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Sommario del 15/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Ospedale Bambino Gesù: speranza è la benzina della vita cristiana

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La speranza è la “benzina” della vita cristiana, che ci fa andare avanti ogni giorno. Così il Papa nel discorso preparato per l’udienza, stamani in Aula Paolo VI, a pazienti, famiglie, dipendenti, collaboratori e volontari dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. In prima fila oltre 150 piccoli provenienti anche da tante ‘periferie del mondo’. Tra i partecipanti, la presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale Mariella Enoc, il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, il cardinale arcivescovo di Bangui Dieudonné Nzapalainga: l’Ospedale della Santa Sede, infatti, si occupa della ricostruzione del nosocomio pediatrico di Bangui, in Centrafrica, anche grazie al concerto con Claudio Baglioni che sabato prossimo si terrà in Vaticano; l’iniziativa è stata pensata pure per aiutare le vittime del terremoto in Centro Italia. Il servizio di Giada Aquilino

Dà molta più gioia vivere “con il cuore aperto che con il cuore chiuso”. Davanti ai bambini e ai ragazzi che soffrono, ma che con forza e assieme gioia e dolcezza affrontano la loro esistenza e affidano al Pontefice le loro emozioni, Papa Francesco risponde con la sincerità che gli è propria. Valentina, un’infermiera, racconta di come chi lavori in ospedale abbia compiuto la scelta di stare lì: i piccoli pazienti e i loro genitori - spiega - non hanno invece la possibilità di scegliere. Francesco ammette che sui bambini che soffrono non ha una risposta:

“Nemmeno Gesù ha dato una risposta a parole. Di fronte ad alcuni casi, capitati allora, di innocenti che avevano sofferto in circostanze tragiche, Gesù non fece una predica, un discorso teorico. Si può certamente fare, ma Lui non lo ha fatto. Vivendo in mezzo a noi, non ci ha spiegato perché si soffre. Gesù, invece, ci ha mostrato la via per dare senso anche a questa esperienza umana: non ha spiegato perché si soffre, ma sopportando con amore la sofferenza ci ha mostrato per chi si offre. Non perché, ma per chi”.

Esorta quindi ad aprirsi al valore dei sogni, del dono, delle piccole cose, di un semplice grazie:

“Lo insegniamo ai bambini e poi non lo facciamo noi adulti. Ma dire grazie, semplicemente perché siamo davanti a una persona, è una medicina contro il raffreddarsi della speranza, che è una brutta malattia contagiosa. Dire grazie alimenta la speranza, quella speranza nella quale, come dice san Paolo, siamo stati salvati. La speranza è la ‘benzina’ della vita cristiana, che ci fa andare avanti ogni giorno”.

A prendere la parola è una paziente:

“Io sono Serena, ho 27 anni e la mia storia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù inizia quando avevo 13 anni”…

È una storia di malattie, ricadute, complicazioni ma soprattutto di speranza quella di questa ragazza che oggi, nonostante le difficoltà, studia per diventare medico. E’ una esperienza “di vita”, la sua come quella degli altri, dice il Pontefice. Quindi esorta tutti a trovare la “bellezza delle piccole cose”:

“Può sembrare - sottolinea - una logica perdente, soprattutto oggi, con la mentalità dell’apparire che esige risultati immediati, successo, visibilità. Invece, pensate a Gesù: la maggior parte della sua vita su questa terra l’ha trascorsa nel nascondimento; è cresciuto nella sua famiglia senza fretta, ogni giorno imparando, lavorando e condividendo gioie e dolori dei suoi. Il Natale ci dice che Dio non si è fatto forte e potente, ma fragile e debole come un bambino”.

Viviamo in un tempo, constata il Papa, in cui “gli spazi e i tempi si restringono sempre di più”:

“Si corre tanto e si trovano meno spazi: non solo parcheggi per le automobili, ma anche - prosegue - luoghi per incontrarsi; non solo tempo libero, ma tempo per fermarsi e ritrovarsi. C’è grande bisogno di tempi e di spazi più umani”.

E l’Ospedale Bambino Gesù, evidenzia, nel corso della sua storia si è sviluppato aprendo altre sedi, con servizi dislocati per offrire nuovi spazi per pazienti, per familiari, ricercatori:

“Questa storia - spiega - va ricordata, è la miglior premessa per il futuro! Nonostante gli spazi stretti gli orizzonti si sono allargati: il “Bambin Gesù” non ha guardato alle sue ristrettezze, ma ha creato nuovi spazi e tanti progetti, anche lontano, in altri continenti. Questo ci dice che la qualità della cura non dipende solo dagli aspetti logistici, ma dagli spazi del cuore. È essenziale allargare gli spazi del cuore: poi la Provvidenza non mancherà di pensare anche agli spazi concreti!".

A chi, dopo gli studi, al “Bambin Gesù” si affaccia al mondo del lavoro, che - ricorda ancora una volta il Papa - “deve essere aperto ai giovani, non solo al mercato”, Francesco consiglia innanzi tutto di “mantenere vivi i sogni”:

“I sogni non vanno mai anestetizzati, qui - chiarisce - l’anestesia è vietata! Dio stesso, lo sentiremo nel Vangelo di domenica, comunica a volte attraverso dei sogni; ma soprattutto invita a realizzare sogni grandi, anche se difficili. Ci spinge a non fermarci nel fare il bene, a non spegnere mai il desiderio di vivere grandi progetti. Mi piace pensare che Dio stesso ha dei sogni, anche in questo momento, per ciascuno di noi. Una vita senza sogni non è degna di Dio, non è cristiana una vita stanca e rassegnata, dove ci si accontenta, si vivacchia senza entusiasmo, alla giornata”.

Francesco sottolinea pure la “forza di chi dona”: si può vivere - spiega - “mettendo al primo posto l’avere oppure il dare”:

“Si può lavorare - osserva - pensando soprattutto al guadagno, oppure cercando di dare il meglio di sé a vantaggio di tutti. Allora il lavoro, nonostante tutte le difficoltà, diventa un contributo al bene comune, a volte addirittura una missione”.

L’importante, afferma, è riconoscere cosa viene prima: fare qualcosa per i propri interessi e per il successo, oppure “seguire l’intuizione di servire, donare, amare”, vivendo ogni giorno come “vorrebbe il Signore”:

“Non come un peso - che poi pesa soprattutto sugli altri che mi devono sopportare - ma come un dono. È il mio turno – prosegue il Papa - per fare un po’ di bene, per portare Gesù, per testimoniare non a parole ma con le opere. Ogni giorno si può uscire di casa con il cuore un po’ chiuso in sé stesso, oppure con il cuore aperto, pronti a incontrare, a donare”.

L’augurio finale è dunque a vivere “col cuore aperto”. Una certezza sottolineata anche da Mariella Enoc, presidente del Consiglio di Amministrazione che, ribadendo come il “Bambino Gesù” non sia “né un centro di potere né un centro di profitto”, ha assicurato:

“Una comunità eccezionale, di vite coraggiose, vite… che danno la vita”.

