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Sommario del 12/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: costruiamo la pace nel mondo con la rivoluzione della nonviolenza

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In un mondo “frantumato” in cui si combatte una “guerra mondiale a pezzi”, tutti sono chiamati a “costruire un mondo libero dalla violenza”. E’ quanto scrive Papa Francesco nel Messaggio per la 50.ma Giornata mondiale della Pace, pubblicato oggi, incentrato quest’anno sul tema: “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”. Il Papa torna a rivolgere un appello in favore del disarmo e per l’abolizione delle armi nucleari e assicura l’impegno della Chiesa in favore della pace attraverso la nonviolenza. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Che siano la carità e la nonviolenza” a guidarci nei “rapporti interpersonali” come in quelli “sociali e in quelli internazionali”. Nel suo messaggio per la Giornata mondiale della Pace, Papa Francesco si rivolge a tutte le persone di buona volontà e sottolinea che la “nonviolenza”, tema centrale della Giornata, è uno stile di vita che deve diventare “caratteristico delle nostre decisioni” dai rapporti in famiglia a quelli tra Stati.

Non assuefarsi ad un mondo frantumato dalla violenza
Francesco riconosce con amarezza che, dopo il secolo scorso devastato da “due guerre mondiali micidiali”, oggi siamo alle prese “con una terribile guerra mondiale a pezzi”. Questa violenza “che si esercita a pezzi”, scrive il Papa, “provoca enormi sofferenze”: dal “terrorismo” agli “attacchi armati imprevedibili”, dagli abusi sui migranti alla “devastazione dell’ambiente”. Tutto quello che si ottiene, ribadisce, è una spirale di “conflitti letali” di cui beneficiano solo “pochi signori della guerra”. Di fronte a questo drammatico scenario, il Messaggio avverte che “la violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato” e mette l’accento sulle “grandi quantità di risorse” destinate “a scopi militari” e sottratte alle esigenze della maggioranza degli abitanti del mondo.

Essere discepoli di Gesù significa aderire alla sua proposta di nonviolenza
Anche Gesù, rileva il Papa, “visse in tempi di violenza” e predico “instancabilmente” l’amore incondizionato di Dio. Gesù, scrive ancora, “tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia”. Tutto questo, sottolinea Francesco, vuol dire che per “essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza”. Ed evidenzia che “l’amore del nemico costituisce il nucleo della rivoluzione cristiana”.

Seguire l’esempio di Madre Teresa, Gandhi e Martin Luther King
Francesco indica dunque alcune figure cristiane e non cristiane che hanno messo in azione la nonviolenza, da Madre Teresa di Calcutta a Martin Luther King a Gandhi. E osserva che “la nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati impressionanti”. Le donne, è la sua riflessione, “sono spesso leader di non violenza” e cita Leymah Gbowee e migliaia di donne liberiane che “hanno organizzato incontri di preghiera e protesta nonviolenta” ottenendo negoziati di alto livello per la fine del conflitto civile in Liberia. Francesco non manca poi di citare Giovanni Paolo II e l’impegno non violento di uomini e donne dei Paesi dell’Est dell’Europa che portarono al crollo dei regimi comunisti. 

Nessuna religione è terrorista, la violenza profana il nome di Dio
“La Chiesa – si legge ancora nel Messaggio – è impegnata per l’attuazione di strategie nonviolente di promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori più violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura”. Quindi, evidenzia che l’impegno per la nonviolenza “non è un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma è proprio di molte tradizioni religiose”. Il Papa torna a denunciare che “nessuna religione è terrorista” e che “la violenza è una profanazione del nome di Dio”. E non si stanca di ripetere che “mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa, non la guerra”.

No alla violenza domestica, l’amore si propaghi dalla famiglia alla società
Il Papa rivolge dunque l’attenzione alla famiglia, primo luogo dove si può sperimentare “la gioia dell’amore” e “percorrere il sentiero della nonviolenza”. E’ urgente, esorta Francesco che “dall’interno della famiglia la gioia dell’amore” si propaghi e al mondo e si irradi in tutta la società. Il Messaggio lega il destino delle famiglie e del pianeta. Rivolge poi “un appello in favore del disarmo, nonché della proibizione e dell’abolizione delle armi nucleari” e con “uguale urgenza” supplica che “si arrestino la violenza domestica e gli abusi su donne e bambini”. E riecheggiando Santa Teresa di Gesù Bambino invita a promuovere la pace attraverso “gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”.

