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Sommario del 02/07/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: strage a Dacca è barbarie contro Dio e l'umanità

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Il Papa ha espresso profondo dolore per la strage compiuta ieri a Dacca in Bangladesh. In un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, parla di “violenza insensata perpetrata contro vittime innocenti”, un atto di “barbarie” contro Dio e l’umanità. Quindi, affida i morti alla misericordia di Dio e assicura le proprie preghiere alle famiglie delle vittime e ai feriti. L’attacco è stato rivendicato dal sedicente Stato islamico. I morti sono almeno 20: in gran parte sarebbero italiani e giapponesi. Il servizio di Roberta Barbi

Sono almeno 20 e tutti stranieri, i morti dell’attacco terroristico conclusosi con un blitz delle teste di cuoio bengalesi questa notte in un ristorante di Dacca, capitale del Bangladesh. 13 i feriti trasportati all’ospedale tra cui, sembra, uno dei terroristi; gli altri – 9 in tutto e piuttosto giovani secondo le prime testimonianze raccolte – sarebbero morti nello scontro con le forze dell’ordine. Le vittime sarebbero state sgozzate: torturati coloro che non sapevano recitare a memoria versetti del Corano, stando al racconto dei superstiti. Almeno 11 gli italiani presenti al momento dell’attacco: lo ha confermato la Farnesina dopo un’ora di colloquio a Palazzo Chigi tra il ministro degli Esteri Gentiloni e il presidente del Consiglio Renzi che ha poi parlato alla stampa ricordando che i nomi delle vittime saranno resi noti una volta informate le famiglie. “L’Italia non arretra davanti alla follia di chi vuole disintegrare la vita quotidiana”, ha detto Renzi  citando anche l’attentato in Tunisia e parlando di “stessa scia di sangue”. Queste le sue parole:   

“Noi abbiamo il dovere di rispondere con ancora più decisione e determinazione in difesa dei nostri valori, di cui siamo orgogliosi e siamo fieri: il valore della libertà, del confronto; i nostri valori sono più forti delle loro fobie”.

Il presidente Renzi ha poi annunciato che un aereo della presidenza del Consiglio è in volo verso Dacca. 

Per un commento su questo nuovo atto terroristico, Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Silvestri, già presidente dell'Istituto Affari Internazionali: 

R. – Diciamo che, in questo caso, c’è in più la presa di ostaggi che, in qualche maniera, riporta a situazioni classiche del terrorismo, a cui non eravamo quasi più abituati.

D. – Lo Stato islamico sta mettendo in atto azioni del genere, perché sul terreno iracheno e siriano sta invece perdendo posizioni?

R. – Sì, anche se certamente l’Is favorisce queste cose, le rivendica, ma io non so se ci sia una direzione centralizzata molto forte. In realtà, è più un invito ad agire per agire ogniqualvolta si può, in maniera tale da mantenere alta la tensione e l’immagine di uno Stato Islamico che non si arrende.

Ma perché la strategia del terrore questa volta ha colpito il Bangladesh? Manuela Campanile lo ha chiesto a Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia Asia News: 

R. – C’è senz’altro il tentativo da parte del sedicente Stato islamico di aprire nuovi fronti e soprattutto di aumentare la militanza. I Paesi occidentali vanno in Bangladesh e investono, perché c’è una grande manodopera a basso costo; e questa fa gola anche all’Is. Per cui, l’Is va in Bangladesh per trovare nuovi militanti e nuovi fronti di attacco.

D. – Quindi non una strategia del terrore fondata sull’emotività, ma una teoria scientifica…

R. – Purtroppo, in Bangladesh stanno crescendo da diversi decenni le scuole islamiche di tipo fondamentalista: fino a 75mila. Nella mancanza di una struttura e di una proposta educativa da parte del governo, perché troppo povero, queste scuole islamiche finanziate dai Paesi del Golfo, ed in particolare dall’Arabia Saudita, hanno fatto crescere una generazione che vede l’Islam come in pericolo; gli atei come dei nemici; e le altre religioni come da distruggere. E quindi è un processo che non distrugge ancora il carattere gioviale e amichevole dell’Islam del Bangladesh, però mette dentro alcune linee di tensione che adesso stanno scoppiando.

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Papa: Europa ha bisogno di cambiamento, unirsi contro i muri

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Affrontare con “spirito europeo” le problematiche del nostro tempo, abbattere i muri che dividono i popoli del Vecchio Continente. E’ l’esortazione rivolta da Francesco nel videomessaggio ai partecipanti all’incontro “Insieme per l’Europa” che, a Monaco di Baviera, ha riunito esponenti dei movimenti cristiani e delle Chiese. Il Papa sottolinea che l’Europa deve tornare ad essere un “continente aperto” che mette al centro la persona umana. Il servizio di Alessandro Gisotti

“E’ ora di mettersi insieme per affrontare con vero spirito europeo le problematiche del nostro tempo”. Papa Francesco esordisce così nel suo videomessaggio per l’evento “Insieme per l’Europa”, trasmesso nella piazza centrale di Monaco di Baviera.

Muri di paura, aggressività ed egoismo dividono l’Europa
Il Papa punta il dito contro quei “muri visibili” e “invisibili, che tendono a dividere questo continente”:

“Muri che si innalzano nei cuori delle persone. Muri fatti di paura e di aggressività, di mancanza di comprensione per le persone di diversa origine o convinzione religiosa. Muri di egoismo politico ed economico, senza rispetto per la vita e la dignità di ogni persona”.

