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Sommario del 31/07/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: cambiate il mondo con Gesù. Prossima Gmg a Panama

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Fidatevi di Dio e cambierete il mondo. Nella Messa conclusiva della Gmg di Cracovia in un Campus Misericordiae gremito di giovani di tutto il mondo, due milioni secondo alcuni media polacchi, Francesco lancia la sfida ai giovani per la costruzione di un mondo di pace e di giustizia. All’Angelus, il Papa ha annunciato che la prossima Gmg si svolgerà a Panama nel 2019. Per la prima volta, dunque, una Giornata Mondiale della Gioventù approderà nel Centroamerica. Il servizio del nostro inviato a Cracovia, Alessandro Gisotti: 

Gesù fa il tifo per voi, sempre. Gesù vi rialza ogni volta che cadete e vi ama nonostante le vostre debolezze. Con Lui potete cambiare il mondo. E’ l’appello lanciato da Francesco nella Gmg della Misericordia, un evento che ha testimoniato come l’amore e la riconciliazione possano vincere il male che attanaglia tanti popoli del mondo.

Francesco accolto al Campus Misericordiae da una moltitudine di giovani
Francesco arriva al Campus Misericordiae in papamobile, poco prima ha benedetto due case dono della Caritas, una per i poveri l’altra per gli anziani in difficoltà. Un segno che la misericordia è concreta, aiuta il prossimo, come tante volte il Papa ha detto ai giovani negli eventi della Gmg di Cracovia. Sullo sfondo del grande palco, la figura di Gesù Misericordioso, accanto i volti di Santa Faustina Kowalska e San Giovanni Paolo II, patroni di questa Giornata, Santi di questa terra. L’entusiasmo dei giovani è travolgente e contagioso anche per i cardinali e i vescovi presenti come anche per il presidente Duda che non manca di intonare i canti della Gmg e ballare, come fanno anche suore e religiosi assieme ai ragazzi. Ma si vivono anche momenti toccanti come l’invio missionario quando il Papa consegna ad alcuni giovani una lampada segno della luce di Cristo.

Dio ci ama come siamo, per Lui ognuno di noi è importante
Proprio sull’incontro con Gesù è incentrata l’omelia della Messa conclusiva della Gmg. Francesco muove la sua meditazione dall’incontro sorprendente tra Gesù e Zaccheo, il capo dei pubblicani. Zaccheo, ha detto, ha dovuto superare alcuni ostacoli che, sottolinea, possono dire qualcosa anche a noi. Zaccheo era di bassa statura e per questo non riusciva a vedere il maestro. Questa, ha detto, è una tentazione che anche noi possiamo sperimentare: non sentirsi all’altezza, avere una “bassa considerazione” di se stessi. La nostra statura, ammonisce, è però la “nostra identità spirituale”. Dobbiamo sentirci davvero “figli amati da Dio”, altrimenti vivremo “scontenti” rifiutando lo sguardo di Dio che si posa su di noi:

“Dio ci ama così come siamo, e nessun peccato, difetto o sbaglio gli farà cambiare idea. Per Gesù – ce lo mostra il Vangelo – nessuno è inferiore e distante, nessuno insignificante, ma tutti siamo prediletti e importanti: tu sei importante! E Dio conta su di te per quello che sei, non per ciò che hai: ai suoi occhi non vale proprio nulla il vestito che porti o il cellulare che usi; non gli importa se sei alla moda, gli importi tu. Ai suoi occhi vali e il tuo valore è inestimabile”.

Non “affezionatevi” alla tristezza, Gesù vuole che puntiate in alto
“Quando nella vita ci capita di puntare in basso anziché in alto – ha ripreso – può aiutarci questa grande verità: Dio è fedele nell’amarci, persino ostinato”. Il Signore, ha detto il Papa, “fa sempre il tifo” per noi, “sempre ci attende con speranza, anche quando ci rinchiudiamo nelle nostre tristezze, rimuginando continuamente sui torti ricevuti e sul passato”. Affezionarci alla tristezza, avverte, “non è degno della nostra statura spirituale! E’ anzi un virus che infetta e blocca tutto, che chiude ogni porta, che impedisce di riavviare la vita, di ricominciare”. Dio, invece, “è ostinatamente speranzoso” e crede che “possiamo rialzarci e non si rassegna a vederci spenti e senza gioia”.