La Chiesa accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace
Nella parte finale del Messaggio, Francesco scrive che “la costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l’uso della forza”. Gesù stesso, scrive, ci offre con il Discorso sulle Beatitudini “un manuale” di costruzione della pace. Questo, riprende, “è anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali”. E sottolinea che “la nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e più feconda del conflitto”. Il Papa assicura così che “la Chiesa cattolica accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa”. Un impegno che, osserva, si rafforza anche con la nascita del nuovo Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. “Ogni azione in questa direzione per quanto modesta – aggiunge – contribuisce a costruire un mondo libero dalla violenza, primo passo verso la giustizia e la pace”.

Chiediamo a Maria di farci da guida per essere artigiani di pace
Il Messaggio, che porta la data dell’8 dicembre Solennità dell’Immacolata Concezione, si conclude con un’invocazione a Maria affinché guidi le persone di buona volontà. Nel 2017, chiede il Papa, “impegniamoci con la preghiera e con l’azione a diventare persone che hanno bandito” la violenza. “Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace”.

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Tomasi: nonviolenza non è rassegnazione o indifferenza ma impegno costruttivo

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A presentare stamane in Sala Stampa vaticana il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace, sono stati il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che ha sottolineato l’importanza di radicare tra i popoli una cultura della non violenza, e l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, del  medesimo Dicastero, che al microfono di Fabio Colagrande ha spiegato le motivazioni sottese alla scelta del tema: 

R. - Direi che la non violenza sta diventando la strada maestra su cui costruire il futuro. Non violenza non vuol dire rassegnazione o indifferenza, ma impegno costruttivo dei discepoli di Gesù di fare in modo che Stati, relazioni in famiglia e relazioni tra persone siano basate sulla comprensione, sul dialogo, e che le differenze vengano risolte in maniera serena e ragionevole, in modo che il mondo in cui viviamo non veda più tutta la violenza di cui, purtroppo, ancora siamo in parte testimoni.

D. - Papa Francesco ricorda che è stato Gesù a tracciare la via della non violenza …

R. – Gesù viveva in un Paese di occupazione straniera in cui la violenza era all’ordine del giorno eppure Gesù dice a Pietro: “Rimetti la spada nel fodero”; dice inoltre che quando uno ci colpisce sulla guancia, di porgere anche l’altra. Soprattutto la rivoluzione che lui comincia sta nel dire che dobbiamo amare anche i nemici, cioè l’altro che ci fa del male, che in qualche modo rimane figlio di Dio ed esige che ci rapportiamo con lui riconoscendo che, aldilà dell’azione cattiva, oggettivamente riprovevole, c’è la possibilità di recuperare un rapporto che si basa su qualcosa di molto profondo: il fatto che siamo tutti membri della famiglia di Dio. Certo, i discepoli di Gesù devono continuare a camminare sulla pista che ci ha dato, utilizzare la non violenza in maniera costruttiva per formare una società dove il benessere e lo sviluppo diventano un contesto che facilita la vita di tutti, senza bisogno di ricorrere a soluzioni conflittuali violente.

D. - Il Papa ricorda che la Chiesa si è impegnata per l’attuazione di strategie non violente e di promozione delle pace in molti Paesi …

R. - Certo, quando la Chiesa può - attraverso i suoi canali diplomatici - fa di tutto per facilitare un rapporto costruttivo e pacifico senza spargimento di sangue, senza violenza, senza distruzione di beni che rendono la vita della gente più miserevole. Poi, attraverso le istituzioni internazionali dove la Santa Sede è presente, come le Nazioni Unite, si continua ad argomentare e intervenire in favore della pace e del rapporto tra Stati, che sia basato sul dialogo e non sulla violenza.

D. - Quanto è importante che in questo messaggio il Papa rivolga nuovamente un appello in favore del disarmo nonché della proibizione e dell’abolizione delle armi nucleari?

R. - Non si può, in nessuna maniera, usare armi atomiche senza fare ingiustizia a persone civili, a persone innocenti che verrebbero distrutte assieme ad obiettivi militari. Per cui diventa eticamente inaccettabile non solo l’uso di queste armi ma anche il possesso, perché possedere queste armi vuol dire che c’è una volontà di utilizzarle; inoltre, usare queste armi come minaccia di distruzione reciproca non è veramente umano né tantomeno cristiano.

D. - Il messaggio contiene un invito di Papa Francesco ai leader politici e religiosi, ma anche ai dirigenti di imprese e dei media di tutto il mondo, ad assumere lo stile degli operatori di pace …

R. - La strategia della non violenza e del perdono, della riconciliazione, diventano degli strumenti che anche politicamente hanno un valore efficace se sono veramente messi in pratica in maniera coerente, perché la non violenza è un impegno a trasformare la società e le condizioni sociali in maniera tale che facilitino la convivenza serena e pacifica tra le persone.

