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Sommario del 26/07/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francia: attacco a chiesa, sgozzati prete e fedele. L'Is rivendica

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Sono stati uccisi dalle teste di cuoio i due uomini che stamattina, in Francia, in una chiesa nei pressi di Rouen, in Normandia, avevano preso in ostaggio alcune persone, due delle quali sgozzate, l'anziano parroco, morto subito, e un fedele in pericolo di vita. Lo Stato islamico, riferisce l'agenzia Aamaq, ha rivendicato l'attacco, compiuto, afferma l'Is, da due 'soldati' del gruppo. Francesca Sabatinelli: 

Hanno sgozzato il sacerdote e un altro parrocchiano prima di essere neutralizzati e quindi uccisi dalle forze speciali, i due assalitori che questa mattina tra le 9 e le 9.30, armati di coltelli, avevano preso in ostaggio, oltre al prete, almeno 4 fedeli, tra loro due suore nella chiesa di  Saint-Etienne du Rouvray, dove erano entrati dalla porta posteriore durante la Messa mattutina. Il parroco è morto subito, mentre l'altro ostaggio lotta tra la vita e la morte in ospedale. Le notizie sono ancora molto confuse, a dare un bilancio è stato l'arcivescovo di Rouen, mons. Dominique Lebrun, che da Cracovia, dove si trova per la Gmg, ha diffuso una nota in cui parla di tre vittime "padre Jacques Hamel di 84 anni e gli autori dell'assassinio". L'indicibile accade, ha inoltre aggiunto mons. Lebrun, che nel pomeriggio lascerà la Polonia per rientrare in Francia. A Cracovia si trova anche mons. Stanislas Lalanne, vescovo di Pontoise, nella regione dell'Île-de-France. Manuella Affejee lo ha raggiunto telefonicamente:

"Je suis a Cracovie avec tous les jeunes…
Io mi trovo a Cracovia con i giovani per la Gmg. Siamo arrivati ieri e non abbiamo ancora molte informazioni. Siamo completamente sconvolti. Insieme a tutti i giovani, con tutto il cuore, siamo in preghiera con la comunità parrocchiale, con tutta la diocesi di Rouen e con le famiglie di quanti sono stati coinvolti in questo dramma terribile. Una follia omicida! Non sappiamo ancora quali siano i motivi, ma per questo non c’è un motivo, non c’è una ragione: è inaccettabile! Faccio fatica a trovare le parole...". 

Secondo le prime ricostruzioni, i due uomini entrando in chiesa avrebbero invocato 'Daesh', che in arabo indica l'Is, gridando inoltre 'Allahu Akbar'. Uno dei due uomini avrebbe avuto la barba e in testa la 'chachia', il tradizionale berretto di lana indossato soprattutto in Tunisia. L'antiterrorismo ha aperto un'indagine, uno dei due assalitori, notizia di stampa non confermata dalle autorità, sarebbe stato schedato con la lettera 'S', che indica gli individui potenzialmente radicalizzati a rischio di passare all'azione. L'abate Philippe Maheut è il vicario generale dell'arcidiocesi di Rouen, intervistato da Manuella Affejee:

R. – Le père Jacques Hamel, il était prêtre sur la paroisse depuis dix ans ; …
Il padre Jacques Hamel era nella parrocchia da dieci anni; aveva 84 anni ed era “prete ausiliare”. Abitava vicino alla chiesa nella quale è stato ucciso.

D. – Immagino quanto viva possano essere vivi il dolore e l’emozione in questo momento …

R. – On sent une très très forte émotion qui …
L’emozione è molto, molto forte e supera perfino il perimetro di sicurezza nel quale mi trovo ora, perché le operazioni di polizia non sono ancora del tutto concluse. Ci sono tanti appelli di preti che ovviamente vivono questo evento come una ferita nella loro carne, di parrocchiani, di comunità religiose … Il primo impulso è quello di pregare. Stiamo aspettando anche il ritorno del nostro vescovo che era andato alla Gmg e che tornerà con il primo aereo del pomeriggio per sostenere la comunità parrocchiana e diocesana. Però, rilanciamo il dialogo incessante che ci impegniamo a mantenere con tutte le comunità che vivono da noi e che diventa ora un’urgenza ancora maggiore …

Il presidente Francois Hollande, nel frattempo giunto a Rouen, ha condannato l'ignobile assalto alla chiesa, parlando di "minaccia elevata" e di due individui che hanno agito "in nome dell'Is". "Ci troviamo ancora una volta di fronte a una prova. E' una guerra da condurre con tutti i mezzi nel rispetto dei diritti" ha aggiunto, ricordando che i "terroristi vogliono dividerci".

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Papa: dolore e orrore per attacco a chiesa in Francia

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Dolore e orrore del Papa per quanto accaduto oggi in Francia, un anziano sacerdote e un fedele sgozzati da due uomini armati di coltello in una chiesa della Normandia. In un telegramma a firma del cardinal segretario di Stato Pietro Parolin, inviato all’arcivescovo Rouen, mons. Dominique Lebrun, il Papa si dice "sconvolto da questo atto di violenza" compiuto nel corso di una Messa, che è "azione liturgica che implora da Dio la sua pace per il mondo", e prega il Signore "di ispirare a tutti pensieri di riconciliazione e fraternità in questa nuova prova". Ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi: 

"E’ una nuova notizia terribile, che si aggiunge purtroppo ad una serie di violenze che in questi giorni ci hanno già sconvolto, creando immenso dolore e preoccupazione. Seguiamo la situazione e attendiamo ulteriori informazioni per comprendere meglio ciò che è avvenuto.

Il Papa è informato e partecipa al dolore e all’orrore per questa violenza assurda, con la condanna più radicale di ogni forma di odio e la preghiera per le persone colpite.

Siamo particolarmente colpiti perché questa violenza orribile è avvenuta in una chiesa, un luogo sacro in cui si annuncia l’amore di Dio, con la barbara uccisione di un sacerdote e il coinvolgimento dei fedeli. Siamo vicini alla Chiesa in Francia, alla Arcidiocesi di Rouen, alla comunità colpita, al popolo francese".

Da parte sua, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha manifestato la sua partecipazione alla “grande prova che la comunità cattolica della Francia vive oggi” ed esprime “la sua comunione spirituale e la sua solidarietà nella speranza”.

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Arcivescovo di Rouen: sconvolto, ma non lasciamoci vincere dall'odio

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L’arcivescovo Rouen, mons. Dominique Lebrun, ha appreso la notizia dell’attacco contro una Chiesa della sua Diocesi a Cracovia, dove era con i suoi giovani per l’apertura della Gmg. Sconvolto, ha ovviamente deciso di tornare nella sua città. Manuella Affejee lo ha raggiunto telefonicamente per chiedergli cosa pensi di fare adesso:

R. – C’est de crier vers Dieu et appeler tout le monde à prier vers Dieu …
Vorrei gridare a Dio e chiedere a tutti di pregare Dio, non solo ai credenti ma a tutti! Mi trovavo nella piazza centrale di Cracovia, in quella bella atmosfera di gioia, di incontro e fratellanza. Anche se in questo momento sembra difficile dire una cosa del genere, è in realtà la risposta giusta al terrorismo, la risposta giusta all’omicidio, quella di riunirsi e vivere la fratellanza e l’incontro tra i popoli … So che è difficile, ma i giovani lo sanno fare, i giovani vogliono farlo!

D. – Questo il messaggio che vuole dare ai giovani che ha accompagnato fino a Cracovia e che ora deve lasciare … Qual è stata la reazione dei giovani?

R. – Nous avons fait mémoire du père Popieluszko, du bienheureux père Popieluszko …
Noi abbiamo il ricordo di padre Popieluszko, del Beato padre Popieluszko: tre giorni fa eravamo sulla sua tomba con i nostri pellegrini di Rouen. Padre Popieluszko è stato assassinato nel 1984 sotto il regime comunista; abbiamo visto le immagini del suo corpo con i segni della violenza e della barbarie, nella certezza che il segno della croce è un segno di giustizia e di amore. Noi vogliamo stare dalla parte dell’amore. Credo che i giovani, che pure erano sotto shock e che ho visto con le lacrime agli occhi, decideranno di non vendicarsi …

D. – Cosa può dirci di padre Jacques Hamel?

R. – C’était 84 ans – c’est tout dire … C’était un homme qui était toujours au service …
Aveva 84 anni – è tutto dire … Era un uomo sempre disponibile, era nella parrocchia di Saint Etienne de Gouvray che avevo appena visitato; amava le persone che aveva intorno, aveva donato la vita a Dio e agli altri e l’ha fatto fino alle estreme conseguenze.

