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Sommario del 23/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: Dio si fa uomo per camminare con noi ogni giorno

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La Chiesa si prepara a vivere il Natale del Signore. Papa Francesco presiederà la Messa della Notte domani sera alle 21.30 nella Basilica di San Pietro. Domenica 25 dicembre, alle 12.00, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana rivolgerà il suo messaggio natalizio al mondo e impartirà la Benedizione “Urbi et Orbi”. Il servizio di Sergio Centofanti:

Sarà il quarto Natale di Papa Francesco, che in un tweet scrive: “Il Signore si fa uomo per camminare con noi nella vita di ogni giorno”. La celebrazione eucaristica della Messa della Notte sarà introdotta dal tradizionale canto della Kalenda che annuncia la nascita di Gesù, Signore e centro della storia. 

Durante la Messa della Notte, la preghiera dei fedeli sarà, com’è da tradizione, in varie lingue. In cinese si pregherà perché la Chiesa sia sempre custodita “nell’integrità della fede” e sia “casa accogliente per ogni uomo che cerca la gioia vera”; in francese si pregherà per i governanti perché siano orientati “all’edificazione della civiltà dell’amore”; in arabo si pregherà “per chi vive nelle tenebre del peccato e dell’errore” affinché “la luce di Dio fatta carne vinca la notte del loro cuore e mostri loro la bellezza della comunione con Dio”; in malayalam si pregherà per i bambini perché la loro vita sia custodita “nella purezza” e, infine,   in russo si pregherà per i poveri e le persone sole perché “l’Emmanuele, presente nella carne di un bambino, li consoli nelle loro afflizioni e li faccia sentire preziosi agli occhi del Padre”.

Papa Francesco esorta tutti a vivere un Natale cristiano, ad imitazione del Natale di Betlemme, dove Dio ha voluto capovolgere i valori del mondo facendosi piccolo in una stalla, piccolo con i piccoli e povero con i poveri . “Restiamo in silenzio - è l’invito del Papa – e lasciamo che sia quel Bambino a parlare” perché è questo Bambino che “ci insegna che cosa è veramente essenziale nella vita” (Messa della Notte di Natale 2015).

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Gli aiuti del Papa per la crisi umanitaria in Ucraina

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A nome di Papa Francesco, verrà erogata a Natale la prima tranche di aiuti per la crisi umanitaria in Ucraina. Si tratta di una somma di quasi 6 milioni di euro, sui 12 già raccolti, destinata a oltre 2 milioni di beneficiari senza distinzione di religione, confessione o appartenenza etnica, in particolare nelle regioni di Donetsk e Lugansk, Zaporizhia, Kharkiv e Dnepropetrovsk. Lo riferisce un comunicato del Pontificio Consiglio Cor Unum.

A seguito della colletta straordinaria, indetta da Papa Francesco il 24 aprile 2016 nelle chiese d’Europa, in favore delle popolazioni colpite dal conflitto, la Santa Sede, attraverso il Pontificio Consiglio Cor Unum, aveva coordinato la costituzione di un Comitato tecnico in loco, presieduto da S.E. Mons. Jan SobiƂo, Vescovo ausiliare di Kharkiv-Zaporizhia, e che opera in contatto con il Nunzio apostolico in Ucraina, S.E. Mons. Claudio Gugerotti.

Dall’inizio dell’attività, nel mese di luglio, il Comitato, che ha sede a Zaporizhia, ha selezionato e valutato i progetti di aiuto presentati da organismi di carità cristiani e da agenzie internazionali. Il Comitato, ora, finanzierà 20 progetti “di larga scala” (per importi singoli fino a 250 mila euro) e 39 iniziative “di solidarietà” (per importi fino a 20 mila euro). La somma verrà ripartita, in collaborazione con la Nunziatura apostolica, a sostegno delle opere di assistenza nei settori alimentare, abitativo, medico e igienico.

Secondo un recente rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR), il conflitto, che prosegue tuttora, da aprile 2014 al 1° dicembre 2016 ha provocato 9758 morti e 22779 feriti.