No al doping del successo ad ogni costo, solo Gesù dona la vera vita
Un secondo ostacolo che Zaccheo deve vincere è la “vergogna paralizzante”. Una vergogna che si può vincere con l’amore, perché quando una persona si innamora si fanno cose “che non si sarebbero mai fatte”. “Davanti a Gesù – è l’esortazione di Francesco – non si può rimanere seduti in attesa con le braccia conserte; a Lui, che ci dona la vita, non si può rispondere con un pensiero o con un semplice messaggino”:

“Cari giovani, non vergognatevi di portargli tutto, specialmente le debolezze, le fatiche e i peccati nella Confessione: Lui saprà sorprendervi con il suo perdono e la sua pace. Non abbiate paura di dirgli ‘sì’ con tutto lo slancio del cuore, di rispondergli generosamente, di seguirlo! Non lasciatevi anestetizzare l’anima, ma puntate al traguardo dell’amore bello, che richiede anche la rinuncia, e un “no” forte al doping del successo ad ogni costo e alla droga del pensare solo a sé e ai propri comodi”.

Non fermatevi, credete in una nuova umanità che rifiuta l’odio
Il terzo ostacolo che Zaccheo ha dovuto affrontare è stata la “folla mormorante”. “Potranno ostacolarvi – ha affermato il Papa – cercando di farvi credere che Dio è distante”, “potranno ridere di voi, perché credete nella forza mite e umile della misericordia”. In queste situazioni, incoraggia il Papa, “non abbiate timore, ma pensate alle parole di questi giorni”:

“'Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia'. Potranno giudicarvi dei sognatori, perché credete in una nuova umanità che non accetta l’odio tra i popoli, non vede i confini dei Paesi come delle barriere e custodisce le proprie tradizioni senza egoismi e risentimenti. Non scoraggiatevi: col vostro sorriso e con le vostre braccia aperte voi predicate speranza e siete una benedizione per l’unica famiglia umana, che qui così bene rappresentate!”.

“Lo sguardo di Gesù – rassicura il Papa – va oltre i difetti e vede la persona; non si ferma al male del passato, ma intravede il bene nel futuro; non si rassegna di fronte alle chiusure, ma ricerca la via dell’unità e della comunione; in mezzo a tutti, non si ferma alle apparenze, ma guarda al cuore”. Quindi, l’esortazione del Papa “a conservare il cuore pulito e di lottare pacificamente per l’onestà e la giustizia”:

“Non fermatevi alla superficie delle cose e diffidate delle liturgie mondane dell’apparire, dal maquillage dell’anima per sembrare migliori. Invece, installate bene la connessione più stabile, quella di un cuore che vede e trasmette il bene senza stancarsi. E quella gioia che gratuitamente avete ricevuto da Dio, gratuitamente donatela, perché tanti la attendono!”.

Fidatevi di Dio, portate a casa quello che avete vissuto alla Gmg
La Gmg, “comincia oggi e continua domani, a casa, perché è lì – ha sottolineato – che Gesù vuole” incontrare i ragazzi d’ora in poi. Il Signore, ha detto ancora, “spera che tra tutti i contatti e le chat di ogni giorno ci sia al primo posto il filo d’oro della preghiera! Quanto desidera che la sua Parola parli a ogni tua giornata, che il suo Vangelo diventi tuo, e che sia il tuo navigatore sulle strade della vita!”:

“Fidatevi del ricordo di Dio: la sua memoria non è un disco rigido che registra e archivia tutti i nostri dati, ma un cuore tenero di compassione, che gioisce nel cancellare definitivamente ogni nostra traccia di male. Proviamo anche noi, ora, a imitare la memoria fedele di Dio e a custodire il bene che abbiamo ricevuto in questi giorni”.

La prossima Gmg a Panama nel 2019, la prima volta in Centramerica
All’Angelus, il Papa si è detto sicuro che dal Cielo anche San Giovanni Paolo II ha gioito per questa festa di giovani di tutto il mondo nella sua Cracovia e ha sottolineato che la Gmg è stata “un’ossigenazione spirituale”. Quindi, il momento atteso dell’annuncio della prossima Gmg:

“La Provvidenza di Dio sempre ci precede. Pensate che ha già deciso quale sarà la prossima tappa di questo grande pellegrinaggio iniziato nel 1985 da san Giovanni Paolo II! E perciò vi annuncio con gioia che la prossima Giornata Mondiale della Gioventù – dopo le due a livello diocesano – sarà nel 2019 a Panama. Con l’intercessione di Maria, invochiamo lo Spirito Santo perché illumini e sostenga il cammino dei giovani nella Chiesa e nel mondo, perché siate discepoli e testimoni della Misericordia di Dio”.

