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Sommario del 17/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Messa per gli 80 anni. Francesco: la mia vecchiaia sia gioiosa e feconda

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Una vecchiaia gioiosa e feconda, tranquilla e religiosa. E’ quanto Papa Francesco ha chiesto al Signore, nel giorno del suo 80.mo compleanno, al termine della Messa celebrata nella Cappella Paolina con i cardinali residenti a Roma. Il Pontefice ha inoltre auspicato che la sua vecchiaia sia “sede di saggezza”. Prima del pensiero sul suo compleanno, il Papa aveva sottolineato nella sua omelia che la vita cristiana è un cammino intenso verso l’incontro definitivo con Gesù. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale decano Angelo Sodano che ha manifestato la gioia di tutto il Collegio Cardinalizio per questa lieta ricorrenza. Il servizio di Alessandro Gisotti

Racconta un aneddoto Papa Francesco, per condividere i suoi sentimenti nel giorno del suo 80.mo compleanno. Da alcuni giorni, confida, “mi viene in mente una parola, che sembra brutta: vecchiaia”.

Speriamo che la mia vecchiaia sia sede di saggezza
Una parola, soggiunge, che “spaventa”. Riferisce così di un prelato, mons. Cavaliere, che gli ha regalato in questi giorni il De senectute di Cicerone. “Una goccia in più”, commenta scherzando. Poi aggiunge una riflessione:

“Ricordo quello che ho detto a voi il 15 marzo [2013], nel nostro primo incontro: ‘La vecchiaia è sede di saggezza’. Speriamo che anche per me sia questo. Speriamo che ci sia così!”.

Chiedo una vecchiaia gioiosa e feconda
Cita poi un passo di un autore latino che parlava della vecchiaia che ti arriva addosso “con passo silenzioso”:

“E’ un colpo! Ma quando uno la pensa come una tappa della vita che è per dare gioia, saggezza, speranza, uno ricomincia a vivere. E mi viene in mente anche un’altra poesia che vi ho citato quel giorno a voi: «La vecchiaia è tranquilla e religiosa» – «Es ist ruhig, das Alter, und fromm» [Hölderlin]. Pregate perché la mia sia così: tranquilla, religiosa e feconda. E anche gioiosa".

Guardare sempre al nostro cammino di fede
Prima del pensiero sul suo compleanno, il Papa – nell’omelia – si era soffermato sul passo del Vangelo odierno che parla della genealogia di Gesù. Un passo, ha osservato, che fa pensare alla “grazia della memoria”, la grazia di “non dimenticare”:

"E’ proprio dell’amore il non dimenticare; è proprio dell’amore l’avere sempre sotto gli occhi tanto, tanto bene che abbiamo ricevuto; è proprio dell’amore guardare la storia: da dove veniamo, i nostri padri, i nostri antenati, il cammino della fede… E questa memoria ci fa bene, perché rende ancora più intensa questa vigilante attesa del Natale".

Questa, ha ripreso, è la grazia di oggi: "fare memoria" e ricordarsi, leggendo il passo del Vangelo di oggi, che "c'è una storia di grazia", ma pure "una storia di peccato":

"Qui, nella storia della salvezza ci sono grandi peccatori, in questa genealogia (cfr Mt 1,1-17), e ci sono dei santi. E anche noi, nella nostra vita, troveremo lo stesso: momenti di grande fedeltà al Signore, di gioia nel servizio, e qualche momento brutto di infedeltà, di peccato che ci fa sentire il bisogno della salvezza. E questa è anche la nostra sicurezza, perché quando noi abbiamo bisogno di salvezza, noi confessiamo la fede, facciamo una confessione di fede: 'Io sono peccatore, ma Tu puoi salvarmi, Tu mi porti avanti'. E così si va avanti nella gioia della speranza".

La vita cristiana è un cammino verso l’incontro con Gesù
Nell’Avvento, ha detto ancora, “abbiamo incominciato a percorrere questo cammino, aspettando in vigilante attesa il Signore”. Oggi, ha soggiunto, “ci fermiamo, guadiamo indietro, vediamo che il cammino è stato bello, che il Signore non ci ha delusi, che il Signore è fedele”. Di qui l’esortazione ad andare avanti:

"E questa è la vita cristiana: vai avanti, verso l’incontro definitivo. Questo cammino di tanta intensità, in vigilante attesa che venga il Signore, non ci tolga mai la grazia della memoria, di guardare indietro tutto quello che il Signore ha fatto per noi, per la Chiesa, nella storia della salvezza. E così capiremo perché oggi la Chiesa fa leggere questo passo che può sembrare un po’ noioso, ma qui c’è la storia di un Dio che ha voluto camminare con il suo popolo e farsi, alla fine, un uomo, come ognuno di noi".

