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Sommario del 30/07/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: sacerdoti cerchino i bisognosi, non i poteri del mondo

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Abbiate un cuore aperto, uscite dai voi stessi, rifuggite dai poteri del mondo. Sono le esortazioni che Papa Francesco ha rivolto a sacerdoti e religiosi polacchi, durante la Messa di stamani nel Santuario di San Giovanni Paolo II, rilanciate più tardi anche da un suo tweet: "Gesù cerca cuori aperti e teneri verso i deboli, mai duri; cuori docili e trasparenti". Dal Papa la spinta a lasciarsi trasformare dalla misericordia per “continuare a scrivere il suo Vangelo di amore”. Da parte sua, il cardinale Stanislaw Dziwisz ha ringraziato Francesco per questa visita che rinforza la Chiesa polacca “nella vocazione e nella prontezza a proseguire” il proprio servizio. Da Cracovia, il nostro inviato Alessandro Gisotti: 

Gesù desidera che “la Chiesa sia in uscita, vada nel mondo”. Nel Santuario di San Giovanni Paolo II, che ha portato il Vangelo in ogni angolo della Terra, Francesco esorta i sacerdoti e i religiosi della Polonia, almeno duemila presenti, a seguire l’esempio di Karol Wojtyla di “aprire le porte” a Cristo per vincere la tentazione di “rimanere un po’ rinchiusi, per timore o per comodità”. La Messa è stata vissuta con grande intensità spirituale, accanto all’altare anche una reliquia del Santo Papa polacco, sullo sfondo i meravigliosi mosaici opera di padre Rupnik.

I sacerdoti rinuncino alle proprie sicurezze, siano saldi in Gesù
Nell’omelia, Francesco traccia una sorta di profilo del buon pastore, quasi una guida per i sacerdoti e pone come primo punto proprio l’“uscire da se stessi”:

“E’ un viaggio senza biglietto di ritorno. Si tratta di compiere un esodo dal nostro io, di perdere la vita per Lui, seguendo la via del dono di sé. D’altra parte, Gesù non ama le strade percorse a metà, le porte lasciate socchiuse, le vite a doppio binario. Chiede di mettersi in cammino leggeri, di uscire rinunciando alle proprie sicurezze, saldi solo in Lui”.

La vita dei discepoli di Gesù, riprende, deve essere fatta di “amore concreto, cioè di servizio e disponibilità”. E’ una vita, ammonisce, “dove non esistono spazi chiusi e proprietà private per i propri comodi”.

Fuggire dalle situazioni appaganti e dai piedistalli del potere
La casa dove abita, sottolinea, “non gli appartiene, perché la Chiesa e il mondo sono i luoghi aperti della sua missione. Il suo tesoro è porre il Signore in mezzo alla vita, senza ricercare altro per sé”:

“Fugge così le situazioni appaganti che lo metterebbero al centro, non si erge sui traballanti piedistalli dei poteri del mondo e non si adagia nelle comodità che infiacchiscono l’evangelizzazione; non spreca tempo a progettare un futuro sicuro e ben retribuito, per non rischiare di diventare isolato e cupo, rinchiuso nelle pareti anguste di un egoismo senza speranza e senza gioia”.

“Contento nel Signore – esorta Francesco – non si accontenta di una vita mediocre, ma brucia del desiderio di testimoniare e di raggiungere gli altri”. Un sacerdote così, dunque, “ama rischiare ed esce, non costretto da percorsi già tracciati, ma aperto e fedele alle rotte indicate dallo Spirito: contrario al vivacchiare, si rallegra di evangelizzare”.

Si sofferma dunque sulla figura di San Tommaso che, dice, “ci porta più vicino a Dio, perché Dio non si nasconde a chi lo cerca”. Per noi discepoli, soggiunge, “è tanto importante mettere la nostra umanità a contatto con la carne del Signore”. Gesù, come disse a santa Faustina, prosegue, “è contento che gli parliamo di tutto, non si stanca delle nostre vite che già conosce, attende la nostra condivisione”.

Gesù cerca cuori aperti verso i deboli e i lontani
Il cuore di Gesù, ribadisce il Papa, “è conquistato dall’apertura sincera, da cuori che sanno riconoscere e piangere le proprie debolezze, fiduciosi che proprio lì agirà la divina misericordia”:

“Gesù cerca cuori aperti e teneri verso i deboli, mai duri; cuori docili e trasparenti, che non dissimulano di fronte a chi ha il compito nella Chiesa di orientare il cammino. Il discepolo non esita a porsi domande, ha il coraggio di abitare il dubbio e di portarlo al Signore, ai formatori e ai superiori, senza calcoli e reticenze”.

E mette in guardia dalla “doppiezza negli atteggiamenti e nella vita” dei consacrati. Ancora, esorta i membri del clero a leggere e rileggere il Vangelo come “un libro vivente della misericordia di Dio”. E a chiedersi come siano le pagine del libro della loro vita.

Il Signore ci rinnova entrando nel nostro cuore con la misericordia
In questo compito, è stato il suo incoraggiamento, ci aiuti la Madre di Dio che ha “pienamente accolto la Parola di Dio nella vita” così da “prenderci cura concretamente delle piaghe di Gesù nei nostri fratelli e sorelle che sono nel bisogno, dei vicini come dei lontani, dell’ammalato come del migrante, perché servendo chi soffre si onora la carne di Cristo”:

“Ravviviamo oggi, con gratitudine, la memoria della sua chiamata, più forte di ogni resistenza e fatica. Continuando la Celebrazione eucaristica, centro della nostra vita, ringraziamo il Signore, perché è entrato nelle nostre porte chiuse con la sua misericordia; perché, come Tommaso, ci ha chiamato per nome; perché ci dà la grazia di continuare a scrivere il suo Vangelo di amore”.

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Papa al Santuario della Divina Misericordia, poi confessa i giovani

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Prima della Messa con il clero, i religiosi e le religiose polacchi, il Papa aveva iniziato la sua quarta mattina a Cracovia recandosi in visita al Santuario che sorge a Lagiewniki, dal quale si è propagato il culto della Divina Misericordia. Prima di congedarsi, Francesco ha salutato brevemente a braccio i presenti dicendo in spagnolo: "Il Signore oggi ci vuol far sentire ancora più profondamente la sua grande misericordia. Non allontaniamoci mai da Gesù! Anche se pensiamo che per i nostri peccati e le nostre mancanze siamo i peggiori, così ci preferisce Lui; così la sua misericordia si sparge. Approfittiamo di questo giorno per ricevere tutti la misericordia di Gesù". La cronaca del nostro direttore dei programmi, padre Andrzej Majewski, che viaggia al seguito del Papa: 

Il Papa ha dedicato tutta la mattinata al pellegrinaggio, a Cracovia, nei luoghi importanti per il culto della Divina Misericordia. Prima, ha visitato il Santuario della Divina Misericordia: una piccola chiesa dentro il complesso degli edifici del Monastero delle suore, dove si trovano le reliquie di Santa Suor Faustina. Le suore hanno salutato il Papa con grande entusiasmo e il Papa ha pregato e poi ha scritto in spagnolo, nel Libro d’oro del santuario, la frase biblica: “Misericordia voglio e non sacrificio”. L’incontro è terminato con la sua benedizione.

Da qui, si è spostato nella Basilica della Divina Misericordia, che è stata consacrata da Giovanni Paolo II, durante il suo ultimo viaggio in Polonia, nel 2002. Arrivando, il Papa ha rivolto un breve saluto alla gente che lo aspettava fuori del Santuario. Prima di entrare per la porta Santa del Santuario, è stato salutato da due ragazze, delle quali una non può camminare e l’altra – che è stata aiutata economicamente proprio da Papa Francesco - può camminare solo grazie alle protesi. Subito dopo il passaggio per la Porta Santa, il Papa  è entrato nel confessionale per impartire il Sacramento della riconciliazione: ha confessato otto persone – cinque ragazzi, due ragazze e un sacerdote – in spagnolo, italiano e francese.

