Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 19/07/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Domenicani: credibilità Chiesa passa attraverso la misericordia

◊  

La credibilità della Chiesa passa attraverso la misericordia: scrive, così, Papa Francesco in un messaggio a firma del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, inviato ai Padri Domenicani, riuniti a Bologna per il loro Capitolo generale. Il servizio di Isabella Piro: 

Misericordia, architrave della Chiesa
“L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale deve essere avvolto dalla tenerezza e nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia”: scrive così il Papa nel suo messaggio indirizzato a Fra Bruno Cadoré, Maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, noti anche come Padri Domenicani. “La credibilità della Chiesa – sottolinea il Pontefice – passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole che dona vita nuova ed infonde coraggio, per guardare al futuro con speranza”.

Riscoprire l’urgenza della solidarietà e del perdono
Ricordando, poi, la figura di San Domenico, “instancabile apostolo della grazia e strenuo difensore della verità”, il Pontefice auspica che i suoi seguaci possano testimoniare la misericordia “incarnandola nella vita” e divenendo “segno della vicinanza e della tenerezza di Dio, affinché anche l’odierna società riscopra l’urgenza della solidarietà, dell’amore e del perdono”.

Gli 800 anni dell’Ordine dei Predicatori
In programma a Bologna dal 16 luglio al 5 agosto, il Capitolo generale dei Priori Provinciali dell’Ordine dei Predicatori si svolge nel contesto del Giubileo straordinario della misericordia e dell’ottavo centenario della conferma dell’Ordine da parte di Papa Onorio III.

inizio pagina

Mons. Auza all'Onu: il traffico di minori è un'infamia e un cancro sociale

◊  

Bisogna lottare con ogni mezzo “contro l’infamia del traffico degli esseri umani e la diffusa cultura edonistica e mercantile, che incoraggiano lo sfruttamento sistematico della dignità e dei diritti umani”. E’ l’appello, rinnovato a nome del Papa, da mons. Bernardito Auza, capo della Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, che ha promosso una Conferenza nel Palazzo di Vetro, per eliminare la tratta di bambini e giovani. Il servizio di Roberta Gisotti

Parole accorate quelle dell’arcivescovo Auza, per denunciare ancora una volta “questo cancro sociale”. Una battaglia che la Chiesa, attraverso la parola dei Papi, l’impegno delle istituzioni cattoliche, le iniziative dei fedeli porta avanti incessantemente - ha ricordato il presule - dagli anni del Concilio Vaticano II, per contrastare “la tratta delle persone, il lavoro forzato e tutte le forme di moderna schiavitù”:

Tra le iniziative sorte per volontà di Francesco è il “Gruppo Santa Marta”, che unisce vescovi e responsabili di Polizia di tutto il mondo per cancellare “questa infamia”, che coinvolge circa 2 milioni di minori. Questa Conferenza organizzata all’Onu - ha spiegato l’osservatore permanente - ha lo scopo di valutare “cosa si sta facendo e cosa non si sta facendo, e cosa deve essere fatto per liberare questi bambini e ragazzi, e prevenire che altri giovanissimi soffrano come loro.”

“Lavorando insieme con perseveranza - ha concluso mons. Auza - noi possiamo eliminare il traffico dei bambini e ragazzi” e insieme raggiungere l’obiettivo nell’Agenda Onu del Millennio 2030, fissata dall’Onu, che obbliga la comunità internazionale entro quella data a “porre fine all’abuso, allo sfruttamento e al traffico e a tutte le forme di violenza e tortura contro i bambini”.

inizio pagina

Con gioia verso Cracovia, la testimonianza di un seminarista

◊  

Sono ben 41 mila i volontari delle 44 diocesi della Polonia che si apprestano ad accogliere i giovani di tutto il mondo in arrivo a Cracovia per la Gmg con Papa Francesco. Ogni diocesi ha assunto un nome biblico per l’occasione ed ha dato vita ad iniziative spirituali di preparazione al grande evento. Proprio sulla dimensione forte di fede legata a questa esperienza, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di Diego Puricelli, seminarista della diocesi di Belluno-Feltre, legato alla comunità “Nuovi Orizzonti” di Chiara Amirante: 

R. – Andare alla Gmg di Cracovia come seminarista significa innanzitutto fare una grande esperienza di Chiesa, di comunità viva raccolta ai piedi del Maestro, ai piedi di Gesù. Gli incontri, gli sguardi, l’ascolto profondo credo siano il regalo più bello per un ragazzo che si sta preparando come me ad essere sacerdote. Questa Gmg giubilare sento poi che avrà una sfumatura tutta particolare. Il tema della misericordia ci invita ad essere trasparenza del volto tenero di Dio, che è Papà e più ancora Madre, come diceva il mio conterraneo, Papa Luciani.

D. – Cosa hanno rappresentato le Gmg nel percorso di fede di un seminarista?

R. – Dopo quella a Rio de Janeiro questa è la mia seconda Gmg. Anche quando ero lontano dalla fede, mi hanno sempre commosso e fatto riflettere questi immensi raduni di giovani cristiani. Sicuramente l’esperienza di Rio di tre anni fa mi ha segnato profondamente, soprattutto per quanto riguarda l’esperienza dell’incontro con i più poveri, come l’aver stretto le mani sporche ma calde, vive, di un ragazzo di strada che aveva una gamba in cancrena, che per un pacco di fette biscottate non finiva di ringraziarmi e di benedire Dio. Ho sperimentato cosa vuol dire toccare la carne sofferente di Cristo e quanto questo sia fonte di una gioia piena.

D. – La Gmg di Cracovia richiama naturalmente a San Giovanni Paolo II…

R. – Non tradisco l’emozione di recarmi nella terra di un Santo che ha segnato tutta la mia gioventù e che mi ha insegnato a scalare le vette alte della santità, come Giovanni Paolo II. Sento innanzitutto di avere un amico in Cielo a cui raccomandare tutti coloro che mi vengono affidati. La fede cresce se si dona, ci ha tante volte ricordato. Il più grande regalo che sto chiedendo per tutti i ragazzi che parteciperanno è riuscire a vederli condividere tra loro quell’esperienza che a tanti di noi ha letteralmente travolto e stravolto la vita: l’incontro e l’amicizia con Cristo.

