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Sommario del 28/07/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa a Częstochowa: uomo tentato da grandezza, ma Dio chiama i piccoli

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“Dio ci salva facendosi piccolo, vicino e concreto. Essere attratti dalla potenza, dalla grandezza e dalla visibilità, è tragicamente umano, donarsi agli altri nella piccolezza è squisitamente divino”. Così il Papa durante la Messa al Santuario mariano di Jasna Góra a Częstochowa, cuore spirituale della Polonia. La cerimonia, partecipata da oltre 500mila persone e da migliaia di vescovi e sacerdoti, si è svolta in occasione del 1050.mo anniversario del Battesimo del Paese alla presenza delle massime autorità. Francesco ha sostato in preghiera davanti all’immagine della “Madonna nera” alla quale ha affidato il popolo polacco. Il servizio di Paolo Ondarza: 

Dio salva il mondo calandosi nelle vicende di ogni giorno
Non un ingresso trionfale, nessuna manifestazioni imponente. Dio entra nel mondo nel modo più semplice calandosi nelle vicende di ogni giorno: come un bimbo dalla mamma. E’ guardando al volto della Madonna Nera di Częstochowa, alla quale ha donato una rosa d’oro, che Francesco consegna al popolo polacco la sua riflessione sullo stile scelto dal Padre Celeste per rivelarsi al mondo e salvarlo. Il Signore – spiega Francesco –  non ha scelto una posizione di potere, ma si è fatto piccolo, vicino e concreto. Come a Cana di Galilea dove avviene il primo segno compiuto da Gesù:un miracolo semplice, l’acqua cambiata in vino per allietare le nozze di una giovane coppia. Il Signore non mantiene le distanze:

L'uomo è tentato dal potere e grandezza, Dio dimora nella piccolezza
“Essere attratti dalla potenza, dalla grandezza e dalla visibilità è tragicamente umano, ed è una grande tentazione che cerca di insinuarsi ovunque; donarsi agli altri, azzerando le distanze, dimorando nella piccolezza e abitando concretamente la quotidianità, questo è squisitamente divino”.

Il pensiero del Papa ai martiri e testimoni della fede in Polonia
Dio predilige i piccoli – spiega il Papa – essi sono grandi ai suoi occhi; chiama persone semplici, a loro affida la rivelazione del suo nome e i segreti del suo Cuore. Il pensiero di Francesco va ai martiri del popolo polacco, a quanti hanno testimonianto l’amore del Signore nelle grandi prove, agli annunciatori miti e forti della Misericordia come san Giovanni Paolo II e santa Faustina:

"Tramite questi 'canali' del suo amore, il Signore ha fatto giungere doni inestimabili a tutta la Chiesa e all’intera umanità. Ed è significativo che questo anniversario del Battesimo del vostro popolo venga a coincidere proprio con il Giubileo della Misericordia".

Come Dio siamo chiamati a farci prossimi alle fatiche della gente
Il Santo Padre esorta a mettersi alla scuola di Dio che non è un “sovrano distante e potente, non vuole restare su un trono in cielo o nei libri di storia, ma camminare con noi":

“Pensando al dono di un millennio abbondante di fede, è bello anzitutto ringraziare Dio, che ha camminato con il vostro popolo, prendendolo per mano, come un papà col bambino e accompagnandolo in tante situazioni. È quello che, anche come Chiesa, siamo chiamati sempre a fare: ascoltare, coinvolgerci e farci prossimi, condividendo le gioie e le fatiche della gente, così che il Vangelo passi nel modo più coerente e porti maggior frutto: per positiva irradiazione, attraverso la trasparenza della vita”.

Dio - ha proseguito Francesco tra gli applausi -  "è concreto, nasce da una madre, sotto la legge":

“Anche la vostra storia, impastata di Vangelo, Croce e fedeltà alla Chiesa, ha visto il positivo contagio di una fede genuina, trasmessa di famiglia in famiglia, di padre in figlio, e soprattutto dalle mamme e dalle nonne, che bisogna tanto ringraziare”.

Con Maria oltre le ferite del passato, senza cedere a tentazione di imporsi o isolarsi
A Maria, unica “gloria umana”, modello dell’agire di Dio, Colei che prende a cuore i problemi e interviene con la premura di Madre portando “pace in mezzo all’abbondanza del peccato e ai subbugli della storia”, il Papa affida la comunione del popolo polacco a 1050 anni dal suo Battesimo:

“Il cammino del vostro popolo ha superato, nell’unità, tanti momenti duri; la Madre, forte ai piedi della croce e perseverante nella preghiera con i discepoli in attesa dello Spirito Santo, infonda il desiderio di andare oltre i torti e le ferite del passato, e di creare comunione con tutti, senza mai cedere alla tentazione di isolarsi e di imporsi”.

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Da Jasna Góra, il Superiore dei Paolini: qui siamo sempre stati liberi

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Sul significato religioso e storico che rappresenta per il popolo polacco il Santuario di Jasna Góra a Częstochowa dove oggi il Papa ha celebrato la Messa solenne per il 1050° anniversario del Battesimo della Polonia, Alessandro Gisotti ha intervistato il superiore generale dei Paolini, la congregazione religiosa custode del Santuario, padre Arnold Chrapkowski

R. – Jasna Góra rimane particolarmente legata alla storia della nostra patria, perciò lo stesso Giovanni Paolo II sottolinea ancora che i polacchi si sono abituati a legare tutte le vicende della loro vita, i diversi momenti, le decisioni importanti a questo luogo. Qui siamo sempre stati liberi. Penso che questa affermazione di Papa Giovanni Paolo II esprima al meglio l’essenza del carisma del Santuario della Nazione, sottolineando anche il ruolo che nella nostra cultura religiosa, nazionale, personale di ogni polacco svolge il culto della Madonna Nera, Regina della Polonia. “Jestem, pamiętam, czuwam” – in italiano: “Sono, ricordo, vigilo” – sono le tre parole chiave che riassumono tutta la realtà di questo luogo sacro, come ha sottolineato Papa Wojtyla.

D. –Qual è ora l’importanza di questa visita di Papa Francesco che è un altro momento della storia della Chiesa e della Polonia che abbiamo appena sentito?

R. – L’Eucarestia celebrata qui da noi per queste due grazie immense: il ringraziamento nazionale per il dono del Battesimo della Polonia nel 966, la Giornata Mondiale della Gioventù. Ha dunque un significato del tutto particolare. Per noi paolini il nostro stare con il Santo Padre ai piedi di Maria ci permette di tornare spiritualmente con lui, con il Papa al Cenacolo, alla comunità degli apostoli riuniti in preghiera con la Madre di Gesù. Quindi il nostro servizio qui a Jasna Góra, così come l’attività che si svolge nei circa 60 monasteri nelle varie parti del mondo, consiste proprio nella preghiera. Papa Francesco tante volte in questi anni ha ricordato la priorità della preghiera e della comunione con Dio in cui risiede la vera fonte e la forza dell’apostolato di ogni persona consacrata.

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Messa alla Gmg: p. Majewski, a colpire il silenzio dei 500 mila

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Al termine della mattinata del Papa in Polonia, caratterizzata dall’affollatissima Messa al Santuario di Jasna Góra a Czestochowa e – prima, a Cracovia – dalla visita di Francesco al Convento delle Suore della Presentazione e, in ospedale, al card. Franciszek Macharski, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Czestochowa il direttore dei programmi della Radio Vaticana, il padre Andrzej Majewski. Al gesuita polacco, che ha concelebrato la Messa ed è al seguito del Papa, ha chiesto una riflessione sulla preferenza di Dio per i piccoli che – ha detto il Pontefice – si oppongono alla superbia della vita: 

R. – Sono parole molto importanti, anche perché – a dire la verità - non tante volte si sentono nella Chiesa. Sono state accolte molto bene dalla gente e questo si sentiva proprio dagli applausi: la Chiesa che torna alle sue origini, la Chiesa che diventa umile, la Chiesa che torna a Gesù Cristo, nato a Betlemme. Questo il messaggio importante e non soltanto per i polacchi, ma per il mondo.

D. – Essere attratti dalla potenza, dalla grandezza, dalla visibilità è una grande tentazione che cerca di insinuarsi ovunque, ha sottolineato il Papa. Ha invitato invece a donarsi agli altri. Che effetto hanno fatto queste parole?

R. – Papa Francesco parla sempre di essere aperti, aprirsi agli altri, donare la vita, darsi e non chiudersi, non farsi autoreferenziali, ma essere disponibili ed aperti ai fratelli.

D. – “L’amore umile ci rende liberi”: come vanno lette queste parole nell’attuale momento che viviamo, contrassegnato dalla violenza terrorista?

R. – La risposta cristiana a ciò che stiamo vivendo rispetto al terrorismo, alla brutalità della vita, è l’unica: è l’amore. Viene dal cuore del Vangelo stesso. E di nuovo la gente ha colto molto bene queste parole, applaudendo il Papa e mi pare vivendole molto profondamente. Non c’è alternativa all’amore: il mondo non trova altra alternativa se non quella cristiana. Era valida una volta ed è valida per sempre.

D. – Nell’anniversario del 1050.mo del Battesimo della Polonia, Francesco ha ricordato che Dio ha camminato con il popolo polacco, prendendolo per mano come un papà con il proprio bambino. Quindi ha esortato ad ascoltare, a lascarci coinvolgere, a farci prossimi…

R. – Queste parole hanno suonato molto fortemente per noi polacchi. Perché leggiamo la nostra storia vedendo proprio come Dio ha agito lungo gli eventi molto concreti e storici della nostra vita. La Polonia è scomparsa dalle carte geografiche per 123 anni e ciò che ci ha permesso di andare avanti e di sentirci nazione è stata proprio la fede, la fede nella Provvidenza di Dio. Sono considerazioni molto bene accettate dai polacchi, perché proprio così stiamo vivendo tutto ciò che è successo lungo la storia.