Stare tranquilli, fidarsi del Signore senza lamentele
Che il Signore ci aiuti a riprendere questa grazia della memoria, ha concluso il Papa, e se ci sembra che abbiamo “tanti problemi”, ricordiamoci di stare tranquilli, di andare avanti con fiducia:

"L’autore della Lettera agli Ebrei ha una frase bellissima per le nostre lamentele, bellissima: 'Stai tranquillo, ancora non sei arrivato a dare il sangue' (cfr 12,4). Anche un po’ di umorismo, da parte di quell’autore ispirato, per aiutarci ad andare avanti. Il Signore ci dia questa grazia".

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Papa fa colazione con i senzatetto, auguri da tutto il mondo

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A porgere per primi gli auguri al Papa per i suoi 80 anni sono stati stamane alcuni senzatetto arrivati nella Casa Santa Marta, dove Francesco li ha accolti, invitandoli poi a fare colazione con lui. Ad accompagnarli mons. Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio. Parole di affetto, stima, simpatia, incoraggiamento e gratitudine sono arrivate a Papa Francesco da personalità e persone semplici di tutto il mondo. Quasi 50 mila gli auguri di compleanno giunti via posta elettronica, in numerosissime lingue, più di mille anche in latino. Il servizio di Roberta Gisotti

Tre mazzi di girasole: primo regalo della giornata per il Papa da otto senzatetto, che gravitano intorno a San Pietro, quattro italiani, due rumeni, un moldavo e un peruviano, accolti con calore da Francesco, che ha offerto loro dei dolci argentini. Tante nel mondo le iniziative benefiche a sottolineare questo evento, nello spirito di Francesco, sempre accanto ai poveri. In molte mense di Roma è offerto a nome del Papa un dolce di compleanno, così anche ai rifugiati ospiti dal Centro Astalli, e in vari dormitori viene dato un piccolo dono, con un’immagine ricordo del Natale. Dall’Unitalsi sono arrivati a Francesco 5 buoni per un viaggio a Lourdes, da destinare ad una famiglia di cristiani perseguitati. Nella città natale di Francesco, a Buenos Aires, festa ovunque nelle grandi chiese dei quartieri residenziali e nelle piccole cappelle delle bindoville della sperduta periferia.

Tra i grandi del mondo, il presidente degli Stati Uniti Obama, loda "l’umiltà” di Papa Francesco, auspicando sia "guida alle persone di tutto il mondo” per “procedere insieme verso la vera giustizia e pace”. In particolare Obama si dice “grato” per il sostegno di Francesco alla normalizzazione dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. Dall’Italia gli auguri del presidente Mattarella, sottolineano come il Giubileo della Misericordia abbia portato “un messaggio di speranza e riconciliazione di formidabile intensità” e come le visite di Francesco in tanti Paesi del mondo abbiano “contribuito a rafforzare il dialogo e i vincoli di fratellanza e solidarietà fra popoli e nazioni diverse”. Innumerevoli i messaggi augurali via internet, anche sui social, con tante foto postate con il Papa, tra queste quelle del presidente del Senato, Grasso. E ancora la presidente della Camera, Boldrini, a nome di tutti i deputati, scrive in un telegramma: “Nessuno può chiamarsi fuori dalla costante azione condotta dal Papa per debellare il virus dell'indifferenza”, “in tempi difficili” per “la comunità umana”, attraversata da derive individualiste, guerre, persecuzioni, fanatismi e diseguaglianze.

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Gli auguri dei fedeli: Papa Francesco noi preghiamo per te!