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Le famiglie dei piccoli: al Bambin Gesù ci hanno donato la speranza

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E papa Francesco è stato accolto in Aula Paolo VI dai canti festosi dei numerosi piccoli pazienti che questa mattina erano presenti all’udienza alla Comunità dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:    

Vite coraggiose e volti pieni di sorrisi sono quelli che hanno accolto papa Francesco nell’aula Paolo VI. Storie dove la malattia non ha tolto la speranza di un domani migliore  e quell’allegria rumorosa dei piccoli che  ci ricorda che sono per prima cosa bambini e poi pazienti. E c’è chi come Jamal Jelbi da piccolo è stato in cura al Bambin Gesù per molto tempo, e oggi da adulto ha scelto di lavorarci:

R. – E’ la mia seconda casa, diciamo… Ho passato un bel po’ di tempo, là, per curarmi. Mi hanno trattato come un figlio, sempre nel rispetto di quella che poi è stata la mia vera famiglia. Quindi è tanto!

D. – Tu sei passato da paziente a lavorare al Bambino Gesù. Oggi cosa dici, quando incontri i bambini che si curano lì?

R. – I bambini, a volte, hanno più forza degli adulti; a volte sono più gli adulti che vanno incoraggiati che non i bambini. Devi trasmettere loro serenità e che le cose si risolvono. 

E l’ospedale Bambino Gesù per molti piccoli è stata l’ancora di salvezza per poter vivere. Come per Margherita, affetta da una patologia congenita,  che è stata seguita sin da quando era ancora nel grembo materno, ed oggi è una bimba di due anni che riesce ad avere una vita quasi normale. Ascoltiamo la testimonianza della sua mamma Roberta:  

R. – Innanzitutto vuol dire essere qui e avere con noi nostra figlia: e questo non era per niente scontato, quando ancora la stavamo aspettando. Significa anche accoglienza, perché questo è stato il primo ospedale che ci ha detto: “Non siete soli! Qualsiasi cosa si fa insieme, nel rispetto delle indicazioni che Margherita ci darà una volta nata; cercando insieme di capire se bisogna accompagnarla e cosa si può fare per farla stare meglio”. Quindi per noi essere qui oggi significa aver vissuto due anni e mezzo con nostra figlia, aver affrontato alcune tappe previste e alcune tappe impreviste, ma sempre accompagnati con grande rispetto ed amore per nostra figlia.

D. – Il Papa vi ha detto di mantenere vivi i sogni. Ma come si mantengono vivi i sogni e soprattutto come si continua a sognare e a guardare verso il futuro?

R. – Mantenere vivi i sogni è davvero un grande impegno! Per noi significa accettare che ogni giorno è un grande regalo e quindi vivere la magnificenza del dono della vita ogni giorno. E questo è il nostro sogno: poter poi raccontare, ad un certo punto, di aver avuto milioni di giorni di sogni a disposizione insieme alla nostra Margherita.

E anche tra i volontari che ogni giorno cercano di portare il loro aiuto ai piccoli degenti ci sono ex pazienti. Tra loro Adriano che oggi insegna musica ai bambini ricoverati:

R. – Io sono un ex paziente dell’ospedale: quindi ci sono cresciuto… Poi verso i 19 anni sono tornato in ospedale come musicista e oggi faccio questo: cerco di portare la musica ai bambini, come hanno fatto con me da piccolo…

D. – In che modo si incoraggiano i piccoli a guardare verso un futuro?

R. – Si incoraggiano facendogli vedere che quello che hanno può diventare una risorsa, può diventare una forza e che sicuramente, quando usciranno da lì, saranno molto più forti.

D. – Il Papa ha parlato di offrire doni. Ma questi piccoli che doni possono offrire e quali doni tu offri a loro?

R. – I doni che i piccoli offrono sono immensi: la gratitudine nei loro occhi è indescrivibile! Quello che posso donare io, nel mio piccolo, è la mia esperienza, la mia musica e un po’ i miei sorrisi…

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Papa: la nonviolenza sia la nuova via per la pace nel mondo

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La nonviolenza è la strada da seguire nel presente e nel futuro per costruire la pace nel mondo: è quanto ha detto il Papa nel discorso agli ambasciatori non residenti, accreditati presso la Santa Sede, di Burundi, Fiji, Maurizio, Moldova, Svezia e Tunisia, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali. Il servizio di Sergio Centofanti: 

Papa Francesco propone ai nuovi ambasciatori il suo Messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Pace, pubblicato alcuni giorni fa e che ha per tema «La nonviolenza: stile di una politica per la pace»:

“La nonviolenza è un esempio tipico di valore universale, che trova nel Vangelo di Cristo il suo compimento ma che appartiene anche ad altre nobili e antiche tradizioni spirituali. In un mondo come quello attuale, purtroppo segnato da guerre e da numerosi conflitti, come pure da una violenza diffusa che si manifesta in diverse forme nella convivenza ordinaria, la scelta della nonviolenza come stile di vita diventa sempre più un’esigenza di responsabilità a tutti i livelli, dall’educazione familiare, all’impegno sociale e civile, fino all’attività politica e alle relazioni internazionali”.

Si tratta “in ogni circostanza, – afferma il Papa - di respingere la violenza come metodo di risoluzione dei conflitti e di affrontarli invece sempre mediante il dialogo e la trattativa”:

“In particolare, coloro che ricoprono cariche istituzionali in ambito nazionale o internazionale, sono chiamati ad assumere nella propria coscienza e nell’esercizio delle loro funzioni uno stile non violento, che non è affatto sinonimo di debolezza o di passività, ma, al contrario, presuppone forza d’animo, coraggio e capacità di affrontare le questioni e i conflitti con onestà intellettuale, cercando veramente il bene comune prima e più di ogni interesse di parte sia ideologico, sia economico, sia politico”.

Il Papa ricorda che nel secolo scorso, “funestato da guerre e genocidi di proporzioni inaudite”, ci  sono stati “esempi luminosi” che hanno mostrato “come la nonviolenza, abbracciata con convinzione e praticata con coerenza, possa ottenere importanti risultati anche sul piano sociale e politico”:

“Alcune popolazioni, e anche intere nazioni, grazie all’impegno di leader nonviolenti, hanno conquistato traguardi di libertà e di giustizia in maniera pacifica. Questa è la strada da seguire nel presente e nel futuro. Questa è la via della pace, non quella proclamata a parole ma di fatto negata perseguendo strategie di dominio, supportate da scandalose spese per gli armamenti, mentre tante persone sono prive del necessario per vivere”.

E’ desiderio della Santa Sede – ha concluso il Papa – “portare avanti insieme con i Governi dei vostri Paesi questo processo di promozione della pace, come pure degli altri valori che concorrono allo sviluppo integrale dell’essere umano e della società”. 

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Papa: pastori dicano verità ma accolgano primo passo delle persone

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I pastori dicano la verità ma accolgano le persone per quello che possono dare, è un primo passo, al resto ci pensa il Signore: così, in sintesi, il Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il servizio di Debora Donnini: 

E’ Giovanni Battista la figura al centro dell’omelia del Papa. E’ la stessa liturgia dell’Avvento, ieri, oggi e domani a far riflettere sul suo ministero: un uomo che viveva nel deserto, predicava e battezzava.

