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Sommario del 22/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa alla Curia: riforma non è lifting, ma profonda conversione

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Papa Francesco ha incontrato oggi nella Sala Clementina, in Vaticano, i membri della Curia Romana per i tradizionali auguri natalizi. Al centro del suo discorso il tema della riforma della Curia. Ce ne parla Sergio Centofanti

Papa Francesco fa il punto della riforma della Curia Romana e indica alcuni criteri guida, a partire dal suo duplice significato:

“Anzitutto renderla con-forme alla Buona Novella che deve essere proclamata gioiosamente e coraggiosamente a tutti, specialmente ai poveri, agli ultimi e agli scartati; con-forme ai segni del nostro tempo e a tutto ciò che di buono l’uomo ha raggiunto, per meglio andare incontro alle esigenze degli uomini e delle donne che siamo chiamati a servire; al tempo stesso si tratta di rendere la Curia più con-forme al suo fine, che è quello di collaborare al ministero proprio del Successore di Pietro”.

Riforma non è maquillage
La Curia – ha proseguito il Papa – non è “un apparato immobile”, per questo “la riforma è anzitutto segno della vivacità della Chiesa in cammino, in pellegrinaggio, e della Chiesa vivente e per questo – perché vivente - semper reformanda , reformanda perché è viva”. Quindi ribadisce “con forza” che “la riforma non è fine a sé stessa, ma è un processo di crescita e soprattutto di conversione”:

“La riforma, per questo, non ha un fine estetico, quasi si voglia rendere più bella la Curia; né può essere intesa come una sorta di lifting, di maquillage oppure di trucco per abbellire l’anziano corpo curiale, e nemmeno come una operazione di chirurgia plastica per togliere le rughe . Cari fratelli, non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie! In questa prospettiva, occorre rilevare che la riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini “rinnovati” e non semplicemente con “nuovi” uomini”.

Conversione permanente
Infatti – afferma – “non basta accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente. La riforma della Curia non si attua in nessun modo con il cambiamento delle persone – che senz’altro avviene e avverrà  – ma con la conversione nelle persone. In realtà, non basta una formazione permanente, occorre anche e soprattutto una conversione e una purificazione permanente. Senza un mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano” .

Resistenze alla riforma
Il Papa parla delle diverse tipologie di resistenze alla riforma:

“Le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo ‎sincero; le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del “gattopardismo” spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima; ‎esistono anche le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso ‘in veste di agnelli’)”.

Ascoltare le resistenze buone ma anche quelle meno buone
Questo ultimo tipo di resistenza – spiega – “si nasconde dietro le parole giustificatrici ‎e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità, nel conosciuto, oppure nel voler portare ‎tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione .‎ L’assenza di reazione è segno di morte! Quindi le resistenze buone – e perfino quelle meno buone – sono necessarie e meritano di essere ascoltate, accolte e incoraggiate a esprimersi perché è un segno che il corpo è vivo”.

Discernimento e tanta preghiera
Tutto questo – rileva – “sta a dire che la riforma della Curia è un delicato processo che deve essere vissuto con fedeltà all’essenziale, con continuo discernimento, con evangelico coraggio, con ecclesiale saggezza, con attento ascolto, con tenace azione, con positivo silenzio, con ferme decisioni, con tanta preghiera – con tanta preghiera! - con profonda umiltà, con chiara lungimiranza, con concreti passi in avanti e – quando risulta necessario – anche con passi indietro, con determinata volontà, con vivace vitalità, con responsabile potestà, con incondizionata obbedienza; ma in primo luogo con l’abbandonarci alla sicura guida dello Spirito Santo, confidando nel Suo necessario sostegno”.

12 criteri guida della riforma
Papa Francesco indica 12 criteri guida della riforma: sottolinea che la Curia non deve essere un organismo burocratico, palestra di ambizioni e antagonismi, ma vera comunità di fede. Il suo fine principale è quello missionario: portare il vangelo ovunque. Tra gli altri criteri ci sono la conversione pastorale ("dietro le carte ci sono persone") la razionalizzazione, la funzionalità, l’aggiornamento, la sinodalità, la sobrietà, la cattolicità con “l’assunzione di personale proveniente da tutto il mondo, di diaconi permanenti e fedeli laici e laiche, la cui scelta dev’essere attentamente effettuata sulla base della loro ineccepibile vita spirituale e morale e della loro competenza professionale”:

“È opportuno prevedere l’accesso a un numero maggiore di fedeli laici specialmente in quei Dicasteri dove possono essere più competenti dei chierici o dei consacrati. Di grande importanza è inoltre la valorizzazione del ruolo della donna e dei laici nella vita della Chiesa e la loro integrazione nei ruoli-guida dei Dicasteri, con una particolare attenzione alla multiculturalità”.

Basta con il promoveatur ut amoveatur
C’è poi la professionalità con “una politica di formazione permanente del personale, per evitare l’arrugginirsi e il cadere nella routine del funzionalismo‎”:

“Dall’altra parte, è indispensabile l’archiviazione definitiva della pratica del promoveatur ut amoveatur: questo è un cancro”.