D. – L’estate di “Nuovi Orizzonti” è molto intensa e poi, ovviamente, il culmine con la Gmg di Cracovia…

R. – “Nuovi Orizzonti” come ogni estate ha diverse iniziative: dalle missioni di evangelizzazione in spiaggia - quest’anno in Salento - ai campi lavoro nelle cittadelle; dai corsi di formazione alla preghiera ai percorsi di conoscenza di sé sul metodo “L’arte di amare” di Chiara Amirante. Alcuni si sono preparati inoltre per un mese di missione in Brasile, dove abbiamo dei Centri. Per i giovani, ormai da anni, ci sono specifici campi estivi di primo annunzio che si svolgono nella cittadella di Belluno, da dove io provengo. Per la Gmg invece ogni giovane, “cavaliere della luce” o amico dell’associazione, partecipa insieme alla propria pastorale giovanile diocesana, come ho fatto io.

inizio pagina

Università Lateranense "adotta" 20 studenti da Paesi in guerra

◊  

L’Università Pontificia Lateranense (Pul), in sinergia con il Viminale accoglierà studenti titolari di protezione internazionale, offrendo loro una possibilità vera di accoglienza, studio e alta formazione. Con un'intesa che è modello di buone prassi, verrà assicurata a 20 studenti l’opportunità di proseguire il proprio percorso di studi, interrotto a causa dei conflitti nei Paesi di provenienza. I giovani, in Italia, potranno seguire Corsi accademici finalizzati al completamento dell’iter formativo e all’integrazione nella società italiana. Il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Interno e la Pontificia Università Lateranense (Pul), è volto all’inserimento in percorsi di alta formazione universitaria gli studenti, provenienti da Siria, Iraq ed Eritrea. A siglare l’intesa, che allunga il campo a nuove possibilità d’integrazione, sono stati oggi al Viminale il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, e il Magnifico Rettore della Pul, mons. Enrico dal Covolo intervenuto al microfono di Michele Ungolo: 

R. – Il progetto, firmato con un protocollo, da una parte dal Viminale, nella persona del vice ministro Filippo Bubbico, e dall’altra da me, come rappresentante della Pontificia Università Lateranense, prevede che l’università “adotti” 20 giovani studenti provenienti da Paesi in guerra. In realtà questi Paesi sono: la Siria; l’Eritrea; e l’Iraq. Verranno alla Pul per un corso di laurea o post-laurea, e saranno ospitati da strutture dell’Università nella diocesi di Roma. La formazione proposta dall’Università aiuterà i fratelli in fuga dall’inferno di guerre e persecuzioni a riprendersi la propria vita. Con una sinergia, che è modello di buona prassi, verrà assicurata ai 20 studenti l’opportunità di seguire corsi accademici finalizzati al completamento dell’iter formativo che hanno interrotto per causa di guerra, e per favorire l’integrazione nella società italiana.

D. – L’Università Lateranense si farà carico dei costi universitari?

R. – L’Italia prevede di versare all’Università Lateranense 4.800 euro per 12 ragazzi. La gran parte dei costi restanti, non solo per gli altri otto, ma anche per la vita a Roma di tutto il gruppo dei 20, sarà a carico della nostra Università. Devo precisare che questo non riguarda borse di studio, come tante che assegniamo ogni anno, ma piuttosto una beneficenza di cui faremo tesoro.

D. – Quali sono i corsi universitari che potranno seguire questi studenti?

R. – Dobbiamo verificare, caso per caso, che cosa questi 20 studenti hanno già fatto: sono situazioni diverse. Noi abbiamo la possibilità di inserirli o nei nostri normali corsi di laurea; prevedo soprattutto le facoltà giuridiche – il Pontificium Institutum Utriusque Iuris – e, fra l’altro, la Facoltà di Giurisprudenza ha il titolo di laurea magistrale riconosciuto dallo Stato italiano; oppure la Facoltà di Filosofia. Quindi, prevedo soprattutto queste due facoltà. Ma abbiamo anche la possibilità di inserirli in corsi post-laurea se hanno il titolo adatto: questo dovremo verificarlo caso per caso.

D. – Quanto è importante questo accordo con il Viminale?

R. – A mio parere, è proprio un'iniziativa unica nel suo genere che può aprire la strada a sinergie che richiamano le istituzioni alle buone opere di misericordia. Le istituzioni ricordano il versante politico della loro missione: anche le università pontificie hanno questa valenza politica, nel senso ampio della parola, cioè di costruire la buona città. Questo è un segno; e io credo che rientri molto bene nei segni che Papa Francesco ci ha consegnato, e che continua a consegnarci, in questo Anno Giubilare della Misericordia.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

La carità del Papa per gli indigeni e i campesinos: intervista di Maurizio Fontana al sottosegretario del Pontificio consiglio Cor Unum di ritorno dall'America latina.

Lucidità e follia: Francesco Rico su Cervantes e le origini del romanzo moderno.

Non è un'agenzia di pubblicità: intervista (pubblicata su "La Razon") di Fran Otero a Jorge Augusto Oesterherld sul rapporto tra Chiesa e nuovi media.

La lettera e il fantasma: Claudio Toscani sul libro "Sanctuary Line" della scrittrice canadese Jane Urquhart.

La gioia dell'amore e lo sconcerto dei teologi: Rocco Buttiglione su alcuni commenti riguardo all'esortazione apostolica "Amoris laetitia".

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Venezuela. Card. Urosa: siamo accanto al popolo che soffre

◊  

Garantire il diritto all’alimentazione della popolazione, consentire l’ingresso di medicinali dall’estero e cercare una soluzione alla grave crisi sociale ed economica che affligge il popolo venezuelano. È l’appello che hanno fatto i vescovi del Venezuela al Governo nazionale, al termine dell’Assemblea dell’episcopato, tenutasi nei giorni scorsi. Al microfono di Alvaro Vargas Martino ce ne parla il card. Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas. 

R. – Los obispos venezolanos…
In ogni nostra Assemblea, noi vescovi venezuelani, ci pronunciamo sulla situazione del Paese e lo facciamo già da più di 40 anni. Chiaramente, in questo momento, il nostro documento ha indicato una situazione estremamente grave, perché si è prodotta una enorme scarsità di alimenti e, al tempo stesso, un costo altissimo degli stessi, dovuto ad un’inflazione che è già al 400% rispetto all’anno passato, in maniera tale che la situazione è estremamente grave. In questo senso, noi abbiamo invitato il Governo nazionale a risolvere questa problematica e a garantire davvero al popolo venezuelano il diritto all’alimentazione.