La forte predicazione del Battista verso farisei e dottori della legge
Tutti lo andavano a trovare, anche i farisei e i dottori della legge, ma “con distacco”, cioè per giudicarlo e non facendosi battezzare. Nel Vangelo odierno Gesù chiede alla folla cosa siano andati a vedere nel deserto: “Una canna agitata dal vento? Un uomo vestito con abiti di lusso?”.  Non un uomo vestito con abiti di lusso perché quelli che vivono nel lusso, stanno nei palazzi del re, “qualcuno negli episcopi”, aggiunge il Papa. Quello che sono andati a vedere è invece un profeta, “più che un profeta”, “fra i nati di donna non vi è alcuno più grande di Giovanni”, “l’ultimo dei profeti” perché dopo di lui c’è il Messia, spiega Francesco che si sofferma sui motivi di tale grandezza: “era un uomo fedele a quello che il Signore gli aveva chiesto”, “un grande perché fedele”. Con una grandezza che si vedeva anche nella sua predicazione:

“Predicava forte, diceva delle cose brutte ai farisei, ai dottori della legge, ai sacerdoti, non diceva loro: ‘Ma cari, comportatevi bene’. No. Semplicemente diceva loro: ‘Razza di vipere’, così semplicemente. Non andava con sfumature. Perché si avvicinavano per controllare e per vedere ma mai col cuore aperto: ‘Razza di vipere’. Rischiava la vita, sì, ma lui era fedele. Poi a Erode, in faccia, gli diceva: ‘Adultero, non ti è lecito questo vivere così, adultero!’. In faccia! Ma è sicuro che se un parroco oggi nell’omelia domenicale dicesse: ‘Fra voi ci sono alcuni che sono razza di vipere e ci sono tanti adulteri’, di sicuro il vescovo riceverebbe lettere di sconcerto: ‘Ma mandate via questo parroco che ci insulta’. E questo insultava. Perché? Perché fedele alla sua vocazione e alla verità”.

Ai pubblicani il Battista chiedeva un primo passo e li battezzava
Il Papa nota però che con la gente era comprensivo: ai pubblicani, peccatori pubblici perché sfruttavano il popolo, diceva: “Non chiedete più del giusto”. “Incominciava da poco. Poi vedremo. E li battezzava”, prosegue Francesco. “Prima questo passo. Poi vediamo”. Ai soldati, ai poliziotti, chiedeva di non minacciare né denunciare nessuno e di contentarsi del loro stipendio. “Questo vuol dire non entrare nel mondo delle tangenti”, spiega Francesco: “Quando un poliziotto ti ferma, ti fa la prova dell’alcol, c’è un po’ di più: ‘Eh, no, ma… Quanto? Dai!’. No, questo no”. Giovanni battezzava tutti questi peccatori, “ma con questo minimo passo avanti perché sapeva che con questo passo poi il Signore faceva il resto”. E si convertivano. “E’ un pastore - spiega ancora il Papa - che capiva la situazione della gente e l’aiutava ad andare avanti col Signore”. Giovanni è stato poi l’unico dei profeti al quale è stata data la grazia di indicare Gesù.

Anche Giovanni Battista aveva i suoi dubbi: i grandi si possono permettere di dubitare
Nonostante Giovanni fosse grande, forte, sicuro della sua vocazione, “anche aveva momenti bui”, “aveva i suoi dubbi”, dice Francesco. Giovanni infatti dal carcere comincia a dubitare, anche se aveva battezzato Gesù, “perché era un Salvatore non come lui lo aveva immaginato”. E quindi invia due dei suoi discepoli a chiedergli se fosse proprio Lui il Messia. E Gesù corregge la visione di Giovanni con una risposta chiara. Dice infatti di riferire a Giovanni che “i ciechi riacquistano la vista”, “i sordi odono”, “i morti risuscitano”. “I grandi si possono permettere di dubitare, perché sono grandi”, commenta il Papa:

“I grandi si possono permettere il dubbio e questo è bello. Sono sicuri della vocazione ma ogni volta che il Signore fa vedere loro una nuova strada del cammino entrano nel dubbio. ‘Ma questo non è ortodosso, questo è eretico, questo non è il Messia che io aspettavo’. Il diavolo fa questo lavoro e qualche amico anche aiuta, no? Questa è la grandezza di Giovanni, un grande, l’ultimo di quella schiera di credenti che è incominciata con Abramo, quello che predica la conversione, quello che non usa mezze parole per condannare i superbi, quello che alla fine della vita si permette di dubitare. E questo è un bel programma di vita cristiana”.

Aiutare le persone a fare il primo passo, poi Dio farà il resto
Quindi Francesco sintetizza i punti centrali della sua omelia: dire le cose con verità e ricevere dalla gente quello che riesce a dare, un primo passo:

“Chiediamo a Giovanni la grazia del coraggio apostolico di dire sempre le cose con verità, dell’amore pastorale, di ricevere la gente col poco che può dare, il primo passo. Dio farà l’altro. E anche la grazia di dubitare. Tante volte, forse alla fine della vita, si può uno chiedere: ‘Ma è vero tutto quello che io ho creduto o sono fantasie?’, la tentazione contro la fede, contro il Signore. Che il grande Giovanni, che è il più piccolo nel regno dei Cieli, per questo è grande, ci aiuti su questa strada sulle tracce del Signore”.

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Papa: rispettare ogni vita, anche di fronte a disabilità gravissime

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E’ stato pubblicato oggi il Messaggio del Papa per la XXV Giornata Mondiale del Malato che si svolgerà il prossimo 11 febbraio, nella memoria della Beata Vergine di Lourdes, sul tema: “Stupore per quanto Dio compie: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente…» (Lc 1,49)”.

“Ponendomi fin d’ora spiritualmente presso la Grotta di Massabielle, dinanzi all’effige della Vergine Immacolata” – scrive Francesco – “desidero esprimere la mia vicinanza a tutti voi, fratelli e sorelle che vivete l’esperienza della sofferenza, e alle vostre famiglie; come pure il mio apprezzamento a tutti coloro che, nei diversi ruoli e in tutte le strutture sanitarie sparse nel mondo, operano con competenza, responsabilità e dedizione per il vostro sollievo, la vostra cura e il vostro benessere quotidiano”.

Il Santo Padre incoraggia “tutti, malati, sofferenti, medici, infermieri, familiari, volontari, a contemplare in Maria, Salute dei malati, la garante della tenerezza di Dio per ogni essere umano e il modello dell’abbandono alla sua volontà; e a trovare sempre nella fede, nutrita dalla Parola e dai Sacramenti, la forza di amare Dio e i fratelli anche nell’esperienza della malattia”.

Quindi, di fronte alle sfide attuali in ambito sanitario e tecnologico, ribadisce l’inalienabile dignità di ogni malato, che ha sempre la sua missione nella vita e non diventa mai mero oggetto anche se portatore di disabilità gravissime, e invita a “trovare nuovo slancio per contribuire alla diffusione di una cultura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente; un rinnovato impulso a lottare per il rispetto dell’integralità e della dignità delle persone, anche attraverso un corretto approccio alle questioni bioetiche, alla tutela dei più deboli e alla cura dell’ambiente”.

Infine, il Papa augura a tutti “di essere sempre segni gioiosi della presenza e dell’amore di Dio, imitando la luminosa testimonianza di tanti amici e amiche di Dio” tra i quali ricorda “san Giovanni di Dio e san Camillo de’ Lellis, Patroni degli ospedali e degli operatori sanitari, e santa Madre Teresa di Calcutta, missionaria della tenerezza di Dio”.

