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Sommario del 08/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: seguire Maria nel dire sì a Dio, vicinanza a vittime sisma Sumatra

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Attraverso il sì di Maria, Gesù ha cominciato il suo cammino sulle strade dell’umanità. Lo ha sottolineato il Papa all’Angelus in Piazza San Pietro, nella Solennità dell’Immacolata Concezione. Francesco ha messo in guardia dai “mezzi sì” che a volte diciamo al Signore, chiudendo così la porta al bene. Quindi, ha espresso la sua vicinanza alle vittime del terribile terremoto che ha colpito l’Indonesia. Il servizio di Alessandro Gisotti

Il Libro della Genesi “ci mostra il no delle origini, il no umano quando l’uomo ha scelto di “bastare a se stesso”; il Vangelo domenicale - che narra il momento dell’Annunciazione - ci mostra invece il sì “totale” di Maria.

Con il “grande sì” di Maria, Gesù inizia a camminare sulle strade dell’umanità
All’Angelus, nella Solennità dell’Immacolata Concezione, Papa Francesco si è soffermato sul passaggio cruciale quando “Dio viene ad abitare tra noi, si fa uomo come noi”:

“E questo è stato possibile per mezzo di un grande sì, - quello del peccato era il no, questo è il sì, è un grande sì! - quello di Maria al momento dell’Annunciazione. Per questo sì, Gesù ha cominciato il suo cammino sulle strade dell’umanità; lo ha cominciato in Maria, trascorrendo i primi mesi di vita nel grembo della mamma: non è apparso già adulto e forte, ma ha seguito tutto il percorso di un essere umano. Si è fatto in tutto uguale a noi, eccetto una cosa: quel no. Eccetto il peccato”.

Per questo, ha proseguito, “ha scelto Maria, l’unica creatura senza peccato, immacolata”. Quello di Maria, ha detto, “è un sì pieno, senza condizioni. E come il no delle origini aveva chiuso il passaggio dell’uomo a Dio, così il sì di Maria ha aperto la strada a Dio fra noi”.

Evitare i “mezzi sì” che chiudono la porta al bene
È questo, ha ribadito, “il sì più importante della storia, il sì umile che rovescia il no superbo delle origini, il sì fedele che guarisce la disobbedienza, il sì disponibile che ribalta l’egoismo del peccato”. “Anche per ciascuno di noi - ha soggiunto - c’è una storia di salvezza fatta di sì e di no a Dio”. “A volte, però, - ha constatato con rammarico – siamo esperti nei mezzi sì: siamo bravi a far finta di non capire bene ciò che Dio vorrebbe e la coscienza ci suggerisce”:

“Siamo anche furbi e per non dire un no vero e proprio a Dio diciamo: ‘Ma, scusami, non posso’, ‘non oggi, penso domani’; ‘Ma domani sarò migliore, domani pregherò, farò del bene, ma domani’. E questa furbizia ci allontana dal sì, ci allontana da Dio e ci porta al no, al no del peccato, al no della mediocrità. Il famoso ‘sì, ma…’: ‘Sì, Signore, ma….’. Così però chiudiamo la porta al bene, e il male approfitta di questi sì mancati. Ognuno di noi ne ha una collezione dentro! Pensiamo, ne troveremo tanti di sì mancati. E così invece ogni sì pieno a Dio dà origine a una storia nuova: dire sì a Dio è veramente ‘originale’, è origine, non il peccato, che ci fa vecchi dentro. Ma avete pensato questo, che il peccato ci invecchia dentro? Ci invecchia presto! Ogni sì a Dio origina storie di salvezza per noi e per gli altri”.

In questo cammino di Avvento, ha ripreso, “Dio desidera visitarci e attende il nostro sì”, “con generosità e fiducia”: “Credo in Te, spero in Te, Ti amo; si compia in me la tua volontà di bene”.

Vicinanza alla popolazione di Sumatra colpita dal terremoto
Dopo l’Angelus, il Papa ha rivolto il suo pensiero alle popolazioni dell’isola di Sumatra, in Indonesia, colpite da un forte terremoto:

“Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e per i loro familiari, per i feriti e per quanti hanno perso la casa. Il Signore dia forza alla popolazione e sostenga l’opera di soccorso”.

