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Sommario del 05/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Storico incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill il 12 febbraio a Cuba

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Papa Francesco e il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia si incontreranno il prossimo 12 febbraio a Cuba, dove il Pontefice farà scalo prima del suo viaggio in Messico e dove il Patriarca sarà in visita ufficiale. Lo annunciano con “gioia” in un comunicato congiunto la Santa Sede e il Patriarcato di Mosca. Ce ne parla Sergio Centofanti

E’ un incontro che avviene “per grazia di Dio” – afferma il comunicato congiunto – e che “comprenderà un colloquio personale presso l'aeroporto internazionale José Martí dell'Avana e si concluderà con la firma di una dichiarazione comune”. In un briefing, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha letto la parte centrale del comunicato:

“Questo incontro dei Primati della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa russa, preparato da lungo tempo, sarà il primo nella storia e segnerà una tappa importante nelle relazioni tra le due Chiese. La Santa Sede e il Patriarcato di Mosca auspicano che sia anche un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà. Invitano tutti i cristiani a pregare con fervore affinché Dio benedica questo incontro, che possa produrre buoni frutti”.

Il Patriarca Kirill - ha detto padre Lombardi - arriva all’Avana giovedì 11 febbraio in visita ufficiale; si tratta  della sua prima visita come Patriarca in America Latina. Venerdì 12 febbraio il Papa parte da Roma, per il suo viaggio in Messico, in anticipo rispetto al programma. Arriva all’Avana alle ore 14.00 locali, all’aeroporto José Martì. Qui il Papa viene ricevuto dal presidente Raul Castro. Alle 14.15 incontra il Patriarca Kirill. Il colloquio privato dovrebbe durare un paio d’ore. Al termine c’è la firma della dichiarazione congiunta. I testi sono in russo e in italiano. Il Papa e il Patriarca li firmano entrambi e poi se li scambiano. Seguono i brevi discorsi del Patriarca Kirill e del Papa: "Attualmente - ha sottolineato padre Lombardi - sono previsti, non come discorsi preparati, con un testo lungo o complicato, ma più come un’espressione spontanea, personale di sentimenti in questa straordinaria e bellissima occasione". La partenza del Papa per il Messico è prevista per le 17.30. Il programma di questo viaggio - ha precisato il portavoce - non è cambiato dalla sosta a Cuba. 

Padre Lombardi ha sottolineato che questo incontro ha un importanza straordinaria. Non si tratta di un incontro “improvvisato” ma è maturato nel giro di due anni: “Il fatto adesso che ambedue – il Patriarca e il Papa – avessero previsto dei viaggi che dovevano fare in America Latina ha costituito una circostanza, una premessa favorevole per l’attuazione”. Quindi ha tratteggiato la figura del Patriarca Kirill:

“Certamente è una personalità che ha una lunghissima storia di impegno ecumenico e di partecipazione ai rapporti con le altre Chiese. Con il Patriarca precedente era il responsabile delle relazioni esterne. Aveva quindi molti rapporti ecumenici e conosceva molto bene anche la situazione dell’ecumenismo. Tra l’altro, era stato anche qui a Roma per la consacrazione della Chiesa ortodossa e aveva incontrato Papa Benedetto, non essendo lui ancora Patriarca”.

Un altro "aspetto importante per contestualizzare questo incontro – ha aggiunto padre Lombardi - è che è stato annunciato un Concilio pan-ortodosso per il prossimo mese di giugno. Il fatto quindi che queste relazioni positive tra la Chiesa cattolica e le grandi Chiese ortodosse si sviluppino, dà anche un senso di avvicinamento, con grande interesse, partecipazione e preghiera anche, a questo evento molto importante”.

Padre Lombardi, infine, ha parlato del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo:

“Il Patriarca Bartolomeo naturalmente è stato informato appropriatamente di questo incontro e ha manifestato la sua soddisfazione, la sua gioia per questo passo avanti nel cammino delle buone relazioni ecumeniche tra la Chiesa cattolica e la più grande Chiesa ortodossa. La Chiesa ortodossa russa è, anche dal punto di vista numerico, di gran lunga la più ampia, la più numerosa fra le Chiese ortodosse. Si calcola che forse circa due terzi degli ortodossi del mondo, circa duecento milioni, dipendano dal Patriarcato di Mosca. Quindi è un passo ecumenico particolarmente importante quello dell’incontro del Papa con il Patriarca di Mosca”.

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Papa Francesco: Dio vince con lo stile dell’umiltà

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Lo “stile di Dio non è lo stile dell’uomo”, perché “Dio vince” con l’umiltà, come dimostra la fine del più grande dei profeti, Giovanni Battista, che preparò la strada a Cristo per poi farsi da parte. È il commento che Papa Francesco ha fatto del Vangelo del giorno, durante l’omelia della Messa celebrata a Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Il “più grande” degli uomini, il “giusto e santo” che aveva preparato la gente all’arrivo del Messia, finisce decapitato nel buio di un cella, solo, condannato dall’odio vendicativo di una regina e dalla viltà di un re succube.

L’ultimo profeta
Eppure così “Dio vince”, commenta Papa Francesco, rileggendo all’omelia il Vangelo che racconta della fine di Giovanni Battista:

“Giovanni Battista. ‘L’uomo più grande nato da donna’: così dice la formula di canonizzazione di Giovanni. Ma questa formula non l’ha detta un Papa, l’ha detta Gesù. Quell’uomo è l’uomo più grande nato da donna. Il Santo più grande: così Gesù lo ha canonizzato. E finisce in carcere, sgozzato, e l’ultima frase sembra anche di rassegnazione: ‘I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro’. Così finisce ‘l’uomo più grande nato da donna’. Un gran profeta. L’ultimo dei profeti. L’unico al quale è stato concesso di vedere la speranza di Israele”.

Il tormento del più grande
Francesco non si ferma all’evidenza dei Vangeli e prova a entrare nella cella di Giovanni, a scrutare nell’anima della voce che ha gridato nel deserto e battezzato folle nel nome di Colui che deve venire, e che adesso è incatenato non solo ai ferri della sua prigionia ma probabilmente, considera il Papa, anche ai ceppi di qualche incertezza che lo logora nonostante tutto:

“Ma ha sofferto in carcere, anche – diciamo la parola – la tortura interiore del dubbio: ‘Ma forse non ho sbagliato? Questo Messia non è come io immaginavo che sarebbe dovuto essere il Messia…’. E ha inviato i suoi discepoli a domandare a Gesù: ‘Ma, dì, dì la verità: sei tu che devi venire?’, perché quel dubbio lo faceva soffrire. ‘Ho sbagliato io nell’annunciare uno che non è? Ho ingannato il popolo?’. La sofferenza, la solitudine interiore di quest’uomo … 'Io, invece, devo diminuire, ma diminuire così: nell’anima, nel corpo … tutto' …”.