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“Vi ringrazio per il vostro affetto. Non dimenticatevi di pregare per me”. In un tweet il Papa ringrazia tutti coloro che gli hanno fatto gli auguri in occasione del suo 80.mo compleanno. In questo giorno speciale si vive un clima molto festoso anche a Piazza San Pietro. Ascoltiamo gli auguri dei fedeli raccolti da Marina Tomarro

R. – (Bambini) Buon compleanno Papa Francesco! Ti vogliamo bene!

R. – Gli auguro grande felicità, che possa sostenerci nella fede come fa ora.

R. – Tanti auguri per Papa Francesco perché sta facendo tante cose belle, che il Signore lo aiuti e noi preghiamo sempre per il Papa che prega per il popolo.

R. – Gli auguriamo tante belle cose. Noi preghiamo sempre per lui.

R. -  Lo ringraziamo sempre perché accoglie sempre tanta gente.

D. – C’è un gesto di Papa Francesco che le è rimasto particolarmente nel cure?

R. – L’ho visto quando si rivolgeva con la lingua dei segni ai sordomuti; quello è stato un gesto molto bello, molto importante.

R. – Mi viene alla mente, come una fotografia, quando è sceso qui in piazza per confessare. Proprio in questi giorni è un invito alla conversione; vedendo la povertà di Gesù dobbiamo veramente convertirci.

R. – Sicuramente l’atteggiamento paterno, che per ognuno di noi deve essere da esempio.

R. – Mi resta nel cuore quando ci dice che non dobbiamo mai perdere la speranza. 

R. – Accoglie sempre i malati.

R. – (Ragazzi) Feliz cumpleaños Papa Francisco!

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Papa a Nomadelfia: bambini e anziani costruiscono futuro dei popoli

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Date alla società l'importante esempio di sollecitudine e tenerezza in particolare verso bambini e anziani. Così il Papa nel suo discorso ai circa 330 membri della Comunità Nomadelfia, ricevuti stamani in Sala Clementina, in Vaticano. Francesco richiama l'esperienza del fondatore, don Zeno Saltini, e sottolinea che chi accoglie i deboli, ama Cristo. Il suo intervento è stato preceduto dalle testimonianze del presidente di Nomadelfia e di diversi membri della Comunità. Il servizio di Debora Donnini

“Il vostro patrimonio spirituale è legato in modo speciale alla vita di fraternità, caratterizzata in particolare dall’accoglienza ai bambini e dalla cura tutta speciale per gli anziani”. La Comunità di Nomadelfia, che vive vicino Grosseto, è infatti costituita da famiglie e laici cattolici, che accolgono bambini in affido, hanno tutti i beni in comune, lavorano all'interno e non sono pagati. Francesco chiede, dunque, di proseguire su questa strada:

“Vi incoraggio a dare alla società questo esempio di sollecitudine e di tenerezza tanto importante. I bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli: i bambini, perché porteranno avanti la storia; gli anziani, perché trasmettono l’esperienza e la saggezza della loro vita. Non stancatevi di coltivare e alimentare questo dialogo tra le generazioni, facendo della fede la vostra stella polare e della Parola di Dio la lezione principale da assimilare e vivere nella concretezza della vita quotidiana”

“Sarete così capaci - sottolinea - di imitare sempre più la prossimità di Dio agli uomini e contemplare nel volto delle persone più fragili l’immagine di Gesù Bambino”.

Don Zeno, testimone coraggioso della carità
Francesco ricorda il fondatore, don Zeno Saltini, che “pur tra difficoltà e incomprensioni –  sottolinea – è andato avanti fiducioso” per portare la buona semente del Vangelo, anche nei terreni più aridi:

“E ci è riuscito! La vostra comunità di Nomadelfia ne è la prova. Don Zeno si presenta a noi oggi come esempio di fedele discepolo di Cristo che, ad imitazione del divino Maestro, si china sulle sofferenze dei più deboli e dei più poveri diventando testimone di una carità inesausta. Il suo coraggio e la sua perseveranza vi siano di guida nel vostro quotidiano impegno di far fruttificare i germi di bene che egli ha abbondantemente seminato, animato da passione evangelica e sincero amore alla Chiesa”. 