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Cordoglio del Papa per la morte del card. Arns, pastore coraggioso

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Papa Francesco ha espresso il suo cordoglio per la morte, avvenuta ieri, del cardinale brasiliano Paulo Evaristo Arns: aveva 95 anni. Dell’Ordine dei Frati Minori, nominato da Paolo VI nel 1970 arcivescovo di San Paolo del Brasile e creato cardinale nel 1973, ha guidato questa Diocesi per 28 anni. Era l'ultimo porporato vivente creato da Papa Montini. In un telegramma inviato all’arcivescovo di San Paolo del Brasile, il cardinale Odilo Pedro Scherer, il Pontefice lo definisce un “pastore coraggioso che nel suo ministero ecclesiale si è rivelato autentica testimonianza del Vangelo in mezzo al suo popolo” indicando “il cammino della verità nella carità e del servizio alla comunità nella costante attenzione ai più svantaggiati”. Il cardinale Odilo Scherer ricorda con parole commosse il porporato scomparso. L’intervista è di Silvonei Protz: 

R. – Il cardinale Arns è stato anzitutto un uomo di grande fede; un uomo semplice, ma anche  una persona di grande cultura, direi una personalità di spicco; un religioso, un vero francescano, in cui la spiritualità francescana, nel corso di tutta la sua vita, è stato il suo marchio. E’ stato un uomo di Chiesa, un vero pastore della Chiesa, sempre vicino al popolo, molto sensibile alla sofferenza, alle situazioni, alle difficoltà e ai disagi delle persone. E’ stato un uomo sensibile anche alle questioni sociali, ai diritti civili, alle questioni della politica e della vita democratica. E’ stato un uomo che ha davvero voluto mettere in pratica quello che dice il Concilio nella “Gaudium et Spes”, soprattutto quello che riguarda la libertà, la dignità umana, i diritti umani e la promozione della giustizia sociale riguardo soprattutto alla dignità dei poveri e di tutti coloro che, in qualche maniera, erano privati dei diritti umani a causa di regimi autoritari.

D. – Qual è l'eredità del cardinale Arns?

R. – Lui lascia una grande eredità! E’ stato arcivescovo di San Paolo per 28 anni; e prima era stato anche vescovo ausiliare di San Paolo per 3-4 anni; da giovane frate francescano fu professore di patristica; aveva studiato alla “Sorbona” di Parigi e quindi era un uomo che si muoveva molto bene anche nel mondo della cultura. Come pastore era un uomo semplice, amava stare in mezzo alla gente, gustare le cose semplici: è un uomo che ha lasciato un grande esempio e che ha fatto molto bene nell’arcidiocesi di San Paolo.

D. – Ha vissuto durante il periodo della dittatura in Brasile…

R. – Sì, ed è stato un po’ il simbolo della resistenza contro gli abusi autoritari del regime militare di quell’epoca. Difendeva, senza alcun compromesso, i diritti umani e la dignità umana; denunciava gli abusi, le torture e la persecuzione politica. E' sempre stato un uomo che ha difeso anche le libertà democratiche, affinché la società si organizzasse non in modo autoritario ma in modo democratico. Quindi sì, un uomo di dialogo: di dialogo civile, di dialogo religioso, dialogo interreligioso. E questo fa parte della sua vita e della sua eredità. Per finire, devo dire una cosa bella: in questi ultimi giorni, quando si vedeva ormai che non stava bene, si è messo fra le mani la sua croce pettorale. L'ha stretta forte fra le sue mani e non l’ha lasciata fino al momento della morte… Questo è stato un segno molto bello, proprio nel giorno in cui la Chiesa ricorda la memoria di San Giovanni della Croce.

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Altre udienze e nomine

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Per le udienze e nomine odierne del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Il grazie del Papa ai sindaci dopo il Summit in Vaticano

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Il Papa esprime in una lettera il proprio grazie ai sindaci che hanno partecipato al Summit organizzato in Vaticano il 9 e 10 dicembre scorso dalla Pontificia Accademia delle Scienze sul tema dei rifugiati.

"In entrambe le giornate - scrive Francesco rivolgendosi a ciascuno dei sindaci intervenuti - ho seguito da vicino lo svolgimento dei lavori e sono consapevole dei notevoli successi che sono stati raggiunti. Apprezzo molto la proposta che è stata avanzata di creare una rete di sindaci. Conosco le sue iniziative, le sue battaglie personali e le avversità che ha dovuto affrontare. Le esprimo, pertanto, la mia ammirazione e la mia gratitudine per il suo operato intelligente e coraggioso e favore  dei nostri fratelli e sorelle rifugiati". "La mia porta – assicura il Papa - sarà sempre aperta per lei e per questa nuova rete". E conclude: "Mentre chiedo al Signore di non abbandonarla mai, soprattutto in questo momento difficile, la accompagno con riconoscenza e affetto. Non si dimentichi di pregare per me o, se non prega, le chiedo che mi pensi bene e mi mandi 'buona onda'. Sinceramente, Francesco".

La Sala Stampa vaticana ha precisato che “il Papa ha inviato la stessa lettera di ringraziamento ed incoraggiamento a tutti i sindaci partecipanti al convegno” e che “ogni lettera è stata firmata personalmente dal Papa, ma il testo inviato è il medesimo per tutti i destinatari, tradotto nelle varie lingue”.

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80 anni del Papa. P. Pepe: l’amore della gente, il regalo più grande per lui

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Sono tantissimi in tutto il mondo, i gesti di affetto per Papa Francesco, in occasione del suo 80.mo compleanno, sabato prossimo. Tante le iniziative spontanee anche al di fuori della Chiesa Cattolica. Con particolare gioia vive questo momento Buenos Aires e soprattutto i poveri delle Villas Miserias che in Jorge Mario Bergoglio hanno sempre visto il loro pastore. Al fianco dell’allora arcivescovo di Buenos Aires c’era sempre il cura villero, padre "Pepe" Di Paola, che raggiunto telefonicamente in Argentina da Alessandro Gisotti, rivolge i suoi auguri al Papa e parla di Bergoglio e della “sua” gente: 

R. – Primero desearle que siga esta vocación que tiene de vivir un sacerdocio …
Prima di tutto desidero augurargli che possa andare avanti in questa sua vocazione che ha di vivere un sacerdozio profondamente spirituale, profondamente solidale con la gente e fortemente inserito nelle diverse realtà che la gente vive; ma anche profondamente in unione alla Chiesa e in unione al Vangelo. Voglio auguragli che vada avanti, che vada avanti con la sua missione, camminando nello spirito del Vangelo, di cui la Chiesa ha bisogno.

D. – Padre Pepe, tu conosci Papa Francesco da molti anni. Quali ricordi hai dei compleanni di padre Bergoglio, quando era a Buenos Aires?