I passi della riforma
Il Papa elenca alcuni passi realizzati dalla riforma, dalla creazione del Consiglio di cardinali nell’aprile 2013, alla costituzione dei vari organismi per la trasparenza finanziaria e la prevenzione e il contrasto del riciclaggio, dalla istituzione della Commissione per la Tutela dei minori alla creazione della Segreteria per la Comunicazione e del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e di quello per il Servizio dello sviluppo umano integrale fino alla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio.

Natale è la festa del Dio umile che ha voluto essere amato
Infine, rivolge i suoi auguri ricordando che il Natale è la festa del Dio umile che si fa piccolo perché ha voluto essere amato. E’ il capovolgimento della logica mondana del potere. Nel Natale – osserva – siamo chiamati a dire sì non al Dominatore dell’universo ma proprio a questo Dio che si è fatto il più debole perché nessuno avesse timore, perché ognuno possa avvicinarlo e sentirsi da lui pensato e amato. E conclude citando una preghiera natalizia di un monaco contemporaneo, padre Matta el Meskin:

“Il mondo è stanco e sfinito perché fa a gara a chi è il più grande. C’è una concorrenza spietata tra governi, tra chiese, tra popoli, all'interno delle famiglie, tra una parrocchia e un'altra: chi è il più grande tra di noi? Il mondo è piagato da ferite dolorose perché il suo grande morbo è: chi è il più grande? Ma oggi abbiamo trovato in te il nostro unico medicamento, Figlio di Dio. Noi e il mondo tutto non troveremo né salvezza né pace, se non torniamo a incontrarti di nuovo nella mangiatoia di Betlemme. Amen”.

Il regalo del Papa
Come regalo di Natale per i membri della Curia Romana, Papa Francesco ha scelto un volume di Claudio Acquaviva (1543-1615), preposito generale della Compagnia di Gesù, intitolato "Accorgimenti per curare le malattie dell'anima", pubblicato in edizione italiana quest'anno dalla San Paolo Edizioni, a cura di padre Giuliano Raffo.

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Papa ai dipendenti vaticani: no al lavoro nero, niente sotterfugi

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Il Papa torna a dire no al “lavoro in nero”. Francesco stamattina ha incontrato i dipendenti vaticani per gli auguri natalizi e nel suo discorso li ha ringraziati per quanto fanno ogni giorno, ribadendo che “dobbiamo impegnarci, ciascuno con la propria responsabilità, a fare in modo che il lavoro sia degno, sia rispettoso della persona e della famiglia, sia giusto”. Alessandro Guarasci

Il lavoro ha una grande importanza per la vita di ogni persona. E infatti il Papa dice che “mentre ringraziamo, preghiamo per le persone e le famiglie, in Italia e in tutto il mondo, che non hanno il lavoro, oppure, tante volte, fanno lavori non degni, pagati male, dannosi per la salute… Dobbiamo sempre ringraziare Dio per il lavoro”. Francesco poi puntualizza:

“Dobbiamo impegnarci, ciascuno con la propria responsabilità, a fare in modo che il lavoro sia degno, sia rispettoso della persona e della famiglia, sia giusto. E qui in Vaticano abbiamo un motivo in più per farlo, abbiamo il Vangelo, e dobbiamo seguire le direttive della Dottrina sociale della Chiesa. Qui in Vaticano io non voglio lavori che non siano su questa strada: niente lavoro in nero, niente sotterfugi”.

Il Papa quindi ringrazia ogni dipendente per il lavoro svolto, “per l’impegno che mette ogni giorno nel fare il suo lavoro e cercare di farlo bene, anche quando magari non sta tanto bene, o ci sono preoccupazioni in famiglia…”.  

Il Vaticano è una realtà piccola, nonostante vi lavorino poco di meno di 3 mila di persone, e dunque “si riesce a percepirla nel suo insieme – dice Francesco – con le diverse mansioni che formano il tutto e ciascuna è importante":

“I vari settori di lavoro sono vicini e collegati, ci si conosce un po’ tutti; e si sente la soddisfazione di vedere un certo ordine, che le cose funzionano, con tutti i limiti, naturalmente, si può sempre migliorare e si deve, ma fa bene sentire che ogni settore fa la sua parte e l’insieme funziona bene a vantaggio di tutti. Qui, questo è più facile, perché siamo una realtà piccola, ma ciò non toglie nulla all’impegno e al merito personale; e pertanto sento il desiderio di ringraziarvi”.

Francesco poi ricorda che questo è stato l’Anno della Misericordia. Dunque, ”il Signore quest’anno ha fatto straripare su di noi la sua misericordia. E tutta questa grazia è finita con la fine del Giubileo? No! Questa grazia è dentro di noi, perché noi la facciamo fruttificare nella vita di ogni giorno, sia in famiglia sia al lavoro e dappertutto”.  E poi un augurio: “Che i vostri cuori siano pieni di misericordia, pieni della grazia del Giubileo che Gesù viene a riaccendere in noi”.

