Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 03/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a imprenditori: troppi poveri, serve modello economico più giusto

◊  

Ci sono troppi poveri nel mondo e continuano ad aumentare, occorre promuovere con urgenza un nuovo modello economico, più giusto: è quanto ha detto Papa Francesco incontrando in Sala Clementina gli imprenditori che partecipano al convegno promosso a Roma e in Vaticano da Time-Life. Nel suo discorso, il Santo Padre ha invitato la Chiesa a farsi sempre voce di quanti sono messi a tacere. Alessandro Guarasci

Troppe differenze a livello mondiale, troppi poveri mentre la ricchezza è concentrata in poche mani. Fatto sta che per il Papa “la disuguaglianza tra i popoli continua a crescere e molte comunità sono direttamente colpite dalla guerra e dalla povertà o dalla partenza forzata di migranti e profughi”. Ma in tanti vogliono far sentire la propria voce, denunciare queste inconcepibili disuguaglianze. Queste persone vogliono dare il loro “legittimo contributo alle comunità locali e alla più vasta società e beneficiare delle risorse e dello sviluppo troppo spesso riservati a pochi”, dice Francesco:

“E ciò, mentre può creare conflitti e mettere a nudo le molte sofferenze del nostro mondo, ci permette anche di capire che stiamo vivendo un momento di speranza. Perché quando riconosciamo finalmente il male in mezzo a noi, possiamo cercare di sanarlo applicando la giusta cura”.

Dunque, la  presenza di tanti imprenditori in Vaticano “è un segno di tale speranza", perché dimostra che queste persone riconoscono “i problemi che ci stanno di fronte e la necessità di agire con decisione. Questa strategia di rinnovamento e speranza richiede una conversione istituzionale e personale; un cambiamento del cuore che conferisce il primato alle più profonde espressioni della nostra comune umanità, delle nostre culture, delle nostre convinzioni religiose e delle nostre tradizioni”. Un rinnovamento che non ha che fare solo con l’economia di mercato, dice il Francesco:

“No, ciò di cui stiamo parlando è il bene comune dell’umanità, il diritto di ogni persona di aver parte alle risorse di questo mondo e di avere le medesime opportunità di realizzare le proprie potenzialità, potenzialità che in ultima analisi si basano sulla dignità di figli di Dio, creati a sua immagine e somiglianza”.

Dunque, più responsabilità locale, anzi personale, in modo che nessuno venga escluso dalla partecipazione sociale. Il Papa sottolinea che "la domanda da porci è come meglio incoraggiarci l’un l’altro e incoraggiare le nostre rispettive comunità a rispondere alle sofferenze e ai bisogni che vediamo, sia lontani sia in mezzo a noi. Il rinnovamento, la purificazione e il rafforzamento di solidi modelli economici dipende dalla nostra personale conversione e generosità verso i bisognosi”.

inizio pagina

Altre udienze e nomine

◊  

Per le altre udienze e nomine del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

inizio pagina

Bartolomeo: Amoris laetitia ricorda la compassione di Dio

◊  

Continua a suscitare numerosi commenti l’Esortazione apostolica di Papa Francesco “Amoris laetitia”. L’ultimo importante intervento è quello del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, che ha scritto un articolo sull’Osservatore Romano del 3 dicembre. Il Patriarca riflette sulla domanda che si fanno alcuni: in Amoris laetitia la dottrina su matrimonio e famiglia è stata sviluppata o difesa? Le norme sono state rafforzate o mitigate? La lettera del Papa – osserva Bartolomeo - ricorda anzitutto la misericordia e la compassione di Dio e non soltanto le regole canoniche degli uomini. Il punto di partenza è la grazia amorevole e salvifica di Dio, che risplende su ogni persona senza discriminazione.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Referendum costituzionale: seggi aperti domenica dalle 7 alle 23

◊  

Sono complessivamente poco più di 50 milioni gli italiani chiamati questa domenica a dire Sì o No alla riforma costituzionale approvata definitivamente dalla Camera lo scorso aprile, dopo sei passaggi parlamentari. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 23. Quattro milioni gli elettori residenti all’estero, che hanno già espresso il loro voto. La scheda è di Giampiero Guadagni

