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Sommario del 14/06/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: pregare per i nemici, la perfezione della vita cristiana

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Saper pregare “per quelli che ci vogliono male” farà migliorare i nemici e renderà noi “più figli del Padre”. Con questa riflessione il Papa ha concluso l’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa S. Marta. Francesco ha affrontato il brano del Vangelo in cui Gesù esorta i discepoli a tendere alla perfezione di Dio, “che  fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni”. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

“Avete inteso che fu detto, ma io vi dico”. La Parola di Dio e due modi inconciliabili di intenderla: un arido elenco di doveri e divieti o l’invito ad amare il Padre e i fratelli con tutto il cuore, arrivando al culmine di pregare per il proprio avversario.

Legge senza cuore
È la dialettica del confronto tra i dottori della legge e Gesù, tra la Legge proposta in modo schematico al popolo ebraico dai suoi capi e la “pienezza” di quella stessa Legge che Cristo afferma di essere venuto a portare. Papa Francesco ribadisce sul punto una convinzione già espressa più volte. Quando Gesù inizia la sua predicazione, osteggiato dai suoi avversari, “la spiegazione della Legge in quel tempo – osserva – era in crisi”:

“Era una spiegazione troppo teorica, casistica... Diciamo che era una legge in cui non c’era il cuore proprio della Legge, che è l’amore di Dio, che ha dato a noi. Per questo il Signore ripete quello che era nell’Antico Testamento: il Comandamento più grande qual è? Amare Dio con tutto il cuore, con tutte le tue forze, con tutta l’anima, e il prossimo come te stesso. E nella spiegazione dei Dottori della Legge questo non era tanto al centro. Al centro c’erano i casi: ma si può fare questo? Fino a che punto si può fare questo? E se non si può?... La casistica proprio della Legge. E Gesù prende questo e riprende il vero senso della Legge per portarlo alla sua pienezza”.

Il Papa mette in evidenza come Gesù offra “tanti esempi” per mostrare i Comandamenti sotto una luce nuova. “Non uccidere”, afferma, può voler dire anche non insultare un fratello e avanti e su fino a porre in risalto come l’amore sia “più generoso della lettera della Legge”, nel mantello aggiunto in dono a chi aveva domandato il vestito e nei due chilometri fatti con chi aveva chiesto di essere accompagnato per uno:

“E’ un lavoro che non è solo un lavoro per il compimento della Legge, ma è un lavoro di guarigione del cuore. In questa spiegazione che Gesù fa sui Comandamenti – nel Vangelo di Matteo soprattutto – c’è un cammino di guarigione: un cuore ferito dal peccato originale – tutti noi abbiamo il cuore ferito dal peccato, tutti – deve andare per questa strada di guarigione e guarire per assomigliare al Padre, che è perfetto: ‘Siate perfetti come è perfetto il Padre Vostro Celeste’. Una strada di guarigione per essere figli come il Padre”.

E la perfezione che Gesù indica è quella contenuta nel brano del giorno del Vangelo di Matteo: “Avete inteso che fu detto: 'Amerai il tuo prossimo' e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”. “È l’ultimo scalino” di questa strada, afferma il Papa, il più difficile. Francesco ricorda che da ragazzo, pensando a uno dei grandi dittatori dell’epoca, si era soliti pregare che Dio gli riservasse presto l’inferno. Invece, conclude, Dio chiede un esame di coscienza:

“Che il Signore ci dia la grazia, soltanto questa: pregare per i nemici, pregare per quelli che ci vogliono male, che non ci vogliono bene. Pregare per quelli che ci fanno del male, che ci perseguitano. E ognuno di noi sa il nome e il cognome: prego per questo, per questo, questo, per questo... Io vi assicuro che questa preghiera farà due cose: a lui lo farà migliorare, perché la preghiera è potente, e a noi ci farà più figli del Padre”.

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Dottrina Fede: doni carismatici e gerarchici coessenziali alla Chiesa

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I doni gerarchici ed i doni carismatici sono “coessenziali” alla vita della Chiesa: questo il punto centrale della Lettera "Iuvenescit Ecclesia" ("La Chiesa ringiovanisce"), pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il documento – a firma del cardinale prefetto, Ludwig Müller, e dell’arcivescovo segretario, Luis Ladaria – è rivolto ai vescovi della Chiesa cattolica e si sofferma “sulla relazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa”. Il servizio di Isabella Piro: 

È la coessenzialità il principio che lega i doni gerarchici ed i doni carismatici. I primi sono quelli conferiti dal Sacramento dell’ordinazione (episcopale, sacerdotale, diaconale), mentre i secondi vengono liberamente distribuiti dallo Spirito Santo. Lo afferma chiaramente la Lettera “Iuvenescit Ecclesia” (IE), sottolineando come “la Chiesa ringiovanisca in forza del Vangelo”, rinnovata, edificata e guidata dallo Spirito “con diversi doni gerarchici e carismatici”.

Connessione armonica e complementare, con obbedienza ai Pastori
In particolare, la IE si sofferma sulle questioni teologiche, e non pastorali o pratiche, che derivano dal rapporto tra istituzione ecclesiale e nuovi Movimenti e aggregazioni, insistendo sull’armonica connessione e complementarietà dei due soggetti, purché nell’ambito di una “partecipazione feconda ed ordinata” dei carismi alla comunione della Chiesa, che non li autorizzi a “sottrarsi all’obbedienza verso la gerarchia ecclesiale”, né conferisca loro “il diritto ad un ministero autonomo”. “Doni di importanza irrinunciabile per la vita e la missione ecclesiale”, dunque, i carismi autentici devono guardare “all’apertura missionaria, alla necessaria obbedienza ai Pastori e all’immanenza ecclesiale”.

Non contrapporre Chiesa istituzionale e Chiesa della carità
Pertanto, una loro “contrapposizione o giustapposizione” con i doni gerarchici sarebbe un errore. Non bisogna, infatti, opporre una Chiesa “dell’istituzione” a una Chiesa “della carità”, perché nella Chiesa “anche le istituzioni essenziali sono carismatiche”, e “i carismi devono istituzionalizzarsi per avere coerenza e continuità”. In tal modo, ambedue le dimensioni “concorrono insieme a rendere presente il mistero e l’opera salvifica di Cristo nel mondo”.

Dimensione carismatica e maturità ecclesiale
Le nuove realtà, dunque, devono giungere alla “maturità ecclesiale” che comporta la loro piena valorizzazione e inserzione nella vita della Chiesa, sempre in comunione con i Pastori e attente alle loro indicazioni. L’esistenza di nuove realtà, infatti – sottolinea la Lettera – colma il cuore della Chiesa di “gioia e gratitudine”, ma le chiama anche a “relazionarsi positivamente con tutti gli altri doni presenti nella vita ecclesiale”, affinché siano “promossi con generosità ed accompagnati con vigilante paternità” dai Pastori per “concorrere al bene della Chiesa ed alla sua missione evangelizzatrice”. “La dimensione carismatica – si legge nel documento – non può mai mancare alla vita ed alla missione della Chiesa”.

I criteri per discernere i carismi autentici
Ma come riconoscere un dono carismatico autentico? La Lettera della Congregazione richiama al discernimento, compito che è “di pertinenza dell’autorità ecclesiastica”, secondo criteri specifici: essere strumento di santità nella Chiesa; impegnarsi nella diffusione missionaria del Vangelo; confessare pienamente la fede cattolica; testimoniare una comunione fattiva con tutta la Chiesa, accogliendo con leale disponibilità i suoi insegnamenti dottrinali e pastorali; riconoscere e stimare le altre componenti carismatiche nella Chiesa; accettare con umiltà i momenti di prova nel discernimento; avere frutti spirituali come carità, gioia, pace, umanità; guardare alla dimensione sociale dell’evangelizzazione, consapevoli del fatto che “la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati dalla società non può mancare in un’autentica realtà ecclesiale”.