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La gioia dei giovani a pranzo col Papa

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Dopo la Messa con i sacerdoti polacchi nel Santuario di San Giovanni Paolo II, a Cracovia, Papa Francesco si è trasferito nell’arcivescovado, dove ha pranzato con 12 ragazzi dei cinque continenti accompagnati dalla portavoce della Gmg. Ce ne parla Sergio Centofanti:

E’ stato un momento familiare a base di menù polacco, con battute, risate e selfie. I ragazzi hanno potuto porre con libertà delle domande al Papa. Un giovane ha chiesto cosa abbia provato quando è stato eletto: ho sentito pace – ha risposto Francesco - una pace che è una grazia di Dio e mi accompagna anche ora. Rispondendo ad altre domande ha detto che si confessa ogni 15-20 giorni da un francescano e ha spiegato che non bisogna avere vergogna di dire i propri peccati; ha ricordato la sua confessione a 17 anni in Argentina, decisiva per la sua vocazione. Lì ha sentito la misericordia di Dio. Per lui la confessione è lasciarsi guardare dallo sguardo amorevole di Dio che tutto perdona. Ha detto che ogni volta che entra in un carcere pensa che potrebbe essere lui al posto dei detenuti e che solo la grazia di Dio gli ha consentito di evitarlo. Ha poi affermato che la sfida maggiore per i giovani è quella di non perdere la speranza e di non sottomettersi a ciò che impone il mondo. Gli è stato chiesto quale sia il suo piatto preferito. Non ne ho uno – ha risposto - ma mi piace la cucina polacca. Ascoltiamo la testimonianza di uno dei giovani che ha pranzato con il Papa, il brasiliano José Pasternak, volontario della Gmg, intervistato dal nostro inviato Alessandro Gisotti:

R. – E’ stato incredibile e indimenticabile. Il Santo Padre è una persona molto umile, una persona molto gradevole, molto piacevole e durante il pranzo ci ha messo a nostro agio. E’ stato sempre aperto alle nostre domande e ha voluto parlare con tutti. Anche a quelli che a volte stavano più in silenzio, il Santo Padre ha detto: “E tu che cosa vorresti domandare?”. Quindi un’attenzione eccezionale ad ognuno di noi. 

D. – Quali sono stati i temi di cui avete parlato?

R. – Abbiamo parlato di tematiche diverse. Abbiamo avuto l’opportunità di domandargli come vedeva determinate cose e gli abbiamo chiesto: “Come prega Santo Padre?” e ci ha risposto; “Come sta Santo Padre? E’ stanco?”. E’ stato sempre molto felice e molto aperto con tutti.

D. – Il Papa ha risposto sempre...

R. – Il Papa ha sempre risposto ed è impressionante come ci abbia dato delle risposte sempre molto concrete e molto profonde. E’ stato sempre molto felice e molto aperto con tutti ed è impressionante come ci abbia dato delle risposte sempre molto concrete e molto profonde. Secondo me, lui è la sintesi dell’umano e dello spirituale, le due cose insieme: quello che prega, il Santo Padre vive; e di quello che vive, ci può dare la testimonianza anche con la parola.

D. – Che cosa ti porterai a casa e nel cuore di questa Gmg e soprattutto di questo momento unico?

R. – Della Gmg porterò nel cuore anche questo lavoro di preparazione come volontario nella Gmg; la collaborazione che c’è stata con persone di differenti Paesi, differenti culture e differenti nazioni. Mi porto questo, dopo l’esperienza con i pellegrini che sono venuti da lontano, facendo uno sforzo per essere qui: il sorriso e lo sguardo di ognuno. E penso che di questo incontro con il Santo Padre, le immagini e le parole mi rimarranno per sempre impresse nel cuore.  

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Via Crucis, Papa: nell'accoglienza si gioca la credibilità dei cristiani

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Il parco di Blonia, a Cracovia, già teatro della festosa cerimonia di accoglienza del Pontefice, ha visto i giovani riuniti nel silenzio e nella preghiera, per un altro momento tradizionale della Gmg: la Via Crucis. Ogni stazione, incentrata sulle opere di misericordia corporale e spirituale, è stata occasione per meditare sulle sofferenze dell’umanità, dinanzi alle quali il Papa, nel suo discorso, ha offerto un’unica risposta: il dono di sé a imitazione di Cristo. ”Siate protagonisti nel servizio” è la missione che Francesco ha lasciato ai giovani, e fatelo “attraverso la Via della Croce”. Il pensiero particolare del Pontefice nelle preghiere è andato al popolo siriano in fuga dalla guerra. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

Le opere di misericordia ci conformano a Gesù
In quattordici straordinarie Stazioni, dalla condanna a morte fino alla deposizione nel Sepolcro, i giovani della Gmg, attraverso meditazioni, rappresentazioni artistiche e immagini di chi già nel mondo fa della sua vita un dono, scoprono il volto e l’esperienza di Gesù nei tanti aspetti della sofferenza quotidiana e chiedono di poter essere convertiti dalla Misericordia.

C’è Gesù in chi non è accolto perché straniero, in chi ha fame, nei peccatori in cerca di misericordia, negli afflitti da consolare, nei malati e nei carcerati da visitare. Per questo, Signore, è la preghiera dei giovani a Cracovia, facci umili, rispettosi, capaci di perdonare, di condividere e di pregare, come hai fatto sulla Croce, anche per i nemici.

Dio si identifica nei sofferenti
Ed è a questi giovani che il Papa, prendendo la parola, affida una grande missione, non prima però di aver sottolineato che non c’è risposta umana al dolore e al male nel mondo, ma che l’unica risposta è appunto che “Dio, Gesù, è nei sofferenti", ha scelto di "identificarsi in ciascuno" accettando il Calvario:

“Abbracciando il legno della croce, Gesù abbraccia la nudità e la fame, la sete e la solitudine, il dolore e la morte degli uomini e delle donne di tutti i tempi. Questa sera Gesù, e noi insieme a Lui, abbraccia con speciale amore i nostri fratelli siriani, fuggiti dalla guerra. Li salutiamo e li accogliamo con affetto fraterno e con simpatia”.

La misericordia non le idee ci fanno cristiani credibili
Attraverso le opere di misericordia spirituali e corporali dunque, sottolinea con forza il Papa, possiamo conformarci a Gesù:

"Nell’accoglienza dell’emarginato che è ferito nel corpo e nell’accoglienza del peccatore che è ferito nell’anima, si gioca la nostra credibilità come cristiani! Non nelle idee, lì!".

Siate segno dell'amore di Dio nel mondo
In un parola, ai giovani, Francesco chiede di rispondere al peccato e alla sofferenza del mondo col dono di sé, a imitazione di Cristo:

"Cari giovani, il Signore vi rinnova l’invito a diventare protagonisti nel servizio; vuole fare di voi una risposta concreta ai bisogni e alle sofferenze dell’umanità; vuole che siate un segno del suo amore misericordioso per il nostro tempo!".

La Via della Croce è via di speranza

E la Via per farlo - afferma - è l’impegno personale, è la Via della croce: via della felicità, perché segue Cristo, è la via che non teme insuccessi, perchè riempie il cuore della pienezza di Gesù, è la via della vita e dello stile di Dio che Gesù fa percorrere anche attraverso i sentieri di una società a volte divisa, ingiusta e corrotta:

"La Via della croce non è una abitudine sadomasochista: la via della croce è l’unica che sconfigge il peccato, il male e la morte, perché sfocia nella luce radiosa della risurrezione di Cristo, aprendo gli orizzonti della vita nuova e piena. È la Via della speranza e del futuro. Chi la percorre con generosità e con fede, dona speranza al e futuro e all’umanità. Chi la percorre con generosità e con fede semina speranza. E io vorrei che voi foste seminatori di speranza".

Grande la partecipazione dei giovani che hanno seguito la Via Crucis con il Papa. Ascoltiamo le loro riflessioni raccolte da Marina Tomarro: 

In silenzio e in preghiera. Così, gli oltre 800 mila giovani hanno meditato le quattordici stazioni della Via Crucis; riflettendo sulle parole che Papa Francesco ha rivolto loro, con la certezza che oltre la Croce c’è la gioia della Resurrezione. Ascoltiamo le loro emozioni:

R. – Per me significa scoprire la presenza di un Dio che arriva proprio nel profondo dell’esperienza umana: perché l’esperienza del dolore è un’esperienza profondamente umana! Scoprire fino a dove Dio può arrivare. Quando abbiamo visitato il campo di sterminio di Aushwitz, sono stato proprio colpito dal rendermi conto fino a quale abisso possano arrivare il male e il dolore umano; ma fino a dove allora può arrivare anche la misericordia di Dio. 