Europa ha bisogno di cambiamento, ripartire da patrimonio cristiano
L’Europa, prosegue il videomessaggio, “si trova in un mondo complesso e fortemente in movimento, sempre più globalizzato e, perciò, sempre meno eurocentrico”. Una situazione che richiede “coraggio” per affrontare queste sfide epocali:

“Abbiamo bisogno di un cambiamento! L’Europa è chiamata a riflettere e a chiedersi se il suo immenso patrimonio, permeato di cristianesimo, appartiene a un museo, oppure è ancora capace di ispirate la cultura e di donare i suoi testori all’umanità intera”.

Rivolgendosi ai movimenti cristiani, Francesco li incoraggia a “portare alla luce testimonianze di una società civile che lavora in rete per l’accoglienza e la solidarietà verso i più deboli e svantaggiati, per costruire ponti, per superare i conflitti dichiarati o latenti”.

L’Europa rimetta al centro la persona, sia famiglia di popoli
Il Pontefice mette l’accento sulla storia dell’Europa fatta di un “continuo incontro tra Cielo e terra”, incontro “che ha da sempre contraddistinto l’uomo europeo”. E ribadisce che bisogna “tradurre i valori base del cristianesimo in risposta concreta alle sfide di un continente in crisi”:

“Se l’intera Europa vuol essere una famiglia di popoli, rimetta al centro la persona umana, sia un continente aperto e accogliente, continui a realizzare forme di cooperazione non solo economica ma anche sociale e culturale”.

Cristiani siano seme di speranza per l’Europa
Dio, prosegue il Papa, “porta sempre novità” e bisogna essere aperti alle sue sorprese. “Fate che le vostre case, comunità, e città – riprende – siano laboratori di comunione, di amicizia e di fraternità, capaci di integrare, aperti al mondo”:

Insieme per l’Europa? Oggi è più necessario che mai. Nell’Europa di tante nazioni, voi testimoniate che siamo figli dell’unico Padre e fratelli e sorelle tra di noi. Siete un seme di speranza prezioso, perché l’Europa riscopra la sua vocazione di contribuire all’unità di tutti”.

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Lettera del Papa per i 1700 anni di San Martino di Tours

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E’ stata pubblicata oggi la Lettera  del Papa al cardinale Dominik Duka, arcivescovo di Praga, inviato pontificio alla solenne Celebrazione Eucaristica che avrà luogo a Szombathely, in Ungheria, il prossimo 9 luglio, in occasione del 1700.mo anniversario della nascita di San Martino di Tours, avvenuta in questa regione ungherese. Il servizio di Sergio Centofanti:

“San Martino di Tours – scrive Francesco - può giustamente essere chiamato padre dei poveri”: infatti, non ancora cristiano, “già si comportava come un candidato al Battesimo per le sue opere di carità: assisteva i tribolati nelle malattie, soccorreva gli sventurati, nutriva i bisognosi, vestiva i nudi, non conservava nulla per sé della paga militare, fuorché quanto servisse al sostentamento quotidiano. Già da allora era un ascoltatore non sordo ai precetti del Vangelo e non si curava del domani” (Sulpicio Severo, Vita S. Martini, 2,8).

Il Papa rievoca, nella lettera, quella fredda giornata d’inverno del IV secolo, quando Martino, soldato dell’Impero Romano in Gallia, incontrò alla porta della città di Amiens un povero nudo che invano pregava le persone di avere pietà di lui: tutti passavano oltre senza curarsene. Martino, invece, ne ha compassione: con la spada divide il suo mantello a metà, donandone al povero una parte. Papa Francesco – lo ricordiamo - dona spesso ai capi di Stato e di governo una medaglia raffigurante il gesto del Santo per ricordare la necessità di promuovere i diritti e la dignità dei poveri.

Martino – scrive ancora il Papa – convertito al cristianesimo, diventa “instancabile soldato di Cristo” annunciando e testimoniando il Vangelo in molti Paesi europei. Per questo, Francesco auspica che le celebrazioni di questo anniversario possano favorire, sull’esempio del Santo, l’evangelizzazione del continente e una maggiore attenzione ai poveri.

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Don Falabretti: Gmg nel Giubileo, evento forte per i giovani

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Conto alla rovescia per la Gmg di Cracovia dove sono attesi centinaia di migliaia di ragazzi da tutto il mondo. Nell’udienza generale di mercoledì scorso, Francesco ha chiesto di “continuare a pregare” per “i giovani che in Polonia e in tutto il mondo cristiano si stanno preparando” per l’imminente Giornata Mondiale della Gioventù. Proprio sul cammino di preparazione alla Gmg, Alessandro Gisotti  ha intervistato don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile della Cei: 

R. – Oggi dire ad un giovane: “Vieni alla Gmg”, significa anche mettere in conto di dovergli spiegare cosa si va a fare ad una Gmg, chi è il Papa, perché convoca a fare che cosa, che cosa significa ritrovarsi a fare un pellegrinaggio attorno alla Croce, a condividere la fede in una dimensione internazionale! Sono tutte questioni davvero grandi, forti, che in fondo chiedono agli adulti di ridare a se stessi, prima che ai giovani, le ragioni del credere. E perché questo possa accadere - noi stiamo insistendo molto - è necessario che la Gmg sia un cammino lungo, fatto di preparazione, di evento vissuto e alla fine di un ritorno, di un rientro nella quotidianità che è lo spazio della vita. Non dobbiamo dimenticare che la vita non è nella Gmg, la vita è a casa!