Umili “fino alla fine”
“Diminuire, diminuire, diminuire”, così “è stata la vita di Giovanni”, ripete Francesco. “Un grande che non cercò la propria gloria, ma quella di Dio” e che finisce in una maniera “tanto prosaica, nell’anonimato”. Ma con questo suo atteggiamento, conclude il Papa, “ha preparato la strada a Gesù”, che in modo simile “morì in angoscia, solo, senza i discepoli”:

“Ci farà bene leggere oggi questo passo del Vangelo, il Vangelo di Marco, capitolo VI. Leggere quel brano, vedere come Dio vince: lo stile di Dio non è lo stile dell’uomo. Chiedere al Signore la grazia dell’umiltà che aveva Giovanni e non addossare su di noi meriti o glorie di altri. E soprattutto, la grazia che nella nostra vita sempre ci sia il posto perché Gesù cresca e noi veniamo più in basso, fino alla fine”.

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Oggi in San Pietro le spoglie di Padre Pio e Leopoldo Mandić

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Sono migliaia i fedeli che in queste ore stanno venerando le spoglie dei due "Santi della Misericordia", San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo Mandić, giunte a Roma mercoledì scorso. Oggi alle 16 le reliquie vengono accompagnate processionalmente dalla parrocchia di San Salvatore in Lauro nella Basilica di San Pietro, dove l'arrivo è previsto per le 17.00. Domani alle 10.00 in Piazza San Pietro, Papa Francesco concederà un’udienza speciale agli aderenti dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio e ai dipendenti della Casa Sollievo della Sofferenza. Il servizio di Gabriella Ceraso

Al termine di una intera giornata di celebrazioni, ieri sera, da San Lorenzo fuori le Mura le spoglie di Padre Pio e Leopoldo Mandić sono state trasferite, per la seconda volta, arrivando a San Salvatore in Lauro, una delle tre chiese di riferimento dei pellegrini in cammino verso la Porta Santa vaticana. Non si è però mai interrotta la fila di fedeli che da mercoledì le sta seguendo. Prima al Verano, poi nel cuore di Roma e da stasera all’11 febbraio in San Pietro, sono giovani e anziani, donne e uomini ad arrivare da tutto il mondo: attendono in fila per ore, pregano in silenzio, ripercorrono la propria vita di fede, poi portano un omaggio floreale, accarezzano le teche, ricordano le grazie ricevute. In tantissimi sono legati al frate di Pietrelcina consacrato al popolo di Dio:

R. - E’ una questione di devozione, di affetto verso il Santo.

R. - E’ veramente un’emozione grandissima.

R. - E’ un momento difficile della mia vita, di salute. Mi ha fatto un miracolo e sono qui per ringraziarlo. E’ un Santo di grande obbedienza e umiltà ed è una vita che tocca.

Speranze e preghiere anche per San Leopoldo, la cui storia di confessore assiduo e accogliente verso i penitenti, attrae tanti:

R. - La cosa particolare di lui è che l’unica cosa che chiedeva ai suoi superiori era quella di poter abusare del tempo, per rimanere il più possibile nel confessionale. E ai peccatori diceva, questa è una sua frase storica: “Io sono un peccatore come lei. Se non ci fosse la Parola di Dio e la sua mano sopra il capo, farei le stese cose che ha fatto lei”.

Transennato e punteggiato dalle forze dell'ordine è già dall’alba l'itinerario interessato dalla processione: le reliquie dei Santi arrivano alle 17.00 nella Basilica di San Pietro. Ad accoglierle, sul sagrato, il cardinale arciprete Angelo Comastri, prima dell’esposizione nella navata centrale, dinanzi all’altare della Confessione. Apertura straordinaria stasera fino alle 21.00. In campo anche i volontari del Giubileo, che accompagnano i partecipanti per le 4 soste previste lungo il tragitto. 60mila i fedeli attesi domani mattina per la solenne celebrazione giubilare presieduta da Papa Francesco.

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Papa presto in Messico, viaggio nel cuore dell'America Latina

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Un viaggio che permetterà al Papa di toccare tutte le realtà del Messico. Dal 12 febbraio sera, Francesco sarà nel Paese latinoamericano, dove rimarrà fino al 17. Di particolare impatto la messa a Ciudad Juarez, a poche decine di  metri dal confine con gli Usa. Il viaggio presentato oggi in Sala Stampa vaticana da padre Federico Lombardi. Alessandro Guarasci:

Città del Messico, le regioni dove sono gli indios, il nord caratterizzato dalla violenza e dal filo spinato che separa con gli Usa. Il Papa toccherà tutte le anime di questo immenso Paese. Molti i trasferimenti con le cinque papamobili, il che fa pensare a grandi bagni di folla. Punto centrale, però, sarà la visita alla Basilica della Nostra Signora di Guadalupe, da sempre venerata dal Papa, come dice padre Lombardi:

“Ha parlato del suo affetto, della sua devozione per la Madonna di Guadalupe, per la sua consapevolezza che questa devozione significa per i messicani – non solo per i cattolici, ma per tutti i messicani e per tutti i latinoamericani e gli americani. Quindi, è un momento alto del viaggio, la celebrazione della Messa alla Basilica di Guadalupe”.

Ma poi anche la visita a un ospedale pediatrico, dove Francesco incontrerà il personale e i piccoli pazienti, alcuni malati gravi. L’incontro con famiglie e giovani, il confronto con le autorità e il clero. Da notare anche la Messa con gli indigeni nel Chapas, il Papa ha infatti autorizzato ufficialmente l'uso delle lingue indigene nella Liturgia, come afferma padre Lombardi:

““Questa Messa è pensata soprattutto per le comunità indigene del Chiapas. E infatti nella Messa che è quella del lunedì della prima settimana di Quaresima, quella normalmente prevista dalla liturgia, però ci sono molti elementi indigeni: letture, canti e parti della Messa sono nelle lingue locali. Ci sono, se ho capito, almeno tre lingue indigene”.

Il Papa poi passerà un’intera giornata a Ciudad Juarez, nel nord, terra difficile, caratterizzata da violenze e sparizioni. Nel carcere vedrà 700 detenuti, poi celebrerà la Messa dal palco a 80 metri dalla frontiera. Sono attese centinaia di migliaia di persone e, al di là del filo spinato, dunque in territorio statunitense, altri 50 mila fedeli ascolteranno le parole del Pontefice. Ancora padre Lombardi:

“E’ una tappa molto, molto forte, anche come significato. Ricordiamo che il Papa aveva detto che aveva pensato di entrare negli Stati Uniti dal Messico. Il fatto cioè di questa presenza sul confine è qualcosa che teneva molto presente nel suo cuore. Insomma, sa che questo è un luogo estremamente significativo delle problematiche sociali e umane”.