D. – Quindi la riflessione su Maria, nel cuore spirituale della Polonia: La Madonna – ha detto – ci insegna ad evitare “decisionismi e mormorazioni” nelle nostre comunità e infonde il desiderio di andare oltre i torti e le ferite del passato, senza isolarsi, senza imporsi. Come hanno reagito i presenti?

R. – C’è stato un applauso… Mi pare che siano parole molto importanti nel contesto attuale che vive la Polonia. La Polonia è divisa, è spaccata su tante linee, soprattutto per quanto riguarda il passato: il passato lontano, quello del comunismo, ma anche quello non tanto lontano. Mi pare che ciò abbia toccato molto la gente. Non guardare al passato, ma avere un cuore più grande, che sappia accettare anche le diversità tra i polacchi e che non è sempre tanto evidente nella nostra situazione attuale.

D. – Come è stato l’omaggio del Papa davanti alla Madonna Nera di Czestochowa?

R. – Molto toccante, direi. Papa Francesco è venuto per la prima volta qui, a Czestochowa. Tutti lo aspettavano e la reazione della gente mi pare che abbia detto tutto! La gente era veramente molto commossa. Per me, personalmente, i momenti più toccanti durante questa Eucaristia, che devo dire sinceramente e confessare che non avevo mai sentito, sono stati quelli del silenzio. Sulla piazza - pare ci fossero, più o meno, 500 mila persone – il silenzio era quello di una cappella di suore di clausura. Una cosa impressionante: la gente ha saputo entrare in un profondo silenzio di preghiera.

D. – Lei ha citato le suore e stamattina il Papa aveva visitato le Suore della Presentazione a Cracovia e poi c’era stata la visita in ospedale al cardinale Macharski, gravemente malato…

R. – Questa visita al cardinale Macharski non era prevista. Già ieri, durante l’incontro con i vescovi, il Papa aveva manifestato l’intenzione di visitare il cardinale, che si trova in una situazione grave di salute. Il cardinale Macharski è, per noi polacchi, in un certo senso un simbolo, perché è stato il successore immediato di Karol Wojtyla alla sede arcivescovile di Cracovia: ha guidato la diocesi praticamente per tutto il periodo del Pontificato del Papa polacco. Per la nostra storia, quella degli ultimi anni, è veramente una persona di grande rilievo.

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Francesco: il mondo è in guerra, non di religione ma per il potere

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Il Papa ha iniziato ieri pomeriggio il suo viaggio apostolico in Polonia in occasione della Giornata mondiale della gioventù. Partito dall'aeroporto di Fiumicino intorno alle 14.15, è arrivato a Cracovia poco prima delle 16.00. Durante il volo verso Cracovia il Papa, come di consueto, ha salutato brevemente i giornalisti del seguito. Il mondo è in guerra – ha detto commentando il barbaro omicidio di padre Hamel in Francia - ma quella che stiamo vivendo “non è una guerra di religione. Il servizio di Francesca Sabatinelli: 

“Quando io parlo di ‘guerra’, parlo di guerra sul serio, non di ‘guerra di religione’, no!”.

Lo aveva già detto e ora Francesco lo ripete, questa volta a bordo del volo da Roma a Cracovia: quella che è in atto non è una guerra di religione:

“C’è guerra di interessi, c’è guerra per i soldi, c’è guerra per le risorse della natura, c’è guerra per il dominio dei popoli: questa è la guerra. Qualcuno può pensare: 'Sta parlando di guerra di religione': no. Tutte le religioni, vogliamo la pace. La guerra, la vogliono gli altri. Capito?”.

Il Papa riferendosi al barbaro omicidio di padre Hamel, ieri a Rouen, è quindi ritornato con la sua drammatica semplicità al concetto di “terza guerra mondiale a pezzi”:

“Una parola che si ripete tanto è ‘insicurezza’. Ma la vera parola è ‘guerra’. Da tempo diciamo: 'Il mondo è in guerra a pezzi'. Questa è guerra. C’era quella del  ’14, con i suoi metodi, poi quella del ’39 – ’45, un’altra grande guerra nel mondo, e adesso c’è questa. Non è tanto organica, forse, organizzata, sì, non organica, dico, ma è guerra. Questo santo sacerdote che è morto proprio nel momento in cui offriva le preghiera per tutta al Chiesa, è ‘uno’, ma quanti cristiani, quanti innocenti, quanti bambini … Pensiamo alla Nigeria, per esempio: 'Ma, quella è l’Africa!'. Quella è guerra! Non abbiamo paura di dire questa verità: il mondo è in guerra, perché ha perso la pace”.

In conclusione Francesco, nell’auspicare che i giovani della Gmg “dicano qualcosa che ci dia un po’ più di speranza”, ha ringraziato coloro che hanno espresso le condoglianze per l’uccisione di padre Hamel, a cominciare dal presidente Hollande:

“In modo speciale il presidente della Francia che ha voluto collegarsi con me telefonicamente, come un fratello: lo ringrazio”.

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Il Papa alla Polonia: accogliere chi fugge da guerra e fame

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La Polonia guardi con speranza e senza paura al futuro, forte della sua fede e della sua memoria. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto nel suo primo discorso in terra polacca, pronunciato nella suggestiva cornice del Castello reale di Cracovia. Il Pontefice, che ha già assaporato l’entusiasmo dei giovani della Gmg lungo la strada dall’aeroporto alla città, ha esortato la Polonia ad accogliere i migranti che fuggono dalla propria terra a causa della guerra e dalla fame. Dal canto suo, il presidente Andrzej Duda ha ringraziato il Papa per questa visita e ha messo l’accento sulla grande gioia che tutta la Polonia, la terra di Karol Wojtyla, sta vivendo nell’ospitare i giovani del mondo in occasione della Gmg. Da Cracovia, il servizio di Alessandro Gisotti: 

Far crescere la memoria positiva che guarda al bene e che costruisce la speranza per il futuro. Nel suo primo discorso in Polonia, Francesco si sofferma sul senso profondo della storia del popolo polacco. Una scelta significativa giacché il discorso è stato pronunciato nel cortile d’onore del Castello reale del Wawel, un luogo che rappresenta - anche simbolicamente - proprio la memoria di Cracovia e della Polonia.

La festa dei ragazzi al passaggio della papamobile
Il Papa è arrivato al Wawel dopo una sobria ma festosa cerimonia di benvenuto all’aeroporto San Giovanni Paolo II. Quindi ha percorso gli ultimi chilometri in papamobile, salutato da due ali di folla di giovani di tutto il mondo che sventolavano le proprie bandiere nazionali al passaggio del Pontefice. Ad attenderlo al Wawel, con il presidente Duda, anche le autorità politiche e il corpo diplomatico, in tutto circa 800 persone.

Europa respiri con due polmoni, come chiedeva Giovanni Paolo II
Nel suo discorso, Francesco ha innanzitutto reso omaggio all’“indimenticabile” San Giovanni Paolo II, “ideatore e promotore” delle Gmg. Ed ha confidato che di Karol Wojtyla lo ha “sempre impressionato il vivo senso della storia”:

“Egli amava parlare dell’Europa che respira con i suoi due polmoni: il sogno di un nuovo umanesimo europeo è animato dal respiro creativo e armonico di questi due polmoni e dalla comune civiltà che trova nel cristianesimo le sue radici più solide”.

Promuovere memoria positiva che guarda al bene
Di qui, il riferimento al 1050.mo anniversario del Battesimo della Polonia come momento in cui la concordia si è evidenziata come strada sicura “per raggiungere il bene comune”. Quindi, soffermandosi sul dialogo e l’identità di una nazione, ha evidenziato che esistono due memorie: una positiva che guarda al bene, una negativa che è fissata sul male:

“Guardando alla vostra storia recente, ringrazio Dio perché avete saputo far prevalere la memoria buona: ad esempio, celebrando i 50 anni del perdono reciprocamente offerto e ricevuto tra gli episcopati polacco e tedesco, dopo la seconda guerra mondiale. L’iniziativa, che ha coinvolto inizialmente le comunità ecclesiali, ha innescato anche un processo sociale, politico, culturale e religioso irreversibile, cambiando la storia dei rapporti tra i due popoli”.

Polonia accolga quanti fuggono dalla guerra e dalla fame
Ancora, ha citato la dichiarazione congiunta tra Chiesa della Polonia e quella ortodossa di Mosca. Bisogna far crescere questa memoria buona, ha ribadito, e “lasciar cadere quella cattiva” e cita così il “complesso fenomeno migratorio”. Quest’ultimo, ha osservato, richiede “saggezza” e “misericordia” per “superare le paure e realizzare il maggior bene”. Bisogna, ha affermato, “individuare le cause dell’emigrazione dalla Polonia, facilitando quanti vogliono tornare”:

“Al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede. Nello stesso tempo vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria”

Dal Pontefice quindi un rinnovato appello ad alleviare le loro sofferenze e ad impegnarsi “per la giustizia e la pace”. La Polonia, è l’esortazione del Papa, guardi “con speranza al futuro” e alle sfide che deve affrontare impegnandosi a favorire un clima di rispetto tra tutte le componenti della società.

Difendere la vita, tutti siamo chiamati a rispettarla
Il Pontefice ha rivolto poi l’attenzione alla famiglia, ai poveri e soprattutto alla difesa della vita:

“La vita va sempre accolta e tutelata – entrambe le cose insieme: accolta e tutelata – dal concepimento alla morte naturale, e tutti siamo chiamati a rispettarla e ad averne cura. D’altra parte, allo Stato, alla Chiesa e alla società compete di accompagnare e aiutare concretamente chiunque si trovi in situazioni di grave difficoltà, affinché un figlio non venga mai sentito come un peso ma come un dono, e le persone più fragili e povere non siano abbandonate”.