D. – Cosa fare adesso? Cosa chiederà alle autorità?

R. – Nous allons prier et continuer à prier…
Preghiamo e continueremo a pregare: ci rinsalderemo nella preghiera. Le autorità fanno quello che devono fare e bisogna rendere omaggio alle forze di sicurezza per il loro servizio: sono sottoposte a gravi prove … Allo stesso tempo, non vogliamo chiedere allo Stato una protezione particolare; lo Stato deve assumersi le proprie responsabilità, ma io non voglio pensare di pregare con le guardie intorno: non è possibile e soprattutto non si fa in Francia. Le chiese sono sempre aperte e questo deve continuare.

D. – Mons. Lebrun, vuole aggiungere qualcosa ancora?

R. –  C’est un appel que je lance à tous les hommes de bonne volonté …
Un appello a tutti gli uomini di buona volontà: non fate di tutta l’erba un fascio, vivete nell’amore che non chiede vendetta …

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Strage di disabili in Giappone: il dolore del Papa

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Grande dolore il Papa ha espresso per la strage avvenuta stamani in Giappone, in un centro per disabili a Sagamihara, a circa 40 km a sud ovest di Tokyo, dove un uomo armato di coltello ha ucciso almeno 19 persone, ferendone oltre 40, alcune in modo grave.

In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, inviato all’arcivescovo di Tokyo Peter Takeo Okada, Papa Francesco esprime la sua vicinanza a quanti sono stati colpiti da questa tragedia, assicura le sue preghiere per le vittime e per la guarigione dei feriti. Quindi, in questo momento difficile, invoca la benedizione divina di pace e riconciliazione sulla nazione giapponese.

Autore del massacro è un giovane 26enne, che fino allo scorso febbraio aveva lavorato nel centro e poi era stato licenziato. "Voglio liberare il mondo dai disabili", avrebbe detto l'aggressore che, secondo altre fonti, proponeva l'eutanasia per i portatori di handicap. L’allarme è scattato intorno alle 2.30 del mattino ora locale, quando dalla clinica che ospita 160 pazienti è partita la chiamata con richiesta di soccorso. Il killer dopo una breve fuga si è costituito in una stazione di polizia poco lontana dal luogo del massacro. L’arma con cui ha compiuto il delitto è stata ritrovata nella sua auto.

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Papa: cari giovani restiamo uniti perché la Gmg porti frutto

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Tutto pronto a Cracovia per l’arrivo, domani, di Papa Francesco, che in un tweet lanciato dal suo account @Pontifex scrive: "Cari giovani, rimaniamo uniti nella preghiera perché questa GMG sia ricca di frutti spirituali. Ci vediamo domani". Una visita lungamente attesa, in occasione della 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù nel Giubileo della Misericordia. Per la prima volta, il Pontefice argentino sarà nella terra natale di San Giovanni Paolo II. E proprio a Karol Wojtyla “artefice delle Gmg” sarà dedicata la cerimonia di apertura dell’evento con la Messa presieduta, stasera, dal cardinale arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz. Il servizio del nostro inviato in Polonia, Alessandro Gisotti: 

“Bisogna portare al mondo il fuoco della misericordia”. L’esortazione di San Giovanni Paolo II torna oggi a risuonare nella sua Cracovia. Proprio all’iniziatore, l’artefice della Gmg, è infatti dedicata – alla vigilia dell’arrivo di Papa Francesco in terra polacca – la cerimonia d’apertura della 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù incentrata sul tema “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia”. Prima della grande Messa celebrata dallo storico segretario di Karol Wojtyla, l’arcivescovo di Cracovia Stanislaw Dziwisz, si svolgerà un suggestivo pellegrinaggio della “Fiamma della Misericordia” che da Łagiewniki, luogo che richiama immediatamente Santa Faustina Kowalska, arriverà al grande parco di Błonia, nel centro di Cracovia, dove verrà appunto celebrata la Messa d’inizio della Gmg.

Nel suo percorso, la fiamma della misericordia toccherà tutti i luoghi significativi della vita di San Giovanni Paolo II dalla chiesa di San Floriano dove fu giovane sacerdote alla Cattedrale sulla Collina del Wawel che, dal 1963 al 1978, fu la “sua” chiesa quando era pastore dell’arcidiocesi di Cracovia. Alla Messa – in cui si prevede la partecipazione di oltre 500 mila giovani – saranno presenti, come è tradizione, i simboli della Giornata Mondiale della Gioventù: la Croce e l’Icona della Madonna Salus Populi Romani, mentre alcuni giovani indosseranno le magliette con i loghi delle scorse edizioni delle Gmg. La città, con i suoi lunghi viali e grandi parchi, è già invasa pacificamente da una moltitudine di ragazzi festosi, mentre per garantire la sicurezza degli eventi le autorità hanno previsto lo schieramento di 40 mila membri delle forze dell’ordine. Con la cerimonia d’apertura di stasera si farà dunque visibile quel “mosaico di misericordia e armonia” di cui Francesco ha parlato pochi giorni fa nel videomessaggio alla Polonia. Un mosaico che domani, con l’arrivo del Papa, si arricchirà di una tessera fondamentale in questo Anno Santo che proprio a Cracovia, “capitale della divina misericordia”, vivrà il suo Giubileo dei Giovani.

Grande, ovviamente, il risalto che tutti i media polacchi riservano alla visita imminente di Francesco, dieci anni dopo il viaggio apostolico di Benedetto XVI e 14 anni dopo l’ultima visita di Karol Wojtyla nella sua Polonia, visitata ben 9 volte durante il suo Pontificato. In qualche modo, il 15.mo viaggio apostolico internazionale di Papa Bergoglio si declina in tre dimensioni: oltre agli eventi della Gmg, infatti, emerge l’incontro del Papa con la Chiesa e la nazione polacca, nel 1050.mo anniversario del Battesimo della Polonia, e naturalmente la visita ad Auschwitz-Birkenau, contrassegnata dal silenzio e dalla preghiera. Un momento toccante, per il quale il Pontefice ha chiesto il “dono delle lacrime”, e che si preannuncia tra le tappe più significative non solo di questo viaggio, ma di tutto il Pontificato di Papa Francesco.

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Card. Dziwisz: Gmg sia segno di pace e di unità per il mondo

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A Cracovia si registra un entusiasmo crescente pari alla folla di giovani che continua a raggiungere la città della Giornata mondiale della gioventù. L'arcivescovo che apre oggi il raduno, il cardinale Stanislaw Dziwisz, auspica che la Gmg sia un grande segno di unità e di pace per il mondo. Le sue parole nell’intervista del nostro inviato, Alessandro Gisotti

R. – È una grande gioia. I giovani hanno risposto positivamente all’invito di Papa Francesco di venire qui a Cracovia, in Polonia. Per la prima volta, forse, arriveranno persone da tutti i Paesi del mondo, Paesi di cui non si conoscono nemmeno i nomi. Ma sono venuti, per la prima volta, da tutto il mondo. Ricordiamo che 25 anni fa a Czestochowa, per la prima volta, sono venuti i giovani dell’Est: erano in 200 mila da Russia, Ucraina. Per la prima volta questo raduno a Czestochowa era a livello internazionale. Adesso ancora di più. Cosa cercano i giovani? Cercano lo stare insieme, condividere la stessa fede, l’allegria e vogliono pregare tanto. Questo è interessante: insieme, vogliono pregare sulla base della fede comune, dell’allegria e della gioia di essere cristiani.

D. – Molti dicono che questa è la Gmg dei due Papi; ovviamente di Papa Francesco che ha convocato i giovani di tutto il mondo qui, ma anche di San Giovanni Paolo II. Colpisce veder che in ogni angolo di una strada che si gira c’è un’immagine, un ricordo di Karol Wojtyla. Che cosa rappresenta per lei vedere questa Gmg che ha un Papa qui ed uno che dal Cielo benedice questi giovani?

R. – Sulle fotografie non c’è Papa Francesco, perché lui non desidera questo, così come sulle medaglie. Papa Giovanni Paolo II non può proibire questo. Non può! Ma vogliamo mostrare due grandi Apostoli della Misericordia, perché nessuno sapeva che proprio queste giornate sarebbero cadute nell’Anno della Misericordia. Così anche lungo le strade, c’è immagine degli Apostoli: Faustina e Giovanni Paolo II.

D. – Lei prima faceva riferimento a quella Gmg di Czestochowa, dove per la prima volta i giovani di un mondo che era separato hanno potuto finalmente unirsi ai giovani dell’altra parte del mondo. Anche oggi il mondo vive tante divisioni, anche l’Europa negli ultimi mesi vive momenti anche di terrore e di violenza. Che segno può dare allora una Gmg come questa, proprio in questo momento?