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Papa Francesco incontra il presidente della Zambia

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La situazione del continente, con le sfide della povertà, della pace e dell’immigrazione. È stato questo lo sguardo che Papa Francesco e il presidente della Repubblica di Zambia, Edgar Chagwa Lungu, hanno dato all’Africa nel colloquio avvenuto in Vaticano. “Durante i cordiali colloqui” in cui “sono state evocate le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e la Zambia, cii si è poi soffermati – informa un comunicato ufficiale – “sul contributo della Chiesa cattolica attraverso le sue istituzioni di carattere educativo, sociale e sanitario, non mancando di fare riferimento alla collaborazione nella lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali e alla promozione di una pacifica convivenza sociale e religiosa attraverso la cultura del dialogo e dell'incontro”.

Affrontati anche “temi di comune interesse, tra i quali le migrazioni, i cambiamenti climatici e la tutela dell’ambiente. Infine – conclude la nota –  si è fatto cenno alla situazione internazionale, con speciale attenzione ai conflitti che interessano alcune aree dell’Africa e all’impegno del Paese nei processi di pace nella Regione”.

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S. Giovanni Rotondo. Intitolata al Papa casa per migranti

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Si chiamerà “Casa Papa Francesco. Padre Pio per le famiglie dei migranti”, sarà realizzata a San Giovanni Rotondo e offrirà ospitalità a cinque famiglie di profughi senza fissa dimora. È il dono che, idealmente, i Frati Minori Cappuccini della Provincia religiosa di Sant’Angelo e Padre Pio hanno voluto fare al Papa come segno concreto per ricordare l’onore che egli ha riservato al loro santo Confratello, scegliendolo come modello di misericordia.

I vertici dei Cappuccini in Vaticano
La simbolica consegna del dono è avvenuta questa mattina, nel corso di un’udienza concessa dal Pontefice, nella sua biblioteca privata, al ministro provinciale, fr. Francesco Colacelli, accompagnato dal guardiano del Convento di San Giovanni Rotondo fr. Francesco Langi, dal rettore del Santuario fr. Francesco Dileo e dal ministro della Provincia romana dei Cappuccini, fr. Gianfranco Palmisani.

Dono per il Giubileo
Il ministro provinciale ha simbolicamente donato al Papa la chiave dell’immobile e gli ha illustrato il progetto, spiegandogli che si tratta di una struttura di proprietà dei frati annessa alla chiesa parrocchiale di San Francesco d’Assisi, attualmente in fase di ristrutturazione per renderla idonea al nuovo scopo, che diverrà operativa nel più breve tempo possibile e, comunque, nell’ambito del Giubileo straordinario della Misericordia.

Da Foggia la Ciad
Il ministro della Provincia cappuccina di Sant’Angelo e Padre Pio ha inoltre spiegato a Papa Francesco che quest’iniziativa è solo l’ultima di una serie di opere di carità intraprese dai confratelli del Santo stigmatizzato, che portano avanti una missione in uno dei Paesi più poveri del mondo, il Ciad. A Foggia hanno attivato una mensa dei poveri che ogni giorno fornisce circa 200 pasti caldi.

“Gli Angeli di Padre Pio”
Nella stessa San Giovanni Rotondo hanno istituito una rete di centri di riabilitazione specializzata per i bambini, con un presidio residenziale di eccellenza denominato “Gli Angeli di Padre Pio” e dotato di 65 posti letto, oltre che delle più avanzate attrezzature tecnologiche. In questo presidio sono stati trattati di recente anche i feriti di guerra della Libia e dell’Ucraina.

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Il Papa nomina mons. Favale vescovo di Conversano-Monopoli

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Baldomero Carlos Martini, vescovo emerito di San Justo (Argentina), e mons. Han Lim Moon, ausiliare di San Martin (Argentina)

In Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Conversano-Monopoli, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Domenico Padovano. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Giuseppe Favale, del clero della diocesi di Castellaneta, finora direttore spirituale presso il Pontificio Seminario Regionale Pugliese. Il neo presule è nato a Palagiano, provincia di Taranto e diocesi di Castellaneta, il 29 febbraio 1960. Ha frequentato i corsi teologici presso il Seminario Regionale di Molfetta. È stato ordinato sacerdote il 6 luglio 1985. Successivamente ha frequentato la Pontificia Università Lateranense, dove nel 2005 ha conseguito la Laurea in Utroque Iure. È stato Cerimoniere vescovile (1983-2000), prima Viceparroco (1988-2003) e poi Parroco della Cattedrale (2003-2011), Cancelliere della Curia (1989-1997),  Vicario Giudiziale (2004-2010) e Vicario Generale dal 1997 al 2011. Dal 2011 è Direttore Spirituale nel Seminario Regionale Pugliese “Pio XI” di Molfetta e Delegato per il giovane clero della diocesi di Castellaneta. Durante la vacanza di questa sede nel 2013 è stato eletto Amministratore diocesano. Dal 2009 è Prelato d’Onore di Sua Santità.

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Parolin: solidarietà e impegno comune per risolvere crisi migranti

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Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha concluso ieri la sua visita in Slovenia abbracciando i profughi nel campo di accoglienza di Dobova: si tratta per lo più di famiglie siriane ed irachene e giovani afghani e iraniani. Il porporato ha portato a tutti il saluto del Papa. Ha detto di essere rimasto fortemente colpito da quello che ha visto e ha apprezzato il lavoro svolto da tante organizzazioni, tra cui la Caritas, a favore dei rifugiati. Il cardinale Parolin ha affermato che bisogna partire dalla solidarietà per affrontare il complesso fenomeno delle migrazioni: occorre lavorare insieme, uniti, perché da soli non si risolve nulla. Il porporato ha ricordato quindi l’impegno di Papa Francesco per i migranti e il suo incoraggiamento a quanti li assistono e portano il loro aiuto. La Chiesa – ha detto – non dà ai governi soluzioni tecniche a tale questione ma offre dei principi guida, primo fra tutti - ha ripetuto - quello della solidarietà.  

Colloqui con le autorità slovene
In un’intervista rilasciata alla radio cattolica slovena “Ognijsce”, citata dall'Agenzia Sir, il segretario di Stato ha parlato anche dei colloqui avuti con le autorità slovene per risolvere le questioni in sospeso, rilevate dalla Conferenza episcopale slovena, in particolare “la cura pastorale per militari e la creazione di un Ordinariato militare, la questione delle scuole cattoliche, le tasse sui beni ecclesiali”. Secondo il porporato, “c’è tanta buona volontà per venire incontro a queste questioni”. Alla domanda di un’eventuale visita del Papa in Slovenia, il cardinale Parolin ha risposto “di aver ricevuto la conferma dell’invito del premier sloveno già espresso in Vaticano l’anno scorso”, ma ha aggiunto che “al momento presente non ci sono altri dettagli a proposito”. 