Il Papa ha poi rivolto un pensiero speciale all’Azione Cattolica, affinché la Madonna “la renda sempre più scuola di santità e di generoso servizio alla Chiesa e al mondo”. Infine, ha dato appuntamento ai fedeli per il tradizione atto di omaggio alla Vergine in Piazza di Spagna:

“Oggi pomeriggio mi recherò in Piazza di Spagna per rinnovare il tradizionale atto di omaggio e di preghiera ai piedi del monumento all’Immacolata. Dopo andò a Santa Mara Maggiore a pregare la Salus Populi Romani. Vi chiedo di unirvi spiritualmente a me in questo gesto, che esprime la devozione filiale alla nostra Madre celeste”.

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Padre Perrella: eredità del Giubileo nel segno dell'Immacolata

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L’otto dicembre dello scorso anno Papa Francesco inaugurava il Giubileo straordinario nel giorno in cui la Chiesa celebra l’Immacolata Concezione. Ora che l’Anno Santo si è concluso, nei fedeli rimane l’eredità di un evento che ha messo al centro la Misericordia, come spiega padre Salvatore Perrella, dell'Ordine dei Servi di Maria, preside della Pontificia Facoltà Teologica Marianum, al microfono di Michele Raviart: 

R. – Papa Francesco ha iniziato l’Anno della Misericordia nel giorno dell’Immacolata perché l’Immacolata è il segno tangibile della misericordia di Dio. L’Immacolata che cosa è se non il perdono, se non la giustificazione, se non la pienezza di grazia nella creatura Maria, in vista di Cristo? Quindi l’Anno della Misericordia inizia con Maria perché Maria è Colei che ha generato nella carne, mediante la sua fede e il suo servizio, Colui che è la misericordia incarnata. La misericordia di Maria sta nell’essere madre e serva di Colui che è il misericordioso. La misericordia è quell’amore viscerale, quell’amore quasi cieco che Dio ha per noi, nonostante il peccato, i tradimenti, le reiterate infedeltà. E Maria piena di grazia è veramente il segno dell’amore che Dio ha per ciascuno di noi. Ha fatto bene Papa Francesco a segnalare la misericordia nel nome della Vergine Immacolata.

D.  – Che eredità lascia questo Anno Santo per i fedeli?

R. – Noi dobbiamo stare attenti, cioè non dobbiamo seguire la moda degli avvenimenti. L’Anno Santo è stato un grande avvenimento, un avvenimento di fede. E la fede si vive nella concretezza quotidiana che Dio è con noi e non potrà essere contro di noi. Questo Giubileo della Misericordia è iniziato con Maria ed è terminato alla luce di Cristo Re dell’universo e la sua signoria sta all’uomo come l’uomo sta alla signoria di Dio… L’eredità dipende da noi. A livello semplicistico, il fatto che spesse volte si è sentito parlare di misericordia produce nell’uomo e nella donna, anche se in modo irriflesso, un pensiero rivolto alla misericordia ma anche un esame di coscienza. Sono per la misericordia, soprattutto a partire da ciò che è il mio quotidiano, da ciò che sono i miei vicini, i miei parenti, il mio prossimo? Questo vuol dire Giubileo.

D. – Maria è Madre della Misericordia, che cosa vuol dire affidarsi a Lei?

R. – Maria, Madre della Misericordia, non è un titolo ma è un servizio che Maria ha esplicato. Maria è Madre di Colui che è la Misericordia. E’ la serva della Misericordia. Maria è stata beneficiaria della Misericordia e invita tutti noi ad affidarci a questa Misericordia che non ha limiti purché noi la accogliamo con cuore sincero e anche con quella gratitudine che oggi non è più così scontata, anche nei nostri rapporti.

D. – Qual è il significato del dogma dell’Immacolata Concezione per l'uomo di oggi?

R. – Quando fu definito nel 1854 il dogma dell’Immacolata Concezione, eravamo in piena crisi dei rapporti tra Chiesa, Stati, società, culture. Ma al di là del dogma mariano in sé, il dogma dell’Immacolata vuole ricordarci il primato dell’uomo: quanto l’uomo è caro a Dio. E gli occhi misericordiosi di Dio, posati su questa ragazza di Nazaret, in un tempo in cui Papa Francesco ci richiama alla solidarietà, all’accoglienza, alla benevolenza, al servizio agli altri, sono di grande attualità. L’Immacolata vuol dire: io sono grato a Dio perché volge il suo sguardo benevolo su di me. E io devo rispondere a questo sguardo di misericordia. Come? Mediante il servizio che devo fare al prossimo: "devo", ecco perché l’Immacolata è anche un impegno etico da parte del credente che alla luce di Maria si impegna a vivere l’alleanza come Maria.