Chi accoglie i deboli, ama Gesù Cristo
Francesco ricorda infatti che chi avrà nutrito o accolto un povero, avrà amato lo stesso Figlio di Dio e chi, al contrario, avrà respinto o dimenticato uno dei più deboli, “avrà trascurato Dio stesso”. Nel Natale, Dio si rivela non come colui che sta in alto, ma colui che si abbassa, assumendo l’aspetto fragile di un bambino. In questo modo Dio insegna che “non dobbiamo metterci al di sopra degli altri” ma che “siamo chiamati ad abbassarci, a servire con amore i più deboli” perché se Dio, tramite la venuta di suo Figlio, si è coinvolto con l’uomo fino “a farsi come uno di noi, eccetto il peccato”, ne consegue che “qualunque cosa avremo fatto a uno dei più piccoli l’avremo fatta a Lui”.

Le testimonianze di membri di Nomadelfia
Un dipinto variegato di cosa sia Nomadelfia era stato offerto prima dai suoi stessi membri. “Siamo un popolo di volontari cattolici, che cercano di realizzare una civiltà nuova fondata sul Vangelo”, dice Francesco Materazzo, il presidente della Comunità, al Papa: il legame fra famiglie e singoli è dato dalla fede. Quindi interviene una cosiddetta “Mamma di Vocazione”, cioè una donna che unisce verginità e maternità accogliendo e portando all’età adulta i ragazzi, come fece Irene, la prima a diventare “Mamma di Vocazione” di alcuni ragazzini che don Zeno aveva accolto come “figli” nella canonica. Poi, nel Dopoguerra, tante famiglie si sono aperte a questa missione, disponibili ad accogliere figli in affido accanto ai propri. La famiglia di Nomadelfia non vive isolata ma assieme ad altre 3 o 4 famiglie, spiega poi una sposa, si condividono pasti e attività mentre in casette indipendenti c’è la zona notte dei singoli nuclei familiari. Profondo l’aiuto fra loro nella cura dei bambini. A Nomadelfia non circola denaro ma ciascuno riceve secondo sobrietà ciò di cui ha bisogno per vivere: ogni lavoro viene fatto per produrre i beni necessari a tutti, spiega un uomo. E ancora un ragazzo racconta davanti al Papa come sono le scuole a Nomadelfia. Non ci sono voti, i più capaci aiutano coloro che fanno più fatica. Una giovane si sofferma invece sulle Serate di Nomadelfia, durante l’estate, quando si porta sulle piazze d’Italia la proposta di una società fraterna. Infine don Ferdinando, successore di don Zeno parla del cuore dell’esperienza, chiede la benedizione del Papa perché dopo la morte di don Zeno e di “mamma” Irene, “abbiamo bisogno - dice - della mano di Dio per andare avanti”. “Una sua visita” ci confermerebbe nel cammino, dice al Papa aprendo anche alla disponibilità ad affrontare nuove emergenze della società:

“Le emergenze migratorie di questi tempi mettono in evidenza quanto sarebbe benefica la presenza di famiglie come le nostre, aperte all’accoglienza di minori. Se il Signore ci apre porte e cammini noi siamo disponibili ad entrarvi e a percorrerli”.

“Voi siete naufraghi salvati”, diceva infatti don Zeno ai primi “figli” che prese con sé. E aggiungeva: “Il Signore vuol fare di noi un popolo di salvatori di naufraghi”.

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Papa a Fatima il 12 e 13 maggio 2017 nel centenario delle apparizioni

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E’ ufficiale: Papa Francesco si recherà il prossimo anno in pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Fátima, in occasione del centenario delle Apparizioni della Beata Vergine Maria alla Cova da Iria. Lo rende noto della Sala Stampa vaticana. Accogliendo l’invito del Presidente della Repubblica e dei Vescovi portoghesi, il Papa sarà a Fatima dal 12 al 13 maggio 2017.

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Papa riceve presidente Malta: migrazioni e Ue al centro del colloquio

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Francesco ha ricevuto oggi in udienza il presidente della Repubblica di Malta, la signora Marie-Louise Coleiro Preca. Nel corso dell’incontro, riferisce una nota della Sala Stampa Vaticana, “sono state evocate le buone relazioni che intercorrono tra la Santa Sede e Malta, soffermandosi in particolare sul contributo peculiare della religione cattolica nella formazione dell’identità del Paese e sul ruolo rilevante che la Chiesa ha nel favorire il progresso umano e culturale della società”.

Unione Europea e migrazioni al centro del colloquio
La conversazione, sottolinea il comunicato, “è quindi proseguita con uno scambio di vedute sulle principali questioni di carattere internazionale e regionale, anche in vista della prossima presidenza di turno maltese dell’Unione Europea, con speciale riferimento al fenomeno migratorio, ai conflitti in corso nell’area mediterranea e all’importanza del dialogo tra le religioni e le culture”.

