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Sommario del 01/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a consacrati: vostro non è status sociale, evitate chiacchiere

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Evitare il “terrorismo delle chiacchiere”, che costituiscono “una bomba”. Non pensare ai soldi, che non danno la speranza vera riposta “solo” nel Signore, e pregare per il dono di nuove vocazioni, perché le comunità invecchiano e i monasteri sempre più spesso sono “portati avanti da 4-5 suore vecchiette”. Questa l’esortazione di Papa Francesco nel ricevere in Aula Paolo VI i partecipanti al Giubileo della Vita Consacrata, che ricorre domani: nella festa della Presentazione del Signore, il Pontefice presiederà alle 17.30 la Santa Messa per i consacrati in occasione del loro Giubileo, nella 20.ma Giornata ad essi dedicata, e a chiusura dell’Anno della Vita Consacrata. Il servizio di Giada Aquilino

L’obbedienza forte non è quella “militare”, non è “disciplina”, ma è “donazione del cuore”, come quella del Figlio di Dio “che si è annientato, si è fatto uomo per obbedienza fino alla morte di Croce”. Papa Francesco ancora una volta ha scelto di consegnare il discorso preparato, affidandolo al cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata, e incontrando 5 mila consacrati - in chiusura dell’Anno ad essi dedicato, iniziato il 30 novembre 2014 - ha parlato a braccio di ciò che gli è venuto ”dal cuore”.

Siate uomini e donne profeti
Ha riflettuto sui concetti di profezia, prossimità e speranza che costituiscono per loro il mandato del Pontefice. Ha ricordato che Cristo “non è stato anarchico, non ha chiamato i suoi a fare una forza di resistenza contro i suoi nemici”, ha scelto “l’obbedienza” al Padre. Questa è la “profezia” di fronte all’anarchia che, ha spiegato, è “figlia del diavolo”:

“La profezia è dire alla gente che c’è una strada di felicità, di grandezza, una strada che ti riempie di gioia, che è proprio la strada di Gesù. È la strada di essere vicino a Gesù. È un dono, è un carisma la profezia e lo si deve chiedere allo Spirito Santo: che io sappia dire quella parola, in quel momento giusto; che io faccia quella cosa in quel momento giusto; che la mia vita, tutta, sia una profezia. Uomini e donne profeti”.

Avvicinarsi alla gente, cristiani e non cristiani
Soffermandosi poi sulla parola “prossimità”, il Papa ha invitato a essere uomini e donne consacrate non per allontanarsi “dalla gente e avere tutte le comodità”:

“No, per avvicinarmi e capire la vita dei cristiani e dei non cristiani, le sofferenze, i problemi, le tante cose che si capiscono soltanto se un uomo e una donna consacrati diventano prossimo: nella prossimità”.

Essere consacrati non è uno status
Ha invitato a guardare a Santa Teresa del Bambin Gesù, Patrona delle missioni, che “con il suo cuore ardente” e le lettere che riceveva dai missionari era “più prossima alla gente”. Diventare consacrati, ha sottolineato, “non significa salire uno, due, tre scalini nella società”:

“Per i consacrati non è uno status di vita che mi fa guardare gli altri così, con distacco. La vita consacrata mi deve portare alla vicinanza con la gente: vicinanza fisica, spirituale, conoscere la gente”.

Evitare terrorismo delle chiacchiere, sono una ‘bomba’
E l’altro, il “vero prossimo”, può essere colui che si incontra nei “quartieri poveri”, ma anche “il fratello o la sorella della comunità”, anelando alla virtù “forse più difficile” - come diceva l’Apostolo Giacomo - “del dominare la lingua”:

“Un modo di allontanarsi dai fratelli e dalle sorelle della comunità è proprio questo: il terrorismo delle chiacchiere. Sentite bene: non le chiacchiere, il terrorismo delle chiacchiere. Perché chi chiacchiera è un terrorista. È un terrorista dentro la propria comunità, perché butta come una bomba la parola contro questo, contro quello, e poi se va tranquillo. Distrugge! Chi fa questo distrugge, come una bomba”.

Impegno per l’Anno della Misericordia
Perché “la bomba di una chiacchiera” nella comunità non è prossimità, “è fare la guerra”, allontanarsi, “provocare distanze” e anarchia:

“E se, in questo Anno della Misericordia, ognuno di voi riuscisse a non fare mai il terrorista chiacchierone o chiacchierona, sarebbe un successo per la Chiesa, un successo di santità grande! Fatevi coraggio!".

Il calo delle vocazioni
Passando al concetto di speranza e riallacciandosi alle parole di saluto del cardinale Joao Braz de Aviz, che aveva presentato al Santo Padre i partecipanti all’incontro internazionale dedicato in questi giorni a Roma al tema “Vita Consacrata in comunione”, il Papa si è soffermato sul calo delle vocazioni, sulle comunità che invecchiano, sui monasteri “portati avanti da 4-5 suore vecchiette”:

“Alcune Congregazioni fanno l’esperimento della 'inseminazione artificiale'. Che cosa fanno? Accolgono… 'Ma sì, vieni, vieni, vieni…'. E poi, i problemi che ci sono lì dentro… No. Si deve accogliere con serietà! Si deve discernere bene se questa è una vera vocazione e aiutarla a crescere. E credo che contro la tentazione di perdere la speranza, che ci dà questa sterilità, dobbiamo pregare di più. E pregare senza stancarci”.

Vera speranza solo nel Signore non nei soldi
Il Signore “non mancherà la sua promessa”, ma – ha esortato ancora Francesco – l’invito è a pregare con l’“intensità” con cui lo faceva Anna, madre di Samuele, invocando il dono di un figlio. “Perché c’è un pericolo”:

“Quando una Congregazione religiosa vede che non ha figli e nipoti e incomincia a essere sempre più piccola, si attacca ai soldi. E voi sapete che i soldi sono lo sterco del diavolo. Quando non possono avere la grazia di avere vocazioni e figli, pensano che i soldi salveranno la vita e pensano alla vecchiaia: che non manchi questo, che non manchi quest’altro… E così non c’è speranza! La speranza è solo nel Signore! I soldi non te la daranno mai. Al contrario: ti butteranno giù”.

Il ruolo delle consacrate nella Chiesa
Quindi, un pensiero speciale alle consacrate, a “cosa sarebbe la Chiesa se non ci fossero le suore”, che si trovano negli ospedali, nei collegi, nelle parrocchie, nei quartieri, nelle missioni, ma anche nei cimiteri. Si tratta di donne che assieme a tanti uomini hanno dato la loro vita per il Signore, magari lontani dalle loro terre d’origine:

“Hanno preso le malattie, queste febbri di quei Paesi, hanno bruciato la vita… Tu dici: questi sono santi! Questi sono semi! Dobbiamo dire al Signore che scenda un po’ su questi cimiteri e veda cosa hanno fatto i nostri antenati e ci dia più vocazioni, perché ne abbiamo bisogno”.

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Papa: essere umili, ferite corruzione guariscono difficilmente

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L’umiltà è la strada della santità. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice si è soffermato sulla vicenda del Re Davide che, consapevole del proprio peccato, accetta le umiliazioni con spirito di fiducia nel Signore. Ancora, il Papa ha ammonito che Dio perdona il peccato, “ma  le ferite di una corruzione difficilmente guariscono”. Il servizio di Alessandro Gisotti

Re Davide “è a un passo dall’entrare nella corruzione”, ma il profeta Nathan, inviato da Dio, gli fa capire il male che aveva compiuto. Papa Francesco si è soffermato nell’omelia sulla figura di Davide, “peccatore ma santo”.