R. – Io spero che possa essere un grande segno che parte dai giovani, uniti; dai giovani che vogliono la pace e che vivono con grande solidarietà e simpatia. Penso che da qui debba partire un grido per la pace e la buona convivenza  tra i popoli e le nazioni. È interessante: prima della Seconda Guerra Mondiale Gesù Cristo è apparso a suor Faustina dicendo che il mondo non avrebbe avuto la pace se non si fosse volto alla Misericordia. Adesso, di nuovo, questa devozione cresce in tutto il mondo. In che modo il Signore vorrebbe mostrare la strada? Volete la pace? Rivolgetevi alla Misericordia. Il nostro desiderio per compiere la volontà di Gesù, è dare alla gioventù che viene il fuoco della Misericordia, cioè il fuoco della pace e della convivenza pacifica tra i popoli e le nazioni.

D. – Si chiede sempre cosa dà il Papa, cosa danno vescovi ai giovani. Che cosa pensa che invece i giovani, anche in questa Gmg, daranno alla Chiesa, anche al Papa, a lei, ai pastori della Polonia ma di tutto il mondo che sono qui e li accompagnano? Si dice addirittura che mai dopo il Concilio Vaticano c’è stato un evento che ha potuto riunire un così grande numero di vescovi …

R. – Spero in un risveglio nella Chiesa. La Chiesa, soprattutto nei diversi Paesi, deve svegliarsi perché da parte dei giovani arriva il grido. Noi vogliamo una Chiesa autentica, povera e un grido per tornare all’autenticità della Chiesa dei primi secoli.

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Gmg. I giovani: qui c'è un fuoco che trasforma il cuore

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Mentre l’Europa inanella quotidiane notizie di orrore, Cracovia si pone sempre più come contraltare di fraternità: decine di migliaia di giovani che scelgono di lanciare dalla Gmg uno stesso messaggio di pace, anche se le lingue che lo formulano sono diverse. È quanto afferma Paola, giovane colombiana del team organizzativo della Giornata mondiale della gioventù, intervistata da una delle nostre inviate, Helene Destombes:

R. – Malgré les différences culturelles et de langue, il y a un même esprit…
Nonostante le differenze culturali e linguistiche, c’è uno stesso spirito: il sogno, il desiderio di partecipare a questa Giornata. Cracovia è una città molto, molto cattolica e credente. Per esempio, alla Messa domenicale ci sono tanti, tanti giovani e credo che questa sia una cosa che la Polonia può insegnare a noi tutti: il modo dei giovani di avvicinarsi a Dio. Io credo che qui ci sia un fuoco che trasforma il cuore, come recita la preghiera ufficiale della Giornata. Tutti questi giovani verranno per illuminare il loro spirito e il loro cuore”.

Anche una giovane di Cuneo, volontaria nel comitato organizzatore del raduno di Cracovia, sottolinea al microfono dell’inviato Alessandro Gisotti la forza di coinvolgimento di una Gmg, che spinge spesso a fare in seguito delle forti scelte di vita e di impegno:

“Io ho partecipato come pellegrina alla Gmg di Madrid:  Per me è stato un momento bellissimo! La mia fede è cresciuta molto e ho avuto l’occasione di incontrare altre persone da tutto il mondo… Ho imparato, più che altro a pregare, ecco... Ho iniziato a impegnarmi anche di più in parrocchia e ho deciso di fare questo servizio perché altri giovani possano vivere se non la stessa esperienza, almeno una esperienza bella come la mia. Come dire? E’ la convinzione che non si è mai soli davvero. Qui ci siamo ritrovati tutti insieme, senza conoscersi: ma siamo cresciuti, siamo diventati una vera famiglia”.

Nelle parole di una giovane palestinese, intervistata da Helene Destombes, si coglie l’entusiasmo delle decine di migliaia di giovani che stanno affollando Cracovia:

R. – En fait, moi je suis venue ici pour voir le Pape François pour participer…
In realtà, sono venuta qui per vedere Papa Francesco e per partecipare a questo Anno giubilare della Misericordia, e anche per condividere momenti forti della fede con altri giovani.

D. – Il tema della Gmg è quello della misericordia, e per questo si parla molto di riconciliazione. Dialogo e riconciliazione : cosa significano per te?

R. – C’est super génial de voir des gens qui donnent leur…
E’ fantastico che ci siano persone che danno la propria vita per salvarne altre, come ha fatto San Massimiliano Kolbe e che proprio in questo Anno Santo testimoniano della misericordia di Dio…

D. – Qual è il messaggio che vorresti trasmettere a Papa Francesco?

R. – Qu’il a choisi vraiment un bon thème pour l’Année de Miséricorde…
Che il tema scelto per l’Anno della Misericordia è veramente bello: abbiamo veramente bisogno di misericordia, quest’anno, in particolare se guardo al mio Paese, alla Palestina che soffre molto a causa della guerra…

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Comastri: figli preghino per la santità dei genitori

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La Chiesa fa memoria oggi dei Santi Gioacchino ed Anna, genitori di Maria. Diverse le celebrazioni nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano dove, durante il triduo di preparazione, si è pregato particolarmente per la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia e per il viaggio in Polonia di Papa Francesco. A mezzogiorno, nella parrocchia vaticana ha presieduto una Messa il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano. Tiziana Campisi gli ha chiesto di parlarci di questi due santi: 

R. – Non abbiamo grandi notizie storiche su Gioacchino ed Anna, però la grande notizia è Maria! E una figlia fa necessariamente riferimento ai genitori. Io mi sono sempre chiesto: dove possiamo trovare, nei Vangeli, qualcosa che rimandi ai genitori di Maria? E prendo due momenti. L’Annunciazione: Maria era giovanissima, possiamo pensare fosse intorno ai 16-17 anni, non di più. Dopo l’Annuncio dell’Angelo, dopo questa proposta sensazionale che era il compimento di tutte le profezie che Maria conosceva, Maria senza esitazione dice: “Eccomi! Sono la schiava!”, perché la traduzione esatta è questa… “Sono la schiava del Signore. Avvenga di me secondo la Tua Parola”: cioè “Mi porti dove vuole il Signore”. Certamente in questa risposta di Maria ha agito la grazia di Dio, ma certamente c’è anche l’educazione ricevuta in famiglia, c’è il clima di fede che Maria ha respirato in famiglia, l’educazione all’ascolto che era tipica della famiglia israelitica. E Maria questo lo ha vissuto, prima di tutto, in famiglia. Un altro momento, in cui io vedo certamente l’influsso del clima di fede che Maria ha respirato in famiglia: dopo l’Annunciazione Maria, senza esitazione, si mette in viaggio e va da Elisabetta, va a servire. Sicuramente lo stile del servizio lo aveva imparato in casa.

D. – La parrocchia di Sant’Anna in Vaticano si è preparata alla festa di oggi con un triduo, dedicando le preghiere alla Giornata mondiale della Gioventù e al viaggio che il Papa si appresta a compiere. Come accompagnare Papa Francesco?

R. – Lo accompagniamo con la nostra preghiera, non c’è dubbio. Ogni viaggio del Papa è una missione e quando il Papa va in missione ci va a nome di tutta la Chiesa, porta con sé tutta la Chiesa e in modo particolare quando il Papa va in mezzo ai giovani, che sono il futuro del mondo e il futuro della Chiesa. Madre Teresa diceva: “La segnaletica della felicità oggi è tutta sbagliata!”. Perché la segnaletica del mondo e dei media soprattutto dice ai giovani: “Fate soldi, cercate divertimenti e sarete felici”. Non è vero! E lo dimostra l’inquietudine della gioventù, la stanchezza della gioventù, la droga e la droga non è altro che un tentare di uscir fuori, andar via, da una situazione in cui uno sta male. “La segnaletica della felicità è tutta sbagliata!”. E il Papa va a Cracovia, va in mezzo ai giovani, per dare una segnaletica giusta. E siccome il Papa va nella terra di Giovanni Paolo II, mi sembra bello ricordare le parole che Giovanni Paolo II disse a Toronto, nel 2002, a conclusione della Giornata mondiale della Gioventù; disse allora ai giovani ed io ero presente e le ricordo ancora con emozione quelle parole: “Non siate come le lumache che lasciano dietro di sé soltanto la scia della bava: basta una pioggerella e cancella tutto… Lasciate dietro di voi un solco di bene”. Ed aggiunse queste parole bellissime: “Solo così sarete felici!”. E Madre Teresa aggiungeva: “La felicità si trova non con i soldi, non con i divertimenti, ma si trova facendo del bene”. E aggiunge ancora Madre Teresa: “Io sfido chiunque, non troverete mai un egoista felice. Uscendo dall’egoismo si incontra Dio e la firma dell’incontro con Dio è la gioia”.