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Ouellet: sacerdozio e celibato non sono un dogma ma un dono

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“La Chiesa non ha mai legato sacerdozio e celibato sul piano dogmatico”, ma ha riconosciuto il valore profondo di questo legame. Lo ha detto il prefetto della Congregazione dei Vescovi, il cardinale Marc Ouellet, durante il convegno “Il celibato sacerdotale, un cammino di libertà”, in corso all’università Gregoriana di Roma. Dopo quella che il porporato ha definito una “caduta vertiginosa di credibilità”, dovuta agli scandali della pedofilia, il tema del convegno diventa quanto mai importante, come ha spiegato al microfono di Eugenio Murrali

R. – La Chiesa ha bisogno di rinnovare la sua testimonianza d’amore a Cristo e questa deve essere data anzitutto da quelli che sono chiamati a seguirlo da vicino e a proclamare la Parola. Quindi, è la Parola che fa sorgere il Regno di Dio nei cuori, cioè la fede. Quando la Parola è accompagnata dalla testimonianza di una vita tutta consacrata a Cristo ha un effetto più profondo. E il celibato dà questa testimonianza, soprattutto quando è ben vissuto, cioè nella preghiera, nell’unione a Cristo, nella coerenza anche della vita.

D. – La Chiesa latina e la Chiesa orientale, lei ha parlato di questo anche nel suo discorso. Come possiamo conciliare le due visioni?

R. – Sì, questo si può conciliare molto bene. C’è una tradizione di preti sposati nella Chiesa orientale cattolica che ci dice che non è perché il matrimonio è impuro che i preti non possono sposarsi. D’altronde, però, bisogna riconoscere che la scelta di rinunciare al matrimonio per essere tutti di Cristo, anche nello stile di vita identico al suo, è un valore irrinunciabile per la Chiesa cattolica latina, che ha questa lunga tradizione e che dovrebbe conservarla.

D. – La tradizione non è quindi un ripetersi sempre uguale delle cose, ma c’è un senso più profondo?

R. – Quando uno pensa alla “tradizione”, deve pensare allo Spirito Santo che spinge avanti la Chiesa, come dice il Papa spesso. E’ lo Spirito Santo che attualmente spinge la Chiesa, che la fa comunicare cioè, in fraternità, con il mistero eucaristico al centro della Chiesa e come suo fondamento. La Chiesa è un mistero nuziale e Cristo è lo sposo che dà il suo corpo eucaristico alla Chiesa. E così, vivere in intimità con la Chiesa è darle propriamente lo spirito d’amore che la Chiesa diffonde nel mondo con la sua testimonianza. Quindi, bisogna vedere questa armonia della vita della Chiesa con al centro delle persone consacrate che vivono dell’Eucaristia, cioè vivono del dono verginale di Cristo, si nutrono di questo dono: le persone consacrate, le famiglie e anche i preti che hanno come responsabilità per ordinazione di rendere presente a tutti questo dono nuziale di Cristo.

D. – Lei ha anche parlato del problema della pedofilia. C’è chi ha messo in rapporto il celibato e la pedofilia. Qual è la risposta che dà la Chiesa a questo?

R. – La risposta è stata data da mons. Anatrella, all’inizio, quando ha detto che non dipende dal celibato, perché la stragrande maggioranza dei problemi di pedofilia viene da maschi che sono anche padri di famiglia. Non è quindi il celibato il problema.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, in apertura, Papa Francesco incontrerà il Patriarca Cirillo. L’annuncio dato contemporaneamente in Vaticano e a Mosca. A Cuba  il 12 febbraio lo storico avvenimento

Sotto, Nuovi aiuti alla Siria. Annunciati dieci miliardi alla conferenza dei donatori a Londra

In cultura, un reportage di Rossella Fabiani: La conversione di Mario. Nel monastero di San Simone sulla montagna vicino al Cairo e Incontro con Gesù. Essere maschi ed essere femmine di Sergio Massironi

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Oggi in Primo Piano



Siria, esodo verso Turchia. Audo: accordo nasca dall'interno

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I confini tra Turchia e Siria resteranno chiusi dopo le dichiarazioni di ieri del premier turco, Davutoglu, che aveva parlato di circa 70 mila persone in fuga dalla provincia di Aleppo ammassate alla frontiera per sfuggire ai bombardamenti. Intanto, forti critiche arrivano da Nato e Onu e rivolte a Mosca, per l’appoggio alle forze di Assad. Il servizio di Francesca Sabatinelli: 

Fuggono a migliaia, ma per loro la frontiera con la Turchia non si aprirà. I civili di Aleppo, sotto assedio dall’inizio del 2012, scappano verso il confine per sfuggire all’attacco contro i gruppi jihadisti portato avanti dalle forze di Assad e dalle milizie lealiste, appoggiate dai raid russi, fortemente contestati dalla comunità internazionale. E’ stato il segretario generale della Nato, Stoltenberg, a dichiarare oggi che "gli intensi attacchi aerei russi, che colpiscono soprattutto le truppe di opposizione in Siria, stanno minando gli sforzi per trovare una soluzione politica al conflitto", e che il “rafforzarsi dell’attività aerea russa in Siria crea un aumento delle violazioni dello spazio aereo turco. Questo crea rischi, forti tensioni ed è una sfida all'Alleanza, perché sono violazioni allo spazio aereo Nato". Per l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan De Mistura, la Russia starebbe accelerando il conflitto senza aiutare né l’aspetto umanitario né il dialogo politico. La Turchia non può impedire i nostri voli di ricognizione, è la risposta di Mosca, che accusa Ankara di voler invadere la Siria. Mons. Antoine Audo, vescovo di Aleppo e presidente di Caritas Siria:

R. – Ad Aleppo, sembra che l’esercito stia inseguendo i gruppi armati, ha riportato una vittoria su di loro. Inoltre, avanza nella direzione della frontiera turca. Sembra anche che l’esercito domini i gruppi armati nella città vecchia di Aleppo. Daesh, Jabhat Nusra, tutti questi estremisti armati per dimostrare che sono forti e si difendono bombardano, come al solito. Per esempio, ieri hanno bombardato quartieri cristiani con vittime. E’ una situazione veramente molto dura. Da più di tre mesi ad Aleppo non abbiamo corrente elettrica, non c’è acqua e con questo freddo terribile tutti soffrono molto, soprattutto e certamente i poveri.

D. – Ieri, a Londra, la Conferenza dei donatori ha deciso di dare 10 miliardi di dollari sia ai Paesi che ospitano i rifugiati sia alla Siria per far fronte all’emergenza umanitaria…

R. – Perché vedono che è una situazione umanitaria molto grave e che si deve fare qualcosa. E’ una cosa positiva, speriamo. La cosa più importante è cercare una soluzione perché non ci siano più questo commercio di armi e questi bombardamenti e con il sostegno delle Nazioni Unite si possa arrivare a un dialogo vero, che arrivi dall’interno della Siria e che non sia al servizio di interessi regionali e internazionali.

D. – La polemica internazionale è sui bombardamenti russi, hanno preso tutti una posizione contro Mosca per l’appoggio alle truppe di Bashar al-Assad. Lei ritiene che queste polemiche siano utili?

R. – Dal punto di vista dei siriani, penso generalmente che si voglia mettere fine a questi gruppi estremisti. Questa critica viene fatta, penso, perché l’esercito fa progressi contro questi gruppi armati e quindi, nell’interesse delle forze regionali che sono contro il regime, si fa di tutto per non aver una soluzione di pace con i politici siriani.