La Madonna di Czestochowa protegga la Polonia
La nazione polacca, ha concluso, può sempre contare sulla collaborazione della Chiesa cattolica per progredire nel suo cammino, “ricolma di fiducia e speranza”. E l’ha affidata alla Madonna nera di Czestochowa:

“La Madonna di Czestochowa benedica e protegga la Polonia!”

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L'incontro del Papa con i vescovi: intervista con il primate di Polonia

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Dopo la visita di cortesia al presidente polacco Duda, Papa Francesco ha incontrato i vescovi del Paese nella Cattedrale di Cracovia. Un incontro molto familiare, in cui il Pontefice ha risposto ad alcune domande dei presuli. Alla prima, come rispondere alla sfida della secolarizzazione in Polonia, il Papa ha detto che occorre soprattutto vicinanza alla gente e la vicinanza dei pastori ai sacerdoti: i vescovi - è stata la sua esortazione - siano molto vicini ai preti. Parlando dei giovani, il Papa ha osservato che è molto importante il loro rapporto con i nonni, perché soprattutto i nonni sono quelli che trasmettono la fede. Un’altra domanda era su come applicare la misericordia. Il Papa ha parlato del problema dell’idolatria del denaro. Oggi tutto si può comprare, tutto si può vendere. Avvicinandosi alla gente con misericordia - ha spiegato - bisogna essere liberi da questa idolatria. Un’altra domanda ha riguardato la questione delle parrocchie: un vescovo ha chiesto al Papa se la parrocchia, oggi, è ancora valida. Secondo il Papa, la parrocchia è sempre insostituibile. La parrocchia rimane la casa del popolo di Dio. E l’ultima domanda si riferiva ai rifugiati: il Papa ha detto che non c’è una formula che dica come comportarsi verso i rifugiati; dipende dal Paese, dalle sue possibilità, dalla sua cultura. Ma è importante essere aperti, accoglienti, per quanto possibile. Ma su questa prima giornata di Francesco a Cracovia ascoltiamo mons. Wojciech Polak, arcivescovo di Gniezno e primate di Polonia, al microfono del nostro inviato a Cracovia, Alessandro Gisotti: 

R. – Penso che tutti noi – non soltanto noi vescovi, ma anche la gente – accolga il Papa con grande gratitudine e con grande gioia. Vogliamo accoglierlo: viene ovviamente per la Giornata mondiale della gioventù, però questa giornata questa volta è in Polonia, e allora vogliamo accoglierlo in Polonia con tutto il nostro cuore. E si vede che la gente è molto emozionata e molto desiderosa di dare segni di amicizia, di simpatia, penso anche di riconoscenza grande perché è venuto il nostro pastore.

D. – Tutta la Polonia e soprattutto i giovani – ne abbiamo incontrati tanti, in questi giorni – i giovani polacchi hanno lavorato per questa Gmg, veramente senza sosta. Che cosa rappresenta – come pastore, pensando ai suoi giovani e ai giovani della Polonia – questa visita del Papa nel Giubileo della misericordia?

R. – Penso che per noi sia una grande occasione, anche per risvegliare nei nostri cuori, nelle nostre coscienze un entusiasmo per la fede. Si vede – come lei ha giustamente osservato – che i ragazzi hanno lavorato tanto: li abbiamo seguiti, accompagnati, anche, nei diversi luoghi di questi lavoro; anche in questa ultima settimana quando nelle nostre diocesi sono venuti ospiti da tutto il mondo. Si vedeva una grande emozione, ma era anche il frutto di un grande lavoro. E vogliamo che tutto questo, in futuro, ci porti frutto, cioè che sia non soltanto un bel ricordo, ma anche un buon segno per il futuro della nostra fede, della responsabilità dei giovani per la nostra Chiesa, di essere i veri protagonisti della vita di fede in Polonia.

D. – Nel primo giorno, l’incontro anche con i vescovi della Polonia; che tipo di clima si è respirato?

R. – Veramente un clima fraterno, veramente un clima di dialogo che, pur non toccando la realtà del nostro Paese, della nostra pastorale, ci ha dato piuttosto lo sguardo più ampio condividendo anche con noi tutte le angosce, tutte le sfide del mondo di oggi, vedendo anche nella cornice di tutto il mondo, anche delle sue esperienze pastorali – e lui ne ha molte – condividendo con noi, dunque, anche questa strada. Secondo me è stata una bellissima esperienza di comunione e un segno fraterno. Anche quando, all’inizio, il Papa ha incominciato a dare due segni, proprio due opere di carità: la prima, che abbiamo pregato tutti insieme in suffragio del defunto mons. Zymowski, presidente del Pontificio Consiglio della salute; il Papa ha detto: “Forse a causa di questa Gmg non siete potuti venire in tanti al suo funerale; allora, facciamo adesso questa opera di carità, perché una delle opere di carità è proprio la preghiera per i morti”; e la seconda cosa che ci ha invitato a fare è stata, quando ha detto: “Lo so che è quasi la fine della vita del cardinale Macharski, e ovviamente non possiamo entrare nella sua stanza, non possiamo andare da lui. Ma – ha detto – se voi in questi giorni passerete vicino all’ospedale, fermatevi: toccate solamente il muro; e questo sarà già un segno di compassione, di vicinanza. Io lo farei volentieri”, ha detto il Papa. Si dice che forse andrà anche in questa clinica, per toccare quel muro dietro il quale c’è il cardinale Macharski. Ciò vuol dire che lui si è sentito molto accolto, ma anche in un clima molto fraterno tra di noi.

D. – Un’ultima domanda: Francesco, anche se l’accoglienza ufficiale al Parco Błonia, avviene giovedì, non nel primo giorno di visita del Papa, però lui ha già avuto tanti incontri, in fondo, anche piccoli, ma con la gente; e poi, questo affaccio dalla finestra dell’arcivescovado: una finestra che ai polacchi – ma non solo – ricorda Giovanni Paolo II. Ecco: praticamente, ogni angolo di Cracovia – non c’è veramente una via, una piazza – che non ricordi Karol Wojtyła. Che cosa rappresenta per voi oggi avere la Gmg e un Papa che viene nella terra di Karol Wojtyła, che ora è santo? Quindi, per la prima volta c’è un santo della vostra terra, insieme a Santa Faustina, durante la visita di un Papa …

R. – Siamo molto grati già dall’inizio, ma anche da prima che il Papa venisse, quando ci inviò quel messaggio per la Chiesa in Polonia in cui diceva: “Vado nella terra dell’architetto della Gmg”: noi ci siamo sentiti molto toccati da queste parole … Poi, anche quando lui è venuto oggi, quando parlava al Castello Wavel, quando parlava di Giovanni Paolo II, quando diceva della sua sensibilità per la storia, per la storia della salvezza, per la storia del popoli … Allora nella mia mente sono venuti tanti pensieri di ringraziamento, perché si sente questo Santo in mezzo a noi. Anche quando è apparso in quella finestra, poi ha ricordato Giovanni Paolo II, di un dialogo con lui, con questo santo. Ha invitato i giovani a raccogliere anche questo. E allora, questi sono – secondo me – i bellissimi segni di riconoscenza, di vicinanza ma anche del fatto che lui ci ha insegnato a seguire le orme del nostro Santo …

D. – … dicendo due volte da quella finestra, oggi, Francesco: “Non abbiate paura!” …

R. – … non abbiate paura: è quello che ci ricordava sempre Giovanni Paolo II: queste sono le parole che veramente ricordiamo bene!

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Il Papa ai giovani italiani: costruite ponti di pace non muri di odio

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In Polonia si è vissuta ieri una serata di musica e spettacolo rivolta ai giovani italiani. Momento culminante dell’evento, denominato ‘Live da Cracovia’ e organizzato dal Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della Conferenza episcopale italiana, è stato l’intervento video in diretta di Papa Francesco che ha risposto alle domande di tre giovani. Il Santo Padre ha esortato i giovani ad andare oltre le ferite, a vincere “il terrorismo delle chiacchiere” e a costruire ponti di pace. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

La paura è un trauma che può lasciare delle cicatrici ma non cancellare gli orizzonti, la voglia di andare oltre. E’ questo il senso della risposta del Papa ad una ragazza che ha raccontato di non essere salita per puro caso a bordo di uno dei due treni che lo scorso 12 luglio si sono scontrati in Puglia provocando la morte di 23 persone:

La saggezza riesce a leggere le cicatrici
La ragazza, che conosceva una delle vittime – uno dei due macchinisti – ha detto che l’incidente ferroviario l’ha particolarmente sconvolta. Queste le parole del Papa:

“Quello che è successo a te è una ferita; alcuni sono stati feriti nell’incidente – nel corpo, no? – e tu sei stata ferita nel tuo animo, nel tuo corpo, nel tuo cuore e la ferita si chiama paura… Tu hai subito uno shock, uno shock che non ti fa stare bene, ti fa male ma questo shock ti dà anche l’opportunità di andare oltre… La vita è piena di cicatrici. La saggezza, la saggezza umana… è proprio questo: portare avanti le cose belle e le cose brutte della vita”.

Terrorismo delle chiacchiere
Contro quello che il Papa ha definito “terrorismo delle chiacchiere”, la forza più grande è il perdono. Sono queste le parole che Papa Francesco ha rivolto ad una ragazza trasferitasi in Italia da bambina e vittima di bullismo. Il Santo Padre si è rivolto così a questa giovane che ha detto di aver tentato anche il suicidio:

“La crudeltà è un atteggiamento umano che è proprio alla base di tutte le guerre, di tutte. La crudeltà che non lascia crescere l’altro, la crudeltà che uccide l’altro… Le chiacchiere sono un terrorismo. è una cosa che noi dobbiamo vincere. Come si vince questo? Si può perdonare totalmente? E’ una grazia che dobbiamo chiedere al Signore. Noi, da noi stessi, noi non possiamo. E' una grazia che ti dà il Signore, il perdono… E c’è anche un altro atteggiamento che va proprio contro questo terrorismo della lingua, siano le chiacchiere, gli insulti e tutto questo: è l’atteggiamento della mitezza”.