Non serve il quorum
Il referendum sulle modifiche alla  legge costituzionale è confermativo: non serve dunque il quorum, l’esito è valido qualunque sarà la percentuale dei votanti. Fino all’ultimo perciò le forze politiche hanno puntato sui tanti indecisi, con forti appelli a recarsi alle urne. Un approccio che ha unito il fronte del Sì e quello del No, profondamente divisi invece sul merito della riforma. Riforma che tocca la seconda parte della Costituzione italiana, peraltro già modificata 15 volte da quando fu approvata nel 1947. Negli ultimi anni molti i progetti non decollati, che hanno però costituito la base della riforma messa a punto dal governo Renzi, anche con la spinta dell’ex presidente della Repubblica Napolitano nei nove anni del suo doppio mandato.

Fine del bicameralismo paritario
Tra i punti cardine: la fine del cosiddetto bicameralismo paritario. Camera e Senato hanno finora avuto gli stessi compiti; se vince il Sì soltanto la Camera voterà la fiducia e avrà potere legislativo. Il Senato avrà competenza legislativa piena solo su una decina di materie, tra le quali le modifiche costituzionali e le politiche europee. Palazzo Madama passerà da 315 a 100 membri: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e cinque senatori a vita.

Cambia modalità di elezione dei senatori
Uno dei punti più forti di scontro riguarda le modalità di elezione dei senatori: in base a disposizioni transitorie, saranno nominati dai Consigli regionali in modo proporzionale tra le forze politiche. Ma c’è un impegno della maggioranza per adottare una legge elettorale ad hoc che restituisca ai cittadini un ruolo di indicazione.

Voto a tempi certi
Da parte sua il governo, per quanto riguarda l’iter legislativo, ha un nuovo strumento: il voto a tempi certi. La Camera dovrà entro 70 giorni approvare o respingere un provvedimento considerato importante.  

Tornano allo Stato numerose materie affidate alle Regioni
Altro cardine controverso della riforma è l’abolizione della  legislazione concorrente tra Stato e Regioni: tornano allo Stato materie come sanità, energia, infrastrutture, turismo e politiche del lavoro.

Taglio dei costi della politica
Un obiettivo dichiarato della riforma è il taglio dei costi della politica. In questo senso oltre ai possibili risparmi su spese per Senato e Consigli regionali, sono previste la cancellazione delle  Province e del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Il taglio dei costi è condiviso da tutte le forze politiche, ancora una volte però divise sulle concrete misure da adottare.  

Le ragioni del Sì e quelle del No
In sostanza i sostenitori del Sì, a partire dal premier Renzi, sono convinti che la riforma renderà l’Italia più semplice e più forte in Europa. I sostenitori del No, da Grillo a Berlusconi a Salvini, parlano di riforma pasticciata che mette a rischio la democrazia in Italia.

inizio pagina

Uomo forte del Gambia ammette sconfitta elettorale e si fa da parte

◊  

Adama Barrow è il nuovo presidente del Gambia. Il candidato dell’opposizione è stato dichiarato oggi vincitore delle ultime elezioni presidenziali e pone, così, fine a 22 anni di potere ininterrotto di Yahya Jammeh, che ha ammesso la sconfitta senza innescare proteste. Una buona notizia per la democrazia in Africa. Il servizio di Roberta Barbi: 

Fino a sei mesi fa era un sconosciuto ex emigrato da Londra – il Gambia d’altronde è un’ex colonia britannica, indipendente dal 1965 – e oggi è stato proclamato presidente. È la storia di Adama Barrow, capace di scalzare dopo 22 anni il presidente uscente del Gambia, Yahya Jammeh, in carica dal 1994, quando era salito al potere grazie a un colpo di Stato. Secondo la commissione elettorale, nel ballottaggio svoltosi giovedì scorso nel Paese, Barrow ha ottenuto il 45% dei voti contro il 36% di Jammeh, che in un discorso televisivo ha ammesso la sconfitta telefonando in diretta al suo antagonista. “Allah mi sta dicendo che è ora che io mi ritiri con gratitudine verso il popolo del Gambia e verso di lei”, gli ha detto, offrendo la propria disponibilità a collaborare al periodo di transizione che seguirà le elezioni, prima di ritirarsi nel suo villaggio natale e dedicarsi ai suoi possedimenti agricoli. Nella notte molte persone si sono riversate nelle strade festeggiando e inneggiando alla libertà: Jammeh, infatti, in questi anni è stato accusato spesso di usare il pugno di ferro contro oppositori e dissidenti.