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Le altre udienze e nomine del Papa

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Le altre udienze e nomine di Papa Francesco. Consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Il grazie dei bambini centrafricani per l'aiuto all'ospedale di Bangui

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I bambini del Centrafrica ringraziano il Papa e quanti partecipano all’iniziativa del Concerto di beneficenza con Claudio Baglioni, stasera alle 20.30 in Vaticano. L’obiettivo è sostenere un ospedale pediatrico a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, e le vittime del terremoto in Centro Italia. Oltre ai 500 mila euro già raccolti con i biglietti, sarà possibile donare con un sms al numero 45523. Il concerto, che celebra anche i 200 anni della Gendarmeria vaticana, sarà trasmesso a reti unificate da Rai, Rtl e Radio Vaticana. Sulla realtà di quest’ospedale, ascoltiamo, al microfono di Sergio Centofanti, don Mathieu Bondobo, vicario generale della Diocesi di Bangui, che ha accompagnato Papa Francesco durante il suo viaggio in Centrafrica nel novembre dell’anno scorso: 

R. – L’ospedale pediatrico di Bangui è l’unico, per il momento, che cura i bambini non solo nella capitale ma in tutto il Paese: c’è purtroppo questa difficoltà di assistenza pediatrica in Centrafrica … Quindi, da tutto il Paese portano i bambini a Bangui per curarli. Quest’ospedale pediatrico funziona male, perché manca quasi tutto. Quando Papa Francesco è venuto a Bangui, uno dei posti che ha visitato è stato proprio l’ospedale pediatrico e il responsabile ha spiegato al Santo Padre lo stato in cui si trova questo ospedale. Il Santo Padre l’ha ascoltato con grande attenzione, ha salutato ogni bambino malato che si trovava lì con una carezza bella, rassicurando questi bambini che, malgrado la situazione precaria e difficile, lui era lì per dare sollievo e sostegno. Da quel momento, il Santo Padre ha voluto fare qualcosa per quest’ospedale pediatrico. Da lì è nato questo progetto che stiamo vivendo.

D. – Tu eri con il Papa quando ha visitato l’ospedale pediatrico, perché durante il viaggio traducevi le sue parole nella lingua locale, il sango

R. – Giusto. Anch’io, accanto al Santo Padre, vedevo quella realtà che è la realtà del mio Paese, e quindi la stessa commozione che sentiva il Santo Padre la sentiva ognuno di noi che stava accanto a lui in quel momento: ognuno vedeva il dolore ma anche la difficoltà che i medici e tutti coloro che si occupano della cura dei bambini avevano. Avevano voglia di fare qualcosa, di aiutare di più, ma allo stesso momento noi vedevamo la loro impotenza di fronte a certe sofferenze, a certe situazioni. Però, il coraggio che hanno è per noi una spinta a fare di più per dare sollievo, vita e speranza a tanti bambini centrafricani che soffrono.

D. – Come viene accolta questa iniziativa, proprio all’ospedale di Bangui?

R. – Questa iniziativa porta una grande gioia. E lì vediamo ancora una volta la realizzazione di Dio, un miracolo di Dio per il Centrafrica: stiamo vivendo cose che non ci aspettavamo. La visita del Santo Padre, tutti i frutti buoni di questa visita, abbiamo avuto un nuovo cardinale e ora il complesso pediatrico di Bangui che sarà sostenuto: tutto questo, per noi del Centrafrica, è un segno della presenza di Dio, di questo Dio che sta accanto a noi, che ci accompagna nella nostra storia e che ci dà vita.

D. – Una nuova speranza anche per i bambini del Centrafrica …

R. – Sì, una nuova speranza per i bambini del Centrafrica, perché sappiamo che i bambini, i giovani sono il futuro di un Paese, il futuro della Chiesa, il futuro di una nazione. Quindi una grande speranza perché questa speranza è una Speranza con la “S” maiuscola, perché è Dio stesso. Senza Lui non possiamo fare niente.