I ponti uniscono, i muri dividono
Rispondendo alla terza domanda rivolta da un giovane che era a Monaco di Baviera lo scorso 22 luglio – quando è stato compiuto l’attentato costato la vita a 10 persone – il Pontefice ha affermato che i ponti sono la via per la pace:

“La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere, nella vita: o faccio ponti o faccio muri. I muri dividono e l’odio cresce... I ponti uniscono. Quando tu stringi la mano a un amico, a una persona, tu fai un ponte umano.  Invece, quando tu colpisci un altro, insulti un altro, tu costruisci un muro. Io voglio vedere tanti ponti umani … Ecco, così: alzate bene le mani … E’ così. Questo è il programma di vita: fare ponti, ponti umani”.

Il saluto dalla finestra dell'arcivescovado
Affacciandosi dalla finestra dell'arcivescovado, il Papa ha infine ricordato un giovane volontario polacco alla Giornata mondiale della gioventù morto recentemente di cancro. Come grafico ha dato un prezioso contributo. “Questo ragazzo che ha lavorato tanto per la Gmg – ha detto il Santo Padre - adesso è in Cielo, con Gesù. Lì lo incontreremo un giorno". "Ora io mi ritiro. Voi - ha affermato infine il Papa - dovete fare il vostro dovere, che è fare chiasso tutta la notte e far vedere la vostra gioia cristiana, la gioia che il Signore vi dà di essere la comunità che segue Gesù".

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Bagnasco ai giovani della Gmg: siete la risposta a barbarie

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Grande festa per i centomila giovani che ieri pomeriggio a Cracovia, nella spianata del Santuario della Divina Misericordia  hanno partecipato alla tradizionale festa degli italiani promossa dal Servizio nazionale giovanile della Conferenza episcopale italiana. Il servizio di Marina Tomarro: 

“Di fronte ai fatti e alle barbarie degli ultimi tempi che lasciano attoniti, la risposta siete voi.” Cosi il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale  italiana, ha salutalo i numerosissimi giovani presenti alla tradizionale festa degli italiani. Ascoltiamo la sua riflessione:

R. – E' l’invito della Chiesa, attraverso Papa Francesco, che continua questa splendida intuizione di San Giovanni Paolo II di convocare ogni qualche anno i giovani di tutto il mondo, che vengono e che rispondono sempre con grande entusiasmo; rappresentano veramente la gioventù mondiale. È un grande messaggio di speranza per tutti.

D. - Eminenza, lei ha detto che questi giovani sono la risposta di fronte alle barbarie degli ultimi avvenimenti...

R. – Sì, perché di fronte all’odio e alla violenza bisogna rispondere con un supplemento grandioso di amore e di generosità. Questi ragazzi hanno mostrato e mostrano anche in questi giorni con spirito di sacrificio, con tanta gioia, di essere capaci di amare e di creare un mondo diverso, un mondo di bene. Questo è possibile e loro ce lo dicono con la loro testimonianza di presenza.

D. - Lei ha chiesto anche di 'incendiare' questo nostro Paese? Cosa vuol dire?

R. - Certo! Tirarlo su dalla depressione dalla sfiducia e ridare speranza; dare iniezione di fiducia e di speranza nonostante le difficoltà grandi che ci sono tuttora e che cadono spesso sulle spalle dei più anziani e dei più giovani – penso al lavoro ad esempio –  che con la loro forza permanente, interiore possono reagire e dire a tutto il Paese: “Insieme possiamo farcela”.

E dopo la Messa, i giovani si sono recati in pellegrinaggio nel vicino Santuario dedicato a San Giovanni Paolo II , dove la festa è proseguita insieme a nomi noti del mondo dello spettacolo e della musica. Tra loro anche Renzo Arbore:

R. – Questi giovani insegnano che siamo tutti fratelli. La fraternità è importantissima, perché non c’è! Invece qui si impara che siamo tutti figli del Cielo. La fraternità è importantissima. Naturalmente mi auguro che i ragazzi possano in futuro realizzare i loro sogni. Questo è importante: lavorare realizzando le loro passioni e i loro sogni. Questo è il messaggio più importante.

E, grande la gioia per i ragazzi di trovarsi tutti insieme in un momento festoso della Gmg dedicato solo all'Italia. Le loro emozioni:

R. - È un grandissimo piacere perché ritrovare così tanti giovani, che si divertono con cose semplici è veramente una bella sensazione.

D. - E per te invece?

R. – Siamo affiatati anche se non ci conosciamo. È veramente un piacere, siamo tanto felici qui a festeggiare.

D. - Il tema di questa Gmg è la misericordia. Cosa vuol dire per un giovane?

R. – Secondo me può essere aiutare tutte le persone che ci sono vicino attraverso piccoli gesti, le cose quotidiane che a volte possono sfuggire ma che in realtà forse sono più importanti.

D. – Il Papa vi ha fatto fare il ponte? Che cosa vuol dire per te fare ponte?

R. – Vuol dire stare uniti durante le difficoltà, non dividerci, non restare a casa, ma mettersi in gioco come abbiamo fatto noi. Penso sia una delle cose più belle che ci siano.

D. – E per te fare ponte cosa vuol dire?

R. – Unirsi, legarsi all’altra persona e aiutarsi nel momento del bisogno.

R. – Crescere insieme ed essere sempre più forti.

R. – Per me restare uniti anche nei momenti di difficoltà e vincere tutti insieme.

R. – Ciao Papa Francesco! Ti vogliamo bene! Ti aspettiamo a Mestre!

Culmine della serata l’atteso collegamento con Papa Francesco, che ha risposto alle domande di tre giovani: Andrea, una ragazza vittima del bullismo, Anna scampata per caso al terribile incidente dei treni in Puglia lo scorso 12 luglio, e Pietro che ha rischiato di rimanere coinvolto nell’attentato di Monaco del 22 luglio. La loro testimonianza:

D. - Andrea che cosa ti rimarrà delle parole che ti ha rivolto il Papa?

R. - Mi rimarrà impressa la sicurezza che mi ha dato in quel momento e la forza che io porterò avanti perché secondo me è giusto così. Dobbiamo essere forti e sconfiggere queste parti cattive.

D. – Andrea, il Papa ha parlato di perdono. Che cosa vuol dire per te questa parola?

R. - Perdono è quando puoi cominciare magari a voler bene di nuovo ad una persona, non devi per forza amarla, ma comunque capire che magari se ha fatto qualcosa di sbagliato non l’ha fatto con cattiveria; vedere la parte positiva. Il Papa mi ha risposto perché è stato davvero una sicurezza. Posso dire che mi ha dato davvero la forza di aiutare anche gli altri ragazzi - molti hanno i miei stessi problemi -, di andare avanti, non lasciarsi cadere. Dobbiamo sempre rialzarci; se cadiamo va bene, però ci rialziamo sempre più forti.

D. – Anna, tu hai chiesto al Papa della paura di prendere il treno. Cosa ti rimarrà dell’incoraggiamento che ti ha dato?

R. – Senza dubbio da domani come tutti gli altri miei coetanei che prendono il treno avrò una marcia in più. Certo, dimenticare sarà impossibile, dimenticare quelle immagini, quei minuti che abbiamo vissuto. Però adesso saliremo sul treno con una marcia in più con la forza, la speranza e il ricordo di chi, purtroppo, si è trovato lì quel giorno.

D. – Pietro, tu hai vissuto purtroppo i fatti di Monaco. Allora le parole del Papa quanto ti hanno incoraggiato?

R. - Sicuramente moltissimo perché la paura c’è sempre dopo aver vissuto una cosa del genere. Trovarsi lì ti fa sentire veramente insicuro, però questo Papa con queste parole ti rassicura in modo quasi paterno ed è veramente incredibile.

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Padre Lombardi: un viaggio nel ricordo di san Giovanni Paolo II

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Al termine della prima intensa giornata del Papa a Cracovia, il nostro inviato Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi

D. – Padre Lombardi, questo primo giorno di Papa Francesco in Polonia: nel discorso si è visto come ha richiamato la memoria così cara all’identità del popolo polacco. Quali sono le sue impressioni su queste prime ore, con già così tante cose da raccontare?

R. – Siamo entrati subito nel vivo di questo viaggio; siamo entrati soprattutto nel vivo della dimensione del rapporto con la Polonia, con il Paese, e con la Chiesa in Polonia, mentre la Giornata Mondiale della Gioventù l’abbiamo incontrata un po’ per le strade, con tanti giovani, ma non abbiamo ancora avuto un evento specifico. Invece, abbiamo avuto gli eventi dell’incontro con le autorità, quindi in qualche modo con i rappresentanti del popolo polacco, una grande vocazione sia da parte del Presidente sia da parte, in particolare, del Papa, della memoria, della Storia di questo popolo. E qui naturalmente la figura di Giovanni Paolo II emerge prepotente, perché è lui che è stato un po’ il nostro maestro, che ci ha fatto conoscere, che ha fatto conoscere a tutto il mondo il valore e la profondità della storia del popolo polacco, le sue radici cristiane e così via. Quindi, abbiamo sentito, respirato l’aria di Cracovia di Giovanni Paolo II e ci siamo preparati per la grande celebrazione di domani del 1050.mo del battesimo della Polonia, che è quindi una delle dimensioni importanti di questo viaggio, anche se non la prima motivazione. Il clima è molto bello, è molto positivo, è molto familiare: anche l’incontro con i vescovi polacchi che hanno potuto porre diverse domande – dal punto di vista pastorale, sui problemi che la Chiesa attraversa in questo momento dal punto di vista culturale e spirituale del Paese – e il Papa ha risposto da par suo con temi che gli sono familiari, toccando molte delle corde che sono care al suo cuore. La prossimità al popolo per annunciare con concretezza la figura di Gesù, i temi della solidarietà, una importazione molto evangelica che prende sul serio lo Spirito delle Beatitudini è quella di Matteo 25 sui criteri del giudizio con cui saremo giudicati alla fine della vita, che sono poi le concrete opere di misericordia. Quindi siamo entrati anche nel tema della misericordia che caratterizza questo viaggio. Si vede, appunto, che il tema della misericordia – caratteristico di questo pontificato – torna un po’ in tutte le espressioni concrete e nei consigli pastorali che il Papa dà ai vescovi.