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Emergenza migranti: sindaci europei in Vaticano il 9 e 10 dicembre

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“Europa: i rifugiati sono nostri fratelli”. È il tema del Summit dei sindaci europei organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze domani e il 10 dicembre alla Casina Pio IV in Vaticano. L’incontro, al quale parteciperanno circa 80 primi cittadini del Vecchio Continente e non solo, vuole porre all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale il crescente numero dei rifugiati sul nostro pianeta, dovuto a guerre, carestie e disastri naturali. Il programma dell'evento prevede per sabato pomeriggio l'udienza del Papa ai partecipanti. Il servizio di Giada Aquilino

Innalzare altri muri e recinzioni “non fermerà i milioni di migranti” in fuga da violenza, povertà estrema, malattie, siccità o inondazioni: “solo” la cooperazione internazionale per il raggiungimento della giustizia sociale può essere la soluzione all’emergenza. Da tale riflessione partiranno i lavori alla Casina Pio IV, spiega la nota informativa degli organizzatori. L’incontro dei sindaci, riuniti dalla Pontificia Accademia delle Scienze, punta a fissare l’attenzione internazionale sulla “minaccia alla stabilità mondiale rappresentata dal crescente numero di rifugiati” sul nostro pianeta, stimato in oltre 125 milioni.

Si tratta - per “tre quarti” - di persone “bisognose di assistenza umanitaria urgente”, costrette a lasciare la loro terra a causa delle guerre. Se ne evidenziano allora le radici, individuate “in una umanità incline all’egoismo e all’interesse personale” e si sottolinea che la soluzione alle emergenze umanitarie sarebbe ovviamente “porre fine a tutti i conflitti armati”, puntando alla giustizia, “facendo leva sul diritto internazionale”, in modo da contribuire a “disinnescare le tensioni e aumentare la consapevolezza nei confronti dei doveri verso l’umanità”.

Il “restante quarto” delle emergenze umanitarie va ricondotto alle conseguenze dei disastri naturali, che negli ultimi anni sono aumentati sia di “numero” sia “di pericolosità”, derivanti da crisi ambientali “come carestie, alluvioni, gravi anomalie metereologiche”. A loro volta, molte di tali crisi sono di “origine antropica”, come dimostrano gli “ormai chiari effetti” di un uso “sconsiderato” da parte dell’uomo di combustibili fossili, di pratiche agricole aggressive e deforestazioni. In generale, si nota, i disastri ambientali “colpiscono più duramente coloro che meno possiedono”: i poveri sono “inevitabilmente” i più sprovvisti di mezzi per affrontare circostanze avverse.

Il “più grande dovere morale” nell’assistere e nel prestare soccorso e assistenza a queste vittime spetta, dunque, a coloro che in primo luogo hanno dato origine a tali catastrofi ambientali. Ma sicuramente, anche dopo il “trionfo umanitario” dell’accordo di Parigi Cop21 sui cambiamenti climatici, alla riunione in Vaticano si cercheranno “nuove strade” per costruire la pace, per “unire le persone”, per mettere in evidenza “la dignità umana di tutti i rifugiati” e la loro “identità”. Porre fine alle guerre o contribuire ad eliminare gli effetti dei cambiamenti climatici e dello sfruttamento, si prosegue, non sono una priorità che si può lasciare “nelle mani dei nostri leader politici” o di organizzazioni internazionali, bensì “ognuno di noi” deve dare il proprio contributo.

Per questo, alla Casina Pio IV, si presenteranno e valuteranno almeno sei proposte al riguardo: porre fine alla guerra in Siria, per “fermare all’origine l’ondata dei rifugiati”; riguardo all’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, pensare ad una “forma di unione più creativa e feconda, finanche a una ‘sana disunione’”, tenendo presente che la “priorità deve essere data al salvare vite”; creare “corridoi umanitari sicuri e certi”, rispettando “il principio di non respingimento” dei rifugiati; offrire “l’amnistia o altri tipi di soluzioni” per le vittime della schiavitù moderna e la tratta di esseri umani, perseguendo i gruppi di trafficanti responsabili; ripristinare “un senso di giustizia e di eque opportunità” nelle “disilluse” classi lavoratrici, nei giovani disoccupati e nelle fasce sociali più deboli; promuovere lo sviluppo economico dei Paesi a basso reddito. Perché, come esorta Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato si’”, siamo chiamati a una maggiore conversione del cuore verso “i fratelli e le sorelle più fragili”.