Le ferite di una corruzione difficilmente guariscono
Davide è dunque peccatore ma non corrotto, perché - annota il Papa - “un corrotto non se ne rende conto”:

“Ci vuole una grazia speciale per cambiare il cuore di un corrotto. E Davide, che aveva il cuore nobile, ancora: ‘Ah, è vero: ho peccato!’, riconosce la sua colpa. E cosa dice Nathan? ‘Il Signore perdona il tuo peccato, ma la corruzione che tu hai seminato crescerà. Tu hai ucciso un innocente per coprire un adulterio. La spada non si allontanerà mai dalla tua Casa’. Dio perdona il peccato, Davide si converte ma le ferite di una corruzione difficilmente guariscono. Lo vediamo in tante parti del mondo”.

Davide si trova a dover affrontare il figlio Assalonne, ormai corrotto, che gli fa guerra. Ma il re riunisce i suoi e decide di lasciare la città e lascia tornare indietro l’Arca, non usa Dio per difendersi. Se ne va “per salvare il suo popolo”. “E questa – rileva Francesco – è la strada di santità che Davide, dopo quel momento in cui era entrato nella corruzione, incomincia a fare”.

Re Davide si affida a Dio e così passa dal peccato alla santità
Davide dunque piangendo e con il capo coperto lascia la città e c’è chi lo insegue per insultarlo. Fra costoro, Simei che gli dice “sanguinario”, lo maledice. Davide accetta questo perché, afferma il Papa, pensa che “se maledice, è perché il Signore” glielo ha detto:

“Poi Davide disse ai suoi servi: ‘Ecco, il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita’. Assalonne. ‘E allora, questo beniaminita lasciatelo maledire, poiché glielo ha ordinato il Signore’. Davide sa vedere i segni: è il momento della sua umiliazione, è il momento nel quale lui sta pagando la sua colpa. ‘Forse il Signore guarderà alla mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi’, e si affida nelle mani del Signore. Questo è il percorso di Davide, dal momento della corruzione a questo affidamento nelle mani del Signore. E questa è santità. Questa è umiltà”.

“Io – riprende Francesco – penso che ognuno di noi, se qualcuno ci dice qualcosa, una cosa brutta", “subito cerchiamo di dire che non è vero”. Oppure facciamo come Simei: “Diamo una risposta più brutta ancora”.

I cristiani abbiano la grazia dell’umiltà
“L’umiltà – sottolinea – soltanto può arrivare a un cuore tramite le umiliazioni. Non c’è umiltà senza umiliazioni, e se tu non sei capace di portare alcune umiliazioni nella tua vita, non sei umile”. E’ semplice, è “matematico”, rafforza il Papa:

“L’unica strada per l’umiltà è l’umiliazione. Il fine di Davide, che è la santità, viene tramite l’umiliazione. Il fine della santità che Dio regala ai suoi figli, regala alla Chiesa, viene tramite l’umiliazione del suo Figlio, che si lascia insultare, che si lascia portare sulla Croce – ingiustamente … E questo Figlio di Dio che si umilia, è la strada della santità. E Davide, con il suo atteggiamento, profetizza questa umiliazione di Gesù. Chiediamo al Signore la grazia, per ognuno di noi, per tutta la Chiesa, la grazia dell’umiltà, ma anche la grazia di capire che non è possibile essere umili senza umiliazione”.

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Udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, mons. Marcelo Daniel Colombo, vescovo di La Rioja (Argentina), Mons. Hugo Nicolàs Barbaro, Vescovo di San Roque de Presidencia Roque Sáenz Peña (Argentina),  e Madre Zulema Nelly Zayas, superiora generale della Società "Hijas del Divino Salvador".

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"Testimoni del Risorto": Atti del Corso per nuovi vescovi

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Testimoni del Risorto”, il titolo del libro edito dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev), che riporta gli Atti del Corso annuale di formazione per i nuovi vescovi. Il volume è stato presentato stamani nella Sala Stampa vaticana dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, insieme a mons. Ilson de Jesus Montanari, segretario del medesimo dicastero e a mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, relatore del Corso. Il servizio di Roberta Gisotti

1.500 i presuli, da ogni angolo del mondo, partecipanti in 15 anni ai Corsi di formazione, l’ultimo nel settembre 2015, organizzati dalla Congregazione per i vescovi. Giorni di convivenza, scambio fraterno, discussioni, incontri con il Papa, la Curia romana, delegati di episcopati. Una ricchezza di contenuti che si vuole per la prima volta condividere attraverso gli Atti – ha sottolineato il cardinale Ouellet – con il pubblico di lettori, per averne osservazioni e suggerimenti.

“A fronte delle sfide del mondo attuale nel campo della comunicazione, dei diritti, della prevenzione degli abusi, della spiritualità, non possiamo rimanere indietro nello sforzo di riforme e aggiornamento di strutture e prassi per essere all’altezza di un mondo sempre più globalizzato”.

“Formazione permanente – ha spiegato il porporato – significa imparare a dialogare”. Anzitutto dialogare con “Dio stesso, che vuole non solo essere servito da funzionari competenti”, ma “essere amato da amici fedeli”, “disposti a dare la vita per Lui”. Poi, “con il Popolo di Dio che attende di essere nutrito dalla Parola di Dio” e “con le altre Chiese in uno spirito di solidarietà episcopale, ecumenica ed aperta alle sfide sociali, geopolitiche e culturali del momento presente”.

Infatti, essere Vescovi oggigiorno è dedicarsi ad un ministero difficile, che non può essere vissuto se non in comunione gli uni con gli altri, grazie a una consapevolezza profonda dell’identità ecclesiale del pastore e di conseguenza del suo servizio alla comunione universale e particolare”.

Ha fatto eco alle parole del cardinale Ouellet, mons. Montanari:

“In questo mondo frantumato, che richiede una vicinanza paziente, con attenzione agli stadi di crescita personale, il Papa invoca Pastori che vegliano sul loro popolo, centrati sull’essenziale, realmente vicini alla gente attraversata da varie forme di sofferenza”.

Sebbene “non esistano, in ogni caso, corsi per imparare a ‘fare il vescovo’”, questi sono utili, ha osservato mons. Cacucci, e se il vescovo “non può arrivare a tutto” per esperienza consiglio ai nuovi presuli – ha detto – di incontrare personalmente tutti i preti della loro diocesi “senza eccezione”. Questo non è “clericalismo” – ha chiarito – ma “unità sacramentale tra vescovi e presbiteri”...

“…in un tempo di super-attivismo e di frammentazione, il vescovo è chiamato, oggi più che mai, a essere l’uomo della sintesi e ad aiutare i “fratelli e amici” preti – cosi come indica il Concilio – preti a ricercare l’essenziale. Fonte di ispirazione è sempre lo ‘stile’ di Gesù con i suoi ‘amici’ apostoli”.

Tra le domande dei giornalisti, una sottolineatura sulla gestione amministrativa delle diocesi, tema di cui si è occupato il Corso con l’apporto del cardinale Pell. Non escludo – ha risposto il cardinale Ouellet – che oltre alla normativa canonica, a volte non canonica, a volte non rispettata, causando così problemi, possa essere utile anche un vademecum di esperienze in materia. 

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RV, "Radio Racja" rilancia intero palinsesto in bielorusso

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Sessantasei anni dal primo input lanciato dai suoi microfoni, la programmazione della Radio Vaticana in lingua bielorussa sarà ripresa integralmente e quotidianamente ritrasmessa a partire dal primo febbraio 2016. A rilanciare il palinsesto bielorusso della Radio del Papa sarà “Radio Racja Bielorusso”, emittente della minoranza bielorussa in Polonia che trasmette in onde FM e raggiunge una parte significativa del territorio occidentale della Bielorussia e anche parte della Polonia e della Lituania. Le trasmissioni si svolgono in lingua bielorussa dal territorio polacco.