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Papa a don Carrón: invoco grazia di una Chiesa povera per i poveri

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Nei giorni scorsi don Julián Carrón, presidente di Comunione e Liberazione, ha ricevuto da Papa Francesco una lettera autografa, in cui il Pontefice ringrazia la Fraternità per le offerte raccolte per la sue opere di carità durante i pellegrinaggi compiuti nei Santuari mariani di tutto il mondo, in occasione dell’Anno Santo della Misericordia.

“Mi fa bene al cuore e mi consola tanto – scrive il santo Padre - sapere che da più di duecento Santuari mariani in Italia e nel mondo, tante persone hanno intrapreso il cammino della misericordia nello spirito della condivisione con i bisognosi. I poveri infatti ci rammentano l’essenziale della vita cristiana”.

Cita quindi Sant’Agostino laddove dice: «Ci sono alcuni che più facilmente distribuiscono tutti i loro beni ai poveri, piuttosto che loro stessi divenire poveri in Dio». “Questa povertà – prosegue il Papa - è necessaria perché descrive ciò che abbiamo nel cuore veramente: il bisogno di Lui. Perciò andiamo dai poveri, non perché sappiamo già che il povero è Gesù, ma per tornare a scoprire che quel povero è Gesù”.

Ricorda quanto affermava Sant’Ignazio di Loyola: «La povertà è madre e muro. La povertà genera, è madre, genera vita spirituale, vita di santità, vita apostolica. Ed è muro, difende. Quanti disastri ecclesiali sono cominciati per mancanza di povertà».

“In un mondo lacerato dalla logica del profitto che produce nuove povertà e genera la cultura dello scarto - ribadisce il Papa - non desisto dall’invocare la grazia di una Chiesa povera e per i poveri. Non è un programma liberale, ma un programma radicale perché significa un ritorno alle radici. Il riandare alle origini non è ripiegamento sul passato ma è forza per un inizio coraggioso rivolto al domani. È la rivoluzione della tenerezza e dell’amore. Per questo chiedo anche a voi di unire gli intenti verso questo obiettivo. Vi auguro di lavorare con serenità e con frutto, e di testimoniare con coraggio l’autenticità della vita cristiana”.

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Sarà Santo uno Scolopio e Beati 109 martiri della guerra civile spagnola

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Papa Francesco ha ricevuto il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il Dicastero a promulgare i Decreti relativi al padre scolopio Faustino Miguez, che sarà presto Santo, e 110 prossimi nuovi Beati: una suora e 109 martiri della guerra civile spagnola. Riconosciute anche le virtù eroiche di 5 nuovi Venerabili Servi di Dio. Il servizio di Roberta Barbi:

“Come Scolopio sono del popolo e per il popolo, consacrato alla sua formazione”. Così padre Faustino Miguez riassumeva la sua vocazione che dallo sperduto paesino di Xamiras, in Spagna, lo condusse nel noviziato delle Scuole Pie di S. Fernando a Madrid e poi in diversi collegi, dove svolse il ministero dell’educatore, “il più meritevole” perché illumina i giovani al bene e se messo in pratica nella pienezza della Chiesa preserva o cura dal male. Con la consapevolezza di essere “cooperatore della Verità” che ha fatto voto di insegnare e di imparare sempre, s’interessò all’educazione delle bambine povere, spesso dimenticate, che lui considerava “le spose e le madri di domani”, anima viva di quelle famiglie che avrebbero formato la società. Da questa semplice intuizione nacque la Congregazione delle Figlie della Divina Pastora, sullo spirito Calasanziano, a Sanlucar de Barrameda. In un viaggio a Cuba per portare l’annuncio di Cristo ai confini della Terra, sbocciò il suo amore per la scienza: dalle sue preparazioni furono commercializzati 12 medicinali, ebbe l’incarico di analizzare le acque del municipio di Sanlucar e fondò il Laboratorio Miguez, sempre orientato al “servizio dell’umanità dolente”. Difensore instancabile della libertà d’insegnamento, era un educatore nato, convinto che solo l’educazione potesse essere il cammino per raggiungere la felicità e rinnovare il mondo. Nella sua vita, conclusa nel 1925 nella città di Getafe, scienza e umiltà proseguirono sempre insieme.

110 saranno i nuovi Beati. Tra loro spicca Leopoldina Naudet, fiorentina vissuta tra diciottesimo e diciannovesimo secolo, istitutrice assieme alla sorella dei figli del Granduca di Lorena, che seguì a Vienna quando divenne imperatore asburgico. In seguito aderì al progetto di una fondazione femminile di spirito ignaziano e con finalità educative. Venuta in contatto con Santa Maddalena di Canossa, con la quale collaborò per 8 anni all’insegnamento delle classi più povere, fondò poi la Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia.

Sono martiri della guerra civile spagnola uccisi in odio alla fede tra il 1936 e il 1937, gli altri prossimi Beati: padre Matteo Casals, sacerdote professo, superiore della comunità clarettiana di Sabadell; Teofilo Casajús, Scolastico professo; Fernando Saperas Aluja, fratello professo della comunità dei Clarettiani di Cervera, ucciso con 106 compagni della Congregazione dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore della Beata Vergine Maria.

