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Sommario del 24/04/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa ai giovani: la felicità non ha prezzo, non è una App

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“Non accontentatevi della mediocrità, di ‘vivacchiare’ stando comodi e seduti”. Il Papa si è rivolto in questo modo nell’omelia agli oltre 70 mila ragazzi, e ai loro accompagnatori, questa mattina a Piazza San Pietro per la Messa del Giubileo dei Ragazzi. Arrivati da ogni parte d’Italia e del mondo, hanno affollato la piazza fin dalla prima mattinata. Da Francesco, un invito a costruire il futuro “insieme agli altri e per gli altri, mai contro qualcun altro”, basando tutto sull'amore "carta d'identità del cristiano". Il servizio di Alessandro Guarasci: 

E' libero chi sceglie il bene
Francesco invita i giovani a scegliere sempre e comunque il bene. Dunque, “la libertà non è poter sempre fare quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e sinceri; non è vero che quando io sto bene tutto va bene”. E allora, ecco che bisogna saper distinguere, fa capire il Papa, perché, “è libero chi sceglie il bene, chi cerca quello che piace a Dio, anche se è faticoso. Ma solo con scelte coraggiose e forti si realizzano i sogni più grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita”. 

La felicità non è un'app, non ha prezzo
Le scelte che quindi i ragazzi sono chiamati a fare, sono definite dal Papa “coraggiose e forti”, perché solo con esse “si realizzano i sogni più grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita”. Dunque, no alla “mediocrità”:

"Non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicendovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all’ultima moda. La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una ‘app’ che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore”.

Insomma, anche questi giovani - molti di loro oggi a San Pietro non hanno più di 16 anni - sono chiamati a scelte radicali.

L’amore si nutre di fiducia, di rispetto e di perdono
Per fare queste scelte radicali, serve “un impegno radicale di chi sa di realizzare grandi sogni”, "se un giovane non sa sognare è già andato in pensione". La via dunque è segnata: “L’amore si nutre di fiducia, di rispetto e di perdono. L’amore non si realizza perché ne parliamo, ma quando lo viviamo: non è una dolce poesia da studiare a memoria, ma una scelta di vita da mettere in pratica”. Ed ancora:

“Quando amare sembra pesante, quando è difficile dire di no a quello che è sbagliato, guardate la croce di Gesù, abbracciatela e non lasciate la sua mano, che vi conduce verso l’alto e vi risolleva quando cadete”.

Chiamati a costruire il futuro assieme agli altri
Il Papa dimostra di avere fiducia nei giovani: il futuro della Chiesa si fonda anche su di loro. “So che siete capaci di gesti di grande amicizia e bontà – dice Francesco - siete chiamati a costruire così il futuro: insieme agli altri e per gli altri, mai contro qualcun altro! Farete cose meravigliose se vi preparate bene già da ora, vivendo pienamente questa vostra età così ricca di doni, e senza aver paura della fatica":

"Fate come i campioni sportivi, che raggiungono alti traguardi allenandosi con umiltà e duramente ogni giorno. Il vostro programma quotidiano siano le opere di misericordia: allenatevi con entusiasmo in esse per diventare campioni di vita! Così sarete riconosciuti come discepoli di Gesù. E la vostra gioia sarà piena”.

L'amore è la carta d'identità del cristiano
Gesù dunque è la via. Per il Papa “anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui, Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso. E questo è tanto importante! Perché la minaccia principale, che impedisce di crescere bene, è quando a nessuno importa di te, quando senti che vieni lasciato in disparte. Il Signore invece è sempre con te ed è contento di stare con te”. L'amore, in fondo, è "la carta d’identità del cristiano, è l’unico “documento” valido per essere riconosciuti discepoli di Gesù", Un amore "concreto" che non è, avverte il Papa, una "telenovela".

Se cadete, alzatevi, Dio vi vuole in piedi!
Quando si sbaglia bisogna avere il coraggio di andare avanti. "Nella vita - fa notare il Santo Padre - sempre si cade, perché siamo peccatori, siamo deboli. Ma c’è la mano di Gesù che risolleva noi, che ci alza. Gesù ci vuole in piedi! Quella parola bella che Gesù diceva ai paralitici: 'Alzati!'. Dio ci ha creati per essere in piedi. C’è una bella canzone che cantano gli alpini quando salgono sui pendii. La canzone dice così: 'Nell’arte di salire, l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduto!”. Avere il coraggio di alzarsi, di lasciarci alzare dalla mano di Gesù. E questa mano, conclude, "tante volte viene dalla mano di un amico, dalla mano dei genitori, dalla mano di quelli che ci accompagnano nella vita. Anche Gesù stesso è lì. Alzatevi. Dio vi vuole in piedi, sempre in piedi".