R. – No le gusta mucho el festejo...
Non ama molto i festeggiamenti il giorno del suo compleanno… Mi ricordo, quando i bambini e i giovani della nostra scuola artigianale gli volevano fare un regalo, pensando a qualcosa di religioso, anche se sapevamo che poi lui li avrebbe regalati ad altri… Ma questa non era per lui la cosa importante: era importante che questo regalo fosse realizzato a mano dai bambini, che volevano andare a trovarlo. I bambini della Villas non volevano comprare qualcosa, volevano fare qualcosa per lui, con grande affetto. I bambini realizzarono e gli portarono una “vetrata artistica” con l’immagine di Madre Teresa di Calcutta. Gli piacque molto! Sapevamo che poi l’avrebbe regalata per metterla in una cappella… Credo che a lui piacesse questo: che il regalo fosse la testimonianza dell’impegno e dello sforzo che avevano fatto per lui i bambini e la gente. E credo che abbia compreso quanto amassero la diocesi e la Chiesa.

D. – Come la gente della “Villas Miserias” si stanno preparando a questo compleanno del Papa, così amato? Con la preghiera, con altre iniziative?

R. – Mira, con oraciones. Porque el cumpleaños no lo festjava mucho...
Con la preghiera. Perché – come dicevo prima – lui non amava molto festeggiare il compleanno. E’ vero, la gente lo ama molto, ma anche per loro il giorno del suo compleanno non è mai stato un giorno particolarmente importante… Credo che se lui fosse venuto in Argentina, sarebbe stata una festa straordinaria, sarebbe stato un regalo veramente molto grande. Senza dubbio!

D. – Hai parlato recentemente con il Santo Padre? Che dice della sua Argentina? Manca al Santo Padre la sua Buenos Aires, la “Gran Baires”?

R. – No . Lo veia hace tiempo: lo veia cuando fue a Roma...
No. L’ho visto un po’ di tempo fa, quando sono stato a Roma. Ricordiamo sempre Buenos Aires, parliamo sempre di Buenos Aires. Ma adesso sappiamo bene che lui è il Papa, il Papa del mondo; ama l’Argentina, ma non si rifugia nella nostalgia. Piuttosto ci dà forza e ci incoraggia per il lavoro che facciamo. Sa che ha davanti a lui un compito molto più grande, molto più complesso di prima, perché adesso è il pastore di tutta la Chiesa.

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Santa Sede: aumenta intolleranza contro cristiani in Europa

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L’educazione alla “cultura dell’incontro”,  la promozione di un clima di maggiore fiducia verso le religioni, il  riconoscimento che “con i loro valori e tradizioni” possono contribuire “in modo significativo” allo sviluppo della società: sono le chiavi per prevenire l’intolleranza e la discriminazione anti-cristiane in Europa e quindi garantire la sicurezza nel continente . Questo il filo conduttore dei tre interventi di mons. Janusz Urbańczyk, Osservatore Permanente della Santa Sede all’Osce, alla Conferenza sulla lotta all’intolleranza e alla discriminazione tenuta ieri a Vienna. A promuovere l’iniziativa la stessa Organizzazione sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, che si occupa anche della promozione e della tutela dei diritti e della democrazia.

Intolleranza contro i cristiani in Europa
Nel suo primo intervento mons. Urbańczyk ha ricordato che se, fortunatamente,  in Europa non si assiste alle brutali persecuzioni subite oggi da tanti cristiani in altre parti nel mondo, sono purtroppo in preoccupante aumento le manifestazioni di intolleranza, i crimini di odio e gli episodi di vandalismo nei loro confronti, insieme alle offese e agli insulti a causa delle loro convinzioni. Fenomeni che sono spesso sottovalutati, anche dai media. Non meno preoccupante – ha aggiunto il presule - l’aggressività di alcune campagne denigratorie nei confronti dei cristiani tacciati di bigottismo e intolleranza perché le loro opinioni non sono in linea con le ideologie oggi in voga. Contro questi fenomeni – ha rimarcato il rappresentante vaticano – la Santa Sede chiede “misure legislative adeguate” e dichiarazioni ufficiali analoghe alla quella adottata nel 2014 dal Consiglio ministeriale dell’Osce a Basilea sul potenziamento degli sforzi per combattere l’antisemitismo

L’educazione fondamentale per costruire ponti di pace e stabilità
Ma per contrastare la discriminazione e l’intolleranza – ha sottolineato mons. Urbańczyk alla seconda sessione della conferenza - occorre intervenire innanzitutto sull’educazione: “La Santa Sede – ha  affermato – è fermamente convinta che l’educazione sia uno strumento importante per costruire ponti di pace e stabilità e per fare dei nostri giovani costruttori di pace e promotori di un’autentica tolleranza e non discriminazione”. Fondamentale in questo senso è poi la promozione di un dialogo costruttivo nel dibattito pubblico. “Anche il dialogo interreligioso – ha aggiunto – sarebbe uno strumento utile a promuovere la comprensione e la fiducia reciproca per ridurre l’intolleranza e la discriminazione”.

Riscoprire la “cultura dell’incontro”
Nel terzo e ultimo intervento il rappresentante vaticano ha insistito ancora sull’importanza del dialogo, della comprensione e della fiducia reciproca e sul riconoscimento negli Stati europei del contributo delle religioni allo sviluppo della società.  Di qui in conclusione l’invito ai governi, ai credenti delle varie religioni e a tutti gli altri attori sociali a unire la loro voce in difesa della tolleranza e a riscoprire la “cultura dell’incontro” invocata da Papa Francesco. (A cura di Lisa Zengarini)

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S. Sede all'Onu: guerra in Sud Sudan causa grave crisi umanitaria

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In Sud Sudan, Paese flagellato da un conflitto che sta alimentando una delle più gravi crisi umanitarie, la già precaria situazione della popolazione continua a peggiorare. E’ quanto ha affermato l’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, mons. Ivan Jurkovič, intervenendo ieri, alla 26.ma Sessione Speciale del Consiglio dei diritti umani, incentrata sulla situazione dei diritti umani nel Paese africano.

Situazione sempre più grave
Mons. Jurkovič ha sttolineato che la delegazione della Santa Sede esprime gratitudine ai membri del Consiglio per la richiesta di una sessione speciale incentrata sul deterioramento della situazione dei diritti umani in Sud Sudan. L’Osservatore permanente della Santa Sede ha poi spiegato che la maggiore intensità della violenza - in uno scenario in cui le norme del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale sono state quasi del tutto ignorate – sta contribuendo al peggioramento della già precaria situazione della nazione sud sudanese.

Il dramma di un popolo di sfollati
Le conseguenze di questo conflitto – ha ricordato l’arcivescovo – si possono chiaramente vedere nella sofferenza della popolazione del Sud Sudan. Circa 2 milioni e 300 mila persone – in maggioranza donne e bambini – continuano a vivere il dramma di essere sfollate dalle loro case. Almeno 600 mila persone ­– il 70% sono minori non accompagnati - hanno cercato rifugio in Paesi vicini. Le stime indicano poi che tra i 5 e i 7 milioni di sud sudanesi continuano ad affrontare gravi problemi legati alla scarsità di cibo.

Prevalga il bene comune
Il conflitto – ha aggiunto mons. Jurkovič – ha provocato una delle più gravi situazioni umanitarie. Tale crisi – ha spiegato l’arcivescovo - deve essere affrontata immediatamente. Qualsiasi soluzione deve essere presa in considerazione e in particolare devono essere presi in esame anche i motivi e le cause che alimentano il conflitto.