D. – I giovani, oggi, cosa possono chiedere ai Santi Gioacchino ed Anna?

R. – Dovrebbero chiedere, in modo particolare, il dono di santi genitori. Oggi molti figli sono orfani con genitori vivi e Gioacchino e Anna sono sicuramente due splendidi genitori. Io invito tutti i figli a pregare per la santità dei loro genitori, perché i genitori santi, i genitori buoni, i genitori che mandano la luce del Vangelo sono la più grande benedizione della famiglia e sono la vera ricchezza dei figli.

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Vaticano: accordo di copperazione tra Aif e Banca d'Italia

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L’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) e la Banca d’Italia hanno concluso un accordo di cooperazione finalizzato a facilitare, su base di reciprocità, lo scambio di informazioni in materia di vigilanza finanziaria. “L’accordo – riferisce una nota pubblicata dalla Sala Stampa vaticana - consente ad entrambe le Autorità di ampliare i canali informativi per vigilare sui rapporti tra gli intermediari italiani e gli enti che svolgono professionalmente attività di natura finanziaria nello Stato della Città del Vaticano. Sono state previste, tra le altre, clausole sulla riservatezza e sull’utilizzo delle informazioni. Questo accordo di cooperazione segue quello già siglato tra l’AIF e l’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) per l’Italia nel 2013 per la collaborazione nella prevenzione e nel contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo”. L’accordo è stato firmato, per l’AIF, dal presidente René Brülhart e dal direttore Tommaso Di Ruzza; e per la Banca d’Italia, dal governatore Ignazio Visco e dal capo del Dipartimento Vigilanza, Carmelo Barbagallo.

“L’accordo stabilisce un canale istituzionale per lo scambio di informazioni tra l’AIF e la Banca d’Italia, che rafforza ulteriormente la cooperazione bilaterale tra Santa Sede e Italia nella comune lotta contro gli illeciti di natura finanziaria” ha affermato il presidente dell’AIF, Brülhart. “Si tratta di un importante passo con il quale le due Autorità di vigilanza potranno monitorare le relazioni tra i rispettivi enti vigilati, favorendo la trasparenza delle attività e la stabilità dei due sistemi finanziari, obiettivi cruciali considerato anche l’attuale scenario europeo e internazionale”, ha affermato il direttore dell’AIF, Di Ruzza.

L’AIF è l’Autorità competente della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano per la vigilanza e regolamentazione finanziaria e per l’intelligence finanziaria, istituita da Papa Benedetto XVI il 30 dicembre 2010 e consolidata da Papa Francesco con lo Statuto del 15 novembre 2013.

L’AIF ha sinora siglato accordi di cooperazione con le Autorità di vigilanza di vari Stati esteri, fra i quali Brasile, Germania, Lussemburgo, Polonia e Stati Uniti d’America. Nella funzione di Autorità competente per l’informazione finanziaria, è nel “Gruppo Egmont” dal 2013 e ha siglato accordi di cooperazione con le Unità di Informazione Finanziaria (UIF) di vari Stati esteri, fra i quali Albania, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cipro, Cuba, Francia, Germania, Italia, Lichtenstein, Lussemburgo, Malta, Principato di Monaco, Norvegia, Paesi Bassi, Paraguay, Perù, Polonia, Regno Unito, Romania, San Marino, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d’America, Sud Africa, Svizzera, Ungheria.

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A mons. Palombella e al Coro della Sistina l'ECHO Klassik 2016

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Il Coro della Cappella Musicale Pontifica Sistina e il suo direttore, mons. Massimo Palombella, sono stati insigniti dell’“ECHO Klassik”, uno dei più importanti riconoscimenti internazionali nel campo della musica classica, fondato nel 1994. A essere premiata in qualità di “Coir Performance of the Year” è stata l’opera “Cantate Domino”, il primo Cd registrato nella Cappella Sistina per la prestigiosa etichetta della “Deutsche grammophon”.

Ad aggiudicarsi, assieme al Coro della Sistina, l’edizione 2016 del Premio sono stati anche alcuni dei massimi protagonisti della scena artistica, come il pianista russo Grigory Socholov e il violinista israeliano di origine polacca Pinchas Zuckerman. Come “Singer of the Year” premiata il soprano russo Anna Netrebko per la sua esecuzione del “Macbeth” di Giuseppe Verdi.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Di fronte al male".

Mille anni trubolenti e gloriosi: Stanislaw Gadecki, arcivescovo Poznan e presidente della Conferenza episcopale della Polonia.

Un articolo del cardinale arcivescovo Stanislaw Dziwisz dal titolo Ritorno all'inizio": a Cracovia dove Karol Wojtyla animò le prime esperienze pastorali con i giovani.

Abraham Skorka sul silenzio di Aushcwitz.

Il compositore che visse due volte: Gregorio Moppi su Domenco Zipoli, musicista in carriera nella Toscana del Settecento e gesuita in missione nel Nuovo Mondo.

Lo sguardo della fanciulla: Fabrizio Bisconti illustra la ricca decorazione dell'ipogeo di via Dino Compagni a Roma.

Contrasti e affinità elettive: Gabriele Nicolò sull'amicizia tra James Joyce e Italo Svevo.

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Oggi in Primo Piano



Attacco al Shabaab in Somalia. Bono: jihadisti cercano consensi

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Almeno 13 persone sono morte a causa dell’esplosione di due autobombe guidate da kamikaze stamani nei pressi dell'aeroporto di Mogadiscio, in Somalia. Tra le vittime, anche agenti della sicurezza che si trovavano in un checkpoint preso di mira dagli attentatori, non lontano dal quartier generale delle Nazioni Unite. L'attacco è stato rivendicato dagli estremisti islamici al Shabaab, che nel 2011 hanno perso il controllo della capitale, riconquistata dalle forze dell’Amisom, la forza dell’Unione Africana per la Somalia. Giada Aquilino ne ha parlato con Anna Bono, profonda conoscitrice delle dinamiche africane: 

R. – Gli al Shabaab, che ormai sono stati estromessi dalla capitale e da vaste estensioni del territorio somalo, soprattutto dalle principali città, continuano a essere in grado di colpire con attentati terroristici e di colpire anche – e questo è l’aspetto più preoccupante – nelle zone controllate e messe in sicurezza dalle truppe somale e dell’Unione Africana, prendendo di mira addirittura le basi stesse dell’Ua con atti clamorosi.

D. – A cosa puntano?

R. – L’obiettivo è quello di sempre: destabilizzare e creare – lo stiamo vedendo non soltanto in Somalia, ma nel resto dell’Africa subsahariana e purtroppo anche in Europa – quello che il terrorismo mira a fare: panico nella popolazione, insicurezza, sfiducia nelle istituzioni che dovrebbero proteggere i cittadini e quindi, nel caso della Somalia, continuare la lotta contro il governo somalo.

D. – In un momento in cui il sedicente Stato islamico rivendica azioni anche non direttamente organizzate dai gruppi jihadisti ma da simpatizzanti, come sta succedendo pure in Europa, c’è il timore che agli al Shabaab, da sempre vicini ad Al Qaeda, continuino ad affiancarsi altre realtà estremiste?

R. – Da mesi ormai circolano notizie di una secessione in questo senso. Mentre la maggior parte al Shabaab continua a essere legata ad al Qaeda, corre voce che dal 2015 una parte dei combattenti si sia alleata con lo Stato islamico: questo non migliora minimamente la situazione perché proprio nel contesto africano queste due forze, al Qaeda e Stato islamico, agiscono anche per contendersi il consenso della popolazione, il sostegno di nuovi aderenti. Quindi, dimostrazioni di forza hanno la funzione non solo di destabilizzare, di creare panico e insicurezza, ma anche di suscitare consenso e quindi nuove adesioni.

D. – Le autorità locali di fatto che poteri hanno?

R. – Il governo somalo è debolissimo. Non esisterebbe neanche se non fosse protetto e finanziato dalla comunità internazionale. La stessa Unione Africana, che è la responsabile della missione di pacificazione in Somalia, è finanziata dall’Unione Europea. Tanto più che anche su questo fronte stanno arrivando delle notizie poco piacevoli. L’Unione Africana ha annunciato proprio in questi giorni di pensare di metter fine alla missione nel 2020. La componente maggiore, che è quella dei militari ugandesi, dovrebbe andarsene entro un anno. In più una serie di scandali ha colpito i militari della missione, accusati provatamente di sottrarre materiale militare e di altro tipo dai magazzini per rivenderlo alla popolazione civile, forse agli stessi jihadisti, agli stessi al Shabaab. È una situazione veramente molto delicata in cui ovviamente, come sempre, a farne le spese sono i civili.