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Papa a Tawadros dopo attacco a copti: uniti nel sangue dei martiri

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Dopo le parole ieri all’Angelus domenicale, in cui il Papa ha pregato per le vittime dei recenti attacchi terroristici in vari Paesi e, a proposito del sanguinoso attentato che ieri ha sconvolto l’Egitto con almeno 23 morti, ha espresso “particolare vicinanza” a Tawadros II, Francesco stamani ha voluto telefonare personalmente al Patriarca della Chiesa Copta Ortodossa d’Alessandria, per partecipargli il proprio cordoglio. Lo rende noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke. Il servizio di Giada Aquilino

Ecumenismo del sangue
“Uniti nel sangue dei nostri martiri”. Così Papa Francesco nella telefonata a Sua Santità Tawadros II, Patriarca della Chiesa copto-Ortodossa d’Alessandria, per esprimere le proprie condoglianze riguardo all’attacco alla cattedrale copta di San Marco in Abassiya, al Cairo.

Donne e bambini colpiti
Il Pontefice ha espresso la propria vicinanza al Patriarca e alla comunità copta “così duramente colpita”, specialmente alle donne e ai bambini che rappresentano il numero più alto fra le vittime. Secondo le ricostruzioni, che parlano dell’azione di una kamikaze per cui ancora manca una rivendicazione, l'esplosione è avvenuta infatti nell’area dell’edificio di culto dedicata alla preghiera delle donne. Tawadros II ha ricordato l’espressione di Papa Francesco, pronunciata durante il loro incontro in Vaticano, ossia l’“ecumenismo del sangue”. Il Santo Padre pregherà per la comunità copta durante la Messa che celebrerà nel pomeriggio, in occasione festa della Beata Vergine Maria di Guadalupe. Il Patriarca ha quindi ringraziato Francesco, invocando preghiere per la gente d’Egitto e per la pace nel Paese, assicurando di trasmettere il cordoglio del Papa a tutta la comunità copta.

Il rito religioso per le vittime
Lo stesso Patriarca ha celebrato stamani una funzione religiosa nella chiesa della Vergine Maria nella capitale egiziana, dove sono arrivati i feretri delle vittime. Altra cerimonia al memoriale del Milite ignoto, alla presenza del capo di Stato Abdel Fattah al-Sisi, che ha indetto tre giorni di lutto nazionale. Quello di ieri è stato l’attentato più sanguinoso dal 2010 contro la minoranza copta, che rappresenta circa il 10% della popolazione egiziana: nella notte tra il 31 dicembre 2010 e il primo gennaio 2011 l'esplosione di un'autobomba davanti a una chiesa copta di Alessandria provocò la morte di una ventina di persone.

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Messa del Papa per la Madonna di Guadalupe, Patrona delle Americhe

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Papa Francesco celebra oggi alle 18.00, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa in occasione della Festa della Madonna di Guadalupe. È il terzo anno consecutivo che il Santo Padre presiede in San Pietro la celebrazione eucaristica in onore della Patrona di tutta l’America. Sulla storia e il messaggio della Vergine di Guadalupe, ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti

Alcuni anni dopo la sanguinosa conquista del Messico da parte degli spagnoli, la Madonna, con le fattezze di una giovane meticcia, appare sulla collina del Tepeyac, a nord di Città del Messico, a un povero indio, Juan Diego: era un sabato, il 9 dicembre del 1531. Maria lo sceglie come suo messaggero per far costruire al vescovo una cappellina in quel luogo. Juan Diego cerca di rifiutarsi – non è istruito, dice – ma alla fine accetta. Il vescovo non crede alla sue parole e chiede un segno. Il 12 dicembre la Madonna lascia crescere sul terreno roccioso della collina, in pieno inverno, delle rose profumate. Juan Diego le raccoglie nel suo mantello e quando lo apre davanti al vescovo, mentre le rose si spargono per terra, sul tessuto appare miracolosamente l’immagine di Maria, così com’è apparsa sul Tepeyac. Il vescovo crede a Juan Diego e fa costruire sulla collina il tempio richiesto dalla Vergine “morenita”.