D. – In questo senso, recentemente, mons. Padrón ha detto che sia il Vaticano sia il Papa stanno seguendo con molta attenzione la situazione in Venezuela, ma il governo non ascolta nessuno…

R. – Sì, es verdad. No solamente…
Sì, è vero, il Governo non ascolta il Santo Padre né tantomeno l’episcopato venezuelano. Noi, da molto tempo, con un atteggiamento positivo, un atteggiamento rispettoso, abbiamo fatto presente i problemi, gli errori, le soluzioni, ma il Governo non ascolta. Questo è un problema molto serio ed è un peccato, perché la situazione del Paese non ha fatto altro che aggravarsi sempre di più.

D. – Recentemente anche i medici venezuelani hanno chiesto l’intervento della Chiesa e del Papa, per chiedere al Governo che faccia entrare i medicinali essenziali al Paese…

R. – Sì, y lamentablemente el Gobierno…
Sì, e purtroppo il Governo non ascolta nemmeno questa richiesta. Già da diversi mesi la Chiesa sta chiedendo al Governo l’autorizzazione, perché arrivino i prodotti – tanto gli alimenti quanto i medicinali – che molte persone all’estero, appartenenti ad organizzazioni non governative o organizzazioni ecclesiastiche, vogliono inviare. Il Governo però nega costantemente questa autorizzazione. E’ qualcosa di deplorevole e noi naturalmente non capiamo quali siano le ragioni del Governo.

D. – D’altra parte, il Governo ritiene i membri della Chiesa addirittura golpisti e nelle ultime settimane sono stati aggrediti due seminaristi. Cosa ci può dire riguardo alla situazione della Chiesa in questo contesto?

R. – La agresión a los seminaristas fue…
L’aggressione ai seminaristi è stata un fatto, potremmo dire, casuale, deplorevole, da parte di un gruppo di persone armate, che a Merida cercavano di impedire una manifestazione dell’opposizione e, purtroppo, i seminaristi - che non si presentavano come tali, perché indossavano abiti civili - passando da lì sono stati aggrediti. Un fatto deplorevole. Ora, quello che davvero dà fastidio è che il Governo invece di occuparsi, invece di ascoltare, di considerare o studiare le proposte che facciamo noi vescovi venezuelani, semplicemente attacca i vescovi con argomenti assurdi. Invece di studiare i problemi che noi solleviamo, ci attaccano e ci qualificano come golpisti. E questo, naturalmente, è totalmente falso. Noi, in nessuna maniera, abbiamo partecipato a cospirazioni contro il Governo nazionale.  

D. – In effetti, seguendo i diversi comunicati rilasciati dall’episcopato venezuelano si evince la posizione appunto propositiva e positiva della Chiesa in favore del dialogo…

R. – Esa ha sido la actitud permanente…
Questo è stato sempre il nostro atteggiamento. E in questo momento abbiamo chiesto al Governo nazionale che si occupi non solo della richiesta dell’episcopato, ma anche di un gran numero di persone della popolazione venezuelana che vogliono soluzioni democratiche alla crisi politica, alimentare e di medicinali, che soffre attualmente il Venezuela. Speriamo che il Governo finisca per occuparsi di questa proposta. Noi abbiamo sempre un atteggiamento positivo, con la mano tesa, per aiutare a risolvere i problemi del popolo venezuelano.

D. – Per concludere, nel comunicato si parla di un momento di grande tensione sociale…

R. – Sì, este es cierto…
Sì, certo, perché a causa della carestia e della scarsità degli alimenti, il popolo venezuelano sta vivendo con grande angoscia e ci sono già tantissime manifestazioni di protesta e, di conseguenza, atti violenti come saccheggi nelle attività di commercio e nei negozi di alimentari. La gente infatti si sente angosciata a causa di una situazione cui il Governo non sta dando soluzione. Ci troviamo, quindi, in un momento molto critico e speriamo che non ci sia un peggioramento dell’attuale situazione del Paese.

inizio pagina

Turchia: intimidazioni su minoranze, attaccata chiesa don Santoro

◊  

I servizi segreti informarono l’esercito turco del golpe già nelle prime ore di venerdì scorso, e lo stesso presidente Erdogan, racconta oggi, di essersi messo in salvo rapidamente dalla sua casa di Marmaris. Intanto restano forti le accuse di complotto contro l'imam Fethullah Gulen, in esilio in Pennsylvania, di cui Ankara chiede l’estradizione con l’invio di diversi dossier in America. E oltre alle continue epurazioni - inclusi più di 400 tra imam e docenti di religione per il sospetto di legami con la rete di Fethullah Gulen, ci sono anche intimidazioni sulle minoranze. E’ accaduto a Trebisonda con danni alla chiesa dove è stato ucciso don Andrea Santoro nel 2006 e a Malatya in una chiesa protestante. Clima e timori sociali li racconta da Istanbul il corrispondente dell’Osservatorio Balcani e Caucaso, Dimitri Bettoni. L’intervista è di Gabriella Ceraso

R. – I sostenitori di Erdogan, i più conservatori, i più nazionalisti, in questo momento si sentono estremamente galvanizzati e questo protagonismo, però, si traduce anche in una serie di azioni molto molto a mio modo di vedere gravi, aggressioni, linciaggi … sono state assaltate, per esempio, sedi di partiti di opposizione, sono stati aggrediti anche ragazzi proprio nel mio quartiere semplicemente perché la sera successiva al colpo di Stato, prendevano un po’ di fresco e bevendo qualche birra sul lungomare. Ci sono state aggressioni anche a quartieri di minoranze politiche e di minoranze etniche, quali possono essere ad esempio gli aleviti.

D. – Che aria si respira e cosa dice la gente?

R. – Sicuramente c’è una sensazione di vuoto, di insicurezza, nel senso che quello che sta accadendo non è finito, cioè le conseguenze sono tuttora in corso. La tendenza generale è che il sostegno al governo sia ancora molto, molto forte presso l’opinione pubblica. D’altra parte è anche vero che le opposizioni in questo momento non si sentono sicure a manifestare apertamente …

D. – Invece, tutto il mondo intellettuale, inclusi i giornalisti, che cosa fa in questo momento? Può parlare? In che termini lo fa? Avete qualche timore in più?