D. - La Gmg di quest’anno, un po’ come la Gmg del 2000, avviene in un anno giubilare, quindi si carica anche di un significato particolare. C’è poi il legame tra Papa Francesco e la Misericordia e i giovani …

R .- Forse nessuno ricorda più che la parola “misericordia” era comunque già stata scelta come tema di questa Gmg, per il luogo - Cracovia - la storia, il Santuario della Misericordia … Il fatto che dopo l’annuncio della Gmg sia arrivato anche l’annuncio di un Anno Santo sulla Misericordia, ha messo insieme due fatti complementari, però questi due eventi si richiamano in modo forte: vivere una Gmg durante un Giubileo ha un sapore molto particolare.

D. - Cracovia rimanda immediatamente a Karol Wojtyla. Molti giovani conosceranno in un modo più concreto Giovanni Paolo II che è stato proprio l’ideatore delle Gmg. Questo è significativo anche per chi è un po’ più grande ed ha conosciuto Giovanni Paolo II e, forse, si è innamorato anche della Chiesa grazie a lui …

R. - Credo che le lei abbia detto bene. Uso un’immagine per spiegarmi: Giovanni Paolo II per chi è più adulto è ancora una fotografia a colori, per i ragazzi di oggi – diciamo quelli dai 20 anni in giù – Giovanni Paolo II è una fotografia in bianco e nero. È come se questa immagine che è un po’ nella mente, nel cuore di tutti, adesso diventasse una fotografia a colori perché, effettivamente, tornare in Polonia, tornare a Cracovia, significa toccare con mano la sua vicenda e la sua vita di uomo, di prete, di cristiano, di vescovo, di Papa! Quella che poteva essere una fotografia sbiadita, a Cracovia diventerà una presenza viva e un’immagine di uomo ravvivata e a colori. Sarà l’occasione – questo mi sembra importante ricordarlo – per i giovani per riscoprire anche un pezzo di storia della Chiesa che magari abbiamo bisogno di elaborare ancora, perché 27 anni di Pontificato sono comunque un tempo molto significativo nella storia della Chiesa.

D. - Negli anni, nelle Gmg, si è anche consolidata l’esperienza di “Casa Italia”. Ci saranno delle caratteristiche particolari di questo grande spazio di incontro rispetto alle Gmg precedenti?

R. - Durante le Gmg precedenti, "Casa Italia" è stata soprattutto un luogo di servizio per i responsabili, per gli accompagnatori, per gli incaricati. Oggi “Casa Italia” prova ad aprire a Cracovia con una filosofia un po’ diversa: vorremmo che fosse un luogo di incontro, perché gli spazi più grandi di “Casa Italia” saranno proprio quelli esterni. C’è un grande parco, c’è un piazzale con una serie di cose a disposizione, ma la cosa che ci sta più a cuore è la possibilità che i giovani non solo sostino e trovino qualcosa di cui hanno bisogno, ma possano provare una possibilità di sedersi, di parlarsi e di incontrarsi.

 

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Tweet: gioia che si sperimenta in famiglia non è effimera ma stabile

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Il Papa ha pubblicato un nuovo tweet: "La vera gioia che si sperimenta nella famiglia non è casuale ed effimera, ma fondata e stabile".

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Nomina episcopale in Canada

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Il Santo Padre Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Gaspé (Canada) presentata da S.E. Mons. Jean Gagnon, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede S.E. Mons. Gaétan Proulx, O.S.M., trasferendolo dalla sede titolare di Azura e dall’ufficio di Ausiliare di Québec.

S.E. Mons. Gaétan Proulx, O.S.M., è nato il 27 maggio 1947 a Saint-Denis-de-Brompton (arcidiocesi di Sherbrooke). Dopo aver compiuto gli studi secondari è entrato nella Congregazione dei Serviti di Maria. Ha seguito gli studi di filosofia presso l’Università di Ottawa e il Collège universitaire des Dominicains di Ottawa. Per gli studi di Teologia ha frequentato i corsi dell’Université Laval conseguendovi la maîtrise. Successivamente ha frequentato i corsi di Liturgia presso l’Institut catholique di Parigi. Ha emesso la professione solenne il 2 dicembre 1973 ed è stato ordinato sacerdote l’8 giugno 1975.

Negli anni 1978-1985 è stato Bibliotecario ed Assistente del Maestro dei Novizi presso il Noviziato dei Serviti di Sillery e di Sainte-Foy. È stato quindi nominato Priore in Francia (1985-1989), poi Responsabile della Formazione dei Serviti di Francia, Belgio e Congo (1989-1991). Nel 1991 è stato trasferito in Québec, con il medesimo incarico di Responsabile della formazione. Nel 2000 è stato nominato Priore della Provincia canadese (che include anche la Francia e il Belgio). Nel 2006 è stato nominato Parroco di Notre-Dame-de-Foy, nell’arcidiocesi di Québec.

Il 12 dicembre 2011 è stato nominato Vescovo titolare di Azura e Ausiliare di Québec. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 25 febbraio 2012. Dal 2012 al 2015 è stato Vicario Generale e Moderatore della Curia dell’arcidiocesi di Québec. All’interno della Conferenza Episcopale Canadese è membro del Comitato Permanente per le Comunicazioni.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Famiglia di popoli: videomessaggio del Papa per la quarta edizione di Insieme per l'Europa a Monaco di Baviera.

Un articolo di Silvina Pérez dal titolo "I passi della pace": dopo l'accordo tra il governo e le Farc la Colombia guarda avanti.

Oltre Brexit: Luca M.Possati sul voto britannico e lo scacchiere internazionale.

Il gioiello nascosto: l'uomo e i doni di Dio secondo Soren Kierkegaard

Inos Biffi sul volto interiore di Montini: tra parola e scrittura.

Il Rossanense torna a casa: si è concluso il restauro del Codice purpureo.