Si ponga fine alle violenze
La delegazione della Santa Sede – ha detto il presule – rinnova l’appello di Papa Francesco per il Sud Sudan in con l’auspicio che le parti coinvolte e la comunità internazionale pongano fine elle violenze, al fine di garantire l’accesso agli aiuti umanitari, e che l’adoperarsi senza sosta per soluzioni pacifiche porti a far prevalere il bene comune sugli interessi particolari. La necessità – ha concluso  mons. Jurkovič – è quella di promuovere “una cultura dell’incontro” che implica, prima di tutto, il rifiuto dell’egoismo e la capacità di vedere l’altro non come un nemico, ma come un fratello. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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Ratzinger e il Concilio Vaticano II nel nuovo volume della Lev

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Il contributo di Joseph Ratzinger al Concilio Vaticano II è il tema dell’ultimo volume dell’opera omnia che raccoglie tutti gli scritti del Papa emerito. Il libro pubblicato dalla Lev con il coordinamento del card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, è il primo di due volumi sull’argomento e presenta gli interventi di Ratzinger prima, durante e immediatamente dopo il Concilio ed è stato presentato alla Pontificia Università Gregoriana. Il servizio di Michele Raviart

All’epoca trentacinquenne professore di teologia all’università di Bonn, Joseph Ratzinger nel 1962 venne a Roma per il Concilio Vaticano II come collaboratore del card. Josef Frings, arcivescovo di Colonia, una delle voci più autorevoli nella Chiesa del tempo. Già messosi in luce un anno prima per aver redatto a nome di Frings una relazione sul “Concilio e il pensiero moderno” particolarmente apprezzata da Papa Giovanni XXIII, Ratzinger  parteciperà come perito  a varie commissioni preparatorie, come spiega padre Federico Lombardi, presidente delle fondazione Ratzinger:

"Uno dei punti cruciali del suo contributo al Concilio riguarda la discussione sul tema della Rivelazione e il suo rapporto con la Scrittura e con la tradizione. Quello che era lo schema che era stato preparato dalle commissioni preparatorie fu criticato durissimamente da Ratzinger e fu veramente riformulato in un modo quasi completo. Altri punti molto significativi dell’intervento sono quelli che riguardano la collegialità episcopale, oppure anche la missionarietà della Chiesa, quella che poi sarebbe diventata la costituzione Gaudium et spes sul tema del rapporto tra il tema e il mondo".

Testimone del periodo preconciliare, parte attiva nella stesura dei documenti finali e protagonista della vita della Chiesa prima come prefetto per la Dottrina della fede e poi come Papa Benedetto XVI, Ratzinger rappresenta “un’ermeneutica della continuità e della riforma” per una Chiesa che rimane un soggetto unitario prima e dopo il Concilio. Come ha spiegato il card. Gerhard Ludwig Müller, quella di Ratzinger è una visione che rimane attuale ancora oggi, perchè supera una “strumentalizzazione ideologica” tra scettici ed entusiastici del Concilio che ha generato una Babele “su varie questioni di fede e di morale”

"Lui ha avuto un ruolo molto importante, è l’unica persona viva che comprende tutte le dimensioni, prima e durante e dopo il Concilio. Chiaramente questo grande evento della recente storia della Chiesa influisce anche sul pontificato di Papa Francesco, per esempio con la Gaudium et spes, con la dimensione dei poveri, degli emarginati, delle periferie, di cui già parla il Concilio".

I testi del volume “L’insegnamento del Concilio Vaticano II” sono stati tradotti ex-novo dal tedesco per questa edizione e raccolgono documenti dal 1961 al 1966. Chiudono il volume gli scritti di Ratzinger sul card. Frings, padre spirituale del futuro Papa e che gettano una luce sulla collaborazione tra i due.

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Assegnato alla Radio Vaticana il Premio giornalistico Amerigo

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L’ottava edizione del Premio giornalistico Amerigo, promosso anche dal Consolato degli Stati Uniti a Firenze, vede la Radio Vaticana tra coloro che hanno ricevuto il riconoscimento per la particolare attenzione rivolta alla realtà americana. Tra gli altri premiati: l’Agenzia Ansa, “Il Corriere della Sera” e l’Ispi. Menzione speciale per Mario Calabresi, direttore de “La Repubblica”. Da Firenze, il nostro inviato Giancarlo La Vella

Il Premio Amerigo alla Radio Vaticana - si legge nella motivazione - viene conferito ad una grande istituzioni religiosa, una delle più importanti e autorevoli fonti di informazione, al di sopra delle parti su quanto accade nel mondo. In particolare – prosegue il testo – il Premio vuole sottolineare l’attenzione della Radio Vaticana nell’informazione dagli Stati Uniti, sia per quanto riguarda gli aspetti della vita socio-culturale ma anche politica e religiosa. Punto di forza dei notiziari internazionali grazie anche all’attività della collaboratrice dell’emittente della Santa Sede da New York, Elena Molinari, corrispondente di “Avvenire”, la quale – con il suo impegno quotidiano – diffonde, commenta e approfondisce con professionalità le notizie che arrivano dagli Stati Uniti d’America.

A fare da sfondo alla cerimonia di premiazione lo storico discorso del Presidente Roosevelt, nel 1941, sulle quattro libertà: di religione, di opinione, dal bisogno e dalla paura. Valori, questi, che da sempre sono stati al centro dell’attenzione informativa della Radio Vaticana. “Dove non ci sono queste ed altre libertà – è stato detto alla consegna del Premio – c’è povertà, discriminazione, persecuzione”. La Radio Vaticana avverte profondamente questo debito di informazione per le realtà più disagiate. E se vogliamo un mondo migliore – come più volte sottolineato da Papa Francesco – non le si può mai trascurare.

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Oggi in Primo Piano



Siria: iniziata evacuazione di Aleppo Est. 10mila in fuga verso Idlib

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Sono ore concitate ad Aleppo dove è in corso l’evacuazione della parte est della città ancora sotto il controllo dei ribelli. Pullman e ambulanze stanno trasferendo i ribelli e le loro famiglie lungo un corridoio umanitario. Intanto sul fronte internazionale è stato annunciato per il prossimo 27 dicembre a Mosca un summit fra Russia, Turchia e Iran. Il servizio di Marco Guerra: 

Le operazioni per l’evacuazione di Aleppo est sono cominciate in tarda mattinata e un primo gruppo di persone ha lasciato la città ed è già arrivato nelle zone a ovest dell'omonima provincia. I primi ad essere portati in salvo sono stati i feriti, alcune dei quali in gravi condizioni, raccolti da decine di ambulanze. In azione anche il comitato internazionale della Croce Rossa e la Mezzaluna siriana. Secondo Damasco e Mosca,  sono tra i quattromila e i cinquemila i combattenti e circa novemila i civili – in buona parte familiari dei miliziani - che abbandoneranno questi quartieri. Per l’occasione è stato creato un corridoio umanitario di 21 chilometri che porta in alcune località controllate dai ribelli nella provincia di Idlib. Contemporaneamente le forze governative siriane sono entrate con i bulldozer nei quartieri assediati per rimuovere i sacchi di sabbia e ripulire l'area. Si muove anche la diplomazia, il presidente del Consiglio europeo Tusk ha incontrato oggi  il sindaco di Aleppo a Bruxelles. Russia, Turchia e Iran annunciano un summit sulla Siria il 27 dicembre a Mosca. Ma intanto il portavoce di Putin ha accusato gli Stati Uniti di non partecipare alla soluzione della crisi ad Aleppo, mentre il vice ministro degli esteri russo Sergei Ryabkov ha annunciato la sospensione dei colloqui a Ginevra fra Washington e Mosca.

