invitato a lavorare sulla storia di questi giapponesi che 400 anni fa, 300 anni fa hanno dato la vita per il Vangelo. E allora ho iniziato a cercare, a indagare e ho trovato questo nome: un samurai, padre di famiglia, signore, che a un certo punto nel suo cammino cristiano lo approfondisce sempre di più fino a darsi totalmente al Vangelo e a Gesù. Questa storia di coraggio, determinazione ma anche umiltà e annientamento mi ha colpito tantissimo e mi sono detta: questa storia va raccontata.

D. – Il “Samurai di Cristo” già come definizione colpisce. Per alcuni aspetti sembrano anche due parole che accostate suonano in modo se non antitetico, almeno un po’ strano a una certa sensibilità, quale può essere quella occidentale…

R. – “La via della spada, la via della croce”: spada e croce apparentemente lontane, in realtà, se noi guardiamo il simbolo anche dei Gesuiti è proprio la croce e la spada ed è stato San Francesco Saverio a battezzare i primi giapponesi. Poi, la spada è intesa anche come simbolo, per come ha vissuto Takayama Ukon, di battaglia interiore, questo cammino verso la santificazione e verso il martirio che – come ci spiegherà nel film il vescovo che ha riaperto, 40 anni fa, la Causa di Beatificazione – questo cammino è proprio una spoliazione, un cammino interiore di scelte forti che è la propria via della spada. E poi, gli elementi della vita del Samurai, come l’onore, la verità, il coraggio interpretati nel cammino cristiano diventano qualcosa di veramente particolare che ci può dire qualcosa di nuovo.

D. – Papa Francesco, che ha sempre amato il Giappone e, anzi, ha confidato una volta che da giovane gesuita voleva proprio andare in missione in terra nipponica, ha firmato proprio pochi mesi fa il decreto sul martirio del Servo di Dio Takayama Ukon…

R. – Il 26 gennaio, la mattina siamo andati a consegnare all’ambasciata del Giappone presso la Santa Sede il film, per farlo vedere finito, e in tarda mattinata il Papa ha firmato: sarà proclamato martire! Quindi, anche la coincidenza di questo giorno per noi vuole dire molto. Speriamo che il Papa possa andare in Giappone per la Beatificazione: il Giappone ha bisogno di storie come quella di Takayama Ukon, di racconti forti, per risvegliare da un torpore che spesso colpisce soprattutto la gioventù. E anche il mondo cristiano ha bisogno di una scossa. E Takayama Ukon darà questa forza. E anche al nostro mondo, ai nostri giovani e non solo: guardare a figure di riferimento con una storia così forte e così, anche, di “totalità” può aiutare e può dare un’indicazione di cammino.

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Oggi in Primo Piano



Sisma Ecuador, Papa prega per vittime. Le parole di un religioso

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Disposto lo stato di emergenza in sei province dell’Ecuador, dopo che la notte scorsa un violento terremoto di magnitudo 7,8 della scala Richter, durato 40 secondi, ha provocato vittime e ingenti danni. Per ora si contano oltre 70 morti e 500 feriti, ma il bilancio è provvisorio. Colpita la zona costiera centrale a circa 170 chilometri dalla capitale Quito: in alcune aree ci sono problemi nelle comunicazioni e nella fornitura dell'energia elettrica. Chiuso l'aeroporto di Manta a causa dei seri danni alla torre di controllo. Il Papa al Regina Caeli di oggi ha inviato a tutta la popolazione un messaggio di solidarietà, invocando l'aiuto di Dio e dei fratelli per la popolazione in difficoltà.