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Gmg. I giovani: torniamo a casa per lasciare un'impronta di pace

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Un mandato forte, lasciare un'impronta nel mondo. Ripetuto durante la veglia e rilanciato alla Messa conclusiva della Gmg. Le ragazze e i ragazzi che hanno vissuto con Papa Francesco i due momenti culminanti della 31.ma Giornata mondiale della gioventù lasciano il Campus Misericordiae con il cuore pieno di entusiasmo, progetti, impegni. Nel suo servizio Marina Tomarro ha raccolto alcune loro testimonianze: 

Una festa piena di gioia e allegria, ma caratterizzata anche da momenti di preghiera e forti emozioni, come il dono delle lacrime che per molti dei ragazzi è giunto proprio quando nella immensa spianata del Campus Misericordiae risuonavano le note finali della celebrazione eucaristica, che ha concluso questa 31.ma Giornata mondiale della Gioventù. Ma i giovani cosa si porteranno a casa di queste giornate così intense? Ascoltiamo le loro riflessioni.

R. – Un bellissimo ricordo e tutte le persone che ho incontrato. Quindi, porterò sicuramente il ricordo e non solo: spero di rimanere comunque in contatto con tutti gli altri volontari, che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere in questi giorni. Sicuramente mi porterò a casa anche le parole che ci ha detto il Papa. Sapere appunto che Dio fa il tifo per noi è un qualcosa, secondo me, che ti dà una forza particolare, perché fare il tifo significa: “Io ti sostengo; io sono con te”.

D. – E per te invece?

R. – Io credo che mi porterò a casa di sicuro gli sguardi delle persone, i “grazie” che ho sentito dire come volontaria. E’ la prima volta che faccio la volontaria e non mi aspettavo tutti questi “grazie”. In fondo non è che abbiamo fatto chissà cosa: dirigevamo verso un settore o l’altro. Questa è una cosa che credo non dimenticherò mai.

D. – Il Papa vi ha chiesto anche di lasciare un’impronta in questo mondo. Cracovia che impronta lascia?

R. – Cracovia lascia un’impronta profonda in quello che io personalmente ritengo essere la mia esperienza di fede. L’impronta che poi noi lasceremo nel mondo speriamo di scoprirla presto.

R. – Comunque, l’impronta che lasciamo… nelle piccole cose, nel nostro oratorio – noi veniamo dalla Lombardia – è molto presente questa realtà, sia con i bambini autistici o diversamente abili: è veramente importante.

D. – Ragazzi, il Papa vi ha detto che Dio tifa per voi. Cosa vuol dire questo?

R. – E’ bellissimo avere qualcuno che dice: sì, è giusto quello che stai facendo, sì, per me è giusto, questa è la tua via... E’ veramente bello sentirsi addosso questa cosa. E’ una potenza, è veramente potente, come cosa.

D. – Facendo l’esempio di Zaccheo, il Papa ci ha invitato a superare le nostre vergogne per arrivare dal Signore. Ma quali sono oggi le vergogno che ci bloccano?

R. – Penso che per la nostra società possa essere l’aspetto fisico o il non sentirsi adeguati a compiere un percorso; magari non andare bene a un esame, sentirsi un fallito… Questo magari ci può bloccare, ci può portare indietro rispetto ai passi compiuti.

D. – Il Papa vi ha invitato a lasciare i divani, ad andare nelle strade, a cercare i fratelli. Come fare?

R. – Rispondiamo concretamente con tutta l’energia che riceviamo da questo incontro, da questa grande esperienza, e quindi torniamo carichi, torniamo in gruppo usando lo spirito di comunità: credo che questo riusciamo a farlo, noi giovani, perché è quello che ci tiene uniti e che ci permette di raggiungere un obiettivo quando lo centriamo.

D. – Don Alessandro, lei accompagna il gruppo che ha vissuto da vicino i tragici fatti dell’attentato di Monaco. Cosa vuol dire essere qui con questi giovani?

R. – Come ha già detto il Papa l’altro giorno, nella “festa degli italiani”, per noi è stato tutto un andare e un tornare e quindi abbiamo portato dentro di noi le parole di Papa Francesco: “Abbiate il coraggio di essere felici”. Non ci siamo fatti rubare la speranza, abbiamo ripreso coraggio, abbiamo vinto la paura, siamo ritornati qui.

D. – Il Papa invita questi ragazzi a lasciare un’impronta in questo mondo. Come si fa a dare la speranza a questi giovani, allora?