Ma qual è il messaggio di Guadalupe? Per Papa Francesco è il “segno profetico di un abbraccio, l’abbraccio di Maria a tutti gli abitanti delle vaste terre americane, quelli che già vi erano e quelli che verranno. Quest’abbraccio di Maria - spiega - ha indicato il cammino che sempre ha caratterizzato tutta l’America: una terra dove popoli diversi possono convivere, una terra in grado di rispettare la vita umana in tutte le sue fasi, dal seno materno fino alla vecchiaia, in grado di accogliere i migranti così come i poveri e gli emarginati di tutti i tempi”. Maria esorta tutti ad essere generosi, a tenere, come Lei, le braccia aperte con amore e tenerezza per condividere le gioie e le sofferenze di tutti i popoli della terra.

Questo è il messaggio della Madonna di Guadalupe - afferma il Papa - e questo è anche il messaggio della Chiesa, che attraverso ognuno di noi vuole costruire tanti nuovi santuari, luoghi di amore e compassione, là dove viviamo.

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Papa presiede i lavori del Consiglio dei Nove cardinali

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Ha avuto inizio questa mattina la XVII riunione del Santo Padre con i Cardinali Consiglieri. I lavori del “Consiglio dei Nove” proseguiranno fino a mercoledì prossimo. Per l'attività odierna e le nomine del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Concerto di Baglioni in Vaticano per un ospedale pediatrico a Bangui

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Sabato prossimo 17 dicembre, alle 20.30, Claudio Baglioni terrà nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, un concerto di beneficenza intitolato “Avrai”, con l’obiettivo di aiutare due importanti progetti: un ospedale pediatrico a Bangui, in Centrafrica, e le vittime del terremoto in Centro Italia. Si possono donare 2 euro con un “sms” da rete cellulare oppure 5 o 10 euro, chiamando da rete fissa al numero solidale 45523. L'evento sarà trasmesso in diretta su Rai Uno. Ma com’è nata l’idea di questo concerto? Ascoltiamo Claudio Baglioni al microfono di Alessandro Di Bussolo

R. - L’idea nasce da una proposta di Papa Francesco, e casualmente corrisponde anche al giorno del suo ottantesimo compleanno (il 17 dicembre). Papa Francesco ha aperto il Giubileo della Misericordia a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana; e visitando l’ospedale ha trovato questa struttura in condizioni piuttosto critiche. Lì poi era con il comandante Giani, il capo della Gendarmeria. E attraverso questi racconti io sono stato interessato al fatto che ci potesse essere un progetto che andava poi, come destinazione finale, alla raccolta di fondi che fossero utili al ripristino e alla sistemazione di alcune strutture di quest’ospedale. In seguito, purtroppo si è verificato anche il sisma nelle zone del Centro Italia – all’inizio nella Valle del Tronto e poi nella Valnerina – e allora si è pensato che fosse anche un segnale simbolico, ma al tempo stesso fattivo, quello di poter trasferire una parte di queste somme ad un’opera che poi si completerà per un oratorio di Norcia.

D. - Perché la scelta di “Avrai” come titolo del progetto, tra tutte le sue canzoni?

R. – “Avrai” è una canzone importante per me dal punto di vista professionale, ma anche nella mia vicenda umana perché è stata scritta in occasione della nascita di mio figlio Giovanni. E’ una canzone che nel tempo è diventata una sorta di inno, dell’augurio, della promessa, del patto stabile che ci deve essere tra coloro che sono già al mondo e quelli che stanno per arrivare. E poi perché è un futuro: “Avrai” significa stabilire ancora una volta in più una concordia, un senso di trasmissione, sia di valori ma anche di cose che diano esperienza, tradizione, ma anche slancio per il futuro che noi pensiamo debba sempre essere la parte migliore della nostra esistenza.

D. – I biglietti sono già esauriti: c’è un modo per chi vuole continuare ad aiutare questi vostri progetti per le periferie?

R. – Sì, i titoli di ingresso sono stati tutti presi. Abbiamo riempito la sala e siamo tra l’altro fieri perché siamo già in grado di poter consegnare una cifra molto importante, pari a 500mila euro. Però contiamo di poter aumentare questa somma attraverso un numero solidale – il 45523 – facendo il quale si possono donare 2 euro, mandando un sms, o 5-10 euro chiamando da rete fissa. Abbiamo anche stabilito una sorta di gesto che probabilmente, anzi sicuramente, faremo anche durante il concerto un po’ tutti: io sono da sempre abituato alla fine dei miei concerti a ringraziare il pubblico, oltre che attraverso un “grazie” anche attraverso un gesto, che è come toccarsi il cuore, sentirlo e volerlo anche regalare in qualche modo. Quindi essere grati e cercare di restituire questa gratitudine. Quindi chiederemo di fare, proprio attraverso questo gesto ogni volta, una donazione ulteriore, perché tutte le somme che possono arrivare saranno utili a questo scopo.