Gli altri nuovi Venerabili Servi di Dio sono:

Giovanni Battista Foque, sacerdote diocesano; nato il 12 settembre 1851 e morto il 5 dicembre 1926.

Lorenzo dello Spirito Santo, religioso professo della Congregazione della Passione di Gesù Cristo; nato il 30 agosto 1874 e morto il 14 ottobre 1953.

Maria Raffaella del Sacro Cuore di Gesù, fondatrice della Congregazione delle Missionarie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria; nata il 2 gennaio 1814 e morta l’8 marzo 1899.

Clelia Merloni, fondatrice dell’Istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù; nata il 10 marzo 1861 e morta il 21 novembre 1930.

Isidoro Zorzano Ledesma, laico, della Prelatura Personale della Santa Croce e dell’Opus Dei; nato il 13 settembre 1902 e morto il 15 luglio 1943.

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Francesco a Rai Uno: vi auguro un Natale cristiano

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Papa Francesco è intervenuto telefonicamente oggi a Rai Uno per i 30 anni della popolare trasmissione "Unomattina", complimentandosi per il programma. Quindi, ha rivolto i suoi auguri di Natale: 

"Io vi auguro un Natale cristiano, come è stato fatto il primo, quando Dio ha voluto capovolgere i valori del mondo: si è fatto piccolo in una stalla, con i piccoli, con i poveri, con gli emarginati … La piccolezza: in questo mondo dove si adora tanto il Dio denaro, che il Natale ci aiuti a guardare la piccolezza di questo Dio che ha capovolto i valori mondani. Vi auguro un Santo Natale, e felice: tanto felice Natale. Un abbraccio a tutti".

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Altre udienze

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Per le altre udienze del Santo Padre consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Comunicato Sala Stampa su vicenda Gran Cancelliere Ordine Malta

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Papa Francesco, nella sua sollecitudine per il Sovrano Militare Ordine di Malta — “Ordine religioso laicale” (cfr. Carta Costituzionale art. l par. 1), che ha, tra i suoi fini, quello del “servizio alla Fede e al Santo Padre” (ib. art. 2 par. 1) — ha disposto la costituzione di un gruppo di cinque autorevoli membri con l'incarico di raccogliere elementi atti ad informare compiutamente e in tempi brevi la Santa Sede in merito alla vicenda che ha recentemente interessato il Gran Cancelliere dell’Ordine, Sig. Albrecht Freiherr von Boeselager. Lo riferisce la Sala Stampa vaticana. Il suddetto gruppo è composto da: S.E. Mons. Silvano M. Tomasi, CS; Rev.do P. Gianfranco Ghirlanda, SJ; Avv. Jacques de Liedekerke; Sig. Marc Odendall; Sig. Marwan Sehnaoui.

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Oggi in Primo Piano



Aleppo Est: 34 mila civili e insorti evacuati. Unicef: bambini ancora intrappolati

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Dopo più di quattro anni di combattimenti, gli ultimi convogli di civili e insorti sono pronti a lasciare la parte Est di Aleppo, la seconda città della Siria che sta per essere totalmente riconquistata dalle forze fedeli al Presidente Bashar al Assad. Nelle ultime ore oltre 4 mila combattenti sono stati evacuati, mentre in totale le persone trasferite dalla zona – a partire dal 15 dicembre – sono 34 mila, ha fatto sapere il Comitato internazionale della Croce Rossa. Non cessa intanto l’emergenza per i più piccoli: l’Unicef - con l’iniziativa #AleppoDay, invitando a portare in piazza a Roma una coperta, simbolo di calore umano e protezione - vuole ricordare che ancora 4 mila bambini sono “intrappolati” in quel che resta della martoriata città siriana. Della situazione in corso, Giada Aquilino ha parlato col metropolita Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo di Aleppo dei greco melkiti: 

R. – Mi trovo ad Aleppo, nella zona di Azizieh, nella parte Ovest, dove vivono i cristiani.

D. – Da Aleppo Est i convogli umanitari stanno partendo?

R. – Sì e credo che forse oggi finiranno di sgomberare la zona.

D. – Dove vengono portati gli sfollati?

R. – La maggior parte verso Idlib, una città che si trova ad una cinquantina di km di distanza da Aleppo, nel Nord-Ovest della Siria.

D. – E in quali condizioni vivono queste persone? Di cosa c’è bisogno?

R. – Hanno lasciato le loro case, quindi hanno bisogno di un rifugio, di un posto in cui risiedere. Sembra che lì abbiano preparato qualcosa per l’accoglienza. Alcuni invece rimangono ad Aleppo.

D. – E vengono portati nella zona Ovest?

R. – Sì, coloro che vogliono – e ce ne sono tantissimi – sì. La maggioranza è rimasta ad Aleppo Ovest: adesso hanno preparato dei luoghi di accoglienza provvisoria e credo che stiano provando ad allestire qualcosa anche nelle zone di Aleppo Est e a togliere le mine e tutto ciò che può essere un pericolo per i cittadini, affinché quelli che hanno ancora una casa possano ritornare.