R. – Portare un’impronta nel mondo per questi giovani significa essere se stessi nella vita quotidiana, in famiglia, nella scuola, nello sport, con amore, con semplicità, con un grande sorriso.

D. – Tantissimi vescovi hanno voluto accompagnare i ragazzi delle loro diocesi. Ascoltiamo il commento del vescovo di Lodi, mons. Maurizio Malvestiti:

"Non dimenticheranno più la parola 'misericordia'! E’ stato evocato quanto aveva detto Giovanni Paolo II la sera di Tor Vergata: io porto nel cuore quelle sue parole. 'Roma non dimenticherà più questo chiasso!'. E ora diciamo: Cracovia e il mondo non dimenticheranno più la parola 'misericordia'. Dare il cuore come Cristo ha fatto e continua a fare nei confronti di ciascuno di noi.

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Gmg. Papa: non siamo nati per vegetare ma per cambiare il mondo

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“Non siamo venuti al mondo per vegetare, per fare della vita un divano, ma per lasciare un’impronta” e insegnare ai grandi del mondo a “costruire ponti di fraternità”. E’ forte il messaggio di Francesco a circa un milione e seicentomila giovani – secondo gli organizzatori – riuniti nel Campus Misericordiae di Cracovia per la veglia di preghiera per la Giornata Mondiale della Gioventù. Il Papa nel suo discorso ha invitato a camminare sulla strada indicata da Dio per rompere le paure e il terrore che provocano chiusure e paralisi. I giovani, è stata l’esortazione, insegnino agli adulti a convivere nella diversità. Il servizio di Paolo Ondarza

“Oggi – ha detto Papa Francesco – noi adulti abbiamo bisogno di voi, per insegnarci a convivere nella diversità, nel dialogo, nel condividere la multiculturalità non come una minaccia ma come un’opportunità: abbiate il coraggio di insegnarci che è più facile costruire ponti che innalzare muri! (…) Costruire ponti: sapete qual è il primo ponte da costruire? Un ponte che possiamo realizzare qui e ora: stringerci la mano, darci la mano. Forza, fatelo adesso, qui, questo ponte primordiale, e datevi la mano. E’ il grande ponte fraterno, e possano imparare a farlo i grandi di questo mondo!”.

No alla "divano-felicità", camminate su strade nuove e contagiate di gioia il mondo
Tante mani di colori diversi, strette e rivolte al cielo, segno di comunione e riconciliazione. E’ l’istantanea della veglia della Gmg di Cracovia illuminata da luci rosa e azzurre, colori della misericordia: giovani provenienti da culture e Paesi lontani. La catena di fraternità dei ragazzi di Francesco è l’impronta che vogliono lasciare ai grandi del mondo rispondendo all’invito di Gesù. Forte l’appello del Papa che insieme a cinque giovani rappresentanti dei continenti varca la Porta della misericordia: non vivete addormentati, non lasciate che altri decidano il vostro futuro, alla comodità preferite la libertà, abbandonate il divano della paralisi e, protagonisti della storia, indossate le scarpe, gli scarponcini, per camminare sulle strade di Dio e contagiare di gioia il mondo:

"Voi, vi domando, domando a voi: volete essere giovani addormentati, imbambolati, intontiti? [rispondono: no!] Volete che altri decidano il futuro per voi? [rispondono: no!] Volete essere liberi? [rispondono: sì!] Volete essere svelti? [rispondono: sì!] Volete lottare per il vostro futuro? [rispondono: sì!] Non siete troppo convinti, eh? Volete lottare per il vostro futuro? [gridano: sì!] Cari giovani, non siamo venuti al mondo per 'vegetare', per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti; al contrario, siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta. E c’è tanta gente che vuole che i giovani non siano liberi; c’è tanta gente che non vi vuole bene, che vi vuole intontiti, imbambolati, addormentati: ma mai liberi! No, questo no! Dobbiamo difendere la nostra libertà!".