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Oggi in Primo Piano



Siria: l'esercito siriano conquista Aleppo, l'Is rientra a Palmira

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In Siria l’esercito di Assad ha ripreso il controllo di quasi il 90% del territorio di Aleppo Est, mentre a Palmira l’Is è riuscito a rientrare all’interno della città. Francesco Gnagni ne ha parlato con Arduino Paniccia, professore di studi strategici all'Università di Trieste e direttore della Scuola di competizione internazionale di Venezia: 

R. – La situazione generale sta assumendo dei contorni, per certi versi, quasi definitivi. La caduta di Aleppo è comunque la scossa più forte per i ribelli e per i terroristi ed è il consolidamento di una situazione nella quale Assad ha resistito appoggiato, molto dai russi, ed ora probabilmente viene da pensare alla nuova fase di transizione in una maniera nuova e completamente diversa da quella del passato, anche se i fatti di Palmira continuano a dimostrare che, pur avendo perso moltissimo terreno ed essendo stato più volte sconfitto, il Califfato non è ancora annientato, tutt’altro.

D. - L’inviato dell’Onu de Mistura sostiene che se l’intento di Trump è quello di sconfiggere l’Is al fianco della Russia, queste insieme, dovranno poi preoccuparsi che Assad crei un governo di compartecipazione, altrimenti il rischio sarà riprodurre altre cento piccole Is. É d’accordo con questa analisi?

R. - No, l’analisi mi sembra che parta da un presupposto non esatto: prima di tutto Trump vuole fare un accordo con la federazione russa indipendentemente dal problema siriano che è un parte molto importante dell’accordo tra il Presidente eletto americano e Putin, ma la vera materia è per  il Presidente Trump è fissare la situazione in cui da uno stato di quasi conflitto, di guerra fredda, gli Stati Uniti passano ad uno stato di accordo nel quale si torva anche la soluzione siriana, naturalmente difficile, ma è una delle cose che saranno fatte con la Russia; le altre riguarderanno i Paesi dell’Est, altre riguarderanno accordi più generali sugli armamenti. Quindi il problema siriano, a mio parere, è visto da Trump come una delle cose che, in questo momento potrebbe essere la più attuale, per risolvere la drammatica guerra e da questa partire con la fase di transizione nella quale russi ed americani decideranno se e come spartire la Siria, chi governerà, chi passerà la mano al governo nuovo, …

D-  Riconquistando Palmira l’Is ha messo a segno il suo primo successo da maggio del 2015 e nonostante l’assedio sia a Mosul sia vicino Raqqa è riuscito a mettere in piedi un’operazione di larga portata. Come è stato possibile?

R. - Questo è stato possibile perché evidentemente anche i terroristi hanno alcuni vantaggi dalla loro parte; il primo: le forze governative e l’appoggio russo sono stati concentrati su quello che comunque è il grande obiettivo politico, ovvero la conquista totale di Aleppo Est; secondo, vi sono evidentemente degli apporti, dei supporti anche da parte della popolazione, quindi, naturalmente, l’Is gode ancora - seppure in maniera molto ridotta - di alcuni appoggi tra la popolazione e le tribù e terzo, naturalmente, l’Is ha spostato degli uomini in fuga dalle proprie roccaforti per concentrarli in un ultimo attacco a Palmira.

D. - Il governatore della provincia siriana di Homs ha confermato che l’esercito siriano si è schierato fuori da Palimra con tutti i mezzi necessari per impedire ai terroristi di rimanere. Il vice ministro degli esteri russo ha dichiarato che verrà fatto tutto il possibile per evitare che Palmira diventi la nuova roccaforte dello Stato islamico. C’è secondo lei questo rischio?

R. - No. In questo momento l’Is ha semplicemente compiuto un’azione tattica approfittando del fatto che sicuramente le truppe russe e di Assad erano state spostate per l’offensiva finale ad Aleppo e si è incuneata; ma questo non significa che entro poco tempo l’Is verrà ricacciata, a mio parere, da Palmira perché non è consolidata dentro la città – che le era stata sottratta – ma sta andando all’attacco in alcune zone periferiche tentando di penetrare. Ma questo è molto diverso dal tenere in mano la città.

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Nigeria: per Natale la Chiesa teme nuovi attacchi di Boko Haram

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“Si teme che questo attentato possa segnare l’inizio di una serie di attacchi di Boko Haram in coincidenza con il Natale” dice all’agenzia Fides padre Gideon Obasogie, direttore delle Comunicazioni Sociali della diocesi di Maiduguri, la capitale dello Stato nigeriano di Borno, dove ieri, almeno una persona è morta e altre sono rimaste ferite in un duplice attentato suicida commesso da due bambine nel mercato principale della città.