D. – Lei Padre Lombardi parlava dei temi cari a Papa Francesco, come la vicinanza … sicuramente anche l’accoglienza dei migranti, un tema che – si sa – in questo momento è particolarmente all’attenzione della popolazione, anche della società in Polonia. Su questo il Papa è stato molto, molto chiaro …

R. – Sì, certamente. Bisogna anche dire che ci rendiamo conto che la Polonia è un Paese diverso dall’Italia e quindi i temi delle migrazioni in Polonia sono diversi da quelli che possiamo avere a Lampedusa. Qui arrivano gli ucraini e i russi, che sono un altro tipo di persone rispetto agli africani o ai mediorientali, e in questo senso dobbiamo anche renderci conto che ci sono delle specificità di carattere culturale, di carattere religioso differente. Qui non c’è tanto il problema – poniamo – dell’islam; ce ne sono 300, rifugiati che vengono dalla Siria, ce ne sono migliaia e migliaia e migliaia che vengono dalla Russia, dall’Ucraina che sono ortodossi o che sono cristiani orientali. Quindi, dobbiamo essere attenti a comprendere anche la varietà delle facce del tema immigrazione, del tema accoglienza. E questo mi sembra che sia importante. Però è vero certamente – e in questo senso il Papa ha un forte messaggio – che l’accoglienza è una dimensione fondamentale dell’essere cristiani, della vita e oggi anche del rapporto tra i popoli, in un mondo in cui tutto è entrato in movimento, in cui i popoli si spostano per tanti motivi tra cui anche – purtroppo – quelli dei conflitti oppure quelli anche del degrado ambientale, e così via … Quindi, è una dimensione da cui non si può prescindere ed è giusto che i giovani, che tra l’altro vengono da tutti i popoli e quindi sono un po’ naturalmente persone che si incontrano al di là delle differenze o delle barriere di culture o anche di religione – anche se qui siamo per una Giornata mondiale dei cristiani, dei cattolici, però di fatto siamo persone che vengono da tutte le diverse culture, quindi siamo predisposti all’incontro e alla comprensione reciproca … Possiamo vivere qua un clima e un’esperienza che sono proprio fondamentali per costruire un mondo di domani che sia pronto e capace di accogliere, di dialogare, di fare incontrare le persone dei diversi popoli e delle diverse culture.

D. – Papa Francesco ha definito, già nel videomessaggio indirizzato alla Polonia qualche giorno fa, la Gmg “un mosaico di armonia, un mosaico di misericordia”, quindi un segno di convivenza reale. Sull’aereo, Papa Francesco ha sottolineato anche che quando parla di “guerra mondiale a pezzi” non intende assolutamente una guerra di religione: questi due elementi – il Papa indica la Gmg come un messaggio, un segno rispetto a un mondo sfigurato, anche l’Europa, negli ultimi giorni …

R. – Ma è evidente: noi non possiamo prescindere dal fatto che questa Gmg, questo grande incontro di giovani avviene in un certo momento storico, in un certo contesto. E quindi lo viviamo necessariamente come un messaggio di fede, di coraggio, di pace, perché questo è il messaggio di cui il mondo – l’Europa in particolare, ma non solo, perché se guardiamo l’Africa, guardiamo tante altre parti del mondo, i conflitti ci sono e ci sono un po’ dappertutto – ha bisogno. La Gmg è di per sé un messaggio di pace, fondato su un messaggio d’amore: la misericordia è al centro di questa Gmg, l’amore di Dio per tutti, il suo amore per tutte le creature ci fa diventare messaggeri di amore piuttosto che di odio, di ponti piuttosto che di muri e così via. Però, il significato storico di questa Gmg è chiarissimo, in questo momento; non possiamo prescinderne e dev’essere un forte annuncio di pace per il mondo contro ogni paura e contro ogni difficoltà.

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La Portavoce della Gmg: accogliamo Francesco con tanta gioia

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Con la cerimonia di accoglienza di Papa Francesco nel Parco Jordan a Blonia, questo pomeriggio entra nel vivo la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia. Una Gmg frutto di un lungo e intenso cammino spirituale iniziato, in un qualche modo, già con la fine della Gmg di Rio, tre anni fa. A sottolinearlo è Doròta Abdelmoula, la portavoce della Gmg di Cracovia, al microfono del nostro inviato in Polonia, Alessandro Gisotti: 

R. – Per noi, come polacchi, la Gmg è iniziata a Copacabana, a Rio, quando il Santo Padre ha detto che la prossima Giornata sarebbe stata in Polonia. Sono stati accolti dalle famiglie brasiliane a cuore aperto e hanno ricevuto tante buone cose da parte loro tanto che dall’inizio hanno detto: “Vogliamo fare lo stesso per ringraziare, per accogliere i pellegrini che arriveranno in Polonia”. Quindi, subito dopo, hanno iniziato a condividere tutta la loro esperienza di Rio e hanno iniziato a spiegare agli altri polacchi la Gmg e ad incoraggiare gli altri giovani, ad incoraggiare anche i sacerdoti, i vescovi, a far parte di questo grande evento.

D. – Sarà ovviamente una grande emozione quando Papa Francesco arriverà a Błonia. I giovani che accolgono il Papa, anche questo è sempre molto bello nelle Gmg, cioè sono i giovani che accolgono il Papa…

R. – Sì, sicuramente sì, e soprattutto mi sembra che i giovani polacchi sappiano non solo come ascoltare il Santo Padre, ma anche come seguire le sue parole. Appena, infatti, abbiamo iniziato la preparazione della Giornata, prima di avere il tema, prima di sapere che questo sarebbe stato il Giubileo della Misericordia, i giovani hanno cercato diversi mezzi per preparare altri giovani. Allora, oggi, mentre aspettiamo l’arrivo di Papa Francesco, i giovani non aspettano solo la sua presenza, ma le sue parole e come poterle mettere in pratica.

D. – Quanto è importante che la Gmg con Papa Francesco torni in Polonia, dopo 25 anni dalla Gmg di Czestochowa, e torni nella terra di San Giovanni Paolo II, che la Gmg l’ha ideata, l’ha pensata prima nel cuore e poi l’ha realizzata…

R. – Noi abbiamo imparato dai pellegrini degli altri Paesi che questa Giornata sarà un po’ come tornare alle radici della Gmg. Proprio qui a Cracovia, infatti, Karol Wojtyla imparava a stare insieme ai giovani, a predicare per i giovani e così via. E allora, da una parte, anche noi cerchiamo di provare tutto quello che ha ispirato San Giovanni Paolo II a creare la Gmg; cerchiamo di presentare tutto questo ai giovani che non hanno mai incontrato Giovanni Paolo II. Dall’altra parte, però, abbiamo già questa esperienza della Gmg del ’91 di Czestochowa. Quante famiglie, quanti sacerdoti abbiamo avuto, che ispirati da questa Giornata hanno poi scelto il percorso delle loro vite. E oggi anche i giovani polacchi possono vedere davvero che i frutti della Gmg sono fra di noi.

D. – Si parla molto di una “Gmg social” a Cracovia. Quanto sono importanti i social network per vivere, secondo te, questa esperienza?

R. – Mi sembra che questo sia importante per due motivi. Primo, come dice anche il portavoce della Conferenza episcopale polacca, questa Gmg sarà presente come nessuna prima nei social media. C’è un altro continente, oltre a quello cui si rivolge il Santo Padre, perché ci sono tanti giovani che sono online tutto il tempo. Allora, stare tra di loro con il messaggio, con il Vangelo, è una cosa molto, molto importante ed anche proficua. Noi prepariamo poi la Giornata non solo per coloro che vengono a Cracovia, ma davvero per tutti i giovani. Non vogliamo, allora, far sentire i giovani che non sono presenti a Cracovia, fuori dalla Giornata: noi vogliamo accogliere anche loro e attraverso i social media, attraverso i media vogliamo passare tutti i messaggi della Giornata - sia quello del Santo Padre sia tutte le testimonianza dei giovani – a tutti quelli che rimarranno nei loro Paesi per diversi motivi. Questa dimensione, allora, di social media sembra molto importante e sembra veramente una parte della Gmg.

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Vogelmann: grande segno, visita silenziosa del Papa ad Auschwitz

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Nessun discorso, solo silenzio e preghiera. Così Papa Francesco svolgerà domani mattina l’attesa visita al campo di stermino di Auschwitz-Birkenau, luogo simbolo del dolore dell’umanità, dove furono uccisi un milione e mezzo di innocenti, di cui il 90% di religione ebraica. Su questa visita, la terza di un Pontefice al lager nazista, il nostro inviato a Cracovia, Alessandro Gisotti, ha intervistato Shulim Vogelmann, ebreo di origine polacca, editore della Giuntina, la casa editrice specializzata in cultura ebraica: 

R. – Credo che sia una visita naturale, nel senso che ad Auschwitz abbiamo visto l’umanità calpestata e credo che sia naturale che un Papa - in quanto figura spirituale del mondo cattolico, ma alla fine anche di tutta l’umanità – si fermi in quel luogo.