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Predica d'Avvento, Cantalamessa: Gesù desidera nascere nei cuori

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Quarta e ultima predica di Avvento stamani nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, alla presenza di Papa Francesco e della Curia Romana. Nel ciclo “Beviamo, sobri, l’ebbrezza dello Spirito”, la predica odierna è stata dedicata al tema “Incarnato per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine”. Il servizio di Giada Aquilino

È Gesù stesso a desiderare di nascere “nel nostro cuore”. Questa l’atmosfera del Natale nelle parole di padre Raniero Cantalamessa, ripercorrendo l’evento di Betlemme, il “più importante” di tutti i tempi. Il mondo in cui si muovono Maria e Giuseppe, osserva, “non era meno agitato di oggi”:

“Le notizie di atti di terrorismo, di guerre, di masse costrette, come allora, a lasciare le proprie case e per le quali, come per Maria e Giuseppe, ‘non c’è posto nell’albergo’, si accavallano e ci raggiungono ormai in tempo reale”.

Solo chi sarà “capace di mettere a tacere tutto”, fuori e dentro di sé e, “con la grazia dello Spirito Santo”, prenderà coscienza – spiega il predicatore della Casa Pontificia - di quello che ricordiamo nel giorno della natività di Cristo, potrà dire di aver “fatto” Natale: si tratta di una celebrazione che esige di essere “compresa nel suo significato per noi”. San Leone Magno, ricorda il cappuccino, spiegava che “i figli della Chiesa sono stati generati con Cristo nella sua nascita, come sono stati crocifissi con lui nella passione e risuscitati con lui nella risurrezione”. All’origine di tutto, c’è il dato biblico, compiutosi in Maria: la Vergine diventa Madre di Gesù “per opera dello Spirito Santo”:

“Tale mistero storico, come tutti i fatti della salvezza, si prolunga a livello sacramentale nella Chiesa, nella liturgia, nell’Eucaristia; e a livello morale nella singola anima credente. Maria, Vergine e Madre, che genera il Cristo per opera dello Spirito Santo, appare così il ‘tipo’, o l’esemplare, la figura perfetta, della Chiesa e dell’anima credente”.

Nel Vaticano II si riprende tale visione, soprattutto nei capitoli che la Costituzione ‘Lumen Gentium’ dedica alla Madonna: Ella è “esemplare e modello della Chiesa”, chiamata ad essere “nella fede” vergine e madre e l’anima credente, imitando le virtù di Maria, “fa nascere e crescere Gesù nel suo cuore e nel cuore dei fratelli”. Padre Cantalamessa si sofferma sul ruolo dello Spirito Santo che “agì nel cuore di Maria, illuminandolo e infiammandolo di Cristo, prima ancora che nel seno di Maria, riempiendolo di Cristo”:

“Lo Spirito che scende su Maria è, dunque, lo Spiritus creator, che miracolosamente forma dalla Vergine la carne di Gesù; ma è anche di più, e cioè: acqua viva, fuoco, amore e unzione spirituale”.

L’incarnazione fu vissuta da Maria come un evento “carismatico” che, spiega il predicatore della Casa Pontificia, la rese il modello dell’anima “fervente nello Spirito”: sperimentò, “per prima”, “la sobria ebbrezza dello Spirito”: l’umiltà della Vergine dopo l’incarnazione appare come “uno dei miracoli più grandi della grazia divina” che introduce al concetto di “maternità divina” di Maria, cioè all’essere “madre di Dio”. Una maternità fisica, metafisica - cioè, come spiegava Sant’Ignazio di Antiochia, Gesù è “Figlio di Dio e di Maria” – e spirituale, quindi “del cuore, oltre che del corpo”. Ed è lo Spirito Santo a invitarci a ritornare proprio “al cuore”, per celebrare in esso un Natale “più intimo e più vero”, che renda “vero” anche il Natale che celebriamo all’esterno, nei riti e nelle tradizioni:

“Gesù stesso desidera nascere nel nostro cuore più, infinitamente di più, di quanto noi desideriamo che nasca: desidera nascere. Anzi, in questi ultimi giorni di Avvento, dobbiamo nella fede - se ci crediamo - pensarlo proprio così, immaginare Gesù così. Come quando, nell’imminenza del Natale, i suoi genitori bussavano di porta in porta per cercare un posto dove nascere. E Lui sta dicendo anche a noi: ‘Ecco, io sono alla porta e busso, mi farai nascere’?”.