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Dalla Segreteria per la Comunicazione un video social di auguri al Papa

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Un breve video con gli auguri dei fedeli a Papa Francesco in sei lingue: italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese. E’ una delle iniziative realizzate dalla Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede per l’80.mo compleanno del Santo Padre. Il video è stato pubblicato oggi e diffuso sui profili social dei media vaticani. Ricordiamo che, in occasione della felice ricorrenza, è stata attivata una mail in più lingue dove far giungere gli auguri al Pontefice. In italiano, l’indirizzo mail è: PapaFrancesco80@vatican.va 

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Oggi in Primo Piano



Aleppo: riprende evacuazione. Salesiani: restiamo con la gente

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Potrebbe scattare già oggi la nuova fase di evacuazione dei civili da Aleppo Est e da alcuni villaggi sciiti del Nord. Lo comunica l'opposizione siriana armata, ma il regime non conferma. Mosca però fa sapere tramite il Ministero della Difesa che la resa dei militanti potrebbe aprire nuove opportunità per il cessate il fuoco anche in altre parti del Paese. Si parlerà anche di questo al vertice del 27 dicembre tra i capi della diplomazia di Iran,Turchia e Russia. Tra bombardamenti e morti intanto c'è chi, proprio ad Aleppo, non smette di seminare pace e speranza cristiana, specie tra i giovani. Sono i Salesiani, come don Pier JabloyanGabriella Ceraso lo ha intervistato: 

R. - Siamo in mezzo a una guerra: c’è la gente che soffre da una parte e dall’altra. Noi, come Salesiani, siamo immersi in questa situazione, siamo rimasti con la gente nei momenti di gioia e di sofferenza anche durante la guerra. Ma si trova anche lo spazio per un po’ di speranza, per vivere insieme un po’ di gioia: la pace annunciata non è soltanto assenza di guerra, si può vivere in pace anche durante la guerra. Noi nel nostro centro giovanile, l’oratorio salesiano, stiamo cercando di mettere in luce proprio questa speranza nonostante la guerra. Cerchiamo di stare vicino ai più deboli della società: i giovani e i ragazzi, e facciamo le cose più normali. Questo significa aprire l’oratorio, accogliere i ragazzi e fare attività che mirano alla loro crescita psicologica, con un taglio nettamente cristiano: noi crediamo che il Signore ci è accanto in tutti i momenti.

D. - È un’oasi di pace in un contesto tremendo. Ci sono delle domande da parte dei ragazzi?

R. - Lavoriamo con uno sguardo sempre addolorato per ciò che sta succedendo negli altri quartieri. Anche la nostra presenza è stata colpita, tanti giovani sono stati uccisi. Non dico che ogni giorno riusciamo a fare tutto quello che vogliamo, ma cerchiamo di fare qualcosa. Per quanto riguarda le loro domande, le  più grandi sono: che futuro avremo? Cosa faremo dopo? Vivremo domani per vedere? Poi altre domande sulla fede: perché il Signore non interviene? Perché noi popoli del Medioriente siamo sempre in guerra? Più che parole, da parte nostra e dei laici con cui lavoriamo, c’è la  testimonianza della vita, perché durante la guerra si spendono tante parole e alla fine non si dice niente.

D. - Il suo augurio per tutta la comunità, non solo di Aleppo, ma per il Paese quale è?

R. - Il mio augurio per il mio Paese, per la mia popolazione, è di aprire il cuore e la mente a quello che sta succedendo per leggere la storia con occhi aperti e cuore aperto e scoprire alla fine che l’unica soluzione a questo conflitto è il dialogo. Questa è l’unica soluzione.

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Ue: aiuti al Niger, firmato accordo da 610 milioni di euro

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È stato firmato, nell’ambito del “migration compact” promosso dall’Unione Europea per l’Africa, lo stanziamento di 610 milioni di nuovi aiuti al Niger, Paese che ha saputo cooperare in modo efficace in materia di lotta alla migrazione irregolare oltre che zona di principale transito verso la Libia. Francesco Gnagni ne ha parlato con Riccardo Moro, docente di politiche dello sviluppo presso l’Università degli Studi di Milano ed esperto di questioni dello sviluppo: 