D. – Papa Francesco vuole consegnare al silenzio la sua presenza…

R. – Credo che questa sia la scelta significativa e la trovo molto, molto bella e molto giusta. Perché credo che oggi la memoria della Shoah abbia proprio bisogno, più che di commemorazioni, di preghiera e di silenzio: di parole ne sono state dette tante e forse anche troppe… E poi è anche un modo – secondo me – per ricondurre ad un discorso più generale di umanità calpestata: come la preghiera è valida sempre nel tempo, una preghiera che si può – come dire - anche propagare nel tempo e nello spazio. E oggi vediamo che il mondo è pieno di sofferenze e di umanità calpestata e quindi credo che questa scelta di semplicemente pregare in quel luogo sia simbolicamente importante.

D. – Papa Francesco tiene molto proprio alla memoria: lo abbiamo visto in altre visite, anche recentemente – per esempio – in Armenia…

R. – Sì, la mia impressione è che via sia un percorso non solo di memoria, ma anche di verità: non c’è via di fuga dall’affermare chiaramente quella che è la verità. Mi sembra che Papa Francesco abbia il coraggio delle persone che intimamente sanno che alla base di qualsiasi sviluppo positivo, per una società, c’è la verità: riconoscere ciò che è stato, riconoscere le responsabilità di ognuno. Il genocidio armeno, per esempio, è proprio un momento fondamentale del Novecento, che è rimasto un punto vuoto di non riconoscimento. Due anni fa abbiamo scelto di pubblicare un libro, che si chiama “Pro Armenia” che sono quattro testimonianze di ebrei del genocidio armeno. L’idea qual è? Se non ti prendi la responsabilità di denunciare tutti i genocidi, tutti i momenti di prevaricazione, allora non c’è possibilità di rendere la memoria utile, veramente utile. E mi sembra che Papa Francesco sia vicino a questa concezione della memoria.

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Nomine

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Il Santo Padre ha nominato Visitatore Apostolico per i fedeli siro-malabaresi residenti in Europa mons. Stephen Chirappanath, del clero dell’Eparchia di Irinjalakuda, elevandolo all’episcopato e assegnandogli la Sede Titolare di Slebte.

Il Papa ha eretto l’Eparchia di Gran Bretagna dei Siro-Malabaresi con sede a Preston e ha nominato primo vescovo Joseph (Benny Mathew) Srampickal, del clero dell’Eparchia di Palai, finora Vice-Rettore del Collegio De Propaganda Fide a Roma.

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A Roma distribuiti medicinali ai rifugiati donati dal Papa

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I medici dell’associazione “Medicina Solidale”, coadiuvati dai volontari delle Acli, distribuiscono nel pomeriggio medicinali donati dall’Elemosineria Apostolica Vaticana presso il Centro Baobab di Via Cupa a Roma. Su questa iniziativa Amedeo Lomonaco ha intervistato la dott. Lucia Ercoli, responsabile sanitario dell’associazione “Medicina Solidale”: 

R. – Noi andiamo lì per capire il bisogno di salute e di dare una risposta attraverso i farmaci che ci ha consegnato l'Elemosiniere del Papa mons. Krajewski. Naturalmente è importante fare una diagnosi, ma è altrettanto importante dare una cura per liberarsi del problema della malattia dopo un periodo così travagliato come quello del viaggio che queste persone devono affrontare, accettando ogni tipo di brutalità per arrivare nel nostro Paese e in altri Paesi d’Europa. Qui sperano di sottrarsi alle condizioni di vita disumane che c’erano nel loro Paese di provenienza. Questa generosità dell’Elemosineria, che esprime poi la vicinanza di Papa Francesco ai migranti, credo sia occasione per significare l’accoglienza che i cristiani hanno in questo momento in cui diventa assolutamente significativo spalancare le porte, senza avere paura. 

D. – Un’esortazione che in questi giorni è ancora più forte …

 R. – In questi giorni si celebra la Giornata Mondiale della Gioventù e nella memoria di san Giovanni Paolo II – “aprite le porte a Cristo” – Cristo oggi è presente nei poveri, nei migranti che vengono a bussarci alla porta. A tutte le persone che la società vuole emarginare noi dobbiamo aprire la porta. 

D. – Cosa significa “farsi prossimi”, “accogliere l’altro”? 

R. – Io intendo questo andare oggi lì in senso anche di una risposta obbediente a quello che il Papa sta indicando. Noi cristiani dobbiamo mobilitarci rispondendo a quello che il Papa chiede perché è nel segno del Vangelo. E noi siamo certi che quindi questa strada porti al superamento di una logica di scontro, di una logica di violenza aprendo prospettive di dialogo, di incontro, di collaborazione, di abbraccio tra i popoli. 

D. – Un canale di dialogo nel segno di Papa Francesco, un abbraccio ad una popolazione – quella dei migranti – che è fondamentale per il futuro delle nostre società … 

R. – La popolazione migrante è già il nostro futuro, e questo lo dicono i dati della natalità. Questi migranti sono principalmente persone. Persone che vengono da situazioni di sofferenza, da situazioni di morte, da situazioni di persecuzione e che, giunti nel nostro Paese, collaborano con altre persone a costruire il futuro non solo dell’Italia, ma dell’Europa, direi del mondo. Prima che migranti, sono persone. 

D. – In particolare, di quali medicinali hanno bisogno queste persone? 

R. – Vivendo in strada, purtroppo sono soggetti a dermatiti legate anche a punture di insetti che poi vanno incontro a sovrainfezioni. Hanno bisogno di farmaci topici, di antistaminici, di antibiotici, di antipiretici. Molti portano anche i segni di maltrattamento e tortura e quindi bisogna approfondire un pochino di più i percorsi. I bambini spesso hanno infezioni respiratorie o gastrointestinali, stati di disidratazione, stati di prostrazione. Quello che si può fare, in condizioni molto critiche, noi cerchiamo di farlo. Ma più che l’efficacia della risposta medica e farmacologica, noi vogliamo incontrarli e dar loro una testimonianza di vicinanza e di accoglienza.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Sul viaggio del Papa in Polonia, in prima pagina un editoriale del direttore dal titolo "La prima volta".

Come una ventata di aria fresca: il viaggio del Papa sulla stampa internazionale.

Un articolo di Luca M. Possati dal titolo "Storie invisibile di inaudito dolore": il fenomeno dei migranti non accompagnati.

Inos Biffi sul sangue e la carità: origini e significato della devozione.

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Oggi in Primo Piano



Non è una guerra di religione. Risposta postiva dal mondo arabo alle parole del Papa

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Grande risonanza ha avuto il discorso del Papa, ieri in aereo, sul barbaro omicidio del sacerdote francese. Il mondo è in guerra, ma “non è una guerra di religione”, ha detto. Dal mondo netta la condanna per questi atti di terrorismo. Debora Donnini ha chiesto una riflessione sull’importanza del discorso del Papa, a Zouhir Louassini, giornalista di Rainews, esperto del mondo arabo: 

R. – Non è una guerra di religione. Adesso stavo leggendo anche i giornali arabi, che hanno citato le dichiarazioni del Papa e ho visto anche la reazione della gente sui network. Tutti sono d’accordo con il Papa.

D. – Il cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, riferendosi agli assalitori di quest’ultimo episodio in Francia, sostiene che si nascondano dietro la religione per mascherare i loro progetti di morte. Secondo lei, c’è un uso strumentale della religione?

R. – C’è una parte - lo Stato Islamico o altri - una minoranza che continua ad interpretare l’Islam a modo suo, che cerca di usarlo, come le ideologie che normalmente vengono utilizzate per difendere degli interessi. La cosa più importante, però, in questo momento è che il discorso del Papa - secondo me - è stato anche un discorso molto utile perché la risposta che sto vedendo nel mondo arabo in questo momento - quando leggo queste dichiarazioni - è molto positiva. La gente sottolinea il fatto che finalmente c’è una persona che ha capito che cosa stia succedendo realmente. Così, infatti, la vive la stragrande maggioranza dei musulmani. La gente, soprattutto le persone che vivono in Europa, vogliono vivere, vogliono migliorare la loro vita: gli interessi sono altri, non andare ad uccidere le persone. Siccome la responsabilità è sempre individuale, non vedo perché tutta una comunità debba sentirsi sotto accusa.

D. – Da parte sua, il Grande Imam di al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib, parla di terrorismo, sostenendo che gli autori di questo barbaro attacco si sono spogliati dei principi tolleranti dell’Islam, che predica la pace. Anche il presidente palestinese, Mahmud Abbas, in una lettera al Papa, condanna qualsiasi giustificazione si osi dare in nome della religione a questi atti contro l’umanità. Invece, il sedicente Stato Islamico vuole che si parli di guerra di religione. Perché questo gli fa gioco?         

R. – Gli fa gioco, perché è quello che stanno cercando di fare. C’è una trappola. In un articolo sull’Osservatore Romano ho insistito sul fatto che bisogna leggere la loro “letteratura”, perché così uno capisce che cosa vogliono. Nella loro “letteratura” sono chiari. C’è un libro che io ho chiamato il “Mein Kampf” degli jihadisti, dove è chiara la loro strategia, che porta il caos e intende portare i musulmani moderati a diventare radicali. Questi nemmeno conoscendo l’abc della cultura islamica, si permettono di parlare in nome dell’Islam! Noi ci troviamo di fronte a questo fenomeno: persone che conoscono poco la religione islamica, non sanno inserire la storia dell’Islam nel suo contesto storico, si permettono di parlare in nome dell’Islam, in nome dei musulmani e hanno solamente una “fissa” nella loro testa: creare il caos. Certo che qualcuno ci guadagna e certo – come sempre – che le guerre si fanno per interessi. 