Pubblico più ampio per il Papa
“È interessante notare - rileva Aliaksandr Panchanka, collega del Programma bielorusso – che Radio Racja non è un’emittente religiosa”: i suoi programmi, spiega,“sono generalmente dedicati a temi politici, economici, sociali e culturali” e dunque  “per la Redazione Bielorussa della Radio Vaticana si tratta di un evento molto importante perché, per la prima volta nella sua storia di 66 anni, i programmi saranno ritrasmessi quotidianamente e integralmente da un’altra emittente radiofonica. Si aprono, così, nuove possibilità per portare le parole del Papa ad un pubblico sempre più ampio”. (A.D.C.)

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, in apertura: Tre parole chiave affidate dal Pontefice alle persone consacrate: Profezia, prossimità, speranza.

Di spalla: Non si arginano i massacri di Boko Haram. Popolazioni nigeriane senza difesa.

A fondo pagina: Nel numero di febbraio di «donne chiesa mondo». Le associazioni femminili cristiane.

In cultura, Una narrazione al femminile della Shoah: "L’abominio di Ravensbrück" di Anna Foa.

"In memoria di Girolamo Arnaldi, Un medievista aperto al suo tempo" di Agostino Paravicini Bagliani.

Dopo Castelporziano alla scoperta della Caserma dei Corazzieri.

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Oggi in Primo Piano



Siria. slitta avvio colloqui a Ginevra, tensioni per armi russe

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“È improbabile che inizino oggi”. Così un portavoce dell'inviato dell'Onu per la Siria, Staffan de Mistura, si è espresso circa l’avvio dei colloqui indiretti tra governo siriano e opposizione per il cessate-il-fuoco in Siria. Da parte loro le opposizione hanno fatto sapere che non accetteranno di prendere parte ai negoziati con il governo se prima non saranno soddisfatte le loro richieste in campo umanitario. E mentre l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, il principe giordano Zeid Ra'ad al-Hussein, chiede che nessuna amnistia sia concessa a chi si è macchiato di crimini di guerra o contro l'umanità in Siria, nuove tensioni arrivano dopo la notizia del dispiegamento da parte dei russi di aerei da guerra e batterie missilistiche a Latakia, dove Mosca è impegnata in difesa di Assad. Sulla situazione della popolazione, Emanuela Campanile ha raccolto la testimonianza di Anton Barbu, responsabile dei progetti della onlus Avsi A Damasco: 

 R. – Il nostro obiettivo è dare aiuto in una emergenza che ormai dura da cinque anni in questo Paese. Un’emergenza alla quale fino ad ora non vediamo la fine: speriamo che con tutte queste trattative vi sia una fine politica. Noi viaggiamo con beni di prima necessità in diversi quartieri di Damasco, che sono vicini alla zona colpita, in particolare portiamo aiuti igienico-sanitari e acqua potabile.

D. – Come riuscite a ottenere tutto quel materiale che poi vi serve per questo tipo di assistenza?

R. – La maggior parte del materiale deve venire da fuori, specialmente dal Libano, perché come sapete la Siria è un Paese sotto embargo – un embargo illegale, come dicono anche le Nazioni Unite. Siamo una delle poche agenzie internazionali che lavorano qua: siamo solo 16 organizzazioni internazionali. E’ chiaro che noi siamo ospiti del governo siriano, in questo Paese, e dobbiamo lavorare nelle zone che il governo indica come sicure. Per questo, per ogni spostamento servono tanti permessi… È un Paese molto controllato, dal punto di vista della sicurezza.

D. – Quindi, ci sono anche delle zone che non potete raggiungere?

R. – Sì, oltre 450 mila persone vivono in zone isolate, sotto assedio delle forze ribelli.

D. – Quindi, nessuno riesce ad addentrarsi in quelle aree?

R. – Ogni tanto, le Nazioni Unite con la Croce Rossa e la Mezzaluna siriana riescono a dare un po’ di supporto in quella zona, dopo lunghe, lunghe trattative tra i ribelli e le Nazioni Unite e il governo. Le agenzie umanitarie possono aiutare sui convogli, ma non possono essere parte dei convogli.

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Nigeria: nuova strage di Boko Haram, oltre 90 morti

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Una nuova strage in Nigeria ad opera del gruppo terroristico Boko Haram, oltre novanta morti nel piccolo villaggio di Dalori a Nord del Paese a pochi chilometri dalla capitale Abuja. Tra le vittime, purtroppo, anche molti bambini. Sono ormai 20 mila i morti e 2 milioni e mezzo gli sfollati che fuggono, da cinque anni, dagli attacchi dei terroristi africani affiliati all’Is. Stefano Pesce ha raggiunto al telefono padre Patrick Tor Alumuku, direttore delle Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Abuja: 

R. – Ultimamente i militari stanno attaccando l’ultima parte del Borno, in cui ci sono ancora gruppi di Boko Haram; e Boko Haram, fuggendo, sta facendo nuovi gruppi per attaccare i villaggi. A Dalori hanno attaccato il villaggio e hanno ucciso tante persone…

D. – Com’è la situazione adesso?

R. – Adesso ci sono tante persone che stanno fuggendo dal Borno: ci sono migliaia di persone qui, intorno alla città di Abuja, che cercano di trovare un posto in cui alloggiare. Ma ci sono migliaia di persone intorno alla città di Abuja. La Chiesta sta cercando, in tutti i modi, di trovare cibo per queste persone, ma anche vestiti e medicine. Stiamo cercando di fare del nostro meglio per loro.

D. – Per quanto riguarda la tattica di Boko Haram: prima colpivano centri di potere, adesso si accaniscono contro piccoli villaggi indifesi. Lei cosa ne pensa?

R. – Sì. Ultimamente con il nuovo governo di Buhari, Boko Haram è stata quasi sconfitta. Però Boko Haram è un movimento, un movimento di guerriglia, che non è presente soltanto in un luogo ed è quindi difficile sapere chi fa parte di Boko Haram e chi no. Purtroppo questo è quello che stiamo vivendo adesso… Però, se lo paragoniamo a quanto accadeva prima, che andavano ad attaccare una città intera, possiamo dire che non hanno più quella stessa potenza: ora vanno nei piccoli paesi, nei villaggi, in cui uccidono perché cercano di trovare da mangiare per sopravvivere laddove si trovano.

D. – Voi come state? La Chiesa come vive questi momenti sotto l’attacco di Boko Haram? Vi sentite sostenuti dalla Comunità internazionale e dall’Unione Africana o vi sentite abbandonati?

R. – La Nigeria si sente veramente abbandonata in questo momento, perché il governo ha tutta la sua attenzione su Boko Haram, ma ci sono tante persone che fuggono da Boko Haram: quindi bisogna organizzare dei campi in cui ci possa essere attenzione alla loro salute… Però in questo momento solo la Chiesa e qualche organizzazione stanno cercando di dare un po’ di aiuto e conforto. Manca l’appoggio internazionale, che dovremmo avere!