Il riconoscimento giuridico secondo il Diritto canonico
Inoltre, la IE indica altri due criteri fondamentali da considerare per il riconoscimento giuridico delle nuove realtà ecclesiali, secondo le forme stabilite dal Codice di Diritto canonico: il primo è “il rispetto della peculiarità carismatica delle singole aggregazioni ecclesiali”, così da evitare “forzature giuridiche” che ne “mortifichino la novità”. Il secondo criterio concerne “il rispetto del regimen ecclesiale fondamentale”, favorendo “l’inserimento fattivo dei doni carismatici nella vita della Chiesa”, ma evitando che essi si concepiscano come una realtà parallela, senza un riferimento ordinato ai doni gerarchici.

Relazione tra Chiesa universale e Chiese particolari è imprescindibile
Il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede evidenzia poi come il rapporto tra doni gerarchici e carismatici debba tener conto della “imprescindibile e costitutiva relazione tra Chiesa universale e Chiese particolari”. Ciò significa che i carismi sono dati, sì, a tutta la Chiesa, ma che la loro dinamica “non può che realizzarsi nel servizio ad una concreta diocesi”. Non solo: essi rappresentano anche “un’autentica possibilità” per vivere e sviluppare la vocazione cristiana di ciascuno, sia essa il matrimonio, il celibato sacerdotale, o il ministero ordinato. Anche la vita consacrata, inoltre, “si colloca nella dimensione carismatica della Chiesa”, perché la sua spiritualità può diventare “una significativa risorsa” sia per il fedele laico che per il presbiterio, aiutando entrambi a vivere una specifica vocazione.

Guardare al modello di Maria
Infine, la IE invita a guardare a Maria, “Madre della Chiesa”, modello di “piena docilità all’azione dello Spirito Santo” e di “limpida umiltà”: con la sua intercessione, si auspica che “i carismi abbondantemente distribuiti dallo Spirito Santo tra i fedeli siano da questi docilmente accolti e messi a frutto per la vita e la missione della Chiesa e per il bene del mondo”. La pubblicazione della Lettera - datata 15 maggio 2016, Solennità di Pentecoste - è stata ordinata da Papa Francesco il 14 marzo scorso, nell’udienza concessa al cardinale Müller.

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Card. Müller: fondamentale sinergia tra movimenti e istituzione

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Un documento positivo per rinnovare il valore dei doni carismatici nella vita della Chiesa. Questo in estrema sintesi quanto emerso dalla conferenza stampa di presentazione del documento Iuvenescit Ecclesia. Tra i relatori, che si sono succeduti in Sala Stampa Vaticana, il cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e il prefetto della Congregazione per i Vescovi, cardinale Marc Ouellet. Il servizio di Alessandro Gisotti

Un documento che viene da lontano, da un’intuizione di San Giovanni Paolo II, ispirata al Concilio Vaticano II, e che ora, significativamente, arriva alla pubblicazione con Papa Francesco.

Card. Müller: favorire l’ordinata comunione dei doni carismatici
Iuvenescit Ecclesia, ha sottolineato il cardinale Müller, si concentra su problematiche teologiche più che pastorali, riprendendo il principio elaborato da Papa Wojtyla della “coessenzialità” tra doni gerarchici e carismatici:

“Scopo del presente documento è quello di favorire - attraverso una approfondita consapevolezza degli elementi essenziali relativi a doni gerarchici e carismatici, e al di là di ogni sterile contrapposizione o giustapposizione - una loro ordinata comunione, relazione e sinergia, in vista di un rinnovato slancio missionario ecclesiale e di quella ‘conversione pastorale’ a cui in continuazione ci chiama Papa Francesco”.

Il prefetto della Dottrina della Fede ha sottolineato la capacità della Chiesa di essere rinnovata dallo Spirito santo anche in tempi difficili. Quindi, ha ribadito che non esiste una “Chiesa dello Spirito” contrapposta ad una “Chiesa dell’Istituzione” perché “doni gerarchici e carismatici” sono sempre relazionati gli uni agli altri. E ha messo l’accento sul ruolo dei Pontefici del dopo il Concilio nell’accogliere e valorizzare i doni delle diverse forme di movimenti ecclesiali:

Nei fatti è stato proprio il Successore di Pietro a favorire una comunicazione e comunione fra doni gerarchici e carismatici a livello della Chiesa universale, valorizzando la diffusione missionaria dei movimenti e delle nuove comunità ecclesiali all’interno delle diverse Chiese particolari, specialmente in quelle che necessitavano di una nuova evangelizzazione”.

Card. Ouellet: movimenti non si contrappongano ai vescovi
Dal canto suo, il cardinale Ouellet ha ribadito il grande ruolo che il Concilio e poi in particolare San Giovanni Paolo II hanno attribuito ai Movimenti come “nuove forme di testimonianza della fede” che potessero “rispondere alla sfida di una nuova evangelizzazione delle società secolarizzate”. Dal canto suo, ha commentato il porporato canadese, Francesco aiuta i pastori ad essere più acuti nel discernimento dei carismi, in un momento in cui si sottolinea fortemente la dimensione missionaria della Chiesa. Per questo, ha detto, va visto positivamente il nuovo documento Iuvenescit Ecclesia:

“Non si tratta nella prassi di livellare le differenze tra i doni gerarchici e quelli carismatici, ma di integrare meglio i carismi variegati della vita consacrata nelle Chiese particolari sotto la guida dei vescovi, i quali hanno il compito di discernere, accogliere e accompagnare le realtà carismatiche suscitate dall’azione dello Spirito Santo nella comunità ecclesiale”.

I cardinali Müller e Ouellet non hanno infine mancato di evidenziare l’importanza della dimensione sociale tra i criteri di discernimento dei movimenti. Per Francesco, ha detto il prefetto del dicastero per i vescovi, è fondamentale che i carismi siano al servizio della Chiesa locale e mai in contrapposizione rispetto ai pastori. Alla conferenza stampa hanno preso parte anche il teologo mons. Piero Coda, che ha messo l’accento sulla “convergenza” degli ultimi Papi rispetto ai Movimenti e sul respiro positivo del nuovo documento, e la prof.ssa Maria del Carmen Aparicio Valls, che ha parlato della dinamica istituzione-carismi a partire dalla sua esperienza personale di membro dell’Istituzione teresiana.

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Sarà beatificato gruppo di martiri della Guerra civile spagnola

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Un folto gruppo di martiri della Guerra civile spagnola, in procinto di diventare Beati, e il riconoscimento delle virtù eroiche per sette tra Serve e Servi di Dio. È quanto Papa Francesco ha approvato nell’autorizzare stamattina, ricevendo in udienza il cardinale Angelo Amato, la promulgazione dei relativi Decreti della Congregazione per le Cause dei Santi.

Nel documento si riconosce il martirio dei Servi di Dio Giuseppe Álvarez-Benavides y de la Torre, decano del Capitolo della Cattedrale di Almería, e dei 114 Compagni, uccisi in odio alla Fede tra il 1936 e il 1938;
le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Cirillo Stojan, arcivescovo di Olomouc; nato il 22 maggio 1851 e morto il 29 settembre 1923;
le virtù eroiche del Servo di Dio Vincenzo Garrido Pastor, Sacerdote diocesano e Fondatore dell’Istituto Secolare delle Operaie della Croce; nato il 12 novembre 1896 e morto il 16 aprile 1975;
le virtù eroiche del Servo di Dio Paolo Maria Guzmán Figueroa (al secolo: Giuseppe Bardomiano di Gesù), Sacerdote professo dei Missionari dello Spirito Santo e Fondatore delle Missionarie Eucaristiche della Santissima Trinità; nato il 25 settembre 1897 e morto il 17 febbraio 1967;
le virtù eroiche del Servo di Dio Luigi Lo Verde (al secolo: Filippo), Chierico professo dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali; nato il 20 dicembre 1910 e morto il 12 febbraio 1932;
le virtù eroiche del Servo di Dio Bernardo dell’Annunziazione (al secolo: Bernardo de Vasconcelos), Chierico professo dell’Ordine di San Benedetto; nato il 7 luglio 1902 e morto il 4 luglio 1932;
le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Elisa Oliver Molina, Fondatrice della Congregazione delle Suore delle Vergine Maria di Monte Carmelo; nata il 9 luglio 1869 e morta il 17 dicembre 1931;
le virtù eroiche della Serva di Dio Maria di Gesù dell’Amore Misericordioso (al secolo: Maria di Gesù Guízar Barragán), Fondatrice delle Ancelle Guadalupane di Cristo Sacerdote; nata l’11 novembre 1899 e morta il 6 gennaio 1973.