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Papa al Regina Caeli: liberare persone sequestrate in Siria e nel mondo

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Al termine della celebrazione in Piazza San Pietro, il Papa ha rivolto un saluto ai pellegrini prima della recita del Regina Caeli. Il pensiero del Pontefice è andato in particolare a quanti, laici e religiosi, sono sotto sequestro in Siria e nel mondo. Il Pontefice ha dunque levato un nuovo accorato appello per la loro liberazione. Dopo il Regina Caeli, Francesco, in papamobile, ha salutato a lungo i tantissimi fedeli, 120 mila secondo la Questura di Roma, presenti fino a metà di Via della Conciliazione. Il servizio di Alessandro Gisotti

Una testimonianza “gioiosa e chiassosa”. Al Regina Caeli, Papa Francesco definisce così il Giubileo dei Ragazzi e ringrazia i giovani di tutto il mondo per aver vissuto a Roma “momenti di fede e di fraterna convivialità”.

Liberare i sequestrati in Siria, Dio tocchi il cuore dei rapitori
Quindi, il pensiero va, ancora una volta, a quanti in Siria soffrono a causa della guerra e della violenza:

“È sempre viva in me la preoccupazione per i fratelli vescovi, sacerdoti e religiosi, cattolici e ortodossi, sequestrati da molto tempo in Siria. Dio Misericordioso tocchi il cuore dei rapitori e conceda quanto prima a quei nostri fratelli di essere liberati e poter tornare alle loro comunità. Per questo vi invito tutti a pregare, senza dimenticare le altre persone rapite nel mondo”.

I martiri della guerra civile spagnola, coraggiosi testimoni
Il Papa ha così ricordato la Beatificazione a Burgos di cinque martiri uccisi per la fede durante la guerra civile spagnola: “Lodiamo il Signore - ha affermato - per questi suoi coraggiosi testimoni, e per loro intercessione supplichiamolo di liberare il mondo da ogni violenza”. Quindi, dopo il Regina Caeli, una nuova esortazione per i giovani venuti a Roma per il loro Giubileo:

"Cari giovani, avete celebrato il Giubileo: adesso tornate a casa con la gioia della vostra identità cristiana. In piedi, la testa alta, e la vostra carta d’identità nelle vostre mani e nel vostro cuore! Che il Signore vi accompagni. E, per favore, pregate anche per me. Grazie".

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I giovani: le parole del Papa ci incoraggiano verso il futuro

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“Cari giovani, con la grazia di Dio possiate diventare cristiani autentici e coraggiosi, testimoni di amore e di pace”. Questo il tweet pubblicato da Papa Francesco questa mattina, in occasione del Giubileo dei Ragazzi. Decine di migliaia i giovani festanti arrivati da ogni parte del mondo, che hanno invaso oggi, Piazza San Pietro per poter partecipare alla Messa giubilare con il Pontefice. Ascoltiamo le loro emozioni raccolte da Marina Tomarro: 

D. – Da dove venite?

R. – Da Bologna.

D. – Cosa vi rimarrà di queste giornate?

R. – Sicuramente il pellegrinaggio, il senso dello spirito di misericordia che dà questo momento, questo luogo e l’evento; il poterlo condividere con i nostri ragazzi sicuramente è la cosa più bella di questi giorni.

D. – Da dove venite qui a Roma?

R. – Da Varazze, in Liguria.

D. – Cosa porterete a casa?

R. – L’emozione di essere stati qui, di aver visto il Papa, delle sue parole che ci hanno comunque commosso e ci resteranno sempre d’aiuto per la vita.

R. – Trovarsi, e trovarsi tutti insieme per condividere la stessa fede … Quando si vivono queste situazioni si capisce veramente che non si è da soli, si è in tanti.

D. – Delle parole del Papa, cosa ti ha colpito in particolare? Cosa conserverai nel tuo cuore?

R. – Il fatto che lui incoraggi sempre i giovani a fare di più.

R. – Il fatto che la libertà non è fare ciò che vogliamo, ma fare ciò che fa bene agli altri, e anche a noi stessi.

R. – Che noi ragazzi dobbiamo testimoniare e condividere la nostra fede perché saremo noi, in futuro, a doverla trasmettere e fare capire che è bello essere cristiani.

D. – Il Papa vi ha detto pure che un giovane che non sogna è un giovane già vecchio. Allora in che modo sognano oggi, i giovani?

R. – Penso che i tanti giovani che sono qui dimostrano il fatto che sognano bene e che hanno dei sogni nel cassetto che non sono futili ma sono profondi.

R. – I giovani sicuramente sognano un mondo migliore: c’è tanto lavoro da fare, sicuramente; non bisogna mai perdere la speranza. Il Papa questi temi li ha fatti suoi: di speranza, di un mondo migliore e di non dimenticarsi di chi ha più bisogno di una mano.

D. – Il Papa ha detto anche che la felicità non è una “App”: in che modo si risponde a questa sua provocazione?

R. – Non è una “App”, bisogna viverla e soprattutto non è uno strumento ma bisogna viverla con il cuore.

R. – Secondo me, la felicità è la meta che devono seguire questi giovani per trovare il loro senso del perché il Signore li ha pensati e li vuole felici.

