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Sommario del 28/04/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: anche oggi resistenze allo Spirito nella Chiesa, ma Lui le vince

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Anche oggi nella Chiesa, come ieri, ci sono le resistenze alle sorprese dello Spirito di fronte alle nuove situazioni, ma Lui ci aiuta a vincerle e ad andare avanti, sicuri, sulla strada di Gesù: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti

Calorose discussioni nella Chiesa, ma il protagonista è lo Spirito Santo
Commentando il celebre brano degli Atti degli Apostoli sul cosiddetto “Concilio” di Gerusalemme, il Papa osserva che “il protagonista della Chiesa” è lo Spirito Santo. “E’ Lui che dal primo momento ha dato la forza agli apostoli di proclamare il Vangelo”, è “lo Spirito che fa tutto, lo Spirito che porta la Chiesa avanti”, anche “con i suoi problemi”, anche “quando scoppia la persecuzione” è Lui “che dà la forza ai credenti per rimanere nella fede”, anche nei momenti “di resistenze e di accanimento dei dottori della legge”. In questo caso, c’è una duplice resistenza all’azione dello Spirito: quella di chi credeva che “Gesù fosse venuto soltanto per il popolo eletto” e quella di chi voleva imporre la legge mosaica, compresa la circoncisione, ai pagani convertiti. Il Papa nota che allora “ci fu una grande confusione in tutto questo”:

“Lo Spirito metteva i cuori su una strada nuova: erano le sorprese dello Spirito. E gli apostoli si sono trovati in situazioni che mai avrebbero creduto, situazioni nuove. E come gestire queste nuove situazioni? Per questo il brano di oggi, il passo di oggi, incomincia così: ‘In quei giorni, poiché era sorta una grande discussione’, una calorosa discussione, perché discutevano su questo argomento. Loro, da una parte, avevano la forza dello Spirito – il protagonista – che spingeva ad andare avanti, avanti, avanti… Ma lo Spirito li portava a certe novità, certe cose che mai erano state fatte. Mai. Neppure le avevano immaginate. Che i pagani ricevessero lo Spirito Santo, per esempio”.

Chi ha paura di ascoltare non ha lo Spirito nel cuore
I discepoli “avevano la patata bollente nelle mani e non sapevano che fare”. Così, convocano una riunione a Gerusalemme dove ognuno può raccontare la propria esperienza, di come lo Spirito Santo scenda anche sui pagani:  

“E alla fine si sono messi d’accordo. Ma prima c’è una cosa bella: ‘Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Barnaba e Paolo, che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni, in mezzo a loro’. Ascoltare, non avere paura di ascoltare. Quando uno ha paura di ascoltare, non ha lo Spirito nel suo cuore. Ascoltare: ‘Tu che pensi e perché?’. Ascoltare con umiltà. E dopo avere ascoltato, hanno deciso di inviare alle comunità greche, cioè ai cristiani che sono venuti dal paganesimo, inviare alcuni discepoli per tranquillizzarli e dirgli: ‘Sta bene, andate così’”.

Novità mondane e novità dello Spirito
I pagani convertiti non sono obbligati alla circoncisione. E' una decisione comunicata attraverso una lettera in cui “il protagonista è lo Spirito Santo”. Infatti, i discepoli affermano: “Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso…”. Questa – afferma il Papa - è la strada della Chiesa “davanti alle novità, non le novità mondane, come sono le mode dei vestiti”, ma “le novità, le sorprese dello Spirito, perché lo Spirito sempre ci sorprende. E come risolve la Chiesa questo? Come affronta questi problemi, per risolverli? Con la riunione, l’ascolto, la discussione, la preghiera e la decisione finale”:

“Questa è la strada della Chiesa fino ad oggi. E quando lo Spirito ci sorprende con qualcosa che sembra nuova o che ‘mai si è fatto così’, ‘si deve fare così’, pensate al Vaticano II, alle resistenze che ha avuto il Concilio Vaticano II, e dico questo perché è il più vicino a noi. Quante resistenze: ‘Ma no…’. Anche oggi resistenze che continuano in una forma o in un’altra, e lo Spirito che va avanti. E la strada della Chiesa è questa: riunirsi, unirsi insieme, ascoltarsi, discutere, pregare e decidere. E questa è la cosiddetta sinodalità della Chiesa, nella quale si esprime la comunione della Chiesa. E chi fa la comunione? E’ lo Spirito! Un’altra volta il protagonista. Cosa ci chiede il Signore? Docilità allo Spirito. Cosa ci chiede il Signore? Non avere paura, quando vediamo che è lo Spirito che ci chiama”.

La Chiesa sin dall'inizio ha affrontato le sorprese dello Spirito
“Lo Spirito - rileva il Papa - delle volte ci ferma”, come ha fatto con San Paolo, per farci andare da un’altra parte, “non ci lascia soli”, “ci dà il coraggio, ci dà la pazienza, ci fa andare sicuri sulla strada di Gesù, ci aiuta a vincere le resistenze e ad essere forti nel martirio”. “Chiediamo al Signore - ha concluso - la grazia di capire come va avanti la Chiesa, di capire come dal primo momento ha affrontato le sorprese dello Spirito e, anche, per ognuno di noi la grazia della docilità allo Spirito, per andare sulla strada che il Signore Gesù vuole per ognuno di noi e per tutta la Chiesa”.

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Papa in visita presso l'Apsa e la Segreteria per l’Economia

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Questa mattina, Papa Francesco si è recato in visita alle sedi dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) e della Segreteria per l’Economia.

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Tweet: solo Dio salva di fronte a voragini dell’umanità

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Il Papa ha lanciato oggi un nuovo tweet: "Di fronte alle voragini spirituali e morali dell’umanità, solo Dio con la sua infinita misericordia può darci salvezza".

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Nomine in Italia, Tanzania e Messico

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Papa Francesco ha nominato Vescovo di Tursi-Lagonegro (Italia) S.E. Mons. Vincenzo Carmine Orofino, trasferendolo dalla sede vescovile di Tricarico (Italia). S.E. Mons. Vincenzo Carmine Orofino è nato a S. Severino Lucano (diocesi di Tursi) 1'8 luglio 1953. Entrato nel Seminario di Potenza, ha completato gli studi liceali al Seminario di Salerno ed è stato alunno dell'Almo Collegio Capranica mentre studiava Teologia all'Università Gregoriana. Si è licenziato in Teologia Dogmatica all'Università Lateranense. E' stato ordinato sacerdote il 4 ottobre 1980 per la diocesi di Tursi-Lagonegro dove è stato dal 1980 al 1982 Vicario parrocchiale di "S. Giacomo" in Lauria ed Incaricato della Pastorale giovanile a Lauria, mentre nel 1981 è stato eletto Membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori. Dal 1982 al 1983 è stato Vicario cooperatore di "Maria SS. della Visitazione" a Senise e dal 1982 al 1989 Direttore della Commissione vocazionale diocesana. Nel 1982 ha iniziato la sua attività di Docente di Teologia presso l'Istituto di Scienze religiose e nel 1983 ha fatto parte per un decennio della Commissione sacerdotale regionale. Nel 1983 è stato nominato Parroco della "B. V. Maria dell'Abbondanza" e "Maria SS. del Carmine" a S. Severino Lucano, coordinando le attività pastorali di "Maria SS. degli Angeli" e del Santuario "Maria SS. del Pollino" ed è stato incaricato dell'assistenza spirituale dei giovani universitari a Potenza. A questi incarichi ha aggiunto la direzione dell'Ufficio Missionario diocesano, dal 1989-1996, e l'insegnamento di Teologia all'Istituto Teologico Interdiocesano di Potenza, dal 1992, dove è stato Redattore della rivista teologica. Dal 1993 al 1997 è stato Vicario episcopale e Moderatore di Curia e nel 1999 è stato designato come Membro della Commissione Regionale Scuola, Università e Cultura. Nel quinquennio 1996-2001 è stato Direttore della Consulta diocesana per i laici. Dal 1997 al 2004 è stato Vicario Generale di Tursi-Lagonegro. Il 20 marzo 2004 è stato eletto alla sede vescovile di Tricarico ed è stato ordinato Vescovo il 15 maggio 2004. In seno alla Conferenza Episcopale Italiana è Segretario della Commissione Episcopale per il servizio della carità e la salute. Inoltre è Membro della Presidenza di Caritas Italiana.

Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Geita (Tanzania) il Rev.do Flavian Kassala, Direttore del Collegio Stella Maris di Mtwara. Il Rev.do Flavian Kassala è nato il 4 dicembre 1967 a Sumve, nell’Arcidiocesi di Mwanza. Ha frequentato il Seminario Minore S. Pio X di Makoko, nella Diocesi di Musoma, per gli studi primari e secondari. Dal 1988 al 1990 è stato alunno del Seminario Minore di Sanu, nella Diocesi di Mbulu, e dal 1991 al 1992 del Seminario Propedeutico di Kome, nella Diocesi di Geita. Ha completato la formazione al sacerdozio con gli studi di filosofia nel Seminario Maggiore St. Anthony of Padua di Ntungamo, a Bukoba, e gli studi di teologia nel Seminario St. Paul a Kipalapala, a Tabora. È stato ordinato presbitero per la Diocesi di Geita l’11 luglio 1999. Dopo l’Ordinazione, ha svolto i seguenti uffici e ulteriori studi: 1999-2002: Vicario parrocchiale a Sengerema, Diocesi di Geita; 2002-2004: Formatore e Direttore Spirituale del Seminario Minore Maria Regina degli Apostoli di Sengerema e Direttore Diocesano delle Pontificie Opere Missionarie; 2004-2012: Studente a Roma presso la Pontificia Università Salesiana, dove ha ottenuto il Dottorato in Teologia con specializzazione in Pastorale Giovanile e Catechesi, risiedendo nel Collegio Nepomuceno; 2013: Coordinatore dei Progetti dell’ufficio Episcopale della Diocesi di Geita; 2013-2015: Professore e Direttore della St. Augustine University of Tanzania (SAUT) ad Arusha; dal 2015: Direttore del Collegio Stella Maris di Mtwara, affiliato all’Università Cattolica S. Agostino.

Il Santo Padre ha trasferito S.E. Mons. José Rafael Palma Capetillo, Vescovo titolare di Vallis, dall’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Yucatán all’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Jalapa in Messico.

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Vaticano. Rapporto Aif: prosegue impegno per la trasparenza finanziaria

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In Vaticano aumenta l’attività di intelligence dell’Aif, l'Autorità di Informazione Finanziaria. E’ quanto emerge dal rapporto 2015 presentato oggi nella Sala Stampa della Santa Sede. In particolar modo nel 2015 sono state ricevute 544 segnalazioni di attività sospette, il triplo rispetto al 2014. Alessandro Guarasci: 

L’obiettivo dell’AIF è proseguire nel segno della trasparenza finanziaria in Vaticano. “La piena attuazione e applicazione” dei regolamenti interni “ha mostrato l’effettività del quadro regolamentare della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”, ha affermato René Brülhart, presidente dell’Aif.

Dunque, le 544 segnalazioni del 2015 segnano un forte aumento rispetto agli anni precedenti, e in  particolar modo rispetto al 2014. Nei tre anni passati, sono state trattate 893 segnalazioni di attività sospette. Ma questo, fa notare l’Aif, non per un più elevato tasso di criminalità, ma per una serie di fattori tra cui il “rafforzamento dei sistemi di segnalazione", dice il direttore Tommaso Di Ruzza:

"Il 2015 ha segnato una chiave di volta nell’attività dell’Autorità di Informazione Finanziaria e, con questa, un po’ nell’attività della Santa Sede, intesa come giurisdizione, che si è dotata negli ultimi anni di un quadro regolamentare e di un sistema di prevenzione e contrasto degli illeciti finanziari. Quindi è importante collocare anche l’attività svolta dall’Aif nel quadro della giurisdizione intesa nel suo insieme". 

Aumentano anche le informazioni scambiate con le autorità della Santa Sede e vaticane: 108 casi rispetto ai 41 del 2014, così come i rapporti all’Ufficio del Promotore di Giustizia: 17 rispetto ai 7 nel 2014. Rafforzata anche la collaborazione  a livello internazionale: 380 casi nel 2015, il triplo rispetto ai 113 del 2014:

"L’Aif nel 2015 ha avuto un ruolo attivo e propulsivo e non solo collaborativo. Quindi sono stati maggiori casi in cui è stata l’Aif a richiedere la collaborazione e spontaneamente fornire delle informazioni, rispetto a quello di ricevere richieste da parte delle controparti estere".

Attenzione poi al terrorismo, vista anche la congiuntura internazionale sono stati rafforzati i rapporti con gli uffici finanziari degli Stati esposti al rischio di attacchi. Sui rapporti con Bankitalia, c’è “dialogo nella fiducia reciproca e nel rispetto delle rispettive competenze" ha detto Di Ruzza, che si è detto “fiducioso” sulla possibilità di arrivare a un’intesa.

In notevole aumento poi i controlli sulle transazioni. Nel 2015 sono state sospese operazioni per oltre 8 milioni di euro e un milione e 700 mila dollari Usa. Dal 2012, poi, il numero di dichiarazioni transfrontaliere di denaro contante in uscita al di sopra di 10.000 euro si è ridotto costantemente: da 1.782 alle 1.196 del 2015. Anche le dichiarazioni transfrontaliere di denaro contante in entrata sono diminuite da 598 del 2012 a 367 nel 2015. “Ciò è dovuto – fanno notare dall’Aif - ad un  crescente monitoraggio da parte delle autorità competenti e all’introduzione di procedure rafforzate per  gli enti vigilati”. Ed ancora, lo Ior: nell’ottobre 2015 si è conclusa la revisione dei rapporti, che ha portato all’estinzione di 4.800 casi.

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Civiltà Cattolica: dottrina della Chiesa non è monolite, è corpo vivo

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La dottrina della Chiesa “non va ridotta a qualcosa di meramente regolativo e informativo, espungendone il carattere vissuto e trasformativo proprio del dinamismo della fede guidato dall’annuncio dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo”. E’ uno dei passaggi fondamentali di un corposo articolo pubblicato sull’ultimo numero in uscita di “Civiltà Cattolica” dal titolo “La dottrina al servizio della missione pastorale della Chiesa” a firma del padre gesuita Thomas P. Rausch. L’articolo muove dalla domanda che pose San Vincenzo di Lerino, nel V secolo: “Un progresso della religione ci può essere nella Chiesa di Cristo?”. Oggi, commenta padre Rausch, si potrebbe tradurre così la domanda: “Come si custodisce e trasmette nel tempo il prezioso deposito della fede? In che senso si può parlare di evoluzione della dottrina?”.

La dottrina della Chiesa non è un monolite
Il teologo gesuita cita quindi quanto al riguardo ha affermato Papa Francesco, proprio nell’intervista al direttore di “Civiltà Cattolica”, padre Antonio Spadaro: “San Vincenzo di Lerino fa il paragone tra lo sviluppo biologico dell’uomo e la trasmissione da un’epoca all’altra del depositum fidei che cresce e si consolida con il passar del tempo. Ecco, la comprensione dell’uomo muta col tempo e così anche la coscienza dell’uomo si approfondisce”. E aggiungeva: “La visione della dottrina della Chiesa come un monolite da difendere senza sfumatura è errata”.

La dottrina è connessa con la storia vissuta dalla Chiesa
Padre Rausch ricorda dunque che la Costituzione conciliare Dei Verbum ha messo in evidenza “la natura storica della Chiesa” ed ha riconosciuto che la comprensione “tanto delle cose quanto delle parole trasmesse”, “progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo”. Quindi, prosegue il gesuita, “emerge chiaramente che la dottrina, nel suo dinamismo, è intimamente connessa con la storia vissuta dalla Chiesa: nell’annuncio e nella custodia della fede così come nell’approfondimento spirituale e nell’elaborazione teologica”. E riprendendo il discorso di Giovanni XXIII per l’apertura del Concilio, evidenzia che “l’approfondimento e la riesposizione della dottrina devono tener conto del nesso vitale tra la dottrina e l’annuncio”. Un principio, quest’ultimo, a cui ricorre Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium.

Dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo
L’articolo fa dunque riferimento a quanto affermato da Papa Francesco nell’incontro con i rappresentanti del V Convegno nazionale della Chiesa Italiana, a Firenze, laddove ha affermato che “la dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, sa animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo”. Nel capitolo dedicato al rapporto tra dottrina e dogmi, il gesuita osserva che “lo sviluppo della dottrina viene man mano che la Chiesa penetra più profondamente il mistero di Dio, profittando dell’esperienza della vita del popolo fedele e della riflessione teologica, che deve affrontare diverse sfide”. Fa così riferimento ad alcuni temi centrali come la libertà religiosa, la salvezza fuori della Chiesa e la schiavitù su cui c’è stato un approfondimento ed è avvenuto “un chiaro sviluppo della dottrina”.