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Corsa alla Casa Bianca: in Iowa, riflettori su Trump e Clinton

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Al via oggi in Iowa, negli Usa, la stagione dei caucus e delle primarie del Partito democratico e di quello repubblicano. Una corsa lunga cinque mesi che porterà alla scelta dei delegati che parteciperanno alle due convention del prossimo luglio, dalle quali usciranno i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Secondo i sondaggi e le stime degli ultimi giorni, tra i repubblicani, Trump dovrebbe superare di oltre cinque punti percentuali il senatore texano Ted Cruz. Più incerta la battaglia in campo democratico, con Hillary Clinton (46,8%) di poco avanti a Bernie Sanders (44,3%). Primo dato che emerge al momento è il grande coinvolgimento di giovani. Fausta Speranza ne ha parlato con l’americanista Nico Perrone, docente all’Università di Bari: 

R. – I giovani sembrano particolarmente attivi. Partecipano a tutte queste prime fasi.

D. – Grande afflusso di giovani, ma i protagonisti invece, per la media americana, non sono affatto giovani...

R. – Ma anche per la media nostra non sono affatto giovani! Hillary Clinton non è giovane. L’altro candidato, Sanders, sempre dalla parte democratica, non è giovane. Sono un pochino più giovani - e neanche poi tanto - dall’altra parte. Il giovanilismo assoluto non c’è questa volta.

D. – Sembrano prevalere in qualche modo, almeno a questo avvio di corsa elettorale, gli estremismi: da una parte Trump per i repubblicani; dall’altra Sanders, che addirittura ha sdoganato il termine “socialista”…

R. – Sì, estremisti “con l’occhio americano”. Diciamo che c’è una radicalizzazione maggiore. Non si va verso l’appiattimento del centro, ma verso una radicalizzazione in un senso e nell’altro. Sono fatti nuovi: per l’America sono fatti decisamente nuovi.

D. – Vogliamo dire qual è l’humus da cui nasce tutto ciò? La crisi economica è stata superata, ma il fantasma resta: è così?

R. – Nei fatti la crisi non è ancora superata... La crisi ha una dimensione globale, di cui l’America non può non risentire. Quindi, tutto sommato, la crisi è sempre all’orizzonte, è sempre alle spalle e davanti agli occhi.

D. – Che dire anche della paura del terrorismo? Dopo l’11 settembre c’è stata una lunga parabola, però poi fatti recenti hanno riaperto il discorso sulla sicurezza negli Stati Uniti…

R. – I fatti recenti hanno riaperto assai il discorso, anche se l’impressione che si ha è che in Europa si avvertano molto di più questi timori che negli Stati Uniti. Sia perché gli Stati Uniti sono stati in tempi recenti – lasciamo stare il passato – meno colpiti di quanto non lo sia stata l’Europa. Sia perché l’interesse centrale è ancora l’economia. E quindi non ci si fa distrarre neppure dal terrorismo.

D. – Qualcos’altro da dire di questo primo avvio in Iowa, che tradizionalmente, secondo alcuni, segnerebbe i nomi decisivi?

R. – Sì, secondo alcuni segnerebbe i nomi decisivi, perché in passato talvolta è stato così. Ma, dell’avvio cosa possiamo dire? Possiamo dire che Trump gioca tutte le sue carte in modo molto spettacolare, fortemente conservatore, ma non si può mai dire se sia così conservatore fino in fondo o se utilizzi questa tecnica per catturare una parte dell’elettorato. Dall’altra parte, invece, c’è una maggiore radicalizzazione anche lì.

D. – Abbiamo parlato del ruolo dei giovani. Diciamo qualcosa anche delle donne visto che in questo caso una protagonista è donna. Ci può essere maggiore coinvolgimento, secondo lei?

R. – Insomma, io lo avverto meno... Ho l’impressione che i giovani stiano giocando un ruolo molto più significativo delle donne questa volta. I giovani sempre con questa stranissima contrapposizione: giovani che partecipano a tutti i preliminari delle elezioni, e quindi si presume che parteciperanno poi anche alle votazioni per quanto possibile. E invece i candidati che tendono a non essere più tanto giovani. Questi sono due dati che sembrano in contraddizione, ma probabilmente i giovani sono forse più tranquillizzati dall’età. 

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Unioni civili: al Senato l’esame di costituzionalità

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Domani inizia al Senato l’esame delle pregiudiziali di costituzionalità del testo sulle unioni civili. In caso di bocciatura delle pregiudiziali, dal 3 febbraio prederà il via il voto sui singoli articoli del Ddl. Per il voto finale non è stata ancor fissata a una data, ma sul dibattito parlamentare si fa sentire la voce del popolo delle famiglie riunitosi per il "Family day" di sabato scorso a Roma. Il Comitato promotore chiede infatti che il testo venga ritirato e che si torni in Commissione. Marco Guerra ha raccolto il commento di Filippo Vari, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università Europea di Roma: 

R. – Questa settimana entra nel vivo il dibattito parlamentare sul disegno di legge Cirinnà nell’Aula del Senato. Ci sono diverse questioni pregiudiziali relative alla costituzionalità del disegno di legge. Per una grande parte della società civile, che poi ha trovato espressione nell’incontro del "Family Day" di sabato scorso, questo disegno di legge contrasta con la Costituzione sia per ragioni sostanziali sia per ragioni procedurali. Sotto il profilo sostanziale, questo disegno di legge contrasta con la Costituzione italiana che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, le assegna una posizione preferenziale. Qui, invece, il disegno di legge Cirinnà da un rilievo pubblico a forme di convivenza che nella società hanno una funzione diversa rispetto alla famiglia, e le equipara al regime della famiglia. Poi, ci sono tutti i profili relativi alla tutela dei minori – l’adozione del figlio del convivente – che in realtà acconsentono, nell’ordinamento, dei progetti omo-parentali. Il vero tema è che tramite questa norma due persone dello stesso sesso andranno all’estero, daranno vita a pratiche di procreazione assistita vietate dalla legge – due donne o due uomini, tramite l’utero in affitto – e poi torneranno in Italia e sarà che a un bambino l’ordinamento consentirà di dare anziché un padre e una madre, come è sempre stato finora, due padri o due madri. Poi, c’è un terzo aspetto procedurale perché questo disegno di legge sarebbe il primo della storia italiana, quantomeno repubblicana, a essere approvato senza essere mai stato esaminato da una Commissione parlamentare: la Costituzione all’articolo 72 stabilisce che i disegni di legge sono esaminati prima in Commissione e poi in Aula: qui si va direttamente in Aula e questa è una grave violazione procedurale. E’ come fare una sentenza senza fare l’istruttoria. Voglio comunque sottolineare che la Costituzione dà questo regime premiale alla famiglia non perché i coniugi si vogliano più bene rispetto a altre persone – magari ci sono due coniugi che litigano tutta la vita – ma perché riconosce che la famiglia, all’interno della società, ha una funzione che è diversa, che è speciale, che è unica rispetto a tutte le altre forme di convivenza: proprio per questa funzione sociale della famiglia, la Costituzione le assegna un regime premiale.

D. – In caso di bocciatura delle pregiudiziali, dal 3 febbraio inizia la discussione sul disegno di legge. Quali sono gli articoli più contestati e controversi?

R. – E’ tutto l’impianto del disegno di legge che è omogeneo. Cioè, il disegno di legge dà rilievo pubblico alle convivenze delle persone dello stesso sesso, le equipara alla famiglia e poi riconosce appunto questa possibilità di dar vita a progetti omo-parentali. Una volta che si pongono i conviventi omosessuali sullo stesso piano della famiglia fondata sul matrimonio, poi è chiaro che quello è un piano inclinato, una strada percorrendo la quale ci si incammina verso le adozioni. Poi, magari, non sarà questa volta il legislatore ma poi probabilmente o la Corte costituzionale o la Corte europea dei diritti dell’uomo o un nuovo intervento legislativo andrà in questa direzione.