R. – Il dolore è lontano, sì, ma non sempre. In realtà, spesso siamo immersi nel dolore, anche in quello che vediamo tutti i giorni nel mondo. La Via Crucis sicuramente ci insegna che – sì – il dolore c’è, ma possiamo affrontarlo con una persona che ci porta per mano; che l’ha vissuto in prima persona; e che ci ha dimostrato che il dolore si spuò sconfiggere o che comunque non è fine a sé stesso. C’è invece un punto di arrivo, un qualcosa di grande che ci aspetta dopo.

R. – Per me il dolore è vedere quel Dio in Croce e solo in quello possiamo trovare tutti i nostri dolori. Possiamo allora cercare di vedere il Lui il dolore e andare oltre il dolore, perché Lui ha già vissuto tutti i nostri dolori. Come cantano gli alpini: l’importante non è cadere, ma è rialzarci sempre. Possiamo cadere tante volte, ma noi sappiamo che abbiamo la mano tesa di Gesù che ci rialza.

D. – Oggi, grande è il dolore nel mondo. Ma quanto è importante la speranza del guardare oltre?

R. – Questa è una domanda che ci hanno fatto anche i nostri genitori prima di partire. Ossia: “Che andate a fare? Ma non avete paura? Il terrorismo… Siamo invece noi giovani a dare l’esempio, a non fermarci: chi andrà avanti? Noi siamo la speranza a tutti gli effetti. E quindi è importante per noi essere qui a dimostrarlo.

D. – Quanto è importante anche affidarsi a Cristo nei momenti in cui sembra che tutto ci stia crollando addosso?

R. – Non è importante, ma è l’unica cosa che si può fare perché tutto il resto crolla, mentre invece questa è forse l’unica cosa che conta davvero. Ci si affida a Lui e anche alle persone che ci mette accanto. E quando siamo abbastanza fortunati da averne qualcuna, è bene tenersela stretta e apprezzare i doni che Dio ci fa anche attraverso gli altri.

D. – Papa Francesco spesso dice di andare “oltre la cultura dello scarto”: allora, in che modo superare questa mentalità?

R. – È importantissimo condividere qualcosa con le persone che sono meno fortunate di noi. Anzi, l’attività di volontariato e l’accoglienza di queste persone non può che arricchirci e farci imparare moltissimo. Anche perché molte di queste persone hanno un approccio alla vita completamente diverso, e secondo me è solamente una lezione da cui possiamo imparare molto.

E tra le opere di misericordia che sono state al centro del discorso di papa Francesco, c’è quella di visitare gli infermi. Beatrice, una giovane di Asti, ha deciso di vivere questa Gmg proprio come volontaria tra i disabili e i malati. Ascoltiamo la sua testimonianza:

R. – Alla domanda: “Saresti disponibile a lavorare con delle persone disabili, ho risposto: ‘Sì, molto volentieri!’, perché non avevo mai vissuto delle esperienze simili nella mia vita. È un dolore particolare quello di queste persone, perché si può andare dalla persona cieca a quella sorda, o al disabile mentalmente o fisicamnte. E sinceramente, quando si incontrano queste persone, non si può far altro che cercare di essere gentili con loro, perché si vede che soffrono – e soffrono tanto – e molto probabilmente perché capiscono che le persone non li sanno accettare per quelli che sono.

D. – Cosa rimarrà nel tuo cuore di questa esperienza che stai vivendo?

R. – Sicuramente, il mio cuore sarà pieno di sorrisi. Perché ogni giorno, quando da questo settore escono queste persone, mi si riempie il cuore di gioia, perché ho capito che ho fatto qualcosa di bello per loro anche oggi. Noi usciamo con il sorriso perché capiamo di aver fatto qualcosa di bello per qualcuno.

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Papa all'arcivescovado: la crudeltà non è finita ad Auschwitz

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La crudeltà non è finita ad Auschwitz, ma dura anche oggi nelle tante sofferenze inflitte agli uomini e alle donne nel mondo. E’ questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa dalla finestra dell’arcivescovado di Cracovia, ripercorrendo con i giovani radunati nel piazzale antistante la sua terza intensissima giornata in terra polacca. Ma non è con la tragica attualità che Francesco si è congedato, bensì con la speranza che viene ancora una volta da Gesù che col suo amore ha preso su di sé i peccati del mondo. Il servizio di Gabriella Ceraso

"Dobry wieczór! Oggi è stato un giorno speciale, una giornata di dolore"

E' questo il bilancio di Francesco del Venerdì trascorso in Polonia. Nel giorno in cui ricordiamo la morte di Gesù, con i giovani, racconta, abbiamo finito la giornata con il rito della Via Crucis, pregando uniti a Gesù sofferente, duemila anni fa, come oggi in tanti malati; in chi è in guerra; nei senzatetto; negli affamati; nei dubbiosi che non sentono la felicità o che si sentono col peso del proprio peccato.

Nel pomeriggio poi la visita all'ospedale. Anche lì Gesù soffre, sottolinea il Pontefice, e lo fa in tanti bambini ammalati: una sofferenza che, in questo caso, non ha risposte. Tornando infine alla mattinata, il Papa rivive il dolore provato nella visita ai campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, un dolore, dice, che risale a 70 anni fa, ma che non è finito:

"Quanto dolore, quanta crudeltà! Ma è possibile che noi uomini, creati a somiglianza di Dio, siamo capaci di fare queste cose? Le cose sono state fatte. Io non vorrei amareggiarvi, ma devo dire la verità. La crudeltà non è finita ad Auschwitz, a Birkenau: anche oggi, oggi si tortura la gente; tanti prigionieri sono torturati, subito, per farli parlare… E’ terribile! Oggi ci sono uomini e donne nelle carceri sovraffollate; vivono – scusatemi – come animali"

Oggi c’è questa crudeltà, prosegue il Papa, e in tanti posti del mondo dove c'è la guerra succede la stessa cosa. Ma c'è anche un'altra realtà da non dimenticare. Cioè che Gesù è venuto per portare tutto questo dolore sulle proprie spalle. E ci chiede di pregare. Da qui la richiesta del Papa alla piazza gremita:

"Preghiamo per tutti i Gesù che oggi sono nel mondo. Preghiamo per i tanti ammalati, bambini innocenti, i quali portano la Croce da bambini. E preghiamo per tanti uomini e donne che oggi sono torturati"

Una tragica attualità che non soffoca però la speranza, perchè col dolore, ribadisce Francesco, Gesù ha preso su di sè anche il nostro peccato. E su questo il Papa si congeda prima della recita dell'Ave Maria con tutta i presenti:

"Tutti qui siamo peccatori, tutti abbiamo il peso dei nostri peccati. Non so … se qualcuno non si sente peccatore alzi la mano! Tutti siamo peccatori. Ma Lui ci ama: ci ama! E facciamo come peccatori, ma figli di Dio, figli di suo Padre. Facciamo tutti insieme una preghiera per questa gente che soffre oggi nel mondo, tante cose brutte, tante cattiverie. E quando ci sono le lacrime, il bambino cerca la mamma. Anche noi peccatori siamo bambini, cerchiamo la mamma e preghiamo la Madonna tutti insieme, ognuno nella propria lingua".