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Festa dei ragazzi all'Olimpico. Il Papa: siate testimoni di perdono

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Un grande festa fatta di musica e testimonianze. E' quella che hanno vissuto decine di migliaia di adolescenti, ieri sera allo Stadio Olimpico, per il Giubileo dei Ragazzi. A loro Papa Francesco si è rivolto con un videomessaggio, su cui ci riferisce Stefano Leszczynski: 

Il Papa saluta gli oltre 60 mila giovani convenuti a Roma per il Giubileo dei Ragazzi e delle Ragazze e si rammarica di non averli potuti raggiungere per la loro festa allo Stadio Olimpico. Papa Francesco tuttavia ci tiene a far sapere ai giovani che segue le loro iniziative e li ringrazia per la "pacifica invasione" di Piazza San Pietro, trasformata in un enorme confessionale, e per avere attraversato la Porta Santa:

“Non dimenticate che la Porta indica l’incontro con Cristo, che ci introduce all’amore del Padre e ci chiede di diventare misericordiosi, come Lui è misericordioso”.

Le opere di misericordia corporale – riportate sulla bandana donata ai giovani in occasione del Giubileo – appartengono alla vita di tutti i giorni, spiega Papa Francesco, e permettono di riconoscere il volto di Gesù nel volto di chi incrocia il nostro cammino, soprattutto i più deboli: profughi, forestieri, ammalati:

"Essere misericordiosi vuol dire anche essere capaci di perdono. E questo non è facile, eh? Può succedere che, a volte, in famiglia, a scuola, in parrocchia, in palestra o nei luoghi di divertimento qualcuno ci possa fare dei torti e ci sentiamo offesi; oppure in qualche momento di nervosismo possiamo essere noi ad offendere gli altri. Non rimaniamo con il rancore o il desiderio di vendetta!".

Perdonare e dimenticare il torto ricevuto dice il Papa serve ad essere veri testimoni di misericordia e l’obiettivo è semplice: comprendere l’insegnamento di Gesù ci permette di sperimentare la vera felicità. Ma perché ciò sia possibile bisogna disporsi nella giusta maniera:

"Ragazzi, quante volte mi capita di dover telefonare a degli amici, però succede che non riesco a mettermi in contatto perché non c’è campo. Sono certo che capita anche a voi, che il cellulare in alcuni posti non prenda... Bene, ricordate che se nella vostra vita non c’è Gesù è come se non ci fosse campo! Non si riesce a parlare e ci si rinchiude in se stessi. Mettiamoci sempre dove si prende! La famiglia, la parrocchia, la scuola, perché in questo mondo avremo sempre qualcosa da dire di buono e di vero".

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Giornata del martirio armeno. Sandri: viaggio del Papa sarà profetico

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Si celebra questa domenica l’anniversario del ‘Metz Yeghern’, il Grande Male, come viene indicato dagli armeni: l’orribile massacro del 1915 di un milione e mezzo di armeni. La Giornata della Memoria armena porterà in piazza, a Roma, sia armeni che italiani. Ieri pomeriggio, al Pontificio Collegio Armeno, si è svolta una veglia di preghiera con il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: 

R. – Fare memoria è sempre un cammino che dobbiamo fare per ricordare questi fatti terribili della storia umana, che siano allo stesso tempo periodo di purificazione per poter contemplare la gravità, la profondità della malizia del cuore umano, e non per restare, con questa memoria, aggrappati a un passato, ma per aprirci a un futuro di grandi possibilità di riconciliazione, di convivenza, un futuro migliore. Io credo che, per questo, sia un fatto obbligatorio fare memoria del passato di gravissime ingiurie alla dignità umana, come sono le guerre e tutte le altre persecuzioni e ingiustizie contro gli esseri umani, ma per rinascere a una possibilità nuova, a una speranza nuova.

D. – Ancora oggi, il ricordo del martirio armeno, però, è quanto mai è portatore di gravi e importanti tensioni …

R. – Sì. Certamente, ci sono anche le ferite che rimangono dopo questi terribili fatti. Adesso noi tutti siamo anche sensibili alla tragedia e ai morti, alle vittime di questa realtà del Nagorno Karabakh e speriamo che si possa, con l’aiuto della comunità internazionale, trovare una forma di soluzione giusta e permanente per un conflitto che può portare gravissime conseguenze ai due popoli, specialmente per l’Armenia, Paese così caro alla Chiesa cattolica, il primo Paese cristiano. Speriamo che tutto questo non si trasformi in una guerra tra religioni e tra posizioni così diverse. Perciò, io sostengo che l’intervento di quelli che possono aiutare, e che devono aiutare, porti a fare di queste soluzioni qualcosa di permanente, perché si evitino questi scontri che si aggiungono a tutte le sofferenze nella storia del popolo armeno – nel caso dell’Armenia – e che si aggiungono a tutta questa specie di ondata di guerre di popoli e di religioni che ledono la convivenza umana.