E se Faruk non avesse sbagliato il rigore?: Gaetano Vallini recensisce il libro di Gigi Riva su calcio e guerra.

Documento interlocutorio: da Chania, Hyacinthe Destivelle sul testo di Creta dedicato ai rapporti fra Chiesa ortodossa e mondo cristiano.

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Oggi in Primo Piano



Parlamento europeo: cristiani in Medio Oriente rischiano estinzione

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I cristiani si stanno estinguendo in Iraq e Siria e rimangono la minoranza religiosa più perseguitata al mondo. Queste alcune delle conclusioni del Rapporto sulla libertà di religione nel mondo, pubblicato dal Parlamento europeo. I Paesi in cui le minoranze religiose sono perseguitate sono 53, con situazioni particolarmente critiche in Medio Oriente, Pakistan e Nigeria. L'Unione Europea - si afferma - fa troppo poco. Il servizio di Michele Raviart

L’arrivo dello Stato Islamico tra Siria e Iraq rischia di far scomparire le comunità cristiane che vivono in quelle zone da più di duemila anni. Un allarme lanciato questa volta dal Parlamento Europeo, che sottolinea le conversioni forzate all’Islam in Iraq, dove il numero dei cristiani è crollato da un milione e duecentomila negli anni ’90, a poco più di 250 mila nel 2015. Analoga sorte in Siria dove dai 2 milioni di cristiani nel 2011 si è passati a una stima che va  tra le 600 mila e le 900 mila persone, con l’emblematico caso di Aleppo, dove rimangono 60 mila cristiani degli oltre 400 mila che lì vivano prima della guerra. Una persecuzione sistematica che coinvolge anche yazidi e altre minoranze musulmane.

In Pakistan è ricordato l’abuso della legge sulla blasfemia, che può arrivare a prevedere la pena di morte per chi diffama Maometto. Il caso più noto è quello della cristiana Asia Bibi, in carcere dal 2009, ma solo nello scorso anno sono state cinque le persone condannate in base a questa legge. Norme ancora più severe sono in vigore in Arabia Saudita, dove per il Rapporto ci sono “le più gravi violazioni della libertà religiosa nel mondo” e si può morire per apostasia, blasfemia e “stregoneria”. In Iran i cristiani in prigione sono oltre 90 e sono spesso aggrediti.

In Africa critica è la situazione in Repubblica Centrafricana, dove le milizie a maggioranza musulmana Seleka hanno ucciso tra gennaio e aprile 2015 oltre 1200 cristiani. Oltre 35 mila, invece, i civili musulmani intrappolati nelle zone controllate dalle milizie cristiane anti-Balaka. In Sudan e in Nigeria, dove in 12 Stati del Nord è in vigore la sharia, i non musulmani rischiano fustigazione e amputazioni, mentre nel 2016 sono stati uccisi 4 mila cristiani e attaccate 198 chiese. Ma perché i cristiani sono così presi di mira? Ascoltiamo Marta Petrosillo, portavoce di Aiuto alla Chiesa che Soffre-Italia:

R. – Vi sono diversi motivi. Innanzitutto perché, come nel caso mediorientale, i cristiani sono una minoranza in Paesi in cui sono in atto dei disordini e anche dei tentativi, da parte della religione di maggioranza, di creare Stati ad un'unica religione. Quindi, nel caso ad esempio del sedicente Stato islamico, c’è un’imposizione diretta contro tutti i non musulmani. Ma, in generale, i cristiani sono non soltanto perseguitati, ma anche discriminati a livello legale: in tante Costituzioni vi sono delle chiare discriminazioni nei confronti dei non musulmani. Abbiamo visto il tentativo di imposizione da parte dei fondamentalismi: penso non soltanto a quello islamico, ma anche ad esempio a quello induista in India o a quello buddista, che in Sri Lanka e in Myanmar sta gravemente colpendo la comunità cristiana. Quindi vi sono davvero diversi fattori, inclusa l’indole pacifica dei cristiani, per cui la comunità risulta essere, e sempre di più, quella maggiormente perseguitata.

D. – Quest’ultimo Rapporto del Parlamento europeo accusa le istituzioni europee di fare troppo poco per proteggere i cristiani: qual è la situazione per quanto riguarda proprio la protezione internazionale delle minoranze cristiane e delle altre minoranze religiose?

R. – C’è un chiaro ritardo nelle varie azioni che sono state poste in essere a difesa dei cristiani. In realtà, da parte dell’Unione Europea c’è movimento: è stato da poco nominato un inviato per la libertà religiosa, che, per quanto non riferisca direttamente alla Commissione Esteri del Parlamento europeo - cosa che sarebbe stato quantomeno auspicabile - rappresenta sicuramente un segno e un passo in avanti per il rispetto di questo fondamentale diritto da parte dell’Unione europea. E lo scorso febbraio c’è stato anche il riconoscimento del genocidio perpetrato dall’Is ai danni delle minoranze religiose in Iraq e Siria: questo sicuramente rappresenta un altro passo avanti molto importante da parte dell’Unione europea. Ovviamente tutto ciò non basta, ma servono anche ulteriori provvedimenti sempre più concreti.