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Card. Parolin: lavorare seriamente per eliminare cause terrorismo

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E' necessario lavorare seriamente per eliminare le cause del terrorismo: è quanto ha detto il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, commentando i recenti attentati a Berlino e Ankara. Il porporato ha parlato a margine dell’inaugurazione della nuova struttura del Ceis di Roma dedicata ad accogliere le donne vittime di violenze. Ascoltiamo il porporato al microfono di Michele Raviart

R. – Siamo naturalmente molto addolorati per quanto è successo. Ancora una volta la Santa Sede condanna questo tipo di violenza che si scaglia contro gli innocenti e che in questo clima di festa e di gioia del Natale rende ancora più brutali questi atti, questa violenza. Rimane il discorso di sempre: dobbiamo lottare contro il terrorismo con tutti i mezzi legali che ci sono dati e, nello stesso tempo, tutti dobbiamo lavorare seriamente per eliminare le cause che sono all’origine di questo fenomeno.

D. - Lunedì scorso è stato ucciso anche l’ambasciatore russo ad Ankara, quindi, neanche la diplomazia è più intoccabile. Che significato ha questo per l’area del Medioriente e per il futuro della crisi in Siria?

R. – Certamente tutto questo è molto preoccupante. D’altra parte ormai l’atmosfera è un po’ quella. Quindi bisogna veramente lavorare per creare un’atmosfera di pace altrimenti poi queste sono le conseguenze. Ci dispiace, siamo profondamente addolorati anche per questa vicenda che non serve a creare un clima di maggiore intesa e di maggiore collaborazione in vista anche di un negoziato in Siria. Però è importante che tutti, ognuno dal suo punto di vista e dalla sua posizione, ci sforziamo di creare condizioni in cui si possa vivere davvero in pace e in collaborazione.

Il cardinale Parolin è poi intervenuto sul discorso alla curia di Papa Francesco: 

R- Il Papa ha fatto un grande appello: quello alla conversione. Ha continuamente martellato su questa idea della conversione; anche le riforme strutturali servono a ben poco, se al fondo non c’è veramente un cambiamento del cuore di ciascuno. Credo che sia questo il messaggio da cogliere di fronte a situazioni che sono presenti anche nella Chiesa e che a volte possono anche un po’ sconcertare, però l’invito per noi che viviamo e che siamo parte di questa realtà è di accettare la chiamata alla conversione, quindi cambiare proprio il cuore. Questo è il messaggio di sempre di Gesù.

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Ceis. Inaugurata la "Casa di Sara" per donne vittime di violenza

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Si chiama “Casa di Sara” ed è intitolata a Sara di Pietrantonio, la ragazza 22enne barbaramente uccisa nella sua auto a Roma lo scorso 22 maggio, la nuova struttura dedicata le donne vittime di violenza all’interno del Ceis di Roma. L’appartamento può ospitare fino a cinquanta persone ed è stata inaugurata ieri alla presenza del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, e del sindaco di Roma Virginia Raggi. Il servizio di Michele Raviart

Il “femminicidio” è una “strage di innocenti”, con una vittima ogni tre giorni e l’omicidio di Sara di Pietrantonio “fa parte di una catena che sembra senza fine”. Così il cardinale Pietro Parolin si è rivolto ai genitori della ragazza uccisa dal suo ex-fidanzato in una strada di Roma. Durante la Messa di Natale al Ceis, il centro italiano di solidarietà fondato da Don Mario Picchi, ha portato loro l’abbraccio e la preghiera di Papa Francesco, dopo aver ricordato l’importanza di una struttura per le donne vittime di violenza:

"Certamente questo è un momento nel quale diamo una testimonianza proprio forte, grazie anche all’inaugurazione di questa nuova struttura, del rifiuto di questo tipo di realtà e di lotta concreta per aiutare le donne che si trovano in questa situazione. Quindi mi pare un segno di speranza. C’è una grande carenza di questo tipo di strutture; ne servirebbero molte di più. Comunque, è un segno che va nella giusta direzione".

Questo nuovo appartamento all'interno del Ceis, centro specializzato nel recupero dalle tossicodipendenze ma già attivo con presidi anti-violenza, va a colmare un vuoto strutturale in Italia, come spiega Roberto Mineo, presidente del Ceis:

"La Casa di Sara è una casa che ospiterà 20 donne in difficoltà con bambini. Questa idea nasce ovviamente dall’esigenza del momento in cui c’è questo problema di proporzioni veramente immani. Calcoliamo che in Italia ci sono circa 500 posti residenziali per questa tipologia di intervento, mentre ce ne dovrebbero essere 5700".