Niente giustifica il sangue di un fratello
Carico di speranza e segno di comunione il silenzio della preghiera di fronte a Gesù Eucarestia che i tantissimi giovani hanno adorato in ginocchio con il Papa in questa notte speciale a Cracovia. Prima una suggestiva coreografia, applaudita da Francesco e ispirata a Santa Faustina Kowalska, poi sugli schermi le immagini del terrorismo, del perdono di Giovanni Paolo II al suo attentatore e sul palco la rappresentazione della gioventù sofferente, indifferente, scoraggiata, dubbiosa. Accompagnate da suoni evocativi le toccanti le testimonianze di tre ragazzi: una polacca, un paraguaiano e una siriana della città dimenticata di Aleppo hanno condiviso la loro esperienza della misericordia del Padre che ama e risolleva dal peccato, concede sempre un’altra opportunità a chi precipita nel baratro della droga, infonde coraggio a chi uscendo di casa ogni mattina non sa se vi farà ritorno o ritroverà in vita i propri cari. I tanti giovani che vivono la guerra oggi per noi "non sono più una cosa anonima, una notizia della stampa", dice il Papa pensando alla Siria, "hanno un nome, un volto, una storia":

“Basta città dimenticate mai più deve succedere che dei fratelli siano 'circondati da morte e da uccisioni' sentendo che nessuno li aiuterà. Cari amici, vi invito a pregare insieme a motivo della sofferenza di tante vittime della guerra, affinché una volta per tutte possiamo capire che niente giustifica il sangue di un fratello, che niente è più prezioso della persona che abbiamo accanto”.

Siate protagonisti, Cristo vince la paura che paralizza
Forte l’invito è a mettersi alla scuola della misericordia sull’esempio di San Giovanni Paolo II e di Santa Faustina, la cui immagine del Cristo Misericordioso campeggia nel Campus Misericordiae. Il Papa, interrotto da continui applausi, esorta i giovani ad assecondare il sogno, “la pazzia” di Dio che chiede ad ognuno in ogni ambito della vita di cambiare il mondo, vincere con Cristo la paura, che fa chiudere e paralizza rubando il gusto dell’incontro e dell’amicizia”:

“Noi adesso non ci metteremo a gridare contro qualcuno, non ci metteremo a litigare, non vogliamo distruggere. Noi non vogliamo vincere l’odio con più odio, vincere la violenza con più violenza, vincere il terrore con più terrore. E la nostra risposta a questo mondo in guerra ha un nome: si chiama fraternità, si chiama fratellanza, si chiama comunione, si chiama famiglia”.

Dio non tiene conto degli sbagli passati, scommette sul futuro e per cambiare il mondo – insiste Francesco interpellando i giovani – chiama chiunque è disposto a mettersi in gioco. E, loro, i giovani della Gmg di Cracovia, sono pronti a lasciare quell'impronta di fraternità che cambia l'orizzonte.

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Le voci dei giovani: la Gmg, una chiamata alla misericordia

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Tanta la gioia e l’emozione dei ragazzi che hanno partecipato alla Veglia di preghiera della Gmg al Campus Misericordiae di Cracovia. Il discorso del Papa è stato preceduto da momenti di riflessione e dalle forti testimonianze di tre giovani. Ce ne parla Debora Donnini

E’ come sempre contagiosa alla Gmg l’allegria dei ragazzi di tutto il mondo. Sventolano bandiere, cantano, ascoltano, incuranti della stanchezza e delle scomodità. Prima del discorso del Papa, le tre testimonianze chiave. Parla Natalia, la giovane polacca lontana dalla Chiesa, che proprio nella domenica della Misericordia del 2012, sentì il bisogno di andarsi a confessare e si ritrovò nella cattedrale dove Santa Faustina Kowalska pregava quotidianamente, quando viveva ancora a Lodz. Da questa testimonianza della misericordia di Dio, si passa a quella di Rand, che viene dalla Siria e descrive cosa significhi vivere ogni giorno accanto alla paura di morire o di trovare morti i propri familiari: una testimonianza di fede in Cristo, ragione di gioia e speranza. Toccante anche quella di Miguel, paraguayano. Ha fatto uso di droga per 16 anni, da quando ne aveva 11. Una vita sofferta, con esperienze di delinquenza e prigione, salvato da una “Fazenda de la Esperanza” e dal perdono lì vissuto. Le testimonianze si snodano nelle cinque fermate della preghiera, accompagnate da una ragazza che interpreta Santa Faustina e a ogni “sosta” “dipinge” un frammento dell’immagine di Gesù misericordioso. Sentiamo alcune testimonianze di giovani:

R. – Siamo molto, molto emozionati: sono sempre appuntamenti che ti scatenano tante cose, dall’attesa di un evento che è sempre unico, alla gioia di poter condividere con tante persone un momento come questo.

R. – E’ bellissimo vedere tutte queste persone qui dal Papa. Ho ricevuto parole di amore. Mi hanno fatto veramente sentire amato da Dio e questa è la cosa più bella che uno possa provare in questa vita!