La fondamentale pastoralità della dottrina
“La Chiesa – scrive ancora padre Rausch, riecheggiando Yves Congar – deve essere missionaria non soltanto sul piano del ministero pastorale, ma anche su quello delle idee e della verità”. E annota che “la preoccupazione di Papa Francesco appare oggi proprio quella di ricontestualizzare la dottrina al servizio della missione pastorale della Chiesa”. Qualcosa, soggiunge, che “può condurre a evoluzioni e correzioni guidate dalla fedeltà al kerigma essenziale e ai principi che esprimono l’aspetto duraturo del messaggio cristiano”. La prospettiva di Papa Francesco mette quindi in evidenza la “pastoralità della dottrina”. La dottrina, conclude il teologo gesuita, “va dunque intrepretata in relazione al cuore del kerygma cristiano e alla luce del contesto pastorale in cui verrà applicata, sempre ricordando che la suprema lexi, deve essere la salus animarum, la salvezza delle anime”. (A cura di Alessandro Gisotti)

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Riapre la Galleria delle Carte Geografiche dei Musei Vaticani

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Riapre dopo quattro anni di lavori la Galleria della Carte Geografiche ai Musei Vaticani. Un percorso unico che attraverso oltre 30 mappe murali mostra l’Italia come appariva alla fine del Cinquecento. Il restauro, finanziato dalla sezione californiana dei Patrons of the Arts, è stato realizzato con tecniche innovative dai laboratori dei Musei. Il servizio di Michele Raviart

L’Italia che si svela ai visitatori dei Musei Vaticani, nel percorso che li conduce alla Cappella Sistina, è una distesa verde di boschi e colline, in cui ogni città, paese e borgo trova la sua ordinata collocazione, in un panorama sorprendente per dettagli e impatto visivo. Nei 1200 metri quadrati della Galleria della Carte Geografiche, la maggior parte delle quali dipinte a secco, c’è l’idea di Papa Gregorio XIII di essere all’altezza dei grandi Pontefici del Rinascimento, come spiega il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci:

“Il Papa di allora, Gregorio XIII Boncompagni, ha voluto poter visitare l’Italia senza uscire dai Palazzi apostolici. Camminava per 120 metri e vedeva, a destra e a sinistra, da una parte le Regioni d’Italia che guardano il Mare Adriatico, e dall’altra quelle che guardano il Tirreno. Il progettista di tutto questo, il grande geografo, cosmografo e cartografo Ignazio Danti, diceva che camminare qui, al centro di questo corridoio, è come camminare sulla vetta degli Appennini”.

Realizzata in poco più di due anni, tra il 1580 e il 1581, la Galleria è stata dipinta dai paesaggisti fiamminghi Matthjis e Paul Bril e dagli italiani Gerolamo Muziano e Cesare Nebbia. Divise per regioni, le mappe mostrano le piante dettagliate delle città più importanti, oltre ai porti di Genova, Venezia, Ancona e Civitavecchia, per un’idea d’Italia unita che per certi versi anticipa quella risorgimentale. Ancora Antonio Paolucci:

“L’idealità dell’Italia è che è unita: questo è il pensiero del Papa nell’anno 1581; unita non dalla politica, perché l’Italia dell’epoca non era ancora un’unità politica, ma unita dalla storia, la cultura, la lingua e la religione. Bisogna guardare anche la volta: cosa c’è nella volta? Ci sono i Santi delle varie Regioni italiane: la Madonna di Loreto per le Marche; Sant’Ambrogio per Milano; San Marco per Venezia. È come dire che l’Italia del Papa - questo “giardino della Chiesa” - è protetto e vigilato dai suoi Santi”.

I lavori di recupero sono stati eseguiti da un gruppo di venti restauratori, che hanno riportato la galleria ai suoi colori originali. Ingiallite dalla colla applicata negli interventi precedenti, le carte sono state trattate con una sostanza ricavata dall’alga giapponese Funori, in genere utilizzata per ripulire la carta. Un estratto particolarmente costoso – 100 euro al grammo – che è stato ricavato dalle alghe direttamente dal Laboratorio di diagnostica dei Musei Vaticani. Francesco Prantera, responsabile dei restauri:

“Ciò che più è importante in questo lavoro è stata la restituzione cromatica: riuscire a togliere questo aspetto torbido che avevano le carte geografiche, dovuto all’alterazione delle colle che erano state soprammesse, e il plasticismo delle superfici, quasi come se fossero un 3D: un 3D però di 430 anni fa”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Energia che guarisce: in prima pagina, un editoriale di Enzo Bianchi sulla misericordia nell'"Amoris laetitia".

Novità e resistenze: Messa a Santa Marta.

Come uno spartito musicale: Ignacio Echarte, segretario della Compagnia di Gesù, sugli "Esercizi spirituali" ai tempi di Wikipedia.

Quando il libro divenne portatile: Isabella Farinelli su una mostra dedicata ad Alzo Manuzio umanista ed editore nel quinto centenario della morte.

Obbligo di solidarietà: Gaetano Vallini sul film "Benvenuti... ma non troppo".

Un precursore: Anna Foa in ricordo di Vittorio Emanuele Giuntella.

Facciamo anche noi lo stesso: il cardinale arcivescovo di Valencia, Antonio Canizares Llovera, sulla lezione del Papa a Lesbo.

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Oggi in Primo Piano



Migranti: tensione Italia-Austria sul Brennero. Vertice a Roma

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Il tema immigrazione al centro dell’incontro oggi a Roma tra i ministri dell’Interno di Austria e Italia all’indomani della stretta di Vienna sui flussi che prevede dal primo giugno centinaia di poliziotti e controlli anche sul territorio italiano. Restrizioni crescenti che preoccupano l’Onu e il presidente della Commissione Ue Junker che ne parlerà giovedì prossimo con il premier Renzi a Roma. Il servizio di Gabriella Ceraso

Il proliferare di politiche restrittive in Europa contro profughi e immigrati preoccupa Ban Ki-moon: "Abbiamo un obbligo morale e legale nell'aiutare coloro che fuggono dalla guerra, dagli abusi dei diritti umani e dalle persecuzioni", ha detto il segretario generale dell'Onu al Parlamento austriaco, lo stesso che oggi voterà definitivamente l’inasprimento delle norme sul diritto d’asilo. Ieri, al primo voto, seguiva il piano controlli esposto al Brennero dalle forze di polizia. 250 agenti, supportati dall’esercito all’occorrenza, e una rete di 370 metri se l’Italia non collabora. Rallentamenti in autostrada e controlli già alla Stazione di Fortezza o in fermate apposite oltre confine. Siamo disponibili a collaborare ma reti e blocchi no, significherebbero il fallimento di Schengen e poi non c’è un’emergenza flussi. Questa la posizione del governo Renzi che il ministro dell’Interno Alfano ribadirà al tavolo delle prossime ore con l’omologo austriaco Sobotka.

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Migranti. Vegliò: Europa scialba e priva di politica unitaria

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La chiusura del Brennero e le misure che l'Austria ha ipotizzato di attuare, preoccupano la politica e fanno riflettere. L'Unione Europea sembra si stia lentamente sgretolando. Di "ottusità mentali e egoismo" parla il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e degli Itineranti al microfono di Gabriella Ceraso

R. – Quando leggo queste notizie, mi prende una gran tristezza, perché l’Europa perde i suoi connotati. L’Europa è stata sempre il continente del rispetto dei diritti umani, delle minoranze religiose, della solidarietà: tutti valori che ormai – purtroppo – sono persi, almeno questa è la sensazione generale. L’Europa è chiusa: i Balcani sono chiusi; l’Europa che si affaccia sul Mediterraneo è chiusa... Ma allora che Europa è? E mi domando: ma c’è stata questa Europa? Io ho sempre detto e ho sempre pensato che è difficile che l’Europa si costituisca: dal lato economico, sì; però da quello culturale, politico, trovo molto difficile che Paesi come l’Inghilterra, la Francia, l’Italia o la Germania, che hanno avuto tutti una loro grande storia, riescano a riunirsi e ad avere un’unica testa che pensi e un’unica politica. Cercano, ma purtroppo l’Europa, quando si parla di politica, la trovo molto assente, molto egoista nei singoli Stati. Questo ha fatto sì che si sono accresciuti i gruppi così chiamati di destra, antieuropeisti. Vuol dire muri e che i profughi li rimandiamo tutti in Turchia. Trovo un’ottusità mentale e anche molto egoismo che non è degno dell’Europa, ma purtroppo è questa l’immagine che l’Europa dà in questo momento.