Durante l’Anno Santo, Papa Francesco aveva chiesto una sorta di “monumento alla misericordia” in ogni diocesi per aiutare chi ne ha bisogno, dagli anziani, ai bambini abbandonati. In questo senso si colloca la “Casa di Sara”. Virginia Raggi, sindaco di Roma:

"Questa apertura è importante perché la violenza sulle donne è un fenomeno purtroppo crescente. Le istituzioni, le associazioni, la cittadinanza e le persone devono riuscire a dare una risposta a chi è vittima di queste violenze e, soprattutto, devono riuscire a dare una risposta e far veder che siamo presenti anche a tutte quelle donne che non hanno ancora la forza di denunciare e che continuano a subire in silenzio. Per cui la società deve iniziare a dare risposte ad un bisogno che c’è e che troppo spesso viene represso da noi stesse donne. Quindi noi dobbiamo iniziare a far vedere che ci siamo".

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Papa nomina vescovo ausiliare in Guinea e nuovo direttore del Fas

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Il Papa ha nominato un vescovo ausiliare in Guinea e il nuovo direttore del Fas. Lo rende noto il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Musei Vaticani: intervista con il nuovo direttore Barbara Jatta

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Prima conferenza stampa questa mattina per il nuovo direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, che succederà ad Antonio Paolucci il primo gennaio 2017. Chiamata da Papa Francesco ad essere la prima donna della storia a guidare i musei, di cui era vice-direttore dal giugno scorso, Barbara Jatta è stata per 20 anni alla Biblioteca Apostolica Vaticana, dove era responsabile del Gabinetto delle Stampe. Il servizio di Marina Tomarro

''Sono sempre stata apprezzata e stimata per il mio lavoro e di questo ne sono grata''. Grande la gioia e l’emozione di Barbara Jatta, prima donna nella storia alla guida del terzo museo più visitato al mondo. Saranno Musei Vaticani con una "Visiione femminile"? Ascoltiamo il suo commento:

R. – Saranno più che con una visione femminile, con la mia sensibilità ma con la sensibilità di tutto lo straordinario staff che fa parte dei Musei Vaticani. Abbiamo professionisti delle diverse discipline, non soltanto curatoriali ma di restauro, di conservazione, di gestione organizzativa di questa macchina: perché – non dimentichiamolo – questa è una grande azienda che ha tanti dipendenti, ha soprattutto necessità non soltanto di avere attenzione per l’aspetto curatoriale ma anche per quello organizzativo. E quindi sono due facce di uno stesso corpo che devono lavorare insieme, in armonia.

D. – Quali sono i progetti sui quali lavorerà nei prossimi mesi?

R. – Non c’è dubbio: i progetti vari di restauro che sono in programmazione per il 2017; abbiamo in previsione una grande mostra in collaborazione con il Museo Ebraico di Roma sulla Menorah, nel Braccio di Carlo Magno: noi saremo gli ospitanti in questa sede e ci sarà una sede anche nel Museo Ebraico. E poi, tante altre mostre: una mostra a Lisbona in occasione del viaggio del Papa a Fatima e tanti, tanti altri progetti nei diversi campi. Adesso, elencarli tutti è difficile, in poche battute …

D. – Ha avuto occasione di incontrare già Papa Francesco?

R. – L’ho visto a maggio; dopo la mia nomina non l’ho ancora ri-incontrato, ma non gli metto fretta: quando lui vorrà, molto volentieri lo incontrerò.

Nella conferenza stampa, il neo-direttore ha parlato anche della vicinanza dei Musei Vaticani alle popolazioni colpite dal sisma, dove sono stati inviati diversi restauratori volontari: “Fino ad oggi - ha spiegato - sono state recuperate 25 chiese, 6 cicli di affreschi e numerose opere importanti”. E per aiutare i territori, i punti di ristori all’interno dei Musei saranno riforniti da prodotti provenienti dalle zone terremotate. Inoltre, la Jatta ha annunciato che tra un mese sarà lanciato su Internet il nuovo sito web dei Musei Vaticani.