D. – In queste ore sui convogli ci sono anche combattenti che lasciano la parte Est?

R. – Sì, i combattenti in maggioranza vanno ad Idlib. Alcuni trovano il modo, attraverso una riconciliazione con il governo, di rimanere ad Aleppo. C’è una sorta di armistizio per quelli che vogliono ritornare alla vita civile.

D. – La Chiesa di Aleppo come sta seguendo le operazioni di soccorso alla popolazione?

R. – Facciamo quello che possiamo per aiutare le persone che vengono da noi; e proviamo anche ad aiutare coloro che hanno lasciato Aleppo Est. Ci sono alcune organizzazioni che prestano soccorso, ma anche le comunità provano ad offrire quello che possono per dare un segno di amicizia e fratellanza. Ci sono diverse organizzazioni, tra cui la Caritas e il Jrs, il Jesuit Refugee Service, che aiutano tutti senza distinzione.

D. – Le Chiese come si stanno preparando al Natale?

R. – Si stanno preparando e stanno aiutando i fedeli a ritrovare fiducia nel Signore e ad avere la gioia di sapere che il Signore non ci lascia. Che venga anche da noi il Natale e che questo Natale faccia nascere nei cuori dei fedeli, ma anche di tutti gli altri, sentimenti di amicizia, perdono e amore fraterno.

D. – E in Siria è possibile oggi?

R. – È possibile perché abbiamo sempre vissuto fraternamente con i musulmani. Vorremmo fare davvero qualcosa di concreto per rendere possibile un processo di riavvicinamento e riconciliazione.

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Iraq: Messaggio di Natale del patriarca caldeo Sako

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Fra i timori sollevati dalle guerre in Siria e Iraq e, più in generale, in tutti i confitti del Medio Oriente che finiscono per colpire anche civili e bambini, il Natale “ricorda l’importanza della pace e il suo estremo bisogno”. È quanto sottolinea il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako, nel suo messaggio di Natale ai fedeli e ripreso dall'agenzia AsiaNews. Quando lo spirito di vendetta e di ira “scompare dai nostri cuori”, aggiunge il prelato, sentiamo davvero “lo spirito natalizio, che vuol dire vivere all’insegna della carità e della gioia”. 

La festa è una occasione “per offrire una vita nuova e un futuro migliore"
La storia di Gesù Cristo, avverte mar Sako, “è la storia del Dio incarnato per noi, per essere come noi, di modo che possiamo essere felici”. La festa è una occasione “per offrire una vita nuova e un futuro migliore”, come ricorda anche lo stesso Papa Francesco che esorta i cristiani a essere agenti di pace e a mettere fine a tutti i conflitti. 

Il dramma dei rifugiati di Mosul e della piana di Ninive
Il Paese e l’intera regione mediorientale sono preda di guerre, attentati, divisioni che rischiano di innescare un clima di conflitto permanente. Vi è poi anche il dramma dei rifugiati di Mosul e della piana di Ninive, che da ormai due anni e mezzo attendono di tornare nelle loro case e nelle loro terre, depredate dai jihadisti dello Stato Islamico. 

Leader politici, istituzionali e religiosi chiamati a costruire uno Stato civile forte
Serve operare per dar vita a un “autentico e armonioso accordo” per la riconciliazione nazionale del Paese, sia a livello di “governo centrale che delle autorità regionali del Kurdistan”. Ecco dunque che i leader politici, istituzionali e religiosi sono chiamati a “costruire uno Stato civile forte”, che sappia rivoluzionare il sistema educativo che, in molti casi è esso stesso foriero di una ideologia fondamentalista.  A questo si aggiunge la lotta alla “mentalità tribale” che prevede la “vendetta” per sanare i disaccordi, sostituendola con una “cultura aperta” che si basi su valori umani e morali autentici e integrati alla società su cui è fondata. Per Natale e il Capodanno, prosegue il primate caldeo, “vi invito a intensificare le vostre preghiere” per la fine delle violenze e delle sofferenze. 

Il ringraziamento del patriarca per coloro che hanno aiutato l'Iraq
“Vorrei esprimere in questa occasione - afferma il prelato - la mia gratitudine a tutti colore che hanno aperto le braccia per aiutare gli sfollati e alleviare le loro sofferenze, in particolar modo il governo regionale curdo, le organizzazioni caritative legate alla Chiesa e la società civile. Voglio inoltre ringraziare l’esercito irakeno e i Peshmerga e tutte le componenti del Paese che si sono adoperato per la liberazione delle terre occupate dallo Stato islamico”. 