D. – A giugno, il Papa si recherà in Armenia. Questo è un viaggio molto sentito da Francesco ed è una visita che ha degli aspetti piuttosto complicati…

R. – Di per sé, è una visita al Caucaso fatta in due tappe: la tappa dell’Armenia e poi la tappa della Georgia e dell’Azerbaigian, così è stato annunciato dalla Santa Sede. Ma io vedo in questo viaggio del Papa, come in tutti i viaggi che ha fatto, questa dimensione intanto di vicinanza, questa dimensione dell’incontro. Lui troverà, per esempio in Armenia, in particolare la Chiesa apostolica armena, la Chiesa che ha aperto le porte anche alla Chiesa cattolica, la Chiesa che ha ricevuto San Giovanni Paolo II, che ha dato la possibilità di esistere, anche, perché della Chiesa cattolica lì non c’era nulla, dopo il comunismo. E allo stesso tempo, incontrerà la popolazione e potrà fare, in realtà, tutto quello che lui fa nei suoi viaggi: incontrare, essere vicino, specialmente a tutti quelli che soffrono. Allo stesso tempo, è l’incontro, la visita, che si fa profezia di un mondo migliore, di un mondo che supera le divisioni, che supera queste dannosissime realtà che ledono la vita umana. C’è tanta gente che soffre e sono soprattutto i più deboli: le donne, i bambini e gli anziani, sono loro le vittime degli esodi, degli scontri, sono i profughi. E’ tutto ciò che vediamo giorno dopo giorno e davanti al quale il Papa fa dei gesti come la visita a Lesbo – ma l’aveva fatto già a Lampedusa – portando lì un grido: questo non è compatibile con la dignità della persona umana! Non si può far sì che tutto questo sia subordinato ad altri interessi o ad altri progetti di progresso, di benessere per l’umanità, che vanno a colpire queste popolazioni perseguitate che devono fuggire a causa delle guerre e di tutti gli scontri che conosciamo nel Medio Oriente. Quindi, io vedo, nel viaggio del Papa, queste due dimensioni che per me sono anche arricchite da altre qualità della vita del Papa, ma soprattutto vedo in lui – come vescovo, come pastore – colui che incontra, che viene ad aprire il cuore e le mani a chi ha bisogno e che, allo stesso tempo, annuncia profeticamente un futuro che tutti noi dovremmo capire, che tutti noi dovremmo far diventare realtà, secondo le nostre possibilità e secondo la propria responsabilità. Io sono felicissimo che questa promessa del Papa si faccia realtà per tutti loro e direi anche per tutto il popolo armeno della diaspora sarebbe una cosa magnifica che questo messaggio del Papa portasse a tutti questa grandezza d’animo, questa magnanimità, per vedere un’Armenia del futuro aperta, portatrice di tutti i suoi valori alla comunità internazionale. Mi auguro che questo viaggio annunciato del Santo Padre sia portatore di tanto bene sia per la carissima Armenia sia per gli altri due Paesi come la Georgia, che anche è un Paese cristiano, e anche per l’Azerbaigian. Il Caucaso dev’essere un ponte, come dice il Papa accennando ad altre realtà, non un muro di divisioni e di guerre, ma un ponte che unisca l’Oriente e l’Occidente.

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Oggi in Primo Piano



Iraq: duplice attentato a Baghdad, almeno 14 i morti

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In Iraq un duplice attentato nella capitale Baghdad ha provocato la morte di almento 14 persone e decine di feriti. Nuovi scontri anche nel Nord del Paese tra peshmerga curdi e paramilitari. La cronaca nel servizio di Elvira Ragosta: 

Due attacchi kamikaze, quasi contemporanei, nella tarda serata di ieri in due quartieri di Baghdad. Secondo quanto riportano i media locali, il primo attentatore era a bordo di un’auto imbottita di esplosivo. Si è fatto saltare in aria scagliandosi contro un posto di blocco nel sobborgo orientale di Hussainiyah, quartiere sciita della capitale, provocando la morte di sei civili e quattro militari e il ferimento di una trentina di persone. Stesse modalità per il secondo attacco, avvenuto a pochissima distanza di tempo. Questa volta a essere colpito è stato un convoglio militare nel sobborgo meridionale di Arab Jabour. Nell’esplosione hanno perso la vita quattro membri delle forze di sicurezza irachene, otto, invece, i feriti. La responsabilità di uno degli attentati sarebbe stata rivendicata dal sedicente Stato islamico. Inoltre, ieri nuovi scontri fra peshmerga curdi e milizie paramilitari turcomanne sciite sono esplosi nel Nord dell’Iraq. Secondo fonti della sicurezza irachena, le violenze sono costate due morti e diversi feriti, portando alla chiusura dell'arteria stradale strategica che collega Baghdad a Kirkuk.

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Presidenziali in Austria: previsto crollo dei partiti tradizionali

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E' in corso questa domenica il primo turno delle presidenziali in Austria, una tornata segnata profondamente dalla questione dei migranti. Gli analisti prevedono un vero e proprio terremoto politico, con l’avanzata dei Verdi e dei liberali xenofobi. Secondo i sondaggi, i candidati dei partiti tradizionali - socialdemocratici e popolari – non arriveranno neanche al ballottaggio in programma il prossimo 22 maggio. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Gerhard Mumelter, collaboratore della rivista Internazionale: 

R. - I sondaggi ci dicono che queste elezioni saranno una batosta per i due partiti predominanti: i socialdemocratici e i democristiani che governano l’Austria ininterrottamente dalla Seconda Guerra Mondiale in poi. Nei sondaggi in testa c’è un professore universitario verde, un personaggio abbastanza pacato e appaiato c’è il candidato dei liberali xenofobi e di destra. Probabilmente la gara si svolgerà tra questi due.