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Il Papa nomina mons. Russo nunzio in Algeria e Tunisia

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Francesco ha nominato Nunzio Apostolico in Algeria e Tunisia mons. Luciano Russo, Arcivescovo titolare di Monteverde, finora Nunzio Apostolico in Rwanda.

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Papa, tweet: un popolo ha futuro con l'incontro giovani-anziani

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Il futuro di un popolo suppone necessariamente l’incontro fecondo tra i giovani e gli anziani”.

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Gregoriana: diploma in tutela dei minori. Papa: abbiate coraggio

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“State facendo un grande sforzo per prevenire e curare la piaga degli abusi sui minori, abbiate coraggio e pazienza: sono certo che incontrerete molti sorrisi di gratitudine”. Così in una lettera Papa Francesco saluta i primi 19 studenti, religiosi e laici di tutto il mondo, diplomati alla Pontificia Università Gregoriana al programma di Studi avanzati dal titolo ”Tutela dei Minori”. Oggi all'Ateneo la cerimonia di fine semestre. Avviato nel febbraio 2016 e offerto una volta l’anno, tramite selezione, il Corso è interdisciplinare e interattivo e vuole essere un’ulteriore risposta responsabile della Chiesa sul tema. Ruolo e formazione dei nuovi esperti nelle parole di padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori e presidente del Centro per la protezione dei minori della Gregoriana. L'intervista è di Gabriella Ceraso

R. – Sono arrivate più richieste di quelle che avremmo potuto accettare … Alla fine ne abbiamo accolte 19 di 14 Paesi di quattro continenti: quest’anno, una netta maggioranza di persone dall’Africa, che potranno così aiutare le Chiese locali, le Congregazioni religiose e le istituzioni cattoliche in Paesi dove finora sulla carta forse si parla dei diritti dei bambini, ma effettivamente c’è ben poco; quindi, persone esperte in grado non solo di scrivere documenti, ma veramente anche di smuovere le persone che sanno che accadono dei crimini orrendi ma non sanno come agire, che non sanno quali sono le leggi nello Stato in cui vivono, con le norme canoniche per la Chiesa …

D. – C’erano dei pre-requisiti che avevate richiesto?

R. – I requisiti erano che avessero un primo grado accademico, una lettera di raccomandazione da un Superiore o da una Conferenza episcopale; la terza cosa era che dovesse essere espresso anche un interesse personale per svolgere questo lavoro, perché questo è un campo molto delicato e anche molto pesante, e quindi una persona non può semplicemente venire perché le è stato chiesto, ma deve avere una motivazione propria per venire e poi tornare nei Paesi di appartenenza e poter lavorare veramente efficacemente.

D. – L’approccio è interdisciplinare?

R. – Sì, sono stati esposti temi che riguardano ambiti a 360°: psicologia, psichiatria, giurisprudenza – dal diritto canonico alle scienze sociali –, sanità pubblica, fino alla teologia. Per noi è molto importante, e questa credo sia anche l’unicità di questo programma, mettere insieme tutte le dimensioni della persona umana in una visione veramente onnicomprensiva. Abbiamo anche una certa varietà di competenze che ciascun candidato ha portato con sè, e adesso abbiamo cercato di completare questa visione. I candidati potranno ora lavorare negli uffici di protezione o di intervento e potranno essere inseriti nella pastorale familiare, perché sappiamo che in molti Paesi del mondo il problema molto grosso è nel contesto familiare.

D. – L’amore incondizionato di Dio è vitale per recuperare, per guarire, i sopravvissuti a simili esperienze; però è anche importante il rigore e la fermezza di alcune decisioni. Cosa pensa dell’ultima decisione del Papa in forma di Motu Proprio, per quanto riguarda i vescovi?

R. – Il Motu Proprio “Come una madre amorevole” ha sottolineato qualcosa che giuridicamente era già chiaro e che il Santo Padre ha chiarito molto bene e molto decisamente: che questi fatti non sono una cosa leggera. Ha specificato che la negligenza d’ufficio rispetto all’assunto dell’abuso dei minori non dev’essere molto grave per essere giudicato un reato, ma già nel caso di una pura "trascuratezza" questo può essere giudicato un reato.

D. – Si potrà arrivare mai – con il tempo, con l’educazione – a sradicarla, questa piaga?

R. – Questa è una delle aspettative di tutti quelli che si stanno veramente impegnando in questo, ed è un’aspettativa anche comprensibile; ma purtroppo, finché siamo esseri umani, non sarà da sradicare una volta per sempre: è impossibile. Il male è con noi: purtroppo, questa è la realtà della condizione umana, che siamo vulnerabili al male. Quindi, è tanto più importante che si faccia il possibile perchè questi casi si verifichino il meno possibile. Per questo dobbiamo essere molto svegli, cambiare non solo le conoscenze – perché le abbiamo – ma dobbiamo sviluppare l’atteggiamento adatto e anche pronto a intervenire, sicché i vulnerabili siano più protetti. Gesù ci aiuta e ci dà speranza, ma dobbiamo anche fare la nostra parte.

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Pane ai pellegrini. Mons. Fisichella: non deve mancare a nessuno

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Il pane declinato in tutte le sue forme, ma soprattutto donato a tutti i pellegrini. E' questo il senso dell'iniziativa che parte oggi in Largo Giovanni XXIII a Roma in un "villaggio del pane" allestito nei pressi del "Gazebo della Misericordia". L'iniziativa si chiama "Dacci oggi il nostro pane quotidiano" ed è stata organizzata da Fiesa Assopanificatori, l'associazione dei panificatori e pasticceri aderenti alla Confesercenti insieme al Vaticano. Presente anche mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Al microfono di Valentina Onori, mons. Fisichella ha ribadito l'importanza dell'alimento e della presa d'atto della solidarietà verso i poveri. 

R. – “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” non è soltanto il ricordo che Gesù ci ha chiesto quotidianamente di fare, ma è anche una provocazione perché ci chiede di aver piena consapevolezza non solo che sulla tavola di ognuno deve esserci il pane, il cibo, ma ci chiama anche a quella forma di solidarietà per cui non deve mancare a nessuno. Quindi nel momento in cui noi siamo qui ad  aprire questo stand che per una settimana accoglierà i pellegrini che vengono a Roma, diventa anche una positiva provocazione a quelle forme di solidarietà e di attenzione verso i poveri, verso i più bisognosi a cui Papa Francesco quotidianamente ci richiama.

D. - È un simbolo quindi?

R. - È un segno che viene dato tra i tanti segni del Giubileo. Come la Porta Santa è un segno che ci indica la presa di consapevolezza che abbiamo dell’incontro con Cristo, qui il simbolo che ci viene dato è quello di avere sempre più consapevolezza che ci sono i poveri a cui va data la nostra attenzione e a cui in primo luogo va dato il cibo.

La sensibilizzazione sulla carenza del pane a fasce intere della popolazione nel nostro Paese è un richiamo che deve giungere a tutti, ecco perché la distribuzione ai pellegrini. Perché possano essere portatori di questo messaggio. E' ciò che sostiene il presidente di Confesercenti nazionale, Massimo Vivoli: 

R. - È sicuramente una grande iniziativa, nata da questa collaborazione che c’è tra noi e il Vaticano. Mette in evidenza che anche nel nostro Paese ci sono fasce deboli. Bisogna porre l’attenzione su quelli che sono i bisogni di tante famiglie che stanno attraversando dei momenti molto difficili.