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Oggi in Primo Piano



Ucciso a Milano il killer di Berlino. Era arrivato dalla Francia

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A cinque giorni dalla strage di Berlino, si è conclusa in Italia la fuga di Anis Amri. Il tunisino che ha lanciato un Tir sul mercatino di Natale nella capitale tedesca è stato ucciso alle 3 di questa notte dalla polizia a Sesto San Giovanni, nel Milanese, in seguito di una sparatoria innescata dopo un normale controllo. Ferito anche un agente che non è in pericolo di vita. Il governo di Berlino esprime gratitudine all’Italia. Marco Guerra

Solo in mattinata inoltrata si è saputo che l’uomo ucciso dalla Polizia di Stato a Sesto San Giovanni è Anis Amri, l’autore della strage di Berlino costata la vita a 12 persone. Il giovane tunisino, che era a piedi, è stato accostato da una volante alle 3 di notte in piazza 1° Maggio, di fronte alla stazione, e alla richiesta dei documenti, ha estratto una pistola e ha sparato agli agenti che hanno risposto al fuoco, uccidendolo. La conferma della sua identità è poi arrivata dall’esame delle impronte digitali. Nel conflitto a fuoco è stato colpito alla spalla l’agente Christian Movio; operato all’ospedale di Monza è fuori pericolo di vita. Ad uccidere il terrorista è stato invece un agente in prova al Commissariato di Sesto, Luca Scatà, di 29 anni.

Amri è arrivato in Italia dalla Francia, ha attraversato il confine dalla Savoia e ha raggiunto Torino. Da qui ha preso poi un treno per Milano dove è arrivato attorno all'una di notte. Infine dalla Stazione centrale si è spostato a Sesto San Giovanni, qui ha incrociato i due agenti. Della ragione per la quale l'uomo si trovasse lì si occuperà l'anti-terrorismo di Milano che ipotizza coperture a Sesto. “L'attenzione resta massima, le minacce non vanno sottovalutate”, ha commentato il premier Gentiloni, ringraziando i due agenti. Il governo tedesco ha espresso gratitudine all’Italia ma da più parti si alzano le polemiche sulla mobilità dell’uomo attraverso i confini europei. Sul tema dei controlli e della sicurezza sentiamo il segretario del sindacato di Polizia Silp-Cgil, Daniele Tissone:

R. – Certamente l’azione di oggi ci dice che i controlli in Italia funzionano come abbiamo potuto vedere, al di là delle polemiche che qualcuno potrebbe in questi momenti, in queste ore insinuare, nel senso di dire: “Ma, come è possibile che questa persona si aggirasse liberamente in Italia?”. Tuttavia non conoscendo noi ancora l’esatto profilo criminale dell’attentatore – se si trattasse di un lupo solitario, se apparteneva a una cellula bene organizzata - è difficile anche la tracciabilità dello stesso. Semmai, dovremmo chiederci, interrogarci – se è vero che veniva dalla Francia attraverso la Germania – come mai non sia stato fermato prima.

D. – Infatti, stupisce la mobilità attraverso l’Europa di questo terrorista. Questo deve spingere le intelligence europee a cooperare di più, ad integrare il loro lavoro?

R. – L’abbiamo sempre detto, che il ruolo fondamentale che viene esercitato dall’informazione a livello info-investigativo è essenziale. Ci fa piacere che l’abbia ricordato anche di recente il neo-ministro Marco Minniti che ha detto che sull’intelligence noi ci giochiamo una partita importante, perché avere uno scambio di informazioni reali in tempo reale, immediato è fondamentale. Dopodiché questo ci dice anche che il fenomeno terroristico è transnazionale, è un fenomeno che non ha un confine ben delineato nel continente europeo e che quindi anche gli spostamenti sono difficilmente tracciabili, soprattutto quando queste persone non si servono di carte di credito o di documenti che permettano il rintraccio dei medesimi con estrema sicurezza. Direi che però comunque questo è un fatto da ascrivere all’alta professionalità delle forze di polizia italiane, che sono riuscite – almeno da questo punto di vista – a rendere un po’ più serene queste festività. Purtroppo è imprevedibile, veramente imprevedibile, questo fenomeno ed è un fenomeno che può riguardare tutti, ogni città europea, ogni cittadina, ogni paese e quindi l’allerta dev’essere in ogni caso massima ovunque.