inizio pagina

Vescovi Brasile: no ad amnistia che promuove corruzione in politica

◊  

La Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) esprime dure critiche all’iniziativa della Camera dei Rappresentanti del Brasile che vorrebbe procedere alla concessione dell’amnistia a chi ha usato fondi neri per finanziare le campagne elettorali.

“La pratica dei fondi neri delegittima le elezioni e incoraggia la corruzione”
Tale pratica “delegittima le elezioni e incoraggia la corruzione, creando confusione tra interesse pubblico e privato”, afferma una nota della Presidenza della Cnbb. La nota evidenzia che in un momento di profonda sfiducia nelle istituzioni quale quello che attualmente vive il Paese - travolto in questi anni da diversi scandali, l’ultimo dei quali ha costretto alle dimissioni la presidente eletta Dilma Roussef - e una notizia simile sarebbe accolta con indignazione da tutto il popolo brasiliano. L’approvazione di questo progetto di legge sarebbe “inaccettabile per un Parlamento che si vanta della propria onestà e che voglia rispettare il mandato ricevuto” dagli elettori - sottolinea ancora la Cnbb - che esprime l’auspicio che i membri del Congresso brasiliano non sostengano “un tale affronto alla dignità del Paese”.

Urge radicale riforma della politica in Brasile
Ricordando l’impegno attivo della Cnbb per promuovere la coscienza politica e civile nel Paese, segnatamente il sostegno alle leggi d’iniziativa popolare contro la compravendita di voti  del 1999 e per la “Ficha Limpa” (fedine penali pulite) del 2010 e, da ultimo, alla mobilitazione contro il finanziamento illecito delle imprese alle campagne elettorali, i vescovi concludono ribadendo l’urgenza di una seria riforma politica “con la P maiuscola” in Brasile, che coinvolga tutta la società civile.  (L.Z.)

inizio pagina

Siria. Ue: proteggere civili. De Mistura: è guerra per procura

◊  

Siria, terrorismo, Islam politico e migranti al centro di RomeMed 2016, i Dialoghi per il Mediterraneo, una tre giorni organizzata dall’Ispi e dal Ministero degli Esteri italiano, a cui hanno preso parte anche Stati Uniti e Russia, coinvolti nelle crisi mediorientali. Oggi in chiusura l’intervento del capo della diplomazia europea Mogherini e quello del mediatore Onu per la Siria, Staffan De Mistura. Unanime la sfida: non lasciare soli i civili e avviare i negoziati. Ma sul terreno intanto le bombe piovono ancora. Cecilia Seppia

“Dall’Ue sentirete sempre un richiamo alla cessazione dei bombardamenti e alla protezione dei civili”. Così l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, ai Med Dialogues di Roma, dove espone e ribatte ciò che muove l’Unione nei confronti delle crisi che stanno uccidendo il Medio Oriente: pragmatismo e principi, corridoi umanitari e aiuti economici. Il richiamo è a tutti paesi dell’area: dall’Egitto al Marocco alla Giordania, dagli Emirati al Qatar fino all’Iran a seguire un percorso politico che non deve essere ostaggio delle dinamiche militari. Molti conflitti - sostiene la Mogherini - sono stati risolti anche senza un cessate il fuoco, che soprattutto in Siria si è rivelato più volte fallimentare. Serve la soluzione politica insiste il mediatore Onu Staffan De Mistura, una soluzione inclusiva che comprenda tutti coloro a cui sono stati tolti i diritti, perché se ciò non avviene il terrorismo dello Stato islamico non potrà essere battuto. Il presidente onorario dell’Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale, Giorgio Napolitano:

"La strada giusta per il cambiamento, per la democrazia, per lo sviluppo ulteriore di ogni Paese, è la strada della tolleranza, è la strada del reciproco riconoscimento tra uomini di diverse fedi politiche e di diverse confessioni religiose. Dunque, è la strada dell’unità, della tolleranza e del contributo da dare ad un nuovo ordine regionale e mondiale. Ma si è o no convinti di questo da parte di tutti i protagonisti della politica internazionale? Si è o no veramente convinti che sono sfide comuni che non riguardano l’uno piuttosto che l’altro e non possono soltanto sollecitare delle dichiarazioni di principio e parole? In realtà, quando pensiamo a come si è bloccata la strada di una tregua e di una transizione fino ad ora in Siria, si deve dire 'No', perché così non c’è abbastanza volontà politica, coraggio politico, coerenza di comportamenti. Non c’è stata in Siria e non c’è in molte altre parti, nonostante le premesse apparissero, non tanto tempo fa, molto incoraggianti. Ma, insomma se si ricomincia – da parte di chiunque – a parlare di guerra fredda si esce completamente fiori strada e invece dobbiamo unirci e combattere l'unico nemico: il terrorismo".

Questa è una guerra per procura ci vuole una pace per procura aggiunge De Mistura, esortando il neoeletto presidente della Casa Bianca Donald Trump a smussare le sue posizioni e sedere al tavolo delle trattative e a chi ha influenza su Bashar Al Assad di spingerlo al negoziato reale che vuol dire condivisione del potere, soprattutto ora che in Siria i governativi sembrano ad un passo dal liberare la martoriata Aleppo dalle mani dell’Is.

Il conflitto siriano interroga il mondo e giungere ad un negoziato è prioritario su qualunque altra sfida o opportunità che coinvolge i Paesi del Mediterraneo. Così Antonio Villafranca responsabile del programma Europa dell'Istituto degli studi di politica internazionale (Ispi) che ha organizzato i Dialoghi per il Mediterraneo. Cecilia Seppia lo ha intervistato: 

R.  – Uno dei temi principali è stato capire in che modo il conflitto siriano possa essere risolto coinvolgendo tutti gli attori internazionali e quelli che non sono strettamente della regione, perché è evidente che solo così ci sarà  stabilità. Certo, si pongono diverse sfide, ci sono ancora diversi problemi soprattutto per tutti i siriani che sono andati via dalla Siria e molti dei quali purtroppo non ritorneranno in Siria, anche perché dopo alcuni anni fuori, è ovvio che hanno altri interessi e famiglie che sono state spostate. Quando parliamo di flussi di migranti, forse ci dimentichiamo che dietro ci sono delle persone con le loro famiglie, con le loro storie, e quindi è ovvio che non è una “questione idraulica” quella da affrontare con le immigrazioni, non sono semplici flussi, ma sono appunto degli esseri umani che hanno bisogno di aiuto.

D. - Altro punto fondamentale è la questione del terrorismo: qui si è arrivati ad una visione comune?

R. - Per quanto riguarda il terrorismo la visione comune riguarda la sconfitta di Daesh, nella consapevolezza che Daesh può essere sconfitto territorialmente, ma che i suoi germi, purtroppo, sono ancora presenti; l’estremismo religioso ancora c’è e ci sarà e va combattuto creando una nuova normativa per la regione, ma soprattutto creando opportunità di crescita e di lavoro per i giovani, perché soltanto in questo modo si può pensare di togliere linfa vitale all’estremismo religioso.

D. - Sono state molto forti le parole pronunciate dalla Mogherini: “Dall’Ue sentirete sempre un richiamo alla cessazione dei bombardamenti e alla protezione dei civili”. Quanto sta facendo l’Europa su questo? Quanto, invece, potrebbe fare di più?