D. – Quindi, fatta l’Europa, si doveva fare, come si era detto inizialmente, anche la cultura europea?

R. – È evidente. Un Paese non si può unire all’altro se non rinuncia a qualcosa e se non prende qualcosa dall’altro. Certo, se non c’è una sinergia tra le varie mentalità non è facile fare un’Europa unita. Sarebbe già difficile fare un’Europa confederale; ora bisognerebbe fare gli europei… È tutto lì il problema: ancora di europei non è che ce ne siano tanti.

D. – Nel 1998, quando fu rimossa la sbarra di confine al Brennero, si pensò che la storia era segnata e che si poteva andare solo avanti. Guardando invece alle scene e alle decisioni di questi giorni, sembra che invece stiamo tornando indietro…

R. – È così, perché se i progetti che si stanno attuando adesso vanno avanti, l’Europa è isolata e non c’è molto futuro, a meno che - voglio sperarlo - abbia un sussulto di autocoscienza, apertura, generosità... Ma se continua così, sarà un’Europa molto scialba.

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Is: arresti in Italia. Giannuli: miglior difesa è prevenzione

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La Procura di Milano ha emesso stamani sei ordini di arresto per sospette attività terroristiche collegate al sedicente Stato islamico. Gli arrestati di cui due latitanti - secondo gli inquirenti - stavano pianificando un attentato a Roma. Si tratta di Mohamed Koraichi marocchino e della moglie italiana Alice Brignoli, scomparsi circa un anno fa dalla provincia di Lecco, della sorella di lui, oltre ad un’altra coppia di marocchini ed un altro connazionale della provincia di Lecco e Varese. La notizia riapre timori sulla presenza jihadista in Italia. Roberta Gisotti ha intervistato Aldo Giannuli, docente di Storia del mondo contemporaneo all’Università di Milano, scrittore e esperto di intelligence. 

D. – Dott. Giannuli, sono timori fondati?

R. – Direi che sono timori per certi versi scontati. E’ ovvio che su cinque milioni di islamici presenti in Europa, possa esserci qualche centinaio di islamisti radicali; è un calcolo scontato, direi. E, attenzione, anche da noi c’è il fenomeno delle conversioni all’islam: la Brignoli si è convertita all’islam nel 2008.

D. – Si è parlato anche di rischi di affiliazione nelle carceri…

R. – Anche questo è scontato. Se facciamo caso, per esempio, ai fratelli Kouachi dell’attentato a "Charlie Hebdo", al cecchino di Tolosa… è tutta gente che si è radicalizzata nelle carceri. Anche al-Zarqawi, il leader di Al Qaeda in Iraq, che poi diventerà l’Is, anche lui in realtà si è politicizzato nelle carceri. Il che la dice lunga su quanto sia inadeguato non solo il nostro sistema italiano, europeo, ma in generale il sistema detentivo, che finisce per produrre più terroristi di quanti ne detenga. Dovremmo pensare a questo.

D. – La miglior difesa non è certo una paura diffusa a livello popolare, ma forse è il rafforzamento proprio dell’indagine e del lavoro dell’Intelligence in particolare…

R. – La prima cosa è la percezione esatta del rischio. I morti per incidenti sul lavoro sono da nove a dodici volte superiori ai morti per terrorismo in Europa. Eppure, non mi pare ci sia alcun allarme sociale per i morti sul lavoro. C’è, invece, sul terrorismo. Perché? Perché c’è una reazione che tende a sopravvalutare il pericolo. Il pericolo c’è, va razionalizzato e va combattuto non solo sul piano della repressione, ma sul piano della prevenzione. La prima cosa da fare è integrare i nostri immigrati, evitare che si formino ghetti, come quello per esempio di Moleenbeek, che peraltro è un ghetto di lusso, o della banlieue parigina, che diventano delle incubatrici di esasperazione sociale. Poi c’è il lavoro di Intelligence, sul quale, temo, siamo in forte ritardo. Quello di oggi è un successo di cui possiamo compiacerci. Se ancora oggi però due pm come quelli che hanno curato l’operazione, che sono due persone che sanno fare il loro mestiere e anche bene, dicono: “Ci riproponiamo da questa cattura di saperne di più sulla catena di comando attraverso cui si reclutano gli jihadisti”, vuol dire che questo non è stato ancora fatto, ed è grave. E’ grave che in questo si stia ancora all’inizio. Dobbiamo dedicare molti più sforzi a questo, per capire la struttura organizzativa dell’Is e il fenomeno dei foreign fighters.

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Grecia: torna lo spettro del default, slitta l'Eurogruppo

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Si è aperto ieri ad Atene, in Grecia, il nuovo round di negoziati a livello tecnico, ma giovedì prossimo non ci sarà l’Eurogruppo che avrebbe dovuto chiudere la prima revisione delle trattative. Il premier ellenico Tsipras ha chiesto la convocazione urgente di un vertice straordinario dei leader dell’Eurozona ma sia Bruxelles che Berlino rispondono “no” perché i colloqui con la Grecia non hanno fatto abbastanza progressi. Si sta dunque riaprendo un “caso Grecia”? Roberta Barbi lo ha chiesto a Francesco Carlà, economista e presidente di "FinanzaWorld": 

R. – Mi pare che stavolta ci sia soprattutto un tema politico - nel senso che nemmeno questo governo Tsipras sembra in grado di gestire politicamente i rapporti con il suo elettorato e, contemporaneamente, con le istituzioni che premono - però ci sono anche dei temi economici di fondo che sono l’oggetto reale della diatriba. In particolare ci sono le richieste del Fondo Monetario che in teoria dovevano portare un risparmio pari a circa un 2% del Pil, che però prevede una sforbiciata ulteriore alle pensioni che sono già state decurtate del 40%. In più, il governo greco si rifiuta di abbassare ulteriormente da 9.100 a 8.180 euro la fascia di reddito che non paga le imposte in Grecia.

D. - Atene accusa il Fondo Monetario Internazionale che vorrebbe nuovi tagli e tasse, di essere ossessionato dall’austerità e di rifiutare le proposte del governo greco. È davvero così?

R. - Anche qui c’è un po’ di maretta su questo tema, perché da una parte il Fondo Monetario potrebbe anche essere, paradossalmente, il migliore alleato del governo greco all’interno delle istituzioni che controllano lo sviluppo dei passi in avanti della Grecia. Infatti il Fondo Monetario chiede anche una ristrutturazione del debito, cioè prova a spingere sull’idea che il debito greco sia, sostanzialmente così com’è, non gestibile. Credono tra l’altro - Christine Lagarde e soci  -  che la Grecia non potrà mai raggiungere il 3.5% di avanzo primario nel 2018, che è uno dei target fondamentali. Questa posizione del Fondo Monetario Internazionale è, a quanto pare, condivisa da molti osservatori greci oltre che internazionali.

D. - Tra l’altro sembra che ciò che il Fmi chiede sia oltre i confini della Costituzione e del sistema legale greco. Quale via si potrebbe percorrere?

R. - È chiaro che da quando la crisi greca è esplosa, sono stati fatti errori continui da una parte e dall’altra. Adesso si sta per rifare un errore del passato, perché il target di bilancio del 2012 e del governo Samaras era addirittura l’avanzo primario al 4.5% del Pil! Come forse qualcuno ricorderà, fu mancato di oltre due miliardi. Quindi si sta chiedendo ai greci e si sta provando a rifare con i greci una cosa che non ha funzionato già quattro anni fa. A me sembra che la strategia più intelligente sia quella di un bailout a metà delle problematiche greche e in particolare quello che riguarda il debito che nel frattempo se ne è andato al 177% del Pil e che è sostanzialmente ormai fuori controllo. Perché questo non viene fatto e si continua, invece, a spingere sul tema dell’austerity? Probabilmente è una questione politica strategica complessiva, perché se si apre questa porta, poi, i debiti pubblici di Paesi come l’Italia in particolare che non sono al 177% del Pil, ma sono al 137%, potrebbero essere quelli che seguono immediatamente a chiedere un’ulteriore ristrutturazione.