D. – Siamo in prossimità delle feste natalizie: dobbiamo quindi aspettarci città ancora più blindate, o questi servizi di intelligence e di controllo potranno essere fatti senza cambiare le abitudini delle persone?

R. – Io credo che i cittadini italiani, ma anche quelli europei, non debbano farsi spaventare o intimorire da questi attentati. Il problema di fondo è che sta mutando lo scenario riguardo a quelli che una volta venivano definiti obiettivi sensibili, nel senso che ogni obiettivo può purtroppo dirsi sensibile, anche in ragione del fatto che la cosa che stimola e che poi porta al conseguimento di questi attentati è rendere l’azione eclatante e poterla portare sui giornali e sui media. Quindi, il problema grosso dell’investigazione, oggi, è quello – e lo ripeto ancora una volta – di avere una conoscenza piena e approfondita delle persone sospette, delle persone che possono commettere reati di questo tipo, ed è importante trasmettere al più presto le informazioni che sono necessarie e nevralgiche per avere in tempo reale una conoscenza delle persone e delle situazioni e degli eventuali spostamenti.

D. – Da una parte l’intelligence, dall’altra anche il controllo del territorio con sistemi tradizionali. Abbiamo visto che alla fine il terrorista è stato fermato da una pattuglia …

R. – Certamente. Il tema del controllo del territorio è importante: oggi dobbiamo agire principalmente sull’intelligence, sullo scambio delle informazioni e, appunto, un controllo del territorio da parte delle forze di polizia, quelle che sono competenti e abilitate a poter effettuare questi controlli: l’Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato, la Guardia di finanza, la Polizia locale … C’è bisogno di un controllo più capillare.

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Siria: esercito riconquista Aleppo. Zenari: con guerra tutti perdenti

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La città siriana di Aleppo è tornata totalmente sotto il controllo dell’esercito di Damasco. L’Unicef ieri aveva diffuso l’allarme bambini, parlando di 4 mila ancora intrappolati e a rischio morte, mentre sono quasi 40 mila le persone evacuate dalla citta da metà dicembre. Secondo il nunzio apostolico a Damasco, card. Mario Zenari, sono profonde le ferite da rimarginare. Il servizio di Giancarlo La Vella

Ha ormai i torni dell’ufficialità la riconquista di Aleppo da parte dell’esercito siriano. A parlare in prima persona è il presidente Assad, secondo il quale l’ingresso nella città rappresenta una vittoria, non solo per la Siria, ma anche per gli alleati russi ed iraniani. Attenuatosi il conflitto, rimane sempre alta l’emergenza umanitaria per i civili che hanno subito settimane di bombardamenti. Intanto l’Assemblea Generale dell'Onu ha approvato la formazione di una commissione indipendente per procedere a indagini e processi per crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Siria. Che cosa cambia ora, dopo la conquista di Aleppo da parte di Damasco? Lo abbiamo chiesto al nunzio apostolico in Siria, card. Mario Zenari:

R. – Io ripeto sempre che non ci sono vincitori in questo conflitto siriano e tutti sono perdenti: la comunità internazionale nel suo insieme è perdente, perché non ha saputo evitare queste tragedie, come anche l’ultima di Aleppo… Vorrei anche ricordare quanto ha detto il presidente italiano Sergio Mattarella: “Aleppo è una ferita per la coscienza di ciascuno di noi: tutti sono perdenti, tutti siamo perdenti”. Fa riflettere quanto è successo ad Aleppo: veramente un’azione che pesa un po’ sulla coscienza di tutti.

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Congo: decine di morti nelle proteste contro Kabila

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Esplode la violenza nella Repubblica Democratica del Congo: le forze di sicurezza hanno ucciso almeno 40 manifestanti che protestavano contro il presidente Kabila che si è rifiutato di lasciare il potere alla scadenza del suo secondo e ultimo mandato. Quasi 500 le persone arrestate. Procede in questo clima la mediazione tra il capo di Stato e le opposizioni: pare si sia raggiunta una prima bozza di accordo secondo la quale il presidente dovrà dimettersi entro la fine del 2017. Francesco Gnagni ne ha parlato con padre Loris Cattani, missionario saveriano e conoscitore del Paese: 