D. – Perché i pellegrini?

R. – Perché deve espandersi per tutto il Paese questa consapevolezza e sensibilizzare tutte le istituzioni.

D. – Quanto spreco c’è di pane?

R. – Grandissimo spreco. Noi vogliamo poter utilizzare quello che viene gettato nei diversi settori alimentari per poterlo mettere a disposizione di chi ne ha bisogno. Ci sono veramente tante famiglie che ne hanno bisogno.

D. – Questa iniziativa terminerà sabato. Continuerà?

R. – Continuerà sicuramente, perché per noi è una missione affinché il Paese continui a camminare un po’ più velocemente e cercare di sostenere chi effettivamente ha bisogno, cioè gli ultimi che stanno perdendo l’aggancio al ceto medio e a quelle che sono le fasce più alte.

Ma l'iniziativa si propone anche di mettere in risalto e a far conoscere il mestiere del panificatore. La presenza di Davide Trombini, presidente di Fiesa-Assopanificatori è testimonianza dell'impegno di più di 50 imprese della panificazione provenienti da diverse regioni italiane che distribuiranno ai pellegrini 5 quintali di pane al giorno. Non solo: il ricavato delle libere offerte dei pellegrini sarà destinato alla realizzazione di una scuola in Burkina Faso per agricoltori: 

R. – Oggi il mestiere del panificatore con le macchine e le industrie è sempre meno qualificante. Però ci sono veramente dei maestri in questo mondo. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” è un’iniziativa in cui ogni giorno ogni città d’Italia porta il pane. Questo pane verrà regalato; si spera in un’offerta dei pellegrini che sarà devoluta alla costruzione di una scuola nel Burkina Faso a sostegno di un progetto ideato da Papa Francesco per far crescere questi ragazzi in una scuola di agraria dove impareranno a coltivare il grano e diventare perché no, produttori di pane!

D. - La sensibilizzazione è sia sul territorio nazionale che all’estero

R. – Certo, non finirà qui perché da settembre continueremo. Ogni panificio in Italia cercherà vicino alla sua diocesi di organizzare un banchetto per prolungare le offerte e far conoscere il pane italiano. Non solo: sabato 18 giugno, 150 panificatori parteciperanno all’udienza dal Santo Padre.

L'onorevole Giuseppe Romanini, della commissione agricoltura della Camera dei Deputati è promotore dell'iniziativa legislativa di tutela del pane fresco già da qualche tempo. Era presente all'apertura dei banchi del pane: 

R. - È una proposta di legge che tende a coprire una lacuna normativa per quanto riguarda la produzione del pane, cioè la definizione di pane fresco, il pane artigianale, quello che i nostri fornai producono da sempre e che oggi si trova a confronto con il pane prodotto con masse surgelate che sono una cosa diversa. Il pane quotidiano è il pane prodotto con un ciclo continuo di lavorazione nell’arco delle 72 ore usando pochissimi ingredienti: acqua, farina, sale e lievito. Questa legge vuole essere un testo unico sul pane per definirne bene le caratteristiche e dare la possibilità a chi lo produce artigianalmente di essere ancora economicamente adeguato a questi tempi.

"Dietro al pane c'è lavoro", è quanto sostiene Rosario Trefiletti, presidente della Federconsumatori, che ha appoggiato l'iniziativa sottolineandone il carattere solidale: 

R. – Il pane è uno dei prodotti fondamentali dell’alimentazione umana. Fare il pane è anche fatica, sudore e lavoro. Questa iniziativa è fondamentale, perché dare pane gratis ai pellegrini che vengono a Roma è un atto – da un punto di vista culturale – creativo e positivo. Questa iniziativa si inquadra nel mettere in risalto questa questione assolutamente rilevante: ovvero lo spreco di pane. La povertà nel nostro Paese è aumentata moltissimo; è una delle piaghe che deve essere affrontata e superata. Più di un milione di bambini sono coinvolti nell’ambito di questa drammatica situazione di povertà. Bisogna fare contrasto, ma soprattutto fare investimenti per dare lavoro. Non è un Paese civile quello che ha circa il 40 percento di giovani disoccupati.

D. - La Chiesa in questo modo ha sensibilizzato. Che cosa si può fare di può? Cosa può fare di più la stessa Chiesa?

R. - La Chiesa fa due cose che io reputo molto importanti. Una di queste è l’assistenza attraverso i suoi canali, penso ad esempio alla Caritas. Sta facendo molto per insegnare ai cittadini e al mondo intero che i valori della solidarietà, della fratellanza, di un nuovo sviluppo basato sul rispetto dell’ambiente. Questa è l’altra cosa di cui io mi sento molto partecipe e coinvolto. Noi siamo sul fronte della domanda di mercato, mentre l’iniziativa è partita da chi produce, da chi vende, da chi fa intermediazione cioè sull’offerta di mercato. Abbiamo appoggiato l’iniziativa perché quando queste vanno nella direzione della solidarietà e della fratellanza noi diciamo che queste iniziative sono anche le nostre.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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La Chiesa ringiovanisce: presentazione della Lettera della Congregazione per la dottrina della fede Iuvenescit ecclesia

Come aquila: l'intervento di Gerhard Ludwig Müller sulla Lettera Iuvenescit ecclesia

Differenza nell'unità: Marc Ouellet sul documento della Congregazione per la dottrina della fede

Per una teologia dello spirito: un articolo di Antonella Lumini su Maria Celeste Crostarosa, la vera fondatrice dei Redentoristi

Carità scambievole: Sabatino Majorano sulla «Regola» di Maria Celeste

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Oggi in Primo Piano



Parigi e Orlando: due attacchi diversamente ispirati all'Is

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“E' un atto incontestabilmente terroristico": lo ha detto il Presidente francese Francois Hollande questa mattina, a proposito dell'uccisione, ieri sera vicino a Parigi, di una coppia di poliziotti. Ad ucciderli il 25.enne Larossi Abballa, il cui telefono era già sotto controllo della magistratura francese. Il capo dell'Eliseo ha aggiunto che "il livello di minaccia del terrorismo è alto", ma che vale "per tutti, non solo per la Francia". Solo domenica la sparatoria in una discoteca ad Orlando negli Usa per mano di Omar Mateen un giovane cittadino americano di origini afghane. Entrambi gli attacchi sono stati rivendicati dall’Is, ma quanto è reale che dietro a queste violenze ci siano davvero gli jihadisti? Adriana Masotti lo ha chiesto a Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali: 

R. – Dietro, come ispirazione o alibi ideologico, probabilmente sì, nella testa degli attentatori in qualche misura; ma molto probabilmente no in termini di effettivo collegamento operativo o gerarchico. L’impressione è che lo Stato Islamico usi questi episodi per dare un’immagine di sé molto più potente di quella che è. D’altra parte questa è una cosa che hanno anche teorizzato: hanno sempre detto che quelli che vogliono fare attacchi terroristici, debbono farlo di loro iniziativa, dove vogliono e come vogliono: quindi non c’è una vera strategia, se non quella di cercare di diffondere un’immagine di terrore.

D. – L’obiettivo potrebbe essere quello di punire una società che, secondo una certa mentalità, è negativa e non va bene?

R. – Sì, è un obiettivo generico: da una parte, propagandistico dello Stato Islamico nel mondo musulmano; e dall’altra, nei nostri confronti, è un tentativo di fragilizzare le nostre società, di chiuderle in difesa e di dire “per quante cose voi ci possiate fare, ci potete anche bombardare, però poi – in ultima analisi – rimaniamo una minaccia nei vostri confronti.