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Ue: Turchia è importante intermediario con i Paesi euro-asiatici

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Continuano le epurazioni in Turchia come conseguenza del tentato golpe del 15 luglio. Le autorità di Ankara hanno emesso un ordine di chiusura per 45 giornali e 16 canali televisivi, nonchè il licenziamento di 88 diplomatici presso il Ministero degli Affari Esteri, accusati di legami con la rete di Fethullah Gulen, presunto ispiratore del fallito colpo di stato. Su quanto le ultime decisioni del Presidente Erdogan, possono influire sulle relazioni tra Turchia e Unione Europea, Gioia Tagliente ne ha parlato con Carlo Frappi, ricercatore dell’Ispi e docente di studi regionali e politica estera alla Cattolica, che vive stabilmente a Istanbul:  

R. – Sicuramente il momento non è dei migliori nelle relazioni tra la Turchia e i partner euro-atlantici. Questa però è in qualche modo una dinamica che viene da lontano. Rispetto a quello che sta succedendo oggi una reazione agli eventi successivi al golpe da parte dell’Unione Europea, così come degli Stati Uniti, è doverosa prima ancora che legittima. A mio modo di vedere tuttavia per un attore quale l’Unione Europea che fonda la propria proiezione esterna e quindi, anche la propria influenza sul potere di attrazione piuttosto che su quello di coercizione, una dura presa di posizione che non sia accompagnata da un altrettanto determinata apertura al dialogo e alla cooperazione sarebbe certamente inefficace, se non addirittura controproducente per i rapporti.

D. - Quindi nel contesto europeo, quali sono o vorrebbero essere i rapporti con la Turchia?

R. - L’Unione Europea ha certamente bisogno della Turchia, principalmente nello scacchiere mediterraneo e mediorientale; ha bisogno della Turchia anche al di là della drammatica contingenza legata alla crisi dei migranti. Una coerente proiezione verso lo scacchiere mediterraneo e mediorientale, e quindi verso aree nelle quali si fonda la nostra sicurezza in quanto europei, non si può prescindere da un solido legame con la Turchia che d’altra parte a sua volta ha necessità di buone relazioni con l’Unione Europea tanto da un punto di vista politico, diplomatico, quanto più strettamente economico.

D. - Quindi possiamo considerare la Turchia il più importante intermediario con i Paesi euroasiatici soprattutto per fronteggiare il problema delle migrazioni?

R. - Certamente sì. Quello che è importante sottolineare, a mio giudizio, è che non va dimenticato come l’iniziale spinta riformista che aveva caratterizzato l’esperienza di governo dell’Akp e anche la costruttiva politica estera e regionale del governo stesso, erano stati influenzati ed incentivati in misura significativa proprio dalla prospettiva e dalla successiva apertura dei negoziati per l’ingresso nell’Unione. Dunque l’Unione Europa ha già dimostrato di poter favorire un circolo virtuoso fatto per la Turchia di riforme interne e di atteggiamento costruttivo verso l’esterno.

D. - Ad agosto è previsto il primo incontro di riavvicinamento tra Putin ed Erdogan dopo l’abbattimento dell’aereo russo da parte delle forze armate turche. Questo potrebbe inclinare ulteriormente i rapporti tra Turchia e Stati Uniti?

R. - Io non credo. La Turchia ha già dimostrato che avere buoni relazioni con attori con i quali Stati Uniti ed Unione Europa non necessariamente hanno ottime reazioni - e la Russia è uno dei casi - è un punto molto importante per gli stessi interlocutori euro-atlantici. La Turchia in qualche modo si fa canale di dialogo e di cooperazione anche con attori terzi. Quindi io non vedo queste due cose necessariamente in conflitto.

D. - Lei vive ad Istanbul. Alla luce anche delle ultime e innumerevoli epurazioni da parte di Erdogan, il popolo vede il Presidente?

R. - Non va dimenticato che Erdogan ha ridato dignità culturale, prima ancora che legittimità politica ed economica, ad una fascia della popolazione che era stata tagliata fuori per decenni dalla gestione della cosa pubblica in termini sia economici che politici e culturali. Dunque è su questa legittimazione profonda data alla Turchia su cui oggi si basa il potere di Erdogan. Non capirlo rischia di creare problemi anche nelle relazioni bilaterali con il Paese.

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Congo: il ritorno del leader dell'opposizione Tshisekedi

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Dopo due anni di assenza, l’oppositore storico del governo della Repubblica Democratica del Congo, Etienne Tshisekedi, è tornato a Kinshasa dal Belgio, dove si trovava per motivi di salute. Salutato con entusiasmo da migliaia di sostenitori, l’esponente politico, 83 anni, è apparso piuttosto provato. Il Paese si trova attualmente in un clima politico incerto per le prossime elezioni presidenziali - che dovrebbero svolgersi il 27 novembre prossimo - in merito alle quali Kabila non ha ancora sciolto la riserva se si candiderà o meno per un terzo mandato consecutivo. Il Presidente è ininterrottamente al potere dal 2001. Sul significato politico del ritorno del leader delle opposizioni, Roberta Barbi ha sentito l’africanista Vincenzo Giardina: 

R. - È un ritorno importante perché Tshisekedi è considerato, ormai da anni, come la figura di maggior rilievo dell’opposizione in Congo. Fondò l’Unione per la democrazia e il progresso sociale - la prima piattaforma di opposizione in Congo - nel 1982, ai tempi di Mobutu. Il significato di questo ritorno è rilevante anche alla luce delle proteste di piazza che già nel 2015 sono tornate a spazzare la capitale congolese in relazione a un appuntamento politico sul quale c’è ancora molta incertezza. In Congo sarebbero in programma il 27 novembre elezioni presidenziali. Kabila non ha sciolto la riserva su una sua eventuale nuova candidatura che l’opposizione già da tempo denuncia come incostituzionale.

D. - Le opposizioni chiedono il rispetto della Costituzione e delle scadenze elettorali, cioè di effettuare le Presidenziali entro la fine dell’anno …

R. - La richiesta delle opposizioni è questa. Per altro è una richiesta che si salda a spinte che arrivano anche dall’estero. A fine giugno, a Windhoek - la capitale della Namibia - c’è stata una conferenza dei deputati europei, africani e anche del gruppo Africa, Caraibi, Pacifico in cui è stato chiesto a Kabila di rispettare le scadenze del suo mandato che scadrà il 20 dicembre. Quindi è una pressione che non arriva soltanto dall’opposizione congolese, ma si salda anche a richieste internazionali.

D. - Uno dei punti più critici riguarda la recente decisione della Corte costituzionale che autorizza Kabila, al potere ininterrottamente dal 2001, a restare in carica fino all’elezione del suo successore …

R. - Senz’altro il Congo è, ad oggi, uno dei Paesi africani dove c’è maggiore incertezza e dove è stato ipotizzato un rischio di forti tensioni. Nel 2015, quando Tshisekedi non era in Congo, c’erano state manifestazioni di piazza e anche disordini significativi. Il suo ritorno è stato interpretato come un elemento che potenzialmente va nella direzione di rafforzare questa mobilitazione. Il problema, poi, rispetto ai Presidenti a lungo in carica è una questione congolese, ma non solo: sono tanti i Paesi africani dove I Presidenti si sono trasformati o si stanno trasformando in Presidenti a vita.

D. - Si teme anche un nuovo mandato di Kabila, nonostante i frequenti richiami al rispetto della democrazia arrivati da tutto il mondo. C’è un’alternativa concreta all’attuale Presidente?

R. - Ciò che è stato messo in evidenza da diversi osservatori è che in realtà a favore di Kabila potrebbero giocare condizionamenti esterni, in particolare l’interesse di Paesi come Rwanda e Uganda per coltan, cassiterite, materie prime strategiche, essenziali poi nel mondo dell’elettronica di oggi alle quali, secondo tesi concordanti, Paesi come  Rwanda, Uganda e non solo, hanno interesse e alle quali hanno accesso anche grazie all’alleanza con Kabila.

D. - Che ruolo gioca Kodjo,  il facilitatore del dialogo nazionale nominato dall’Unione Africana nell’aprile scorso?

R. - Su questo mi limiterei a segnalare il recente annuncio da parte di Tshisekedi  della decisione dell’opposizione congolese di non partecipare a questo forum di dialogo convocato da Kabila, anche perché la figura è ritenuta non adeguata a garantire un sereno svolgimento dei lavori.

D. - In questa situazione c’è il rischio che si acuiscano nuovamente le tensioni sociali nel Paese?

R. - Il rischio c’è ed è stato anche al centro delle preoccupazioni internazionali. I vescovi, diverse volte, hanno ammonito anche la leadership politica congolese dal compiere passi che possano compromettere la stabilità e la pace in Congo.

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Epatite: 400 milioni di persone sono affette, 1 su 20 sa di averla

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400 milioni di persone nel mondo sono affette delle cinque forme di epatite (A, B, C, D o E), la maggior parte dei quali senza saperlo. I dati sono allarmanti, soprattuto perchè ogni anno quasi un milione e mezzo di pazienti perdono la vita. Per questo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) lancia l'appello invitando i Paesi membri a rafforzare l’impegno per migliorare la conoscenza sull’epatite e incrementare l’accesso ai test e ai trattamenti. L'odierna Giornata Mondiale dell’Epatite, è un’occasione per riflettere, informarsi e  prevenire: l’infiammazione del fegato è infatti provocata da virus che possono essere evitati seguendo alcune semplici regole. Nel complesso, e su scala globale, le malattie infettive fanno meno morti rispetto al passato. Se le si considera singolarmente, però, lo scenario può risultare opposto. Si è passati infatti da 890mila a 1,45 milioni di decessi nel 2013, provocati dalle complicanze acute e croniche (cirrosi epatica e tumore del fegato) delle infezioni. Michele Ungolo ne ha parlato con il professor Giovanni Covini, epatologo al Centro Diagnostico Humanitas Lab: 

R. – La malattia nella stragrande maggioranza dei casi evolve come una malattia subdola perché il paziente si infetta, viene a contatto con il virus non ha una sintomatologia acuta, quindi non diventa giallo, non ha sintomi particolari e subdolamente il virus di insinua nel fegato dando una patologia cronica con un lievissimo movimento delle transaminasi. È una malattia completamente asintomatica.