D. – Sarà confermata la libertà di coscienza per i parlamentari del Pd? E cosa comporta il voto segreto?

R. – Il voto segreto comporta che chiaramente non è riconducibile la scelta che viene compiuta singolarmente da ciascun senatore al partito di appartenenza, perché non si sa chi ha espresso quelle determinate posizioni. E’ da auspicare che sia lasciata libertà di coscienza a tutti i senatori: una libertà di coscienza vera da parte dei partiti vuol dire libertà di coscienza su tutto, non sui singoli articoli. Però, in realtà, queste poi sono scelte che resteranno interne ai partiti. In realtà, su questi temi in tutte le democrazia mature, quando ci sono stati questi progetti di legge, c’è stato un ampio dibattito democratico; è stata lasciata libertà di scelta ai deputati. Invece, qui direi che il dibattito democratico – e questa è un’altra delle cose gravissime di questo disegno di legge – è stato compresso in maniera illegittima in contrasto con quello che prevede la Costituzione in proposito.

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Gela. Mons. Gisana: sugli operai Eni si fa a scaricabarile

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Sono 14 i giorni consecutivi della protesta dei lavoratori della raffineria Eni di Gela, in Sicilia, contro il mancato rispetto del protocollo d'intesa che prevede l'avvio del processo di riconversione per la produzione di bio-carburanti, degli interventi di bonifica delle aree dismesse e la creazione di nuovi posti di lavoro per il personale dell'indotto. Blocchi stradali impediscono gli accessi alla superstrada 626. Ieri, il vescovo di Piazza Armerina, mons. Rosario Gisana, ha portato agli operai la solidarietà di Papa Francesco. Luca Collodi ha intervistato il presule: 

R. – Ci si trova di fronte a una situazione davvero ingarbugliata. Il problema è legato a prospettive che non sembrano così auree. Credo che a Gela ci sia veramente una sorta di “scaricabarile” – senza voler dare nessun tipo di giudizio – perché, da una parte, avendo contattato i vari componenti di questa vicenda colgo in un certo senso un loro parziale interessamento, ma poi di fatto non si riesce a coagulare nulla. Vengo a sapere che alla fine si sta soltanto puntando a un ripristino degli ammortizzatori sociali, che comunque non risolvono il problema. Parliamo, realmente, della sopravvivenza di queste famigliole che purtroppo si trovano ora in grave disagio perché hanno i mutui da pagare, le bollette, oltre che chiaramente gli alimenti. Allora, c’è davvero un gioco vizioso – mi permetto di usare questo termine – perché non si riesce a capire da dove bisogna partire per poter in qualche modo frenare, limitare, per lo meno sconvolgere questo circolo vizioso. Da una parte si aspettano autorizzazioni per lo stabilimento, dall’altra si sentono sotto accusa perché ovviamente ci sono, bisogna anche dirlo, delle situazioni che hanno compromesso l’ambiente, quindi ci si accusa a vicenda. Però, poi, ad andarci di mezzo sono i poveri.

D. – Un anno fa, proprio a Gela, ci fu un incontro tra dirigenti Eni, la Regione Sicilia, governo e sindacati. Tutti erano d’accordo nella riconversione della raffineria Eni per la produzione di energia pulita …

R. – Lei fa riferimento al protocollo di intesa che potrebbe – se venisse attuato – avviare almeno per un ventennio un po’ di lavoro, non solo a Gela, ma nel comprensorio. Il problema, però, purtroppo è che tutto è paralizzato. Non si può partire perché si aspettano le autorizzazioni, che però non arrivano perché ci sono delle accuse di fondo che ovviamente interessano il Ministero dell’ambiente – quindi a livello nazionale – e così di seguito a livelli più bassi. Poi, c’è il disinteressamento, dall’altra parte, bisogna anche dirlo, del governo regionale che ad un certo punto, stando a quello che ho sentito dai sindacati, ha anche alzato le mani. Vorrei che si arrivasse a un punto, cioè che in questa occasione – non voglio fare il moralista – siamo un po’ meno egoisti e pensare a queste cinquemila persone che nel giro di poco tempo possono veramente trovarsi in una situazione anomala. Le  colpe non pendono solo da una parte. Bisogna considerare anche che c’è tutto un sistema mafioso, subdolo, che evidentemente alimenta questo disagio. La zona di Gela ha bisogno! Purtroppo, se non si riesce a intervenire in maniera seria, in prospettiva, credo che la delinquenza potrà ancora di più attecchire e continuare l’azione malavitosa.

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Israele. Muro del Pianto: uomini e donne pregheranno insieme

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In Israele il governo di Netanyahu ha approvato un piano per la creazione di uno spazio misto davanti al Muro del Pianto a Gerusalemme. In questa area uomini e donne non saranno separati, ma potranno pregare insieme. Si tratta di un provvedimento, da diversi mezzi di informazione definito “storico”, legato anche alla politica estera israeliana. E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente, Janiki Cingoli: 

R. – E’ un tentativo di Netamyahu di ricercare un contatto con i “reform” americani: occorre tener presente che i “reform” negli Stati Uniti sono maggioritari e quindi, certamente, Netanyahu non può permettersi di compromettere questo rapporto.

D. – Il governo israeliano ha superato forti resistenze …

R. – Gli ultraortodossi del governo si erano ovviamente battuti contro la possibilità che le donne con lo scialle rituale potessero accedere direttamente al Muro del Pianto. Le due parti fino ad oggi, erano totalmente segregate. Uomini e donne erano separati, come prescrive la tradizione all’interno dell’ebraismo ortodosso. E’ una battaglia che dura da 28 anni. Questa volta, la mediazione è stata quella di creare quest’area mista. Una soluzione che lascia insoddisfatta sia le femministe più integraliste sia gli ortodossi più integralisti. Ma è una soluzione, tuttavia, che segna un momento di distinzione e, soprattutto, la volontà di Netanyahu di ricercare un contatto e un’alleanza con i “reform” americani che invece si sentono – come dire – cacciati ai margini dalle pressioni dell’area integralista interna al governo.

D. – Può questa scelta in qualche modo influire anche su altri fattori che porteranno ad ulteriori cambiamenti nel ruolo della donna nell’ebraismo?

R. – Credo che ci sia una pressione del movimento delle donne che è forte e che è importante. E c’è anche una pressione della componente “reform”, soprattutto negli Stati Uniti d’America. Tuttavia, occorre tenere presente che questo genera fortissime contraddizioni all’interno del governo Netanyahu che si fonda su un solo voto di maggioranza all’interno della Knesseth. E quindi tutto questo andrà avanti con grande cautela.

D. – Un’altra importante novità è che la nuova Spianata del Muro del Pianto non sarà più controllata dagli ortodossi, ma sarà amministrata da rappresentanti sia della corrente conservatrice, sia di quella progressista …

R. – Questo è indubbio. Sostanzialmente il tentativo iniziale, quando è stato formato questo governo in cui gli ortodossi sono determinanti, è stato quello di riappropriarsi della interpretazione complessiva dell'ebraismo da parte dei gruppi ortodossi più integralisti. Questo tentativo ha generato forti contrasti con i “reform” americani. Questo ed altri passi di Netanyahu vanno, invece, nel senso di un rapporto più largo per non pregiudicare una situazione già compromessa sul piano politico dai rapporti, certamente non molto positivi, che si sono sviluppati con la presidenza Obama.