R. – Ci sono due linee su cui l’Unione Europea si sta muovendo: una è quella dei cosiddetti “migration compact”, che sono accordi bilaterali con i Paesi, dall’altra parte c’è il piano di investimenti che è più a medio e lungo periodo: un lavoro di investimento in Africa significa, evidentemente, maggiori opportunità per cambiare le caratteristiche del Continente ed evitare che le persone siano costrette a scappare. Il problema vero – o i problemi veri – però sono due: uno è che le ragioni di questa forte migrazione non sono esclusivamente legate alle difficoltà di natura economico-sociale, ma sono dovute all’emergenza del Medio Oriente, e soprattutto all’emergenza siriana. Abbiamo visto la situazione drammatica di Aleppo. Due, che l’Unione Europea non è unita, nel senso che quello che sta facendo l’Unione Europea oggi è meno di quello che potrebbe fare in termini di accoglienza, e non solo: ci sono tuttora alcuni Paesi che stanno tentando di costruire una posizione che non va, di fatto, verso l’accoglienza.

D. – La cooperazione è quindi la risposta al tema delle migrazioni …

R. – Certamente sì. Non è l’unica risposta, se vogliamo, nel senso che da un lato c’è una risposta emergenziale che è quella che dev’essere legata all’accoglienza; dall’altro, c’è una risposta di intelligence e anche di forze dell’ordine, di polizia, per contrastare la tratta e i trafficanti. Però, sicuramente, se noi vogliamo eliminare la causa fondante, la causa che origina, a monte, questi movimenti abbiamo bisogno di modificare le scandalose – perché non c’è altra parola – differenze tra le condizioni di vita che ci sono, ad esempio, in Europa e le condizioni di vita che si vedono in molti contesti del Sud del mondo.

D. – Come assicurarsi però che questo denaro venga effettivamente utilizzato per stimolare la capacità produttiva e creativa del Paese? Mi spiego meglio: è una questione solo di capacità, di know how, oppure ci sono anche altre tematiche che in qualche modo hanno bisogno di essere affrontate?

R. – Sicuramente ci sono altre tematiche, nel senso che abbiamo bisogno in questi casi di un approccio olistico, cioè di un approccio che guardi ai contesti a cui ci si rivolge nella loro globalità. Globalità vuol dire che non basta fare un investimento economico. Se non ci sono persone che abbiano una formazione adeguata per poter lavorare in un’impresa che magari richiede particolari specializzazioni, noi rischiamo di fare un investimento anche tecnologico e quell’investimento tecnologico non sarà sostenibile. Se facciamo un investimento per sviluppare una capacità produttiva in un settore particolare nel quale non ci sia ancora – per varie ragioni – una domanda adeguata, ovviamente facciamo un’operazione che non sarà sostenibile. Occorre allora una lettura globale dei processi, delle esigenze e delle capacità dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale; occorre prima di tutto che questo tipo di lettura sia comunque condiviso, nel senso che fare cooperazione non significa andare e dire che cosa si deve fare; al limite, significa andare e chiedere che cosa si possa fare. Significa dunque decidere insieme, leggere insieme bisogni e opportunità, scegliere insieme e poi accompagnare anche i processi. C’è una dimensione economica in questo – anche strettamente tecnica – ma non è assolutamente l’unica dimensione.

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Zuppi: marcia della pace a Bologna per non rimanere a guardare

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«La non-violenza, stile di vita per la pace». E’ il titolo della 49.ma «Marcia nazionale dalla pace» che si terrà a Bologna il prossimo 31 dicembre. Ricco il programma presentato dall’arcivescovo della città emiliana mons. Matteo Zuppi e dal sindaco Virginio Merola. Il servizio di Luca Tentori

Mentre in molti accenderanno i fuochi di capodanno, un popolo in marcia cercherà di spegnere i fuochi della guerra. Con la preghiera, il dialogo, la mobilitazione e il digiuno.  Succederà a Bologna per la tradizionale «Marcia della pace” promossa dalla Conferenza episcopale italiana, Caritas, Azione Cattolica, Pax Christi e la stessa Chiesa locale che ospiterà per la prima volta questa iniziativa. Ai nostri microfoni l’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Zuppi:

"La marcia in fondo vuol dire anche questo. Io non accetto di vivere da spettatore, di guardare dalla finestra, di osservare tutto da quella bolla di sapone – per utilizzare un’altra immagine così chiara di Papa Francesco – ma scendo per strada. Qualcuno può pensare che non serve a niente. Non è vero. Crediamo che la pace è sempre qualcosa di artigianale e che l’impegno di ciascuno per la pace può e deve far cambiare questo mondo. E se questo impegno si traduce in una politica di pace credo che potrà ulteriormente spingere a difendere la pace comune così tanto minacciata".

