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Sommario del 22/04/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: il cristiano non può tacere l’annuncio di Gesù

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Annuncio, intercessione, speranza. E’ il trinomio su cui si è incentrata l’omelia di Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che il cristiano è una persona di speranza, “che spera che il Signore torni”. Dal Pontefice anche un’esortazione ad avere il coraggio dell’annuncio come gli Apostoli che hanno testimoniato la Risurrezione di Gesù anche a costo della vita. Proprio oggi ricorre il 43.mo anniversario della professione religiosa di Jorge Mario Bergoglio. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Tre dimensioni della vita cristiana: “annuncio, intercessione, speranza”. Papa Francesco ha preso spunto dalle Letture del giorno per sviluppare la sua meditazione su questo trinomio che deve contraddistinguere la vita di un credente. Il cuore dell’annuncio per un cristiano, ha osservato, è che Gesù è morto ed è risorto per noi, per la nostra salvezza.

Annunciare Gesù anche a costo della vita, come fecero gli Apostoli
“Gesù è vivo! Questo – ha rammentato – è l’annuncio degli Apostoli ai giudei e ai pagani del loro tempo e questo annuncio è stato testimoniato anche con la loro vita, con il loro sangue”:

“Quando Giovanni e Pietro sono stati portati al Sinedrio, dopo la guarigione dello storpio, e i sacerdoti hanno proibito loro di parlare di questo nome di Gesù, della Resurrezione, loro con tutto il coraggio, con tutta la semplicità dicevano: ‘Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato’, l’annuncio. E noi cristiani per la fede abbiamo lo Spirito Santo dentro di noi, che ci fa vedere e ascoltare la verità su Gesù, che è morto per i nostri peccati ed è risorto. Questo è l’annuncio della vita cristiana: Cristo è vivo! Cristo è risorto! Cristo è fra noi nella comunità, ci accompagna nel cammino”.

Tante volte, ha commentato, si "fa fatica a ricevere questo annuncio”, ma Cristo risorto “è una realtà” ed è necessario dare “testimonianza di questo”, come afferma Giovanni.

Gesù intercede per noi mostrando le sue piaghe al Padre
Dopo la dimensione dell’annuncio, Francesco ha rivolto il pensiero all’intercessione. Durante la Cena del Giovedì Santo, ha affermato, gli Apostoli erano tristi, Gesù dice: “Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Vado a prepararvi un posto”:

“Cosa vuol dire questo? Come prepara il posto Gesù? Con la sua preghiera per ognuno di noi. Gesù prega per noi e questa è l’intercessione. Gesù lavora in questo momento con la sua preghiera per noi. Così come a Pietro ha detto una volta ‘Pietro io ho pregato per te’, prima della passione, così adesso Gesù è l’intercessore fra il Padre e noi”.

Chiediamoci se Gesù è davvero la nostra speranza
E come prega Gesù?, si chiede Francesco. Io, risponde, “credo che Gesù faccia vedere le piaghe al Padre, perché le piaghe se le è portate con sé, dopo la Resurrezione: fa vedere le piaghe al Padre e nomina ognuno di noi”. Questa, ha ripreso, “è la preghiera di Gesù. In questo momento Gesù intercede per noi: è l’intercessione”. Infine, il Papa si sofferma sulla terza dimensione del cristiano: la speranza. “Il cristiano – ha detto – è una donna, è un uomo di speranza, che spera che il Signore torni”. Tutta la Chiesa, ha proseguito, “è in attesa della venuta di Gesù: Gesù tornerà. E questa è la speranza cristiana”:

“Possiamo domandarci, ognuno di noi: com’è l’annuncio nella mia vita? Com’è il mio rapporto con Gesù che intercede per me? E com’è la mia speranza? Ci credo davvero che il Signore è risorto? Credo che prega per me il Padre? Ogni volta che io lo chiamo, Lui sta pregando per me, intercede. Credo davvero che il Signore tornerà, verrà? Ci farà bene domandarci questo sulla nostra fede: credo nell’annuncio? Credo nell’intercessione? Sono un uomo o una donna di speranza?”.

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All'Onu, firma accordo clima. Francesco: ascoltare grido della Terra

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Storico avvio, oggi a New York in sede Onu, dell’iter di sottoscrizione da parte di 171 Paesi, dell'accordo contro il surriscaldamento climatico approvato a Parigi il 12 dicembre."Occorre agire oltre i soli propositi", ha sottolineato in apertura il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Nella odierna Giornata mondiale della Terra scelta per l’occasione ci saranno anche 50 tra capi di Stato e di governo. E stamani - in un tweet - il Papa, che alla cura della "casa comune" ha dedicato l’Enciclica Laudato si’, ricorda che “Un vero approccio ecologico sa curare l’ambiente e la giustizia, ascoltando il grido della terra e il grido dei poveri”. Francesco ha inoltre pubblicato una foto su Instagram, che lo ritrae mentre pianta un piccolo albero, accompagnata da questo messaggio: "Tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione". Il servizio di Gabriella Ceraso

Contenere ben al di sotto dei 2 gradi centigradi, idealmente fino ad 1,5, l’aumento della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali, frenare dunque l’escalation delle emissioni di gas serra e l’avvicinarsi dei disastri naturali che ne derivano. E’ questo il cuore dell’accordo: sono compresi tutti i Paesi e i tipi di emissioni. Il segnale ai mercati è forte: occorre investire in un’economia diversa, mobilitare il supporto tecnologico e spingere per i Paesi in via di sviluppo, come spiega il professor Ugo Bardi del Dipartimento di Scienze della terra all’Università di Firenze:

“È una sfida immensa e non basta la buona volontà di dire: ‘Prendo la bicicletta invece dell’automobile o il treno invece dell’aereo’. È una trasformazione profonda che deve prendere tutta la società industriale, tutto il sistema di produzione, quello dei trasporti e delle comunicazioni. Ci vogliono investimenti, ma anche adattamento. Se noi continuiamo a pensare alla soddisfazione immediata del cosiddetto ‘consumatore’ andiamo verso il disastro; se invece risparmiamo qualcosa, la mettiamo da parte per il futuro, la investiamo per i nostri figli, possiamo arrivare a un futuro migliore”.

L’entrata in vigore dell’accordo, non prima del 2020, avverrà comunque 30 giorni dopo la sottoscrizione da parte di 55 Paesi responsabili del 55 per cento delle emissioni di gas serra. Ma è positivo che molti Paesi abbiano già presentato i rispettivi contributi. In testa, Cina e Stati Uniti, finora reticenti. Tuttavia il timore, espresso anche dal Papa, che come i protocolli precedenti, anche per questo ci si fermi ai soli propositi, c’è. Ancora il prof Bardi:

R. – L’accordo impone abbastanza poco: è un accordo di massima sul fatto che sia assolutamente necessario fare qualcosa. È tantissimo perché c’è il rischio di non arrivarci, ci sono delle forze enormi che stanno premendo per non arrivare e per non fare degli accordi. Poi l’accordo bisogna metterlo in pratica: tutti sono stati contenti di firmarlo, e lo sono ancora, ma le conseguenze richiedono lavoro.

D. – I Paesi in via di sviluppo sottolineano la necessità di equità e anche di giustizia. Tutto questo è previsto, secondo lei, da questo accordo?

R. – È scritto nella Enciclica, ma non nell’accordo di Parigi; però è implicito che non potremmo mai arrivare a niente se non con un processo che sia giusto ed equo nei riguardi di tutti.

La forza dell'accordo è la consapevolezza che la sfida ai cambiamenti climatici si vince solo insieme e a questa consapevolezza come anche alla gravità della situazione si è giunti anche grazie al Papa. Ancora il prof. Bardi:

“Il Papa queste cose le capisce bene. Lui è uno degli artefici di questo accordo. Indubbiamente, se non ci fosse stata l’Enciclica sul clima, sarebbe stato più difficile. È stata una forza enorme che ha premuto in una certa direzione. Però anche il Papa si rende conto che non è solamente una questione di principio, come quando uno dice che è bello fare certe cose – ‘facciamolo tutti insieme', ecc. – ;no, bisogna lavorarci sopra e sacrificare certe cose. E il rischio è fortissimo, perché le ultime notizie dalla climatologia sono impressionanti. Il riscaldamento globale non è più una cosa teorica, di modelli, un problema che emergerà dal 2100 in poi – fra un secolo – per i nostri nipoti, forse per i nostri figli; no, la situazione sta evolvendo rapidamente e il cambiamento sta accelerando! Potremmo trovarci a rimpiangere di non aver agito con la necessaria velocità quando lo potevamo ancora fare”.