R. – La maggior parte dei media, anzi, la quasi totalità dei media si è schierata contraria al golpe; però ci sono stati giornali, siti, giornalisti che hanno anche messo in guardia la popolazione dalle possibili derive autoritarie. Anche questo tipo di reazioni vengono in questo momento considerate come pubblicità al golpe e questo ha portato, ad esempio, alla chiusura di circa una ventina di siti di informazione, ha portato all’arresto di una giornalista piuttosto di spicco, e ha portato – ad esempio – anche alla restrizione di movimento nei confronti dei giornalisti. Altra cosa molto grave, a mio parere, è come certe testate e certi nomi di giornalisti in Internet e in particolare su certi “social media”, siano oggetto di una vera e propria campagna di diffamazione denigratoria. Questo è pericoloso perché rischia di mettere queste persone nel mirino di alcuni tipi di reazioni violente.

D. – Nel mirino di questo clima incandescente sono finiti anche i cristiani: chi è che intimidisce, e perché?

R. – Sì, purtroppo ci sono notizie di questo tipo che riguardano un po’ tutte le minoranze in Turchia, che è un Paese che tra minoranze etniche e religiose ospita 35 diversi gruppi. Quello che il governo sta facendo in questo momento non aiuta a creare un clima di distensione; il fatto di chiamare continuamente  in strada i propri sostenitori, nel momento in cui dovrebbe essere il governo a tornare a gestire la cosa, significa di fatto anche aizzare i peggiori istinti interni alla popolazione. C’è sicuramente un problema di radicalizzazione dei movimenti religiosi che rischia di sfociare, appunto, in queste azioni intimidatorie. E’ un problema che rischia di sfociare, appunto, in queste azioni intimidatorie; è un problema che non è recente in Turchia …

D. – E’ cambiato qualcosa nella sua professione, dopo essere stato testimone di quanto è accaduto? Ha qualche pensiero particolare, anche nei confronti delle prospettive future?

R. – Il fatto che io non sia un cittadino turco e che il mio pubblico privilegiato sia quello italiano, in parte mi protegge. Sono invece più preoccupato per colleghi che cercano di fare informazione qui, nel Paese, perché diventano facilmente oggetto e bersaglio di intimidazioni verbali e fisiche.

D. – Quindi, raccontare quello che effettivamente succede è diventato molto più difficile?

R. – Sicuramente sì; ma questo sta accadendo da molto e il tentato colpo di Stato andrà ad aggravare la situazione. Non sono assolutamente ottimista che questa supposta difesa alla democrazia popolare poi si tradurrà in effettiva democrazia funzionante …

inizio pagina

Guerra in Siria: l'Onu chiede aiuti per Aleppo

◊  

La crisi in Siria nelle ultime ore è entrata in una fase cruciale. La città di Aleppo è assediata dalle forze del regime di Bashar al Assad, che hanno preso il controllo dell’ultima via praticabile, la “strada del Castello” riducendo di fatto le possibilità di aiuti umanitari da parte delle Nazioni Unite. I ribelli sono stati accerchiati nella zona orientale della città e circa 300 mila civili vivono momenti di terrore all’interno di un bunker artificiale, costretti a fare i conti anche con la scarsità di cibo e medicinali. Alessandra Vellucci , Direttore del Servizio Informativo delle Nazioni Unite a Ginevra, è intervenuta al microfono di Michele Ungolo: 

R. – Le Nazioni Unite sono estremamente preoccupate per quello che sta succedendo in particolare in questi giorni ad Aleppo. La questione della chiusura della cosiddetta "Strada del Castello", ha causato in effetti un isolamento totale o quasi delle popolazioni in particolare nella parte orientale della città. L’Onu stima che la libertà di movimento è di circa 200mila-300mila persone in questa zona di Aleppo. Si tratta di persone che hanno bisogno di assistenza urgente e ora questa libertà di movimento non è più disponibile, quindi sono persone che si ritrovano sotto uno stato di assedio.

D. - 300mila civili si trovano ad affrontare sia la questione della guerra ma anche la scarsità di cibo …

R. - Assolutamente. Questa è la preoccupazione principale per noi. Non solo dobbiamo chiedere che sia possibile ritornare ad una situazione di libertà di movimento - questo è evidente - ma in effetti la preoccupazione principale delle agenzie umanitarie è  quella di fornire assistenza umanitaria, quindi non solo cibo ma anche benzina, medicine, … Le Nazioni Unite avevano previsto il peggioramento della situazione: negli ultimi mesi avevamo comunque lavorato nel caso si verificasse un aggravarsi della situazione. I nostri colleghi hanno pre-posizionato negli ultimi due mesi delle razioni di cibo per circa 145mila persone, medicine e altri supporti medici per circa quattro mesi. Come abbiamo detto se partiamo da un numero di persone che hanno bisogno che va da 200 a 300mila, le razioni per un mese che coprono il fabbisogno di 145mila persone già non sono più sufficienti. Infatti abbiamo cominciato già a razionare l’assistenza. La cosa più difficile al momento è proprio arrivare a queste popolazioni.

D. - Quale strategia pensa di adottare l’Onu in merito a questo clima di terrore?

R. - Abbiamo una strategia di supporto molto vicina a queste persone, però chiediamo l’accesso immediato, senza nessun ostacolo e soprattutto senza pericoli per i nostri colleghi che dovrebbero poi andare a portare questi aiuti.

D. – Entro quanto tempo questi interventi dovrebbero avvenire?

R. - Noi siamo veramente molto preoccupati e abbiamo bisogno di questo accesso adesso, nel tempo più breve. È assolutamente indispensabile, per poter salvare vite e per poter ridurre la sofferenza di queste popolazioni, che l’aiuto umanitario arrivi al più presto perché sappiamo che nella città il cibo è già razionato, che i prezzi delle materie prime sono ormai saliti in modo esponenziale, alcuni tipi di cibo già non sono più disponibili. Il fatto che non abbiamo potuto avere accesso a queste zone ha impedito, ad esempio, l’arrivo di anestetici; sappiamo che riguardo questo la situazione è molto scarsa. C’è tutta una serie di questioni che noi monitoriamo con i nostri partner locali, ma al momento non possiamo intervenire proprio perché non c’è questo accesso.