Il programma prevede per il 31 dicembre un intero pomeriggio di iniziative, marce, momenti di preghiera interreligiosa, testimonianze e voci dalla guerra per un mondo di pace. Tutto nel cuore stesso di Bologna. Momento conclusivo la Messa presieduta dall’arcivescovo mons. Matteo Zuppi nella Basilica di San Francesco alle 22.30. Ma chi è invitato alla Marcia della pace?

"Tradizionalmente è aperta a tutti quanti e credo che la non violenza e la pace siano temi che necessariamente devono unire anche con convinzioni diverse, ma con la convinzione che soltanto rifiutando la logica perversa delle armi si può raggiungere la pace".

A raccontare la storia mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, tra i fondatori della Marcia della pace. La prima si tenne nel segno di Giovanni XXIII, nel suo paese natale a Sotto il Monte. Correva l’anno cruciale 1968:

"La Marcia di Capodanno fu voluta dai giovani di Pax Christi i quali volevano che l’anno cominciasse non soltanto con lo spumante  e il panettone, ma  che cominciasse in preghiera, con una marcia di riflessione antecedente. Papa Paolo VI nel 1968 aveva lanciato la Giornata mondiale per la pace e l’anno successivo il 31 dicembre noi facemmo la Marcia. Nacque proprio per sensibilizzare, noi di Pax Christi per primi, e poi per sensibilizzare le città che via via abbiamo girato al tema della pace".

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Premio Ucsi a padre Lombardi: ha servito la Verità e i poveri

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Stamattina a Verona, nella Sala Arazzi di Palazzo Barbieri, la consegna dei riconoscimenti per la XXII edizione del Premio Giornalistico Nazionale “Natale UCSI 2016” istituito alla memoria di Giuseppe Faccincani per un giornalismo solidale. Il Premio speciale della Giuria, attribuito dalla Conferenza Episcopale Triveneta, è andato al padre gesuita Federico Lombardi, attuale presidente del Consiglio d'Amministrazione della Fondazione Ratzinger-Benedetto XVI. Significativa la motivazione: “Ai vertici della comunicazione della Santa Sede, nella Radio Vaticana e come direttore della Sala Stampa, si legge, ha servito la Verità, il Papa, gli ascoltatori e i cristiani di tutto il mondo in particolare gli oppressi, i poveri, le minoranze in difficoltà e i più lontani”.

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Commento di don Sanfilippo al Vangelo della IV Domenica d'Avvento

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Nella quarta Domenica d’Avvento, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Maria si trova incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo sposo e uomo giusto, pensa di ripudiarla in segreto. Ma un angelo del Signore gli appare in sogno, dicendo:

«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Gesù bambino è pur sempre l’Onnipotente e la Vergine promessa sposa è l’Immacolata Concezione, Regina degli Angeli. Eppure in questo vangelo l’angelo non si rivolge né al suo Signore, né alla sua Sovrana, bensì a Giuseppe che, come noi, condivide la debolezza e le ferite della natura umana. A lui vengono affidati Maria e, in seguito, il Bambino, lui ne è il responsabile, e dal suo agire dipende l’esito della storia della Salvezza: Dio si fida di Giuseppe. Anche a noi viene detto di non avere paura della santità di Dio e dell’umiltà di Maria, per timore della nostra fragile incoerenza e dei nostri peccati. Il Padre si fida di noi e vuole che abitiamo con suo Figlio e con la Madre di Dio nella stessa casa: la nostra anima, e c’insegna a difendere questa dolce presenza dalle minacce del drago infernale che vuole divorarla. Lasciamo che il Signore entri nella nostra vita e ne cambi i progetti, accettiamo di servirlo nella precarietà che ci spinge spesso all’infedeltà, vivendo ogni giorno rigenerati dalla misericordia divina. Come san Giuseppe lasciamoci condurre con docilità attraverso gli eventi per compiere la nostra missione: far nascere il bimbo-creatore nella fredda grotta del nostro cuore. Per le missioni più importanti, l’Altissimo elegge i più deboli: Nulla gli è impossibile.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 352

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.