D. - Come ha pesato il tema dell’immigrazione in campagna elettorale?

R. - Ha pesato moltissimo, perché se pensiamo a tutte le discissioni che ci sono state, alla chiusura della frontiera di Spielfeld, quella verso i Balcani, alle polemiche sui controlli al Brennero, al fatto che l’Austria ha accettato 70 mila immigrati. Naturalmente questo è l’argomento più importante. Noi dobbiamo anche ricordare che l’Austria è un Paese piccolo, che ha meno abitanti della sola Lombardia. Quindi c’è quest’ansia di migliaia e migliaia di profughi che premono sulle frontiere. Adesso la frontiera verso i Balcani è chiusa e si attende cosa succeda al Brennero, magari quando riprende il flusso dei migranti dalla Libia.

D. - I partiti al potere hanno perso appeal. Dove hanno sbagliato?

R. - Diciamo che sono partiti un po’ logorati dal fatto che governano da oltre mezzo secolo. Abbiamo già visto che negli ultimi due anni questi due partiti nelle elezioni dei vari lander dell’Austria hanno perso qualcosa come cento seggi nei vari parlamenti regionali e adesso ovviamente stanno precipitando perché il partito più forte è quello liberale, quello xenofobo, quello lepenista che secondo i sondaggi politici arriva quasi al 35%.

D. - Quali scenari si aprono per il Paese?

R. - Adesso dobbiamo vedere chi sarà eletto presidente. Penso che il governo del cancelliere Faymann non sopravviva a questa batosta se poi è quella che ci pronosticano i sondaggisti. Penso che probabilmente non subito, ma forse in autunno, il governo sarà costretto a dimettersi e poi si va alle elezioni politiche che erano previste solo per il 2018!

D. - Quali sono gli umori degli austriaci? Che tipo di sentimento hanno nei confronti della classe politica?

R. - Prima di tutto sono insoddisfatti. In questo l’Austria non fa eccezione; se noi vediamo quello che è successo negli ultimi anni in Svizzera, in Olanda, in Danimarca e in Germania i partiti xenofobi e di destra aumentano dappertutto. Questo è anche il caso dell’Austria, dove il partito liberale adeso è arrivato al 35%, ma non escludo che alle politiche possa arrivare anche al 40%.

D. - C’è il rischio di una deriva xenofoba e nazionalista?

R. - Fra questi candidati che aspirano alla successione del presidente uscente Heinz Fisher, ci sono due personaggi abbastanza pacati: il verde Alexander Van der Bellen e Irmgard Griss, una candidata, l’unica donna liberale, moderata, ex presidente della Corte federale, certamente un personaggio tranquillo da questo punto di vista e, come unica donna che potrebbe poi al ballottaggio prendere anche i voti democristiani, se riuscisse ad arrivarvi, avrebbe delle grandi chance di diventare la prima donna presidente dell’Austria.

D. - Se invece vince il candidato dei Verdi, l’Austria avrebbe il primo presidente ecologista d’Europa …

R.- Sì, questo è vero, ma Alexander Van der Bellen ha la possibilità di prendersi nel secondo turno – se il suo antagonista dovesse essere il liberale – i voti moderati, cioè quelli degli elettori socialdemocratici e dei democristiani che in grande maggioranza non voteranno per la destra xenofoba.

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Anniversario Sisma Nepal. Caritas: ricostruzione stenta a partire

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A un anno dal terremoto in Nepal la Caritas italiana ha pubblicato un rapporto per fare il punto della situazione. Le condizioni di vita della popolazione rimangono di assoluta emergenza perché la ricostruzione non è ancora partita. I ritardi sono dovuti all’instabilità politica del Paese per via dei difficili rapporti con la vicina India. Una delegazione di Caritas Internationalis, intanto, sarà in questi giorni in Nepal per promuovere nuovi progetti di rilancio e di assistenza. Daniele Gargagliano ha chiesto di tracciare un bilancio sulle iniziative messe in campo dalla Caritas italiana a Fabrizio Cavalletti, responsabile dell'ufficio Asia dell’organismo caritativo della Cei: 

R. – La strada per la ricostruzione è ancora abbastanza ardua, in quanto non è ancora iniziata e quindi fino a quando non si potrà realmente mettere la prima pietra, il primo mattone è bene essere molto cauti. Tutto ciò che doveva essere fatto per iniziare a ricostruire sembra essere stato fatto e sto parlando – evidentemente – di quei regolamenti che servivano e che il governo nepalese aveva annunciato da molto tempo, regolamenti che riguardano appunto le modalità con le quali ricostruire, sono stati resi pubblici e pertanto i progetti di ricostruzione che anche le varie organizzazioni avevano presentato, sono stati approvati: tutto è pronto e si può iniziare.

D. – La ricostruzione è stata bloccata da una situazione di stallo politico tra la promulgazione della nuova Costituzione e la crisi dei rapporti tra Nepal e la vicina India. Per sei mesi tutto è rimasto fermo. Quanto è costato alla popolazione questo ritardo?