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Giubileo dei ragazzi: in 70 mila a Roma, domani videomessaggio del Papa

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Al via domani il Giubileo dei ragazzi e delle ragazze sul tema “Crescere misericordiosi come il Padre”. Saranno presenti a Roma decine di migliaia di adolescenti provenienti da tutte le diocesi italiane e dal mondo. Il colonnato di San Pietro, a partire dalle 11.00, diventerà un grande “confessionale”. In serata ci sarà la grande festa allo Stadio Olimpico con un videomessaggio del Papa. Domenica mattina i ragazzi torneranno in Piazza San Pietro per la Messa presieduta da Francesco. Hanno intanto superato quota 5 milioni i pellegrini giunti a Roma per il Giubileo della Misericordia. Ma  ascoltiamo don Calogero Manganello, vice-responsabile nazionale della Pastorale Giovanile, al microfono di Laura De Luca

R. – Aspettiamo circa 70 mila ragazzi da tutta Italia, soprattutto, ma anche rappresentanze da alcune nazioni europee: l’Inghilterra, la Spagna, il Portogallo e la Francia. Questo evento è stato per noi faticoso, ma un evento di grazia. Quando il Papa ha comunicato la notizia di voler fare un Giubileo qui a Roma, quindi un raduno dedicato a questa fascia di età, per noi è stato un motivo di gioia. Come Pastorale giovanile nazionale, infatti, è da tempo che insistiamo sull’accompagnamento degli adolescenti, quindi la fascia di età che va dai 13 ai 16 anni. Una fascia molto delicata, perché è il momento in cui questi ragazzi si preparano a delle scelte particolari nella vita e che forse riceve poca attenzione nella nostra Pastorale. L’invito del Papa allora diventa un monito, affinché la nostra Pastorale sia attenta a questi ragazzi.

D. – Quali problemi voi pastori riscontrate quotidianamente in questa fascia di età?

R. – Da un lato, i ragazzi si ritrovano nella fascia di età in cui dovrebbero cominciare a fare delle scelte, in cui il passaggio dalla scuola media alla scuola superiore diventa già un momento, una scelta critica. Questi ragazzi, quindi, vanno accompagnati. Molto spesso ci accorgiamo che la società non facilita questi passaggi, anche perché non promette un futuro certo. Il nostro annuncio di pastori, quindi, dovrebbe essere quello di dare speranza a questi ragazzi e di accompagnarli per fare vedere più chiaramente quello che sarà della loro vita. E l’annuncio di Gesù Cristo deve andare di pari passo con l’accompagnamento nella crescita umana di questi ragazzi.  

D. – Una parola come “misericordia” a questa fascia di età come suona?

R. – Da un lato, sicuramente, non è una parola semplice da comprendere per loro, perché faticano a guardare oltre il significato dei termini. Dall’altro, è proprio quello che vogliamo offrire in questo Giubileo: far scoprire ai ragazzi che la parola “misericordia” si concretizza nella testimonianza di persone, di uomini e di donne che ogni giorno spendono la propria vita non solo per il Vangelo, ma per la società. Nelle Tende della misericordia, che ci saranno in giro per le piazze di Roma, presenteremo questa misericordia fatta realtà.

D. – Cosa sono le Tende della misericordia? Sono dei punti di ascolto, di accoglienza, di incontro?

R. – Sì, questa è una trovata per far comprendere e per far vivere ai ragazzi le sette opere di misericordia. Abbiamo pensato a delle tende gonfiabili che si troveranno nelle principali piazze di Roma: attraverso un momento catechetico, un momento esperienziale ed uno di laboratorio i ragazzi potranno vivere le opere di misericordia e capire come renderle concrete nella propria vita. Tra l’altro, i testimoni che saranno presenti li inviteranno a fare la stessa esperienza nei luoghi dove loro operano.

D. – Quindi andranno in carcere, andranno a fare visita negli ospedali…

R. – Sì, in carcere, nelle mense della solidarietà, negli ospedali e così via.

D. – E riceveranno anche un qualcosa di concreto, degli oggetti, perché questa esperienza rimanga fisicamente con loro…

R. – Sì, soprattutto ci saranno due segni: la bandana con le opere di misericordia disegnate da un artista, che è Andrea Mastrovito, e – quello più importante, potremmo dire – la croce, che troveranno nel kit, ma che il Papa stesso benedirà la domenica, subito dopo la Messa, e che sarà il suo dono per i ragazzi che arriveranno al Giubileo.

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Chiese Orientali: partecipare a colletta del 24 aprile per l'Ucraina

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La Congregazione per le Chiese Orientali si unisce, con riconoscenza, all’appello che Francesco ha rivolto affinché domenica 24 aprile sia celebrata in Europa una giornata speciale di sensibilizzazione e una raccolta straordinaria di aiuti per tutti coloro che stanno soffrendo in Ucraina. Il dicastero, si legge in un comunicato, “invita tutti a contribuire con generosità  per assicurare l’assistenza delle persone più deboli e ferite nei corpi e negli animi dalle violenze, ed esprime la propria riconoscenza per la solidarietà espressa anche materialmente da diversi episcopati e agenzie di aiuto”.

Il rinnovato gesto di carità che Papa Francesco ha chiesto alle Chiese d’Europa, prosegue la nota, “ridesti ancora una volta la consapevolezza della fraternità che ci lega ai nostri fratelli e sorelle in Ucraina, talvolta dimenticati come tante altre situazioni di dolore nel mondo”. La “vicinanza di molti – sottolinea la Congregazione per le Chiese Orientali – sia come piccola lampada che riaccende la speranza nei cuori feriti, aiuti tutti i Pastori delle Chiese cristiane a consolare e a guarire il dolore dei propri fedeli, sproni coloro che reggono le sorti dei popoli a promuovere il rispetto del diritto e la pace”.

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Il nuovo nunzio negli Usa: una Chiesa in uscita e in ascolto

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Papa Francesco ha ricevuto ieri l’arcivescovo francese Christophe Pierre, nominato nunzio apostolico negli Stati Uniti il 12 aprile scorso. Mons. Pierre, 70 anni, lascia la guida della nunziatura in Messico dove era arrivato nel 1997. Hélène Destombes lo ha intervistato: 

R. – Lascio il Messico con un po’ di tristezza, perché ho vissuto nove anni molto belli, ricchi di belle esperienze; soprattutto, ho vissuto l’incontro con un popolo con radici cattoliche forti, con un’esperienza che mi è sempre sembrata molto autentica e questo viene, come l’ha detto Papa Francesco durante il suo viaggio, da un inizio: l’inizio è l’evento di Nostra Signore di Guadalupe che ha marcato non solamente Juan Diego, l’indio che ha visto la Madonna, ma anche tutto un popolo che continua a “vedere” la Madonna: questo è straordinario! Come l’avvenimento di Gesù Cristo, non è una cosa del passato: è una cosa del presente. La gente va a vedere la Madonna, oggi. E su questo incontro si è costruita la Nazione e la gente, in un certo modo, si sono costruiti come persone. Ovviamente, questo ha generato una bellissima religiosità popolare: il Papa stesso l’ha detto più volte. Una religiosità popolare che è profondamente radicata nell’anima e nella cultura del Messico: una cultura cattolica … E questa è stata anche una constatazione che ho fatto poco a poco e che è stata anche l’oggetto delle mie analisi: viviamo un cambiamento culturale. Già i vescovi, ad Aparecida, nove anni fa l’avevano detto: c’è un cambiamento d’epoca in atto, un cambiamento culturale che riguarda principalmente la trasmissione dei valori da una generazione all’altra e che rende più difficile il lavoro educativo. Dunque, lì c’è una sfida, una sfida enorme che è la sfida della Chiesa in Messico, che deve intraprendere tutto uno sforzo per evangelizzare in un contesto nuovo, cioè andare incontro alle persone che sono molto più lontane dalla fede di prima. E questo l’ho visto anche nel corso di questi nove anni. C’è dunque un’esigenza – come dice Papa Francesco – di uscire: uscire dalla chiese, non aspettare che la gente venga, ma andare incontro e poi inserirsi in tutte le strutture della società per poter annunciare il Vangelo. Ovviamente, la storia del Messico è un po’ particolare perché per oltre un secolo c’è stata una separazione brutale tra Chiesa e governo e società; oggi, ormai, le cose stanno cambiando anche se c’è un po’ di questa mentalità che rimane … Però, la storia sta cambiando e bisogna approfittare di questo cambiamento culturale per normalizzare un po’ le relazioni in modo che la Chiesa sia più presente. E questo penso che sia il dovere nostro di vescovi e di sacerdoti. A volte è difficile: rimaniamo nelle nostre – come diceva il Santo Padre – “zone di comfort” senza uscire. Però, ormai la Chiesa dev’essere missionaria.