D. - Si parla di Grecia verso una nuova crisi di liquidità e ovviamente gli occhi sono puntati sui tre miliardi e mezzo che a luglio Atene dovrà rimborsare alla Bce 

R. - Non è un caso se queste schermaglie si sono aperte alla fine di aprile, proprio perché a luglio scadono questi 3.5 miliardi e quindi c’è il tempo - maggio, giugno – per riunioni, incontri. Rivedremo lo scenario un po’ defaticante che abbiamo visto nel 2015. Che questo possa portare aD un’ulteriore crisi politica è, probabilmente, nell’ordine delle possibilità e contemporaneamente abbiamo l’Economist che ci dice che la Grecia ha ancora possibilità di Grexit al 60% da qui al 2020. Quello che è certo, è che queste riforme di austerity, ancora una volta, non stanno funzionando nel Paese.

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Fontana di Trevi si tinge di rosso per i martiri cristiani di oggi

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“In difesa dei cristiani”: è il titolo di un evento promosso dalla missione della Santa Sede al Palazzo di Vetro, che si terrà oggi pomeriggio alla sede Onu di New York. Al simposio prenderanno parte assieme a mons. Bernardito Auza, osservatore vaticano alle Nazioni Unite, anche personalità del mondo cristiano e musulmano. Prevista anche la testimonianza dei genitori di Kayla Mueller, giovane operatore umanitario rapito e ucciso dall’Is in Siria. Intanto, crescono le adesioni all’iniziativa di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Acs) che domani sera si terrà alla Fontana di Trevi. Lo storico monumento nel centro di Roma diventerà rosso scarlatto grazie a una serie di fasci di luce, proprio a ricordare il sangue di tanti martiri cristiani. Secondo un ultimo rapporto dell'organismo, sarebbero 200 milioni i cristiani perseguitati nel mondo. Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di Marta Petrosillo, portavoce in Italia di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”: 

R. – L’iniziativa nasce, innanzitutto, dal desiderio di coinvolgere e di informare, com’è nel dna di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, sempre più persone sul tema della persecuzione religiosa e, in particolare, della persecuzione anticristiana, ai giorni nostri - come ci ricorda Papa Francesco - più grave che nei primi tempi della Chiesa. Quindi, in questo modo, anche scenografico, abbiamo voluto coinvolgere e “scioccare” sempre più persone per fare in modo che vi sia, da parte dell’opinione pubblica, una riflessione al tema e che vi sia una considerazione verso i tanti cristiani che nel mondo oggi sono perseguitati. La scelta di uno scenario come quello di Fontana di Trevi deriva dal fatto che abbiamo voluto scegliere una fontana di modo che l’acqua simboleggiasse proprio realmente il sangue dei martiri cristiani.

D. – Quante adesioni sta ricevendo questa iniziativa, che sembra avere anche un’eco internazionale?

R. – E’ un’iniziativa che sta raccogliendo veramente numerose adesioni da tutto il mondo. Da parte dei media, dell’attenzione mediatica, molti organi di informazione hanno anche voluto aderire ufficialmente alla nostra manifestazione, come ad esempio “Avvenire”, “Rome Reports”, “Catholic News Agency” e ”Zenit”. Abbiamo avuto adesione anche da istituzioni quali, ad esempio, la Regione Lombardia, ma soprattutto siamo lieti che tante altre realtà associative cattoliche, come Caritas italiana, Comunità di Sant’Egidio, Comunione e Liberazione, Azione Cattolica abbiano voluto aderire alla nostra iniziativa e unirsi al nostro appello, per ricordare l’importanza di non dimenticare i cristiani perseguitati. In particolare, le adesioni di cui siamo veramente molto lieti sono quelle di tante chiese che, da tutto il mondo, ci hanno assicurato che si uniranno a noi domani sera, in preghiera. In particolar modo abbiamo parlato con il presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, mons. Joseph Coutts, con mons. Ndagoso da Kaduna, in Nigeria, e con il Patriarca caldeo Sako, che domani sarà a Baghdad e che ci ha assicurato che tutte le parrocchie si uniranno a noi, in preghiera, proprio perché tutti i cristiani del mondo insieme siano uniti per ricordare il martirio cristiano e per fare in modo che i cristiani perseguitati oggi sappiano di non essere abbandonati.

D. – C’è la speranza che con questa iniziativa così forte si vinca quel male dell’indifferenza rispetto a queste sofferenze, tante volte denunciato anche da Papa Francesco?

R. – E’ quello che speriamo ed è uno dei motivi per cui abbiamo organizzato questa iniziativa. Quella di Papa Francesco spesso è l’unica voce che si leva dal silenzio di tanta indifferenza. Non a caso abbiamo scelto di ricordare. Domani sera, infatti, saranno ricordati anche alcuni martiri di oggi, tra cui le quattro religiose uccise in Yemen, lo scorso mese, ricordando proprio le parole di Papa Francesco: “Così poco hanno interessato l’opinione pubblica”. Quindi noi ci auguriamo che la nostra iniziativa possa contribuire veramente a spezzare questa indifferenza.

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Scuola: torna il concorso per oltre 63 mila posti da insegnante

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Con storia dell'arte, laboratori di liuteria e scienze agrarie, hanno preso il via oggi le prove scritte del concorso per docenti previsto dalla legge ‘Buona Scuola’, per l’immissione in ruolo di 63.712 insegnanti. Tre i bandi: infanzia e primaria, secondaria di I e II grado, sostegno. Mentre i sindacati della scuola hanno proclamato per il 23 maggio uno sciopero generale per chiedere il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, le prove scritte andranno avanti fino al 31 maggio, in oltre 2.500 sedi d’esame. A contendersi i posti sono oltre 165 mila insegnanti già in possesso del titolo di abilitazione perché, ha spiegato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, l'abilitazione “è un titolo fondamentale” ma la cattedra si ottiene “con una selezione pubblica, come prevede la Costituzione”. Giada Aquilino ne ha parlato con Giuseppe Desideri, presidente dell’Associazione italiana maestri cattolici: 

R. – È il primo concorso a cui possono partecipare solamente gli abilitati. Questo ha creato tutta una serie di problematiche, che erano abbastanza prevedibili, anche con alcune situazioni che al momento sono ancora in discussione presso i vari Tar. C’è una casistica che si presenta per la prima volta e ci sono alcune situazioni particolari.

D. – Perché, se già abilitati, ora questi insegnanti devono passare per il concorso?

R. – Perché c’è sia una previsione normativa costituzionale, per cui si entra nel pubblico impiego attraverso un concorso pubblico, sia perché la scelta del governo è stata quella di iniziare un processo di chiusura delle varie graduatorie ad esaurimento, che negli ultimi anni hanno sicuramente costituito un bacino di creazione di precariato, con una situazione di forte disagio.

D. – Chi è stato escluso da questo concorso?

R. – Sono stati esclusi tantissimi docenti che non hanno l’abilitazione, anche se insegnano, perché magari in alcune classi di concorso - in alcune cattedre - gli abilitati sono pochi. E poi sono stati esclusi altri docenti, per i quali faccio un esempio pratico: chi ha il diploma di istituto magistrale con indirizzo linguistico ha scoperto, con l’indizione di questo concorso, di non essere abilitato perché nel proprio percorso di studio mancavano alcuni insegnamenti.

D. – In questo quadro viene fuori anche uno dei paradossi della nostra scuola: sono rimasti fuori tanti precari delle graduatorie di istituto, che di fatto insegnano già e fanno funzionare le nostre scuole…

R. – Sì, il punto di vista umano che sicuramente colpisce è che ci saranno tante classi che in questi giorni lavoreranno con docenti che insegnano da tempo e che però non possono partecipare al concorso; quindi questi docenti vedranno i loro colleghi che partecipano mentre loro sono tagliati fuori. Se verrà mantenuta questa procedura, dovranno sicuramente reimpostare il loro progetto di vita professionale.

D. – L’età media dei candidati è di 38,6 anni: cosa significa questo dato?

R. – Se lo leggiamo nella storia della scuola italiana è un dato positivo, perché - se consideriamo che la media degli insegnanti in servizio oggi è decisamente più alta - ciò significa un potenziale ringiovanimento. Se lo vediamo invece in un’ottica più internazionale, dobbiamo dire che l’età è alta, sicuramente superiore a quella dei colleghi in tutto il resto d’Europa.