D. - Qual è la difficoltà maggiore per raggiungere i civili?

R. - Le strade sono chiuse. L’unica accesso che avevamo era appunto questa strada che si chiama "Castello Road" – la strada del Castello  - questa via è stata chiusa a causa dei combattimenti e quindi noi non abbiamo nessun modo per poter arrivare a queste popolazioni. Abbiamo già cominciato a lavorare, lo stiamo facendo da tanto tempo, ma in particolare in questa situazione abbiamo chiesto ai belligeranti di poter avere un accesso umanitario, un corridoio, ma per il momento non abbiamo avuto risposte positive. Si è paventata la possibilità di lanciare dagli aerei questi aiuti umanitari; non è la soluzione migliore perché sono molto cari, sono poco precisi, la quantità di merce che si può trasportare, che si può lanciare, è veramente limitata. Però diciamo che in questo momento l’Onu mette tutte le opzioni sul tavolo per poter arrivare ad una soluzione per queste popolazioni. Nessuna opzione è esclusa, cerchiamo di lavorare su tutte le possibilità per poter raggiungere questa gente.

D. - Qual è il destino della Siria?

R. - Noi speriamo e lavoriamo in modo intenso per poter risolvere questo terribile conflitto. Il mediatore delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura sta lavorando senza tregua per poter ricominciare le discussioni di Ginevra sulla Siria e speriamo di poter cominciare di nuovo questo lavoro nei tempi più brevi possibili. Il quartiere di al Waer, a Homs, è stato al centro delle discussioni per quanto riguardava l’urgenza dell’arrivo di aiuti umanitari, poiché qui c’è stato un blocco per molto tempo. Alla fine siamo  riusciti a portare aiuti a 75mila persone. Gli aiuti sono arrivati attraverso due convoglio: il primo è partito il 14 luglio e il secondo è arrivato ieri. Questa almeno è una notizia un po’ positiva. Ma riguarda Homs, non Aleppo.

inizio pagina

Terrorismo: per molti giovani decisivo il ruolo di Internet

◊  

Il sedicente Stato Islamico ha rivendicato l'attacco su un treno, ieri notte, nella località di Wuerzburg, in Germania, in cui un 17enne afgano ha ferito a colpi di ascia e coltello cinque persone, due delle quali in maniera grave. L'autore dell'attacco - afferma l'agenzia di stampa del Califfato, Amaq - era "un combattente dello Stato Islamico”. Il giovane avrebbe gridato 'Allah Akbar' prima di essere ucciso. Registrato da un anno in Germania come richiedente asilo, non è chiaro se avesse avuto contatti con circoli islamisti. Da Bruxelles a Dacca, da Parigi agli Usa, da Nizza alla Germania, si susseguono gli attentati compiuti da giovani in nome del sedicente Stato islamico, in qualche caso lupi solitari, in altri appartenenti a gruppi radicalizzati. Adriana Masotti ne ha parlato con Alessandro Orsini, prof. di Sociologia del terrorismo alla Luiss di Roma e autore del volume Is per l’editrice Rizzoli: 

R. - Noi abbiamo due tipi di jihadisti in Europa: il primo tipo è rappresentato da ragazzi che potremmo definire normali, che in molti casi provengono dalla media borghesia e hanno un elevato livello di istruzione. Abbiamo anche jihadisti che vengono dalle banlieue, però parliamo di ragazzi senza disturbi psicologici. Poi abbiamo un altro tipo di jihadisti: si tratta di persone con forti disturbi psicologici che compiono atti terroristici radicalizzandosi nel volgere di pochi giorni!

D. - In ogni caso c’è una corrente che si muove lungo la Rete, un collegamento virtuale in tutti questi episodi di violenza. Che importanza hanno le nuove tecnologie anche nel caso del terrorismo, purtroppo?

R. - Internet ha un ruolo decisivo. Ho studiato le vite di tutti i ragazzi dal 2001 fino al 2015, quindi le vite dei ragazzi che sono riusciti a realizzare una strage, un omicidio nelle città occidentali. Quello che ho trovato è che nella quasi totalità dei casi Internet aveva avuto un ruolo decisivo. Questo accade anche perché si tratta di ragazzi che - come sappiamo - hanno una particolare dimestichezza con la Rete. Quindi internet ha un ruolo fondamentale nel processo di radicalizzazione.

D. – Quali sono le armi che possiamo avere noi per contrastare questo fenomeno?

R. - Il terrorismo è una tecnica di combattimento che non può essere sconfitta in maniera definitiva. Quindi non abbiamo alcuna possibilità di cancellare il pericolo di subire attentati terroristici. Quello che noi facciamo – e lo facciamo molto bene – è ridurre il numero degli attentati. Infatti ritengo che la qualità di un servizio di intelligence non debba essere giudicata in base al numero di attentati che un Paese subisce, ma in base al numero di attentati che un Paese riesce a sventare. Quindi dobbiamo essere molto cauti nei giudizi. L’intelligence francese, ad esempio, fa un super lavoro perché si trova a fronteggiare una situazione incandescente che altri Paesi non hanno.

D. – Invece, dal punto di vista culturale e sociale, come contrastare questa diffusione di messaggi su Internet che manipolano la mente di tanti?

R. - Le strategie dal punto di vista culturale sono numerose. Una delle più importanti è sviluppare una contro-narrazione. Qui sono chiaramente impegnati soprattutto gli studiosi e i giornalisti e devo dire che, in molti casi, sia gli uni che gli altri assumono un atteggiamento fortemente deresponsabilizzante nei confronti del problema del terrorismo perché tengono a scaricare tutti i problemi sulle forze di polizia o sui governi, senza rendersi conto che, soprattutto in una prospettiva di lungo periodo, il ruolo degli intellettuali - i professori universitari in particolare - e dei giornalisti è di immensa importanza. Molto spesso anche i giornalisti sviluppano un tipo di narrazione che favorisce i processi di radicalizzazione perché tendono a ingigantire la forza dello Stato islamico che in realtà, dati alla mano, è molto più debole di ciò che noi pensiamo. Però così il gioco dell’informazione è quello di spettacolarizzare tutto e il fatto che così tante persone pensino, sbagliando, che lo Stato islamico sia in ascesa, tutto questo favorisce i processi di radicalizzazione perché i simpatizzanti dell’Is si galvanizzano. Si deve considerare che il rapporto che esiste tra i simpatizzanti e l’Is è lo stesso rapporto che esiste tra i tifosi di calcio e la squadra del cuore. Quando una quadra vince tutte le partite lo stadio si riempie, quando invece le perde i tifosi si deprimono e abbandonano gli spalti.