D. – Lei ieri ha incontrato il Papa: l’ha incoraggiata per la sua nuova missione negli Stati Uniti, dove le sfide sono molto diverse …

R. – Certamente! Ovviamente, il Papa mi ha inviato come suo rappresentante ed è molto importante dire che noi nunzi siamo rappresentanti del Papa, cioè non andiamo “per conto nostro”, ma per fare ciò che il Santo Padre ci indica … Importante non dimenticare che la Chiesa è una Chiesa locale e che quindi la responsabilità è dei vescovi, dei sacerdoti, di tutti ma sempre in comunione con la Chiesa universale e particolarmente con il Santo Padre che è il Successore di Pietro. Dunque, noi siamo lì per aiutare il Papa a conoscere e anche ad agire e per aiutare la Chiesa locale a mantenersi in relazione con il Santo Padre … E’ un lavoro enorme, difficile, però ovviamente io sono aperto, disposto a conoscere come ho sempre fatto nelle diverse missioni. E spero che le cose saranno facili … Ci sono le sfide, ma vado con molta fiducia. La prima cosa è conoscere, ascoltare; e io penso che una delle qualità che il Papa ci chiede è l’ascolto, cioè non andare con idee preconcette …

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Santa Sede all'Onu: droga non si combatte liberalizzandola

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La famiglia svolge un ruolo fondamentale nella lotta alla droga che non si combatte liberalizzandone l’uso. E’ quanto affermato da mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu alla sessione speciale dell’Assemblea generale riunita in questi giorni a New York con l’obiettivo di definire l’indirizzo generale e le priorità delle politiche mondiali sulle droghe per i prossimi decenni. Il servizio di Lisa Zengarini: 

La legalizzazione degli stupefacenti non è la soluzione
Nel suo intervento mons. Auza ha ribadito la ferma opposizione della Santa Sede alla legalizzazione dell’uso degli stupefacenti, la cui diffusione - ha sottolineato citando Papa Francesco - si contrasta piuttosto affrontando i problemi che ne sono la causa. 

La prevenzione si comincia in famiglia
“La Santa Sede – ha quindi proseguito l’osservatore permanente – non sottolineerà mai abbastanza l’importanza della famiglia nelle strategie di prevenzione, trattamento, riabilitazione e reinserimento”. I bambini che crescono in famiglie che si prendono cura di loro infatti, “di solito ricevono l’educazione necessaria perché dicano ‘no’ alle droghe illegali”. 

Riabilitare i tossicodipendenti, non punirli
Ma anche nelle famiglie unite alcune persone possono diventare purtroppo vittime dell’abuso di droga. “Anche queste persone – ha detto l’arcivescovo - hanno bisogno del sostegno e della cura delle loro famiglie e comunità”, compresa “un’assistenza sanitaria e sociale efficace e accessibile”. In questo senso - ha ammonito - è importante non mettere sullo stesso piano consumatori, trafficanti e spacciatori: “Non tutti i reati legati alla droga illegale hanno infatti la stessa gravità” e “una risposta sproporzionata non aiuterebbe la riabilitazione dei tossicodipendenti”.

Più cooperazione internazionale contro la droga
Il problema della droga e dei mali ad essa connessi colpisce tutto mondo. Di qui - ha concluso mons. Auza - la necessità di una “cooperazione internazionale verso una strategia integrata ed equilibra per contrastarlo”.

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La teologa Noceti: in "Amoris Laetitia" c'è visione conciliare

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Un documento che propone una parola nuova sull'amore e al contempo una nuova antropologia cristologica. Sono alcune delle osservazioni della teologa Serena Noceti, vicepresidente dell'Associazione teologica italiana, contenute nella guida alla lettura dell'Esortazione apostolica Amoris Laetitia, pubblicata a Piemme. Al microfono di Fabio Colagrande, la teologa si sofferma innanzitutto sul carattere 'sinodale' del testo del Papa. 

R. – E’ un documento a chiara impronta sinodale, per vari motivi, ma anche perché incomincia a esprimere quella sinodalità che Papa Francesco ci evidenzia come rilevante e significativa per la Chiesa di oggi. Per la prima volta, prima del Sinodo dei vescovi del 2014, è stato inviato a tutti i cristiani e le cristiane del mondo un documento preparatorio composto da una serie di domande con la sollecitazione a offrire delle indicazioni che toccassero la prassi e allo stesso tempo anche la riflessione sulla teologia del matrimonio, sull’esperienza della famiglia, sull’esperienza di coppia, la paternità, l’esperienza della maternità, della genitorialità … Quindi, quei temi che sono stati poi dibattuti nello stesso Sinodo dei vescovi, sono stati in realtà preceduti e accompagnati da una riflessione a più ampio raggio. In fondo, il Concilio Vaticano II ha intuito proprio questa coscienza di Chiesa sinodale. Direi che la novità di questa Esortazione è essere frutto non solo del Sinodo dei vescovi, ma di una sinodalità più allargata che coinvolge la Chiesa intera diffusa in tutto il mondo.

D. – In questo senso, lei sottolinea anche che è un testo che davvero mette in pratica le indicazioni conciliari …

R. – Papa Francesco non ha partecipato al Concilio, però ha vissuto la sua formazione proprio nel tempo del Concilio e dell’immediato post-Concilio. E direi che qui è evidente l’aspetto di una volontà di ripresa di quell’istanza pastorale conciliare – che non vuol dire che non ci sia dottrina, ma che pastorale e dottrina, pastorale e riflessione teologica, pastorale e servizio magisteriale dei vescovi sono in realtà accolti come dinamismi complessivi e interagenti in un cammino complessivo di Chiesa. Mi sembra però interessante rilevare che nel testo è anche presente un forte riferimento alla visione della Costituzione pastorale sulla Chiesa, la Gaudium et spes, e non solo perché Papa Francesco riprende, nell’Esortazione, molti suoi passaggi dedicati alla teologia del matrimonio; ma direi che accoglie quella prospettiva di rinnovamento nella visione dell’antropologia teologica, cioè dell’idea dell’uomo, che è presente proprio nella Gaudium et spes.

D. – Di che tipo di amore si parla in questo documento? Di che amore parla, il Papa?

R. – I due Sinodi del 2014 e del 2015 si erano soffermati sulla famiglia, mentre il sottotitolo si orienta su ciò che è generatore della famiglia, della coppia, della relazione genitoriale, eccetera, che è proprio l’amore. L’indicazione che segna fin dal titolo stesso, appunto Amoris Laetitia, è proprio il sottolineare l’amore. Ma il Papa sceglie di presentare l’amore non in maniera astratta, ma attraverso il richiamo alla prima lettera ai Corinzi, al capitolo 3, 13 – il famoso “inno alla carità”, scritto da San Paolo alla comunità di Corinto – dove troviamo 15 verbi. Il Papa presenta questi verbi per indicarci che l’amore non esiste astrattamente, ma l’amore si incarna, si manifesta, si fa figura di amore, in tutte le relazioni: primariamente, quella di coppia e poi soprattutto la relazione genitoriale. Quindi, da un lato, c’è un esame delle dinamiche, della forma di relazione nuova che l’amore genera, e dall’altra di questa fecondità, che è la fecondità nei confronti dei figli, di una vita feconda, ma anche la fecondità in senso più ampio, più allargato che contraddistingue la presenza della famiglia nella società: è un amore estremamente concreto, ecclesiale.

D. – Potremmo dire che Papa Francesco porta avanti quel suo programma di riforma della Chiesa, anche con l’Amoris Laetitia?

R. – A Firenze, nel novembre 2015, parlando alla Chiesa italiana, il Papa ha proprio utilizzato l’espressione “ecclesia semper reformanda”, e direi proprio che l’Amoris Laetitia tocca un punto chiave dell’identità umana: la dimensione dell’amore, la dimensione anche però degli affetti, dei legami, della struttura sociale e della struttura ecclesiale, perché la famiglia è proprio uno snodo, in questo senso, nella costruzione di una società e della Chiesa intera. Mi sembra di poter dire che Amoris Laetitia costituisca perciò un tassello portante in questo processo progressivo di riforma. Per la forma ecclesiale che attiva, per il processo che consegna, è davvero un tassello particolarmente prezioso e particolarmente significativo.

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Udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza il card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova (Italia), presidente della Conferenza Episcopale Italiana; mons. Bruno Musarò, arcivescovo tit. di Abari, nunzio apostolico nella Repubblica Araba d’Egitto; delegato della Santa Sede presso la Lega degli Stati Arabi; mons. Ivo Scapolo, arcivescovo tit. di Tagaste, nunzio apostolico in Cile.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Gli auguri dell'"Osservatore Romano" al Papa per il suo onomastico.

Cristiani a tre dimensioni: Messa del Pontefice a Santa Marta.

Genio da un penny: il vicedirettore, l'ambasciatore della Gran Bretagna presso la Santa Sede e Silvia Guidi sui quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare.

La domanda cruciale: Giacomo Scanzi su Montini e Giussani nella storia di Comunione e Liberazione.

Quando il Paese non era chiuso a chiave: Cristian Martini Grimaldi sull'ostello degli ambasciatori di Fukuoka, nell'isola di Kyushu, crocevia carico di storia.

Fra le debolezze umane: Gilfredo Marengo sull'"Amoris laetitia".