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Turchia, ancora licenziamenti di massa

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In Turchia, dopo il fallito golpe dei giorni scorsi la risposta del presidente, Recep Tayyip Erdogan, è stata contro tutti coloro considerati complici di Fethullah Gulen, ritenuto la mente del tentato colpo di stato. L'epurazione ha toccato anche l'ambito religioso islamico: sono circa 500 i funzionari della Diyanet, la presidenza turca per gli affari religiosi, a essere stati licenziati. Intanto, il 9 agosto si terrà il primo incontro di riconciliazione tra il presidente Erdogan e il suo omologo russo Vladimir Putin, dopo l’abbattimento di un aereo militare russo al confine con la Siria, da parte delle forze armate di Ankara. Gioia Tagliente ne ha parlato con il giornalista Camille Eid, esperto di mondo islamico: 

R. – Riguardo proprio all’Ufficio Diyanet, il motivo è ovviamente sempre quello: di essere parte e di far parte della rete di Fettulah Gulen. Chiaramente, adesso questo numero di circa 500 funzionari rappresenta solo una minima parte dei 100 mila funzionari alle dipendenze di questo Ente. Rappresenta però solo la punta di un iceberg, perché c’è sicuramente in atto una islamizzazione voluta da Erdogan già da qualche anno e questo lo si denota anche con i suoi discorsi, che sono sempre più infarciti di citazioni coraniche. Quindi, probabilmente ci saranno altre persone licenziate se Erdogan intenderà portare avanti questo suo progetto di re-islamizzazione della politica turca.

D. – Chi è Fettulah Gulen? Come un uomo dagli Stati Uniti può influenzare così tante menti in Turchia?

R. – E’ vero che sta lontano, ma è anche che gode di una rete fatta di scuole, di fondazioni, di associazioni. E dai numeri delle chiusure o delle sospensioni che abbiamo potuto costatare negli ultimi giorni si parla di 943 scuole private, tra cui 157 solo per il distretto di Istanbul. Si tratta di una rete abbastanza vasta.

D. – Qual è il messaggio di Gulen? Cosa si insegna in queste scuole?

R. – Un islam aperto alla modernità, in sintonia con la laicità dello Stato, oppure quello che vuole fare un uso strumentale della religione: ho letto delle interviste fatte a questo personaggio e conosco anche la realtà italiana legata a questo movimento e devo dire che, da parte loro, non ho mai notato un aspetto radicale o fondamentalista. Vivono la religione come una esperienza personale, aperta alla modernità, aperta anche agli altri. Hanno prestato anche aiuto, secondo la testimonianza di un mio caro amico, a persone rifugiate, senza nemmeno chiedere quale fosse la loro appartenenza religiosa o politica…

D. – Come mai così tanti giornalisti e rettori sono stati cacciati per inserire poi nuovi insegnanti? Qual è la strategia?

R. – Quella di rimpiazzare coloro che danno fastidio con gente votato proprio all’ideologia di Stato. Questo fa parte del progetto globale di Erdogan di assoggettare tutte le voci che stonano nel suo cammino. Quello che mi meraviglia è che i partiti di opposizione, dopo il golpe, non abbiano osato alzare la voce per contrastare –  so che i numeri non li hanno – o almeno per dire che questo corso è contro la democrazia, è contro lo stato di diritto, è contro ogni eventuale avvicinamento della Turchia all’Europa.

D. – Ultime notizie dicono che il 9 agosto si terrà un incontro tra Russia e Turchia, un tentato processo di riconciliazione. Lei cosa ne pensa?

R. – Ho delle perplessità perché è ormai dal novembre del 2015, quando è stato abbattuto il jet militare russo che c’è stata la rottura delle relazioni tra i due Paesi. E' benvenuto ogni passo di riconciliazione e di riavvicinamento tra Russia e Turchia, che hanno poi interessi comuni molto consistenti. Quello che mi lascia un po’ perplesso è che sono volate accuse molto pesanti da parte della Russia. Ankara è stata accusata di intrattenere traffici petroliferi e di legare con l’Is, un responsabile del Ministero della difesa aveva addirittura mostrato in una conferenza stampa le rotte usate dai turchi per inviare armi e munizioni all’Is. Quindi, un riavvicinamento deve considerare anche queste accuse che sono state fatte, perché altrimenti ogni riferimento etico nella politica salta. Quindi, devono dirci ora se quelle accuse corrispondono alla verità e in tal caso spiegare come ci si possa riavvicinare ad uno Stato che fa così, oppure se non siano vere.

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Convention democratica: aprono Michelle Obama e Bernie Sanders

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Al via a Filadelfia la convention democratica che designerà ufficialmente Hillary Clinton come candidata del partito alle prossime elezioni presidenziali dell’8 novembre. A dominare la prima giornata l’intervento di Michelle Obama e le proteste nei confronti di Bernie Sanders, dopo il suo endorsement all’ex segretario di Stato. Il servizio è di Eugenio Bonanata: 

Una vera e propria ovazione ha accompagnato l’intervento di Michelle Obama. “C’è solo una persona in cui credo per la presidenza. Questa è Hillary Clinton”, dice davanti all’assemblea. Parole che però smorzano solo parzialmente la tensione all’interno del partito democratico. A confermarlo i fischi all’indirizzo di Sanders, il candidato sconfitto alle primarie, contestato per aver affermato dal palco che adesso la priorità è battere Trump. I  suoi sostenitori minacciano nuove proteste per le strade di Filadelfia dopo lo scandalo delle email pubblicate da wikileaks. È emerso che vertici del partito hanno sabotato la campagna di Sanders a vantaggio di Clinton, la quale, attraverso il suo staff, accusa la Russia di aver provocato tutto questo per favorire Trump. Intanto, mentre la Clinton incassa l’endorsement dell’ex sindaco di New York, Bloomberg, arriva un nuovo sondaggio della CNN che vede il candidato repubblicano in vantaggio di 5 punti.

Sull’appuntamento Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Giampiero Gramaglia, consigliere per la comunicazione dell’Istituto Affari Internazionali: 

R. – Le polemiche che si sono state alla vigilia si sono, in fondo, rivelate un petardo bagnato, perché che l’establishment democratico, che il partito sostenesse la Clinton rispetto a Sanders lo sapevano tutti e nessuno ne aveva mai fatto mistero. Il fatto di vederlo sciorinato in 20 mila messaggi che Vikileaks ha pubblicato può avere, forse, turbato soprattutto i sostenitori più accaniti – i cosiddetti “sanderistas” - del senatore del Vermont, ma non sembra aver ulcerato lo stesso senatore. Quindi la convention sembra ora lanciata su quel binario di sostegno unitario da parte del Partito Democratico a Hillary Clinton, che è uno degli elementi di differenza rispetto, invece, alle divisioni emerse nella convention repubblicana la scorsa settimana e non tanto per  quello che è successo alla convention quanto nelle assenze alla convention: non c’era praticamente nessuno dei presidenti repubblicani e dei candidati alla presidenza repubblicana dal 1988 ad oggi, tranne Bob Dole, candidato sconfitto nel 1996.

D. – Per Clinton, quindi, l’unità non è un grande problema, secondo te?

R. – L’unità del partito non è un problema per la Clinton e lo resta per Trump. Il sostegno degli elettori è un’altra cosa: la Clinton deve conquistare, per esempio, il voto dei sostenitori di Sanders, anche se ha l’appoggio di Sanders; ma il vera ….. della Clinton sono non dico gli errori, ma le posizioni stesse di Trump, che alienano a Trump intere fette del potenziale elettorato americano.

D. – Quali sono i punti di forza della Clinton rispetto a Sanders?

R. – Senz’altro la Clinton ha una storia personale che la rende più credibile e più affidabile come leader e presidente di quanto non fosse Sanders, che non ha - nel suo passato - nessuna esperienza internazionale e in realtà nessuna esperienza di gestione della cosa pubblica, perché è sempre stato un legislatore nell’Assemblea del Vermont e in quella nel Congresso nazionale. Però la Clinton ha saputo prendere da Sanders alcuni elementi della piattaforma elettorale – per esempio il diritto di accesso all’Università, alcuni elementi della sanità, della spesa pubblica, del diritto del salario minimo – che hanno spostato a sinistra la sua piattaforma e l’hanno resa più accettabile, meno segnata dalla consuetudine con la finanza e con la consuetudine del potere di quanto non fosse all’inizio.