Incoraggiamento a impegnarsi nelle attività umanitarie, educative, sociali, sanitarie e politiche
Infine, il patriarca caldeo incoraggia i fedeli a impegnarsi nelle attività “umanitarie, educative, sociali, sanitarie e politiche”, per contribuire alla “diffusione della tolleranza, della collaborazione, del rispetto reciproco, in un contesto di unità e pluralismo”. “Vi assicuro - conclude mar Sako il suo messaggio di Natale - che la nostra Chiesa non risparmierà alcuno sforzo per collaborare con le autorità religiose musulmane, la società civile, le organizzazione e tutte le persone di buona volontà, per sostenere questo progetto promettente”. (R.P.)

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Nigeria: liberato padre Jude Onyebadi, rapito il 16 dicembre

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“Padre Jude Onyebadi è stato liberato ed è in buono stato di salute”, lo ha detto alla Radio Vaticana il card. Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, la capitale della Nigeria. Il sacerdote era stato sequestrato il 16 dicembre da tre uomini armati, nella regione centro meridionale di Issele-Uku. Dal nord-est del Paese giunge invece la notizia della liberazione di 2.000 prigionieri ostaggio di Boko Haram. Ma ascoltiamo le parole del card. John Onaiyekan intervistato da Eugenio Murrali

R. – La diocesi ha fatto sapere che l’hanno liberato. Il nostro ufficio della Conferenza episcopale, che ci ha dato la prima notizia, successivamente – ieri pomeriggio – ci ha dato una seconda notizia, che il padre era stato liberato, e che era sano e salvo.

D. – Il suo stato di salute è buono?

R. – Sì, sì: così dicono. Padre Onyebadi è libero, speriamo potrà celebrare il Natale in pace.

D. – Però, all’inizio loro – i rapitori – avevano chiesto un riscatto?

R. – Sì: una somma assurda. Generalmente, quando rapiscono la gente non è che vogliono maltrattare le loro vittime: vogliono solo usarle per ottenere denaro. In questo caso però non hanno potuto ricevere niente, perché abbiamo detto loro che non avremmo pagato e che sarebbe stato inutile insistere. E così, l’hanno liberato. Siccome lui è stato rapito nella sua zona, proprio nella diocesi di Issele-Uku, non mi sembra che si tratti di questioni di religione: sono tutti cristiani, lì. Ma così fanno sempre: chiedono il riscatto alla povera gente e la gente corre qua e là per mettere insieme qualcosa, che offrono. Quando ritengono sufficiente quanto “offerto”, liberano la vittima.

D. – Quindi avete tirato sospiro di sollievo, questo, infatti, non è il primo rapimento …

R. – Il rapimento, purtroppo, è diventato un mestiere dei malviventi, qua, in Nigeria: invece di compiere rapine a mano armata, rapiscono la gente e poi chiedono il riscatto. Ogni tanto riceviamo la richiesta di pagamento di riscatto per qualche sacerdote rapito; pure alcune suore sono state rapite, qualche tempo fa, ma sono state liberate dopo due-tre giorni.

D. – Qual è la linea che voi prendete di fronte a questi rapimenti?

R. – A parte la ferma condanna che abbiamo sempre espresso contro questo modo di agire e contro i rapitori, abbiamo chiesto al governo di migliorare il sistema di sicurezza per il comune cittadino che non può andare in giro con la scorta armata. Abbiamo anche deciso, come nostra politica, di non pagare riscatti perché se paghiamo questa gente continuerà a rapire sacerdoti: siamo ovunque, anche nei villaggi più sperduti; saremmo sempre in pericolo di essere rapiti.

D. – Nel nord est, l’esercito nigeriano ha liberato molti prigionieri, ostaggi di Boko Haram: c’è ancora questa piaga, in Nigeria …

R. – Dobbiamo ancora sapere esattamente di che cosa si tratta. Il fatto è che la zona occupata da Boko Haram non era una zona completamente senza popolazione: ci sono villaggi, lì, che sono abitati da tanto, anche da prima che arrivasse Boko Haram. Allora non è facile sapere se sono ostaggi di Boko Haram o se è povera gente che vive lì da tempo e che si è trovata sotto il controllo del governo provvisorio di Boko Haram. Quella povera gente che viveva lì ha dovuto accettare la situazione in cui è venuta a trovarsi. Adesso sono tornati sotto il controllo del governo federale grazie all’attività militare dei soldati nigeriani; adesso vediamo che c’è bisogno di andare ancora oltre: c’è tutto il discorso politico, di riconciliazione che è ancora da fare.

D. – Ecco: è già una buona notizia che questa operazione nella foresta di Sambisa sia andata a buon fine …

R. – Stanno andando avanti, ma non è ancora finita.

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Congo: vescovi rilanciano il dialogo purchè sia produttivo

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“Fate concessioni per una gestione consensuale della transizione nella Repubblica Democratica del Congo”. Con questo appello mons. Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani e presidente della Conferenza Episcopale Nazionale Congolese (Cenco), cerca di rilanciare i negoziati tra maggioranza presidenziale ed opposizione per evitare che la crisi politica nella Rdc travolga il Paese.