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Oggi in Primo Piano



Aleppo: popolazione stremata, 40 mila cristiani in fuga

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Proseguono le violazioni della tregua in Siria: almeno 10 persone sono morte negli attacchi aerei del governo siriano su Aleppo, che si conferma la città più martoriata in un conflitto che finora ha causato 400mila morti e 4 milioni di rifugiati. E mentre si allarga il fronte dei nuovi scontri tra lealisti e curdi nel nord-est del Paese, a Ginevra si svolge un nuovo incontro tra le parti e l’inviato speciale dell’Onu, Staffan de Mistura, che assicura: il cessate il fuoco sarà rinnovato. Per una testimonianza da Aleppo, Roberta Barbi ha raggiunto telefonicamente il padre gesuita Ghassan Sahoui: 

R. – Avevamo passato un tempo molto calmo durante il cessate-il-fuoco, ma ora la situazione sembra più tesa. Noi sentiamo sempre i combattimenti, ci sono gli aerei, ma non so esattamente dove stia accadendo tutto ciò … Purtroppo, anche nelle nostre zone hanno ricominciato a cadere colpi di mortaio; sfortunatamente ci sono anche morti e di nuovo tutto il dramma umanitario: di nuovo, quindi, morti, cadaveri, distruzione …

D. – L’area di Aleppo è quella in cui la tregua è messa maggiormente a rischio e si calcola che negli ultimi giorni siano circa 40 mila i cristiani in fuga. La popolazione è stremata …

R. – A livello economico, il valore della lira siriana è quasi inesistente e quindi la vita diventa più cara, tutti i prezzi sono aumentati in modo esorbitante; la gente è sempre più povera e quindi cerca di trovare un modo per vivere: invece di gustare la vita, come tutta la gente fa, qui, invece, cerchiamo le cose essenziali della vita.

D. – Ieri l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, de Mistura, ha parlato di “modesti” progressi nella consegna di aiuti umanitari nelle aree sotto assedio …

R. – Io spero con tutto il cuore che arrivino questi aiuti, ma non ne ho notizia …

D. – Da un paio di giorni si è aperto un altro fronte di conflitto nella regione nordorientale di Jazira tra i lealisti e i curdi. Cosa significa?

R. – Purtroppo, la violenza non crea che violenza. È un cerchio che si sta aggravando di giorno in giorno. Se non ci saranno forti iniziative per fermare questa violenza, sempre più essa distruggerà tutto. Io sono molto triste perché nel mio Paese ci sono sempre conflitti e non riusciamo a vedere un orizzonte di speranza che il problema possa essere risolto. Purtroppo, è sempre una terra di morte e la gente è sempre a rischio. Direi che ci sono anche iniziative belle che danno speranza: ci sono tante belle cose, anche nella sofferenza. La gente diventa più solidale. Sento sempre belle storie: le persone si aiutano l’una con l’altra, ci sono iniziative che emergono da questa sofferenza con l’obiettivo di trovare soluzioni, per dare maggiore consolazione …

D. – Quale appello si può lanciare ancora alla comunità internazionale e in particolare al tavolo negoziale di Ginevra, per Aleppo e per tutta la Siria?

R. – Mi piacerebbe che tutte le parti si mettessero di fronte a Dio e davanti alla loro coscienza per ascoltare la chiamata di Dio: Dio che ci ha creati e che non vuole altro per noi che la vita, è un Dio di vita, è un Dio buono. Vuole quindi la pace, vuole che tutto questo linguaggio dell’odio e delle armi, della guerra, cessi. Se tutte le parti riuscissero a guardare all’uomo, come creatura di Dio, per aiutarla invece di distruggerla perseguendo interessi personali; uscire da se stessi per cercare davvero il bene dell’altro …

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Giornata della Terra a Roma con Earth Day Italia e Focolari

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Si celebra oggi la 46.ma edizione della Giornata mondiale della Terra e sarà dedicato proprio al tema della salvaguardia del pianeta il primo dei 4 giorni della manifestazione: “Un Villaggio per la Terra. Vivere insieme la città”, promossa a Roma da Earth Day Italia e dal Movimento dei Focolari. Seguiranno focus sul dialogo con l’islam, l’immigrazione, la legalità, la fraternità. Il 22 aprile è anche la data scelta dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon come primo giorno utile per la ratifica dell’accordo sul clima siglato a Parigi da165 Stati del mondo. Sull’iniziativa romana Adriana Masotti ha sentito Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia: 

R. – Un’attenzione particolare, quest’anno, Earth Day la rivolge al mondo dei giovani, perché sono i reali promotori del cambiamento. Sarà una quattro giorni di festa e passerà - attraverso le emozioni - il messaggio dell’importanza dell’educazione ambientale. Quindi una prima giornata dedicata al mondo della scuola, con il Giubileo degli studenti, perché quest’anno intercettiamo questo grande evento di Papa Francesco, ma anche poi la musica dei ragazzi: rapper che dal mondo della scuola vengono a cantare il loro impegno per la terra e poi il grande Concerto per la Terra di Rocco Hunt. Il giorno dopo è una giornata dedicata, invece, al mondo del libro: è la Giornata mondiale del Libro e del diritto d’autore. Ci saranno approfondimenti culturali con la “Mariapoli”, che esplorerà anche il mondo della legalità e il mondo dell’immigrazione. Il terzo giorno – domenica, 24 aprile – sarà dedicato all’integrazione culturale. E’ un tema strettamente connesso con quello dell’ambiente: abbiamo 160 milioni di rifugiati ambientali, in giro per il mondo, perché le loro terre non sono più in grado di nutrirli. Quindi ecco una giornata dedicata a loro attraverso approfondimenti culturali, che si concluderà con un grande concerto del Gen Verde per le donne migranti vittime di violenza, e poi con tante piccole esperienze, ma fortemente simboliche. Ne voglio ricordare solo una: la “ Liberi Nantes”, la prima squadra di calcio dei rifugiati che gioca il campionato, ma che non produce punti, perché i suoi giocatori non hanno la cittadinanza. Quindi l’emblema della situazione che vivono questi ragazzi, che si confronteranno calcisticamente con gli studenti della Luiss. Infine, il quarto giorno, il giorno della chiusura, faremo una grandissima biciclettata e candideremo la bicicletta al Nobel per la Pace, perché è veramente l’emblema della mobilità sostenibile.

D. - Tornando al 22 aprile, quindi alla Giornata mondiale della Terra: questa è anche la data scelta dall’Onu per la firma a New York, dell’accordo sui cambiamenti climatici, che è stato stilato lo scorso dicembre a Parigi…

R. – Sì. Questo accordo non cambia le cose: questo accordo apre la strada al cambiamento. Quindi non è un punto di arrivo, ma è un punto di partenza, che ci mette tutti di fronte ad una strada che è in salita. Collegarsi con questa intenzione globale, anche a livello individuale, è per noi il cuore del messaggio di quest’anno. Ban Ki-moon ci ha onorato di scegliere proprio l’Earth Day per la ratifica: noi ci collegheremo dal “Villaggio per la Terra” di Villa Borghese con il Palazzo di Vetro di New York ma vorremmo che il messaggio sia soprattutto al contrario e cioè che dal Palazzo di Vetro si giunga ai ragazzi, che saranno lì ad ascoltare Rocco Hunt e che devono capire che dipende anche da loro il cambiamento.

D. – Un contributo alla salvaguardia del Creato lo sta dando certamente anche la Chiesa e in particolare Papa Francesco con la sua Enciclica “Laudato si’”, con cui ha invitato i governi e le persone al rispetto della casa comune…

R. - In dicembre la voce di Papa Francesco è stata l’unica vera voce in difesa degli ultimi. Davvero forte il messaggio della “Laudato si’”, davvero storico il passaggio epocale della prima Enciclica sulla Custodia del Creato nella storia delle Dottrina Sociale della Chiesa. Noi abbiamo cavalcato questo tema, con convinzione e facendo anche una Marcia per la Terra, che è partita dal Colosseo in occasione della Giornata diocesana di Roma per la Custodia del Creato ed è arrivata a Piazza San Pietro, dove il Papa l’ha salutata. E lì si è visto come il concetto dell’ecologia integrale, il concetto di casa comune abbia saputo aggregare, in vista della Cop21, oltre 130 sigla diversissime l’una dall’altra, perché tutti sentono l’emergenza, tutti sentono il bisogno e la voce del Papa è stata l’unica veramente ad illuminare questo aspetto. Quindi noi oggi arriviamo al “Villaggio per la Terra” non come organizzazione che vuole solo fare una festa, ma come organizzazione consapevole del fatto che c’è bisogno di riaggregare intorno a questo obiettivo. Per la prima volta si uniscono due grandi manifestazioni: la Giornata mondiale della Terra, che esiste dal ’70, e la “Mariapoli”, che esiste dal 1949 grazie al Movimento dei Focolari. Quindi due organizzazioni mondiali che toccano oltre 180 Paesi, che si mettono insieme proprio per dire che è stando insieme che si può produrre il cambiamento, ispirandosi al Papa.