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Siccità in Zimbabwe: Mugabe dichiara lo stato di calamità

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Il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ha dichiarato lo stato di calamità naturale in diverse regioni del Paese colpite dalla siccità. Circa un quarto della popolazione, per un totale di 2,4 milioni di persone, attualmente si trova ad affrontare la carenza di cibo a causa della siccità. Ingenti i danni all’agricoltura e agli allevamenti, oltre 16.000 mucche sono morte per la mancanza di acqua. Secondo il governo, negli ultimi mesi la maggior parte del territorio ha ricevuto un livello di precipitazioni del 75% inferiore rispetto al normale. Marco Guerra ne ha parlato con Vieri Tarchiani, ricercatore all’Istituito di bio-meteorologia del Cnr di Firenze: 

R. – La variabilità inter-annuale - cioè tra un anno e l’altro - delle precipitazioni è un fenomeno naturale e si verifica sempre. Ci troviamo però in una situazione, in particolare quest’anno, e in particolare nell’Africa australe, dove un forte fenomeno del Niño sta causando un’alterazione dei “pattern” pluviometrici molto forte, molto intensa. Questo tipo di osservazione non si fa solo in Zimbabwe, che comunque attualmente è uno dei Paesi più colpiti dalla siccità, ma anche in tutta la regione, incluso il Sud Africa, il Botswana, il Malawi. Il fenomeno del Niño quest’anno è molto forte; la Noaa (National oceanic and atmospheric administration) ha lanciato l’allerta già diversi mesi fa e si prevede che perduri per tutta l’estate australe del 2016. È probabile che questa tendenza a una riduzione delle precipitazioni continui anche nel resto della stagione.

D. – La comunità scientifica ha decretato il 2015 come “l’anno più caldo dall’inizio delle rilevazioni”: anche questo può contribuire alla siccità?

R.- Sì, qui si inseriscono due tipologie di fenomeni. In primo luogo, i fenomeni che si sviluppano sul lungo periodo e che rientrano nel “global warming”, nel cambiamento climatico più generale. Per cui si ha una tendenza generale, dell’intero Pianeta, a un aumento delle temperature molto sostenuto, come è stato poi largamente discusso negli ultimi anni e a Parigi, alla Cop 21. Questi portano a delle alterazioni sul lungo periodo: non solo dei regimi di temperatura, ma anche delle precipitazioni. Gli effetti sono diversi a seconda dei continenti e delle zone: l’Africa australe è una di quelle regioni in cui si prevede una riduzione generale delle precipitazioni come effetto del cambiamento climatico. D’altra parte, in secondo luogo, ci sono variabilità sul medio-periodo, come El Niño, su una scala temporale più breve, e che comunque portano a una forte alterazione dei regimi pluviometrici. Ciò oltre alla variabilità fisiologica naturale che c’è tutti gli anni, che può essere però - ed è in genere - su una scala e su una percentuale molto inferiori rispetto a quello che stiamo osservando ora.

D. – Siccità e desertificazione sono fenomeni che riguardano molte altre aree dell’Africa. Si verificano effettivamente meno piogge o le vere cause vanno verificate altrove?

R. – Non necessariamente la siccità è dovuta a una riduzione della quantità globale annuale di pioggia. Ad esempio, in Africa australe il primo allarme che è stato lanciato non era relativo a una riduzione del quantitativo sulla intera stagione di pioggia, ma su un ritardo della stagione, che in alcune aree è arrivato fino a due mesi. Ora, rispetto ai nostri climi, bisogna considerare che, nelle zone semi-aride dell’Africa, sia in Africa australe sia in Africa occidentale o nel Corno d’Africa, la stagione delle piogge è generalmente concentrata in tre-quattro mesi al massimo. Per cui, un ritardo dell’inizio delle piogge può causare una riduzione molto sostanziale della lunghezza della stagione e quindi non permettere alle colture di maturare, poi di fruttificare e ai contadini di raccogliere le produzioni. A volte - e anche molto spesso - si verifica che gli eventi di siccità, e dunque anche le conseguenze poi sulle produzioni e sulla sicurezza alimentare, non necessariamente sono dovuti alla quantità di pioggia, ma alla distribuzione di quest’ultima all’interno della breve stagione agricola. 

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Mirabelli: ddl Cirinnà in contrasto con la Costituzione

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In Italia, riprenderà martedì prossimo al Senato il dibattito sulle unioni civili. Intanto, 40 senatori hanno proposto un ricorso alla Corte Costituzionale. A loro avviso, il disegno di legge Cirinnà ha violato l’articolo 72 della Carta, secondo cui ogni ddl deve essere esaminato prima in Commissione e, successivamente, in aula parlamentare. Su questo tema, Luca Collodi ha intervistato il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli

R. – Il vizio che viene indicato, se è un vizio di legittimità costituzionale della legge, dovrebbe essere prospettato e sollevato successivamente alla sua approvazione. Se viene presentato questo ricorso, un primo scoglio è quello dell’ammissibilità del ricorso stesso, dell’ammissibilità di un conflitto tra poteri per quel che riguarda l’esercizio di funzioni parlamentari all’interno dell’organo parlamentare al quale appartengono. Mi pare sia piuttosto un atto di denuncia politica in forme preannunciate giurisdizionali, che non un atto reale di avvio di una procedura dinanzi alla Corte.

D. – Quindi, lei interpreta questo ricorso di 40 senatori alla Corte Costituzionale più come un atto politico che non giuridico-costituzionale…

R. – Certamente denuncia se non una irregolarità, una qualche debolezza nel percorso, perché tutto il lavoro che l’assemblea ora è chiamata a fare si sarebbe svolto con molta maggiore efficacia nella Commissione. E in Commissione i lavori avrebbero consentito una partecipazione più diretta, più efficace dei diversi componenti. Viene denunciata la inosservanza di una disciplina costituzionale e, in qualche modo, ancorata ai regolamenti parlamentari.

D. – Durante il dibattito in aula sul disegno di legge Cirinnà per le unioni civili, ci sono molti riferimenti alla Costituzione italiana là dove si parla di famiglia naturale fondata sul matrimonio. Per alcuni, questa sarebbe un’affermazione da parte della Costituzione vaga che non chiuderebbe ad altre forme di convivenza. Lei cosa ne pensa? Che interpretazione le dà?