I vescovi non sono disposti  a prolungare in modo improduttivo i colloqui
Mons. Utembi ha lanciato il suo appello ieri, alla ripresa dei lavori del dialogo inclusivo mediato dalla Cenco, per trovare un accordo per la gestione del periodo di transizione tra la fine del mandato del Presidente Joseph Kabila (scaduto il 19 dicembre) e l’elezione di un nuovo Presidente. La data delle elezioni presidenziali non è stata ancora fissata ed è uno dei punti in discussione. Mons. Utembi ha però avvertito che la “Cenco non è disposta a prolungare indefinitamente e in modo improduttivo i colloqui”.

Vittime in varie parti del Paese a causa delle manifestazioni anti-Kabila
Nel frattempo rimane viva la tensione nel Paese a causa delle dimostrazioni che chiedono l’abbandono del potere da parte di Kabila. Secondo Human Rights Watch 34 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza nel corso di manifestazioni a Kinshasa, Lubumbashi, Matadi e Boma. Il governo di Kinshasa afferma invece che le vittime sono 22. Altre vittime a Lisala, nel nord-ovest, dove in scontri tra forze dell’ordine e miliziani di una setta millenarista sono morti 14 appartenenti alla sette e 3 poliziotti. Tra i morti il capo della setta Wami-Nene, che vedeva nella fine del mandato di Kabila l’inizio della fine dei tempi. (L.M.) 

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Libia. Denuncia Msf: Centri per migranti ledono la dignità umana

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Drammatica è la situazione in Libia per le persone trattenute nelle strutture di detenzione di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Lo denuncia Medici senza Frontiere, che fornisce assistenza a Tripoli e dintorni, sostenendo che queste persone sono tenute in condizioni che ledono la dignità umana. Francesco Gnagni ha sentito il presidente di Medici Senza Frontiere, Loris De Filippi

R. – Siamo particolarmente allarmati dalle condizioni di vita di queste persone. Molte di queste strutture hanno uno spazio estremamente limitato, meno di mezzo metro quadrato per persona. Manca il cibo, in alcune aree manca l’acqua e servizi igienici dignitosi, adeguati. Siamo preoccupatissimi per le condizioni delle persone più vulnerabili, donne in stato di gravidanza, donne con neonati, bambini e minori al di sotto dei 18  anni. Tra di loro ci sono bambini nati all’interno delle strutture. Il bambino più piccolo visitato aveva due ore di vita, giusto per dare un’idea. Ci sono anche persone disabili, quindi è una situazione particolarmente difficile per loro. E oltretutto, come ha ricordato anche l’Alto commissariato per i rifugiati, i migranti sono esposti a livelli particolarmente alti di violenza e di sfruttamento per mano sia di forze militari che di milizie e soprattutto delle reti di contrabbando, di gang criminali che si occupano di traffico di esseri umani.

D. – Molti dei malesseri di queste persone sono causate dalle condizioni legate proprio agli stessi Centri detentivi…

R. – Esattamente. Bisogna ricordare che molte di queste persone hanno già intrapreso viaggi particolarmente lunghi per arrivare in Libia e successivamente la loro permanenza all’interno di queste strutture provoca una serie di problemi particolarmente grossi soprattutto dal punto di vista psicologico e psichiatrico, ma anche la possibilità di ammalarsi all’interno delle strutture è assolutamente legata alle condizioni detentive.

D. – La Libia oltretutto è anche un Paese di transito: una volta arrivate in Libia queste persone che emigrano cosa trovano? A cosa sono esposte? Le chiedo anche: qual è la situazione generale in Libia, che notizie avete?

R. – Al dramma che hanno già vissuto precedentemente di fuga dal loro Paese spesso in guerra o in condizioni di crisi, arrivando in Libia, invece di trovare un Paese che li può accogliere - ricordiamo che la Libia non è firmataria della Convenzione sullo stato dei rifugiati - i migranti sono esposti a questi livelli sia di violenza che di sfruttamento che di condizioni privative della loro libertà particolarmente gravi. Questa è la vita un po’ delle persone ed è quello che ci raccontano anche quando facciamo ricerche e soccorso nel Mediterraneo centrale e vengono accolte sulle nostre imbarcazioni: uno tra i racconti più tragici che fanno del loro viaggio, di tutta questa avventura tragica dal loro Paese di origine all’Italia, è appunto la loro permanenza, in alcuni casi di sei mesi o più, anche di anni, all’interno di quel Paese.

D. - Qual è il vostro auspicio o meglio quali sono le richieste che fate alle autorità?

R.  – Che ci sia una presenza definita, chiara, con la possibilità che le organizzazioni internazionali possano visitare queste persone e soprattutto chiediamo che la popolazione più vulnerabile, donne e bambini, non vivano queste situazioni di detenzione, che almeno queste persone vengano fatte uscire da questi servizi. Quindi chiediamo chiaramente alle autorità che rilascino donne in stato di gravidanza, donne con neonati, bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni di età, persone disabili e persone di qualsiasi sesso e età che siano in gravi condizioni di salute.