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Papa tra i bimbi malati: tenerezza verso i fragili fa crescere umanità

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Momenti commoventi durante la visita del Papa, nel pomeriggio, all’ospedale pediatrico universitario di Prokocim, a Cracovia. Si tratta del più grande ospedale pediatrico del Sud della Polonia e ogni anno cura 200mila bambini. E’ all’avanguardia, in particolare, nella separazione dei gemelli siamesi, nel trattamento delle ustioni e degli scompensi cardiaci. Giovanni Paolo II lo ha visitato nel 1991. Il servizio di Sergio Centofanti

Ad accogliere il Papa è stato il premier polacco, la signora Beata Szydło, e una cinquantina di piccoli malati con i loro genitori. Il Papa li ha salutati uno per uno, li ha accarezzati, ha ricevuto in dono qualche disegno, poi si è recato nel reparto emergenze per visitare altri bimbi. “Vorrei poter stare un po’ vicino ad ogni bambino malato, accanto al suo letto – ha detto Francesco - abbracciarli ad uno ad uno,  ascoltare anche solo un momento ciascuno di voi e insieme fare silenzio di fronte alle domande per le quali non ci sono risposte immediate. E pregare”. Gesù – ricorda – sempre si accorge dei malati, “li guarda come una madre guarda il figlio che non sta bene, e sente muoversi dentro di sé la compassione”:

“Quanto vorrei che, come cristiani, fossimo capaci di stare accanto ai malati alla maniera di Gesù, con il silenzio, con una carezza, con la preghiera. La nostra società è purtroppo inquinata dalla cultura dello ‘scarto’, che è il contrario della cultura dell’accoglienza. E le vittime della cultura dello scarto sono proprio le persone più deboli, più fragili; e questa è una crudeltà”.

“Segno della vera civiltà, umana e cristiana”, è invece “mettere al centro dell’attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate”. Ma “a volte - aggiunge - le famiglie si trovano sole nel farsi carico di loro. Che cosa fare?”:

“Da questo luogo in cui si vede l’amore concreto, vorrei dire: moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza, opere animate dall’amore cristiano, amore a Gesù crocifisso, alla carne di Cristo. Servire con amore e tenerezza le persone che hanno bisogno di aiuto ci fa crescere tutti in umanità; e ci apre il passaggio alla vita eterna: chi compie opere di misericordia, non ha paura della morte”.

Infine, il Papa incoraggia tutti coloro che hanno fatto dell’invito evangelico a “visitare gli infermi” una personale scelta di vita: medici, infermieri, tutti gli operatori sanitari, come pure i cappellani e i volontari:

“Il Signore vi aiuti a compiere bene il vostro lavoro, in questo come in ogni altro ospedale del mondo. Non vorrei dimenticare, qui, il lavoro delle suore - tante suore! -  che spendono la vita negli ospedali. Che il Signore vi ricompensi donandovi pace interiore e un cuore sempre capace di tenerezza”.

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Mons. Gądecki: l'umiltà di Francesco illumina la Chiesa

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Il Vangelo si può continuare a scrivere con le opere di misericordia. È il concetto finale dell’omelia della Messa celebrata da Papa Francesco con il clero e i religiosi polacchi nel Santuario di Cracovia dedicato a Giovanni Paolo II. Un’omelia intensa anche per i continui richiami ai consacrati a non cedere a lusinghe mondane e a vivere “del perdono” ricevuto Gesù “per riversarlo con compassione sui fratelli”, come ha sottolineato Francesco sul suo account Twitter @Pontifex. Alessandro Gisotti ha chiesto un’impressione sull’omelia del Papa a mons. Stanisław Gądecki, presidente dei vescovi della Polonia: 

R. – La misericordia: quel tema non era destinato solamente ai preti, ai sacerdoti sia diocesani che religiosi, ma era un discorso che vige per tutti i cristiani, per tutti i battezzati. Quel discorso è stato diretto ai sacerdoti, ma ugualmente – anche se in diverso modo – può essere applicato a ciascun cristiano. Uscire dal proprio luogo comodo, aprire le porte, per evangelizzare, sottolinea la necessità dell’evangelizzazione, di quell’uscire dal proprio ego andando verso gli altri, anche se questo diventa scomodo e difficile in diversi modi. La cosa molto sorprendente è stata la terza parte del discorso del Papa, quella sul libro, sul Vangelo: ciascuno di noi può diventare scrittore del Vangelo nella misura in cui sia pronto a toccare le ferite dell’umanità e con quelle Opere di misericordia scrivere ciò su cui saremo poi giudicati nel Giudizio Universale.

D. – Come presidente dell’episcopato polacco, come guarda al dopo? Quale tipo di indicazioni, anche linee, possono venire da questa visita e ovviamente dell’incontro che avete avuto con il Santo Padre nella Cattedrale e anche dall’omelia di Jasna Góra e da questa omelia al Santuario di San Giovanni Paolo II?

R. – Pensando al messaggio del Papa, possiamo andare oltre: possiamo cioè andare molto più avanti con più forza e in modo più totale, verso coloro che soffrono sia a livello materiale che su quello spirituale. Sicuramente, quel modo mite e umile dell’insegnamento del Papa ci illuminerà.

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Lombardi: i giovani della Gmg hanno forza per cambiare il mondo

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A poche ore dalla Veglia della Gmg, e alla vigilia della Messa conclusiva, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, traccia un primo bilancio del raduno giovanile di Cracovia. L’intervista è dell’inviato, Alessandro Gisotti

R. – La Chiesa polacca è una grande Chiesa, ha una grande tradizione. Il popolo polacco ha una grande storia. E’ un popolo che ci ha dato tanti Santi, l’ultimo di essi il nostro carissimo e grande Giovanni Paolo II. Anche se in un tempo molto breve, Papa Francesco è entrato in profondità in contatto con il popolo e con la Chiesa polacca, un po’ in tutte le sue dimensioni. Ha dato loro il senso del suo affetto, della sua prossimità, del suo messaggio di essere Chiesa in uscita, di essere Chiesa creativa. Ha dimostrato un grande rispetto per la tradizione dei valori cristiani e della storia da cui questo popolo viene, da cui questa Chiesa viene, e allo stesso tempo – con discrezione, ma con decisione – ha dato anche al popolo e alla Chiesa polacca i suoi messaggi che sono quelli che sta dando a tutto il mondo: di essere in uscita, di essere missionari, di essere solidali, di essere dialoganti, di costruire una grande comunità di nazioni per un mondo di pace. Quindi, credo veramente sia stato un incontro felice, sereno, molto costruttivo e che possa dare alla Chiesa in Polonia, al popolo polacco quella serenità, quella gioia di continuare a guardare in avanti, sentendo di avere un Papa che è nelle tracce, nella direzione di Giovanni Paolo II, portandone avanti anche i messaggi essenziali, primo fra tutti quello dell’annuncio della misericordia nel mondo di oggi, che ne ha estremamente bisogno.

D. – Mancano gli eventi finali, se così si può dire, della Gmg: cosa, secondo lei, è che colpisce di più di questa Gmg tra le tante che ha potuto vivere?

R. – Ogni Giornata della gioventù avviene in un contesto particolare e può portare quindi un suo messaggio specifico. Diciamo che per esempio, non so, quella di Parigi: quella di Parigi aveva dimostrato la gioia e la vitalità della fede in un mondo secolarizzato che non si aspettava, che rimaneva sorpreso della vitalità della fede dei giovani, ecco. E’ un messaggio diverso… Adesso, questo è un messaggio invece di coraggio e di speranza in un mondo travagliato da conflitti e da paure, questo mi sembra molto evidente, ed è un messaggio preziosissimo. Una cosa analoga era stata, per esempio, a Toronto, anche dopo gli attentati dell’11 settembre alle Torri Gemelle: era diversi mesi dopo ma l’impressione era ancora molto forte. Era di nuovo, anche in quel caso lì, un messaggio di speranza in un mondo che si sentiva incerto per la presenza dell’odio in forme nuove, che non conosceva ancora. Ed era stato un messaggio importante. Quindi, ogni Giornata della gioventù assume un significato particolare a seconda del contesto in cui si colloca. Le prime, la prima, quella di Czestochowa, era quella in cui si viveva un po’ l’Europa dell’Est che si apriva e quindi la possibilità dell’incontro con “i due polmoni dell’Europa”: anche quello era un messaggio nuovo, estremamente importante. Qui sappiamo tutti che momento stiamo vivendo della storia e l’evento “Giornata mondiale della gioventù” è un grande segno di speranza per questo mondo. E’ l’evento come tale che è il messaggio: l’evento come tale creato, naturalmente, dalla fede, dall’annuncio del Vangelo che richiama tutti questi giovani, queste forze meravigliose, questi entusiasmi e queste speranze meravigliose di futuro che hanno i giovani e le orienta, le catalizza, fa prendere loro coscienza della loro potenzialità di servizio e di annuncio per il mondo di oggi. Ieri il Papa: “Si possono cambiare le cose?”, chiedeva ai giovani. “Sììì”. Glielo faceva ripetere e glielo faceva ripetere: devono prendere coscienza, i giovani; prendono coscienza – questo milione e più di giovani che sono qui – che se ascoltano la Parola di Gesù, se credono all’amore piuttosto che all’odio, allora possono dare un contributo importante per questo mondo.