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Quartetto condanna insediamenti israeliani e violenze palestinesi

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Si riaccendono le tensioni in Medio Oriente, mentre il Quartetto (Ue, Onu, Usa e Russia) rilancia il dialogo diplomatico, chiedendo la fine degli insediamenti israeliani e delle violenze palestinesi. In riposta al razzo lanciato da Gaza su Sderot, l'aviazione israeliana ha colpito infrastrutture di Hamas nella Striscia. Ieri a Hebron, un palestinese ha sparato su una famiglia israeliana uccidendo un uomo. Si teme una ripresa dell’intifada dei coltelli dopo l’uccisione, due giorni fa, di una tredicenne in un insediamento ebraico. Elvira Ragosta ha intervistato Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente: 

R. – La situazione è irrisolta. Si era pensato che grazie alla collaborazione tra i servizi segreti di sicurezza israeliani e palestinesi l’ondata si potesse calmare. In effetti per un po’ è stato così, ma poi siccome tutto resta fermo ci sono queste riprese endemiche. Quindi il problema reale è che la situazione è bloccata e in una situazione bloccata gli estremismi hanno la loro voce. Gli estremismi sono ovviamente sempre da condannare.

R. - Intanto la diplomazia internazionale è a lavoro per rilanciare colloqui di pace. Ieri è stato stilato anche il rapporto del Quartetto per il Medio Oriente, l’organismo composto dai rappresentanti di Unione Europea, Nazioni Unite, Stati Uniti e Russia. Il Quartetto chiede sforzi a entrambe le parti. È una possibilità di riaprire il dialogo?

R. - Il Quartetto intanto indica una strada, non propone l’immediata ripresa dei negoziati perché non lo ritiene possibile. Condanna da un lato le violenze di parte palestinese e anche gli incitamenti all’odio - come quelli di intitolare scuole da parte palestinese ai cosiddetti martiri che si sono sacrificati in queste azioni suicide - anche se riconosce gli sforzi dell’autorità palestinese di collaborare con i servizi segreti israeliani per evitare peggiori incidenti. Dall’altra condanna fermamente la continuazione della politica di insediamenti israeliani e ritiene che questo danneggi gravemente la  prospettiva di una soluzione a due Stati, però avanza anche delle proposte intermedie, concrete come quella dell’apertura israeliana nella cosiddetta “Area C” sotto competo controllo israeliano e anche circa il 60 percento della Cisgiordania, e chiede che parte di quelle aree vengano passate al controllo dell’autorità palestinese e siano permesse iniziative economiche che attualmente risultano bloccate, … Sul piano diplomatico il report del Quartetto, pronto da parecchio tempo, ma riservato per le pressioni delle due parti che volevano bilanciarlo al meglio a proprio favore, adotta un po’ tutte le diverse iniziative in corso: quella francese che punta alla convocazione di una conferenza internazionale di pace per la fine dell’anno e l’iniziativa parallela del presidente egiziano che ha rilanciato il piano arabo il quale prevede il riconoscimento da parte di tutti gli Stati arabi di Israele se questo restituisce i territori occupati nella guerra del ’67 e accetta la creazione di uno Stato Palestinese. In una conferenza stampa recente Netanyahu e il nuovo ministro della Difesa Liberman hanno ritenuto un punto di riferimento importante il piano di contrapporre l’iniziativa di al-Sisi a quella francese che Netanyahu detesta di più. Quindi non si può escludere che ci siano delle sorprese soprattutto nella fase intermedia dopo l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti, quando Obama conserverà il potere fino al trapasso ma non ha più responsabilità di carattere elettorale. Quella è una finestra di opportunità in cui storicamente gli Stati Uniti hanno compiuto passi diplomatici come all’epoca di Regan quando ci fu il riconoscimento dell’Olp. C’è quindi questa possibilità, ma dobbiamo dirlo, è  una possibilità lontana e molto incerta.

D. - Il rapporto del Quartetto stila anche l’elenco della situazione sul terreno: dal settembre scorso sono almeno 30 gli israeliani uccisi dai palestinesi in 250 tra attacchi e tentativi di attacchi. Allora come risolvere la situazione, come evitare gli scontri e la ripresa delle violenze sul terreno?

R. - Non si può risolvere il problema. La violenza palestinese è ormai endemica e accompagna il blocco del processo negoziale. Questo non significa in nessun modo giustificarla. Il report del Quartetto a riguardo è chiarissimo nella condanna sia degli atti in sé sia delle eventuali coperture da parte delle autorità palestinesi e tuttavia bisognerebbe capire che quella è una pentola a pressione che ogni tanto fischia.

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La Caritas Italiana compie 45 anni: sempre a favore degli ultimi

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La Caritas italiana compie oggi 45 anni. Al suo primo Convegno nazionale, nel 1972, Paolo VI delineava il compito di questo organismo pastorale della Chiesa: “Al di sopra dell’aspetto puramente materiale della vostra attività, aveva detto, deve emergere la sua prevalente funzione pedagogica”. E in questi anni questa missione è proseguita, insieme alla realizzazione di oltre 14 mila microprogetti di sviluppo in 466 diocesi di 72 Paesi del mondo, per contribuire alla crescita di persone e comunità. Ma che 45 anni sono stati quelli trascorsi? Federico Piana lo ha chiesto a Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas italiana: 

R. – Direi certamente molto turbolenti, sia internamente alla società che ha visto in qualche modo mutare geneticamente in questi anni le sue stesse strutture interne. E’ una società che ha visto, appunto, delle fasi storiche: possiamo ricordare decadi particolarmente forti sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista economico. Pensiamo in quest’ultimo decennio, per esempio, il tema della crisi economica e sociale che cosa ha comportato nella società italiana e anche europea, se vogliamo, e poi anche dal punto di vista internazionale: le mille sfide che abbiamo dovuto affrontare, e anche l’evoluzione all’interno della Chiesa e adesso, con Papa Francesco, questa grande spinta che ci ha dato in occasione dell’udienza che ci ha concesso per il nostro 45.mo.