R. – Questo è un altro problema ed è un problema reale del distacco che questa disciplina prefigurata dal disegno di legge in discussione ha rispetto al modello costituzionale. Qui abbiamo due punti fermi. La Corte Costituzionale in precedenti sentenze, con molta chiarezza, ha stabilito che occorre una disciplina delle convivenze, delle unioni civili, perché si tratta di formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità degli individui e quindi sotto questo aspetto hanno un rilievo e una protezione nella Costituzione. Ma si tratta di realtà del tutto diverse rispetto al matrimonio che l’art. 29 considera fondamento della famiglia e non possono essere disciplinate in maniera omologa, non possono essere assimilate al matrimonio. Il disegno di legge si discosta da questa impostazione, perché sostanzialmente rinvia alla disciplina del Codice civile relativa al matrimonio e ne fa quasi una fotocopia. E lo fa anche con delle norme di chiusura nelle quali si identifica la posizione del partner dell’unione civile a quella del coniuge, dovunque sia prevista nella legge. Questo con effetti anche specificamente enunciati per quello che riguarda l’adozione. Sotto questo profilo della coerenza del disegno di legge, nel testo attuale, nel testo che ora è in discussione, con la Costituzione c’è un fortissimo dubbio – dal mio punto di vista una svalutazione di certezza – di un distacco, di un contrasto con l’impianto costituzionale, con il disegno costituzionale.

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Infomigranti: giovani stranieri diventano giornalisti

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Al via la seconda edizione di “Infomigranti”, il laboratorio gratuito di giornalismo riservato a ragazzi stranieri. A organizzarlo l’Univesità della Sapienza di Roma, la testata "Più Culture" e l’ong "Intersos", grazie al contributo dell’8 per mille della Chiesa Valdese. Un corso pratico e sul campo per dare la possibilità di rendere le culture diverse un valore aggiunto nel lavoro di comunicazione. Il servizio di Veronica Di Benedetto Montaccini

Raccontare la diversità con una buona informazione è l’obiettivo di Infomigranti. Un’occasione per 30 giovani provenienti da tutti i continenti di imparare il mestiere di giornalista. L’interculturalità è il filo rosso anche della seconda edizione che parte il 6 febbraio. Sentiamo la direttrice di "Più Culture" Nicoletta Del Pesco:

"La cosa più bella è che non solo i ragazzi raccontano la propria comunità, ma all'interno di questo gruppo misto c'è anche uno scambio continuo nel raccontare le realtà degli altri con interviste, reportage. Tra tutti i partecipanti è difficile trovare due ragazzi dello stesso Paese, quindi si crea un'integrazione verticale e orizzontale, praticamente. Abbiamo verificato che per vivere assieme agli stranieri della nostra città era importante conoscerli per poter battere tutti gli stereotipi più comuni presenti anche sulla stampa, quando si parla di migranti".

Un'esperienza di amicizia e di arricchimento anche per gli insegnanti e gli organizzatori del corso, prosegue Nicoletta Del Pesco:

"Devo dire la verità: già il primo corso è stato molto emozionante. Ho questo ricordo: in una delle prime lezioni abbiamo chiesto ai ragazzi di fare un’intervista a qualcuno della loro comunità e raccontare le problematiche legate all’arrivo in Italia. Veramente è stato un racconto dall'interno molto forte e interessante. Forse, noi giornalisti italiani a volte, quando tentiamo di raccontare queste realtà, non riusciamo a essere altrettanto incisivi”.

Chi ha origini straniere è un testimone particolare della realtà delle migrazioni, come Ania Tatasiewicz, studentessa polacca che ha partecipato alla prima edizione di Infomigranti:

“Il fatto che il corso si rivolgesse a dei ragazzi stranieri creava proprio dei ponti. Per esempio, uno dei primi articoli che ho fatto è stato quello in Moschea, per il Ramadan. Là, effettivamente, mi sono resa conto che anche se sono straniera e conosco bene la condizione di essere stranieri in un altro Paese, devo ammettere che avevo una concezione un po’ stereotipata anche dei musulmani, per esempio”.

Tecniche "Seo", di comunicazione per il web, di traduzione in più lingue, di stesura di reportage multimediali, apprese nelle lezioni di maestri di testate italiane e internazionali, che hanno permesso a più della metà dei ragazzi, aggiunge Ania, di trovare un lavoro o continuare a inseguire il proprio sogno di giornalisti:

“Adesso, comunque, continuo a scrivere per il giornale 'Più Culture' e inoltre sto facendo anche una tesi in Antropologia culturale per esaminare come la diversità etnica e culturale venga trattata dai media tradizionali e multimediali. Quindi, la passione è continuata e ha portato i suoi frutti”.

Infomigranti è una lente sulle comunità straniere presenti in Italia che potrebbe essere un modello nel racconto quotidiano delle migrazioni.

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Suore Paoline: 100 anni nei media per annunciare il Vangelo

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Oggi, alle 18, nella basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli a Roma, si terrà una Messa solenne per la chiusura del centenario di fondazione delle Figlie di San Paolo – più conosciute come Paoline -  fondate ad Alba dal Beato Giacomo Alberiore e nel 52° anniversario della morte della cofondatrice, la venerabile suor Tecla Merlo. Celebrerà mons. José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.

Oggi le Paoline, sono presenti in 52 Paesi del mondo. Ispirandosi “all’audacia missionaria dell’apostolo Paolo”, comunicano il Vangelo attraverso Centri di produzione editoriale multimediale e digitale, riviste cartacee e online, librerie e altri centri di diffusione, siti web, radio, televisioni (anche web radio e web tv), formazione critica all’uso dei media, animazione biblica e sulla comunicazione. Una missione che accomuna 2.300 consacrate in 230 comunità. Roberto Piermarini ha chiesto a suor Anna Caiazza, consigliera generale delle Paoline, quale eredità ha lasciato alle Figlie di San Paolo suor Tecla Merlo: 

R. – Direi l’eredità di cui già parlava don Alberione alla morte di maestra Tecla: maestra Tecla è morta prima di don Alberione, nel 1964, mentre don Alberione nel 1971. E lui diceva che sono le caratteristiche o le eredità dei santi: l’umiltà e la fede. A questo aggiungerei anche la grande passione apostolica e l’intraprendenza di maestra Tecla: questa suora – questa sorella – così umile, così semplice, ma così appassionata di Gesù Cristo e del Vangelo, da avere un’unica strategia di mercato, purché l’iniziativa apostolica “faccia del bene” – lei diceva – “Fa del bene? Allora fatela. Non avete i soldi? La Provvidenza provvederà”.

D. – Qual è la realtà oggi delle Paoline dal punto di vista delle vocazioni?

R. – Credo che sia quella di tutti gli istituti religiosi attualmente. Continenti dove le vocazioni sono molto scarse per motivi diversi; e tra questi sicuramente il continente europeo, e buona fetta anche del continente americano. Mentre ci sono continenti come l’Africa o alcuni Paesi dell’Asia – neanche tutti i Paesi dell’Asia – dove le vocazioni sono abbastanza fiorenti. In Asia non possiamo parlare di vocazioni per il Giappone, per esempio, che vive un po’ la realtà di una minoranza cristiana e cattolica veramente molto rilevante. Ma possiamo parlare di vocazioni in India, in Corea, e in Pakistan: sembra quasi assurdo, perché quest’ultimo è un Paese a maggioranza musulmana, con una buona fetta di fondamentalisti, dove la presenza cristiana è minima e quella cattolica ancora di più. Ma, in proporzione, abbiamo vocazioni.