R. - L’Europa potrebbe fare enormemente di più. Una questione di cui si è discusso molto è su cosa l’Europa sarà chiamata a fare di più in futuro. D’altra parte l’elezione di Donald Trump pone delle sfide senza precedenti per l’Europa, in quanto ha dichiarato che l’Unione Europea deve prendersi le proprie responsabilità. Questo vuol dire che dovrà anche spendere di più per la Difesa, dovrà quindi avere l’iniziativa in sede Nato nelle regioni che sono di diretto interesse per l’Europa stessa. Quindi si apre una sfida nuova. Peccato che questo accade in un momento di particolare debolezza per l’Europa che è così orientata a guardare a se stessa da non vedere che appena poco più in là ci sono, delle crisi, certo, ma anche delle opportunità che potrebbe cogliere.

inizio pagina

Giordania: la Cei paga affitto e scuole a 8mila famiglie irachene

◊  

Più di 8mila famiglie di rifugiati iracheni verranno accolte in Giordania dalla Caritas grazie allo stanziamento di 2 milioni e 200mila euro di fondi da parte della Conferenza episcopale italiana. Sono cristiani fuggiti dalla Piana di Ninive che verranno ospitati in città come Amman, Madbah, Zarqa e Balqa, e la Cei garantirà loro la possibilità di pagare l'affitto per tutto il 2017, in attesa di soluzioni più stabili. Francesco Gnagni ne ha parlato con il direttore di Caritas Giordania Wael Suleiman

R. – Questi fratelli dell’Iraq - che sono venuti dall’agosto 2014, come tutti sappiamo erano stati mandati via, proprio in quel periodo, da Daesh - sono andati prima a Erbil, poi la Giordania ha aperto la porta a 11 mila persone. In questi due anni, anche con il grande aiuto della Conferenza episcopale italiana, siamo riusciti a mandare tutti i loro figli nelle scuole cristiane in Giordania. La Cei si sta occupando, insieme alla Caritas Giordania e alla nunziatura, del sostegno economico alle scuole. Quest’anno, con la visita di mons. Galantino, è arrivata la buona notizia che si andrà a sostenere proprio le famiglie più bisognose e più povere, proprio quelle che in questi due anni hanno speso tutto il denaro che avevano.

D. – Sappiamo che la comunità cristiana in Iraq ha origini antichissime. Cosa significano per loro questi spostamenti e la condizione nella quale vivono? Vorrebbero tornare nella loro terra?

R. – Dalla prima Guerra del Golfo e fino ad oggi, loro hanno vissuto molto momenti drammatici, e questo è l’ultimo: l’ultimo, per loro, significa che non vogliono più tornare. Noi, la Chiesa in Giordania, anche la Caritas in collaborazione con la nunziatura, cerchiamo di fare il possibile per sostenerli e per convincerli a rimanere almeno in Giordania finché la situazioni non migliori in Iraq, così potrebbero tornare. E noi vediamo l’importanza di un loro ritorno: loro fanno parte dell’Iraq, del Medio Oriente, non devono lasciare. E io penso che con l’aiuto della Cei, con l’aiuto della Chiesa universale, i cristiani debbano essere sostenuti là dove si trovano: in Giordania, in Libano, in Turchia, in Egitto per farli tornare, un giorno, in Iraq.

D. – Sì, perché la Giordania, di fatto, rappresenta sempre più un elemento di stabilità in tutto il Medio Oriente …

R. – Sì. Per questo vorrei ribadire ancora l'importanza di questi due interventi della Cei: l’anno scorso è venuto mons. Galantino, un anno dopo che si era verificato questo dramma, dopo un anno che i bambini non andavano più a scuola. C’è stato, l’anno scorso, questo intervento importante, di mandare tutti a scuola; e parliamo di 1.400 bambini: non è mica poco! Invece, in questo secondo anno mons. Galantino è venuto a trovare questi 1.400 bambini per assicurare un secondo anno scolastico a tutti. Questo secondo intervento, volto ad aiutarli a pagare l’affitto e quindi a rimanere, dà loro un po’ di stabilità, anche a livello psicologico. E lì noi abbiamo visto come questi due interventi siano stati per tutti noi una grande provvidenza da parte della Cei. E la Cei significa la Chiesa italiana, il popolo italiano che sta donando per i suoi fratelli che in questo momento hanno tanto bisogno.

D. – Sappiamo poi che la Giordania è un Paese che fa dell’accoglienza e del dialogo il vero centro delle proprie politiche e che quindi in questo senso rappresenta anche un vero e concreto esempio di misericordia. Quindi chiedo a lei: è così che si combatte il fondamentalismo?