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Il "Mondo Migliore" e l'impegno per la pace in Colombia

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In un Paese che cerca faticosamente di lasciarsi alle spalle la lunga stagione della lotta armata tra governo e ribelli delle Farc, la Chiesa è in Colombia presenza autorevole e ascoltata in tutte le sue espressioni. Una di esse, impegnata in campo spirituale e pastorale, è il Movimento per un Mondo Migliore, fondato nel 1952 dal gesuita, padre Riccardo Lombardi. Il vicedirettore del Movimento in Colombia, don Fidel Suárez – già direttore del gruppo promotore a Roma e direttore del corso di laurea in Teologia dell’Università Monserrate dell’Arcidiocesi di Bogotá – descrive il lavoro del Mondo Migliore nel Paese sudamericano. L'intervista, da Bogotà, è di Alvaro Vargas Martino: 

R. – Padre Riccardo Lombardi venne in Colombia già nel 1951, credo per la prima volta, e il gruppo come tale si è organizzato verso il 1968. Da allora, fino ad oggi, si è sviluppato con la partecipazione di laici, vescovi e sacerdoti delle diverse diocesi del Paese.

D. – Il lavoro che attualmente svolge il Movimento per un Mondo Migliore in Colombia in cosa consiste?

R. – In Colombia si è sviluppato specialmente il progetto diocesano, che si chiama "Progetto Diocesano di Rinnovamento e di Evangelizzazione", il quale fa parte del terzo tempo delle esercitazioni avviate da padre Riccardo Lombardi già dal 1952, a partire del "Proclama per un Mondo Migliore" di Pio XII.

D. – In questo senso, lo spirito originario della fondazione, di padre Riccardo Lombardi, come si applica nel lavoro attuale del movimento in Colombia?

R. – Si applica proprio nella linea  della spiritualità, nelle esercitazioni e nella forma comunitaria degli Esercizi ignaziani. Per questo, il lavoro principale nelle diocesi con le quali il Movimento collabora si svolge specialmente a partire della spiritualità. Ad esempio, negli ultimi quattro anni, le esercitazioni - in una versione nuova e rinnovata - si sono già sviluppate nelle 23 diocesi in cui è presente il Movimento e sono arrivate a seguire queste esercitazioni circa cinquemila persone.

D. – In questo lavoro, una particolare attenzione è rivolta alla formazione…

R. – Giusto. Una formazione rivolta alla parte operativa delle diocesi. Noi collaboriamo con la formazione dottrinale, teologica, spirituale, ma anche con la traduzione di essa in forma di pianificazione per l’organizzazione organica la pastorale delle diocesi. E’, più o meno, questa la modalità della formazione, di una formazione nei diversi aspetti: spiritualità, formazione teologica-pastorale e la formazione specifica verso l’azione, cioè la programmazione e la pianificazione.

D. – Del lavoro che per 12 anni ha svolto a Roma con il Movimento per un Mondo Migliore cosa applica attualmente in quello che svolge in Colombia?

R. – I 12 anni della mia esperienza a Roma sono stati molto importanti per capire meglio le radici della spiritualità ignaziana e la versione speciale che ne ha fatto padre Riccardo Lombardi con le Esercitazioni per un Mondo Migliore. Nel 2008, abbiamo organizzato all’Università Gregoriana un piccolo convegno per cercare di capire quale sia stato l’apporto di padre Riccardo Lombardi alla spiritualità. Ho illustrato, in una conferenza da me tenuta, la linea originaria di Sant’Ignazio, la linea comunitaria di padre Riccardo Lombardi e - nell’ultimo libro “Chiesa e Regno di Dio” - anche una linea futura auspicabile, con una spiritualità planetaria, una spiritualità più universale, per il dialogo con le religioni.

D. – Molto in linea con l’attuale Pontificato di Papa Francesco riguardo il dialogo interreligioso. E a questo proposito, qual è il futuro del lavoro del Movimento in Colombia?

R. – Oltre alla collaborazione con i vescovi nel progetto diocesano, la linea da seguire nel futuro sarebbe quella di essere presenti anche in diversi ambienti: la politica, la cultura, l’educazione, per essere, sulla base delle Esercitazioni per un Mondo Migliore, di aiuto e di ispirazione in questo momento importante per la Colombia, quello cioè del post-conflitto. Se quest’anno si arriverà alla firma della pace, stiamo già preparando una nuova tappa del Movimento. E stiamo pensando anche a un progetto speciale dedicato ai giovani, per la loro presenza nella “veeduría ciudadana” ("osservatorio cittadino"), per la formazione fede-politica e per una presenza che sia specialmente di aiuto nei diversi ambienti per la costruzione di un futuro nuovo per la Colombia.

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Nella Chiesa e nel mondo



Card. Bo: attacchi alla famiglia più pericolosi di atomica e terrorismo

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L’Asia e l’Africa "lottano per la sopravvivenza di famiglie povere, oppresse. Le nazioni ricche hanno deviato l’attenzione dalla povertà e dall’oppressione, parlando di nuove forme di famiglie, di nuove forme di genitorialità. Più ancora della bomba atomica, del terrorismo, un pericolo mortale si affaccia sull’umanità intera, perché alcune nazioni hanno scelto la via della distruzione della famiglia attraverso le leggi”. È quanto ha sottolineato il card Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e legato pontificio, nell’omelia della Messa conclusiva del 51° Congresso eucaristico internazionale, che si è svolto a Cebu (Filippine) dal 25 al 31 gennaio.

La famiglia deve essere protetta, promossa e nutrita
Incentrato sul tema “Cristo in voi, speranza della gloria” - riferisce l'agenzia AsiaNews - l’appuntamento è stato occasione di confronto sul tema dell’evangelizzazione e della missione non solo in Asia, ma in tutto il mondo. Il cardinale ha usato parole durissime contro quanti minacciano la base della vita e l’unione familiare. Esaltando, al contempo, il ruolo della Filippine quale faro dell’evangelizzazione per il terzo millennio. “L’Eucaristia è seminata all’interno della famiglia - ha spiegato il card. Bo - e germoglia al suo interno. La famiglia è il luogo della prima comunione. La famiglia è il nucleo primario della Chiesa” ed è il luogo in cui “ogni giorno si spezza il pane”. Per questo, avverte, “deve essere protetta, promossa e nutrita”. 

Il più grande pericolo per l’umanità oggi è la distruzione della famiglia
“Papa Francesco - prosegue il porporato - ha espresso tre grandi preoccupazione negli ultimi tre anni che riguardano il mondo intero: famiglia, ingiustizia ambientale, ingiustizia economica. Ma il più grande pericolo per l’umanità oggi è la distruzione della famiglia. Purtroppo, anche in seno alla Chiesa cattolica si fatica a capire il pericolo terribile che corre la famiglia”. 

L’Eucaristia ha rafforzato i rapporti tra le Chiese di vari Paesi
Illustrando la settimana di incontri e riflessioni appena conclusa, l’arcivescovo di Yangon ha ricordato che “veniamo da molte nazioni, parliamo lingue diverse. Ma come nel giorno di Pentescoste, l’Eucaristia rafforza i nostri rapporti”. Questo è un momento “di Grazia”, impreziosito dall’ospitalità delle Filippine e dei suoi abitanti, che il porporato birmano definisce “apostoli del sorriso”. 

La centralità delle Filippine nella missione del terzo millennio
Proprio nell’omelia, il porporato birmano ha inoltre voluto sottolineare la centralità delle Filippine nella missione del terzo millennio. All’unica nazione asiatica a maggioranza cattolica, avverte il porporato, destinata a “gloria, prosperità e spiritualità”, spetterà il compito di “essere luce non solo per l’Asia, ma per il mondo intero”. “Le Filippine - ha detto - hanno bisogno di speranza. La Chiesa ha bisogno di speranza. Le nostre famiglie hanno bisogno di speranza. Il mondo di oggi ha gran bisogno di una parola di quattro lettere: Hope (speranza)”. In questo senso le Filippine, “la più grande nazione cattolica dell’Asia, è portatrice di grande speranza” afferma il card Bo che non vuole “negare le sfide, povertà, insicurezza, migrazione”, ma avverte anche che questa nazione “possiede grandi potenzialità per tutto il mondo cattolico”. 