D. – Dando rilievo a queste rivendicazioni noi rischiamo di stare al loro gioco. E’ questo che vogliono?

R. – Questo: naturalmente è inevitabile che il sistema di informazione – così pervasivo nel nostro mondo – finisca per funzionare anche come un amplificatore. Però, allo stesso tempo, devo dire che chi non si limita soltanto a leggere il titolo shock sul giornale, vede che di fatto ha di fronte personaggi e situazioni estremamente diversificate e spesso gente che è sostanzialmente squilibrata nel complesso, che però naturalmente - grazie ad una sua disponibilità di armi o al fatto che agiscono cono disprezzo della loro stessa vita – possono fare vittime.

D. – Il killer della coppia francese pare abbia scritto un messaggio in cui invita ad uccidere poliziotti, secondini, giornalisti, rapper durante questi Europei di Calcio. “Sarà un cimitero”: scrive. Chiaramente tutta questa frammentazione rende anche più difficile prevenire questi atti?

R. – Sì, certamente. Diciamo che questo killer francese sembra abbastanza nella linea degli altri terroristi che hanno agito in Francia e in Belgio: questa era una persona che aveva avuto dei contatti con il terrorismo internazionale ed era già stato in prigione. C’è evidentemente una filiera di reclutamento e di auto-reclutamento all’interno delle prigioni e diciamo che anche l’odio per il poliziotto può essere spiegato in questo modo.

D. – Abbiamo parlato degli Europei, ma presto ci saranno anche le Olimpiadi in Brasile: insomma ogni occasione di grande riunione di persone può essere un’altrettanta occasione per attentati?

R. – Sì, semplicemente perché è una occasione per aumentare l’impatto mediatico. L’uccisione di un poliziotto e di sua moglie, nella periferia di Parigi, non ha nulla a che fare con gli Europei di calcio, però in questo momento ha una maggiore risonanza.

D. – Ci troviamo, comunque, di fronte ad una situazione mondiale veramente preoccupante, inquietante…

R. – Certamente. Quello che è preoccupante non è tanto il numero degli attacchi – abbiamo avuto cose peggiori! – ma è l’irrazionalità e la polverizzazione di questa cosa: il fatto cioè che possano avvenire – questo tipo di attacchi, rivendicati come terrorismo – da persone che sono difficilmente individuabili. Questo è quello che spaventa, in un certo senso, e che crea questa situazione di incertezza generale. La violenza è una violenza soprattutto meno organizzata, ispirata da Internet e chiunque può leggere Internet, anche se sta solo nel suo appartamentino o sotto un ponte… In un’ultima analisi io credo che la maggiore difesa non possa che essere di tipo sociale: questa gente difficilmente può essere sempre individuata dalle azioni di polizia e quindi è la collaborazione della società in cui vivono che è la chiave per il successo.

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Etiopia-Eritrea: scambio di accuse su scontri alla frontiera

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Ancora reciproche accuse tra Eritrea ed Etiopia sull’avvio degli intensi combattimenti degli ultimi giorni lungo la zona centro-orientale della frontiera, nei pressi di Tsorona. Nel 2000, un accordo di pace pose termine a due anni di guerra di confine tra i due Paesi, ma all’intesa non è mai stata data completa attuazione, con continue tensioni che aggravano le rispettive situazioni interne. Solo la scorsa settimana a Ginevra il regime eritreo è stato accusato di crimini contro l'umanità su grande scala da un’apposita commissione d’inchiesta dell’Onu: i rappresentanti delle Nazioni Unite non sono stati autorizzati ad entrare in Eritrea, guidata dal ’93 da Issaias Afewerki, ma hanno ascoltato oltre 800 eritrei in esilio. Il rapporto dell’Onu, che sarà discusso il 21 giugno al Consiglio dei diritti dell’uomo, ha tratteggiato una situazione gravissima per 300-400 mila schiavi, denunciando torture, privazioni delle libertà, sparizioni forzate, persecuzioni e violenze. Per un quadro della situazione, Giada Aquilino ha intervistato Bruna Sironi, collaboratrice da Nairobi della rivista comboniana "Nigrizia", che ha vissuto per anni in Eritrea: 

R. – In realtà non è mai stato chiuso il contenzioso di confine tra l’Etiopia e l’Eritrea. Dopo la guerra del 1998-2000, c’è stata una commissione all’Aja che ha definito a chi appartiene una serie di territori contestati, tra cui Badme, che è stata il motivo della guerra di fine anni ’90. Il verdetto della commissione avrebbe dovuto essere definitivo: in realtà, l’Etiopia non ha accettato di ritirarsi da Badme, che era stata assegnata all’Eritrea.

D. – Queste continue tensioni aggravano le rispettive situazioni interne. La settimana scorsa, ad esempio, a Ginevra il regime eritreo è stato accusato di crimini contro l’umanità su grande scala: si parla di 300-400 mila schiavi. Qual è la situazione in Eritrea?

R. – Gli schiavi sono i ragazzi in servizio nazionale senza fine e permanente. Si possono considerare degli schiavi moderni, perché non hanno la possibilità di decidere del proprio futuro, della propria vita. L’ha voluto il governo eritreo, nel momento in cui ha deciso che la sua linea sulla questione di frontiera e sulla non chiusura del conflitto era che si considerava permanentemente in guerra con l’Etiopia: quindi ha istituito una leva obbligatoria per tutti i cittadini. E dunque i ragazzi sono tenuti a frequentare l’ultimo anno della scuola superiore al training militare e da lì poi vengono indirizzati al servizio nazionale, che appunto non praticamente ha fine.

D. – L’Eritrea ha ottenuto, nel 1991, l’indipendenza dall’Etiopia dopo decenni di guerra; al potere è andato Afewerki. Oggi che Paese è?

R. – Oggi è un Paese in grande crisi. Questo problema di confine con l’Etiopia ha finito per mettere in moto politiche isolazioniste. Sicuramente la popolazione vive nella paura. Il governo è “occhiuto” e la gente non può esprimersi liberamente, perché le persone che lo fanno vengono tacciate di tradire il Paese. E soprattutto la gente non è libera di fare quello che vorrebbe: quindi, non può uscire dal Paese, i visti non vengono dati se non si ha un’età avanzata, in quanto i giovani sono appunto considerati in servizio militare e per questo non possono lasciare il Paese. In questo quadro, i giovani scappano…

D. – Fra i migranti che arrivano sulle coste europee, gli eritrei rimangono tra i più numerosi. E’ dunque per questo?

R. – Certo: scappano per questo! Scappano perché il clima è opprimente e le possibilità di avere un futuro e di decidere del proprio futuro non esistono.

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Rapporto Comece: vocazione Europa è promozione della pace

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Promuovere la pace nel mondo, la vocazione dell’Europa. E’ il tema al centro del rapporto della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, Comece, presentato questa mattina a Bruxelles. Tra  temi al centro del documento la futura strategia globale dell’Ue in materia di politica estera e di sicurezza. Il servizio di Paolo Ondarza

In un mondo caratterizzato da fragilità, tensioni internazionali e terrorismo l’Europa riscopra la sua vocazione alla pace e alla riconciliazione. Il rapporto della Comece invoca una diplomazia al servizio della pace che tuteli i diritti dell’uomo, con speciale attenzione al fenomeno migratorio in cooperazione tra Paesi di origine, di transito e di approdo. Nella lotta al terrorismo si chiede di coordinare misure preventive urgenti a misure preventive a lungo termine, contrastando il radicalismo e favorendo una soluzione pacifica dei conflitti. Necessario “tagliare i flussi finanziari internazionali destinati a fini terroristici". Attilio Ascani, direttore Focsiv e membro del gruppo di lavoro Giustizia e Pace della Comece:

"Ripartirei velocemente da quello che ha detto Papa Francesco: 'Le armi viaggiano più velocemente del cibo'. Quindi sostenere la pace su tre pilastri: costruire la pace attraverso la sicurezza e la giustizia; costruire una sicurezza con maggiore trasparenza nel commercio delle armi; e una politica di difesa che sia efficace e non solo vendicativa. L’invito dei vescovi europei è ad un approccio alla pace, alla sicurezza che sia attivo e costruttivo, che non sia soltanto un approccio limitato al controllo fisico e militare dei pericoli all’interno e intorno all’Unione Europea. L'appello è a costruire in modo attivo la pace così come è un po’ nel Dna dell’unione".