D. – Cosa chiede l’elettorato democratico?

R. – L’elettorato democratico chiede, in primo luogo, continuità con la presidenza di Barak Obama; continuità in economica per mantenere il segno della crescita e l’occupazione su livelli molto elevati, perché la disoccupazione è su livelli storicamente minimi; chiede probabilmente continuità anche in politica estera, per tenere gli Stati Uniti il più possibile, almeno militarmente al di fuori dalle tensioni che vi sono in varie parti del mondo; forse, in politica estera, chiede alla Clinton maggiore assertività di quella mostrata da Obama e forse, nel quadro dell’economia globale, è tentata da maggior protezionismo di quello che non abbia praticato Obama.

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S. Patrignano: cannabis di Stato aumenterà consumi e affari

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Legalizzare la cannabis in Italia: il dibattito svoltosi ieri alla Camera, tra fautori e contrari, entra nel vivo dell’opinione pubblica, dopo il rinvio alle Commissione Giustizia e Affari sociali - deciso dall’Aula di Montecitorio - del disegno di legge (ddl), firmata da 221 deputati di maggioranza e opposizione, allo scopo di ricercare a settembre una maggioranza che ne assicuri l’approvazione. Tra i pareri assolutamente contrari quelli di associazioni e comunità per il recupero dei tossicodipendenti, tra cui il Centro italiano di solidarietà-Ceis, la Comunità Giovanni XXIII e la Comunità di San Patrignano. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Ogni adulto potrà coltivare fino a 5 piante di Cannabis e detenere 15 grammi in  privato e 5 in esterno del prodotto ottenuto. E si si potranno anche associare fino a 50 coltivatori. Basterà fare una comunicazione ai monopoli di Stato, riferimento per coltivare, preparare e vendere i prodotti derivati dalla cannabis. Resta proibito lo spaccio, ma si potrà cederne gratis ad altri per consumo personale. Antonio Tinelli, responsabile del Comitato sociale di San Patrignano

R. – Siamo assolutamente contrari non per una posizione ideologica, filosofica e concettuale, ma per una conoscenza del tema, specifica ed approfondita, e con una esperienza di 40 anni. Tutti i ragazzi che sono arrivati a San Patrignano, con un disagio problematico da dipendenza di droga, hanno cominciato utilizzando proprio queste cosiddette ‘droghe leggere’, che non lo sono assolutamente! Sono, invece la porta di ingresso, l’accesso primario al mondo del disagio, della tossicodipendenza. Quindi tutti hanno cominciato così! Nell’ultimo anno ne sono arrivati dieci con una dipendenza esclusiva e problematica da cannabis, quindi da hashish e da marijuana. I Paesi che hanno condotto, in Europa, una politica liberale e tollerante nei confronti di questa sostanza, ne hanno fatto risultare una diffusione elevatissima: la Spagna è la prima in Europa ed ha una legislazione molto, molto simile a quella che è stata presentata ieri in Parlamento. Altrettanto si può dire per la criminalità organizzata che ha fatto registrare in Spagna – pensate! – 172 mila chili di sequestri di cannabis nel 2015. Quindi è assolutamente un falso ideologico dire che con la legalizzazione si arresta la criminalità organizzata, in relazione allo spaccio di droga o che si limita la diffusione di droga eliminando il tabù. Piuttosto la liberalizzazione fa sì che ci sia una maggiore offerta sul mercato, una diminuzione dei prezzi e purtroppo una esplosione dei consumi.

 D. – La legge prevede che chiunque possa coltivare la cannabis senza autorizzazioni, esclusi i minori; ma senza poi prevedere alcun controllo… Che cosa potrà accadere?

 R. – Una deriva valoriale ed etica pericolosissima! Sarebbe davvero il preludio di una tragedia annunciata: nel senso che coltivare le cosiddette ‘piantine’ di cannabis, in realtà significa avere una produzione di arbusti alti due metri, di uno-due chili di marjuana per ogni pianta. Quindi stiamo parlando di un utilizzo improprio, grammaticale del lessico: utilizzare il termine di ‘piantina’ è già per noi abominevole; autorizzare poi questo tipo di coltivazione in maniera indiscriminata inevitabilmente aumenterà la diffusione e l’uso, mettendo in serio pericolo i più giovani, soprattutto i più indifesi, specie i minori.

 D. – Ecco, ci si chiede quali interessi possano essere dietro la legalizzazione ovvero chi è che potrà poi beneficiarne?

 R. – A nostro avviso l’interesse più immediato, che dal punto di vista economico questo ddl potrebbe far perseguire allo Stato è quello di fare cassa a spese delle famiglie e a spese dei più giovani e dei ragazzi. Fare cassa è risollevare le sorti del Pil. Ma sarebbe un provvedimento miope e ottuso che, in realtà, porterebbe nell’immediato un aumento dei flussi di cassa, ma successivamente ne pagheremmo uno scotto sociale davvero troppo pesante, in termini di spese sanitarie, di spese legali, di pericolosità sociale, di proporzioni davvero immense.

 D. – Fare cassa in che modo?

 R. – Il ddl prevede il monopolio nella gestione della vendita di cannabis al pubblico alla stessa stregua di quanto è successo per il gioco d’azzardo. Ricordo che il gioco d’azzardo, dalla legalizzazione ad oggi, è diventato una piaga sociale ed è cresciuto del 90 per cento in Italia, tanto da farci predisporre ad aiutare anche le tante famiglie e le tante persone che vivono questo ulteriore disagio, che si è veramente diffuso e propagato dalla sua legalizzazione in poi! Il vantaggio immediato che ne trae lo Stato e le casse dello Stato viene inevitabilmente pagato in termini sociali dai cittadini.

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Solar Impulse, aereo completa giro del mondo senza carburante

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Sospeso in aria per più 40 mila chilometri, il Solar Impulse, l’aereo spinto solo da energia solare, completa una storica impresa per l’umanità, effettuando il giro del mondo senza l’utilizzo di carburante. Questo speciale aereo, in poco più di 16 mesi, con 500 ore di volo attraverso quattro continenti, ridisegna gli schemi della civiltà tecnologica che per due secoli ha ruotato intorno ai combustibili fossili. L’ideatore del progetto, l’esploratore e medico svizzero Bertrand Piccard, ha pilotato l'aereo nell'ultimo tratto del viaggio. Ad alternarsi con lui ai comandi è stato il compatriota Andrè Borschberg, diventato il primatista del volo in solitaria con la tappa sul Pacifico di 8.924 chilometri in poco meno di cinque giorni e cinque notti. Il Solar Impulse ha dunque scritto un capitolo importantissimo per l'aviazione. Piccard è diventato il primo pilota che abbia mai fatto la trasversata dell'Atlantico con un velivolo a energia solare. Mario Pagliario, ricercatore chimico al Cnr e docente di nuove tecnologie dell'energia al Polo Fotovoltaico della Sicilia, è intervenuto al microfono di Michele Ungolo: 

R. - Rappresenta una pista tecnologica che dimostra come l’energia solare sia in grado di essere immagazzinata e rilasciata lentamente per tutti gli usi necessari. In questo caso l’energia solare accumulata durante il giorno in batterie a ioni litio e viene rilasciata durante il volo notturno. Ricordiamo che questo aeroplano ha attraversato addirittura l’Oceano Pacifico; non è stato un viaggio semplice, ma il risultato conseguito è  veramente epocale.

D. - Alle fonti energetiche fossili si deve sicuramente l’aumento della popolazione mondiale e il suo relativo benessere, ma le conseguenze sull’impatto ambientale non sono da trascurare …

R. - Non lo sono affatto e soprattutto oggi possiamo serenamente affermare di avere intrapreso un percorso che ci porterà nel giro di pochi anni a liberarci da questa dipendenza. L’Italia è un grande Paese industriale; nel mese di giugno sono stati generati 11,3 miliardi di kilowattora dalle fonti rinnovabili e solo 11,1 miliardi dalle fonti fossile. È la prima volta che accade. Se può farlo un grande Paese industriale possiamo ben immaginare che anche un Paese in via di sviluppo, dove la domanda di elettricità è molto inferiore, potrebbe fare altrettanto.

D. - Dopo questo risultato del Solar Impulse l’energia solare ritrova la sua lucentezza; è da ritenersi indispensabile come fonte di energia dalla quale attingere in futuro?

R. - Senz’altro perché è libera, disponibile gratuitamente e soprattutto il suo costo, attraverso la tecnologia del fotovoltaico, è ormai paragonabile alla fonte fossile più economica che è il carbone. Lo hanno ben compreso molti Paesi del mondo come la Cina e l’India, dove le istallazioni crescono a ritmi impressionanti anno dopo anno e proprio da quei Paesi possiamo aspettarci un contributo decisivo che ci porterà nel giro di pochi anni a liberarci dalla dipendenza dalle fonti fossili in generale.