Filippine: terra di grazia per integrità familiare e giovani
Riprendendo il tema della famiglia, il card Bo ricorda che le Filippine hanno due tipi diversi di grazia: “La vostra integrità familiare è forte. Avete il tasso minore di divorzi della regione. Molte nazioni ricche hanno denaro ma non hanno famiglie. E per secondo, il numero di giovani. Che sono una benedizione!”. 

Eucarestia: fonte e vetta del nostro impegno di vita
In conclusione, il porporato rilancia “la centralità” dell’Eucaristia che resta “la fonte e la vetta del vostro impegno di vita”. “Dobbiamo sentirci rinvigoriti dalla teologia dell’Eucaristia”, ha concluso il card Bo, “ricordandoci sempre che la Prima Eucaristia è stata celebrata da un uomo condannato, un uomo senza poteri, un uomo il cui cuore “era in subbuglio”. Ma il potere dell’Eucaristia - avverte - scorreva da quelle mani vuote. E continua a ispirarci. L’Eucaristia è vera presenza, l’Eucaristia è missione, l’Eucaristia è servizio”. (R.P.)

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Myanmar: al via nuovo parlamento. Primo passo democratico

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È iniziata oggi la prima sessione parlamentare democratica in Myanmar, guidata dai deputati della National Democratic League (Nld) di Aung San Suu Kyi che hanno stravinto le elezioni dello scorso novembre. Dopo decenni di dittatura militare - riferisce l'agenzia AsiaNews - prende corpo la prima Assemblea votata dai cittadini, che a fine marzo dovrà eleggere il nuovo presidente, la carica più alta dello Stato. Gran parte dei nuovi parlamentari è alla prima esperienza politica e molti di essi sono ex attivisti democratici perseguitati per anni dalla giunta militare.

Aung San Suu Kyi non potrà essere eletta Presidente
L’8 novembre 2015, la Nld guidata dalla Aung San Suu Kyi ha avuto l’80% dei consensi alle urne, sconfiggendo lo Union Solidarity and Development Party (Usdp) dei militari e ottenendo così il diritto di formare il nuovo governo. Per Costituzione, però, la giunta mantiene un quarto dei seggi in parlamento e tre ministeri chiave (Interni, Frontiere e Difesa). Inoltre, secondo la Costituzione del 2008 (e una vera e propria norma contra personam) Aung San Suu Kyi non può candidarsi per la carica di Presidente, per aver sposato un cittadino britannico. La leader, 70 anni di cui 15 passati agli arresti domiciliari, ha comunque affermato che governerà “al di sopra” del Presidente, che verrà scelto da lei. La Nld renderà pubbliche le candidature per la presidenza la seconda settimana di febbraio.

Il passaggio alla transizione democratica
Della Nld fanno parte anche i nuovi presidenti della Camera alta e bassa. “Oggi – ha detto Win Myint, presidente della Camera bassa – è un giorno di cui essere fieri nella storia politica del Myanmar, per la transizione democratica”. Il passaggio dal governo militare a quello democratico terminerà il primo aprile, quando finirà il mandato dell’attuale Presidente e generale in congedo Thein Sein.

La Lega democratica non potrà emendare da sola la Costituzione
Il voto dell’8 novembre scorso – giudicato in gran parte libero da personalità interpellate da AsiaNews – ha visto la partecipazione dell’80% degli aventi diritto, su un totale di 30 milioni di elettori. Ad oggi la Nld si è assicurata 390 seggi (su 440) alla Camera bassa e 168 (su 224) alla Camera alta, per un totale di 558. La Lega democratica non potrà però emendare da sola la Costituzione, perché serve la maggioranza del 75% più un voto.

Il profilo basso della ​Aung San Suu Kyi
​Aung San Suu Kyi ha tenuto finora un profilo basso, non facendo proclami di vittoria ma affermando che elezioni sono state solo il primo passo. In Myanmar, infatti, restano aperte molte questioni irrisolte come i prigionieri politici, l’arresto di studenti e attivisti e l’influenza dei militari sulla vita pubblica. Oggi la Nobel per la pace ha seduto in disparte in Parlamento, e ha ascoltato la prima sessione senza intervenire. (R.P.)

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Terra Santa: Alta Corte respinge ricorsi per Muro di Cremisan

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L'Alta Corte israeliana ha respinto gli ultimi ricorsi che erano stati presentati per contrastare la ripresa della costruzione del “Muro di divisione” nella Valle di Cremisan. I ricorsi erano stati presentati dalle suore del Convento salesiano situato nell'area interessata dai lavori, dalla municipalità di Beit Jala e dai proprietari palestinesi dei terreni agricoli espropriati per costruire la barriera. Lo riferisce un comunicato diffuso dalla Society of St.Yves, organismo impegnato nella difesa dei diritti umani e collegato con il Patriarcato latino di Gerusalemme, che ha assistito le suore salesiane nella presentazione del ricorso.

Inascoltate le richieste della comunità cattolica
La Corte stessa - si legge nel comunicato ripreso dall'agenzia Fides – aveva ammesso la possibilità di presentare ricorsi rispetto al suo precendente pronunciamento, nel quale si era espressa favorevolmente rispetto alla continuazione della costruzione della barriera di divisione. Sia le suore che i proprietari dei terreni avrebbero potuto fare appello per tutelare i propri diritti di accesso alle rispettive proprietà. La petizione presentata dalla Society of St.Yves a luglio 2015 chiedeva alla Corte di disporre la previa comunicazione dell'intero tracciato su cui verrà costruito il Muro, prima della ripresa effettiva dei lavori. 

Per la costruzione del Muro sradicati 50 ulivi secolari
Dal mese di agosto 2015, l'esercito israeliano ha già ricominciato a erigere il Muro nell'area di Beir Onah, sradicando oltre 50 ulivi centenari. Adesso, la Society of St. Yves avverte che anche in sede legale i ricorsi per fermare questa politica dei fatti compiuti sono stati respinti. (G.V.)

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Vescovi del Messico: il Paese vuole pace e verità

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“I messicani desiderano la pace, hanno bisogno di verità e non statistiche burocratiche”: è quanto scrive la Conferenza episcopale del Messico in un editoriale pubblicato sul sito ufficiale http://www.siame.mx/apps/info/p/?a=14391&z=32. Nel documento, i presuli non nascondono i problemi del Paese e li denunciano con chiarezza: violenza, debolezza delle autorità a tutti i livelli nel gestione della res publica, crimine organizzato, crisi economica, corruzione.

Appello per i giovani ‘desaparecidos’: oltre 6 milioni dal 2006 al 2014
I vescovi ricordano anche i tanti “messicani ‘desaparecidos’, bambini, giovani ed adulti che, un giorno, sono stati rapiti dalle loro case” per non farvi più ritorno: si tratta di “oltre sei milioni di persone minori di 18 anni, scomparse tra il 2006 ed il 2014”, sottolineano i presuli, citando i dati dell’Onu. A tale dramma, si aggiunge quello della “violenza dilagante contro le donne”, mentre gli omicidi aumentano, “nonostante le cifre ufficiali dichiarino il contrario”. Ad esempio, “a gennaio, nello Stato del Michoacán, si sono registrati 52 omicidi violenti”, mentre lo Stato di Guerrero “vive ancora l’incubo dei 43 studenti scomparsi ad Iguala”, a settembre 2014, mentre protestavano contro la corruzione nel Paese. Dura anche la condanna della Chiesa messicana contro “i cartelli criminali” e “l’orrore di molti la cui difesa e rispetto dei diritti umani è solo pura intenzione”.