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Mons. Bregantini: commossi dall'accoglienza delle famiglie polacche

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Tra le centinaia di vescovi giunti a Cracovia per la Giornata Mondiale della Gioventù, anche l'arcivescovo di Campobasso-Boiano, mons. Giancarlo Bregantini che ha accompagnato in Polonia 200 giovani della sua diocesi e sta vivendo con loro il pellegrinaggio affrontando tutti i disagi ma anche i momenti di comunione e di gioia. Al termine della giornata di ieri a Cracovia lo ha intervistato Alessandro Gisotti: 

D. – Eccellenza, una giornata davvero intensa in questa Gmg, altrettanto intensa qui in Polonia: la visita ad Auschwitz. Papa Francesco ha sottolineato che la violenza è ancora molto presente nella vita del mondo, nella vita dell’Europa. Ha parlato di tanti temi, del terrorismo, ma anche delle carceri affollate; ha anche sottolineato – parlando ai giovani – che non c’è soltanto la festa, ma anche l’elemento della sofferenza. Che cosa pensa di questo Papa che mette, comunque,  anche in luce queste ferite del mondo di oggi?

 R. – Credo che sia doveroso e anche coinvolgente, perché davanti a questi drammi che i giovani sentono nel cuore – e loro sentono specialmente la disoccupazione – il richiamo al volto positivo è utile, ma  è anche importante che loro si sentano interpretati. Quindi il richiamo alla sofferenza del mondo, ai drammi che vivono i giovani, è decisivo: altrimenti diventerebbe un messaggio astratto o buonista. Invece è un messaggio che entra nella loro storia e proprio perché è così, sentiamo che è vero che la beatitudine della speranza e quindi della misericordia, è decisiva e che è possibile.

 D. - Nella Via Crucis, il Papa ha anche detto che il messaggio cristiano non è un’idea, ma deve smuovere; è una cosa concreta che poi deve spingere i giovani ad impegnarsi per il prossimo, per chi ha bisogno. Anche questo è un appello e una sfida che fa il Papa?

 R. – Sì. I giovani hanno molto apprezzato due cose: la scenografia, specialmente l’uso del bianco e quindi anche atteggiamento propositivo e non di lutto; e poi alcune immagini molto belle, ardite, originali, che il testo ha dato. Ad esempio: Veronica l’emorroissa non lo avevo mai sentito; è geniale! Queste due grandi realtà, le genialità di alcune immagini e la bellezza attenta e appropriata dei colori è diventata alla fine appello del Papa verso coloro che, dando la propria vita per gli altri, aiutano a vincere il male che c’è nel mondo tramite le opere di misericordia, non solo quelle fisiche. È molto bello perché lui ha unito in maniera diretta l’una e l’altra, ed è attraverso il dono del volontariato, del tempo per l’altro, della vita per l’altro, con la bellissima domanda finale: “Se voi oggi tornando a casa pensaste al dopo la Crocifissione, come vi porreste? Sareste persone che scappano o persone che restano sotto la Croce?”. È un domanda molto concreta ed anche molto precisa e direi anche coinvolgente e talmente bella che il Papa non ha voluto risposte corali, ma le ha date e le ha poste nel cuore della gente.

 D. - In questa visita in Polonia rimarrà memorabile la visita ad Aushwitz-Birkenau di Papa Francesco, una visita silenziosa, intensa, di preghiera. Lei insieme ai suoi giovani, ai giovani della sua terra, della sua diocesi, è stato ad Auschwitz, tra l’altro il giorno prima di Francesco. Che esperienza è stata? Che cosa ha ricevuto come emozione anche dai suoi ragazzi?

 R. - È una delle realtà che più hanno apprezzato. Io l’ho spiegata a loro perché si introducano in maniera piena, direi spirituale in questa vicenda, in tre modi: i lager sono frutto di tre grandi errori presenti ieri ed oggi: una società che lascia fuori Dio – qualcuno si è messo al posto di Dio come Hitler o altri oggi -; una società che pensa alla tecnica e non all’etica: chi ha fatto il gas mortale non ha mai pensato che poteva uccidere anche un vicino di casa. L’etica oggi è decisiva, specie in questo momento ed è la sintesi della Laudato si’ in maniera meravigliosa. Terzo elemento: l’esperienza di una cultura senza limite che non ha mai voluto dire: “Noi abbiamo dei limiti, ma “Deutschland über Alles”, quindi un mondo senza Dio, una tecnica senza etica e una scienza senza limite, una cultura senza limite ha prodotto l’onnipotenza dei lager. È diventato terribilmente vero perché anche oggi le tre tentazioni rientrano in modo molto diverso. Ecco perché è stato molto importante il modo in cui la Polonia ha vinto i lager. Anche dopo le varie oppressioni - stamattina siamo andati a Jasna Góra - abbiamo visto che il popolo polacco non ha mai ceduto, non è mai stato collaborazionista, ma ha sempre combattuto fino in fondo tramite le due armi che hanno caratterizzato la sua storia: la fede e la cultura, l’università e le chiese. Queste sono  le due armi e credo che anche oggi, questa lettura estremamente attuale, ci permetta alla luce di quelle che sono le tre encicliche del Papa oltre la Lumen Fidei,  che diventano anche le modalità con le quali rispondere oggi alle sfide di ieri. Ma vedere la crudeltà analizzare il reparto n. 11, Kolbe, sostenuto dalla Madonna, lui, che se ha fatto questo gesto è perché Maria Immacolata gli è stata sempre affianco, vedere questa esperienza dice che anche oggi i nemici ci sono. Quindi una militanza è necessaria, ma deve essere fondata sulla cultura e sulla fede.

 D. - Come vescovo, come pastore che cosa sta ricevendo da questa Gmg di Cracovia nella terra di san Giovanni Paolo II?

 R. - La cosa bella è il fatto che viviamo nelle case, dormiamo nella precarietà, in una zona rurale molto povera, ma molto bella nella cordialità. Si adeguano ai nostri orari ed è bello vedere che questo popolo ha dentro il tessuto quotidiano una forte pregnanza anche sul piano per esempio agricolo. Io sono figlio di contadini; ho visti molti lanciati anche sul piano imprenditoriale  e rurale. I giovani vivono un momento di grande forza interiore, di grande slancio, cordialità, amabilità, povertà, ma anche tanto coraggio. Ed è molto bello, per me come pastore, vivere con loro, stare con loro, camminare con loro sotto il sole. Quanti selfie i giovani mi hanno chiesto dicendo: “Non ho mai visto un vescovo da così vicino!”. Questo per dire la bellezza di testimonianze fatte sul campo, perché oggi i ragazzi hanno bisogno anche di questa dimensione della quotidianità ed è bello viverla insieme.

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Gmg. Caritas Young: i giovani alla sfida della misericordia

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“La Via Crucis è stata una forte spinta per i giovani ad impegnarsi nel cammino della misericordia, accogliendo la sfida lanciata dal Papa”. E' la testimonianza dalla Gmg di Paul Galles, tra i responsabili di "Young Caritas" che ha seguito la celebrazione di venerdì sera, nell'ambito della Gmg di Cracovia, e ne commenta i punti salienti al microfono di Alessandro Gisotti

R. – Sì, mi hanno colpito tante cose, soprattutto che ogni stazione della Via Crucis sia stata sottolineata dalla presentazione di un’opera caritativa. Hanno mostrato, dunque, come i giovani potrebbero dare un poco del loro tempo, della loro energia, del loro amore agli altri. Nello stesso tempo, però, credo che Papa Francesco abbia tanta fiducia nella creatività dei giovani stessi, che non rispondono solo a quello che già esiste, ma che inventano, seguendo le proprie idee. Alla fine, nell’Omelia, ha detto: “Dov’è Dio, quando c’è tanta sofferenza?”. E ha risposto: “E’ in quelli che soffrono”. E quando noi giovani, che accompagniamo anche i giovani, vediamo Cristo nei sofferenti, credo che la nostra vita cristiana sia davvero autentica.