R. – Sono contentissimo di stare qui, con Papa Francesco: Papa Francesco è un Papa buono.

R. – E’ molto, molto bello; c’è allegria, canti, gioia…

D. – Ci sono delle parole o delle immagini del Papa, che in questa Gmg hai potuto vedere o ascoltare, che ti hanno colpito personalmente?

R. – Sì. Innanzitutto proprio la frase di apertura di questa Gmg, con l’invito a essere misericordiosi come è stato misericordioso il Signore. Quindi, è proprio una chiamata, soprattutto per noi giovani.

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La preghiera del Papa per la pace: Dio tocchi il cuore dei terroristi

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Prima della veglia con i giovani, il Papa ha compiuto una breve visita nella Chiesa di San Francesco a Cracovia dove si venerano le reliquie di due martiri Francescani polacchi, i Beati Zbigniew Strzałkowski e Michał Tomaszek, uccisi in Perù dai guerriglieri maoisti di “Sendero luminoso”. Qui ha pronunciato una Preghiera per la pace e perché il mondo sia liberato dalla “piaga del terrorismo”. Erano presenti anche alcuni familiari dei martiri. Il servizio di Sergio Centofanti: 

Dio doni al mondo la pace e allontani “l’ondata devastante del terrorismo”: la preghiera di Papa Francesco è intensa. Rivolge il suo primo pensiero alle vittime dei “brutali attacchi” e a chi è stato “ferito in questi atti di inumana violenza”: persino bambini, persone innocenti “coinvolte solo per fatalità nel male”. Nello stesso tempo prega perché siano cancellati “l’odio e il desiderio di vendetta” e nasca la “disponibilità a perdonare”, perché si ritrovi “il coraggio per continuare ad essere fratelli e sorelle per gli altri, soprattutto per gli immigrati”.

Francesco prega per la conversione dei terroristi, perché Dio tocchi i loro cuori e “riconoscano il male delle loro azioni e tornino sulla via della pace e del bene, del rispetto per la vita e della dignità di ogni uomo, indipendentemente dalla religione, dalla provenienza, dalla ricchezza o dalla povertà”. Chiede l’intercessione dei due Francescani polacchi uccisi in odio alla fede dai guerriglieri di Sendero Luminoso. Missionari nelle Ande peruviane, avevano condiviso in tutto la vita dei più poveri, offrendo il loro sangue – afferma il Papa – come “valorosi testimoni del Vangelo”.

Zbigniew Strzałkowski e Michał Tomaszek sono stati assassinati il 9 agosto 1991 a Pariacoto, in Perù, e beatificati il 5 dicembre 2015 insieme al sacerdote italiano Don Alessandro Dordi, della diocesi di Bergamo, anch’egli ucciso dai "senderisti" in quello stesso anno. Non si erano lasciati scoraggiare da grandi difficoltà, dalla mancanza di luce elettrica e dalle epidemie di colera. Per i guerriglieri la loro presenza e il loro aiuto ai poveri frenava la rabbia del popolo e rallentava la rivoluzione.

Il cardinale Angelo Amato prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ricorda: “Durante il periodo del terrore rivoluzionario — dal maggio del 1980 al novembre del 1992 — l'ideologia marxista di Sendero Luminoso causò attentati soprattutto contro la Chiesa e i sacerdoti, incendiando, profanando, distruggendo, calunniando, uccidendo. Per impedire questo assalto diabolico, il coraggioso vescovo di Chimbote, mons. Luis Armando Bambarén, con i sacerdoti, i missionari e i laici della diocesi, iniziarono una intensa campagna di preghiera e di diffusione del messaggio evangelico a favore della pace, della vita, della dignità della persona, della fraternità e del perdono contro ogni forma di odio e di violenza. 27.000 giovani costruirono la Cruz de la Paz, come simbolo di pace e di difesa della vita, a dimostrazione che la religione cristiana non addormenta i popoli, ma ne promuove gli autentici valori umani, creando giustizia e armonia sociale”.