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Siria. Appello vescovi francesi: proteggere i civili di Aleppo

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Dopo la lettera di Papa Francesco al Presidente siriano Assad e il suo appello ad “impegnarsi con tutte le forze per la protezione dei civili…. è un obbligo imperativo e urgente!”, scendono in campo per la popolazione di Aleppo anche i vescovi francesi. In una dichiarazione diffusa questa mattina e ripresa dall'agenzia Sir, il Consiglio permanente della Conferenza episcopale francese (Cef) esprime viva preoccupazione per la situazione della popolazione di Aleppo. 

Il gioco strategico delle potenze presenti ignora completamente la dimensione umana
“Mentre la comunità internazionale si limita a dichiarazioni di indignazione – scrivono i presuli -, il gioco strategico delle potenze presenti ignora completamente la dimensione umana. Le persone sono schiacciate sotto le bombe, costrette all’esodo, uccise”. Oggi, prosegue la denuncia dei vescovi, “sono prive di tutto: la situazione umanitaria è terribile”. “Con Papa Francesco – si legge ancora nella dichiarazione, la cui prima firma è quella di mons. Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia e presidente della Cef - la Conferenza dei vescovi di Francia rivolge un appello “ad impegnarsi con tutte le forze per la protezione dei civili…. è un obbligo imperativo e urgente!”. 

Dobbiamo accogliere e accompagnare i rifugiati siriani nel lungo periodo
Secondo i vescovi, “questa situazione rimette tutti noi, eletti, responsabili e cittadini , davanti alle nostre responsabilità nei confronti dell’accoglienza dei migranti e degli stranieri. Non possiamo chiudere gli occhi sulla situazione dei rifugiati nel nostro Paese. Dobbiamo accoglierli e accompagnarli nel lungo periodo. Per migliaia di persone, questa situazione è spesso indegna, in particolare nell’Ile-de-France dove, sotto l’apparenza di prendersene cura, ci si accontenta di spostarli di qualche chilometro”. 

I vescovi chiamano tutti i francesi a mostrarsi solidali con quelli che soffrono
Mentre si avvicina il Natale, i vescovi chiamano tutti i francesi a “non abbassare le braccia e a mostrarsi solidali con quelli che soffrono, vicini e lontani”. A firmare il documento, oltre a mons. Pontier, sono i due vice-presidenti Pierre-Marie Carrè e Pascal Delannoy, e gli altri sette membri del Consiglio permanente. (R.P.)

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Egitto: Imam al Azhar visita Patriarca Tawadros dopo strage in chiesa

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Lo Sheikh Ahmed al Tayyib, Grande Imam di al Azhar, ha guidato la delegazione di alto livello del grande Centro teologico sunnita che ieri si è recata in visita alla sede del patriarcato copto ortodosso per portare le proprie condoglianze al Patriarca Tawadros II e a tutta la Chiesa copta, dopo ha strage compiuta domenica scorsa nella cappella di Boutroseya, annessa alla cattedrale copta di San Marco, che ha provocato la morte di almeno 26 persone. 

Un attacco contro l'unità del popolo egiziano
Il bersaglio degli attacchi terroristici, che “non fanno distinzione tra cristiani e musulmani” - ha rimarcato il leader sunnita - è “l'unità del popolo egiziano”, mentre le agenzie del terrore che insanguinano l'Egitto hanno le loro basi “all'estero” e il loro delirante disegno finisce per travolgere anche quelli – forze e gruppi di potere - che all'inizio avevano garantito loro coperture e complicità. Il Patriarca Tawadros, dal canto suo, ha fatto riferimento ai 14 secoli di convivenza tra cristiani e musulmani vissuti in Egitto, una lunga storia che li aiuta anche a a affrontare insieme anche le prove e le tribolazioni da sopportare per costruire la Patria comune.

L'attentato rivendicato dall'Is
Intanto sono stati diffusi via internet messaggi dell'autoproclamato Stato Islamico (Daesh) che rivendicano la strage dei copti, esaltando il kamikaze Abu Abdullah per essersi fatto esplodere “tra i crociati, causando 80 tra morti e feriti''. (G.V.) 

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Indonesia, processo a governatore. Nunzio: ci sia armonia tra le fedi

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Il governatore di Giakarta, il cristiano di etnia cinese Basuki Tjahaja Purnama, è stato condotto in tribunale con l'accusa di blasfemia, per via di alcune dichiarazioni che hanno provocato sollevazioni popolari da parte delle opposizioni di fede musulmana. La seconda parte del processo si terrà il 20 dicembre. A proposito della vicenda Francesco Gnagni ha intervistato il nunzio apostolico in Indonesia mons. Antonio Guido Filippazzi

R. – A Giakarta vi sono state due grandi manifestazioni promosse da gruppi islamici: la prima per mettere sotto accusa il governatore stesso, come poi è avvenuto, perché è stato incriminato; e la seconda per chiedere che, già in attesa del processo, egli venisse incarcerato. Il processo si è aperto il giorno 13, con una udienza in cui il governatore ha ribadito di non aver voluto assolutamente offendere l’islam e in cui ha ricordato i suoi legami con l’islam; ha anche pubblicamente pianto. Quindi è stato un momento anche molto emotivo. La prossima udienza si svolgerà il 20 dicembre, ma è difficile prevedere quanto durerà il processo, come si concluderà… Insomma, la fase è ancora tutta aperta e incerta. Certamente, stando qui a Giakarta, soprattutto nei giorni precedenti le manifestazioni di cui ho detto prima, si respirava un'aria di grande tensione, ma anche di un certo timore, perché la prima manifestazione aveva registrato – alla fine – anche degli scontri fra manifestanti e Forze di Polizia ed atti di violenza, che si temeva si potessero ripetere anche il 2 dicembre: cosa che non è avvenuta. Si può dire che in molti appartenenti alla popolazione islamica c’è un sentimento di ostilità verso il governatore; ma nelle minoranze non islamiche vi è il timore che ci possano essere contro di esse atti discriminatori o violenti. Sembra un po’ compromettersi quella atmosfera di armonia sociale e religiosa che si dice caratterizzi l’Indonesia. Sul prossimo Natale un po’ pesa questa ombra… Anche se dopo alcuni atti discriminatori verso i cristiani, tutti si sono affrettati ad affermare che sarà un Natale in cui i cristiani potranno liberamente celebrare la nascita del Signore Gesù.

D. – Eppure sembra che durante il suo mandato, il governatore abbia fatto costruire diverse moschee, assieme anche ad altre varie iniziative a favore dei musulmani. Come si potrebbero spiegare, quindi, questi attacchi?