D. – Come è cambiata in 45 anni la Caritas italiana?

R. – Prima di tutto, siamo cresciuti. Siamo cresciuti non solo in esperienza e in ambiti d’azione, però siamo cresciuti soprattutto in capillarità. La ricchezza di questa rete, che poi è la Chiesa stessa, è il fatto che, nonostante tutto, si riesca a essere presenti in modo molto esteso e anche in contesti dove certamente il lavoro sociale è accettato, è possibile farlo, anche dove la Chiesa fa fatica a essere presente. Penso all’Afghanistan, penso anche al contesto europeo dove la Chiesa è un’esigua minoranza, nell’Europa dell’Est in particolare, e quindi ci apre a un discorso di ecumenismo, di dialogo interreligioso … E poi, in Italia: in Italia siamo cresciuti molto perché la competenza delle nostre diocesi, delle nostre Caritas diocesane ormai è enorme! Spesso noi facciamo dei tavoli dove mettiamo insieme le competenze. Ormai noi a livello nazionale favoriamo dei processi, mentre su alcuni temi impariamo certamente e quindi anche da parte nostra, è bello vedere come è la crescita: crescono i figli e i genitori devono anche far loro spazio, valorizzarli. Questo è importante, a livello nazionale, europeo e internazionale.

D. – Le sfide che si aprono adesso per la Caritas italiana quali sono? Ovviamente alcune sono già in corso; però, ecco, ci sono delle sfide per il prossimo futuro?

R. – Sì … io penso che il nostro mandato abbia questo elemento di continuità fortissimo, che così diventa anche la sfida più grande. Cioè, il nostro mandato che ci dà un prevalente funzione pedagogica, che significa capire veramente come una solidarietà fine a se stessa, assistenzialistica non porti a nulla, mentre la vera sfida è quella di un cambiamento culturale, di un disporre di valori alti al centro della Chiesa – e anche della società tutta – ecco: questa sfida oggi è più viva che mai. Quindi, l’intuizione geniale di Papa Paolo VI che ci ha istituiti e costituiti intrinsecamente con questo mandato, mettendolo proprio nell’articolo 1 del nostro Statuto, mantiene proprio qui tutta la sua continuità, la sua validità pensando proprio che questa è “la” sfida principale che dovremo affrontare nei prossimi anni, cioè una società nostra che con tutte le difficoltà di coesione, che diventa poi però anche di coesione culturale, sappia veramente guardare in alto, guardare i valori più alti, non dimenticarli, non sotterrarli sotto le difficoltà quotidiane e i rischi di ripiegamento egoistico su se stessi, ma capire e accettare questa sfida, aprirsi a un confronto, ad un’accoglienza, a un dialogo con tutte le culture, appunto un’apertura interculturale: sarà quella che ci porterà lontani e non vedrà un’Europa implodere su se stessa.

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Giornata internazionale delle cooperative per un futuro sostenibile

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Si celebra oggi la Giornata internazionale delle Cooperative: quest'anno è dedicata al contributo che le cooperative possono dare per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite entro il 2030. Una grande opportunità per intervenire sul cambiamento climatico, garantire l’uguaglianza e porre fine alla povertà. Gioia Tagliente ha intervistato Carlo Scarzanella, vice-presidente dell'Associazione generale cooperative italiane e membro italiano dell’Alleanza internazionale delle cooperative: 

R. – Le cooperative nel mondo possono dare un forte contributo al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalle Nazioni Unite soprattutto per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico e la garanzia all’uguaglianza e l’inclusione per tutti.

D. - L’Alleanza internazionale delle cooperative invita i cooperatori ad aderire alla campagna internazionale #Coopsday. Di cosa si tratta?

R. - Ha creato un sito nel quale le cooperative possono dare il loro contributo di conoscenza, di storie e di esperienze che fanno nel mondo proprio per uno sviluppo sostenibile. Lo stesso si può fare attraverso una piattaforma che viene lanciata il 2 luglio nella quale le cooperative potranno dare questo contributo in termini di foto, di racconti e di storie.

D. - Quindi quale sarebbe l’obiettivo della piattaforma www.coopsfor2030.coop?

R. - L’obiettivo è far conoscere ciò che le cooperative faranno da qui al 2030 partendo già dalle esperienze che le cooperative hanno acquisito perché questo sviluppo sostenibile per il quale le cooperative lavorano è già uno degli obiettivi che l’Alleanza ha posto nel suo programma di lavoro 2014-2024.

D. - Qual è l’impegno delle imprese e delle cooperative italiane verso la sostenibilità inclusiva e sostenibile?

R. - L’impegno dura già da molto tempo e il suo obiettivo è cercare di garantire l’uguaglianza dei soci, di garantire l’inclusione. Vorrei ricordare che nelle cooperative italiane circa il 52% dei soci lavoratori sono donne e c’è un’altissima percentuale di immigrati. Devo dire che negli ultimi anni c’è un impegno maggiore non solo da parte delle imprese ma anche delle amministrazioni pubbliche. Le cooperative sono in prima fila in questo. In occasione del 2 luglio cercheranno di estendere l’invito a partecipare a questa piattaforma e al sito dell’Alleanza internazionale facendo in modo di far conoscere a tutte le cooperative italiane questo progetto, per contribuire attraverso l’esperienza maturata in tutti questi anni di attività nell’ambito di questi obiettivi.