Partner di Earth Day Italia nell’organizzazione del “Villaggio della terra” è, dunque, il Movimento dei Focolari che dal ‘49 promuove in tutto il mondo le Mariapoli, esperienze di convivenza temporanea tra persone impegnate a vivere il comandamento evangelico dell’amore reciproco. Sentiamo Antonia Testa, tra i responsabili del Movimento a Roma: 

R. – C’è il desiderio di costruire qualcosa all’interno della nostra città, una città che sappiamo essere martoriata da tante fragilità. C’è il desiderio da parte di tanti di dare speranza, mettendo in luce il tanto positivo che c’è a Roma. I focus principali sono tra i più caldi dell’attualità. Anzitutto l’islam e il dialogo con l’islam: partendo da un libro, un testo di Michele Zanzucchi: “L’islam raccontato a chi ha paura dei musulmani”. Poi un focus sulla legalità, che ha per titolo “La legalità del noi”: quindi esperienze di legalità affrontate insieme con la testimonianza di personaggi che hanno le mani in pasta in queste tematiche. Un  altro focus ha il titolo “Roma, città aperta alla fraternità” per mettere in evidenza il tema della solidarietà e anche della vocazione di questa città, una vocazione unica, che rende Roma una città davvero aperta alla fraternità universale. Infine, il tema – direi forse il principale anche di tutto il “Villaggio per la Terra” – dell’ecologia integrale, auspicata da Papa Francesco. Per tutti e quattro gli argomenti il punto chiave è il valore del dialogo come conoscenza reciproca, confronto tra le varie realtà e poi accoglienza.

D. – Diceva prima che l’intenzione della “Mariapoli”  è mostrare concretamente tutto ciò che c’è di bello a Roma e quindi la presentazione di esempi positivi. Ma ce ne sono? Dove li avete trovati?

R. – Sì, questo è un desiderio che è nato nel cuore l’anno scorso, proprio appena prima di sapere che Papa Francesco avrebbe indetto il Giubileo della Misericordia. Ci siamo detti: in questa città ci sono migliaia di persone che quotidianamente vivono e lavorano per rendere la Capitale un posto migliore in cui abitare. Poi abbiamo pensato anche alle tantissime associazioni: penso a chi si occupa – ad esempio – delle famiglie dei carcerati; penso a questo amico che è lì, il lunedì sera e il martedì sera, nelle piazze di Roma a dar da mangiare a tutte persone senza tetto; penso alle mamme che si sono associate per i loro figli disabili; penso a tantissime associazioni contro i giochi d’azzardo; penso alle tantissime associazioni mediche…. Ci siamo detti: ma perché non trovare il modo di far venire a galla tutto questo bene che c’è a Roma, per far rinascere l’ottimismo, per far nascere sinergie, per guardare lontano insieme.

D. – Abbiamo pronunciato più volte la parola “Mariapoli” e a questo punto dobbiamo, credo, spiegare brevemente che cosa significa e qual è la sua storia…

R. – Dobbiamo risalire al ’49. Un gruppo di giovani si sono ritrovati tra le Dolomiti, per un periodo di vacanza, e lì hanno vissuto una esperienza speciale, proprio per la vita del Vangelo che c'era fra di loro, hanno sperimentato come potrebbe essere il mondo se tra tutti gli uomini fosse vissuta, in particolare, quella legge “Amatevi l’un l’altro, come io ho amato voi”. La fraternità che si è realizzata tra questi giovani ha attirato tantissime persone. Basti pensare che nell’arco di pochi anni, nel paese di Fiera di Primiero e di Tonadico, sono transitate circa 10 mila persone. A quel punto la “Mariapoli” – così chiamata - la “Città di Maria”, si è moltiplicata in tutto il mondo…

D. – E’ la prima volta che si organizza una “Mariapoli” in centro a Roma: generalmente si preferisce uscire dalla città e andare in un posto magari di vacanza … Che cosa significa questa scelta per il Movimento e anche il fatto di organizzare questo evento insieme ad un’altra organizzazione, l’Earth Day Italia?

R. – Le circostanze ci hanno portato a questa esperienza, che si sta rivelando molto efficace. Con Earth Day Italia condividiamo i valori che l’organizzazione porta avanti nella tutela per il Creato e col desiderio – di cui le parlavo prima – di mettere in luce tutto il bene che tanti compiono ogni giorno a Roma: abbiamo allora detto: perché non realizzare un momento che non sia rinchiuso in un posto pur bello, ma comunque fuori dal nostro quotidiano? Perché non realizzare insieme qualcosa dentro la città? Sarà il nostro un piccolo contributo, ma potrebbe essere un contributo efficace e che poi lascia un segno.

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Mons. Santoro: manca strategia per rilanciare il lavoro al Sud

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Reazioni positive dei sindacati al messaggio della Conferenza episcopale italiana per il primo maggio. Per i vescovi, la scarsità di lavoro in Italia "porta sempre più persone, impaurite dalla prospettiva di perderlo o di non trovarlo, a condividere l'idea che nulla sia più come è stato finora: dignità, diritti, salute finiscono così in secondo piano”. Alessandro Guarasci ha sentito l’arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro mons. Filippo Santoro: 

R. – Nella situazione del Sud certamente manca una strategia specifica per colmare la differenza che esiste tra Nord e Sud. In generale, si vede che c’è un impegno per uscire dalla crisi, e anche per superare la crisi lavorativa. Ma se io penso alla situazione della disoccupazione giovanile nel Sud, a Taranto, ma in altri luoghi più che da noi, siamo al 54%, se non di più, di disoccupazione giovanile, dai 15 al 25-29 anni. Nell’insieme, ci sono quegli indicatori di crescita, 0,8% - 0,9%, che però nel Sud sono 0,1%, e quindi la differenza cresce ed è destinata ad aumentare. Per questo ci vuole proprio una strategia specifica per il lavoro in genere, ma soprattutto una strategia rivolta al Sud.

D. – Voi, nel messaggio, mettete l’accento anche sui diritti delle persone, sui diritti dei lavoratori. C’è stato un calo su questo fronte, secondo lei, dovuto anche a nuove leggi introdotte o semplicemente alla necessità di arrivare a fine mese?

R. – Di fronte alla mancanza di lavoro, il tema più urgente e più immediato è proprio quello che diversi segmenti anagrafici rimangono fuori: i giovani, le donne, gli ultracinquantenni … E ancora, l’urgenza di non sottomettersi a quello che il Papa chiama “paradigma tecnocratico”. Si sente l’esigenza che questa dimensione del lavoro solo in vista della produzione sia superato. Il richiamo che facciamo è quello a riscoprire la dignità del lavoro, il valore del lavoro. E questo è un compito urgente e quindi è un compito educativo.

D. – Voi mettete anche l’accento sulla necessità di uno strumento di contrasto alla povertà. Ecco, in questa legge di stabilità si comincia a vedere qualcosa: bisogna fare altri passi in avanti?

R. – Qui c’è una responsabilità globale delle leggi del governo centrale. Senz’altro bisogna fare grossi passi avanti. Poi, c’è una responsabilità degli imprenditori, perché se vogliamo superare la mancanza di lavoro, se vogliamo superare la povertà, la povertà si risolve non con gli appelli, non con un moralismo generico; si risolve con un rilancio delle opportunità di lavoro, con un rilancio dell’impresa. E poi è necessaria questa educazione dei giovani, proprio perché siano orientati nella direzione di un lavoro più creativo, di un lavoro più attento alle innovazioni tecnologiche.

D. – Torniamo al Sud, dove c’è un’industria estrattiva abbastanza importante. Come va sfruttato il cosiddetto “oro nero”, anche alla luce di quanto emerso dal refedendum, secondo lei?

R. – Bisogna procedere gradualmente, passando dal carbone, dall’oro nero a nuove fonti, a nuove sorgenti energetiche alternative. Lo vedo qui, anche nella situazione del petrolio, dell’Eni, che abbiamo qui a Taranto, ma soprattutto dell’Ilva. E’ ben possibile, per questa grande industria siderurgica, una transizione dal ciclo completo del carbone a un ciclo che introduca il gas, a un ciclo che introduca elementi non inquinanti perché la produzione deve avere, come obiettivo, questa ecologia integrale, che come fine ultimo abbia non solo la produzione, il guadagno, ma la difesa della vita, la difesa del territorio, la difesa del cielo: un passaggio graduale ma oltremodo necessario.