L'attentato una rappresaglia dei jihadisti per le sconfitte subite dall'esercito
“Attacchi di questo genere sembrano essere una rappresaglia di Boko Haram per la riconquista da parte dell’esercito nigeriano delle aree del nord della Nigeria che erano sotto il controllo della setta islamista. E sono anche un modo per incoraggiare i propri membri a non arrendersi, dimostrando che sono ancora in grado di colpire in una grande città come la nostra” dice padre Gideon.

La popolazione cerca di evitare le aree affollate obiettivo dei terroristi
“La popolazione di Maiduguri è diventata molto più prudente e cerca di evitare il mercato principale, facendo gli acquisti nei negozi più piccoli, proprio per evitare un’area di solito molto affollata e facile obiettivo degli attentati. In genere si cerca di evitare le aree affollate perché si teme che Boko Haram abbia adottato la strategia degli attacchi indiscriminati contro i civili per dimostrare che è ancora vivo e vegeto, nonostante i colpi subiti” conclude il sacerdote. (L.M.)

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Unicef: 250 milioni di bambini crescono in Paesi in guerra

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Secondo l’Unicef, quasi 1 bambino su 5 in tutto il Medio Oriente e Nord Africa ha bisogno di assistenza umanitaria immediata. Nel corso degli ultimi 70 anni, i Paesi in tutta la regione hanno fatto grandi progressi nella protezione dei diritti dei bambini e benessere. Ma, oggi, come sottolinea l'Unicef nel giorno del suo 70° anniversario, violenti conflitti, povertà e spostamenti hanno creato condizioni disastrose per i bambini, spingendo quasi 29 milioni di bambini e bambine al limite, invertendo così decenni di costanti progressi. Dopo anni di conflitto in Medio Oriente e Nord Africa i bambini sono sempre più sotto attacco e subiscono il peso maggiore della guerra in metà dei Paesi della regione.

L'emergenza in Siria, Iraq e Yemen
Si stima che 8,4 milioni di bambini siriani abbiano bisogno di assistenza immediata (riparo, cibo e acqua), rispetto ai 500.000 nel 2012. Quasi mezzo milione di bambini che vivono in zone assediate in Siria hanno ricevuto poco o nessun aiuto in quasi due anni. Un’estrema brutalità contro i bambini è diffusa in Iraq. Secondo i rapporti, sono stati registrati circa 400 violazioni dei diritti dell'infanzia da gennaio 2016. L'operazione militare in corso a Mosul ha spostato quasi 74.000 persone, quasi la metà dei quali bambini. Quasi 10 milioni di bambini in Yemen sono colpiti dal conflitto e vivono in condizioni critiche, di questi quasi 400.000 a rischio di malnutrizione acuta grave.

In Medio Oriente Nord Africa la metà dei rifugiati e degli sfollati di tutto il mondo
In Sudan, Libia e nello Stato di Palestina, il conflitto ha spinto milioni di bambini fuori dalle loro case e dalle scuole e ha negato loro l'accesso ai servizi di base. Il Medio Oriente e il Nord Africa ospitano la metà dei rifugiati e degli sfollati di tutto il mondo, ma rappresentano solo il 5% della popolazione mondiale.

In 70 anni meno bambini muoiono prima dei 5 anni
"Guardare indietro sui 70 anni di lavoro dell'Unicef per i bambini rappresenta un motivo di grande orgoglio. Ogni Paese della regione ha ratificato la Convenzione sui diritti dell’infanzia, meno bambini muoiono prima dei cinque anni, e i tassi di iscrizione scolastica sono migliorati", ha dichiarato Geert Cappelaere, direttore regionale Unicef per il Medio Oriente e Nord Africa. "Ma i rischi di conflitto invertono questi risultati per i 157 milioni di bambini in tutta la regione, rendendo il nostro mandato per proteggerli più cruciale che mai.

La storia ci giudicherà: dobbiamo investire di più oggi nei bambini della regione
​"Queste dati così tristi nel nostro 70° anniversario dovrebbe essere un campanello d'allarme urgente al mondo per lavorare maggiormente affinché ogni bambino in tutto il Medio Oriente e in Nord Africa possa sopravvivere, crescere e raggiungere il pieno potenziale", ha detto Cappelaere. "Questa non è una generazione perduta. La storia ci giudicherà: dobbiamo investire di più oggi nei bambini della regione". (T.C.)