La visita del Papa, “momento di grazia”
​Infine, in vista del viaggio apostolico di Papa Francesco in Messico, in programma dal 12 al 18 febbraio, i presuli sottolineano che si tratterà di “un momento di grazia”, anche per “generare spontaneamente nuovi processi di evangelizzazione della cultura che contribuiscano a rigenerare la vita sociale e rendano la fede più forte di fronte agli attacchi del secolarismo”, come ha detto lo stesso Pontefice a maggio 2014, ricevendo i vescovi messicani in visita ad limina. (I.P.)

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Kenya: presidente ritira proposta su confessioni religiose

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Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, ha disposto l’immediato ritiro della proposta di regolamentazione delle confessioni religiose (“Religious Societies Rules 2015”) che aveva suscitato le proteste dei vescovi cattolici e dei leader di altre confessioni. “Questa decisione avvia un processo condotto dalle parti interessate con la partecipazione del governo e del pubblico in una consultazione strutturata” afferma un comunicato della Presidenza del 28 gennaio ripreso dall'agenzia Fides.

I leader religiosi avevano espresso le loro perplessità
La decisione del Presidente giunge dopo l’incontro che ha avuto con i leader religiosi, i quali hanno espresso le loro forti perplessità sulla proposta di regolamentazione delle attività di culto, resa necessaria dalla proliferazione di sedicenti “chiese”, fondate da millantatori che approfittano dell’ingenuità popolare, e dalle predicazioni incitanti all’odio riscontrate in alcune moschee del Paese.

La legge non garantiva la libertà di culto
La Chiesa cattolica contestava in particolare che le nuove regole rischiavano di compromettere “la chiara linea di distinzione tra Stato e religione” stabilita dalla Costituzione del Kenya, che garantisce inoltre la “libertà di culto”. (L.M.)

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Vescovi Irlanda: insegnare la misericordia ai bambini

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“La misericordia è il primo, fondamentale messaggio che i bambini iscritti alle scuole cattoliche devono ricevere”: questo il passaggio centrale dell’omelia pronunciata da mons. Brendan Kelly, presidente del Consiglio per l’educazione presso la Conferenza episcopale irlandese. Il presule ha celebrato ieri, a Dublino, la Santa Messa inaugurale della Settimana nazionale delle scuole cattoliche: in programma fino al 6 febbraio, l’iniziativa quest’anno ha per tema “Scuole cattoliche: sfidate ad annunciare la misericordia di Dio”, in accordo con il Giubileo straordinario della misericordia, indetto da Papa Francesco.

La pienezza dell’essere umano è racchiusa nell’essere misericordioso
Nelle aule delle scuole cattoliche, ha ribadito mons. Kelly, i bambini devono imparare che “Dio è il nostro Padre misericordioso e che la pienezza dell’umanità si trova nel diventare sempre più profondamente misericordiosi come il Padre”, perché “questo fa la differenza nel nostro mondo”. “La parola ‘misericordia’ è una bella parola – ha continuato il presule – Letteralmente, significa ‘avere a cuore la miseria del mondo’, una miseria che è palese ovunque”. Insegnare, dunque, ai bambini ad “avere a cuore tutto questo è la cosa migliore da fare”, ha spiegato il vescovo, perché “ciò li renderà in grado non solo di portare conforto agli altri, ma anche di affrontare ed accettare qualunque miseria capiti nelle loro vite”.

Scuole cattoliche, scuole di fede che insegnano il Vangelo della misericordia
Di qui, il richiamo del vescovo irlandese ad essere “scuole cattoliche” nel senso pieno del termine, ovvero “scuole di fede che credono talmente tanto nei loro studenti da porre loro la sfida di vivere come Gesù, che ha incarnato la misericordia di Dio, donando tutto per la nostra felicità”. Certo, ha sottolineato mons. Kelly, “il Vangelo della misericordia e dell’amore non è facile, ma i giovani apprezzano ed amano le sfide ed è quindi compito delle scuole cattoliche porre agli studenti la sfida della misericordia e della carità”. 

Collaborazione tra scuola e famiglie per la crescita dei giovani
“Il percorso dall’infanzia all’età adulta – ha continuato il presule – è quello in cui le scuole cattoliche accompagnano i ragazzi, lavorando fianco a fianco con le loro famiglie. Si tratta di un percorso in cui ci si prende cura di se stessi, ma anche de prossimo e del mondo ed è un percorso che sfida tutti a crescere nell’amore secondo il cuore di Gesù”. Questo, dunque – ha concluso mons. Kelly - è “lo spirito di misericordia che anima” le scuole cattoliche, le quali “hanno sempre a cuore qualunque miseria della vita delle persone nel mondo”. (I.P.)

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Antille: concluso incontro sulla Pastorale biblica

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“I 72 discepoli tornarono pieni di gioia”: si è ispirato a questo versetto del Vangelo di Luca (10,17) l’incontro dei 35 delegati diocesani per la Pastorale biblica, svoltosi nelle Antille, presso il Seminario di San Giovanni Maria Vienney, dal 22 al 24 gennaio scorsi. Incentrato sulla promozione della “passione per la Parola di Dio”, l’evento – informa una nuota della Conferenza episcopale delle Antille (Aec) - ha ribadito l’importanza di un piano pastorale che, “ispirato dallo Spirito Santo, promuova la creazione di una cultura biblica in grado di sostenere tutte le attività liturgiche, sociali e missionarie, affinché il popolo di Dio riesca ad approfondire sempre più il rapporto con Dio e con il prossimo, all’interno della realtà contemporanea”.

Apostolato biblico, punto di partenza della vita pastorale
I partecipanti all’incontro – prosegue la nota – si sono detti concordi sul fatto che “la passione per la Parola di Dio, il desiderio di evangelizzare e l’ispirazione dello Spirito Santo” debbano essere tre linee-guida. Di qui, il richiamo al fatto che “l’apostolato biblico non è uno fra i tanti campi pastorali, bensì il punto di partenza al quale si deve ispirare tutta la vita pastorale”, perché “attraverso la Bibbia si verifica l’incontro personale e comunitario con Cristo, che ispira tutte le attività pastorali”.

La Parola di Dio, fondamento della fede cattolica
Nel corso dei lavori, poi, sono state ricordate le diverse forme di Lectio Divina, evidenziandone l’importanza, in quanto contribuiscono “ad un incontro individuale, comunitario e diocesano con Cristo nella vita quotidiana”. “Siamo chiamati a predicare la Parola di Dio – ha sottolineato l’Aec – non il diritto canonico, non i riti liturgici, bensì la Parola di Dio!”. Per questo, è necessario che “l’importanza della Bibbia sia ribadita come fondamento della fede cattolica” e che “ogni diocesi promuova l’intronizzazione della Parola di Dio nelle Chiese, nelle case ed in tutte le istituzioni cattoliche”.

Educazione e missione, campi di azione di una cultura biblica
In quest’ottica, è stata suggerita l’implementazione, ad esempio, della Settimana o del Mese biblico, così come lo scambio di informazioni e di esperienze con la Federazione biblica cattolica dell’America Latina e dei Caraibi. Non solo: per il decennio 2016-2016, l’Aec ha raccomandato l’avvio di programmi di Pastorale biblica, con valutazioni periodiche, per dare un contributo alla società locale, caratterizzandola con “una maggiore equità, compassione ed armonia”. In particolare, i presuli hanno evidenziato due aree di azione: l’educazione e la missione, richiamando l’importanza di “catechesi per tutte le fasce d’età, incentrate sulla Bibbia e che utilizzino le nuove tecnologie per promuovere la familiarità con la Parola di Dio”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 32

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.