D. - L’Unione Europea ha promesso il suo impegno nell’accelerare le transizioni energetiche. Questo è un passo importante?

R. - Lo è perché è stata l’Unione Europea, sono stati la Germania prima e l’Italia dopo, a mostrare al mondo, attraverso un sistema di incentivazione chiamato conto energia, che era possibile far scendere il prezzo di questi pannelli fotovoltaici a un livello che nessuno onestamente si sarebbe aspettato. Oggi i pannelli fotovoltaici vengono commercializzati ad un prezzo inferiore ai 50 centesimi di dollaro, di euro, a watt. È un prezzo così basso che consente di fare delle offerte; i kilowattora vengono venduti a due o tre centesimi di dollaro o di euro. Questo mostra che l’energia solare è già una fonte non solo liberamente disponibile, è quasi gratuita, ma praticamente ha un costo paragonabile a quello delle tecnologie convenzionali.

D. - Fonti come petrolio, carbone e gas sono da sempre nell’occhio del ciclone. Ancora oggi c’è una dura lotta per questa fonte di ricchezza. L’energia solare è passata dunque in secondo piano solo perché non produce ricchezza, o meglio, ne riduce anche i costi?

R. - Nel mondo è in corso un vero “solar boom”: tutti i Paesi sia quelli a forte industrializzazione  - che come gli Stati Uniti, il Regno Unito, la stessa Italia, la Germania hanno conosciuto e conoscono un’enorme quantità di fotovoltaico istallato nei loro Paesi - sia Paesi in via di sviluppo. Oggi possiamo tranquillamente affermare che l’energia solare è il nostro futuro comune dal punto di vista energetico. Mi consenta dire, sono un chimico, il grande Mendeleev disse questo allo zar: “Bruciare il petrolio con tutte le cose utili che ci si possono fare è come bruciare questa banconota di dieci rubli”. Questo significava che bruciare degli idrocarburi dai quali è possibile ottenere materiali e sostanze di enorme utilità e trasformarli in anidride carbonica ed energia non è esattamente la cosa più intelligente che possiamo fare. 

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Sulla Via Francigena, cresce il fenomeno del pellegrinaggio

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Cresce, sempre più, in Italia il fenomeno del pellegrinaggio fra percorsi naturalistici che disegnano la bellezza di un Paese che non ha mai smesso di raccontarsi. Ottomila chilometri di vie che si intersecano fra loro, dalla Puglia alla Valle d’Aosta, dall’alto Brennero fino alla città di Roma. Sulla scia del rinomato percorso spagnolo “il Cammino di Santiago”, dove quest’anno sono previsti 300 mila pellegrini, l'Italia si prepara ad accogliere centinaia di "camminatori", provenienti da tutto il mondo, che riscopriranno il valore di un cammino che sin dal Medioevo conduce alla tomba di San Pietro. Tra le tappe più ambite la Francigena detiene, con i suoi 1.015 km, la leadership dei percorsi più frequentati e gode oggi del titolo di Itinerario culturale europeo. Michele Ungolo ha intervistato la scrittrice Roberta Ferraris, esperta di questo itineriario e autrice di alcune guide che aiutano il pellegrino ad affrontare al meglio il percorso sulla via Francigena: 

R. – Una guida era necessaria. Forse una guida ufficiale arriva addirittura anche un po’ tardi, visto che il percorso c’è da molti anni. È proprio qualcosa che mancava per chi cammina e per il pellegrino. Era giunto il tempo.

D. - La Via Francigena da percorrere in bicicletta o a piedi …

R. - La guida per la bicicletta c’era già da qualche tempo. L’avevo scritta nel 2010. I percorsi sono leggermente diversi; il percorso ciclabile evita tutte le parti di sentiero, scalette, per fare in modo che il ciclista non debba dover scendere dalla bici. Quindi, i percorsi sono leggermente diversi, ma le tappe sono le stesse, si toccano le stesse località.

D. - Quanto può durare un percorso a piedi o in bicicletta?

R. - La Via Francigena a piedi ha mediamente delle tappe anche abbastanza lunghe; ci sono alcune tappe di 30 km e forse qualcosa si più. Sono tappe decisamente lunghe; questo è dovuto al fatto che non ovunque c’è ancora una recettività capillare. L’ideale sarebbe che ci fossero, ma chiaramente ci si arriverà con il tempo ad avere strutture ricettive ogni 15 km circa. Questo consentirebbe veramente a tutti di fare la Francigena, perché 15 km sono veramente alla portata di tutti, si fanno nell’arco di una giornata camminando 4 o 5 ore, forse 6 se si va piano. In questo momento alcune tappe sono un po’ più impegnative. È chiaro che con l’allenamento si arriva a farle. Per quanto riguarda il pellegrinaggio in bicicletta, ho studiato un percorso in cui si facevano tappe di 40-50 km, non più di 60, anche se un ciclista allenato riesce a fare anche il doppio. In questo modo, però, non vede niente.

D. - Uno dei pellegrinaggi più conosciuti è sicuramente il Cammino di Santiago, la cui meta di arrivo, Santiago di Compostela, registra un forte numero di camminatori. Può verificarsi anche in Italia questo fenomeno di  massa?

R. - Personalmente penso di no per diversi motivi. La Via Francigena è un pochino più impegnativa dal punto di vista dei dislivelli; è un po’ più cara perché ancora non si è dotata di quella recettività più spartana; non ha percorsi diversi: in Italia sono molto più articolati, c’è una maggiore diversità di paesaggio e c’è molta più urbanizzazione. Francamente non so se la Via Francigena possa competere in termini di numeri con il Cammino di Santiago. Il bello della Via Francigena è anche questo: i numeri ancora limitati ma crescenti, consentono di apprezzare la solitudine, i paesaggi vuoti, il cammino di un giorno senza incontrare nessuno.

D. - Per vivere un’esperienza più intensa è preferibile affrontare il viaggio da soli?

R. - Diciamo che la Via Francigena è uno di quei viaggi a piedi, che si può tranquillamente fare da soli. Chi vuole mettersi alla prova, mettersi in cammino e dare uno stacco alla vita quotidiana, alla routine, può farlo da solo perché il percorso è segnato. Adesso esiste anche una guida affidabile e poi perché in qualche modo è un ambito protetto, in quanto il pellegrino viene riconosciuto come tale, praticamente da tutti. Già da qualche anno quando si incontra qualcuno nei paesi, si riesce subito ad indentificarli come pellegrini e questo porta a buoni rapporti con le persone che si incontrano. La Via Francigena non è un posto pericoloso.

D. - Quali sono i consigli per chi vuole intraprendere questo cammino?

R. - Innanzi tutto allenarsi un po’, ma questo solamente per non avere il trauma nei primi giorni con l’acido lattico nei muscoli e avere energie e la forza poi di contemplare, di vedere le cose, di vivere il percorso in serenità e non con i problemi fisici. È necessario fare uno zaino molto leggero. Bisogna veramente lasciare a casa il superfluo. Infatti, il viaggio a piedi sembra un esercizio in cui si rinuncia al superfluo e si scopre quante sono le cose superflue: sono davvero tante …

D. - Il governo ha deciso di stanziare 60 milioni per migliorare la rete stradale …

R. - Il lavoro che va fatto e che in parte è già stato fatto in molti tratti, è quello della messa in sicurezza. Dove la via incontra la strada asfaltata – capita molto di frequente, perché spesso si arriva nelle città – sono utili attraversamenti pedonali e piste ciclopedonali protette dove si attraversano strade frequentate anche dalle automobili. La sicurezza del pellegrino deve essere la cosa a cui si pensa di più.

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"Music for Mercy", concerto al Foro Romano

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Per il Giubileo della Misericordia appuntamento stasera alle 21 a Roma, al Foro Romano, con il concerto “Music for Mercy”, promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi, dal Teatro dell’Opera di Roma, dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale romano e l’Area Archeologica di Roma. Il concerto celebra la musica come linguaggio universale che unisce tutti i popoli nel segno della misericordia e vede la partecipazione di artisti dei diversi continenti e diverse religioni. Luca Collodi ha chiesto a mons. Liberio Andreatta, vicepresidente e amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, perché la scelta di un sito così particolare come il Foro Romano: 

R. – Particolare perché avviene in un luogo che è il centro e il cuore di tutta la storia, dal periodo dell’Età del Ferro di Remo e Romolo fino al periodo repubblicano, imperiale e cristiano. In quel sito – il sito in cui si svolgerà il concerto, che si trova di fronte al Carcere di San Pietro in cui c’è l’immagine della Madonna della Misericordia e in cui Pietro è stato carcerato, quindi un luogo di sofferenza – si ricordano le Opere di misericordia corporale, ma credo sia soprattutto una grande testimonianza nei confronti anche dei carcerati, perché nel concerto ci saranno rifugiati e carcerati. Lì c’è, proprio di fronte, il Crocefisso dei Carcerati. Quindi, fa memoria storica di tutto il cuore dell’uomo e soprattutto del cuore della cristianità.