D. – Ci sono delle novità in questo concorso: ad esempio l’uso del computer. Ciò poi si rispecchierà nelle competenze degli insegnanti?

R. – Si tenta di promuovere lo sviluppo e la competenza digitale negli insegnanti. Certo, nelle scuole italiane la situazione è molto “a macchia di leopardo”, con scuole che hanno dotazioni tecnologiche avanzate ed altre in cui invece c’è un solo laboratorio per 500 alunni e dove la connessione Wi-Fi è ancora una chimera.

D. – Quali sono le attese della scuola, anche da parte della vostra realtà?

R. – Speriamo che i vincitori del concorso siano in classe il prima possibile, con l’inizio del prossimo anno scolastico. E speriamo anche che questo concorso, sia nella prova scritta, attraverso le tracce, sia in quella orale, valorizzi le competenze didattiche, con docenti competenti e preparati che possano offrire una qualità dell’insegnamento adeguato alle richieste e ai bisogni dei nostri ragazzi.

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Mostra dell'Azione Cattolica sui testimoni della Misericordia

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Inaugurata a Roma, presso il Centro San Lorenzo, la mostra “La buona strada. Testimoni della misericordia del Padre”, promossa da Azione Cattolica Italiana, Caritas italiana, Forum Internazionale di Azione Cattolica (Fiac) e Fondazione “Azione Cattolica Scuola di santità” Pio XI, con il patrocinio del Comitato per il Giubileo straordinario della Misericordia. Sono intervenuti mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, e Matteo Truffelli, Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana. L'evento si collega idealmente alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia, come spiega Truffelli al microfono di Antonella Palermo

R. – L’obiettivo in qualche modo è duplice: tenere collegato questo evento, la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia, con il percorso dei pellegrini che giungono a Roma in questo Anno Santo Straordinario. La mostra è dedicata a dei testimoni di misericordia, a partire da molti giovani, che sono cresciuti, maturati e hanno vissuto la loro santità dentro l’associazione - l’Azione Cattolica italiana - e nel mondo.

D. – Ci aiuti a fare un po’ una carrellata tra i testimoni che presentate…

R. – Sì, l’idea è quella di presentarli ai pellegrini che giungono a Roma, dare loro un luogo, uno spazio e un tempo in cui fermarsi per conoscere le figure di 53 testimoni di santità, particolarmente legati al tema della misericordia. Sono tutte persone esemplari, che sono cresciute o che comunque hanno camminato accanto all’Azione Cattolica: laici ed assistenti, donne e uomini, giovani e adulti di dodici Paesi del mondo; per ciascuno c’è una breve presentazione del profilo di vita e di quello di santità, perché si tratta – possiamo dire – di una santità nella quotidianità.

D. – Ci sono delle figure che la colpiscono di più?

R. – In questa mostra sicuramente non posso non citare, per quanto sia molto noto, Pier Giorgio Frassati, che apre questa mostra e questo percorso di santità, e lo fa volutamente proprio in collegamento con la Gmg di Cracovia. Sappiamo che Papa Francesco, quando è stato a Torino, ha indicato proprio Frassati come esempio, figura esemplare per i giovani che si recheranno a Cracovia. Ma un’altra figura alla quale siamo particolarmente legati come Azione Cattolica, e che forse meriterebbe di essere più conosciuta è quella di Antonietta Meo, che è un piccolo esempio di Santità e che ha dedicato la sua, purtroppo, breve vita, a un incontro intenso con Gesù, vissuto nella quotidianità del dolore…

D. – La chiamavano Nennolina...

R. – Sì, esatto, ma noi ci stiamo abituando a chiamarla sempre meno Nennolina, perché Antonietta non aveva piacere ad essere chiamata in questo modo. Però le figure sono tante: ci sono i martiri della persecuzione in Messico, figure straordinarie come il card. Pironio, che ha fatto tanto per la santità laicale. È una mostra da conoscere – direi – passo per passo.

D. – Una mostra composta da venticinque pannelli, in tre lingue: italiano, inglese e spagnolo. Che punto si può fare, quasi a metà del Giubileo, dal suo punto di vista?

R. – Questa è stata una straordinaria occasione che Papa Francesco ci ha dato, per fare quasi un percorso di pellegrinaggio dell’anima, per guardare dentro di noi e misurarci con il tema della misericordia e per aver modo di capire che veramente quello è il cuore del Vangelo. È un Anno che ci sta aiutando veramente tanto a metterci in pellegrinaggio non solo fisicamente, perché è un pellegrinaggio che poi è destinato a durare per tutta la vita, per percorrere questa strada della misericordia. E quindi, da questo punto di vista credo che sia veramente un grande dono quello che Papa Francesco ci ha fatto.

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Sicurezza sul lavoro, Inail: a marzo 61 vittime di incidenti

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La presunta tregua sulle morti bianche è durata solo due mesi. A marzo si è registrato un nuovo aumento di incidenti mortali sul posto di lavoro: 61 vittime a fronte delle 56 censite nello stesso mese del 2015. Annus horribilis che ha visto un'impennata del numero di vittime del lavoro: 1.172 incidenti mortali denunciati. Su questi dati riportati oggi dall’Inail, si interrogheranno istituzioni, associazioni e cittadini in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Questa mattina è partito da Monfalcone il “Giro d’Italia in carrozzina”, organizzato dall’Anmil (Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro), per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. Di prevenzione contro gli infortuni sul posto di lavoro, Daniele Gargagliano ne ha parlato con Franco Bettoni, presidente dell’Anmil, che ha lanciato una raccolta firme per chiedere più iniziative nelle scuole e tra la gente con l'obiettivo di far conoscere sempre di più i possibili rischi di incidenti sul lavoro. 

R. – In questa Giornata dobbiamo ricordare, sensibilizzare che - purtroppo - il tema degli infortuni sul lavoro delle malattie professionali e delle morti non si ferma mai; bisogna parlare di questo a tutti, alla gente comune, ai ragazzi nelle scuole, a coloro che vivono nel mondo del lavoro o lo vivranno.

D. - Il 2015 è stato un anno tragico con 1.172 incidenti fatali per i lavoratori. L’Italia ancora soffre questa piaga …

R. - La soffriamo, se lei a questo aggiunge le 1.400 persone morte sul lavoro a causa delle malattie professionali nel 2015, si arriva ad oltre 2.500 persone. Bisogna riflettere su questo. C’è da lavorare di più, c’è da far rispettare le norme e da far capire ai lavoratori e alle imprese che non si può andare avanti così, che non è possibile che le famiglie si trovino davanti ad una tragedia dalla mattina alla sera.

D. - Nell’edilizia continuano ad aumentare i casi di vittime del lavoro tra gli over 60. Sono persone che si recano al cantiere per poter arrivare alla pensione. Cosa possono fare le istituzioni per agevolare l’uscita verso un lavoro più leggero?

R. - È un tema ovviamente molto delicato. Secondo me, bisogna agevolare l’uscita di queste persone perché diventa difficile – lei ha detto ultrasessantenni, ma lavorano anche nell’agricoltura – e per far si che non succeda, ma soprattutto per dare spazio ai giovani. Se c’è la volontà, si tolgono sprechi da altri parti e si cerca di agevolare questa immissione di risorse attuando una politica di aiuto verso chi raggiunge una determinata età. Lei pensi a lavorare su un ponteggio o nelle fabbriche metalmeccaniche a sessant’anni. È difficile. Lavorare in un’azienda da impiegato è totalmente diverso.

D. - Il tema scelto quest’anno per la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro è lo stress. I lavoratori di oggi soffrono sempre di più la pressione dei loro superiori e gli orari prolungati …

R. - Lo stress del lavorare nell’insicurezza di poter lavorare; magari qualcuno in quel momento dimentica la sicurezza sul lavoro. Io sono qui oggi a parlare ai ragazzi nelle scuole e stiamo raccontando le nostre storie di insicurezza dovuta a mancata informazione, a mancata formazione, al lavorare di fretta, al 'bisogna lavorare di più'. Ogni tanto anche noi lavoratori dobbiamo fermarci e capire. Capisco che è difficile dirlo oggi, molte persone devono mandare avanti le famiglie, ma la sicurezza sul lavoro è fondamentale per sé e per le proprie famiglie.