R. – Il Paese con una percentuale di persone al di sotto della soglia di povertà assoluta è di oltre il 50%, quindi un Paese già molto povero che il sisma ha piegato e che ha veramente messo in ginocchio, perché le persone si sono trovate senza nulla: sono state oltre 600 mila le abitazioni crollate del tutto e altre 200 mila e oltre danneggiate … Scuole distrutte insieme ai sistemi idrici … insomma, è stato veramente devastante, soprattutto nei distretti centrali intorno a Kathmandu. La popolazione si è trovata veramente senza nulla, totalmente dipendente dall’assistenza delle organizzazioni umanitarie. E questa situazione che si sperava durasse non più di qualche mese, in realtà è durata un anno, con l’aggravante che stiamo parlando del Nepal, il tetto del mondo: con un inverno evidentemente rigidissimo. La gente ha dovuto passare l’inverno sotto questi rifugi temporanei …

D. – La Caritas sostiene ben 17 progetti per il Nepal, con l’aiuto anche di congregazioni religiose e altre organizzazioni. Ma cosa chiedete alla comunità internazionale per intensificare gli aiuti?

R. – Chiede soprattutto di continuare ad appoggiare in modo significativo la ricostruzione perché ovviamente la Caritas si inserisce in un piano di ricostruzione che è del governo nepalese. Sono previsti dei sussidi che il governo darà a tutte le persone colpite, che però non sono molto alti: quindi, difficilmente basteranno per ricostruire case sicure. E quindi poi tutte le organizzazioni, tra cui anche la Caritas, si inseriscono sussidiariamente, aggiungendo quello che serve invece per avere una casa sicura e più dignitosa. Alla comunità internazionale e in primis ai Paesi limitrofi, l’India in testa, si chiede di favorire tutto questo, cosa che non è successo finora, perché nel problema dello stallo politico che ha così tanto rallentato la ripresa, il problema principale è stato la crisi con l’India. Quindi serve un impegno in questo senso, cioè un impegno a fare in modo che questo processo di ricostruzione sia facilitato il più possibile, però tenendo gli occhi molto aperti perché – non dobbiamo nascondercelo – in Nepal c’è un altissimo tasso di corruzione. Far le cose in regola e onestamente, come si vuol fare, non è facile in Nepal, e quindi serve uno sforzo, un impegno in più anche in questo senso, anche a costo – ahimé! – di allungare ancora un po’ i tempi di intervento. Anche da questo punto di vista penso che la comunità internazionale possa fare le pressioni giuste.

D. – Qual è l’obiettivo della delegazione di Caritas Internationalis arrivata in Nepal?

R. – Fare il punto della situazione rispetto a quanto è stato fatto, cercando anche di apprendere un po’ le lezioni da quello che è successo finora e anche da altre esperienze. Lì si ritroveranno molte Caritas del mondo che sono intervenute anche in altre emergenze simili a questa, con l’obiettivo – appunto – di fare il punto, di imparare da altre esperienze e da quanto successo finora, e guardare in avanti.

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Mons. Carlo Chenis: una vita dedicata all'arte, via che porta a Dio

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Un uomo di grande cultura a servizio della Bellezza, via per giungere a Dio. Molti ricordano così mons. Carlo Chenis, vescovo salesiano, già segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Fin dagli anni del sacerdozio dimostrò spiccata sensibilità estetica e artistica. Al presule, morto nel 2010 a soli 55 anni, è dedicato il libro “L’autenticità dell’opera. La filosofia di Carlo Chenis", edito da Landolfi e scritto dal pittore Rodolfo Papa, docente di estetica all’Urbaniana. Nei giorni scorsi, presso l’Ateneo Pontificio, la presentazione del volume. All’autore, Paolo Ondarza ha chiesto il perché di un testo su mons. Chenis? 

R. – Innanzitutto, perché è stata una figura importante degli anni ’90 e dell’inizio del 2000; in secondo luogo perché ha dedicato tutta la sua vita all’arte e all’estetica; e da ultimo per un fatto personale, perché eravamo amici. Ricordo pomeriggi o mattinate passate proprio alla Radio Vaticana, nell’anno del Giubileo, a parlare d’arte insieme in alcune trasmissioni che in quell’anno venivano dedicate molto intensamente al tema.

D. – Che cos’era la bellezza per Carlo Chenis?

R. – È legare l’opera d’arte al Creatore. Si parla di una bellezza oggi che, per certi versi, dice delle cose interessanti ma riduttive, perché viene ridotta semplicemente alla bellezza dell’oggetto di consumo. Ma è chiaro che la bellezza di cui si parla nell’arte e nella nostra tradizione cristiana è qualcosa di più: è la bellezza della creatura dove si specchia la bellezza del Creatore e ci rimanda a quella perfezione che è l’impronta del Creatore.

D. – Si inserisce all’interno di questa riflessione l’opzione per il figurativo, che Chenis sembra privilegiare, a dispetto di un dibattito contemporaneo molto incentrato sull’astratto…

R. – Sì, Carlo Chenis era apertissimo a qualunque esperienza artistica, perché era vicino agli artisti. Però – ovviamente – metteva al centro quello che il Magistero dice costantemente, che l’opzione figurativa è la prima opzione, fondativa, quella che è legata di per sé all’Incarnazione, morte e Risurrezione di Cristo: cioè è la manifestazione di Dio. E quindi il volto di Cristo è il luogo originario dell’arte, dell’arte cristiana.