D. – Cosa rappresenta per te, come giovane impegnato già con un ruolo nella Caritas, questo continuo ripetere di Papa Francesco che i giovani devono accettare le sfide, lanciarsi nella sfida della misericordia?

R. – La misericordia è una decisione, una scelta. La misericordia si deve scegliere, non è una cosa automatica. Con questo Papa Francesco fa un appello: è una chiamata alla responsabilità dei giovani, ad avere gli occhi aperti verso coloro che hanno bisogno del loro aiuto. I giovani - con la loro solidarietà, con l’amore che portano - hanno la capacità di fare la differenza.

D. – Il Papa, ancora una volta, ha chiesto soprattutto all’Europa, ma non solo, ai giovani di tutto il mondo, di essere accoglienti. Ha fatto ancora una volta un riferimento a chi fugge: ai rifugiati, ai profughi, ai migranti... Ecco, questo è un tema molto caro alla Caritas, alla Caritas Internationalis, a partire dal suo presidente, il cardinale Tagle. Come sentite questo incoraggiamento del Papa?

R. – Noi lo sentiamo come una chiamata. La rete informativa “Young Caritas in Europe” ha deciso di fare dei progetti per due anni soprattutto con i profughi e i migranti e, dunque, di condividerli anche tra di noi - tra giovani, responsabili e accompagnatori. Quello che possiamo fare è condividere ed incoraggiare. Noi, dunque, non possiamo stare con le mani in mano quando c’è una emergenza di questo tipo: noi dobbiamo agire. Credo sia questo che Papa Francesco vuole dirci.

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Papa nomina mons. Montecillo Padilla nunzio in Yemen

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Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico nello Yemen mons. Francisco Montecillo Padilla, arcivescovo titolare di Nebbio, nunzio apostolico in Kuwait, Bahrein e negli Emirati Arabi Uniti e delegato apostolico nella Penisola Arabica.

Nato a Cebu (Filippine), il 17 settembre 1953, mons. Montecillo Padilla è stato ordinato sacerdote nel 1976 e consacrato vescovo nel 2006. E’ stato nunzio in Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Tanzania.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Sul viaggio del Papa in Polonia, in prima pagina un editoriale del direttore dal titolo "Il libro della misericordia".

Quel silenzio che scuote: il viaggio sulla stampa internazionale.

Prodigi della misericordia: la presentazione del Pontefice del volume "Peccato, Misericodia, Riconcliazione. Dizionario Teologico-Pastorale".

L'ultimo sorriso di Beatrice: Sabino Caronia su Borges e i saggi danteschi.

Grandezza della libertà e della verità: l'arcivescovo Rino Fisichella in ricordo del cardinale Giacomo Biffi.

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Oggi in Primo Piano



Siria: famiglie in fuga da Aleppo. Nuovo raid su un ospedale

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Sono decine le famiglie sotto assedio nella città siriana di Aleppo che hanno lasciato i quartieri est attraverso i corridoi umanitari creati da Russia e forze del regime. Intanto, si continuano a colpire le strutture sanitarie: morti e feriti per un bombardamento su un ospedale pediatrico di Save the Children. La cronaca di Francesca Sabatinelli: 

Il fine umanitario dei tre corridoi aperti dalla Russia e dalle forze leali al regime di Assad, così come presentato da Mosca stessa, continua a essere messo in discussione da più parti, non solo dall’opposizione interna e dai ribelli, che li hanno definiti “corridoi della morte”, ma anche dagli analisti e da alcuni Paesi della comunità internazionale, Stati Uniti in testa. Per i russi, come annunciato dal ministro della Difesa Shoigu, si tratta di una via di uscita per le famiglie intrappolate nei quartieri orientali, ma anche per i combattenti con il desiderio di abbandonare le armi. Sono state però le Nazioni Unite, per voce dell’inviato per la Siria, Staffan de Mistura, ad auspicare che il controllo di tali corridoi venga affidato proprio alle forze dell’Onu.

Nel frattempo, continuano i bombardamenti oltre che sui quartieri ribelli di Aleppo, dove da due settimane sono sotto assedio circa 250 mila abitanti, anche su altre zone del nord controllate dai ribelli, come Idlib dove un ospedale pediatrico gestito da Save the Children è stato semidistrutto ieri durante un raid aereo, con un bilancio di due morti e diversi feriti, persino tra i neonati nelle incubatrici. Immediata la reazione dell’organizzazione che definisce il bombardamento un  "atto vergognoso" e avverte: ”Non ci sono scuse per questi attacchi”. Secondo Amnesty International, si tratta di "un possibile crimine di guerra" che sembra iscriversi in una "abbietta logica di attacchi illegali che mirano deliberatamente a strutture mediche".

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Rouen, Cei: musulmani nelle chiese, enorme segno di solidarietà

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In Francia, è stato rinviato a giudizio uno dei tre fermati per presunti coinvolgimenti nell’attentato di Rouen, in cui è stato ucciso l’86 enne padre Hamal. Aveva nel suo telefono il video in cui i due attentatori giuravano fedeltà al cosiddetto Stato islamico. Intanto, ha raggiunto anche l’Italia l’annuncio del Consiglio francese del culto musulmano di invitare i fedeli islamici di recarsi in Chiesa a seguire la messa domani. “Un segno molto bello, enorme, lo aspettavamo”, ha commentato mons. Bruno Forte, presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, mentre un’iniziativa analoga si svolgerà domani nelle Chiesa di Notre Dame de Sion di Trieste. “Un gesto che mette fuori gioco chi vuole dividere, chi vuole una strategia del terrore”, ha affermato il  portavoce della Cei, don Ivan Maffeis, che è stato raggiunto telefonicamente a Cracovia da Michele Raviart

R. – In questi giorni, il Santo Padre più volte ai giovani riuniti qui a Cracovia ha raccomandato di essere dei costruttori di ponti per evitare la logica dei muri. Il ponte è formato da due sponde, congiunge due rive e ha invitato a fare il primo passo in attesa che gli altri facciano altrettanto. Ecco, penso che questa iniziativa, come quella annunciata per domani, vada in questa direzione: di dire insieme che le guerre ci sono – “il mondo è in guerra”, per riprendere del Santo Padre – ma che non si tratta di una guerra di religione. Le religioni sono per la pace, le religioni sono per l’incontro fra i popoli. Questa presa di distanza di alcune comunità del mondo musulmano, nella misura in cui sarà ampia, sarà condivisa, sarà corale, contribuirà proprio a unirci in una convivenza, che è poi l’unica risposta.

D. – In questo momento lei si trova a Cracovia insieme ai giovani, ai vescovi: è arrivata anche lì questa notizia e com’è stata accolta?

R. – La notizia è stata accolta proprio come una risposta: una risposta che era auspicata, una risposta che era anche attesa. I nostri vescovi italiani hanno detto chiaramente che non possiamo assolutamente usare una logica di chiusura. Questa iniziativa diventa un "dirlo insieme", diventa uno scendere in piazza insieme e riconoscere soprattutto davanti a Dio questa fraternità, in dialogo fra identità che però si riconoscono.

D. – Sono previste iniziative del genere anche in Italia?

R. – Sicuramente. E’ un segno prezioso, è un segno di prosperità, è un segno di solidarietà con chi è stato colpito, in questo caso la comunità cattolica. Ma non dimentichiamo che gli stessi musulmani sono tra le prime vittime dei terroristi. Questa iniziativa è un far proprio quello, in fin dei conti, il Papa a nome di tutti ha più volte detto anche qui a Cracovia: la vita dell’altro è sacra, va sempre accolta, va sempre tutelata, va sempre sostenuta con la cura, con la prossimità.