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Documento formazione clero: al centro maturazione umana e spirituale

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La formazione dei sacerdoti deve essere “rilanciata, rinnovata e rimessa al centro”. Questo, sottolinea il cardinale Beniamino Stella all’Osservatore Romano, è uno dei motivi che hanno ispirato la stesura della nuova Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, promulgata nella Solennità dell’Immacolata Concezione. Il prefetto della Congregazione per il Clero sottolinea che il documento, pubblicato a 46 anni dall’ultima Ratio fundamentalis, vuole essere uno strumento efficace e aggiornato per la “formazione integrale” del sacerdote.

Documento illuminato dalla parola di Papa Francesco sul sacerdozio
Una formazione, dunque, capace di “unire in modo equilibrato la dimensione umana, quella spirituale, quella intellettuale e quella pastorale, attraverso un cammino pedagogico graduale e personalizzato”. Il cardinale Stella afferma che, nella redazione del documento, ci si è sentiti “incoraggiati e illuminati dal magistero di Papa Francesco, con la spiritualità e la profezia che contraddistinguono la sua parola”. La cura dei sacerdoti e della loro formazione, ribadisce, è “un aspetto fondamentale dell’azione ecclesiale di questo Pontificato”.

Non basta superare tutti gli esami, serve formazione integrale
Il cardinale Stella evidenzia dunque che nella vita della Chiesa “le novità non sono mai separate dalla tradizione”, al contrario “la integrano e la approfondiscono”. Nel documento, quindi, rientrano le indicazioni offerte dalla Pastores dabo vobis, del 1992, circa la formazione integrale. La nuova Ratio, prosegue, cerca di “superare alcuni automatismi che sono venuti a crearsi in passato; la sfida è proporre un cammino di formazione integrale che aiuti la persona a maturare in ogni aspetto e favorisca una valutazione finale fatta in base alla globalità del percorso”. In breve, riprende il porporato, “per essere un buon prete, oltre ad aver superato tutti gli esami, occorre una comprovata maturazione umana, spirituale e pastorale”.

Per la formazione sacerdotale servono: umanità, spiritualità, discernimento
Il prefetto della Congregazione per il Clero indica dunque tre “parole chiave” per cogliere la visione di fondo del documento. Innanzitutto “umanità”: abbiamo bisogno di sacerdoti “dal tratto amabile, autentici, leali, interiormente liberi, affettivamente stabili, capaci di intessere relazioni interpersonali pacificate e di vivere i consigli evangelici senza rigidità, né ipocrisie o scappatoie”. La seconda parola è “spiritualità”: il prete, ammonisce il cardinale Stella, non è un “organizzatore religioso o un funzionario del sacro, ma è un discepolo innamorato del Signore, la cui vita e il cui ministero sono fondati nell’intima relazione con Dio”. Infine, la terza parola: “discernimento”. Il porporato ricorda che, parlando all’ultima assemblea della Compagnia di Gesù, il Papa aveva manifestato la preoccupazione che nei seminari “è tornata a instaurarsi una rigidità che non è vicina a un discernimento delle situazioni”. La “sfida principale”, ribadisce dunque il cardinale Stella, che la Ratio intende raccogliere “ci viene ancora da Papa Francesco: formare preti lungimiranti nel discernimento”. (A.G.)

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Francesco nomina mons. Jędraszewski nuovo arcivescovo di Cracovia

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In Polonia, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cracovia, presentata dal cardinale Stanisław Dziwisz. Il Santo Padre ha nominato arcivescovo Metropolita di Cracovia, mons. Marek Jędraszewski, trasferendolo dalla sede metropolitana di Łódź. Mons. Jędraszewski, 67 anni, è vice-presidente della Conferenza Episcopale Polacca e ricopre vari ruoli all’interno della CCEE (Consiglio delle Conferenze degli Episcopati Europei).

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Oggi in Primo Piano



Siria: Usa e Russa discutono su possibile tregua ad Aleppo

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Stati Uniti e Russia discutono su una possibile tregua umanitaria per la martoriata città siriana di Aleppo, dove i governativi hanno ripreso il controllo di gran parte della zona Est, prima occupata dai ribelli. Oltre cento i civili bisognosi di cure messi in salvo nella zona occidentale. Raid aerei anche nel Nordest della Siria controllato dal sedicente stato islamico. Il servizio di Elvira Ragosta: 