R. – Sì. Penso di sì. Io penso che la Giordania sia un esempio per tutto il mondo. Fa vedere come una minoranza cristiana - noi siamo appena il 2%, noi cristiani in Giordania - noi viviamo insieme da tutti questi anni, ci vogliamo bene, ci rispettiamo … Io penso che sì, questo è l’amore e può vincere: un giorno potrà vincere sul male. Allora, noi non vogliamo che questo rimanga solo per la Giordania; noi vogliamo fare di tutto perché questo possa arrivare a tutti gli altri Paesi del Medio Oriente: in Siria, in Iraq e in tutti gli altri Paesi.

inizio pagina

Austria al voto per le presidenziali: Hofer primo nei sondaggi

◊  

Questa domenica l’Austria torna al voto per il ballottaggio delle presidenziali tra il candidato dei verdi, Alexander Van der Bellen, e quello della destra nazionalista del Partito della Libertà Austriaco (Fpö) Norbert Hofer. Il secondo turno si era già svolto il 22 maggio scorso ma era stato annullato a giugno per le irregolarità sul voto per posta, che aveva influito sulla vittoria, per una manciata di preferenze, di  Van der Bellen. Il capo dello Stato austriaco ha dei poteri limitati, ma la comunità internazionale guarda con grande interesse al risultato. Marco Guerra ne ha parlato con la giornalista austriaca corrispondente da Roma per diverse testate, Irene Mayer

R. – Gli ultimi sondaggi danno in vantaggio il candidato della Destra, Norbert Hofer, ma al momento sembra che ci sarà un testa a testa tra i due candidati. C’è grande incertezza riguardo i risultati, anche se comunque gli ultimi sondaggi lo danno in lieve vantaggio. In ogni caso, c’è da aspettarsi che nessuno dei due candidati otterrà una vittoria netta.

R. – Ricordiamo un po’ le proposte dei due candidati, Van der Bellen e Hofer: perché l’Austria si è divisa su queste due figure?

R. – Perché sono proprio l’esatto opposto, sia come carattere sia come orientamento politico e valori. Sono persone che hanno tra loro grandissime differenze: Hofer è il rappresentante del partito Fpö, il Partito dell’estrema Destra, paragonabile al Front National in Francia. Anche se da fuori, nei dibattiti, si presenta come il “buon padre di famiglia”, c’è stato invece un lato della sua campagna elettorale molto aggressivo, dove si andava sempre alla ricerca del colpevole; e i colpevoli per l’estrema destra sono i migranti. Lui ha fatto una campagna contro gli stranieri. L’altro invece, Van der Bellen, è un professore di economia, con un lungo passato politico nel Partito dei Verdi. Anche lui ha fatto molte concessioni e diciamo che non può più dirsi un rappresentante soltanto della sinistra o del Partito dei Verdi, perché anche lui cerca di allargare il suo elettorato, pescando persino tra i democristiani.

D. – Ricordiamo che si vota per la presidenza della Repubblica. Che poteri ha il capo dello Stato e come può influire sull’azione del governo? Può spostare l’Austria su posizioni o su altre?

R. – Sì, il fatto reale è che Hofer ha lanciato delle minacce, affermando, durante la prima campagna elettorale, che lui è molto insoddisfatto dell’attuale governo e che se continua così lo farà dimettere. Entrando nei dettagli giuridici, il presidente ha la possibilità infatti di far dimettere un governo. È vero però che il presidente è piuttosto una figura rappresentativa e non entra tanto nella politica attuale del Paese.

D. – I media di tutto il mondo infatti continuano a soffermarsi sul candidato della Destra nazionalista, Norbert Hofer. Anche in Austria ci sono le ansie del cittadino comune, spaventato da globalizzazione e migrazioni…

R. – Sì, certo. C’è una grande insicurezza economica e c’è anche la paura della globalizzazione. Quindi è una situazione in cui è facile avere la tentazione di cercare un colpevole. E il colpevole spesso è il più debole: in questo caso sono i profughi. La paura è molto forte, soprattutto in zone e regioni dove gli stranieri non ci sono. Chi entra nella realtà e va a conoscere gli stranieri, la paura diminuisce.