D. - Anche amplificare fenomeni sociali come l’immigrazione, ad esempio, può portare maggiori paure e quindi aggressività verso le persone che arrivano…

R. - Non vedo un nesso diretto tra la retorica sull’immigrazione e il terrorismo. Però, se noi criminalizziamo tutti gli immigrati, in questo caso sì favoriamo i processi di radicalizzazione. Se noi iniziamo a discriminare tutti i ragazzi musulmani, chiaramente di fronte ad una discriminazione violenta questi ragazzi inizieranno a nutrire un sentimento di simpatia nei confronti dello Stato islamico. Quindi diciamo che un razzista occidentale è in realtà una persona che afferma di lavorare contro lo Stato islamico, ma è un suo reclutatore. Se lei prende un gruppo di ragazzi musulmani che si "spaccano la schiena" dalla mattina alla sera, che lavorano in maniera onesta, rispettano tutte le leggi, e lei li offende, li insulta, li discrimina, questi inizieranno a sviluppare un sentimento di odio nei confronti della società circostante e sicuramente un atteggiamento più favorevole nei confronti dell’Is. Quindi la figura del razzista occidentale è una delle figure chiave della propagande dell’Is, perché chiaramente l’Is non può distribuire i volantini davanti alle scuole italiane ma, in qualche modo, lascia che siano i razzisti occidentali a diffondere la sua propaganda. Il messaggio dell’Is, qual è? L’Occidente non rispetta i musulmani. Questa è la propaganda dello Stato islamico, per cui se in televisione prevale il discorso del razzista occidentale, in qualche modo, è come se prevalesse il discorso del sedicente Stato islamico, perché il razzista occidentale è colui che conferma le parole dell’Is. Quindi la mia tesi è che il razzista occidentale sia di fatto un reclutatore dello Stato islamico.

D. – Insomma, il loro è un discorso speculare?

R. - In qualche modo lo è.

inizio pagina

Calabria: operazione contro la ‘ndrangheta nel cosentino

◊  

Maxi operazione contro la ‘ndrangheta in Calabria e non solo. Nel mirino delle forze dell’ordine il clan Muto, attivo da più di 30 anni a Cetraro, nell’alto Tirreno cosentino, soprattutto nel settore del commercio ittico. Sono 58 gli arresti eseguiti nelle province di Cosenza e Salerno e in altre località italiane. Tra i capi di accusa: associazione di stampo mafioso, traffico di droga, estorsione e rapina. Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Enzo Ciconte, docente di Storia delle mafie italiane presso il Collegio S. Caterina dell’Università di Pavia: 

R. – Credo che sia un’operazione molto importante perché si è riusciti a mettere nelle condizioni di non nuocere una ‘ndrina che governava il territorio negli ultimi trenta anni e lo governava dal punto di vista della gestione delle attività economiche, controllando in modo particolare tutta la filiera del pesce. Quindi credo che sia importante il fatto che oggi si apra una pagina nuova per quel territorio.

D. - Questo clan aveva collegamenti con le istituzioni?

R. - Sì, è stato forte perché ha avuto la capacità e la possibilità di avere rapporti con uomini politici e delle istituzioni. Nessun clan mafioso dura così tanto se non ha rapporti con il territorio e quindi con le espressioni politiche ed istituzionali.

D. - Il clan Muto era noto nella zona anche in relazione alle vicende di un ospedale locale, ma non solo. È così?   

R. - Il clan Muto non si occupava solamente del pesce; si occupava dell’economia del territorio. Voleva comandare e farsi ricco come tutti i clan della ‘ndrangheta. Niente di nuovo da questo punto di vista, tant'è vero che sulla situazione c’è sempre stata una battaglia molto forte. Ricordo ad esempio le battaglie che fece Giannino Losardo, un giovane consigliere comunale di Cetraro del Partito comunista che fu ammazzato. Ricordo che venne l’allora segretario del Partito comunista, Enrico Berlinguer, a dimostrazione dell’importanza che a quel tempo veniva data ad una vicenda apparentemente locale, proprio perché c’era il riconoscimento della presenza della criminalità organizzata a Cetraro e nei dintorni. Quindi è un fatto antico, un fatto noto ed un fatto dentro il quale molti in questi anni o hanno taciuto o non sono riusciti a mettere alle corde un clan così potente.

D. - E adesso qual è l’auspicio? Qual è il messaggio per i calabresi della zona?

R. - Il messaggio è quello che si è riusciti a venire a capo di un’organizzazione potente e che quindi c’è la possibilità di liberare quella zona dalla presenza mafiosa. È un messaggio forte, un messaggio importante. E adesso mi auguro che gli imprenditori del luogo e la politica siano capaci di aprire una pagina nuova, diversa, perché da sola la magistratura non riuscirà ad incidere sul 'bubbone'. Deve essere il tessuto sociale, e la politica locale, a risolvere i problemi.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Conferenza Aids: solo 1 su 4 ha accesso alle cure in Africa

◊  

E’ iniziata ieri, e terminerà il 22 luglio, a Durban, in Sudafrica, la 21° Conferenza Internazionale sull'Aids. Circa 18 mila tra scienziati, politici, leader mondiali e persone sieropositive si sono riunite per discutere dello stato attuale dell'epidemia e su come raggiungere l’obiettivo riconosciuto a livello globale di fornire il trattamento per l’Hiv a 30 milioni di persone entro il 2020. 

Sono 78 milioni i sieropositivi nel mondo
​Dall'inizio dell'epidemia, ricorda l'Unaids nella nota ripresa dall’agenzia Fides, circa 35 milioni di persone sono morte per malattie correlate all'Aids e si stima che ci siano 78 milioni di sieropositivi. “Questo ambizioso obiettivo non potrà essere raggiunto senza sforzi concertati a livello di singoli Paesi; un ampliamento significativo della diffusione del test; il mantenimento delle persone sotto cura in maniera efficace; l’avvio precoce del trattamento e la sua durata per tutta la vita.” E’ quanto sostiene il team di Medici senza Frontiere (Msf) parte attiva della conferenza di Durban. 