E proprio da Quito arriva la testimonianza sulla situazione del Paese, di padre González Ponce Rafael, superiore provinciale dei Comboniani, raccolta da Gabriella Ceraso

R. – Stiamo sentendo e cerchiamo di raccogliere le notizie ufficiali. Adesso si parla di circa 100 morti, soprattutto nella Regione di Manabi, Pedernales, Puertoviejo. Ma anche nella Regione de Esmeraldas e del Guayaquil. È accaduto ieri, di notte: c’è stata molta confusione e le comunicazioni non erano chiare. Qui, nella città di Quito, sembra che sia tutto calmo…

D. – I mezzi di comunicazione cosa dicono?

R. – Che 10 mila persone dell’esercito sono subito andate per portare aiuto. Adesso, sta arrivando anche l’aiuto internazionale… Richiamano alla calma e alla tranquillità. Il vicepresidente ha detto alla popolazione di restare lontana dal mare per timore di un possibile tsunami. In questo momento, la gente è in movimento e cerca di spostarsi dalla costa e di arrivare in luoghi più alti… Penso si stia veramente comprendendo quale sia la situazione e il numero i morti. Penso che la gente, come è tipo del nostro popolo dell’Ecuador, che è molto solidale e sempre cerca di aiutarsi gli uni con gli altri – e questo spirito penso sia la cosa più importante adesso – cercherà ora di vedere anche il bisogno degli altri.

D. – Quei territori della costa sono territori in cui erano presenti infrastrutture, costruzioni particolari? La distruzione può aver provocato gravi danni?

R. – Gravi danni soprattutto per la situazione di qua, sì. Sono già chiuse le strade principali, sono caduti dei ponti e poi i grandi edifici, soprattutto gli edifici a Puertoviejo. Nella città di Guayaquil si è sentito molto forte e lì sono più di due milioni di persone.

D. – Padre Rafael, le riporto le parole di solidarietà anche del Papa, che oggi al Regina Caeli ha ricordato voi, l’Ecuador, come il Giappone, che è stato colpito nei giorni scorsi da un forte terremoto, ci sono state decine di vittime...

R. – Grazie di cuore! Preghiamo tutti il Signore della Misericordia, per tutta le persone che hanno perso la casa e che sono  preoccupate. Grazie tante.

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Etiopia: uccisi 140 civili in scontri tribali

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Oltre 140 civili sono stati trucidati in un villaggio nel nord dell’Etiopia a seguito di una assalto commesso da milizie armate provenienti dal Sud Sudan. Le forze etiopi hanno ucciso a loro volta 60 militanti e potrebbero attraversare il confine per dare la caccia agli altri miliziani. Sullo sfondo, i contrasti tra etnie locali legati al possesso delle terre. Il servizio di Marco Guerra: 

L’attacco è  stato sferrato venerdì contro Jakawa, un remoto villaggio nella regione di Gembela, vicino al confine con il giovane Stato del Sud Sudan. Il ministro delle Comunicazioni etiope, Getachew Reda, ha detto che gli aggressori, membri della tribù Murle, sono giunti proprio dal Sud Sudan e hanno ucciso i civili, inclui donne e bambini. Altri minori sarebbero stati rapiti e portati in territorio sud sudanese e presto anche le truppe di Addis Abeba potrebbero attraversare la frontiera per dare la caccia a queste milizie irregolari che non avrebbero rapporti né con l’esercito governativo di Juba né con i gruppi ribelli. Il massacro sarebbe infatti legato al contrasto tra tribù locali che si contendono i terreni per il pascolo. L'area è abitata da due etnie di stirpe nilotica, i nuer e gli anuak, protagoniste negli ultimi anni di numerosi scontri. Entrambe dedite alla pastorizia, a causa della siccità sono entrate in competizione per il controllo delle terre destinate al bestiame. Questa regione è infatti flagellata dal periodo di aridità più serio della storia recente. In tutta l’Etiopia dieci milioni di persone sono a rischio di perdere raccolti e bestiame, oltre ad avere gravi carenze d'acqua e problemi di salute.