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Unioni civili. Gandolfini: ddl alla Camera senza dibattito

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Il ddl Cirinnà sulle unioni civili approderà alla Camera a maggio senza che ci sia stata una discussione approfondita in Commissione Giustizia e non è escluso un nuovo ricorso del governo alla fiducia. Lo denuncia Massimo Gandolfini, presidente del Family Day, appellandosi al presidente della Repubblica Mattarella perché si esprima sull’incostituzionalità del provvedimento. Ascoltiamo Gandolfini al microfono di Paolo Ondarza

R. – Anche i lavori in Commissione si sono trasformati sostanzialmente in una vera e propria farsa, nel senso che, a differenza della Commissione del Senato, vari emendamenti sono stati rappresentati e discussi, ma la discussione di fatto non c’è stata: si passava immediatamente al voto. Ovviamente la maggioranza è nettamente a favore del Pd, di Sel e di 5 Stelle, per cui, di fatto, tutti gli emendamenti sono stati bocciati.

D. – Voi temete che possa essere posta la questione di fiducia anche alla Camera?

R. – Sì, ricorre sempre più insistente questa voce, per evitare che gli emendamenti che si dovrebbero discutere in aula possano modificare anche solo di una riga la legge, obbligando quindi a ritornare al Senato. Il premier ha dichiarato addirittura ufficialmente entro la fine di aprile. Noi la vediamo un po’ dura la fine di aprile: probabilmente sarà la prima settimana di maggio. Comunque Renzi non vuole correre assolutamente questo rischio e quindi porrà nuovamente la questione di fiducia.

D. – Ricordiamo che, una volta passato alla Camera, il disegno di legge Cirinnà diverrà legge. Che appello vi sentite di fare?

R. – Un appello al popolo, perché guardi bene come l’iter di questa legge sia stato terribilmente antidemocratico. L’altro giorno io ho sentito una dichiarazione del premier che ha detto: “L’Italia reale è da un’altra parte”. E’ esattamente così: l’Italia reale è da un’altra parte ed è quella che è stata rappresentata nelle due piazze di San Giovanni e del Circo Massimo. Confidiamo ancora, però, in un appello a livello istituzionale, perché questa legge – se passerà così com’è – presenta dei grossi profili di incostituzionalità, oltre ad essere una legge che contiene nel testo stesso almeno 21 errori giuridici. Quindi ci siamo appellati naturalmente alla suprema carica dello Stato, al presidente della Repubblica, quale garante della Costituzione, e poi alla Corte Costituzionale. Auspichiamo che il presidente della Repubblica dia un’attenzione speciale ai profili di incostituzionalità di questa legge.

D. – Il popolo del Family Day, che lei definisce appunto “l’Italia reale” e che in due diverse occasioni, a distanza di pochi mesi, ha riempito due piazze – San Giovanni e il Circo Massimo – è stato preso in considerazione dalla politica?

R. – Non è stato assolutamente ascoltato e preso in considerazione. L’unico evento che è capitato, rispetto al testo originale, è stato lo stralcio dell’art. 5 della Stepchild adoption. Ma sia ben chiaro che è stato un evento non dettato dall’aver ascoltato la voce del popolo della famiglia del Family Day: è un evento che è stato dettato da opportunità di ordine numerico, partitico e politico, per evitare che il Pd si spaccasse ulteriormente. Noi di fatto siamo stati sostanzialmente assolutamente inascoltati e questo fa male. Ho sentito ieri sempre una dichiarazione del premier, che dice che il governo ha l’obbligo di ascoltare la piazza e poi decidere in autonomia. Bene, se questo è vero, nell’occasione del disegno di legge sulle unioni civili il governo non ha ascoltato la piazza.

D. – Vi siete arresi, a questo punto?

R. – No, non vogliamo assolutamente arrenderci, perché è una questione di fondo. Questa legge è in grado di mutare l’antropologia storico-culturale della nostra nazione. Non vogliamo fare nessuna discriminazione nei confronti delle persone di pari sesso che vogliano condividere affettivamente, sentimentalmente, la loro vita. Per queste persone diciamo che il codice civile dà già ampie garanzie di mutuo soccorso e questo non deve essere il pretesto per fondare la cosiddetta famiglia gay o omogenitoriale o i matrimoni gay. ll matrimonio e la famiglia, infatti, sono una cosa totalmente diversa da questa. Per questo continueremo a fare tutto il possibile. Avendo l’esperienza negativa del percorso terribilmente antidemocratico che questo disegno di legge ha fatto, abbiamo preso in considerazione il “no” al referendum costituzionale di ottobre. Perché se il premier si comporta così, avendo due Camere attraverso le quali discutere i disegni di legge, figuratevi che cosa succederà il giorno che ci sarà una Camera sola. E visto come si è comportato irrispettosamente nei confronti del popolo, noi questo non lo vogliamo.

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Microcredito, fondo della diocesi di Novara per nuove imprese

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Almeno 50 imprenditori, che non avevano i requisiti necessari per ottenere mutui o prestiti dalle banche, hanno potuto avviare o mantenere le loro attività grazie al fondo finanziato dalla Fondazione San Gaudenzio – istituita dalla diocesi di Novara – e dal Rotary Club. Su questa iniziativa si sofferma, al microfono di Valentina Onori, il presidente della Fondazione e vescovo della diocesi piemontese, mons. Franco Giulio Brambilla

R. – Far ripartire le situazioni che erano "non bancabili". Noi diamo un contributo che deve essere all’inizio restituito in termini molto blandi, per consentire di riattivare la propria iniziativa. E’ il caso in cui c’è lavoro, ma non ci sono le risorse! I contributi vanno da 5 a 15 mila euro. A volte, ci sono anche solo consulenze che riguardano il modo per iniziare una attività oppure per ristrutturarla.

D. – Questa Fondazione riceve i fondi dalla diocesi di Novara…

R. – All’inizio abbiamo fatto una raccolta di fondi consistente, coinvolgendo banche del territorio che prendono – anche loro – un indice di rischio a seconda di come sono avvenute le convenzioni.

D. – Quali sono stati i risultati in questo anno?

R. – Ci siamo occupati di 36 casi per quanto riguarda un inizio attività, un recupero o una ristrutturazione di iniziative familiari o personali.

D. – L’iniziativa, quindi, è nata nel pieno della crisi economica?

R. – Certo e siccome abbiamo una Caritas molto forte, il primo bisogno era soddisfatto: si trattava di rispondere a questa ulteriore richiesta di rientro. Se le famiglie si pagano semplicemente le utenze, ma poi rimangono sempre da aiutare, non ripartono. Il nostro intento è prevalentemente simbolico: fare intuire che accanto alla dimensione economica, c’è molto la dimensione umana. Altrimenti la pura erogazione di una somma non sarebbe sufficiente…

D. – Quali sono i requisiti per l’accesso al microcredito?

R.  – Che ci sia un progetto e che non sia soltanto un colmare un debito. Avendo un progetto interessante, inizialmente noi pratichiamo interessi il più basso possibile – intorno al 2-2,5 percento. Cercano così di far ripartire altre iniziative. Il dato interessante è che mediamente la nostra 'sofferenza' determinata da coloro che non riescono a restituire, è più bassa di quella delle persone che vanno a percepire somme dalla banche.

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Nuovo film su San Francesco: Elio Germano è il Poverello d'Assisi

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Sta per uscire nei cinema "L'amico-Francesco d'Assisi e i suoi fratelli" del regista francese Renaud Fely. Nei panni del Poverello è l'attore italiano Elio Germano, presente al Festival del Cinema Europeo di Lecce per ricevere un premio alla carriera e presentare una retrospettiva a lui dedicata. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Trentacinque anni e trentacinque film. Elio Germano si è adattato al mestiere dell'attore con fatica, non perché non gli piaccia farlo - lo fa anzi benissimo, con una serie di titoli impegnativi e grandi successi che gli sono stati attribuiti da critica e pubblico -, ma soltanto perché sopporta a fatica ciò che sta attorno al cinema. Per lui, infatti, girare un film è prima di tutto la possibilità di crescere in termini di umanità e la felicità di condividere con gli altri un'esperienza artistica. E' accaduto per la sua interpretazione, lodatissima, di Giacomo Leopardi nel film di Mario Martone "Il giovane favoloso". Ugualmente, e forse a maggior ragione, tutto questo lo ha provato quando il regista francese Renaud Fely lo ha chiamato per interpretare il ruolo di San Francesco, insieme a Jérémie Renier nei panni di Frate Elia e Alba Rohrwacher in quelli di Santa Chiara. Protagonista questa volta è la primissima comunità francescana, il gruppo di "fratelli" che seguirono Francesco, e la dimensione anche politica che dovettero affrontare: ossia le varie vicissitudini che su loro gravarono, all'alba del XIII secolo. Le riprese sono state fatte dai primi di ottobre alla fine di novembre dello scorso anno. La produzione cercava ambientazioni soprattutto rurali che avessero conservato lo spirito dell'epoca, come l'Abbazia di Fontfroide, nella regione della Linguadoca-Rossiglione. In Umbria la troupe è stata soltanto per pochi giorni nei dintorni di Gubbio, per girare alcune scene con Santa Chiara. A Elio Germano abbiamo chiesto come si è preparato per l'interpretazione del Poverello di Assisi e che cosa lo ha colpito maggiormente:

“Io ovviamente approfitto del mio mestiere per studiare; non sono laureato - ho finito il liceo - però ho avuto questa grande ‘chance’. E quindi ho approfittato di questo film francese, in cui mi è stato offerto di interpretare San Francesco, per studiare tutto un mondo, grazie ai tantissimi testi che tra l’altro ho trovato con grande disponibilità: ad Assisi ci sono delle grandissime biblioteche e, se si vuole, si trovano tantissime cose soprattutto sulla vita di San Francesco. È molto interessante leggere le varie versioni della sua vita, anche perché in questo modo si scoprono anche tutte le questioni politiche: la paura della Chiesa di un personaggio come Francesco; e come anche la sua storia sia stata poi cambiata a seconda di quello che faceva comodo che passasse. Però è un percorso molto affascinante sia per l’attualità estrema del pensiero francescano che della politica intorno al pensiero francescano: cioè come la Chiesa ha reagito a tutto questo. Ed è una metafora per leggere tantissime altre cose”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Cina: si è spento mons. Zeng, ha trascorso 30 anni agli arresti

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Migliaia di fedeli hanno partecipato nei giorni scorsi in Cina ai funerali di mons. Tommaso Zeng Jingmu, vescovo emerito e non ufficiale della diocesi di Yujiang, nella provincia di Jiangxi, scomparso il 2 aprile all’età di quasi 96 anni.

Funerali celebrati dal nipote
Le esequie sono state celebrate dal nipote del presule, il reverendo Zeng Zhongliang, insieme con una ventina di sacerdoti concelebranti. Il vescovo non ufficiale della diocesi, mons. Giovanni Peng Weizhao, vive da qualche tempo in libertà limitata.

Esempio di umiltà
Mons. Zeng aveva chiesto, nel testamento, di celebrare il suo funerale in forma semplice, senza parlare dei suoi meriti, chiedendo inoltre perdono per le proprie mancanze e ringraziando i sacerdoti della diocesi per la loro dedizione e il loro servizio. I fedeli hanno testimoniato, con la loro presenza, la stima e la riconoscenza per il servizio da lui reso alla Chiesa e alla comunità diocesana per più di 25 anni.

Testimone della fedeltà a Cristo
Mons. Zeng è stato uno strenuo difensore della dottrina cattolica e un coraggioso testimone della fedeltà alla Chiesa, a costo di grandi sacrifici: fu arrestato numerose volte e trascorse circa trent’anni della sua vita in detenzione. Il suo amore a Cristo, alla Chiesa e al Santo Padre è stato di grande esempio per molti.

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Siria: Patriarchi d'Antiochia ricordano i due vescovi rapiti nel 2013

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A tre anni esatti dalla sparizione dei 2 vescovi metropoliti di Aleppo - il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Boulos Yazigi - il Patriarca siro ortodosso di Antiochia, Mar Ignatius Aphrem II, e il Patriarca greco ortodosso di Antiochia, Yohanna X, ricordano la vicenda dei due confratelli nell'episcopato rapiti nei pressi di Aleppo il 22 aprile 2013. In un lungo e intenso messaggio rivolto ai loro “amati figli spirituali”, ai siriani e a tutti gli uomini, i capi delle Chiese cristiane d'Oriente guardano anche alle convulsa situazione mediorientale.

La speranza dei cristiani radicata in Dio
Il caso dei due vescovi rapiti - si legge nel messaggio, riportato dall'agenzia Fides - rappresenta “un'immagine in miniatura della grande sofferenza umana causata dal terrorismo”, fatta di “massacri, sequestri, deportazioni”. Ma se l'intenzione del sequestro era quella di spargere terrore tra i battezzati, i due Patriarchi avvertono che l'operazione non è riuscita: “Noi cristiani - si legge nel documento - siamo i discendenti di coloro che, duemila anni fa, hanno portato il nome di Cristo in questa terra (…). Custodiamo la nostra eredità di antiocheni orientali, passando attraverso difficoltà o tribolazioni”. “In questo cammino tribolato - rimarcano - non abbiamo risparmiato alcuno sforzo, ma la nostra grande speranza è solo in Dio”.

Appello per la salvezza di tutte le persone rapite
“Continueremo a vivere in questo Oriente - affermano i Patriarchi - a suonare le nostre campane, a costruire le nostre chiese, ad alzare le nostre croci. E le braccia protese a queste croci saranno unite a quelle dei nostri fratelli musulmani” si legge nel lungo testo, in cui si sottolinea anche che i seguaci dell'Islam “soffrono come noi i colpi amari del terrorismo cieco”, definito come “un intruso” nelle relazioni passate e presenti tra cristiani e musulmani. Le sofferenze dei cristiani d'Oriente, veri martiri, vengono lette alla luce della salvezza promessa da Cristo: “Nonostante l'orrore della situazione e la sua gravità - scrivono i Patriarchi  - vinciamo tutte le tenebre di questo tempo con la luce degli occhi della Vergine, venerata dai cristiani e musulmani, che noi imploriamo affinché ritornino a noi tutte le persone sequestrate, i nostri fratelli vescovi di Aleppo, insieme con i sacerdoti rapiti”.

Stabilire la pace nella terra della pace
Nel loro messaggio, si lancia anche un appello per la pace, una pace - si afferma - che “non si fonda sui concetti di minoranze e maggioranze, ma si basa sulla coesistenza, la cittadinanza e il discorso religioso non fanatico”. Infine, nella parte conclusiva del documento, i due Patriarchi ringraziano la comunità internazionale per le tante espressioni pubbliche di solidarietà ricevute, ma invitano tutti a sostituire “dichiarazioni di condanna e promesse” con iniziative concrete che documentino nei fatti le buone intenzioni. Esortano, poi, tutti i loro fratelli nella fede a guardare anche le proprie sofferenze nella luce di Cristo Risorto, l'unico che può “confortare il cuore dei nostri figli e stabilire la pace nella terra della pace”. “Questa terra d'Oriente - conclude il messaggio - ora sanguina, ma senza dubbio risorgerà”.

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La Chiesa portoghese aderisce alla colletta per l’Ucraina

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Un gesto significativo che dimostra che “la Chiesa non dimentica mai i suoi fratelli”: con queste parole padre Ivan Hudz, coordinatore della Cappellania nazionale degli immigrati ucraini di rito bizantino in Portogallo, commenta la colletta indetta da Papa Francesco per l’Ucraina. La speciale iniziativa si terrà in tutte le Chiese d’Europa domenica prossima, 24 aprile, ed i fondi raccolti, ai quali si aggiungerà una consistente somma di denaro messa a disposizione dallo stesso Pontefice, andranno a beneficio delle vittime del conflitto che sconvolge l’Ucraina da due anni.

I veri cristiani non sono indifferenti alla sofferenza altrui
“Il sostegno materiale è molto necessario – spiega padre Hudz - ma sono sicuro che questo gesto farà sì che il popolo ucraino non si senta solo e sappia che in Europa esistono ancora veri cristiani che non sono indifferenti alla sofferenza ed ai bisogni degli altri”. “Ultimamente – aggiunge padre Ivan – i mass media non parlano più di questo conflitto, ma esso va avanti, i drammi continuano e ci sono famiglie che hanno perso tutto”.

Migranti ucraini non dimenticano il loro Paese
In Portogallo, padre Hudz accompagna una comunità di circa 60 mila ucraini immigrati, persone che – spiega – non hanno dimenticato le loro radici ed i familiari che hanno lasciato in patria. Tutti i mesi, infatti, vengono inviati furgoni carichi di cibo, vestiti ed aiuti per la popolazione e per i pazienti ricoverati in ospedale, in particolare per coloro che hanno perso un arto e necessitano di una protesi. “Non guardiamo se sono ortodossi o cattolici - conclude padre Hudz - ma guardiamo in primo luogo alla persona”.

I fondi raccolti saranno gestiti dal Pontificio Consiglio Cor Unum
A gestire tecnicamente i fondi raccolti con la colletta di domenica prossima sarà il Pontificio Consiglio Cor Unum che agirà secondo progetti vagliati localmente da un’apposita Commissione. Per la fine del mese di aprile è prevista anche una missione in Ucraina da parte di mons. Giampietro Dal Toso, segretario del dicastero. Infine, qualche dato: secondo l’Onu, il conflitto ucraino ha provocato oltre 9 mila vittime e quasi tre milioni di sfollati e profughi, mentre sono in corso ancora tensioni in particolare nelle zone di Donetsk e Lugansk. (I.P.)

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Zambia: convegno vescovi sull’ambiente con il card. Turkson

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Valutare l’impatto ambientale dell’agricoltura e delle attività estrattive su larga scala: con questo obiettivo si terrà a Lusaka, in Zambia, il 25 e 26 aprile, un incontro ad alto livello organizzato dalla Conferenza episcopale locale (Zec). Tra i relatori attesi, anche il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e pace. La conferenza, infatti, avrà anche lo scopo di creare ed aumentare la consapevolezza sull’importanza dell’ecologia umana e la salvaguardia del Creato, così come indicato dall’Enciclica “Laudato si’ sulla cura della casa comune” di Papa Francesco.