Il porporato racconta il martirio dei due Francescani: “Il martirio dei due Francescani avvenne il 9 agosto del 1991. Dopo la Messa, verso le ore 20.00, un gruppo di terroristi armati, col volto coperto, catturarono i due sacerdoti e li misero su una macchina. In quei momenti padre Zbigniew incoraggiò il suo confratello dicendo: «Michał, sii forte, sii coraggioso!». Si misero poi a pregare, meditando la parola del Signore sul seme di grano che se non muore, resta infecondo. Poco dopo furono uccisi con proiettili di grosso calibro, che fracassarono il loro cranio. Senza processo e senza potersi difendere, i due religiosi furono uccisi in odio alla fede come agnelli portati al macello. Alle loro esequie, officiate dal vescovo, il popolo accompagnò le salme con fiori e lacrime, mentre i bambini cantavano piangendo i canti appresi da padre Miguel. Furono raccolte come preziose reliquie le pietre bagnate dal loro sangue”.  

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Card. Tagle: ogni Gmg è una esplosione della grazia di Dio

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La mia speranza? I giovani che vedo qui a Cracovia. È felice l'arcivescovo di Manila, il cardinale Luis Antonio Tagle, alla vista delle centinaia di migliaia di giovani che stanno partecipando con fede ed entusiasmo alla Gmg in Polonia. Il nostro inviato Alessandro Gisotti gli ha chiesto di tracciare un bilancio di questa 31.ma Giornata: 

R. – Ogni celebrazione della Gmg è unica. Per me è un’esplosione della grazia di Dio. Per me è sempre impressionante vedere questo aspetto della vita umana, quello della gioventù: un periodo che passa, ma un periodo pieno di grazia e di opportunità per amare e per servire. Guardare i giovani radunati dalla fede al Signore, che è amore, che è misericordia, mi dà speranza per il mondo, per la cultura contemporanea, per il futuro del mondo, della società e per il futuro della Chiesa. Ero molto commosso!

D. – Il Papa ha detto: “La Chiesa vuole imparare da voi e anche il mondo vi guarda”. Una responsabilità grande per i giovani…

R. – Sì.  Non solo come persona, ma anche come vescovo, come cardinale ho imparato tante cose dai giovani, specialmente dai giovani fra le famiglie povere, le famiglie che soffrono: loro sono i miei grandi insegnanti.

D. – La Caritas è presente qui alla Gmg e ci sarà anche un dono che verrà fatto al Papa dalla Caritas Polonia: due case che verranno benedette (sono state benedette oggi - ndr) dal Santo Padre nell’ultimo giorno della Gmg…

R. – Sì. C’è anche un altro dono: la Caritas Polonia ha il progetto di mandare una clinica mobile per i rifugiati siriani in Libano. Questo è un frutto della carità del popolo polacco, che viene specialmente dalle famiglie e dai giovani.

D. – Quali sono le sue speranze per il dopo Gmg? Quali frutti, secondo lei, potrà dare ai giovani di tutto il mondo, che sono venuti qui a Cracovia?

R. – La mia speranza è che il Signore dia la forza ai giovani. Speriamo che i giovani aprano sempre i loro cuori al Signore, perché il Signore dà la forza per essere misericordiosi, per essere rispettosi e sempre aperti agli altri, agli stranieri e ai sofferenti. Questa, per me, è la speranza.

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Papa ai Gesuiti polacchi: vostro impegno sia in "uscita"

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Papa Francesco nel pomeriggio si è recato dai Gesuiti polacchi a Cracovia. Un incontro fuoriprogramma, semplice e familiare, di cui ci riferisce padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica: 

E’ un fuoriprogramma che ormai è diventato un’abitudine, perché Papa Francesco incontra sempre – o quasi sempre – i Gesuiti, durante i suoi viaggi. E’ stato un incontro molto bello, molto semplice, molto rilassante: intanto ha salutato tutti, uno per uno, anche abbracciando alcuni che aveva già conosciuto nel passato, e poi ha detto che non aveva nessuna voglia di fare discorsi; quindi, di dialogare insieme, di fare delle domande … Gli sono state fatte delle domande molto, molto intense. Per esempio, qual è il significato del lavoro universitario che fa la Compagnia di Gesù, quindi il lavoro con la cultura; il Papa ha detto che l’impegno dev’essere molto forte, dev’essere un impegno “in uscita”, come dice lui spesso, cioè un impegno che ha a che fare con la realtà, non solo con l’astrazione e con le idee. E ha raccomandato di essere molto vicino agli emarginati, di essere molto lontani da un pensiero liberista che mette al centro i soldi e non la persona. E poi ha anche parlato dell’impegno con i sacerdoti. Ha detto: oggi il rischio è che un sacerdote non ben formato sia troppo bianco o troppo nero, che agisca semplicemente applicando meccanicamente norme. Invece – ha detto – è importante il discernimento, che dev’essere al cuore della vita pastorale: il discernimento. E quindi bisogna aiutare i sacerdoti, i seminaristi al discernimento spirituale e questo – ha detto – è uno dei compiti fondamentali della Compagnia di Gesù, oggi. L’incontro, molto tranquillo, è durato circa mezz’ora, 40 minuti; il Papa ha salutato questo gruppo di circa 30 Gesuiti e c’erano anche i provinciali. Mi ha colpito perché la presenza, per lo più, era di giovani: giovani Gesuiti, anche un gruppo di Gesuiti appena ordinati, quindi c’era l’impressione di una grande freschezza. Il Papa ha sorriso tante volte, ha riso di gusto… Devo dire, un incontro molto bello, molto intenso però di grande profilo, anche di profilo spirituale.