D. – Un luogo che attraversa i secoli e che stasera unisce i popoli grazie alla musica…

R. – Sì, la musica è proprio quell’elemento che rende in maniera profonda la bellezza di un Dio che ama, di un Dio che è misericordioso. Credo che cantare la misericordia con la musica sia l’espressione più bella e che sia al di là e al di sopra delle divisioni, delle differenze di religione, di cultura, di storia: unisce i popoli, unisce gli uomini, unisce tutti coloro che lavorano e credono nel valore della pace, della solidarietà e del rapporto e del dialogo fra gli uomini e le culture.

D. – Mons. Andreatta, non si tratta però un concerto-spettacolo…

R. – No. C’è  una presenza viva e il fatto, come dicevo prima, che siano presenti i carcerati di Rebibbia, che siano presenti i rifugiati della Siria – quindi le fasce deboli – rende ancora più vivo, ancora più reale e più solidale questo momento. Loro infatti avranno i primi posti: saranno i benvenuti, come Papa Francesco ci invita a fare ogni giorno, a non escludere nessuno, ad avere attenzione per i più deboli, per i più poveri, per i più soli, per le persone che sono meno fortunate. Ecco, questa sera ci sentiremo tutti insieme, uniti da queste parole: “speranza”, “non abbiate paura”, “pace”, “amore” e cioè “bellezza”.

D. – Cosa prevede la serata?

R. – La serata sarà caratterizzata da una serie di interventi e di canzoni. Per l’Italia ci sarà Bocelli, ci sarà Carly Paoli... Ci saranno molte testimonianze. C’è il mondo universale: dall’Oriente all’America Latina, all’Africa, all’Europa, all’Oceania. Saranno presenti, in maniera universale, ebrei, musulmani, cristiani, buddhisti… Ci sarà una coralità stasera, lì, attraverso il canto, attraverso le testimonianze della parola e soprattutto la musica.

D. – Mons. Andreatta, i Fori sono un palcoscenico particolare ma delicato: si poteva trovare un’altra collocazione per il concerto preservando i resti archeologici dallo stress della folla?

R. – E’ un’opinione che va indubbiamente rispettata. Però, non possiamo fare del nostro passato un “museo a porte chiuse”. Noi non possiamo pensare che le pietre siano morte: le pietre sono vive, le pietre parlano attraverso i secoli e le sue trasformazioni.  Proprio perché è un luogo delicato, proprio perché è un luogo particolare, si incarna molto quello che è il valore della misericordia. Certo, sono state adottate tutte le misure di massima attenzione e sicurezza per cui nemmeno un filo d’erba è stata toccato, perché tutto è stato ricoperto e rivestito. Ma se dovessimo interpretare la nostra storia e il nostro passato come un museo chiuso, nel quale si vive solo un fatto di conservazione, allora non abbiamo capito niente, né dei beni ambientali né dei beni archeologici. I beni archeologici sono pietre vive che continuano a parlare, che continuano a vivere e dentro i quali si incontrano gli uomini con le proprie problematiche. Stasera, con questo concerto proprio in quel luogo così particolare come i Fori, facciamo vivere quei luoghi perché è un anno particolare, perché è un momento particolare di violenza, di guerre, di attentati. Vogliamo dire che sappiamo custodire e rispettare anche la fragilità, sappiamo – nella fragilità e nel luogo dedicato – convivere e condividere un’esperienza forte come il concerto di questa sera.

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Nella Chiesa e nel mondo



Iniziative dei vescovi contro le violenze razziali nel Paese

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Una speciale task force per promuovere la pace e la riconciliazione tra comunità che vivono situazioni di tensione razziale e una Giornata nazionale di preghiera in tutte le diocesi del Paese da tenersi il 9 settembre prossimo. Sono le due iniziative messe in cantiere dalla Conferenza episcopale statunitense (Usccb) di fronte ai recenti sanguinosi episodi di violenza e di tensione tra comunità afroamericane e Forze dell’ordine accaduti a Baton Rouge, Minneapolis e Dallas, con numerose vittime da entrambe le parti. Situazioni che nelle ultime settimane hanno fatto ripiombare il Paese in quel clima odio e di vendetta, già drammaticamente sperimentato negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso durante le battaglie per i diritti civili.

Il gruppo di lavoro presieduto da mons. Wilton Daniel Gregory
Il gruppo di lavoro, che sarà presieduto dall’arcivescovo afro-americano di Atlanta, Wilton Daniel Gregory, già presidente della Usccb dal 2001 al 2004, sarà composto stabilmente da cinque presuli e potrà contare anche sulla collaborazione e la consulenza di esperti laici oltre che del cardinale arcivescovo di Galveston-Houston, Daniel N. Di Nardo, vice presidente dell’episcopato, e dei presuli le cui diocesi sono state particolarmente interessate da episodi di violenza. La Commissione, come spiega il sito della Usccb, avrà lo scopo di “aiutare i vescovi ad affrontare direttamente questi problemi difficili, in modi diversi: attraverso l’individuazione e la dissuasione delle buone pratiche; l’ascolto delle preoccupazioni dei membri delle comunità coinvolte e delle forze dell’ordine; la creazione di relazioni solide per aiutare a prevenire e risolvere i conflitti”.

Costruire ponti di comunicazione tra le comunità
Le iniziative annunciate vogliono rispondere all’esigenza evidenziata l’8 luglio scorso dal presidente della Usccb, mons. Joseph Edward Kurtz, di trovare nuove forme per accompagnare e aiutare le comunità locali alle prese con violenze a sfondo razziale:  “Ho sottolineato la necessità di guardare verso altri modi di coltivare un dialogo aperto, onesto e civile sulle questioni delle relazioni tra etnie, la giustizia, la salute mentale, le opportunità economiche, e affrontare la questione della violenza armata”, ha spiegato l’arcivescovo Kurtz, per il quale sia la celebrazione della giornata di preghiera, sia il gruppo di lavoro “aiuteranno a progredire in questa direzione”. L’auspicio è quello di contribuire a “consolidare la pace e costruire ponti di comunicazione e di aiuto reciproco nelle nostre comunità”.

La giornata di preghiera per la pace del 9 settembre
La giornata di preghiera per la pace, come accennato, si terrà il 9 settembre, giorno in cui si celebra la memoria liturgica di san Pietro Claver, gesuita del 17.mo secolo, evangelizzatore degli afroamericani e strenuo loro difensore di fronte alla tirannia dei mercanti di schiavi. Tanto da dichiararsi “schiavo degli africani per sempre”. La task force presenterà i risultati del lavoro svolto e fornirà le proprie raccomandazioni per il futuro alla prossima sessione autunnale della Usccb a novembre.

Le tensioni razziali preoccupano anche le organizzazioni ecumeniche
Gli scontri a sfondo razziale e le tensioni etiche – riferisce L’Osservatore Romano – sono stati al centro delle preoccupazioni anche delle organizzazioni ecumeniche statunitensi. In particolare, il Consiglio delle Chiese cristiane (CCC), che conta circa 45 milioni di aderenti, ha confermato che non verrà meno il suo “impegno per il raggiungimento della giustizia razziale, per la prevenzione della violenza armata, per la riconciliazione intercomunitaria. La nostra società ha bisogno di una trasformazione radicale, di abbandonare sospetto e rabbia per abbracciare fiducia e riconciliazione”.

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Colombia: crisi umanitaria per la comunità wayúu

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Le comunità indigene della popolazione wayúu, in Colombia, hanno denunciato la morte di altri bambini a causa di fame, denutrizione e mancanza di tutela sociale a La Guajira. Si tratta, rende noto l’agenzia Fides, di una crisi umanitaria che continua a minacciare la vita di migliaia di persone che risiedono in questa regione del Paese.

Dall'inizio del 2016 morti 40 minori
Sotto accusa, in particolare, il fatto che nonostante la grave crisi che vive la zona, continuano i tentativi di deviare le fonti d’acqua per favorire l’estrazione del carbone. I rappresentanti della comunità "wayuú" hanno dichiarato che dall’inizio del 2016 sono morti oltre 40 minori, e anche che alcuni non sono stati registrati dalle autorità. L’impegno dell’Istituto colombiano per il welfare non sembra sufficiente a evitare che i bambini continuino a morire di fame a La Guajira.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 208

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.