D. – E in quale campo della comunicazione oggi siete presenti?

R. – Diciamo che siamo presenti in tutti i campi. A cominciare da quelli tradizionali, come l’editoria cartacea, musicale; le librerie, che sono il braccio caldo e accogliente della produzione delle Paoline, e che si stanno caratterizzando sempre di più per l’animazione culturale, spirituale, biblica soprattutto, che è una delle vocazioni delle Figlie di San Paolo, della famiglia paolina. Ma adesso stiamo anche molto esplorando e tentando  le vie del web, dei social, della web radio e della web tv: un po’ tutti gli ambiti che i progressi della comunicazione ci aprono.

D. – Che cosa è cambiato oggi nel comunicare il Vangelo?

R. – Diciamo che il Vangelo non è cambiato, ma la comunicazione diventa sempre più esigente, perché richiede anche una professionalità. Ma, ancor più della professionalità, richiede una maturità spirituale e un livello molto alto di testimonianza. Monsignor Celli, che è presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni, intervenendo a una tavola rotonda che abbiamo fatto nel giugno 2015 – nell’anno del centenario delle Figlie di San Paolo – diceva giustamente che oggi il problema non è semplicemente tecnologico. Se fosse tecnologico, allora lo risolveremmo con un po’ di soldi, trovando e reperendo un po’ di fondi. Ma il problema è la musica del cuore: cioè, che cosa c’è dietro la comunicazione del Vangelo? Ed è per questo che don Alberione, quando ha pensato alla famiglia paolina – in modo particolare ai Paolini e alle Paoline – ha pensato a dei consacrati. Dove l’impegno fosse totale, e dove anche la vita, la qualità della vita spirituale, potesse imprimere forza al messaggio che si diffonde attraverso strumenti, linguaggi, tecniche.

D. – Qual è oggi il vostro riferimento apostolico nel campo della comunicazione?

R. – Quello di sempre: San Paolo. San Paolo che si è fatto tutto a tutti; San Paolo che, come diceva don Alberione, “ha fatto a tutti la carità della verità”. E tutta la famiglia paolina è nata per essere Paolo vivo oggi. I Paolini e le Paoline cercano di tradurre nella realtà l’aspetto di Paolo, comunicatore universale del Vangelo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi Haiti: uscire dalla crisi dopo rinvio del ballottaggio

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I vescovi di Haiti sono sempre più preoccupati per la situazione di stallo politico nel Paese che attende ancora di potere eleggere il nuovo Presidente,  dopo l’ennesimo nuovo rinvio della data del ballottaggio presidenziale, fissato precedentemente per il 17 gennaio. Nelle scorse settimane il Consiglio elettorale provvisorio ha deciso, infatti, di rinviare a data da definire il voto, a causa del clima di esasperata violenza che ha sconvolto l'isola dopo i risultati usciti dal primo turno, contestati dall’opposizione.

Urgente trovare una soluzione negoziata e accettabile entro il 7 febbraio
Di qui il nuovo intervento dei vescovi, che in una nota pubblicata al termine della loro Assemblea straordinaria svoltasi in questi giorni a Port-au-Prince, chiedono a tutte le forze politiche e alle istituzioni di dare prova di “saggezza, intelligenza, moderazione e patriottismo”, trovando “una soluzione negoziata e accettabile” entro il 7 febbraio, per garantire “la continuità dello Stato e la stabilità politica del Paese”. Domenica, infatti, secondo la Costituzione, scade il mandato dell’attuale Presidente  Michel Martelly e il Consiglio elettorale non ha precisato se la guida del Paese sarà affidata ad un governo di transizione.

Evitare dichiarazioni e azioni suscettibili di riaccendere tensioni e violenze
Secondo i vescovi, è assolutamente necessario “preparare il popolo haitiano a gestire i prossimi giorni come cittadini responsabili”. Per questo essi invitano tutti, le autorità e la popolazione, ad “evitare dichiarazioni e azioni suscettibili di accendere le tensioni, di incitare alla violenza e di aggravare la già fragile situazione del Paese. "La Ceh incoraggia con forza tutti al consolidamento dell'unità nazionale, alla promozione della cultura democratica e alla ricerca del bene superiore della Nazione" , prosegue il comunicato che conclude ribadendo l’impegno dell’episcopato ad “accompagnare il cammino di dialogo, pace e sviluppo del popolo haitiano, soprattutto in questo momento carico di incertezze per la sua sicurezza e il suo futuro”. (L.Z.)

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Vescovi El Salvador: Messaggio per la violenza nel Paese

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A conclusione dell'Assemblea ordinaria della Conferenza episcopale de El Salvador, svoltasi dal 25 al 27 gennaio, è stato appena pubblicato un "Messaggio dei vescovi dinanzi alla violenza che soffre il Paese", in cui i presuli presentano la loro forte preoccupazione sulla situazione attuale che sta vivendo El Salvador.

Condanna per la violenza e il commercio delle armi
"Come Pastori ci sentiamo impotenti, ma non possiamo tacere. La vita della persona è sacra...Spesso le armi dei criminali superano quelle delle forze responsabili per la sicurezza pubblica e, spesso, questi gruppi operano impunemente… condanniamo il commercio delle armi che alimenta la criminalità e continua a far dissanguare il nobile popolo salvadoregno" denunciano i vescovi nel testo ripreso dall'agenzia Fides.

La violenza nel Paese è una delle cause dell'emigrazione
"E' assolutamente inaccettabile che i criminali continuino ad arricchirsi a prezzo del sacrificio e della sofferenza degli onesti, della gente laboriosa, attraverso il furto e l'estorsione. E fa male all'anima che ogni anno migliaia di salvadoregni debbano fuggire dalla violenza per salvaguardare la propria vita, migrando verso altre aree o Paesi. Tra le conseguenze più gravi troviamo l'abbandono delle loro proprietà, la disintegrazione della famiglia e il deterioramento della propria identità" si legge ancora nel messaggio.

Fiducia in Dio e lavorare per la pace
“Dinanzi questa difficile situazione - concludono i vescovi -, vogliamo incoraggiare tutti a mettere la nostra piena fiducia in Dio e a lavorare per la pace, secondo il richiamo di Papa Francesco nella Giornata Mondiale della Pace di quest'anno: ‘Vinci l'indifferenza e conquista la pace’.” (C.E.)

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Vescovi Brasile: virus Zika si può vincere, no all'aborto

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"Con un grande sforzo collettivo, che coinvolga tutti i settori della società, saremo in grado di battere queste malattie che colpiscono senza distinzione tutta la popolazione brasiliana": così si legge nel messaggio del Consiglio Pastorale episcopale della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), pubblicato ieri dalla sua presidenza. Nel testo, riferisce l'agenzia Fides, la Cnbb invita tutta la Chiesa in Brasile a proseguire e intensificare la lotta contro la zanzara aedes aegyti, che trasmette la dengue, il virus zika e la chikungunya.