D. – Stiamo parlando di un testo di estetica, di filosofia, indirizzato prevalentemente a persone e studiosi che si occupano della materia, ma non per questo scisso dalla quotidianità: che cosa la proposta di Chenis viene a dire all’uomo e alla donna di oggi?

R. – Io scrivo testi di storia dell’arte, come di filosofia dell’arte, ma sempre con l’attenzione a non scrivere in un linguaggio “filosofese”; quindi è leggibile: non è divulgativo, ma è comunicativo, questo sicuramente sì. Per quanto riguarda poi l’importanza di questi temi nella vita quotidiana, io direi che è fondamentale, perché la nostra è una generazione cresciuta con l’appello del ’99 fatto da San Giovanni Paolo II agli artisti, nel cuore del quale riecheggiava quella frase, mutuata dalla riflessione contenuta nell’Idiota di Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. Da quel momento in poi abbiamo visto dilagare questo termine in tutta la contemporaneità e ormai è diventato un tema che è presente addirittura in molte pubblicità. È chiaro che però dobbiamo cercare di capirne il senso. La bellezza è profondamente legata al bene, al bene comune, al buono. Quindi, nella vita quotidiana la bellezza è sia punto di partenza che di arrivo, perché in qualche modo è sempre costantemente manifestazione della presenza della gloria di Dio. Il compito delle opere d’arte è quello di portare le menti degli uomini a Dio.

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Nella Chiesa e nel mondo



Ucraina: nelle Chiese d'Europa la colletta promossa dal Papa

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Venire incontro alle sofferenze del popolo ucraino. E’ questo lo scopo della colletta di oggi, promossa da Papa Francesco, in tutte le Chiese cattoliche d’Europa. In Ucraina, secondo stime dell’Onu, sono oltre 9 mila le vittime del conflitto. Un conflitto che ha sconvolto il Paese in questi ultimi due anni e ha provocato quasi tre milioni di sfollati interni e di profughi al di fuori del Paese. All’appello lanciato dal Pontefice si è unita anche la Congregazione per le Chiese orientali. Il dicastero - si legge in un comunicato - invita tutti a contribuire con generosità per assicurare l’assistenza delle persone più deboli e ferite nei corpi e negli animi dalle violenze, ed esprime la propria riconoscenza per la solidarietà espressa anche materialmente da diversi episcopati e agenzie di aiuto. (E.R.)

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Cristiani perseguitati: Chiese aderiscono a evento Acs a Roma

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"Dalla Nigeria ci uniremo a voi in preghiera per ricordare e sostenere i cristiani perseguitati nel nostro Paese e in tante altre parti del mondo". Così mons. Matthew Man-Oso Ndagoso, arcivescovo di Kaduna, assicura ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) il sostegno e la partecipazione della Chiesa nigeriana all’evento che la Fondazione pontificia organizzerà il prossimo 29 aprile alle ore 20 a Fontana di Trevi, che verrà illuminata di rosso a simboleggiare il sangue dei martiri cristiani. 

Sostegno anche da parte di Paesi dove i cristiani sono perseguitati
Acs intende così richiamare l’attenzione sul dramma della persecuzione anticristiana, oggi spesso ignorato. L’evento sta avendo il sostegno anche di diverse Chiese di Paesi in cui sono i cristiani sono perseguitati, che nel corso della manifestazione si uniranno idealmente e attraverso la preghiera.

L'adesione della Chiesa nigeriana perseguitata da Boko Haram
E così dopo quella della Chiesa pachistana, assicurata nei giorni scorsi dal presidente della Conferenza episcopale del Pakistan mons. Joseph Coutts, giunge ad Acs anche l’adesione della Chiesa nigeriana. "I cristiani sono perseguitati oggi in molte parti del mondo ed è necessario che il loro dramma sia conosciuto", afferma mons. Ndagoso, la cui diocesi è tra le maggiormente colpite dalle violenze di Boko Haram. "Nel Nord della Nigeria i cristiani sono sistematicamente perseguitati. Tanti nostri fratelli vivono nella condizione di rifugiati, mentre altri sono stati uccisi soltanto perché cristiani".

La preghiera dei cristiani nel mondo per i fratelli perseguitati
Il presule nigeriano elogia l’iniziativa di Acs, quanto mai necessaria "oggi che perfino il Medio Oriente, la culla del cristianesimo, rischia di svuotarsi della presenza cristiana". Assicurando la partecipazione dei propri fedeli, mons. Ndagoso invita ogni cristiano ad unirsi in preghiera e ad aiutare i perseguitati. "La Chiesa universale vive di comunione e ogni persona che vi appartiene può avere un effetto su tutte le altre. Abbiamo quindi tutti il dovere di pregare per i nostri fratelli in Cristo che soffrono e mostrare loro solidarietà in ogni modo ci sia possibile". (M.P.)