D. - Cosa bisognerebbe fare per ridurre il rischio di contrarre l’epatite?

R. - Nei Paesi occidentali esistono principalmente tre tipi di epatite: A, B e C. L’epatite A si contrae attraverso un’infezione oro-fecale, cioè veniamo a contatto, mangiamo del cibo contaminato e pertanto bisogna lavare bene gli alimenti, quindi frutta e verdura, e vi è la possibilità di una vaccinazione. Per quanto riguarda l’epatite B, la modalità di contagio è per via sessuale o via parenterale, cioè che il contagio può avvenire attraverso una puntura, quindi aghi infetti, trasfusioni,… Per prevenire l’infezione è importante avere rapporti sessuali protetti e, anche qui, c’è la possibilità di vaccinarsi grazie ad un vaccino molto efficace. In questo modo noi ci proteggiamo. Per quanto riguarda le modalità di trasmissione dell’epatite C, è molto simile a quella dell’epatite B anche se la via sessuale è meno predominante. Purtroppo per l’epatite C non esistono vaccini.

D. - I costi per le cure sono ancora molti elevati e non tutti i cittadini italiani possono permettersi l’acquisto di farmaci. Ci si affida a farmaci generali provenienti dall’Oriente. Cosa comporta nel paziente questa scelta?

R. - È vero. Intanto i farmaci per l’epatite C sono molto costosi e la scelta dello Stato italiano è stata quella di iniziare a trattare pazienti solamente i più gravi. Noi crediamo che nel prossimo futuro usciranno farmaci concorrenti. Il prezzo del farmaco scenderà e probabilmente verrà esteso a tutte classi di gravità dell’epatite. Per quanto riguarda i farmaci che si comprano in Stati come l’India, io sinceramente preferirei attendere anche perché poi c’è una mancanza di monitoraggio del paziente perché tutto avviene attraverso internet, anche il consulto con medici e sinceramente e noi non consigliamo questa pratica.

D. - Quale potrebbe esser un appello rivolto al premier Renzi per facilitarne l’acquisto?

R. - Se riuscissimo a curare tutti i pazienti con epatite C, probabilmente quei soldi che spendiamo ora in farmaci li risparmieremmo sicuramente nei prossimi 10, 15 anni perché evitiamo che questi pazienti vadano verso la cirrosa e l’epatocarcinoma. Quindi portando avanti ora una campagna preventiva potremmo risparmiare tra 15, 20 anni.

D. - Lo slogan dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è conoscere l’epatite e agire subito. Quindi invita i cittadini ad informarsi su quelle che sono le epatiti virali. Come può avvenire la prevenzione e come comprendere quali sono i primi sintomi?

R. - Su questo l’Italia è stato uno dei primi Stati al mondo a rendere obbligatoria la vaccinazione contro l’epatite B nel 1991. In questo siamo sicuramente molto all’avanguardia; sono stati vaccinati tutti i nuovi nati e tutti i ragazzi che compivano il dodicesimo anno di età. Per cui su questo aspetto siamo molto avanti. Sicuramente l’altra cosa che possiamo fare è suggerire di vaccinarsi contro l’epatite A perché può essere una malattia pericolosa in fase acuta.

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Nella Chiesa e nel mondo



Attacco a Rouen: la condanna del Grande Imam di Al Azhar

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Anche il Grande Imam di Al Azhar, Ahmad Al Tayyeb, la più alta autorità islamica sunnita, si unisce alla ferma condanna dell’attacco terroristico nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray. 

Chi ha compiuto l'attentato è privo dei valori di tolleranza islamica
“Coloro che hanno compiuto questo efferato attacco”, ha detto, sono “privi di qualunque senso di umanità e di tutti i valori ed i principi di tolleranza islamica, che invitano alla pace e ad evitare lo spargimento di sangue di innocenti, senza distinzione di religione, colore, genere o appartenenza etnica”. L’Islam  - ha aggiunto “ ordina di rispettare i luoghi sacri e di culto e la sacralità dei non- musulmani”. 

Appello per affrontare il cancro del terrorismo
​Il Grande Imam di Al Azhar ha quindi rivolto un appello affinché “si intensifichino gli sforzi e le iniziative comuni per affrontare il cancro del terrorismo, che minaccia ormai il mondo intero, distrugge innocenti e mette a rischio la pace mondiale” ribadendo l’impegno di Al Azhar a continuare la sua lotta contro il pensiero estremista a quando il terrorismo non sarà completamente sradicato.  Al Tayyeb ha infine espresso “le proprie sincere condoglianze al Presidente della Repubblica francese François Hollande, all’arcivescovo di Rouen Mgr. Dominique Lebrun, ai familiari delle vittime”  e “all’intero popolo francese amico”. (L.Z)

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Cile. Papa scrive ad una detenuta: non perdere la speranza

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"Il carcere non è un luogo dove si perde la speranza, ma è un tempo che può rafforzare i progetti di vita per una società più giusta e fraterna; la mancanza di libertà non vuol dire mancanza di dignità, coraggio e fiducia, le persone possono imparare dai propri errori e proiettare la loro vita in modo più sociale": sono le parole del vicario apostolico di Aysen, mons. Luigi Infanti della Mora, dopo la visita al penitenziario di Coyhaique, dove ha incontrato una detenuta per consegnarle una lettera del Papa.

La lettera al Papa scritta dalla giovane in carcere
Secondo la nota pervenuta a Fides, la lettera, firmata da Papa Francesco, risponde ad una lettera scritta dalla giovane in carcere ed inviata al Papa un anno fa attraverso il nunzio apostolico. La risposta del Papa è giunta in nunziatura un mese dopo, ma per diversi motivi è stato possibile consegnarla solo ora.

Le parole di speranza del Papa
“Chiedo a Dio di concedere a Lei la luce della fede e la forza della speranza, e che riesca a sentire la consolazione di Dio misericordioso nella vicinanza delle persone che ama" scrive il Papa, assicurando la sua preghiera. La donna ha ringraziato per la risposta e, molto emozionata, ha detto che continuerà a scrivergli per raccontare al Papa che si è sposata e ha avuto il suo secondo figlio, una bambina che vive con lei nel carcere.

La soddisfazione del direttore del carcere
​"Da un punto di vista spirituale è confortante sapere che il Papa si preoccupa di rispondere alle persone che si trovano in una situazione complessa; è una gioia e una speranza per noi, non solo per la persona che ha scritto, sapendo di potersi aspettare una risposta da Sua Santità" ha commentato il direttore regionale della Gendarmeria alla stampa. (C.E.)

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Usa: ad agosto il III Congresso Eucaristico afro-americano

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Mettere in evidenza doni, contributi, sfide e opportunità di evangelizzazione delle famiglie immigrate africane nella Chiesa cattolica negli Stati Uniti: questo l’obiettivo del terzo Congresso Eucaristico afro-americano che si terrà a Washington dal 5 al 7 agosto. L’incontro, che riunisce i responsabili della pastorale tra i cattolici di origine africana, si svolge ogni cinque anni, ma questa volta promette di assumere un significato ancora più importante soprattutto alla luce dei recenti episodi di odio razziale che hanno interessato il Paese. Tema di quest’anno – riporta L’Osservatore Romano - è “Far fronte alla nuova evangelizzazione. La famiglia cattolica africana, un dono per la Chiesa in America”.

Tra gli ospiti l’arcivescovo di Kinshasa, Laurent Mosengwo Pasinya
L’appuntamento, che si terrà presso la Catholic University of America, è organizzato dal Segretariato della diversità culturale della Conferenza episcopale statunitense in collaborazione con l’Associazione nazionale dei cattolici africani negli Stati Uniti e la Conferenza africana del clero e dei religiosi cattolici. Uno dei momenti salienti della manifestazione — secondo quanto riferito dal sito in rete dell’episcopato statunitense — sarà l’intervento del vescovo di Houma-Thibodaux, Shelton Joseph Fabre, presidente della sottocommissione per gli affari afro-americani della Conferenza episcopale (Usccb). È annunciata la presenza del cardinale arcivescovo di Kinshasa, Laurent Mosengwo Pasinya. (L.Z.)

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Presentata ai giovani l'App della Dottrina Sociale della Chiesa

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L'arcivescovo di Manila, il card. Luis Antonio Tagle, ha presentato martedì scorso ai giovani partecipanti della Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia, una app sulla Dottrina Sociale della Chiesa pensata per loro, come riferisce la nota ripresa dall'agenzia Fides dalla Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp). "La Chiesa vuole diffondere la Buona Novella con i moderni mezzi di comunicazione ... per reimpostare il mondo in fiamme portandogli la potenza della Parola di Gesù Cristo" ha detto il cardinale, che è anche membro del YouCat International Advisory Board.

Card. Tagle: a completare la fede, c’è l'azione
​L'applicazione "Docat App" è un progetto del Catechismo dei Giovani della Chiesa cattolica, come Youcat, che mira ad aiutare i giovani a comprendere nel loro lingguaggio e rispondendo alle loro domande, il Catechismo della Chiesa Cattolica. Il card. Tagle ha sottolineato che Docat è un sequel di Youcat, in quanto "a completare la fede, c’è l'azione".

L'app sui temi povertà, lavoro, ambiente e pace
L'applicazione si propone di guidare i giovani nella formazione della coscienza e nell’azione evangelica su temi sociali come la povertà, il lavoro, l'ambiente, la pace… è disponibile in diverse lingue, tra cui croato, ceco, inglese, tedesco, francese, italiano, filippino, irlandese e 15 lingue indiane. (C.E.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 210

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.