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Natale di solidarietà a Norcia con i monaci benedettini

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Le zone del Centro Italia colpite dal sisma vivono questo Avvento con particolare speranza e spirito di solidarietà, mentre fuori dai centri storici vengono allestiti i primi moduli abitativi. In vista del Natale, a Norcia la popolazione si è stretta intorno ai monaci benedettini. Marco Guerra ha intervistato padre Benedetto Nivakoff, priore della comunità benedettina di Norcia: 

R. – Noi viviamo questo Natale in modo simbolico, per certi versi… Il nostro presepe che abbiamo costruito e allargato nel corso degli anni è stato distrutto dal terremoto. Lo avevo riposto nel campanile che è crollato, come tutti possono vedere …  Questo presepe è, però, diventato una fonte di buona volontà, perché da quando la gente ha sentito che non avevamo più il presepe, si stanno adesso tutti organizzando per comprarcene uno nuovo. Questo mostra la generosità di spirito dei norcini! Ce ne sono pochi, perché tanti sono fuori Norcia; ma quei pochi che ci sono, ci vogliono molto bene e cercano di aiutarci.

D. – Ricordiamo che nelle zone terremotate del Centro Italia, a cavallo tra Lazio e Umbria, è nato proprio il Presepe: sono le zone in cui San Francesco ha creato il presepe…

R. – Sì, sì; certamente. E’ una espressione molto cattolica della fede, che è una fede internazionale: non basta leggere, ma si vuole vedere, toccare. Nei bei presepi italiani c’è anche il movimento, c’è l’acqua che scorre, c’è il mulino che gira… E’ un segno del movimento ed è molto cattolico.

D. – Qual è la situazione adesso a Norcia? Sono arrivate in questi giorni le prime casette di legno, fuori dalle mura…

R. – C’è ancora uno spirito di preoccupazione, perché c’è gente che è ancora in tenda e la temperatura è molto bassa e c’è la possibilità di neve, quasi ogni giorno… Nonostante tutto c’è anche un senso di solidarietà: tutto il mondo sta venendo a Norcia e nelle nostre parti per darci una mano, in una maniera mai sperimentata, mai pensata e mai vista. E questi gesti ci portano un senso di grande vicinanza da parte di tante persone, da tutto il mondo: dall’Australia, dalla Cina, da Taiwan, dall’America, dal Canada… Vengono da tutte le parti per portarci un omaggio: sono un po’ come i Re Magi che sono venuti a trovare Cristo.

D. – Che donazioni stanno arrivando?

R. – Riceviamo donazioni da tante persone: da privati, da gruppi, da famiglie. Qualche settimana fa l’Organizzazione “CitizenGo”, che è una organizzazione pro-famiglia, ci ha portato una donazione per aiutarci nell’arredamento della cappella; i Cavalieri di Malta di Roma ci hanno portato una grande donazione; l’ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede ci ha portato una grande donazione… Ma ci sono anche tanti altri gruppi che vengono con camion pieni di roba, pieni di cibo; anche attrezzature… Ci danno una grande mano!

D. – La Vergine Maria ha dato alla luce Gesù Bambino in una capanna, al freddo. Questa situazione così precaria può avvicinarvi allo spirito del Natale?

R. – Abbiamo avuto  il grande onore di avere il cardinale prefetto della Congregazione del Culto Divino, il cardinale Sarah: è passato al nostro monastero e ha detto: “Le vostre casette mi fanno ricordare Betlemme!”. E lo abbiamo preso come un grande segno di supporto e di incoraggiamento. Ma anche come un punto di partenza per la nostra vita monostica: dopo il terremoto viviamo il nostro voto di povertà con più sincerità, perché è molto più reale e sentiamo la solidarietà con tanti nostri vicini che non hanno più niente. Cristo e la sua venuta è molto di più che la povertà: è Dio fatto uomo, è l’Incarnazione che cambia la storia! Ma lo ha fatto in una certa maniera: lo ho fatto in una mangiatoia, facendo vedere che pur non avendo niente, uno ha tutto. E questo è molto importante quando ci si trova in circostanze di questo genere…

D. – Quindi anche le famiglie di Norcia vogliono vivere questo Natale e i segni del Natale nella gioia. Non bisogna mortificare la speranza, malgrado la distruzione e malgrado i drammi vissuti…

R. – Certo! Però dobbiamo ribadire che la Croce c’è per tanta, tanta gente di Norcia, che non riesce ancora a tornare a casa, che si trova ancora sul Lago Trasimeno, in tenda… La Croce questo Natale c’è, ma cerchiamo di ricordare che questo è anche un segno della Resurrezione: senza la Croce non ci sarà la Resurrezione…