Di una pausa umanitaria ad Aleppo e della sorte dei ribelli, a cui le forze del presidente siriano Bashar al Assad hanno tolto il controllo di gran parte di Aleppo Est, discutono ad Amburgo il segretario di Stato americano, John Kerry, e  il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in Germania per la riunione dell’Osce. Mentre la diplomazia è a lavoro, sul versante umanitario sono 148 civili in gravi condizioni trasferiti da Aleppo Est nelle ultime ore dal Comitato internazionale della Croce Rossa in tre diversi ospedali della zona occidentale. Mentre è di 500 persone, di cui 80 bambini, il bilancio delle vittime dall’inizio dell’offensiva, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani. I dati forniti dall’organizzazione di attivisti con sede in Gran Bretagna, parlano di 284 civili morti a causa dei bombardamenti delle forze governative e di 114 vittime per le granate lanciate dai ribelli o dalle forze curde. Per il presidente siriano Bashar al Assad “la riconquista di Aleppo da parte delle forze governative sarà una vittoria, ma non significa la fine della guerra che - aggiunge - avverrà solo con la sconfitta del terrorismo nel resto del Paese". Intanto, si continua a combattere anche in altre zone della Siria. Una serie di bombardamenti nel Nordest controllate dal sedicente Stato Islamico ha causato 22 morti nel corso delle ultime 24 ore. I bombardamenti, alcuni dei quali hanno colpito Raqqa, la cosiddetta capitale dell'Is in Siria, sono probabilmente stati condotti dalla coalizione internazionale a guida Usa, secondo quanto riferisce sempre l'Osservatorio siriano per i diritti umani.

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Iraq, strage di civili: raid anti Is provoca 120 morti

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Strage di civili in Iraq. Secondo quanto riferito all'agenzia tedesca Dpa da un deputato iracheno, Fares al-Fares, raid aerei contro il sedicente Stato islamico sulla città di Qaim, al confine con la Siria, hanno provocato la morte di 120 civili. "Abbiamo informazioni - ha denunciato il deputato - che i raid sono stati condotti dagli aerei iracheni". Finora da Baghdad non è arrivato alcun commento. In un altro bombardamento avvenuto, ieri, su una zona controllata dall’Is nella provincia occidentale di Al Anbar aveva provocato decine di vittime civili, tra cui anche bambini e adolescenti. Secondo quanto affermato dal presidente del Parlamento iracheno Salim al Juburi, il bombardamento ha colpito "un mercato affollato di civili". Alcune fonti accusano l'aviazione irachena di aver compiuto il raid, altre fonti accusano la coalizione internazionale a guida Usa. 

A Mosul continua l'offensiva governativa contro l'Is
Intanto, su Mosul, capitale della provincia di Ninive, continua l’offensiva governativa per strappare la città dal controllo dell’Is. I vertici militari hanno riferito che l'esercito ha compiuto una nuova avanzata nei quartieri della periferia orientale e che sarà necessario ancora molto tempo per attraversare il fiume Tigri e arrivare nel centro della città, sulla sponda occidentale. (E.R.)

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Terremoto in Indonesia: sale il numero delle vittime

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In Indonesia è salito a 102 il numero dei morti nel terremoto di magnitudo 6,4 che ieri ha colpito la regione di Aceh, sulla costa Nord dell'isola di Sumatra. Secondo le autorità, si contano anche 800 feriti, 136 dei quali in modo grave, e oltre tremila sfollati. Il sisma ha fatto crollare decine di case, edifici commerciali e moschee, soprattutto nei distretti di Pidie Jaya, Pidie e Bireuen. La scossa è stata avvertita alle 6.03 ora locale e ha avuto ipocentro a soli 8,2 km di profondità ed epicentro 5,8 km a Nordovest di Pante Raja. Molte strade sono state sbriciolate e la corrente è saltata, mentre i soccorritori proseguono le ricerche dei corpi tra le macerie. La zona di Aceh era stata già colpita il 26 dicembre del 2004 da un terremoto che scatenò un devastante tsunami e che provocò la morte di 100 mila persone. (E.R.)