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Il commento di don Gianvito Sanfilippo al Vangelo della Domenica

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Nella 14.ma domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone  il Vangelo in cui Gesù, invia i discepoli ad annunciare il Vangelo dicendo:

“La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Quanto sono pochi gli operai per una missione così importante: annunciare il Regno di Dio che si fa vicino, portare la Pace in ogni casa, guarire i malati, scacciare satana dal cuore degli uomini, sottomettere i demoni che opprimono i nostri fratelli. Ridotto è il numero di cristiani che percepiscono l'ampiezza, la gravità e l'urgenza di tale compito affidato alla Chiesa. La povertà umana, inoltre, coinvolge la sfera materiale, morale e spirituale di molti, non sempre in modo evidente, ed è facile scoraggiarsi per le numerose difficoltà, oppure abbandonare la lotta e lasciarsi cullare dall'insensibilità dell'edonismo egoista. Eppure il Signore ci annuncia, oggi: non c'è gioia più grande che lasciarsi coinvolgere dalla sua passione per l'umanità, una passione che spinge a sfide impossibili, “in mezzo ai lupi”, in una totale precarietà economica visitata costantemente dalla Provvidenza. La nostra vita trova pienamente senso quando assecondiamo gli impulsi della grazia a non vivere per noi stessi per liberare la vita del prossimo dall'oppressione del male. Lo sguardo e, non di rado, le lacrime di chi si sente amato e perdonato sono il nostro premio sulla terra, i nostri nomi scritti nei cieli il tesoro che ci attende. E tu, operaio di Cristo che aspetti? Ascolta la sua voce e rispondi: Eccomi! Avvenga di me secondo la tua Parola.

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Nella Chiesa e nel mondo



Austria, elezioni annullate. Schönborn: garanzia di libertà

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“In Austria dobbiamo essere riconoscenti per il fatto di avere elezioni libere e segrete e giudici della Corte Suprema che proteggono tale diritto di voto”. Questa la dichiarazione del card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale austriaca, dopo che la Corte costituzionale del Paese ha annullato l'esito delle elezioni presidenziali, tenutesi il 22 maggio scorso e vinte dal candidato dei Verdi, Alexander van der Bellen – per soli 30mila voti – contro il populista Norbert Hofer.

Libertà costruita su basi solide e durature
“È un fatto incontrovertibile – sottolinea il porporato, citato dall’agenzia Sir - che l’intero processo decisionale sia stato un forte segno di vita della nostra democrazia e dello stato di diritto”. “Se siamo ora chiamati a scegliere di nuovo – ha aggiunto - non si dovrà votare con arroganza trionfalistica o con atteggiamenti rabbiosi, bensì nella consapevolezza riconoscente che la nostra libertà è costruita su fondamenta solide e durature”. Diversi rappresentanti ecclesiali e di organizzazioni cattoliche ed evangeliche hanno espresso pareri positivi sulla decisione della Corte costituzionale.

Incentivare la partecipazione dei cittadini, il voto è un dovere civico
Ad esempio, il presidente dell’Azione cattolica (KaÖ), Gerda Schaffelhofer, ha sottolineato che “ogni voto ha un peso” e ha chiesto a tutti gli aventi diritto di considerare attentamente chi scegliere tra i due candidati, “valutando accuratamente” chi sia il più adatto, tra loro, alla più alta carica dello Stato. Per Helmut Kukacka, presidente dell’Unione delle associazioni cattoliche (Gab) la sentenza della Corte costituzionale è un segnale che i futuri turni di votazione debbano essere gestiti con rigore e le violazioni sanzionate. Per il presidente della Gab, inoltre, “bisogna risolvere il problema della scarsa partecipazione” al voto, “perché nessuno dei candidati ha incontrato l’approvazione della grande popolazione, mentre la partecipazione alle elezioni è un dovere civico”.

Rivedere le procedure elettorali per evitare vizi di forma
Dal suo canto, Ingeborg Gabriel, vice presidente di Iustitia e Pax Europa, evidenzia come la Corte abbia riscontrato vizi di forma nella procedura elettorale, e non brogli o manipolazioni vere e proprie. Questo significa, conclude Gabriel, che in futuro bisognerà rivedere le procedure elettorali, nelle quali si riscontrano aspetti controversi, come l’apertura delle schede elettorali postali il giorno dopo la votazione, e non contemporaneamente. (I.P.)

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Filippine. Chiesa collabora con Duterte ma resta vigile

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La Chiesa cattolica delle Filippine “intende collaborare” con il capo di Stato Duterte per il bene della popolazione ma, allo stesso tempo, “resta vigile”. Così mons. Socrates Villegas, presidente dei vescovi filippini (Cbcp), commenta l’inizio del mandato del capo di Stato che, in diverse dichiarazioni, ha espresso giudizi controversi sull’operato della Chiesa.

Chiesa non è nemica del governo: lavorare insieme per il bene comune
“Offriremo le nostre critiche e denunceremo gli errori – afferma mons. Villegas, citato dall’agenzia AsiaNews - ma non siamo nemici. Siamo fratelli e amici che vogliono che i politici riescano nei loro scopi”. “Abbiamo la stessa visione, come filippini e come cattolici – continua il presule - Ma saremo vigili perché il controllo è il grande prezzo della libertà”.

Politica promuova il progresso sociale
Ribadendo, poi, che i politici “sono un dono di Dio”, il presidente della Cbcp sottolinea come “essi possano conservare la pace e promuovere il progresso della società”. Di qui, il rammarico per quei rappresentanti istituzionali che “sono divenuti come un serbatoio di rifiuti, invece di essere miniere d’oro”. Un fenomeno progredito nel tempo, spiega mons. Villegas, causato da una lenta erosione dei valori e dal deterioramento delle virtù “scese a compromessi”.