D. - L’Anmil ha lanciato una campagna di raccolta firme per sensibilizzare il mondo della scuola e la società civile sugli infortuni sul lavoro …

R. - Faremo una raccolta firme durante il percorso, nelle sedi dell’Anmil, nelle piazze a sostegno di tre petizioni. La prima: l’applicazione del decreto 81 che prevedeva che la sicurezza sul lavoro venisse portata nelle scuole, che se ne parlasse per far crescere la cultura della sicurezza come stiamo facendo noi oggi. La seconda sostiene chi purtroppo oggi muore sul lavoro e perde la vita e non ha una famiglia a carico o non tiene una famiglia a carico viene liquidato con un assegno funerario di duemila euro! La persona non viene messa al centro; questo è gravissimo. La terza riguarda l’attenzione al tema donne: le donne infortunate, quelle che si ammalano sul lavoro sono madri, mogli, badanti, eppure c’è differenziazione sul risarcimento e poca attenzione quando accade a loro. Queste sono le tre firme che noi raccoglieremo durante la petizione e che al termine del tour – il 17 giugno – porteremo ai presidenti di Camera e Senato.

D. - Ci spiega perché c’è una differenziazione nel risarcimento per le vittime nel mondo femminile sul lavoro?

R. - È dovuto al fatto che le retribuzioni sono minori, ma soprattutto fanno meno ore perché molte hanno una famiglia, lavorano part time. Siamo riusciti a parificare l’indennità quando purtroppo si muore sul lavoro non collegandola al reddito ma al massimale -  l’Inail lo fa - però su altre cose dobbiamo fare di più. Molte donne che abbandonano il posto di lavoro hanno più difficoltà degli uomini. Abbiamo proposto una legge al Parlamento che metta al centro l’attenzione verso la donna infortunata o che si è fatta male sul lavoro e alle vedove.

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Nella Chiesa e nel mondo



Venezuela: appello dei vescovi per gravissima situazione del Paese

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Definiscono “gravissima” la situazione del Paese, chiedono al popolo di non cedere alle opposte tentazioni della lotta violenta e della rassegnazione, esortano i politici a mettere da parte gli interessi particolari e a pensare al bene della popolazione: così, in un lungo documento ripreso dalle agenzie Sir e Fides, i vescovi venezuelani intervengono sulle drammatiche condizioni sociali, economiche e politiche che sta vivendo la nazione. 

Allarme crisi economica ed energetica
Da tempo, infatti, il Paese sta vivendo una situazione critica: il crollo del prezzo del petrolio ha causato una crisi economica di enormi proporzioni e la vittoria dell’opposizione alle elezioni Parlamentari ha causato l’immobilismo, a causa dei veti reciproci tra il Presidente Maduro e la nuova maggioranza parlamentare. Intanto, le autorità civili hanno deciso di ridurre a due soli giorni la settimana lavorativa per risparmiare energia e quotidianamente la luce viene staccata per quattro ore. Da qui l’appello dei vescovi a trovare una soluzione e la conferma della vicinanza della Chiesa, nella carità e nella solidarietà, a quanti sono nella sofferenza e nella povertà.

Carenza estrema di generi alimentari e farmaci di prima necessità
“Facciamo nostre le angustie del nostro popolo, del quale siamo servitori – scrive la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) -  Mai come ora noi venezuelani abbiamo sofferto l’estrema carenza di generi alimentari e farmaci di prima necessità, assieme ad altri mali come l’inasprirsi della delinquenza assassina e disumana, il razionamento della luce e dell’acqua e la profonda corruzione a tutti i livelli del governo e della società”. “Vogliamo mettere in guardia il popolo – scrivono i presuli - affinché non si lasci manipolare da chi si offre di cambiare la situazione attraverso la violenza sociale e neppure da chi esorta alla rassegnazione e alla sopportazione, in silenzio, delle ingiustizie”.

Cittadini non cedano alla disperazione. Politica ascolti grido del popolo
Non si deve dunque cadere “nella paura che paralizza e nella disperazione, come se non ci fosse un futuro”, sottolinea la Chiesa, “non si deve essere cittadini passivi, ma soggetti pacifici e attivi, per agire come protagonisti delle trasformazioni della storia e della cultura”. Rivolgendosi, poi, al potere politico, i vescovi lo invitano ad “ascoltare con rispetto la voce del popolo”; per questo, sia i rappresentanti vicini a Maduro che la maggioranza parlamentare “devono esprimere la loro seria preoccupazione per tutto il popolo, senza lasciarsi distrarre da interessi di partito e particolari”.

Lavorare alla promozione del dialogo. Al primo posto, ci sia la carità
“Avvertiamo anche coloro che approfittano della situazione, sfruttando i bisogni degli altri, che questo è un crimine e un peccato mortale!”, affermano i presuli. Al contrario, “questo è il momento di dimostrare che c’è una volontà di difendere il bene comune e i veri interessi di ciascun cittadino del Venezuela”. Di qui, l’invito alle istituzioni politiche a lavorare alla promozione dell’incontro e del dialogo, in favore della convivenza nazionale. Infine, le diocesi, le parrocchie, gli istituti religiosi, le associazioni cattoliche del Paese sono esortate a “mettere urgentemente al primo posto del loro operato la carità”. (A cura di Isabella Piro)

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Caritas Austria: diritto d'asilo uno dei valori su cui ci fondiamo

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“Svuotare e aggirare il diritto di asilo significa mettere in discussione i valori sui quali ci fondiamo. L’Austria ha accolto nel 2015 quasi 90.000 persone: ciò è stato possibile soprattutto grazie all’aiuto della società civile. Questo però non può essere per l’Austria la giustificazione per ignorare, in un’Europa comune, la propria responsabilità nei confronti di persone in cerca di protezione”. È la presa di posizione di Bernd Wachter, segretario generale della Caritas austriaca, dopo l’approvazione, ieri pomeriggio, della legge che limita in modo drastico il diritto di asilo.

Chiudere le frontiere costerà all'Austria una perdita di 210 milioni di euro annui 
​Il provvedimento - riporta l'agenzia Sir - pone limiti ai ricongiungimenti familiari e permette di indire lo stato di necessità con la conseguenza di sospendere il diritto di asilo. Il segretario generale della Caritas interviene quindi sul ripristino delle frontiere. “Rendere impermeabili i confini attorno all’Austria – afferma – comporta una chiusura nell’ambito europeo su diversi piani. Non solo per quanto riguarda la solidarietà nell’emergenza profughi, che può essere affrontata solo insieme. Anche sul piano economico in questo modo l’Austria si mette fuori gioco: attraverso i controlli di frontiera, secondo l’Istituto di ricerca economica Leibniz, ci saranno perdite fino a 210 milioni di euro annui per il nostro Paese”. (R.P.)

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India. Card. Gracias: Paese è inquinato, serve impegno ecologico

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In India vivono circa 76 milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, il numero più elevato al mondo; periodi di siccità estrema colpiscono ogni anno vari Stati; su dieci città con il più alto tasso di inquinamento, sei si trovano in India e la loro popolazione respira aria inquinata oltre 15 volte il limite massimo consentito. Sono le motivazioni che hanno spinto il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, a firmare una dichiarazione per chiedere ai capi di Stato mondiali di mettere in pratica subito l’accordo di Parigi sul clima.

Il pianeta è un dono di Dio, no allo sfruttamento
La dichiarazione è stata firmata da oltre 260 leader religiosi, i quali hanno sollecitato i governi – che hanno ratificato lo storico accordo sul cambiamento climatico la scorsa settimana a New York – ad accelerare l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili, una delle fasi di transizione per il passaggio al 100% delle energie rinnovabili entro il 2050. Il card. Gracias – riferisce l’agenzia AsiaNews - è tra i 20 leader religiosi indiani che hanno firmato la “Interfaith Climate Change Statement”, lanciando un appello affinché “l’umanità smetta di sfruttare il nostro pianeta, che è un dono di Dio”.

Investire nell’energia rinnovabile
L’arcivescovo di Mumbai ha affermato: “Le comunità religiose stanno già lavorando duramente per alleviare molti dei problemi del mondo, ma possiamo fare ancora di più per ridurre le emissioni nelle case, nei luoghi di lavoro e in quelli di culto, e per liberarci dai combustibili fossili e investire nelle fonti di energia rinnovabile”.