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Oxfam: 750 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile

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750 milioni di persone nel mondo vivono senza accesso all’acqua potabile e il quadro è in continuo peggioramento, a causa delle guerre ma anche per gli effetti di catastrofi naturali che, a causa dei cambiamenti climatici, si tanno moltiplicando. L’allarme è stato lanciato dalla ong Oxfam. Il servizio di Francesca Sabatinelli

Una persona su otto nel mondo non ha accesso all’acqua potabile, due miliardi e mezzo sono prive di servizi igienico-sanitari a causa di guerre e catastrofi naturali. Sono dati gravi, già noti e confermati da Oxfam che, a Natale, lancia #Savinglives: donare acqua salva la vita, una campagna che punta ad aumentare la capacità di risposta della Ong nelle più gravi emergenze del momento. E la Siria è tra queste: dall’inizio dell’offensiva, la popolazione ha avuto un accesso intermittente all’acqua pulita attraverso la rete pubblica, potendo contare unicamente su rifornimenti da pozzi e camion, con il rischio di bere e usare acqua sporca e contaminata. Paolo Pezzati, policy advisor su emergenze umanitarie di Oxfam: 

R. – Il rischio di bere acqua contaminata è altissimo, anche perché all’interno delle azioni aeree sono stati - più di una volta - danneggiati proprio gli impianti idrici, le infrastrutture idriche e quindi l’accesso è sempre stato intermittente. Noi, come Oxfam, avevamo realizzato a maggio un vero e proprio impianto idrico ad Aleppo Ovest, che è stato distrutto in un attacco aereo. Il nostro ultimo impegno - a metà novembre - è stato quello di riuscire ad istallare un generatore nella principale stazione idrica di Aleppo: e questo, secondo me, è un aiuto strategico, perché permette di garantire acqua pulita ai 2 milioni di abitanti della città.

D. – La Siria è uno dei fronti più drammatici di cui si sta parlando molto, accanto a questo va di pari passo ciò che si sta consumando in Iraq, soprattutto per la battaglia legata alla riconquista di Mosul. E anche in Iraq c’è un allarme fortissimo legato proprio all’accesso all’acqua pulita…

R. – Sì. Adesso la situazione si è particolarmente aggravata, ma in realtà in quel Paese la crisi c’è già da molti anni. Noi consideriamo un numero di circa tre milioni e mezzo di persone che hanno abbandonato le loro case e circa 10 milioni di persone che hanno bisogno di aiuto umanitario. Quindi, la situazione era già grave e ha visto negli ultimi mesi una preoccupante escalation.

D. – Accanto a questo ci sono tutte le vittime dei conflitti che si definiscono dimenticati. Fate tre esempi: lo Yemen, il Sud Sudan e i Paesi dell’Africa Occidentale…

R. – In Yemen ci sono 21 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria e di questi 14 milioni hanno urgente bisogno di cibo ed acqua. Quindi, è una delle più gravi crisi umanitarie al mondo, in questo momento. Questa situazione di conflitto sta generando anche una difficoltà nel rifornimento di materie prime e anche di carburanti, con una conseguente impennata dei prezzi che va ad inficiare la possibilità per le persone di poter anche alimentare generatori per la corrente e per le pompe di acqua. E’ tutta una spirale negativa che si sta aggravando di giorno in giorno. Inoltre, i bombardamenti hanno anche spesso danneggiato le infrastrutture idriche, minando così l’accesso all’acqua delle persone. Il nostro impegno viene svolto quotidianamente in condizioni veramente molto, molto difficili dai nostri colleghi in Yemen, così come – appunto – in Siria, in Iraq e nei Paesi del bacino del Lago Ciad. La situazione più difficile è nel nord-est della Nigeria, però questa situazione tocca anche gli altri Paesi: il Ciad, il Niger, il Camerun. Il Ciad è una situazione ibrida, nel senso che vede un concorso di cause. Gli effetti del cambiamento climatico, la progressiva riduzione delle dimensioni del Lago Ciad e le stagioni di siccità hanno causato una forte limitazione dell’accesso all’acqua e anche alle colture, una situazione di estrema povertà e di malnutrizione, che è aggravata anche dallo stato di conflitto che in quella zona è presente. Questo ha fatto sì che in quella regione, questi quattro Paesi intorno al Lago Ciad, che conta circa 21 milioni di persone, più di 9 milioni hanno bisogno immediato di assistenza umanitaria e più di 6 milioni soffrono di una acuta insicurezza alimentare.

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Crisi governo Renzi: Mattarella avvia le consultazioni

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Avranno inizio questo pomeriggio, alle ore 18, le consultazioni del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, con le più alte cariche dello Stato e i gruppi parlamentari. La crisi di governo si è aperta ieri sera, dopo le dimissioni del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, arrivate subito dopo l’approvazione lampo della manovra. Il capo dello Stato incontrerà oggi i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, e il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano. Venerdì, poi, Mattarella proseguirà con le consultazioni con i gruppi parlamentari. Sabato saliranno al Quirinale le formazioni con più parlamentari: dalla Lega a Sinistra italiana, Forza Italia, M5s e alla fine il Pd, che sarà rappresentato dai capigruppo di Camera e Senato, dal vicesegretario e dal presidente del partito.