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Brasile. Scontri alla vigilia del voto sull'impeachment

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Una serie di tafferugli si sono verificati ieri a Brasilia, alla vigilia del voto sull'impeachment nei riguardi della presidente, Dilma Rousseff. Oggi, la Camera bassa brasiliana si pronuncia sulla destituzione della capo di Stato, accusata di falso in bilancio. In caso positivo la parola passerà al Senato e il potere ad interim all’attuale vicepresidente, Michel Temer. Dai vescovi brasiliani è giunto il forte appello alla correttezza delle procedure, alla calma, e alla reazione unitaria della classe politica. Ma il momento è delicato: per una testimonianza sulla tensione politica e le possibilità  di riconciliazione con la società delusa, Gabriella Ceraso ha parlato con Sergio Henrique Prévidi, presidente del Movimento politico per l’Unità, diramazione dei Focolari in Brasile: 

R. – Questo è un momento molto particolare per il Brasile: la maggioranza della politica lotta per guadagnare il potere e quello che è veramente molto triste per noi è che il popolo brasiliano è messo in secondo piano: non ha alcuna garanzia che ci sarà un cambiamento e che, se ci sarà, questo cambiamento possa realmente essere un guadagno per tutto il popolo brasiliano.

D. – Ci sono margini, secondo lei, per una riconciliazione, quella che anche i vescovi, che hanno denunciato fortemente la corruzione, hanno chiesto?

R. – C’è l’intenzione, ma non è possibile fare questa riconciliazione. In questo momento è necessario fare una proposta, fare qualcosa per la situazione economica, che è terribile. Bisogna fare un progetto per la salvezza del Brasile: un progetto vero, senza interessi capitalistici. Purtroppo, però, in questo momento non c’è persona, non c’è un politico, un gruppo che abbia questa predisposizione… Coloro che hanno questa disponibilità sono veramente pochi.

D. – Lei ha girato per il Paese, ha parlato anche con tante parti della società. Con il “sì” all’impeachment che reazioni ci si deve aspettare?

R. – Penso che potrebbe dare un clima forse anche un po’ di festa, ma penso che sia un qualcosa di fragile: il giorno seguente dovremmo continuare a lavorare per questo Brasile.

D. – Quali i problemi da risolvere che la gente reclama?

R. – Anzitutto la corruzione. Questo è un cancro per il Brasile, è una distruzione della dignità del popolo. E non finisce, continua ancora questa corruzione… In secondo luogo, la situazione economica, che era buona: la differenza fra ricchi e poveri era diminuita, mentre adesso questa differenza è cresciuta. Questa classe politica non lascia che questa situazione migliori. Per questo Dilma ha perso tanta della sua popolarità, perché non è riuscita a dare una risposta a questa situazione.

D. – Voi, però, non credete neanche che la sua successione possa prendere una buona strada?

R. – Si la speranza c’è, ma non sono sicuro che il cambiamento sarà un qualcosa di buono. Perché questo partito, che sarà la maggioranza, è coinvolto nella corruzione, questo è il problema… In questo momento, sono tutti insieme e la maggioranza brasiliana è composta dal partito di Dilma e questo partito del vicepresidente, che sarà presidente se la Rousseff perderà il potere, ma si tratta dello stesso gruppo della maggioranza... Questa è la vera difficoltà, nel credere in un vero cambiamento. Importante è che il popolo cominci a pensare al cambiamento della politica: bisogna che il cittadino faccia il proprio lavoro, che non partecipi soltanto alle manifestazioni in strada, ma che ogni giorno partecipi all’azione politica. Questo è molto, molto importante e non soltanto per il Brasile, ma per tutto il mondo. Non possiamo lasciare i politici andare avanti da soli!

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Earth Day Italia e Focolari insieme al "Villaggio per la terra"

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La tutela della terra e la scelta della legalità, il dialogo con l’islam “che non fa paura” e la solidarietà verso vecchie e nuove povertà. Su questi temi si svilupperà il “Villaggio per la Terra”, l’evento che Earth Day Italia e il Movimento dei Focolari di Roma hanno organizzato dal 22 al 25 aprile 2016 al Galoppatoio di Villa Borghese. Cinque giorni ricchi di iniziative per adulti e bambini, come racconta in questo servizio Alessandro De Carolis

Può un villaggio essere di esempio a una metropoli? Sì, se gli abitanti del villaggio scelgono consapevolmente di vivere secondo la regola della fraternità, del rispetto delle persone e dell’ambiente – regola che la metropoli sembra aver smarrito.