In Africa la copertura della terapia antiretrovirale è a livelli allarmanti
 A Durban Msf porta la propria esperienza diretta, condividendo i risultati delle ricerche operative nei Paesi in Africa occidentale e centrale, dove attualmente solo una persona su quattro affetta da Hiv, su 6 milioni e mezzo di sieropositivi, ha accesso alle cure e dove avviene quasi un terzo dei decessi per Aids a livello globale, non ricevono il trattamento di cui avrebbero bisogno, e nei contesti colpiti da conflitti, dove la copertura della terapia antiretrovirale è a livelli allarmanti. Oggi, Msf supporta il trattamento per oltre 250 mila persone affette in 19 Paesi in Africa, Asia ed Europa orientale. (A.P.)

inizio pagina

Gmg: dopo atti di terrorismo nessuna cancellazione dai giovani

◊  

“Dopo gli attentati sia a Bruxelles che, il più recente, a Nizza non abbiamo registrato disdette o cancellazioni delle prenotazioni. Tutti i vari gruppi hanno confermato la loro partecipazione per il loro soggiorno in Polonia”. A dichiararlo all'agenzia Sir è Dorota Abdelmoula, la portavoce della Gmg di Cracovia, che precisa: “Solo qualche privato ha cancellato la propria iscrizione senza peraltro specificarne i motivi. Sono tantissimi i gruppi iscritti alla Gmg in procinto di venire in Polonia e a Cracovia. Per ottenere il visto di ingresso – aggiunge la portavoce – era necessario avere una lettera di presentazione del proprio vescovo o del Segretario della Conferenza episcopale. I giovani partecipanti alla Gmg non arrivano qui per caso ma con una forte motivazione di fede e di comunione”. 

Stretta la collaborazione Comitato organizzatore della Gmg e Istituzioni polacche
​Tra le decisioni assunte, in base alla legge polacca anti-terrorismo, anche quella di organizzare un ponte aereo per trasportare eventuali feriti in altri nosocomi qualora non ci fosse disponibilità di posti a Cracovia. A contribuire alla sicurezza dei pellegrini ci saranno 10mila poliziotti dell’area di Cracovia e di altri presidi oltre a migliaia di soldati. Tra loro anche artificieri che ispezioneranno gli oltre 240 ettari del Campus Misericordiae che sarà dotato di tre pali di illuminazione e un numero elevato di generatori elettrici. 

L'impegno dell'esercito polacco al servizio dei giovani
Secondo quanto riferito da Marek Pietrzak, del Comando generale delle Forze armate polacche, saranno disponibili due elicotteri medici e due aerei C-295 M dotati di unità intensive. L’esercito fornirà, inoltre, tende e coperte e 10 camion cisterna con una capacità di 10mila litri ciascuno garantiranno acqua ai pellegrini. 360 i militari che aiuteranno i servizi civili nel gestire il traffico durante la Gmg, 200 quelli impegnati nella distribuzione del cibo, 100 costruiranno infrastrutture di fortuna per l’evento e 150 sosterranno gli agenti di polizia in altri compiti. 

Per i controlli di sicurezza impiegati anche i cani
​Infine saranno circa 750 i soldati polacchi e stranieri che parteciperanno alla Gmg come pellegrini. Oltre 100 cani aiuteranno la Polizia polacca nei controlli di sicurezza della Gmg. Saranno utilizzati per scovare potenziali esplosivi nei luoghi visitati da Papa Francesco e dai giovani pellegrini. (R.P.)

inizio pagina

Usa: card. O'Malley contro la retorica politica anti-musulmana

◊  

La retorica anti-musulmana di alcuni politici negli Stati Uniti rischia solo di dividere la Nazione. A lanciare il monito è il card. Sean O’Malley, preoccupato dalle ripetute dichiarazioni incendiarie del candidato repubblicano Donald Trump contro musulmani e immigrati.

È molto facile fomentare il risentimento contro alcuni gruppi
“È molto facile fomentare il risentimento e gettare ogni colpa su alcuni gruppi di persone”, ha detto domenica alla Radio-televisione irlandese (Rte) l’arcivescovo di Boston,  che si trova in questi giorni in Irlanda per la ridedicazione della Basilica di Knock appena restaurata.  “Penso che l’immigrazione sia un tema molto importante che richiede molta riflessione. C’è bisogno di persone con buon senso che si mettano attorno ad un tavolo per discutere cosa è meglio per il bene comune. Tutti noi - ha aggiunto - abbiamo bisogno di leggi sull’immigrazione giuste e di trattare l’immigrazione in un modo che non sia disumano”.

I cattolici seguano l’invito del Papa a rafforzare il dialogo con i  musulmani
Il cardinale, che attualmente presiede la nuova Pontificia Commissione per la Tutela dei minori istituita da Papa Francesco, si è detto anche preoccupato  che il nuovo attacco terroristico del 14 luglio a Nizza possa contribuire a fare di tutti gli islamici un capro espiatorio e ha quindi esortato i cattolici a seguire l’invito di Papa Francesco a rafforzare il dialogo con i  musulmani.

Il terrorismo e l’immigrazione accendono la campagna elettorale
Le notizie da Nizza hanno riacceso i toni della polemica politica nella campagna elettorale americana. Il candidato dei Repubblicani Donald Trump ha nuovamente attaccato il Presidente Obama e la candidata democratica Hillary Clnton per l’eccessiva timidezza sul terrorismo. Il magnate, che in passato ha promesso bombardamenti a tappeto, tortura e ritorsioni “contro i familiari dei terroristi”, continua a cavalcare le paure dell’opinione pubblica, chiedendo di fermare i profughi provenienti da “nazioni terroriste”. (L.Z.)

inizio pagina

Primo congresso eucaristico in Pakistan: appello a sentirsi Chiesa

◊  

Un appello ai cattolici che si sono allontanati dalla loro Chiesa ha concluso il primo Congresso eucaristico, tenuto a Islamabad. "La gente – spiega all'agenzia AsiaNews padre Yousaf Amanat, parroco della Madonna di Fatima, che ha ospitato i due giorni del congresso - dice che la preghiera è ciò che conta di più, qualunque Chiesa si frequenti. I pastori protestanti stanno attraendo molti cattolici, speriamo di contrastare questa tendenza attraverso maggiore consapevolezza”.