Particolarmente attento lo sguardo dei vescovi europei sul Medio Oriente:

"L’invito dei vescovi è molto importante soprattutto per un ruolo dell’Unione Europea nella crisi mediorientale dove è importante essere un po’ il terzo polo rispetto alla Russia e agli Stati Uniti per una costruzione di pace e di dialogo che oggi non c’è".

Speciale attenzione viene riservata inoltre alla gestione degli aiuti umanitari perché siano sempre ispirati a principi di umanità e imparzialità. Sul fronte economico, la Comece invoca accordi commerciali equi e giusti che grantiscano un trattamento speciale nei riguardi dei Paesi in via di sviluppo. E ancora: clima ed energia, tra le preoccupazioni al centro del rapporto con la raccomandazione a ridurre le emissioni di gas serra e incrementare le energie rinnovabili. Sul fronte sicurezza si chiede una condivisione delle singole capacità di difesa e lo sviluppo di una strategia di disarmo, nucleare in testa:

"La pace va costruita attraverso processi di giustizia. Non si può solo intervenire sui focolai di violenza. Noi oggi osserviamo che l’Unione Europea a volte promuove politiche commerciali con l’Africa e con altri Paesi funzionali ai bisogni dell’Europa. Questo non è corretto, non è giusto! Anche lo stesso utilizzo dell’energia, la diffusione e la ripartizione delle energie nel mondo è un tema molto importante rispetto al quale dobbiamo creare equità e giustizia nei vari Paesi, perché è proprio la creazione del risentimento, del rancore, del senso di trovarsi in una situazione di ingiustizia che poi crea quello che oggi stiamo vedendo come terrorismo, ma anche come difficoltà alla nostra situazione di sicurezza. La costruzione di un percorso europeo sulla gestione della sicurezza è visto come una prospettiva sulla quale lavorare secondo i vescovi sia per migliorare la capacità di sicurezza, ma anche per ridurre i costi che i vari Paesi europei affrontano per le politiche militari e di sicurezza. Tali risorse sono invece da dedicare ad una maggiore azione di cooperazione".

Infine, si rilancia il ruolo delle chiese e delle comunità religiose: 

"La sicurezza inizia anche dal rispetto dei diritti umani, dei diritti di tutti dentro e fuori dall’Europa, fra questi anche il diritto alla libertà religiosa. Le chiese hanno un ruolo importante da giocare nel promuovere il riconoscimento reciproco, accettazione reciproca dentro e fuori dall’Europa".

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Una app per la spesa low cost sotto casa contro lo spreco

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Presentata a Milano “Last minute sotto casa”, una app che crea un ponte tra i negozianti che offrono prodotti alimentari in scadenza, con sconti fino al 60%, e gli utenti che vogliono ricevere le proposte in tempo reale. “Solo su Torino siamo riusciti a risparmiare oltre 3 tonnellate di cibo che altrimenti andrebbe sprecato”, ha dichiarato Simone Molteni, direttore scientifico del progetto "Zero Impact", un laboratorio che seleziona e lancia sul mercato startup innovative, capaci di risolvere il problema della sostenibilità. Le parole di Molteni al microfono di Gioia Tagliente

R. – “Zero Impact” è un progetto di "LifeGate". Noi abbiamo creato questo laboratorio in cui andiamo a selezionare startup che riescono ad andare a risolvere alcuni dei grandi problemi della sostenibilità di oggi. Siamo interessati a cercare startup che possano andare a problemi come quello dello spreco alimentare – in questo caso “Last minute sotto casa” ha proprio questo come obiettivo – e anche startup che vadano a occuparsi di tutti gli altri problemi della sostenibilità ambientale di oggi: dallo smog in città fino ai nuovi materiali eco -compatibili e all’inquinamento delle acque.

D. – “Last minute sotto casa” che risultati ha raggiunto e come funziona?

R. – La prima startup che abbiamo selezionato ha raggiunto già dei risultati molto interessanti. Solo nella città di Torino, infatti, riesce a far risparmiare oltre tre tonnellate di cibo al giorno, che altrimenti andrebbe sprecato. Il concetto è molto semplice: si tratta di una app che non fa nient’altro che mettere in relazione piccoli negozianti che hanno cibo fresco in scadenza, e che quindi probabilmente andrebbe buttato la sera, con persone che si trovano nel raggio di 500 metri e che hanno evidentemente scaricato questa app. Le persone possono comprare questo cibo al 50% di sconto e il negoziante, dall’altra parte, riesce non solo a non sprecare ma anche ad avere qualche persona in più che entra nel negozio a comprare questo cibo e quindi a farsi conoscere.

D. – In quali città è attivo?

R. – Il progetto è già attivo su tutta Italia. La app, cioè, è scaricabile in ogni parte d’Italia. “Last minute sotto casa” però è molto forte a Torino, perché è partita da lì. Noi come "LifeGate" e "Zero Impact" la stiamo aiutando a crescere nel resto d’Italia e, in particolare, oggi la presentiamo a Milano, perché lì stiamo per fare il lancio. Una delle cose interessanti legate a questa app è che siamo riusciti a far chiudere una partnership tra “Last minute sotto casa”, che è una startup molto piccola, con un fatturato pari praticamente a zero, e una grandissima multinazionale del fatturato di miliardi di euro, che ci ha investito e mette a disposizione tutta una serie di risorse che ora potranno aiutare a farla crescere. Questo è proprio uno dei modelli di “Zero Impact”. Noi, cioè, vogliamo cercare di aiutare le startup anche con una rete relazionale che possa permettere di trovare il padrino o la madrina giusta: una grande azienda che possa aiutare, mettendo a disposizione le proprie risorse.

D. – Otto miliardi di euro lo spreco domestico registrato in Italia. Come intervenire?

R. – Per dare anche un dato più concreto, ogni giorno noi buttiamo oltre 10 mila tonnellate di cibo edibile, quindi buono, non scaduto. E’ evidente che la risposta su come andare ad aggredire questo problema sia complessa. Bisognerebbe, cioè, andare ad agire su mille livelli. Quindi, ben vengano tutte le iniziative legislative, quello che può fare il legislatore, il governo – come sta facendo – ma naturalmente quello che a noi interessa sono tutte quelle opportunità che possono venire dalla tecnologia, come nel caso di “Last Minute sotto casa”, che possono mettere in condizione di reagire le persone. Noi sappiamo, infatti, che le persone oggi hanno voglia di contribuire e di migliorare la sostenibilità del nostro stile di vita. Bisogna dare loro la possibilità di farlo.

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Giornata donazione sangue, atto di gratuità sociale

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Si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale del donatore del sangue. L'occasione più appropriata per ribadire l'importanza della donazione, ma anche per conoscere meglio le modalità del prelievo, sfatando luoghi comuni e rassicurando i più timorosi. Lucas Duran ha sentito in proposito la prof.ssa Gina Zini, direttore del Centro trasfusionale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e della Banca del Cordone Ombelicale “Unicatt” dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma: 

R. – Il sangue è formato da una parte liquida e da una parte corpuscolata. Quando noi doniamo, raccogliamo il sangue intero, quindi la parte liquida che è il plasma e la parte corpuscolata che comprende le cellule, ovvero i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine, per poi utilizzarlo a scopo trasfusionale per i nostri malati. Ovviamente, il donatore prima di donare il sangue viene sottoposto ad una visita, quindi deve obbligatoriamente riempire un questionario di autoesclusione, per cui se ha soggiornato in Paesi a rischio, oppure se è affetto da alcune mobilità non può donare prima di tutto per la sua sicurezza, poi per quella del ricevente. Dopo di che, viene sottoposto a visita medica, vengono fatte delle analisi preliminari e si stabilisce l’idoneità alla donazione.