D. – C’è anche uno scontro con Bruxelles e una disillusione che vediamo in tutta Europa sulle politiche dell’Unione?

R. – Sì, c’è anche questo chiaramente, ma ha un’influenza minore.

inizio pagina

Disabilità. Mattarella: inclusione diventi realtà concreta

◊  

Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata Internazionale della disabilità. Spesso costretti a fronteggiare barriere architettoniche e burocratiche, gli italiani con forme di disabilità sono circa 3 milioni: il 5% della popolazione. La Lega del Filo d'Oro, che da oltre 50 anni si prende cura dei sordociechi in Italia, celebra l'appuntamento ricordando in particolare l'importanza del diritto all'inclusione dei disabili. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha incoraggiato a superare gli ostacoli presenti al livello legislativo e nell'organizzazione sociale, esortando le istituzioni affinchè l'inclusione diventi una realtà. Dai dati emersi nello studio Istat per la Lega del Filo d'Oro nel 2015, è elevatissima la percentuale di persone ‘fragili’ che non riescono a superare il problema della propria disabilità. Clarissa Guerrieri ha intervistato Rossano Bartoli, segretario generale della Lega del Filo D'oro: 

R. – La Lega del Filo d’Oro si occupa delle problematiche delle persone sordocieche, con pluriminorazioni psico-sensoriali e dei loro bisogni. Anche alla luce di una recente indagine effettuata, l’Istat ha valutato il fenomeno della sordo-cecità, un fenomeno molto rilevante, perché i numeri ci dicono che ci sono circa 190mila sordociechi in Italia e sono tante le difficoltà che queste incontrano. I bisogni delle persone sordocieche devono trovare delle risposte andando a perfezionare quello che è stato l’intervento legislativo - Legge 207 del 2010 - che riconosce la sordo-cecità come disabilità specifica e che ha introdotto importanti novità, ma che ad oggi non sono effettivamente applicate, per fare in modo di dare a queste persone l’opportunità non solo di una diagnosi e di interventi di riabilitazione, ma anche tutte quelle occasioni per essere maggiormente inseriti nella società, quindi la necessità, per esempio, di avere apparecchiature per comunicare. Inoltre sulla base dell’esperienza che da oltre 50 anni la Lega del Filo d’oro sta portando avanti, vedere quali risultati possono essere raggiunti se noi abbiamo, in un centro diagnostico adeguato, una struttura di riabilitazione adeguata, prospettive di vita migliore. Credo che questa sia la grande esigenza che in questo caso riguarda la persona sordocieca e con pluriminorazione ma che riguarda in generale tutte le persone.

D. - Qual è secondo lei il fattore principale che limita l’inclusione sociale di queste persone?

R. - La non conoscenza delle problematiche: il diritto all’educazione e alla riabilitazione non sono affermazioni teoriche ma sono affermazioni che devono trovare riscontro nella pratica.

D. - Rimanendo in tema di diritti, la formazione scolastica dei bambini è molto importante. Perché secondo lei ad un certo punto questa viene interrotta e non prosegue?

R. - Abbiamo assistito a fenomeni che hanno portato la soppressione di quella che era una scuola speciale rispetto all’inserimento all’interno della scuola comune; abbiamo visto l’intervento di operatori specializzati, ma abbiamo visto anche che queste innovazioni forse poi non sono state gestite con coerenza. Bisogna essere consapevoli che per dare risposte adeguate è necessario investire in risorse, in personale: è un prezzo giusto e da pagare.

D. - Quanto è importante la scuola per queste persone fragili?

R. - La scuola è importante per le persone e per le loro famiglie, perché, ricordiamoci sempre che dietro ad un bambino con disabilità c’è un papà, una mamma, fratelli, sorelle, nonni e nonne, i quali giustamente vogliono vedere che anche il loro figlio con problematiche particolari possa partecipare insieme agli altri bambini a quel percorso logico di educazione possibile naturalmente.