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Turchia. Erdogan: l'Occidente "si faccia gli affari suoi"

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“L’Occidente si faccia gli affari suoi”. Così Recep Tayyip Erdogan dal palazzo presidenziale di Ankara, ha sottolineato come nessun membro di alcun governo occidentale deve interferire con le misure repressive adottate in Turchia dopo il fallito golpe del 15 luglio. Nel Paese continuano le epurazioni e le ritorsioni nei confronti dei presunti golpisti: passaporti revocati a oltre 49 mila persone sospette di legami con Fethullah Gulen, accusato di essere la mente del tentato colpo di stato. Gioia Tagliente ne ha parlato con il giornalista Alberto Rosselli: 

R. – Il fallito golpe e soprattutto i metodi repressivi che sono stati impiegati per sedare quello che è stato il terremoto interno turco, i metodi adoperati da Erdogan, dimostrano una deriva di tipo autoritaria che sta avvenendo in questo momento in Turchia e che idealmente stacca sempre di più la Turchia da quello che è il concetto, per noi convenuto, di civiltà.

D. – Qual è la strategia di Erdogan?

R. – Il fatto che Erdogan si sia in qualche modo irritato per le critiche che gli sono state fatte, in seguito ai numerosissimi arresti, alla decapitazione praticamente del 40% dell’establishment militare, che è garante della Costituzione taturkista, il ritiro dei 50 mila passaporti, gli arresti dei giornalisti che sono avvenuti. Tutto questo non dà adito a nessun’altra ipotesi: la Turchia si sta avviando verso il consolidamento di un regime assolutamente autocratico e imbevuto, tra l’altro, di una forte componente islamica. Quindi, l’irritabilità, in qualche modo, che si può intravvedere dalle dichiarazioni, soprattutto quelle recenti, di Erdogan nei confronti degli Stati Uniti e nella fattispecie nei confronti di Jozef Votel, che si è permesso di criticare l’atteggiamento di Erdogan nei confronti dei militari turchi, lascia intravvedere sicuramente una non compatibilità e non soltanto una non compatibilità politica fra la Turchia e il resto dell’Occidente, ma una non compatibilità con quelli che sono i principi del diritto.

D. – Nonostante tutto, l’Unione Europea ha bisogno della Turchia, essendo un importante intermediario con i Paesi euroasiatici, soprattutto per fronteggiare il problema migrazione...

R. – Teoricamente sì. La Turchia è un ponte che collega, proprio dal punto di vista geopolitico, quello che è il mondo occidentale al mondo mediorientale e asiatico. Certo è che se questo ponte viene governato secondo criteri democratici e convenienti, può essere un ponte utile per l’Occidente, ma se viene governato con un criteri autoritari e quasi dittatoriali, io non riesco a immaginare l’utilità di questo ponte. Anche perché, all’indomani dell’incasso di 6 miliardi di euro da parte del governo turco, non sappiamo ancora come questi soldi siano stati impiegati per l’emergenza profughi, né tantomeno Erdogan pensa di voler spiegare in che modo impiegherà questo denaro. Quindi, è giusta la domanda: nel senso che effettivamente la Turchia potrebbe essere un ponte utile se fosse governata da qualcun altro e non certo dal presidente Erdogan.

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Commento di don Sanfilippo al Vangelo della Domenica XVIII T.O.

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Nel Vangelo della 18.ma domenica del Tempo ordinario, la liturgia presenta il brano in cui Gesù racconta la parabola dell'uomo ricco che progetta di godere a lungo dei suoi beni, mentre quella stessa notte gli viene chiesta la vita. Quindi commenta:

"Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede". 

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

“Guardatevi da ogni attaccamento al denaro, la vita non dipende dai beni anche se abbondano”, così Gesù Cristo ci ammonisce questa domenica. Il demone dell’avarizia può indurci, infatti, a prendere possesso di quanto non ci appartiene, umiliando la nostra dignità e quella altrui, per sete di guadagno, oppure, ferisce intere famiglie per un’eredità, fino alla denuncia dei propri fratelli di carne e all’interruzione di ogni relazione con loro. In tali circostanze siamo privati della dolcezza della comunione fra le persone, riempiendoci d’affanni e di miseria morale. L’attaccamento al denaro, ci ricorda la Scrittura, è la radice di tutti i mali. Il benessere materiale è indubbiamente utile, ma non va perseguito anteponendolo all’amore fraterno e alla dignità umana. Dio vuole senz’altro arricchirci, ma il tesoro che ci offre non è di quaggiù, è custodito nei cieli. Impreziosire la nostra anima con i doni dello Spirito Santo accogliendo il perdono e offrendolo al prossimo, servire i nostri fratelli con le opere di misericordia e l’annuncio del Vangelo, sono azioni di un valore inestimabile al cospetto di Dio, caparra di un’eternità beata. La vita terrena ci è concessa per accumulare queste ricchezze, non altre, altrimenti può esserci tolta repentinamente, “questa notte stessa”. Vanità di vanità, ciò che non è amore è vanità.

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Nella Chiesa e nel mondo



Card Sandri: ricordati vescovi e sacerdoti rapiti in Siria

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Lunedì scorso, nell’imminenza del terzo anniversario del rapimento in Siria di p. Paolo Dall’Oglio che ricorreva ieri, il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha ricevuto presso la sede del Dicastero una delegazione di esponenti della Chiesa siro-ortodossa impegnati a tenere desta l’attenzione sul dramma dei vescovi e dei sacerdoti rapiti in Siria da tre anni. Lo riferisce un comunicato della Congregazione ripreso dall'agenzia Sir. 

Ripetuti appelli del Papa e inviti alla preghiera e alla solidarietà 
Durante il colloquio, cui ha presenziato anche mons. Gabriel Quicke, officiale del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, “sono state rinnovate le espressioni di riconoscenza per la vicinanza sin da subito espressa dalla Santa Sede e da Papa Francesco, attraverso ripetuti appelli e inviti alla preghiera e alla solidarietà. Insieme – prosegue il comunicato – si è rinnovato l’auspicio che la triste vicenda dei rapiti possa volgere al termine, ponendo fine ad un crimine barbaro che lede la dignità umana e nel caso di pastori come i due vescovi rapiti – Mor Gregorios Ibrahim e Boulos Yazigi – e dei sacerdoti, lascia le comunità cristiane disorientate e prive di guide sicure”. 

Impegno per l'ecumenismo del vescovo siro-ortodosso Gregorios Yohanna Ibrahim
La delegazione ha offerto al card. Sandri, che vi aveva contribuito con uno scritto, alcune copie del libro “Mor Gregorios Yohanna Ibrahim – Pluralism, Dialogue and Co-Existence,” contenente testimonianze sul metropolita siro-ortodosso di Aleppo e presentato lo scorso maggio alla London University. Nel messaggio per la pubblicazione del volume, il card. Sandri ha auspicato: “Nessuna mano si sia levata per togliere la vita al nostro fratello, amico e padre”, e ne ha ricordato l’impegno per l’ecumenismo e nella denuncia delle persecuzioni subite dai cristiani in Medio Oriente ben prima delle “primavere arabe” e dei conflitti in Siria, Iraq e Libia. (R.P.)

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Sorella Padre Dall'Oglio: l’attesa continua con insistenza e speranza

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“L’attesa per Paolo continua con insistenza e speranza”. Così Immacolata, una delle sorelle di padre Paolo Dall’Oglio, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, ha ricordato il fratello scomparso tre anni fa in Siria nella notte tra il 28 e il 29 luglio 2013. “Siamo consapevoli – ha aggiunto la sorella Immacolata – che il nostro dolore è veramente poca cosa rispetto al dolore che si ha nell’osservare e sentire questo mondo impazzito: il dolore delle famiglie dei rapiti che non sono tornati a casa, i ragazzi vittime di violenza, le vittime della guerra. Di fronte a questi fatti siamo consapevoli che il dolore per Paolo è poca cosa e siamo vicini al dolore di tutti gli altri”. 

Paolo non è stato sufficientemente ascoltato e compreso
“Una volta Paolo – ha ricordato Immacolata – raccontò che avrebbe voluto essere mandato come cappellano a Guantanamo. E’ la misura della sua disponibilità ad andare a cercare ed entrare in relazione con i contesti più difficili con la consapevolezza che se non si accolgono le ferite di ognuno difficilmente si può pensare di guardare oltre”. “Paolo – ha concluso – non è stato sufficientemente ascoltato e compreso quando tentava di gridare tutto quello che poi è drammaticamente avvenuto, come lui aveva previsto”. (R.P.)