D. – Perché è importante donare, perché è importante che il numero dei donatori aumenti?

R. – La donazione è un atto sociale, volontario. Dobbiamo anche sottolineare che per aumentare il numero dei donatori, il cosiddetto “donatore occasionale”, che in genere è la persona che all’improvviso viene sensibilizzata perché ha una parente che magari ha bisogno di sangue e quindi all’improvviso ha questa pulsione di generosità e viene a donare. Ora, quello che è importante per il sistema sangue regionale è incrementare il numero dei donatori periodici, cioè quei donatori che sono iscritti in un programma di controllo e di check-up che garantisca loro e garantisca il ricevente. Questa la via, cioè far capire che è un bene comune di cui bisogna garantire sul territorio che occupi l’autosufficienza.

D. – A chi è diffidente o chi ha paura per esempio anche dell’ago, cosa si può dire per rassicurarlo?

R. – Dal punto di vista medico, posso garantire che la donazione avviene con un’assistenza infermieristica medica in una situazione di lettini assolutamente tranquilli con un controllo della pressione. Quindi, ci sono dei dati oggettivi per cui l’individuo è idoneo alla donazione. Dal punto di visto tecnico - stiamo parlando di un’ansia dell’ago al di fuori della sensazione personale - è tutto rigidamente sotto controllo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: al via Oratorio estivo gestito dai Salesiani

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Un segnale di speranza, nel dramma del conflitto: è partita “L’Estate ragazzi” dell’oratorio salesiano di Aleppo, in Siria. Vi partecipano circa 800 tra ragazzi e ragazze, assistiti dalla comunità dei Figli di Don Bosco, con l’aiuto di quasi 85 animatori di varie età, e in maniera diversa l’intera Famiglia Salesiana della città martire siriana.

Donare ai giovani qualche istante di felicità
“Nonostante la guerra e il buio che da essa deriva, cerchiamo di accendere qualche lumino di speranza nel cuore dei ragazzi di Aleppo - racconta don Pier Jabloyan, salesiano siriano - Con molta cautela cerchiamo di portare i ragazzi all’oratorio con l’autobus, affinché possano vivere qualche ora nella gioia e nella serenità”.

Iniziativa incentrata sulla misericordia
Quest’anno, riferisce l’agenzia salesiana Ans, il tema dell’Estate ragazzi ruota attorno alla misericordia, a partire dalla storia del profeta Giona. “È un tema molto attuale per noi, non soltanto perché quest’anno c’è il Giubileo, ma perché ci tocca in profondità: la nostra terra ha bisogno di misericordia, di quella che deriva da Dio” spiega don  Jabloyan”.

Lo sforzo educativo per ricostruire la pace
“In questa guerra spietata, infatti – aggiunge - la città vive la massima contraddizione: da un lato tutta la cittadinanza è costretta a vivere nel pieno del conflitto, con la paura della guerriglia e dei cecchini, le esplosioni, la mancanza di servizi pubblici, la morte aleggiante, le malattie. Dall’altra, la comunità educativa si sforza di vivere la quotidianità il più possibile nella pace, ripristinando appena possibile la scuola, le gite, il gioco. E in questo l’Oratorio salesiano è uno dei protagonisti”.

Appello alla preghiera
“In tutto ciò - conclude don Jabloyan - come Figli di Don Bosco cerchiamo di fare il massimo dei nostri sforzi per i nostri giovani più poveri”. Infine, l’accorato appello del salesiano: “Pregate per noi, perché ci aspettano giornate difficili”. (I.P.)

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Corea: Istituto cattolico per la pace al confine fra Nord e Sud

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I cattolici coreani “hanno il compito di lavorare anche per l’evangelizzazione della Corea del Nord. Questo compito è tanto più importante quanto più ci si avvicina al confine, e noi siamo molto vicini. Questa istituzione sarà una nuova base per coltivare la pace nell’Asia orientale e persino nel mondo”. Lo ha detto mons. Pietro Lee Ki-heon, vescovo di Uijeongbu, inaugurando il nuovo Istituto per la pace e la cooperazione nell’Asia nord-occidentale.

Missione della Chiesa è diffondere nel mondo la pace di Cristo
Alla cerimonia - riferisce l'agenzia AsiaNews - erano presenti diversi membri del Parlamento e il vice sindaco della città. I circa 200 fedeli presenti hanno ascoltato un discorso pronunciato da Jung Se-hyun, ex ministro per l’Unificazione della Corea, sul tema “La realtà e le previsioni per la pace in Asia”. Il nuovo direttore del Centro, padre Pietro Kang Ju-seok, ha spiegato che “la missione della Chiesa è diffondere nel mondo la pace di Cristo”.

Oltre ai cattolici, la partecipazione di ricercatori buddisti e cristiani protestanti
Fra gli scopi principali dell’Istituto, retto dalla diocesi, vi sarà quello di “attualizzare il concetto cattolico di pace” e applicarlo alla Corea, divisa in due sin dalla guerra civile del 1950. Oltre ai cattolici, è prevista la partecipazione di ricercatori buddisti e cristiani protestanti, che daranno il proprio contributo in diversi campi: tra questi filosofia, politica, economia e letteratura. 

La diocesi di Uijeongbu è la “prima linea” della Chiesa nel lavoro di riconciliazione 
​Accanto al nuovo Istituto sorge da diversi anni la cattedrale “del pentimento e della riconciliazione” di Paju, decorata con mosaici eseguiti da artisti nordcoreani e simbolo del desiderio di riunificazione della penisola. Dal 1997 esiste inoltre, sempre nei pressi, il Centro per la riconciliazione nazionale. Questo, gestito dalla comunità cattolica, ospita i profughi in fuga dal regime di Pyongyang che vengono accolti e possono seguire dei corsi per l'inserimento sociale e per trovare un impiego. Inoltre, qui vengono formati nuovi missionari da impiegare nel dialogo e negli scambi religiosi con il Nord. (R.P.)

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Vescovi Malawi: a rischio fame una persona su due

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Metà della popolazione è a rischio fame: l’allarme, riferiscono fonti missionarie, è stato lanciato dai vescovi del Paese africano in occasione di un incontro della Caritas. Un appuntamento segnato dall’emergenza legata a El Nino, fenomeno climatico all’origine in Malawi e in altre regioni subsahariane di siccità e carestie. “I nostri figli sono malnutriti e incapaci di andare a scuola” hanno denunciato i vescovi durante l’incontro: “A dicembre metà della popolazione non avrà cibo a sufficienza se non facciamo qualcosa subito”. 

Le persone a rischio fame sono 8 milioni e 400mila
A confermare la gravità della situazione - riporta l'agenzia Sir - è padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano da anni in Malawi. “Il governo sostiene che le importazioni di granturco sono nell’ordine di un milione di tonnellate ma ammette anche che, a causa di un raccolto inferiore del 50% rispetto a quelli degli anni precedenti, le persone a rischio fame sono ormai 8 milioni e 400mila”. 

La penuria di prodotti alimentari alimenta il carovita 
“L’aumento delle rette universitarie ha lasciato per strada metà degli studenti- riferisce padre Gamba- mentre per 20 posti di addetto alle pulizie in un hotel di Lilongwe si sono presentati mille giovani”. Il missionario riassume la situazione con un immagine: “Non resta che guardare gli alberi di mango in fiore ma ci vorranno mesi prima che possano esserci i frutti”. (R.P.)

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Appello vescovi nigeriani: senza sicurezza, non c’è sviluppo

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Senza sicurezza, non c’è possibilità di sviluppo per la Nigeria: lo scrivono mons. Ignatius Kaigama e mons. William Avennya, rispettivamente presidente e segretario generale della Conferenza episcopale nigeriana (Cbcn), in una nota diffusa dall’agenzia cattolica africana Canaa. Intitolato “Le nostre preoccupazioni sulla sicurezza del nostro Paese”, il documento scatta, in primo luogo, una fotografia amara della nazione.