Occorre etica per governare il Paese
“I politici si compromettono e continueranno a farlo fino a che non vi sarà un vero sistema di controllo e una vera etica nel governo”, afferma il presule. Infine, mons. Villegas auspica che i rappresentati istituzionali “possono divenire una fonte di santità per il popolo”, come “i grandi re del passato” i quali, “servendo i propri regni, sono divenuti santi”.

Pena di morte e contraccettivi, punti critici del programma di Duterte
Eletto il 9 maggio scorso, Duterte ha prestato giuramento il 30 giugno scorso. Noto per il suo “pugno di ferro” contro la criminalità, il neopresidente ha già annunciato di voler ripristinare la pena di morte nel Paese. Inoltre, in diverse occasioni, ha attaccato la Chiesa cattolica, definendola “l’istituzione più ipocrita” al mondo e criticando il suo operato in difesa della vita e contro l’uso dei contraccettivi. (I.P.)

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Argentina: Marcia per la vita e la famiglia

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“Argentina, alzati e cammina!”: questo lo slogan con cui oggi, sabato 2 luglio, si tiene in Argentina la seconda Marcia nazionale per la vita e la famiglia. L’iniziativa è organizzata da numerose associazioni e movimenti pro-vita del Paese. La marcia si svolge, simultaneamente, a Buenos Aires e nelle capitali provinciali, a partire dalle ore 16.30 locali.

Difendere la vita dal concepimento fino alla morte naturale
L’evento – spiegano gli organizzatori – ha lo scopo di difendere "il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre, il diritto e il dovere naturale dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni e la libertà di esercitare tale diritto, il rispetto dei valori morali e religiosi che hanno plasmato la nazione e la tutela della libertà di coscienza".

Critiche dei vescovi al Protocollo sanitario sull’aborto
Da ricordare che, sin dallo scorso anno, i vescovi argentini hanno espresso critiche e perplessità riguardo al “Protocollo per l’assistenza integrale delle persone con diritto all’interruzione volontaria della gravidanza”, approvata dal Ministero della Salute. Si tratta, in sostanza, di una disposizione volta a rendere ancora più facile, ampliandone la casistica, la pratica abortiva nelle strutture pubbliche e private.

In programma anche la “Marcia dei bambini per il Papa”
Sempre oggi, 2 luglio, nella città di Rosario, si tiene un’altra marcia significativa: quella “dei bambini per il Papa”. Giunta alla 20.ma edizione, la marcia è organizzata dall’Azione Cattolica locale e ha inizio alle ore 14 con una processione. Alle ore 17, poi, l’arcivescovo locale, mons. Eduardo Eliseo Martín, presiede la celebrazione eucaristica.

La misericordia cambia il mondo
Il tema della marcia è “La misericordia cambia il mondo”, ispirato naturalmente al Giubileo della Misericordia, indetto da Papa Francesco e in corso fino al 20 novembre prossimo. L’iniziativa ha anche un carattere solidale, perché diventa un’occasione per raccogliere alimenti fondamentali, come latte e olio, per le persone in difficoltà.

Iniziativa avviata 20 anni fa
Svoltasi per la prima volta nel 1997 per dimostrare “affetto e vicinanza” all’allora Pontefice Giovanni Paolo II, la marcia si è poi tenuta anche durante il Pontificato di Benedetto XVI e ora con Papa Francesco. Con quest’ultimo, essendo originario argentino, l’iniziativa “ha assunto un significato ancora più speciale”, spiegano gli organizzatori. Caratterizzata dai canti dei bambini, “la marcia si vive come una vera festa”, conclude l’Azione Cattolica. (I.P.)

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Ghana. Vescovi condannano attacco all’auto del capo dello Stato

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“Un atto vergognoso e spregevole”: così mons. Joseph Osei-Bonsu, presidente della Conferenza episcopale del Ghana, definisce l’attacco, perpetrato nei giorni scorsi, contro l’auto su cui viaggiava il  capo dello Stato, John Dramani Mahama. Mentre si trovava nella regione di Ashanti, a sud del Paese, infatti, il veicolo è stato bersagliato da numerose pietre lanciate dalla popolazione. Diversi persone sono rimaste ferite, mentre la polizia ha effettuato due arresti.

Un episodio che lede la sovranità del Paese
In una dichiarazione diffusa il 30 giugno, mons. Osei-Bonsu bolla l’episodio come “scioccante e incredibile”, condannandolo “senza mezzi termini” e invitando i colpevoli a “vergognarsi di se stessi e a chiedere perdono”. “Questo atto è spregevole non solo perché lede la nostra immagine di persone pacifiche e tolleranti – sottolinea il presule – ma soprattutto perché rappresenta un attacco alla sovranità del Paese, simboleggiata dal presidente”. Infine, mons. mons. Osei-Bonsu auspica che vengano prese “misure adeguate” nei confronti di tutti coloro che “mettono in atto violenti attacchi contro gli altri, in nome della politica”.

Le possibili motivazioni dell’attacco
Al momento, nessuna rivendicazione ufficiale è stata fatta riguardo all’incidente. Da ricordare che il presidente Mahama è stato recentemente criticato per aver accettato, in dono, un’automobile dal valore di 25mila dollari, offerta da un’impresa, nel tentativo di influenzare l’assegnazione di un appalto per la costruzione di una strada e di una recinzione nella sede della missione diplomatica del Ghana in Burkina Faso. Tutto questo mentre il capo dello Stato ha lanciato una campagna anti-corruzione. Dal suo canto, il portavoce della presidenza ha affermato che il veicolo ricevuto da Mahama non è a uso personale, ma piuttosto a disposizione del seguito presidenziale. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 184

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.