R. – Ancora non si è arrivati alla firma dell’accordo, però ci sono alcune grandi linee che potrebbero essere confermate. Per esempio, il presidente Kabila rimarrebbe nelle sue funzioni fino alle prossime elezioni presidenziali che dovrebbero essere organizzate entro la fine del 2017, probabilmente nel mese di settembre, contrariamente all’accordo firmato il 18 ottobre che prevedeva l’organizzazione delle consultazioni presidenziali, le direttive nazionali e quelle provinciali, entro il mese di aprile 2018. Quindi questo periodo di transizione - chiamiamolo così - durerebbe solo 12 mesi, un anno, invece di un anno e mezzo. Una seconda caratteristica è questa: nell’accordo figurerebbero due clausole. Prima clausola: durante questo periodo di transizione non ci sarà alcun tentativo di revisione della Costituzione né per via parlamentare né per via referendaria. Seconda clausola: il presidente Kabila non si presenterà alle prossime elezioni presidenziali, quindi non si presenterà per il terzo mandato. Un’altra caratteristica è che il comitato di monitoraggio per l’applicazione dell’accordo sarebbe denominato Consiglio nazionale per la transizione. Questo è ancora molto incerto. Questo organismo sarebbe presieduto dallo stesso Étienne Tshisekedi, presidente del Comitato dei saggi, del raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, il raggruppamento dell’opposizione.

D. - Ci sono stati anche numerosi morti, sembra quasi 40…

R. - Queste vittime si sarebbero potute evitare se la classe politica si fosse messa in un atteggiamento di dialogo. Fin dall’inizio, la classe politica ha cercato di difendere gli interessi dei due blocchi. Il blocco della maggioranza presidenziale per mantenersi al potere - la classe politica al potere non è riuscita o non ha voluto organizzare le elezioni entro i tempi previsti dalla Costituzione - ma la responsabilità casca anche sull’opposizione, secondo me, che ha tentato di risolvere il famoso contenzioso elettorale del 2011 mettendo in secondo piano la sicurezza della popolazione.

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Gli auguri del card. Bagnasco per un Natale di pace e serenità

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Questa mattina il cardinale Angelo Bagnasco ha incontrato i giornalisti presso la Curia di Genova per il consueto messaggio di auguri per le festività natalizie. Un pensiero rivolto all’importanza del Natale come momento per rinsaldare i legami a cominciare dalla famiglia. L'arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana ha dunque mostrato apprensione per lo stato di solitudine che affligge oggi l’umanità, ma anche per la mancanza di occupazione e il calo di nascite in Italia. Infine, l’invito a non cedere alla paura del terrorismo. Il servizio di Sabrina Spagnoli

“Un Natale di serenità e di pace per tutte le famiglie e per il nostro Paese”, questo l’augurio che il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, ha dedicato nel tradizionale messaggio di auguri in vista del Natale. Il porporato ha sottolineato l’importanza del Presepe quale simbolo e messaggio universale di tenerezza che non deve assolutamente sparire e che ci ricorda che il Figlio di Dio è sceso tra noi per salvarci dalle nostre solitudini. Un auspicio, questo, a riscoprire e stringere i rapporti con chi ci sta accanto, in una società che spinge l’individuo costantemente verso l’isolamento e la fragilità dell’essere. Una fragilità che trova riscontro nella quotidianità a causa della mancanza di stabilità dovuta alla grave crisi in cui versa l’Italia, per questo le priorità per i genovesi e gli italiani tutti dovranno essere occupazione e incremento della natalità. 

Nel capoluogo ligure sta crescendo il turismo, ha affermato il porporato, data la vocazione portuale e industriale della città, ma le imprese devono essere difese in ogni modo per non essere depauperate delle eccellenze, parte della storia di Genova. Bagnasco ha espresso inoltre rammarico per il drammatico calo demografico perché “senza figli non esiste futuro”, “dove si spegne la speranza dal punto di vista spirituale – ha continuato il cardinale - certamente non vi è grembo di vite nuove”. Infine l’invito a non cadere nel panico e non cedere di fronte gli attacchi terroristici, come accaduto recentemente in Germania. “La risposta migliore – ha spiegato – è duplice: sicurezza e cultura”, perché “se diventiamo più consapevoli delle nostre radici, della nostra cultura, queste schegge impazzite si trovano più isolate. “si dialoga solo quando – ha concluso Bagnasco - entrambe le parti hanno qualcosa di buono e di interessante da dire”.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 358

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.