Non si giustifica il sostegno all'aborto per i casi di microcefalia
Attestata la probabile connessione con casi di microcefalia, la Cnbb ammonisce che le informazioni su questa malattia "non dovrebbero portare al panico". Inoltre sottolinea che una situazione del genere "non giustifica il sostegno all'aborto per i casi di microcefalia, come, purtroppo, propongono alcuni gruppi che si organizzano per portare la questione alla Corte Suprema Federale". Anche l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra'ad Al Hussein, ha affermato che i Paesi che limitano la contraccezione e l'aborto devono abrogare questi divieti per affrontare l’emergenza provocata dal virus Zika.

404 casi del virus Zika
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un allarme globale sulla diffusione del virus zika. Il Brasile è il Paese che finora presenta il maggior numero di casi. Il governo ha mobilitato l'esercito e, secondo le ultime notizie, il Ministero della Salute ha comunicato che sono stati registrati 404 casi di bambini nati con microcefalia. (C.E.)

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Chiese libanesi preoccupate per discriminazioni confessionali

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I vescovi maroniti esprimono la loro inquietudine per lo squilibrio che si sta producendo nell'accesso alle cariche pubbliche e alle risorse finanziarie statali, con discriminazioni silenziose che vedono penalizzati i cristiani. La preoccupazione è emersa nel corso dell'ultimo incontro mensile dell'Assemblea dei vescovi maroniti, riunitisi mercoledì 3 febbraio nella sede patriarcale di Bkerkè, sotto la presidenza del Patriarca Boutros Bechara Rai.

Erosione della presenza cristiana nei ruoli statali
Da anni – denunciano i vescovi – si sta producendo una silenziosa erosione della presenza cristiana nei ruoli statali, a vantaggio delle componenti sciita e sunnita. Di recente, manifestazioni evidenti di questo fenomeno sarebbero avvenute nell'organigramma del ministero delle Finanze. Nel contempo, secondo quanto documentato da recenti inchieste giornalistiche, solo il 27% dei progetti recentemente realizzati dal ministero per le opere pubbliche hanno interessato aree abitate dalla popolazione cristiana.

Le diverse comunità confessionali devono essere “equamente rappresentate”
I vescovi maroniti vedono in tale fenomeno una grave insidia per la convivenza nazionale, e invitano i politici e le istituzioni a rispettare l'articolo 95 della Costituzione, dove è scritto che le diverse comunità confessionali devono essere “equamente rappresentate” nell'amministrazione pubblica”. Nei giorni scorsi, analoghe preoccupazioni erano state manifestate anche dalla Chiesa greco-melchita.

I vescovi auspicano la fine della paralisi istituzionale
Nel comunicato diffuso alla fine dell'Assemblea sinodale maronita, ripreso dall'agenzia Fides, i vescovi maroniti hanno anche valutato positivamente il riavvicinamento di forze politiche maronite finora contrapposte, come le Forze Libanesi e il Movimento Patriottico Libero, auspicando che tale processo favorisca la fine della paralisi istituzionale in cui il Paese si dibatte dal maggio 2014, e si riesca finalmente ad eleggere un nuovo presidente della Repubblica. (G.V.)

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Sierra Leone: la Chiesa contro la legalizzazione dell'aborto

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La proposta di legge denominata “aborto sicuro”, approvata dal Parlamento della Sierra Leone l’8 dicembre scorso registra un’opposizione netta e durissima da parte di mons. Edward Tamba Charles, arcivescovo di Freetown. “Bisogna dire no alla legalizzazione dell’aborto, perché la vita umana va tutelata a partire dal concepimento e fino alla morte naturale”, ha affermato il presule nel corso di un incontro interreligioso svoltosi nei giorni scorsi nella capitale della Sierra Leone. 

Aborto anche per le minorenni con il permesso di un genitore
La legge, attualmente al vaglio del capo dello Stato Ernest Bai Koroma, permetterebbe l’aborto volontario fino alla 12esima settimana. Dopo tale scadenza, l’interruzione di gravidanza sarebbe permessa in caso di stupro, incesto e pericolo per la salute della madre o del feto. Per le minorenni l’aborto sarebbe possibile con il permesso di un genitore o di un tutore. 

La Chiesa chiede di investire di più nei servizi sanitari
“Contrariamente al suo nome, ‘aborto sicuro’ — ha fatto notare mons. Charles — tale proposta non dimostra rispetto per la vita della madre e del bambino, né garantisce la loro sicurezza”. Sarebbe invece necessario, nel Paese con il tasso di mortalità materna più alto al mondo, investire molto di più “nei servizi sanitari, specialmente nelle cure prenatali e post-partum di tutte le donne”. 

Cristiani e musulmani contrari alla legge
​La legge è avversata non solo dalla comunità cristiana ma anche da quella musulmana e i rappresentanti di entrambe le religioni hanno espresso la loro contrarietà al capo dello Stato. Koroma ha promesso di rinviare alla Camera il testo normativo così da permetterne una revisione. (R.P.)

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Terra Santa: cristiani arabi piangono la scomparsa di Geries Khoury

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I cristiani arabi, e anche tanti amici di tutto il mondo, piangono la scomparsa di Geries Khoury, direttore del Centro di dialogo inter-religioso al Liqa, con sede a Betlemme. Anche l'Assemblea dei vescovi ordinari cattolici di Terra Santa ha espresso in un comunicato ufficiale il cordoglio per la morte improvvisa del noto esponente del laicato cattolico palestinese, scomparso mercoledì 3 febbraio a Roma, dove si trovava alla guida di una delegazione di al-Liqa per partecipare ad un'udienza con Papa Francesco. 

Aveva tentato di delineare una “teologia contestuale palestinese”
Da decenni – si legge nel comunicato dei vescovi cattolici di Terra Santa, ripreso dall'agenzia Fides – il cattolico melchita Geries Khoury, arabo cristiano e cittadino israeliano, era coinvolto nel dialogo islamo-cristiano nel dialogo ecumenico e nella promozione dell'amicizia tra cristiani, musulmani e ebrei. I suoi interventi e le sue pubblicazioni erano concentrati sulle vicende dei cristiani arabi che vivono in Terra santa, spesso segnate da fatiche e sofferenze. Aveva anche tentato di delineare una “teologia contestuale palestinese” che si facesse carico del conflitto arabo-israeliano, cercando vie di pace e smascherare “chi usa le religioni e Dio per giustificare le guerre o le violenze o l’occupazione”.

Aveva testimoniato il Vangelo all'Università di Roma
Geries Koury era nato 64 anni fa a Fassuta, villaggio arabo a nord di Israele, vicino ai confini con il Libano, dove aveva esercitato anche la carica di sindaco dal 1996 al 2001. Negli anni '70 aveva studiato a Roma, dove era venuto con l'intenzione – poi abbandonata - di farsi sacerdote, e aveva conseguito anche le licenze in teologia e filosofia presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino. In quel tempo, aveva stretto amicizie anche con molti giovani cattolici che testimoniavano il Vangelo nell'Università statale di Roma. (G.V.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 36

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.