È immorale che le conseguenze peggiori ricadano sui poveri
Citando, poi, l’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, il porporato ha aggiunto: “Ciò che è più immorale è che l’impatto peggiore ricade sui poveri, che hanno avuto le minori responsabilità nell’inquinamento del pianeta. Per il loro bene, deve cessare subito la combustione di carburanti fossili come il carbone, il petrolio e il gas, e anche l’urbanizzazione senza sosta e non pianificata”. “Circa 21 Paesi – ha sottolineato il card. Gracias - hanno già dimostrato che è possibile ridurre le emissioni di gas serra e allo stesso tempo sostenere la crescita economica. L’India potrebbe essere tra quei Paesi, ma così non è”.

La Terra rischia di diventare un immenso deposito di immondizia
Ricordando la celebrazione della Giornata mondiale della Terra, lo scorso 22 aprile, il porporato ha evidenziato che “lo stato attuale del nostro pianeta ci impone di deplorare le sue condizioni e agire per porvi rimedio”. “Papa Francesco ha scritto che ‘la terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia’ (n. 21) – ha affermato il card. Gracias - Uscite per le strade in India, e respirerete un’aria tra le più inquinate di tutto il pianeta. Fate una passeggiata tra le nostre città e per i villaggi, e vedrete la sporcizia dei nostri fiumi”.

Ancora molto da fare
Di certo, ha concluso, “esistono degli esempi positivi, come gli investimenti del governo nelle fonti di energia solare. Inoltre nella città di Delhi ha avuto grande successo lo schema di razionamento del traffico stradale. Ma tutto questo non basta”. (I.P.)

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Zambia: vescovi chiedono più responsabilità verso l’ambiente

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I vescovi dello Zambia chiedono alle multinazionali dell’agroindustria e del settore estrattivo una maggiore responsabilità verso l’ambiente e più attenzione all’impatto che le loro attività hanno sulle popolazioni locali. Con questo invito si è concluso martedì a Lusaka la Conferenza di alto livello organizzata dalla stessa Conferenza episcopale zambiana (Zec) sull’impatto ambientale dell’agricoltura e delle attività estrattive su larga scala.

Un’attività estrattiva più rispettosa dell’ambiente
Obiettivo della conferenza,  alla quale è intervenuto il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e pace, era di creare una maggiore consapevolezza sull’importanza della salvaguardia del Creato, così come indicato dall’Enciclica “Laudato si’ sulla cura della casa comune” di Papa Francesco e quindi sensibilizzare le grandi imprese minerarie e agricole che operano in Zambia. Le loro attività – evidenziano nel comunicato finale i vescovi zambiani – sono sicuramente importanti per lo sviluppo economico e per l’occupazione nel Paese, ma causano anche danni all’ambiente e alle popolazioni locali. Di qui l’appello alla responsabilità alla luce delle indicazioni di Papa Francesco nella “Laudato sì”.

I danni dell’industria estrattiva e agricola  alle popolazioni locali
​Lo Zambia è uno dei principali produttori del mondo di smeraldi e rame che hanno attirato molti investimenti stranieri incoraggiati dagli incentivi anche fiscali del Governo di Lusaka. Una politica che ha suscitato forti critiche nel Paese, per i costi sociali di tali investimenti che ricadono sulle fasce più povere della popolazione, costrette a subire l’esproprio delle loro terre ancestrali e i danni conseguenti all’inquinamento e allo sfruttamento intensivo delle risorse naturali. (L.Z.)

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Vescovi Nigeria: incontro su famiglia, agente di misericordia

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“La famiglia nigeriana: agente di misericordia ed armonia”: questo il tema del secondo Incontro nazionale delle famiglie svoltosi a Lagos, in Nigeria, nei giorni scorsi. L’evento è stato organizzato dal Dipartimento per la Famiglia e la vita afferente al Segretariato cattolico del Paese. A dare il via ai lavori, il vicepresidente della Conferenza episcopale locale, mons. Agostino Akubeze, che ha presieduto la Messa inaugurale dell’evento.

Famiglia, bastione dello sviluppo nazionale
“La famiglia è il bastione di ogni nazione di successo”, ha detto il presule nella sua omelia, insistendo sulla necessità di riconoscere l’importanza fondamentale dei nuclei familiari nella vita della Chiesa e del Paese. “Se una società riesce ad avere buone famiglie – ha affermato mons. Akubeze – allora tutta la nazione potrà crescere e svilupparsi. Viceversa, se la famiglia è disfunzionale, anche la società e la nazione lo saranno”. Di qui, il richiamo al fatto che “ogni Paese che vuole costruire la sua capacità di sviluppo deve iniziare dalla famiglia, perché essa è il primo luogo in cui si insegnano i valori, come l’onestà e il duro lavoro”.

Lotta alla corruzione inizia in famiglia
​Stigmatizzando, infatti, il comportamento di alcuni genitori che non prendono le distanze dai comportamenti sbagliati dei loro figli, anzi se ne fanno complici, il presule ha messo in guardia dalla tendenza a cedere a “ciò che è male ed illegale per ottenere quello che si vuole”. In quest’ottica, mons. Akubeze ha esortato a porre fine alla corruzione in Nigeria, partendo proprio dalla vita familiare. (I.P.)

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Vescovi Nord Irlanda: al voto priorità su povertà e dialogo sociale

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“Un futuro migliore: verso una cultura della vita, della cura e della speranza per tutti”. Si intitola così il documento diffuso dai vescovi cattolici dell’Irlanda del Nord, in vista delle prossime elezioni. Il 5 maggio, infatti, i cittadini saranno chiamati a scegliere i 108 membri dell’Assemblea parlamentare del Nord Irlanda. Nel lungo documento, in particolare, i presuli sottolineano il desiderio di offrire “alcune indicazioni e priorità nella ricerca del bene comune alla luce della Dottrina sociale cattolica”.

Combattere la povertà infantile
Al primo posto, i presuli pongono l’impegno nella lotta alla povertà infantile, il cui livello viene definito “preoccupante”, dato che 101mila bambini vivono al di sotto della soglia dell’indigenza. Il problema non è stato affrontato dalle istituzioni “in modo sistematico”, scrivono i vescovi, anche a causa di una “eccessiva politica di austerità imposta da Westminster”. In quest’ottica, si auspica che, in primo luogo, si possano “rendere disponibili fondi per le scuole”, affinché tutti i bambini ricevano non solo la necessaria istruzione, ma anche un’adeguata alimentazione.

Dialogo tra politica e società. Difesa della vita
La nota episcopale sollecita, inoltre, la creazione di una nuova cultura politica attraverso “meccanismi di dialogo trasparente e regolare tra le istituzioni ed i contesti più ampi in campo sociale e politico”, come le associazioni di categoria, di volontariato e di religiosi. I vescovi ribadiscono, poi, il tema della tutela della vita umana: “Non è mai moralmente accettabile, in nessun caso – scrivono – sostenere una politica che mina l’inviolabilità sacra del diritto alla vita di una persona innocente”.

Salvaguardare il Creato e tutelare la famiglia formata da uomo e donna
Parimenti, i presuli sottolinea l’importanza di salvaguardare il Creato e di tutelare la famiglia ed il matrimonio come unione tra uomo e donna, ricordando che – come scritto da Papa Francesco nell’Esortazione apostolica “Amoris laetitia” – “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Altro punto centrale, richiamato dalla Chiesa cattolica dell’Irlanda del Nord, è la necessità che “tutti i settori della scuola vengono trattati allo stesso modo in termini di finanziamento e di politica”.

Libertà religiosa, diritto umano fondamentale
Ampio spazio, quindi, viene dedicato al tema della libertà religiosa ed al dramma dei cristiani che, scrivono i vescovi, sono “il gruppo più perseguitato al mondo”, nell’indifferenza generale. Spesse volte, inoltre, si verificano fenomeni di discriminazione come “l’esclusione di gruppi ecclesiali dall’accesso ai finanziamenti pubblici a causa dei loro principi etici”. “Il diritto alla libertà religiosa è un diritto fondamentale universalmente riconosciuto come fondante per una società autenticamente pluralista e tollerante – si legge nella nota – Esso non si limita alla libertà di culto”, ma deve essere “un segno distintivo essenziale di una società autenticamente libera e pluralista”.

Dieci domande da rivolgere ai candidati
​Di qui, l’auspicio che la prossima Assemblea istituisca un gruppo di lavoro congiunto sulla libertà religiosa per approfondire questi temi e formuli “raccomandazioni” nell’ambito della politica e del diritto, guardando in particolare alla “violenta persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e in altre parti del mondo”. Il documento si conclude con il suggerimento di dieci domande, basate sulla Dottrina sociale della Chiesa, che i fedeli possono rivolgere ai candidati elettorali. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 119

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