R. – E’ vero quello che lei dice ed è vero anche che, in generale, la sua amministrazione è stata apprezzata per l’efficienza, per la capacità di realizzazione. Va anche ricordato che, a volte, il governatore è un po’ forte nel suo modo di parlare e quindi si è creato delle ostilità per alcuni interventi molto decisi. D’altra parte, ci sono dei gruppi che sin dall’inizio hanno periodicamente manifestato contro il governatore. C’è poi la questione politica, la questione di chi governerà Giakarta: qui c’è chi dice che, in fondo, la questione non sarebbe tanto religiosa quanto l’accusa religiosa sarebbe un pretesto per eliminare un candidato che, prima di questa vicenda era considerato vincente.

D. – Qual è il suo augurio? Qual è la speranza?

R. – L’augurio è che si ritorni a quello che costituisce spesso la fierezza dell’Indonesia: essere cioè il più grande Paese islamico del mondo, in cui però possono convivere pacificamente cittadini che appartengono a diverse religioni e a diverse etnie. L’auspicio è che si ricomponga e si consolidi questo equilibrio, questa armonia che fa sì che l’Indonesia sia stata guardata e sia guardata tuttora come un Paese, in qualche modo, esemplare. 

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India: violenze e abusi sui cristiani in vista del Natale

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Nuove violenze compiute con l’approssimarsi del Natale, destano preoccupazione e sconcerto nella comunità cristiana indiana. Secondo informazioni raccolte dall'agenzia Fides, ieri un gruppo di circa 30 militanti induisti ha attaccato un gruppo di fedeli cattolici a Tikariya, villaggio appena fuori la città di Banswara, nello Stato del Rajasthan, percuotendo il sacerdote cattolico Stefphan Rawat, le donne e gli altri cristiani. Come riferito a Fides da Sajan K George, presidente del Consiglio globale dei cristiani indiani (Gcic), i cattolici come da tradizione stavano girando per le strade del villaggio cantando canti natalizi, i tradizionali “carol”, in una mini processione avviata alla fine della Messa . Gli estremisti armati di bastoni e manganelli li hanno raggiunti e percossi con violenza, in spregio alla libertà di culto garantita dalla costituzione indiana.

Altre violenze subite dai cristiani nello Stato di Chhattisgarh
Tra gli altri recenti atti di ingiustificata violenza, quello avvenuto agli inizi di dicembre su una donna cristiana nello Stato di Chhattisgarh: Samari Kasabi, 55 anni, cristiana del villaggio di Dokawaya, è stata uccisa in un attacco brutale che ha costretto altri cristiani a convertirsi all'induismo per paura di essere assassinati. Kasabi è stata denudata, picchiato a morte e poi bruciata dai suoi vicini di casa in una notte di terrore. La folla dei militanti era alla ricerca di suo figlio Sukura, 35 anni, e della sua famiglia ma, non trovandola, hanno deciso di uccidere Samari. La polizia locale ha arrestato il capo del villaggio per due giorni, prima di rilasciarlo senza accusa. In precedenza altri membri della famiglia erano stati rapiti dai naxaliti, gruppo di guerriglieri comunisti indiani, mentre stavano pregando per i malati e i bisognosi nel loro villaggio. I membri della famiglia raccontano di esser stati ripetutamente perseguitati.

Per Natale i cristiani chiedono alle forze di sicurezza di vigilare
Anche nell’altro stato del Madhya Pradesh, in India centrale, nei giorni scorsi alcuni estremisti indù hanno attaccato una chiesa protestante e colpito con pietre i fedeli durante una liturgia. E alcune statue sacre, come quelle di sant’Antonio e S. Lorenzo all'interno della chiesa cattolica di Nostra Signora della Salute nel distretto di Udupi, nello stato di Karnataka, sono state profanate e distrutte da vandali nella notte dell’11 dicembre. Il Consiglio globale dei cristiani indiani (Gcic) sta documentando una serie di incidenti e di violenze sui cristiani in India, in particolare negli stati di Karnataka e in Orissa, proprio in prossimità del Natale. Per questo chiede alle forze di sicurezza di garantire la protezione necessaria perché “la piccola e vulnerabile comunità cristiana possa pregare e celebrare in pace e sicurezza questo tempo santo del Natale”.

Il governo centrale accusato di ignorare gli attacchi contro le minoranze
​In India i cristiani sono circa il 2,5% della popolazione mentre l'80% degli 1,3 miliardi di abitanti si professa indù. La conversione al cristianesimo è espressamente vietata per legge in cinque Stati indiani. Il governo indiano a livello federale, guidato dal Bharatiya Janata Party (Bjp), partito nazionalista indù, è accusato di chiudere un occhio sugli attacchi contro le minoranze religiose nel Paese. (P.A.)

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Vescovi Portogallo: Lettera pastorale per il centenario di Fatima

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Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale portoghese (Cep) ha dato il via libera alla pubblicazione della Lettera pastorale per il Centenario delle Apparizioni della Vergine di Fatima ai tre pastorelli, discussa lo scorso novembre durante la 190.ma Assemblea plenaria dei vescovi

Rilanciare l'attualità del messaggio di Fatima
Il documento - ha spiegato ai giornalisti segretario della Cep , padre Manuel Joaquim Gomes Barbosa, citato dall’agenzia Ecclesia - si propone di aiutare i fedeli a vivere questo evento "con gioia" e di "rilanciare l'attualità del messaggio di Fatima" e l’"impegno per l'evangelizzazione". I vescovi – ha precisato - vogliono richiamare l’attenzione sul "senso profetico"  dell’invito alla "conversione" e alla “lotta contro il male" contenuto nel messaggio affidato dalla Madonna ai tre bambini  Lucia Dos Santos e Francesco e Giacinta Marto.

Al centro della lettera una riflessione sul messaggio centrale di Fatima
La Lettera, che sarà pubblicata nei prossimi giorni,  è articolata in quattro sezioni. La prima introduttiva ripercorre brevemente la storia del centenario del “grande evento”. Quindi il testo parla del Messaggio come una "benedizione fruttuosa" per la Chiesa e per il mondo e, dopo essersi soffermato sui suoi punti essenziali, lo definisce “un dono e un invito" a viverlo a livello personale e comunitario. L'ultima parte della lettera pastorale, infine, propone Fatima nella prospettiva del futuro  “della Chiesa del Portogallo e del mondo", sottolineando il "volto materno della Chiesa" e "l’annuncio profetico della misericordia e della pace." Già nel comunicato finale dell’assemblea dei vescovi portoghesi , il patriarca di Lisbona e  presidente della Cep card. Manuel Clemente aveva sottolineato che la Lettera pastorale vuole essere una riflessione su quanto accaduto nel 1917, ma soprattutto sul messaggio centrale di Fatima: un’esortazione a tornare al Vangelo.

La prima apparizione della Vergine a Fatima il 13 maggio 2017
La prima delle sei apparizioni della Madonna nella Cova da Iria a Fatima, allora un villaggio sperduto sugli altipiani dell'Estremadura, avvenne 13 maggio 1917. Il 13 ottobre 1930 il vescovo di Leira dichiarò  “degne di fede” le visioni dei tre bambini, autorizzando il culto alla Madonna di Fatima.  Pio XII,  nel 1942, consacrò il mondo al Cuore Immacolato di Maria, mentre Giovanni Paolo II attribuì alla Vergine di Fatima l'intercessione per essersi salvato dall'attentato del 13 maggio 1981 in piazza San Pietro. (A cura di Lisa Zengarini)

 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 350

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.