I problemi ambientali del Paese
In Zambia, gli effetti dei cambiamenti climatici si fanno sentire in modo piuttosto allarmante: le precipitazioni ridotte e l’imprevedibilità delle condizioni meteorologiche hanno determinato il fallimento del raccolto, mentre la grande diga di Kariba, al confine tra Zambia e Zimbabwe, ha creato gravi problemi strutturali, provocando anche un calo significativo delle riserve d’acqua nei serbatoi. Non solo: la società statale per la fornitura di servizi, la Zesco, ha avviato il razionamento dell’energia elettrica in tutto il Paese, mentre molti alberi sono stati abbattuti per la produzione di carbone.

Collaborare tutti alla salvaguardia del Creato
Tale situazione, naturalmente, preoccupa la Chiesa zambiana: il segretario generale della Zec, padre Cleophas Lungu, sottolinea che “questo scenario deve essere affrontato se vogliamo portare avanti un cambiamento nel comportamento” ecologico. La conferenza prenderà in considerazione anche gli effetti dell’estrazione mineraria su larga scala, in particolare del rame. “Come Chiesa, siamo entusiasti di ospitare questo incontro – conclude padre Lungu – perché l’economia nazionale è guidata, in gran parte, dal settore minerario e quindi bisogna essere consapevoli dell’impatto ambientale che esso ha”. Di qui, il richiamo a collaborare tutti per la salvaguardia del Creato. (a cura di padre Paul Samasumo – I.P.)

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Sud Africa: iniziava anti-tratta promossa dalla Chiesa cattolica

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“Taxi contro il traffico di esseri umani”: si chiama così l’iniziativa promossa dalla Conferenza episcopale del Sudafrica (Sacbc) per sensibilizzare i tassisti su questa piaga umana e sociale. Il progetto è stato presentato in una conferenza di tre giorni, dal 12 al 15 aprile, organizzata dall’Ufficio contro la Tratta degli esseri umani (Counter Trafficking in Persons Office CTIP) della Chiesa locale, in collaborazione con i superiori degli istituti religiosi.

Il dramma dei minori
“Il traffico di esseri umani, specialmente quello di bambini, è molto diffuso in Sudafrica”, ha detto suor Melanie O’ Connor, coordinatrice del CTIP, citata dall’agenzia Fides. “Non solo esiste il problema del traffico all’interno del Paese, ma la maggior parte della tratta di tra i 14 e i 23 anni avviene attraverso i nostri confini da parte di singoli individui e gruppi criminali organizzati”.

Insieme per fare la differenza
Il 14 aprile i tassisti si sono riuniti presso l’Harties Taxi Rank a Hartbeespoort, nel comune di Madibeng, per esprimere solidarietà all’iniziativa promossa dalla Chiesa cattolica. In quell’occasione suor Melanie ha sottolineato il ruolo che giocano i tassisti nel combattere la tratta degli esseri umani, segnalando alle autorità i trasferimenti sospetti da parte di passeggeri con minori.“Insieme possiamo fare la differenza”, ha concluso la religiosa. (L.M.) (Agenzia Fides 21/4/2016)

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Santa Croce: seminario su comunicazione Chiesa nell’era digitale

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Partecipazione e condivisione. Gestire la comunicazione della Chiesa in un contesto digitale. È questo il tema del prossimo Seminario Professionale sugli Uffici di Comunicazione della Chiesa, organizzato dalla Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce. Giunto alla decima edizione, l’evento si svolgerà dal 26 al 28 aprile a Roma e prevede la partecipazione di circa 350 professionisti provenienti da trenta Paesi, la maggior parte dei quali direttori di comunicazione di Conferenze episcopali, diocesi e altre istituzioni ecclesiali.

Cercare risposte che aiutino la Chiesa a comunicare nel contesto digitale
Il titolo di questa edizione fa riferimento al nuovo contesto comunicativo: “lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni, e in particolare l'universalizzazione dei social media – spiegano dal comitato organizzatore – ha creato un contesto comunicativo dove le relazioni si moltiplicano, i tempi di diffusione si accelerano e quelli della riflessione e della risposta si accorciano”. Lo scopo dell’edizione di quest’anno, rileva un comunicato dell’ateneo pontificio, è proprio quello di cercare risposte che aiutino i comunicatori della Chiesa a sfruttare gli aspetti positivi e limitare i rischi legati al nuovo scenario della comunicazione pubblica. Oltre all'aggiornamento sulle nuove tendenze e sulle modalità di funzionamento degli uffici di comunicazione della Chiesa, il seminario si pone come un’occasione di scambio di esperienze tra i professionisti da Paesi e culture diverse.

Oltre alle relazioni, 5 panel e 5 workshop
Il programma prevede, oltre alle relazioni principali, 5 panel e 5 workshop distribuiti lungo le tre giornate dei lavori, così come la presentazione di Comunicazioni ed esperienze da parte dei partecipanti e diversi dibattiti con i relatori. Attesa, dall'Università di Kansas (Stati Uniti), la partecipazione del professor Charles Marsh, che terrà la relazione Il nuovo ruolo dei comunicatori: da diffusori di contenuti a propulsori di cultura. Il teologo carmelitano Antonio Maria Sicari parlerà invece de La forza comunicativa della misericordia, mentre Daniele Chieffi, responsabile Media Relations di ENI, interverrà su Social media policies: principi e tendenze. Tra i panel, Chiesa e comunicazione: cosa imparare dai cristiani in ambienti difficili, con il vescovo di Gbarnga (Liberia), Anthony Fallah Borwah, l'amministratore apostolico di Estonia, Philippe Jourdan, e l'Ausiliare di Baghdad (Iraq), Basilio Yaldo; uno su Big data e Comunicazione istituzionale, con Alessandro Chessa (IMT, Lucca) e Marc Argemí (Sibilare, Barcellona); alcune esperienze di gestione dell'identità digitale e una tavola rotonda con giornalisti che si occupano di informazione religiosa.

Previsto incontro con mons. Viganò sulle sfide comunicative della Chiesa
I workshop verteranno invece su esperienze di alcuni portavoce di conferenze episcopali e direttori di comunicazione, come Ivan Maffeis (Italia), Rafael Medeiros (Brasile), Margaret Doherty (Regno Unito) e Marion Mulhall (Irlanda); sulla comunicazione di eventi religiosi nell'era digitale, come la recente Beatificazione di Oscar Romero; su esperienze di comunicazione nei viaggi con il Papa; e su come generare una voce autorevole nelle reti sociali, con Eduardo Arriagada (Università Cattolica di Santiago del Cile) e Daniele Bellasio (caporedattore de Il Sole 24 Ore). Il programma include anche un workshop rivolto a responsabili di televisioni cattoliche. Mercoledì 27 aprile è inoltre previsto un incontro con il nuovo prefetto della Segreteria per la Comunicazione, mons. Dario Edoardo Viganò, che illustrerà le nuove sfide comunicative della Chiesa. (A.G.)

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Croazia: convegno nazionale di pastorale familiare

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“Paternità e maternità, le due facce della missione di essere genitori”: sotto questo titolo, il 22 e il 23 aprile, nella città croata di Osijek, si svolge il secondo convegno nazionale di pastorale familiare, promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia e della vita della Conferenza episcopale croata e dalla rispettiva commissione dell’arcidiocesi di Dakovo-Osijek.

L’evoluzione del ruolo del padre e della madre
All’evento, riferisce l’agenzia Sir, partecipano 150 delegati impegnati nella pastorale familiare - coppie, famiglie con figli, sacerdoti, religiosi e religiose, consiglieri familiari - provenienti dalle sedici diocesi croate, ma anche dalla diocesi di Cattaro in Montenegro e dall’arcidiocesi di Sarajevo in Bosnia. Tra i temi in programma, spiegano gli organizzatori, “l’evoluzione del ruolo del padre e della madre, la loro posizione nella società moderna e l’impatto della paternità e della maternità sulla famiglia, la società e la Chiesa”.

Indissolubilità del matrimonio, principio fondamentale
Il convegno cercherà di unificare la teoria alla pratica per rispondere alle sfide e alle domande delle famiglie. “Oggi la famiglia è minacciata da molte parti - ha detto mons. Duro Hranic, arcivescovo di Dakovo-Osijek - ma l’indissolubilità del matrimonio cristiano non è una meta da conseguire, bensì un principio dal quale si parte”. Secondo Peter Hodzic, dall’Ufficio nazionale per la famiglia, “servono esempi positivi della gioia di essere genitori per incoraggiare sia gli sposi sia i giovani affinché non rimandino il matrimonio a lungo”.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 113

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.