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Terra Santa: bassi tassi di crescita dei cristiani in Israele

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Alla vigilia del Natale, l'Ufficio centrale di statistica d'Israele ha fornito dati sui cittadini israeliani di fede cristiana che offrono un contributo significativo riguardo alla condizione e alle linee di crescita delle comunità cristiane nello Stato Ebraico. Attualmente – riferiscono le fonti ufficiali riprese dall'agenzia Fides su dati aggiornati alla fine del 2015 - i cittadini cristiani d'Israele sono 170.000 pari al 2% della popolazione. Il 78,9% dei cittadini cristiani in Israele sono arabi. Gli altri sono cristiani immigrati in Israele con i parenti negli anni scorsi, e riconosciuti come cittadini israeliani grazie alla “Legge del Ritorno”. Buona parte di questo ultimo gruppo è rappresentata da immigrati giunti in Israele dall'ex Unione Sovietica, durante gli anni Novanta del secolo scorso.

Tasso di crescita dei cristiani più basso e tendente all'invecchiamento
Rispetto ai dati pubblicati in precedenza, la crescita della popolazione cristiana nel suo complesso è pari al 1,5% ed è più bassa rispetto alla crescita registrata presso la popolazione ebraica (1,9%) e quella musulmana (2,4%). Anche la composizione per età della popolazione cristiana denota una tendenza all'invecchiamento: tra la popolazione cristiana, la percentuale di giovani fino a 19 anni è al 28,2%, inferiore a quella che si registra tra la popolazione ebraica (34,3%) e tra la popolazione musulmana (46,9%). Tra i cristiani, la percentuale degli ultra-65enni raggiunge l'11,0%, rispetto al 13,0% che si registra tra gli ebrei e al 3,8% che si registra tra i musulmani.

Numero medio dei figli delle donne cristiane più basso rispetto a ebree e musulmane
Tra gli uomini cristiani, l'età media al primo matrimonio nel 2014 era di 29,4 anni, mentre tra le spose cristiane era di 25.2 anni. Nel 2015 dalla donne cristiane sono nati 2.669 bambini (di cui circa il 74% da donne cristiane arabe). Tra le famiglie cristiane, il numero medio di figli fino a 17 anni è di 1,9, cifra più bassa rispetto a quelle che si registrano tra le famiglie ebree (2.3) e tra quelle famiglie musulmane (2.8). Le città dove, con dati aggiornati alla fine del 2015, si registra la presenza di un maggior numero di cristiani sono Nazareth (circa 22.300), Haifa (15.300), Gerusalemme (12.400). (G.V.)

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Sant'Egidio: guida per poveri. Stato e burocrazia frenano solidarietà

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“Roma dove mangiare, dormire, lavarsi”. Torna la guida per i poveri, 2017, redatta da 27 anni dalla Comunità di Sant’Egidio. 235 pagine, con oltre 600 indirizzi di strutture e servizi, rivolti a persone italiane e straniere bisognose di ogni tipo di assistenza: disoccupati, senza fissa dimora, alcolisti e tossicodipendenti, giocatori d’azzardo, detenuti, donne vittime della tratta, minori. La guida - presentata stamane alla stampa - sarà distribuita gratuitamente in 12 mila copie. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Le povertà materiali e morali sono in aumento – ha denunciato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio - ma cresce la solidarietà:

R. – Devo dire che l’Anno giubilare della Misericordia ha suscitato tante nuove energie di bene e di sostegno alle persone più povere, che troviamo nella nostra città di Roma, che vediamo agli angoli delle strade e in tante altre situazioni di difficoltà e di precarietà. Quindi noi abbiamo registrato un aumento della solidarietà non solo della nostra comunità di Sant’Egidio ma di tante associazioni e parrocchie, che si sono messe a disposizione delle persone più povere. Certo è che la povertà aumenta, registriamo ancora quasi 8 mila persone che non hanno una dimora fissa nella nostra città, le strutture di accoglienza sono ancora troppo poche e poco si è fatto soprattutto a livello istituzionale per trovarne di nuove.

D. – Lei ha detto: “Dalla crisi si esce insieme”. Ma con chi e come?

R.  – Il nostro è un mondo di persone sole, si è poveri anche perché si è soli. Si è poveri anche perché non si hanno prospettive di uscita dalla crisi. Qui si pone il problema di un nuovo accordo tra le istituzioni pubbliche e il mondo del volontariato e i cittadini che hanno tanta voglia di fare ma che spesso non trovano a causa di modi complicati o di una burocrazia fredda e tante volte colpevole di trovare le vie concrete per uscire dalla crisi.

Per contrastare la povertà - ha aggiunto Impagliazzo - occorre agire su due fronti, quello della casa – ci sono 26 mila domande in attesa per le case popolari a Roma – e il lavoro, non basta un reddito di cittadinanza se non è finalizzato a dare un’occupazione. E poi sostenere le famiglie con tre o più figli. E non dimenticare anche le comunità Rom in povertà assoluta. Poi un aneddoto sulla burocrazia che frena: c’è stato un bando pubblico per servizi ai poveri – ha raccontato Impagliazzo – disertato da tutti perché è stato impossibile capire e soddisfare le richieste per concorrere!

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 357

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.