Renzi indica due vie: elezioni dopo sentenza Consulta su Italicum o governo di responsabilità nazionale
Solo dopo le consultazioni si conoscerà la decisione del presidente della Repubblica. Intanto, il presidente del Consiglio dimissionario Renzi, ha indicato due vie possibili: elezioni subito dopo la sentenza della Consulta sull'Italicum, attesa il 24 gennaio, o un governo di responsabilità nazionale con una maggioranza larga, fino alla fine della legislatura. Riguardo alle reazioni alla crisi di governo in Italia, il Commissario europeo agli affari economici, Pierre Moscovici, in un’intervista ha dichiarato che “la crisi politica in Italia non può far vacillare l'Europa e l'Ue non teme nessuna crisi bancaria". In Italia, ha aggiunto Moscovici, c'è una crisi ma "c'e' anche continuità", e i problemi delle banche italiane "sono gli stessi della scorsa settimana, non si sono aggravati". (E.R.)

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Nigeria: si muore di fame nello Stato di Borno

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La crisi nello Stato di Borno, in Nigeria, ha raggiunto livelli allarmanti, con almeno 500 mila persone sfollate o isolate in enclave fuori dalla capitale, Maiduguri. Sono private di qualsiasi mezzo di sopravvivenza, i contadini non possono più lavorare la terra, le rotte commerciali nelle aree controllate da Boko Haram sono state chiuse e i mercati svuotati. Nel giugno scorso il governo nigeriano ha finalmente dichiarato l’emergenza nutrizionale nello Stato, riconoscendo la portata di questa crisi umanitaria. Ma le persone continuano a morire di fame. 

I bambini al di sotto dei 5 anni sono praticamente scomparsi. La mancanza di cibo ha portato a tassi di malnutrizione senza precedenti e livelli di mortalità ben oltre la soglia di emergenza. L’allarme è lanciato da "Medici Senza Frontiere" dopo la recente visita nel Paese del presidente internazionale della Ong, che chiede un incremento urgente e massiccio degli interventi umanitari per garantire alle persone la fornitura di cibo e assistenza medica. Nel comunicato inviato all’Agenzia Fides si legge che in due degli 11 campi rifugiati della città di Maiduguri, da maggio a ottobre, fino al 50 per cento dei bambini sotto i 5 anni soffre di malnutrizione acuta. Contestualmente, i tassi di mortalità infantile sono elevatissimi: ogni giorno muoiono 5 bambini su 10 mila nel campo di Muna Garage e 8 su 10 mila a Custom House, rispettivamente 2,5 e 4 volte la soglia d’emergenza. Sul fronte delle vaccinazioni, solo il 50% dei bambini tra i 9 mesi e i 5 anni ha ricevuto la copertura contro il morbillo a Custom House e meno del 30 per cento a Muna Garage.

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Elezioni ad Haiti: appello all’unità dei vescovi

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Resta alta la tensione politica ad Haiti, dove l’annuncio dei risultati provvisori del primo turno delle elezioni presidenziali, tenute il 20 novembre scorso dopo due rinvii, è stato seguito da proteste e scontri, nonché da prevedibili denunce di brogli dei candidati sconfitti.

Proteste e scontri dopo l’annuncio dei primi risultati
I primi risultati danno in testa, con più del 50 per cento dei voti necessari per evitare il secondo turno a gennaio, il candidato sostenuto dal presidente uscente Michel Martelly, Jovenel Moïse, leader del partito Tèt kale (Testa Rasata), seguito a distanza da Jude Célestin della Lega alternativa per il progresso e l’emancipazione (Lapeh). La vittoria è stata tuttavia contestata dai partiti rivali, scatenando proteste anche violente a Port-au-Prince e nel resto del il Paese, già duramente provato dal recente uragano Matthew e ancora alle prese con la difficile ricostruzione dopo il devastante terremoto del 2010.