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Congo. L'opposizione: la mediazione dei vescovi procede bene

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Le trattative sotto l’egida della Conferenza episcopale del Congo (Cenco) “procedono bene” afferma l’“Unione delle forze politiche e sociali per il cambiamento”, meglio nota come “le Rassemblement”, la coalizione di partiti dell’opposizione della Repubblica Democratica del Congo (Rdc). “Le Rassemblement” non ha aderito all’accordo con la maggioranza presidenziale del 18 ottobre ma è impegnato nelle trattative sotto l’egida dei vescovi per trovare una via d’uscita alla crisi politica istituzionale dopo che lo svolgimento delle elezioni presidenziali previste entro la fine di quest’anno è risultata impossibile.

L'opposizione chiede la designazione del premier
In un comunicato ripreso dall’agenzia Fides, “Le Rassemblement” afferma di esigere che il Premier del periodo di transizione “sia designato dal nostro raggruppamento politico, e nel caso, sia dimesso da noi”.

La mediazione dei vescovi per far uscire il Paese dalla crisi
​Il comunicato precisa che i lavori della commissione di saggi che sotto la mediazione dei vescovi sta elaborando il percorso per far uscire l’Rdc dalla crisi si concluderanno il 15 dicembre. Il 19 dicembre scade il secondo mandato del Presidente Joseph Kabila, che non potrà ripresentarsi alle elezioni per ottenerne un terzo. Il leader di “Le Rassemblement”, Etienne Tshisekedi, “si rivolgerà alla nazione qualche giorno prima del 19 dicembre, e fa appello alla popolazione perchè resti vigile. (L.M.)

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Haiti. Messaggio dei vescovi: ridare speranza al Paese

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Un pressante appello a rinunciare alla violenza in tutte le sue forme e l'auspicio che questo Natale sia per tutti gli haitiani una fonte inesauribile di gioia, pace e amore: è quanto esprimono i vescovi di Haiti nel loro messaggio natalizio e per il nuovo anno, diffuso al termine della 123.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale, svoltasi nei giorni scorsi a Lilavois.

Per troppo tempo il popolo di Haiti è stato ingannato dai suoi leader
Al centro del messaggio la situazione del Paese, attraversato nuovamente in queste settimane da forti tensioni politiche dopo l’annuncio dei risultati delle elezioni presidenziali del 20 novembre e duramente provato dal recente uragano Matthew. Nel documento i presuli richiamano le responsabilità della classe dirigente: “Per troppo tempo il popolo di Haiti è stato ingannato dai suoi leader". Il risultato – affermano - è un clima di diffusa “frustrazione, disfattismo e sfiducia", come conferma l’ulteriore calo dell’affluenza alle urne all’ultima tornata elettorale, scesa al 21% degli aventi diritto di voto. Una partecipazione inaccettabile per una società che si vuole democratica.

Restituire speranza e fiducia
Di qui l’appello “ai dirigenti ad adoperarsi per ridare fiducia alla popolazione, che vive con la sensazione di essere stata tradita, oltraggiata e usata. È urgente – aggiungono -  ascoltare la sofferenza delle persone a prendere decisioni politiche ed economiche in grado di restituire la speranza".

I politici siano protagonisti del rinnovamento tanto atteso da tutti gli haitiani
I presuli si rivolgono in particolare ai leader politici affinché mettano da parte ogni atteggiamento trionfalistico e collaborino per garantire quella stabilità politica e sociale di cui l’isola ha bisogno per il suo sviluppo: “I partecipanti alle elezioni non si considerino come perdenti o vincitori, ma piuttosto come protagonisti del rinnovamento tanto atteso da tutti gli haitiani”.   Il messaggio cita come esempio incoraggiante in questo senso la grande mobilitazione nazionale per le vittime dell’uragano Matthew: un esempio di solidarietà da ripetere anche in altre situazioni.

Il popolo haitiano ha sete di un autentico rinnovamento
Provato da troppo tempo, il popolo haitiano “ha sete di un autentico rinnovamento a tutti i livelli: spirituale, etico, sociale e politico”. Perché questo sia possibile - conclude il messaggio - occorre “coltivare la fiducia reciproca; riscoprire e promuovere i valori civili e umanitari della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza; fondare l’esercizio del potere sul perseguimento disinteressato del bene comune; prendere coscienza che ogni haitiano è responsabile del presente e del futuro del Paese e della salvaguardia dell’ambiente che è la nostra casa comune”. (A cura di Lisa Zengarini)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 347

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