Pianeta Terra, momento cruciale
Non è la trama dell’ultimo best-seller utopistico, ma la realtà che prenderà vita dal 21 al 25 aprile al Galoppatoio di Villa Borghese, nel cuore verde di Roma. Il “Villaggio per la terra” che verrà allestito sul posto è frutto della collaborazione di due realtà, l’Earth Day Italia e il Movimento dei Focolari. Storia ed esperienze diverse, ma obiettivi congiunti: creare un evento che mostri il tessuto sano della una città, a cominciare dalla “Giornata mondiale della terra” del 21 aprile che vedrà il palco di Villa Borghese collegarsi in diretta con New York, come spiega Roberta Cafarotti di Earth Day Italia:

“Effettivamente, questo è un anno cruciale per l’ambiente e la Giornata mondiale della Terra non poteva miglior modo per festeggiare che l’inizio della ratifica dell’accordo per il clima, definito durante la Cop21 di Parigi, a dicembre dello scorso anno. Gli Stati sottoscriveranno, quindi, i propri impegni, affinché il nostro Pianeta possa avere un futuro. Assisteremo a un momento che direi è storico in senso assoluto, perché si avvia il processo di decarbonizzazione dell’economia, un processo cioè che permetterà alla temperatura del nostro Pianeta di mantenersi ben sotto i due gradi centigradi alla fine del secolo, permettendo così  al Pianeta di rigenerarsi e di reagire allo stress al quale lo abbiamo sottoposto in questo secolo di grande urbanizzazione e di grande industrializzazione”.

La regola d’oro
Il 22 aprile, al Villaggio si aprirà la Mariapoli dal titolo “Vivere insieme la città”. Si tratta di un’esperienza che i Focolari propongono dal 1949, iniziata dalla fondatrice, Chiara Lubich, e imperniata – racconta Tamara Pastorelli, tra le responsabili della Mariapoli – su una regola di vita condivisa da tutti i partecipanti:

“La Mariapoli, a Roma, nel Villaggio per la Terra, vuole proporre a tutti i cittadini e anche ai viaggiatori che passeranno in quei giorni per Villa Borghese la “regola d’oro” che appartiene un po’ a tutte le fedi professate e che per i cristiani è appunto un versetto del Vangelo che dice: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. Ecco, vogliamo proporre a tutte le persone che passeranno per il Villaggio per la terra di vivere questa regola, almeno provare a costruire il bozzetto di una città diversa: una città più solidale, più aperta all’altro dove anche le ferite possano essere condivise e nella condivisione, anche, trovare insieme delle soluzioni”.

La città del bene nascosto
Un ricco programma per tutte le età di workshop, performance artistiche – su tutte il concerto del Gen Verde – e poi dibattiti, giochi, sport, con la "Run4Unity", una corsa di 3 e 6 Km per testimoniare la pace, animerà le giornate della Mariapoli. Spina dorsale saranno i quattro focus di approfondimento, con analisi di esperti e testimonianze di comuni cittadini che sveleranno tante facce nascoste di Roma, quelle spesso ignorate dai media ma dotate di una forza d’urto contagiosa. Tamara Pastorelli:

“Se parliamo di dialogo, anche con l’islam, noi vogliamo anche fare vedere quello che c’è di positivo in tutto quel mondo che si impegna proprio per incontrarsi e dialogare per conoscersi, per costruire insieme una società per tutti. Poi, il focus “La legalità del ‘noi’”, legato appunto alla legalità: spesso si rimane fermi a fatti di mafia … Però, anche noi come cittadini possiamo fare qualcosa nel nostro quotidiano: possiamo imparare a partecipare di un “noi” che lotta anche nel suo piccolo, nel quotidiano contro le legalità. Poi c’è il focus dedicato alla povertà: Roma è una città che ha delle periferie dove conosciamo tutti situazioni di disagio anche molto grandi. Vogliamo far vedere alle persone che passeranno attraverso il Villaggio per la Terra una realtà di Roma fraterna, dove il disagio è illuminato dall’amore di tante persone che lavorano in queste periferie per cambiarle. E poi, l’ultimo approfondimento sarà dedicato all’ecologia perché vogliamo vedere in Roma non solo una città, ma proprio la terra, il Creato che ci è stato affidato e di cui vogliamo prenderci cura”.