I vescovi: mettere il bene  della nazione sopra degli interessi particolari
Violenze fermamente condannate dalla Conferenza episcopale (Ceh), che in una nota ripresa dall'agenzia locale AlterPresse esorta tutti gli attori politici "a mettere il bene e l’interesse della nazione prima degli interessi particolari", invitandoli a presentare eventuali contestazioni alle istituzioni preposte. I presuli si rivolgono anche al Consiglio elettorale provvisorio (Cep), affinché prosegua il suo lavoro nella massima trasparenza, seguendo le procedure previste dalla legge. Quindi l’appello a tutte le parti a “lavorare insieme, nonostante le differenze, per la pace e la sicurezza nel Paese”, perché possa intraprendere la strada dello sviluppo. (A cura di Lisa Zengarini)

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L'Immacolata Concezione raccontata dai grandi pittori

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La "donna vestita di sole", con la luna sotto i piedi e il capo coronato di dodici stelle, la “Tutta bella”, la nuova Eva. Sono solo alcune delle immagini con le quali i pittori hanno cercato di rappresentare il tema dell’Immacolata Concezione. Il dibattito artistico ha seguito ed è stato un riflesso di quello teologico nel corso dei secoli. Anche i grandi maestri si sono confrontati con il dogma dell’Immacolata ben prima della sua proclamazione, avvenuta l’8 dicembre 1854, per volontà di Papa Pio IX. Il servizio di Eugenio Murrali

E’ una storia avvincente che ha coinvolto i maggiori artisti europei nella sfida di raccontare la purezza di Maria, concepita senza peccato originale, “sine macula”. Un concetto non semplice da esprimere attraverso le immagini. Nel tardo Medioevo gli artisti, per esempio, hanno rappresentato i genitori di Maria, Gioacchino e Anna, che si incontrano alla Porta d’Oro di Gerusalemme. Nel loro abbraccio, in un’età non più feconda, viene offerta simbolicamente l’idea di un concepimento virginale, simile a quello di Cristo. Ed è uno dei primi modi, benché imperfetto, di rappresentare la grazia speciale della Madre di Gesù. Forte, poi, l’ispirazione venuta dall’Apocalisse di Giovanni: la donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e la corona di dodici stelle. 

Prendendo invece le mosse da una rilettura mariana del Cantico dei Cantici, che recita “tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia” e parla della sposa nascosta come una colomba tra le fenditure delle rupi, Leonardo Da Vinci sarebbe intervenuto sul tema dell’Immacolata, con la sua celebre opera: “La vergine delle rocce”. Qui Maria nascerebbe, secondo le interpretazioni, insieme alla terra, nel cuore stesso del creato, predestinata a essere la Madre di Dio. 

Il dibattito sul tema dell’Immacolata Concezione aveva visto il suo maggior rappresentante, nel XIII secolo, in Giovanni Duns Scoto, il doctor subtilis, beatificato da Giovanni Paolo II, proprio per aver aperto la strada verso il dogma. Così, il tema della disputa teologica entrò a pieno titolo nell’arte, come testimonia, tra gli altri, il dipinto cinquecentesco del Pordenone: “Disputa sull’Immacolata Concezione”, in cui si vedono dottori e santi discutere, testi alla mano, sulla questione.

Poco primo, nel Quattrocento, Sisto IV, aveva cercato di mettere fine alle continue accuse di eresia tra "macolisti" e "immacolisti". Fu lui a istituire la Festa della Concezione, l’8 dicembre 1477, quasi quattro secoli prima del dogma, e a dedicare all’Immacolata una cappella nell’antica Basilica di San Pietro. Nel Cinquecento l’iconografia è ormai matura, il Cigoli ne dà una prova nella Cappella Paolina a Santa Maria Maggiore, mentre nel Seicento il maestro di Velázquez, Francisco Pacheco, può addirittura teorizzare: “Si deve dipingere questa Signora nel fiore della sua età, da dodici a tredici anni, bellissima bambina con begli occhi e sguardo grave, naso e bocca perfettissimi e rosate guance, i bellissimi capelli lisci, color oro. Deve dipingersi con tonaca bianca e manto blu, vestita del sole”. E anch’egli prevede serafini e altri angeli, le dodici stelle, una corona imperiale, la luna sotto i piedi. Farebbe solo a meno del dragone, se possibile. Il pittore spagnolo non faceva altro che registrare la visione pittorica dell’Immacolata Concezione che si era imposta nel tempo e che continuerà anche dopo. Esempi notevoli ne sono le opere di Velázquez, appunto, di Murillo, ma anche di Pompeo Batoni e soprattutto il capolavoro settecentesco del Tiepolo: Maria, tra gli angeli e le nubi, in una veste bianca, avvolta da panneggi celesti e ocra. Il suo volto giovane dall’espressione profonda è capace di parlare ancora oggi di grazia e di purezza.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 343

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