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Sud Sudan: gruppi di famiglie rifugiate nelle scuole cattoliche

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Gruppi di famiglie continuano ad occupare le scuole gestite dalla Chiesa cattolica nella cittadina di Wau, nella parte occidentale dello Stato di Bahr el Ghazal del Sud Sudan, per sfuggire alle conseguenze del conflitto tra forze governative e gruppi armati. Lo ha riferito a Radio Tamazuj, Sylvester Owaj, direttore delle scuole cattoliche della diocesi dove si trova la città di Wau. Owaj ha aggiunto che sono in atto le ricerche per trovare una sistemazione alternativa per gli sfollati attualmente ospitati presso le scuole intitolate a Giovanni Paolo II e a San Michele, così gli studenti possano riprendere a seguire le loro lezioni.

Si stanno installando Campi per gli sfollati
Owaj - riporta l'agenzia Fides - ha anche confermato che sono in corso contatti con le autorità competenti e con le organizzazioni umanitarie che hanno iniziato a installare nell’area campi di sfollati destinati a ospitare le famiglie sfollate a causa del conflitto.

Le famiglie in fuga dai combatimenti  a Wau
Da diverse settimane, nella città di Wau gli scontri tra le forze governative e gruppi armati hanno provocato nelle ultime settimane l’allontanamento di migliaia di persone dalle loro case. Come segnalato da Fides, le forze dello Spla (People's Liberation Army) hanno ripreso i combattimenti in diverse parti della Contea di Wau già dai primi giorni di luglio. (C.E.)

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Chiesa Pakistan: intolleranti i libri di testo verso non musulmani

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I libri di testo approvati dai programmi scolastici statali sono pieni di riferimenti che incitano all’odio e all’intolleranza contro i non musulmani. È quanto emerge da uno studio pubblicato dalla Commissione nazionale Giustizia e pace (Ncjp) del Pakistan e presentato a Lahore. Cecil Shane Chaudhry, direttore esecutivo di Ncjp, ha detto: “Non è una questione che riguarda solo le minoranze religiose, ma un problema nazionale. È una bandiera rossa per il governo, che chiede l’intervento della Chiesa nel promuovere il ruolo delle minoranze per la creazione e la difesa del Paese”. Secondo lo studio di 40 pagine, i programmi scolastici approvati dal governo, e diffusi nelle quattro province del Paese, sono responsabili dell’aumento delle violenze di massa, del fanatismo religioso e dell’estremismo.

Violazioni dei diritti umani nel sistema educativo
Lo studio prende in esame gli effetti dei testi islamici sulla società, ragiona su ulteriori indicazioni degli studenti musulmani e indaga sulle riforme nel campo dell’educazione. Inoltre si sofferma punto per punto sulle violazioni dei diritti umani nel sistema educativo, che distorce fatti storici. L’analisi si conclude con dei consigli pratici da parte della Commissione episcopale.

Pakistan e Afghanistan impongono l’insegnamento islamico nelle scuole
Il Pakistan e l’Afghanistan sono gli unici due Paesi dell’Asia meridionale che impongono l’insegnamento islamico nelle scuole. Entrambi escludono dai programmi qualsiasi altra religione. Da quando le autorità di Islamabad hanno avviato un dialogo sul sistema educativo nel 2006, gli educatori cattolici chiedono una riforma del curriculum di studio. Per l’anno in corso nei libri di storia è stato aggiunto un capitolo sul ruolo delle minoranze.

Il 74% dei libri approvati incoraggia militanza e “discorso dell’odio” 
Per esempio, a pag. 85 del volume di storia che circola nelle classi di Peshawar (considerata la città natale di molti estremisti talebani), si legge: “Gli inglesi hanno imposto il governo sui musulmani, perciò essi considerano i musulmani come loro nemici. Essi hanno chiuso tutte le possibilità di sviluppo per i musulmani. Per questo motivo ai musulmani non rimane altra scelta che combattere gli inglesi…I pastori cristiani hanno convertito in modo forzato la popolazione locale al cristianesimo”. (K.C.)

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Paraguay: Chiesa disposta a mediare per tre persone sequestrate

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La Conferenza episcopale del Paraguay (Cep), dopo un nuovo caso di rapimento perpetrato dal cosiddetto " Esercito del Popolo del Paraguay (Epp), ha diffuso una dichiarazione - ripresa dall'agenzia Fides - in cui esprime la sua solidarietà con i tre sequestrati, chiedendone l'immediata liberazione.

Le armi non prevalgano sul dialogo
"E' davvero preoccupante la presenza di questi gruppi armati che con i loro atti di violenza impauriscono la popolazione", ha detto mons. Adalberto Martínez Flores, vescovo castrense del Paraguay, nelle dichiarazioni riportate in una nota ripresa da Fides. "Un dialogo può essere sempre avviato in caso di rivendicazioni politiche o ideologiche" ha affermato il vescovo, "ma le armi non sono uno strumento accettabile per raggiungere gli obiettivi". 

Mediazione dei sacerdoti solo se autorizzata dal governo
Riguardo a una possibile mediazione della Chiesa cattolica, Martinez Flores ha ricordato che i sacerdoti della zona settentrionale del Paese sono disposti a dialogare con i leader del gruppo armato, a condizione che tale iniziativa sia autorizzata delle forze di sicurezza e dal governo. (C.E.)

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Vietnam: campi estivi per giovani nello spirito della Gmg

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I molti giovani vietnamiti che per motivi economici non sono potuti andare in Polonia per la 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù, hanno deciso di compiere il cammino di misericordia chiesto da Papa Francesco partecipando ai campi estivi organizzati da alcune diocesi.

A Đà Nẵng Via Crucis e confessioni
La Commissione per la pastorale giovanile della diocesi di Đà Nẵng, nel centro del Vietnam, ha organizzato due giorni di incontri, preghiere e seminari dal titolo “Beati i misericordiosi perché avranno misericordia” (Mt 5:7). Il 26 e il 27 luglio scorsi, ben 800 giovani provenienti da 38 parrocchie hanno affollato il Centro pastorale. La due-giorni è iniziata con la Messa, celebrata nel santuario di Phước Kiều in occasione della festa del beato Andrew Phú Yên. Nel pomeriggio i giovani poi hanno percorso 14 stazioni della Via Crucis mentre a centinaia si confessavano.

Incontro sul tema della misericordia
Quello stesso giorno padre Paul Phạm Thanh Thảo ha tenuto un incontro dal titolo: “Cristo modello di misericordia. Viviamo nella misericordia di Dio”. Il sacerdote ha incoraggiato i giovani ad utilizzare i moderni metodi di comunicazione (internet, Facebook etc.) per sensibilizzare i coetanei sulla situazione dei bambini in difficoltà e bisognosi di aiuto”. Nella seconda giornata mons. Joseph Đặng Đức Ngân, vescovo di Đà Nẵng, ha preso parte al tradizionale programma di musica organizzato da 21 parrocchie. La misericordia di Dio è stato il tema principale delle melodie proposte.

Incontro a Hưng Hóa in comunione con il Papa ed i giovani della Gmg 
Anche la diocesi di Hưng Hóa (nei pressi di Hanoi) è stata animata iniziative speciali che hanno accompagnato da lontano la Gmg. Almeno 1000 giovani, guidati dai propri vescovi, dai sacerdoti e dai religiosi, hanno partecipato ad un incontro organizzato dalla Commissione per la pastorale giovanile il 26 luglio scorso. Nel corso dell'incontro il vescovo della diocesi, mons. John Maria Vũ Tất, ha condiviso con i ragazzi lo spirito della Giornata Mondiale della Gioventù invitando tutti a pregare in comunione con il Papa e con i partecipanti. Ospite speciale è stato padre Pius Ngô Phúc Hậu (sacerdote, scrittore, giornalista ed ex direttore della Dong Tam High School di Can Tho), che è arrivato dal sud del Vietnam per raccontare ai giovani storie del suo percorso missionario.

L'esperienza dei ragazzi sulla misericordia
​La chiamata di Papa Francesco alla misericordia, raccontano i ragazzi, “ci invita a guardare oltre, a mettere a fuoco il nostro cuore per riuscire a vedere di quanta generosità ognuno di noi è capace. Nessuno infatti può essere escluso dal perdono di Dio”. (T.T.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 212

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.