D. - Quindi qual è lo scopo principe di questa Giornata?

R. - Ci fermiamo un istante a pensare che ci sono delle leggi che stabiliscono certe cose, dei principi e fissano degli obiettivi. Vogliamo che questo sia tradotto in realtà sempre di più.

inizio pagina

Padre Sosa: Kolvenbach, uomo del dialogo, libero e giusto

◊  

Circa 100 Gesuiti hanno partecipato ieri sera, nella Chiesa del Gesù a Roma, alla Messa in suffragio dell’ex Preposito generale, padre Peter Hans Kolvenbach, spentosi una settimana fa a Beirut all’età di 87 anni. La Messa è stata presieduta dall’attuale generale delle Compagnia, padre Arturo Sosa, che già aveva celebrato i funerali in Libano: nella sua omelia, ha ringraziato il Signore per il dono della persona di padre Kolvenbach al mondo, alla Chiesa e alla Compagnia di Gesù.

“Uomo caritatevole e libero nel discernimento”
Diventato Preposito nel 1983, padre Kolvenbach ha retto la Compagnia di Gesù per 25 anni, incarnando il profilo voluto da Sant’Ignazio per il Superiore generale: “Unione e familiarità con Dio nella preghiera per far partecipe tutto il corpo dei doni dello Spirito Santo, caritatevole con tutti – le sue caratteristiche ricordate da padre Sosa – interiormente libero per meglio discernere le scelte da fare in un mondo che cambia velocemente, con fedeltà creativa alla Chiesa; dotato di grande intelligenza e giudizio”. Durante il suo mandato, nel 1995 venne convocata la 34.ma Congregazione generale in cui la Compagnia confermò la propria missione di servire la fede e promuovere la giustizia e rafforzò la consapevolezza della necessità di aprirsi al dialogo con le altre culture e di partecipare attivamente al dialogo interreligioso.

L’eredità di p. Kolvenbach: amore per la Compagnia di Gesù
“La Compagnia di Gesù è un corpo che collabora con altri nel costruire un mondo di pace e nell’annunciare la Lieta Notizia della salvezza”, ha aggiunto poi padre Sosa, sottolineando la principale eredità che lascia padre Kolvenbach: un profondo amore per la Compagnia di Gesù, vissuta come cammino verso Dio. “Fare memoria di padre Kolvenbach è fare memoria di un compagno di Gesù, un confratello vicino – ha concluso – un padre che ha generato vita in noi, un credente pieno di speranza impegnato nell’annuncio del Vangelo e nella costruzione della pace, un uomo giusto”. (R.B.)

inizio pagina

Commento di don Sanfilippo al Vangelo della II Domenica d'Avvento

◊  

Nella seconda Domenica d’Avvento , la liturgia ci propone il Vangelo in cui Giovanni il Battista predica nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». E aggiunge:

“Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Un angelo omicida fin dal principio, spinto dall’invidia per la grandezza della dignità umana, ha ingannato la madre di tutti i viventi costringendoci a vivere schiavi della paura di morire e dell’egoismo, incapaci di amare. Ma il Dio di ogni consolazione, commosso per la nostra condizione miserevole, ha provveduto a noi compiendo le promesse antiche. Attraverso l’annuncio di un altro angelo ad un’altra donna, Maria, l’umile di Nazaret,  ci ha salvati da questo inferno offrendoci, grazie al perdono, la possibilità di tornare ad amare nel Sangue di suo Figlio Gesù Cristo. Egli viene in questo Avvento per sanare le nostre angosce e concederci pace e libertà. Egli ci guarisce con la forza della sua Parola che ci chiama a conversione, con la grazia dei Sacramenti – Confessione ed Eucaristia innanzitutto – che rifanno in noi l’uomo nuovo, capace di compiere le opere di misericordia…Non dire: “Non ho tempo!”, “Devo lavorare molto!”, “Ho famiglia!”, “Ho la parrocchia!”. Se ad ognuno di questi inviti, che Cristo porge attraverso la Chiesa, ti si offrisse un gettone-presenza, ad esempio di mille euro, risponderesti ancora declinandoli educatamente? Eppure la posta in gioco è infinitamente più preziosa: la Pace interiore, la libertà d’amare e la vita eterna. Apriamo le porte a Cristo, diciamo coi fatti: “Marànatha, Vieni Signore!”.

inizio pagina
Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 338

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.