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Obama in Germania per il vertice con i leader Ue

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Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è giunto in Germania per incontrare la cancelliera Angela Merkel e partecipare all'apertura della fiera industriale della città di Hannover e al vertice dei leader europei di domani su temi globali e di sicurezza. Al summit prenderanno parte anche il presidente francese, Francois  Hollande, il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, e il primo ministro britannico, David Cameron. Principale argomento del vertice i temi dell’anti-terrorismo  dopo gli attacchi a Parigi e Bruxelles, la lotta contro il sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria e la delicata questione dei rifugiati in Europa e la Libia. "Orgoglioso che Angela Merkel sia mia amica", ha detto il presidente alla vigilia del suo quinto viaggio in Germania, sul quotidiano tedesco la Bild. "Lei - ha aggiunto -incarna molte delle qualità di un leader che ammiro di più". (E.R.)

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Merkel in Turchia per visita a campo profughi

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Visita della cancelliera tedesca Angela Merkel, ieri in Turchia, per verificare lo stato di avanzamento dell'accordo, siglato lo scorso marzo con l'Unione Europea, per la gestione dei flussi migratori. Insieme a Merkel anche il presidente del Coniglio europeo, Donald Tusk, e il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans. La delegazione europea ha visitato un campo profughi a Gaziantep che ospita circa 5 mila siriani e ha poi inaugurato un centro per il sostegno dei bambini finanziato dall’Ue. Il presidente del Consiglio eruopeo Tusk ha lodato i progressi fatti dalla Turchia su questa strada, aggiungendo che il Paese "è il miglior esempio al mondo" per la gestione dei profughi”. Nel corso della visita Angela Merkel Merkel ha affermato: "La cooperazione tra Ue e Turchia serve per dare più opportunità ai rifugiati vicino ai loro Paesi. L'accordo si applicherà anche alla formazione: tutti i bambini rifugiati riceveranno un'istruzione". E sulla questione dei diritti in Turchia, la cancelliera ha poi aggiunto: “Valori come la libertà di opinione e di stampa sono per noi indispensabili". (E.R.)

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Grecia: decine di migranti entrano in Macedonia

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Decine di migranti e profughi avrebbero attraversato illegalmente il confine fra Grecia e Macedonia, chiuso da tempo, entrando in territorio macedone all'altezza di Gevgelija, di fronte al campo di Idomeni, in Grecia, dove oltre 10 mila persone restano bloccate da settimane dopo la chiusura delle frontiere in tutti i Paesi della rotta balcanica. A riferirlo sono i media serbi, che citano fonti giornalistiche internazionali sul posto. La polizia macedone non ha confermato tali notizie.

In Italia, invece, i finanzieri del Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia e dei Gruppi aeronavali di Taranto e Messina hanno sottoposto a fermo tre marittimi ucraini. Si tratta de comandante e di due marinai della nave Karusel intercettata il 18 aprile scorso dalle Fiamme Gialle al largo delle coste calabresi e diretta verso l'Italia con a bordo 65 migranti originari del Corno d'Africa e del Medio Oriente.(E.R.)  

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Cambogia: vicariato di Phnom Penh inaugura biblioteca pubblica

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Ricostruire la Cambogia attraverso la cultura e la lotta all’analfabetismo: con questo obiettivo, il vicariato apostolico di Phom Penh ha recentemente inaugurato una biblioteca pubblica per i lavoratori tessili. La struttura, ospitata in due stanze appositamente affittate, è situata a Toul Sangke, nel distretto di Khan Russey Keo. La realizzazione dell’opera è stata resa possibile dalla collaborazione del Vicariato con la Sipar, una ong francese impegnata nella scolarizzazione. A presiedere la cerimonia di inaugurazione della biblioteca è stato mons. Olivier Schmitthaeusler, vicario apostolico locale, insieme ai rappresentati della Ong ed ai membri del Comitato pastorale per il lavoro.

Leggere aiuta a migliorare il futuro
Mons. Schmitthaeusler ha espresso la sua gratitudine per l’iniziativa destinata ad “aiutare i lavoratori dando loro la possibilità di leggere ed accrescere la propria cultura generale”. “È bene fornire l’opportunità di leggere – ha aggiunto il presule – perché leggere ci ispira ad avere nuove opinioni, nuove idee che possono aiutarci a migliorare il nostro futuro. In particolare, la lettura aiuta i giovani ad avere non solo più conoscenze, ma anche più gioia e felicità”.

Il Triennio della Carità per vincere le ingiustizie sociali
​Da ricordare che la creazione della nuova biblioteca avviene mentre il vicariato apostolico di Phnom Penh celebra il “Triennio della Carità”: avviato nel 2014 ed in corso fino alla fine del 2016, l’evento si pone l’obiettivo di rilanciare una riflessione sul futuro della Chiesa in Cambogia, sulla sua missione e sul suo ruolo profetico in un Paese alle prese con crescenti ingiustizie sociali, tensioni politiche e con le sfide della globalizzazione. Tema del Triennio è “Chi è il mio prossimo?” e – come spiegato da mons. Schmitthaeusler – esso si pone come un tempo di azione “perché i fedeli agiscano con carità in tutti i settori della società”. In questo senso ogni battezzato è chiamato ad “impegnarsi per gli ultimi”, contro le ingiustizie e la corruzione dilaganti nel Paese. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 115

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.