Alla Messa conclusiva del Congresso più di 1.500 fedeli
"Si può diventare parte della famiglia di Gesù solo ricevendo la comunione. Il Santo Sacramento vi darà un senso di appartenenza", ha detto il vescovo Rufin Anthony di  Islamabad-Rawalpindi che domenica scorsa ha concelebrato la Messa conclusiva dell’incontro, presenti più di 1500 fedeli, in maggioranza giovani. La Messa di apertura, il giorno precedente, era stata guidata dal vescovo Joseph Arshad di Faisalabad.

La Chiesa cattolica in Pakistan è stata a lungo alle prese con un calo di fedeli 
Nel 2009, la più grande presenza cattolica era nell'arcidiocesi di Lahore, provincia del Punjab, con 390mila fedeli. Secondo i registri della Chiesa, ci sono 377mila battezzati cattolici della diocesi più antica, nonostante il tasso di crescita della popolazione sia dell’1,89%.

L'importanza di capire il senso dell'Eucarestia
​Il vescovo di Faisalabad spera che l'iniziativa del primo Congresso eucaristico avrà un seguito nei prossimi mesi. "I cristiani – dice ad AsiaNews - sono minoranza e hanno bisogno di aiuto per mantenere forte la loro fede tra pregiudizi e discriminazioni. L’Eucaristia è il tema centrale della nostra preghiera, ma molti ancora non ne capiscono il significato. Stiamo sollecitando un rapporto più forte con Gesù attraverso la preghiera a livello individuale, familiare ed ecclesiale. Seminari simili saranno condotti nelle parrocchie, a livello diocesano e nazionale”. (K.C.)

inizio pagina

Oxfam: Paesi più ricchi accolgano un maggior numero di rifugiati

◊  

“I sei Paesi più ricchi nel mondo – Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito – pur contribuendo per più della metà all’economia globale, ospitano solo l’8,88% dei rifugiati. Mentre altri sei Paesi, ben più poveri ma vicini alle peggiori aeree di crisi, si stanno facendo carico del 50,2% dei rifugiati e richiedenti asilo di tutto il mondo”. Sono alcuni dei dati - riferisce l'agenzia Sir - diffusi ieri da Oxfam, attraverso il report “La misera accoglienza dei ricchi del mondo” che – si legge in una nota – “rivela come l’anno scorso le sei economie più grandi del pianeta hanno ospitato complessivamente 2,1 milioni di rifugiati e richiedenti asilo. Un dato molto inferiore alla risposta di Giordania, Turchia, Libano, Sud Africa, Pakistan e Territorio Palestinese Occupato, – che pur rappresentando meno del 2% dell’economia mondiale – ne hanno accolti oltre 11,9 milioni”. 

I Paesi più ricchi devono fare di più
“L’Italia – prosegue la nota – pur impegnata in prima linea con 134.997 persone ospitate (lo 0,6% del totale) è ancora lontana dalle cifre raggiunte dalla Germania nell’ultimo anno, che in controtendenza ha infatti aperto i propri confini a 736.740 persone, aumentando il numero di rifugiati accolti”. Per la presidente di Oxfam Italia, Maurizia Iachino, “i Paesi più poveri stanno facendosi carico di garantire protezione e sicurezza, ma anche i Paesi più ricchi devono fare di più. Siamo di fronte a una sfida complessa che richiede una risposta globale ben coordinata e responsabilità condivise”.

Campagna Oxfam “Stand As One, insieme alle persone in fuga”
In vista dei summit che si terranno in settembre a New York “per definire come far fronte alla crisi migratoria globale” Oxfam ha lanciato la petizione “Stand As One, insieme alle persone in fuga” con cui chiede ai leader mondiali che “i Paesi più ricchi accolgano un maggior numero di rifugiati, aumentando sostanzialmente gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo” e che “tutti i Paesi che ospitano persone in fuga siano messi nelle condizioni di dare loro aiuto e protezione e garantire loro accesso all’istruzione e al lavoro” rispettando “i diritti umani di tutti i migranti, a prescindere dal loro status giuridico”. (R.P.)

inizio pagina

Filippine. Card. Tagle: essere misericordiosi come il Padre

◊  

Non essere ansiosi di condannare gli altri, ma piuttosto trovare “un dono” in ogni persona: questa l’esortazione del card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, nella Messa per la terza Conferenza sulla Nuova evangelizzazione nelle Filippine. L’evento si è concluso domenica scorsa, nella capitale del Paese ed è stato incentrato sul tema della misericordia, in concomitanza con il Giubileo straordinario.

Dio non condanna nessuno, ma cerca la salvezza di tutti
“Bisogna essere attenti – ha sottolineato il porporato – perché le persone che desideriamo emarginare potrebbero essere un dono di Dio, e i doni non vanno buttati via, bensì apprezzati”. Quindi, esortando i fedeli ad essere “misericordiosi come Gesù nei confronti di Giuda”, “la pecora smarrita”, l’arcivescovo di Manila ha ribadito che “c’è speranza anche in chi ha tradito”, perché “Dio non condanna nessuno, piuttosto cerca la salvezza di tutti gli uomini”.

Cristiani siano segni di misericordia
In quest’ottica, i cristiani sono stati invitati a “diventare segni non di dannazione, ma di misericordia e di amore”, per “aiutare coloro che il mondo non considera”. Infine, il card. Tagle si è soffermato sulla questione dei rifugiati, ribadendo che spesso tali persone sono vittime di situazioni che non hanno creato, ma che subiscono.

I nove anni per la Nuova Evangelizzazione
​Da ricordare che la prima Conferenza delle Filippine sulla nuova evangelizzazione si è tenuta nell’ottobre 2013, sempre a Manila. Il secondo incontro, invece, si è svolto nel maggio 2015 a Pasay City. Entrambi gli eventi, così come quello appena concluso, si inseriscono nell’ambito dei “Nove anni per la Nuova Evangelizzazione”, promossi dalla Chiesa filippina in vista del quinto centenario dell’evangelizzazione del Paese, che ricorrerà nel 2021. (I.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 201

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.