Dai biker al Papa
Al Villaggio, i ragazzi saranno i protagonisti principali delle iniziative curate dall’Earth Day Italia. Un grande concerto con Rocco Hunt, il progetto Erasmus per un “Futuro a impatto zero”, curato dal Ministero dell'Istruzione e dall'Istituto Indire, un grande raduno di biker nel centro di Roma per sostenere la candidatura della Bicicletta al Premio Nobel per la Pace 2016, il tutto suggellato dal Giubileo dei ragazzi del 24 aprile, con l’incontro con Papa Francesco. Roberta Cafarotti

“Papa Francesco ha dato una grande spinta ai negoziati sui cambiamenti climatici e anche una grande spinta alle nostre coscienze con la sua Enciclica Laudato si’. Il 22 aprile, Giornata mondiale della Terra, abbiamo invitato tutte le scuole d’Italia a partecipare, rendendo protagonisti proprio i ragazzi, sul palco, nel racconto delle loro esperienze, della loro visione del futuro. Ci sarà poi una giornata dedicata al libro e quindi alla cultura, perché ovviamente il cambio di stili di vita, il ripensare all’economia e il rimettere al centro l’uomo all’interno dei grandi processi economici, presuppone anche una grande rivoluzione culturale. Ognuno deve fare la sua parte: questo è il senso della quattro-giorni e del Villaggio per la Terra”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Referendum sulle trivelle, alle 12 affluenza all'8%

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Domenica di voto in Italia per il referendum sull’abrogazione parziale di norme relative alla durata delle trivellazioni in mare per la ricerca di idrocarburi. Si vota dalle ore 7.00 alle ore 23.00. Alle ore 12, l’affluenza alle urne era dell’8,3% e per essere valida la consultazione deve portare ai seggi il 50% più uno degli aventi diritto. Il quesito è stato convocato, in particolare, per decidere se abrogare una norma che attualmente permette di estendere le concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa, fino all’esaurimento del giacimento. Il referendum, non era mai successo nella storia d’Italia, è stato richiesto dalle Regioni invece che, come di solito avviene, tramite una raccolta di firme tra i cittadini.

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Il card. Bassetti di Perugia in visita nel Malawi

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Si concluderà martedì prossimo, dopo sette giorni, il viaggio in Sud Africa e Malawi intrapreso dal cardinale arcivescovo di Perugia, Gualtiero Bassetti, a capo di una delegazione umbra di rappresentanti e operatori di istituzioni civili e religiose, della quale fanno parte anche la presidente della Regione, Catiuscia Marini, e l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Perugia, Edi Cicchi. Incontri e visite a diverse opere missionarie stanno caratterizzato il viaggio della delegazione. La finalità è quella  di proseguire e intensificare i rapporti solidali e di cooperazione internazionale avviati da anni in Malawi attraverso i progetti di sviluppo in ambito sanitario, scolastico e nel settore agricolo e della formazione professionale giovanile. I progetti sono promossi dall’Associazione diocesana perugina “Amici del Malawi” con il coinvolgimento di istituzioni e realtà imprenditoriali umbre. “È bello – ha affermato in uno degli incontri il cardinale Bassetti – sentirsi un’unica famiglia e aiutarsi a vicenda per far fronte alle tante esigenze di carattere pastorale, sociale, economico che le nostre comunità devono affrontare. In questo Anno Giubilare della Misericordia, tutti dobbiamo sentirci maggiormente partecipi dei bisogni dei fratelli, non solo di quelli che ci vivono accanto, ma anche di quelli che, in varie parti del mondo, contano sul nostro aiuto”. (A.D.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 108

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.