Corruzione e violenza, sfide primarie
I vescovi, infatti, pur apprezzando gli sforzi compiuti finora dal governo nigeriano, ricordano le tante sfide ancora da affrontare: la corruzione, “l’aumento inaccettabile del grado di violenza nel Paese”, gli scontri tra criminali che “minacciano la convivenza”, i sequestri di persona e le rapina a mano armata che sono diventati “un incubo” per la popolazione. Non solo: nella regione del Delta del Niger molti militanti hanno ripreso “le loro attività violente”, indebolendo “la già fragile economia nazionale basata sul petrolio”.

Allarme per i giovani, sempre più in crisi
Il pensiero della Cbcn va, poi, ai giovani “sempre più insoddisfatti”, che protestano a causa della loro “emarginazione politica e deprivazione economica continua”. Il tutto mentre “vite promettenti” vanno perdute in scontri con le forze di sicurezza. Per questo, invitando leader e popolazione alla corresponsabilità “per la costruzione di una Paese caratterizzato da stabilità, pace, rispetto per l'altro e per lo Stato di diritto”, i vescovi nigeriani insistono sull’importanza della sicurezza nazionale: “La stabilità di ogni nazione, in larga misura, dipende dalla sua sicurezza, la sicurezza dei suoi confini, la sicurezza interna, la sicurezza economica e sociale”.

Governo e cittadinanza, corresponsabili della stabilità del Paese
Di qui, il richiamo al governo affinché “prenda più sul serio il suo dovere di proteggere la vita e i beni di ogni nigeriano”, poiché “questa è la responsabilità primaria di qualsiasi esecutivo”. Al contempo, la cittadinanza viene esortata “ad assumersi le proprie responsabilità, individuali e collettive, nel compito di costruire una nazione solida, rispettosa delle leggi vigenti e capace di ricorrere a strumenti pacifici per risolvere i problemi”.

Appello alla preghiera
Naturalmente, insiste la Chiesa nigeriana, sempre partendo dalla “conversione del cuore di ciascuno”, perché il Paese è “sotto la guida di Dio, Padre amorevole e misericordioso”. L’appello conclusivo dei presuli, dunque, è alla preghiera, “strumento di costruzione della nazione accessibile a tutti” ed in grado di allontanare il Paese “dal bordo del precipizio”. (I.P.)

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Vescovi del Messico: senza famiglia, caos sociale

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“Senza famiglia, è il caos sociale”: lo scrive mons. Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo di San Cristóbal de las Casas, in Messico, in una nota diffusa sul sito della Conferenza episcopale locale. Nel momento in cui, nel Paese, si discute la proposta, avanzata dal Presidente Enrique Peña Nieto, di inserire nella Costituzione il matrimonio omosessuale, il presule esorta a non “minare la base della famiglia”. “Il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è matrimonio – afferma mons. Arizmendi – non è famiglia, ma è la promozione del caos sociale”.

Senza famiglia, non c’è futuro
La mancanza di stabilità e di sicurezza del nucleo familiare, inoltre, sottolinea il vescovo messicano, “fa sentire i figli non amati, insicuri, senza controllo, ed insegna loro per l’unico modo per sopravvivere è la violenza, senza alcun riguardo per i diritti altrui”. “Senza famiglia – aggiunge il presule – non c’è un futuro di speranza”. Riprendendo, poi, l’Esortazione apostolica post-sinodale “Amoris laetitia” di Papa Francesco, il presule ribadisce: “Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come una società naturale fondata sul matrimonio sia una cosa che avvantaggia la società”, anzi “è vero il contrario”.

Garantire amore, dialogo, educazione ai valori
Infine, il presule esorta a “salvare la famiglia, non solo difendendo il fatto che essa debba essere formata dall’unione indissolubile tra un uomo ed una donna, ma garantendo anche, al suo interno, l’amore, il dialogo, la responsabilità e l’educazione ai valori”, lasciandosi “ispirare dalla fede”. (I.P.)

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Regno Unito: benedizione del Papa per Giornata per la vita

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Benedizioni e preghiere: è quanto invia Papa Francesco ai partecipanti alla Giornata per la vita che la Chiesa cattolica in Inghilterra e Galles si appresta a celebrare domenica prossima, 19 giugno.

Promuovere la dignità della persona umana
In una lettera, citata dall’agenzia Sir, il nunzio apostolico in Gran Bretagna, l’arcivescovo Antonio Mennini,  informa i fedeli cattolici nel Paese della “Benedizione Apostolica” del Pontefice, impartita “su tutte le persone che partecipano a questo significativo evento e lavorano per la promozione della dignità di ogni persona umana dal momento del concepimento fino alla morte naturale”.

Giornata incentrata sul tema della disabilità
Durante il fine-settimana, oltre 300mila cartoline informative verranno distribuite nelle parrocchie inglesi per comunicare ai fedeli “il meraviglioso dono della vita umana”. Testimonial della Giornata di quest’anno sarà Paula, una donna legata alla Comunità de l’Arche di Jean Vanier, affetta da disabilità gravi e multiple. La sua testimonianza – sottolineano i vescovi inglesi in una nota –  è un invito “a fermarci e a vedere quanti doni Dio ci ha dato”, comprendendo come “i più meravigliosi siano quelli semplici”.

Apprezzare sempre il dono della vita
“È facile – continua la nota – trascurare o ignorare le persone che non sembrano ‘come noi’ a causa della disabilità, dell’età, della vulnerabilità o della loro fragilità”. Tuttavia, concludono i vescovi, è proprio grazie a queste persone che “con crescente stupore, impariamo a fare tesoro più profondamente del prezioso dono della vita umana”. (I.P.)

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Gmg Cracovia: in costruzione altare al Campus Misericordiae

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Quattro piani di 93 metri per 50, con il trono papale posto a 8 metri e mezzo da terra, per una superficie complessiva di 6.200 metri quadrati. La Croce sarà alta 28 metri. Sono queste le dimensioni dell’altare che il Comitato organizzatore locale (Col) della Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia sta facendo costruire nel Campus Misericordiae a Brzegi e che sarà utilizzato da Papa Francesco per la Veglia di sabato 30 luglio e per la Messa finale del giorno dopo.

Oltre mille i vescovi concelebranti
Le misure imponenti, spiegano dal Col di Cracovia, sono giustificate  dal numero di concelebranti: solo i vescovi, infatti, saranno 1.200, senza contare i sacerdoti. Del progetto fanno parte anche due aree che ospiteranno, da una parte, il coro e l’orchestra, e dall’altra, le esibizioni del Festival dei giovani che precederanno la veglia del sabato.

In preparazione anche l’altare nel parco di Blonia
Leggermente più piccolo, invece, l’altare in corso d’opera nel parco di Blonia dove si terranno la Messa di apertura della Gmg, l’accoglienza a Papa Francesco, il 28 luglio, e la Via Crucis del 29 luglio. Le dimensione di questo altare sono: tre piani da 63 metri per 30, con il trono papale posto a una altezza di 4,8 metri per una superficie complessiva di 1700 metri quadrati. La croce sarà alta 30 metri.

Progetti di Niemczyk, il “Gaudì polacco”
Entrambe le strutture – riferisce l’agenzia Sir - sono state disegnate da Stanislaw Niemczyk, noto come il “Gaudì polacco” per i suoi progetti di costruzioni sacre. “Saranno Chiese senza muri – è stato il suo commento alle opere – così da abbracciare il mondo intero”. I colori usati nei due progetti sono gli stessi riprodotti nel logo della Gmg, bianco, blu e rosso. A tenere uniti i due altari, l’immagine di Gesù Misericordioso, che sarà l’elemento più importante per rilanciare l’idea della misericordia che permea il tema della Gmg, “Beati i misericordiosi”, tratto dalle Beatitudini. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 166

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.