All’incontro di Papa Francesco con i Gesuiti polacchi c’era anche padre Leszek Gesiak, responsabile del programma polacco della Radio Vaticana. Al microfono del nostro inviato a Cracovia, Alessandro Gisotti, padre Gesiak confida i sentimenti con i quali si è vissuto l’incontro e cosa questo momento rappresenta per la Compagnia di Gesù della Polonia:

R. – Abbiamo respirato un clima molto familiare, molto fraterno. Nessuna cosa formale, nessun discorso… Il Papa è arrivato così come arriva un fratello da un altro fratello. Ha salutato ognuno di noi, e abbiamo incominciato un dialogo. Davvero un dialogo nel quale il Papa ha risposto alle domande – e anche lui ha fatto delle domande per noi… E’ stato un clima molto, molto semplice, molto familiare: abbiamo sentito che siamo fratelli nel Signore.

D. – Anche con i confratelli Gesuiti il Papa sottolinea l’importanza del dialogo…

R. – Sì. Credo che fin dal principio il Papa volesse parlare con noi. Abbiamo ricevuto informazione che l’incontro sarebbe durato 15 minuti, ma dopo mezz’ora sono arrivati i responsabili del programma del viaggio del Papa e hanno detto che dovevamo concludere e il Papa ha detto: “No, no, no: io voglio parlare con loro ancora!”. Quindi, lui si è trovato bene. Noi ci sentiamo molto vicini al Papa e per questo credo che questo dialogo sia stato possibile e rimarrà un ricordo molto, molto simpatico.

D. – Cosa significa questo incontro per i Gesuiti polacchi?

R. – Il Papa è interessato alle nostre attività. Ha fatto domande sulla formazione, sulle nostre università: sentivamo che lui voleva saperne di più. Ha incontrato anche un gesuita che era provinciale quando lui era provinciale in Argentina, sono più o meno della stessa età. Hanno parlato, hanno rievocato alcuni ricordi della Congregazione generale di anni, anni e anni fa… Mi è piaciuto molto che alla fine il Papa ha detto anche che oggi abbiamo la vigilia della festa di Sant’Ignazio, del fondatore della Compagnia di Gesù, e che preghiamo in questo senso insieme. Questo sentire della comunità – tutti siamo figli di Sant’Ignazio di Loyola – questo mi ha toccato e credo che sia una cosa che mi rimarrà. E se tutti siamo figli di Sant’Ignazio, abbiamo questa lingua comune che possiamo condividere!

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Gmg, mons. Polak: Francesco ci ha fatto un grande regalo

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La Polonia vuole bene ed è grata a Francesco. E' il messaggio semplice che scaturisce dal cuore della Chiesa locale, colpita dalla stima e dalle parole che il Papa ha affidato a sacerdoti, consacrati e laici. Di questa gratitudine si fa interprete mons. Wojcieh Polak, arcivescovo metropolita di Gniezno e primate della Polonia, intervistato da Alessandro Gisotti

R. – Penso che tutti i polacchi – anche noi – abbiamo sentito un’apertura grande verso il nostro popolo, e anche una grande stima che Papa Francesco ci ha mostrato, dando anche un bellissimo insegnamento, molto profondo, molto spirituale: ci ha delineato un po’ le linee guida per il nostro popolo e anche per la Chiesa in Polonia. Soprattutto chiedendoci di essere chiari con la nostra identità cristiana, con la vicinanza di Cristo e anche con la vicinanza con gli altri. Durante il suo discorso a Jasna Gora ci ha dato un bellissimo sguardo dicendo che le cose più importanti sono quelle più piccole, quelle che sono molto vicine alla nostra vita, e quelle che sono concrete, cioè non astratte, non ideologiche, ma propriamente “di vita”. E anche quando nel Santuario di San Giovanni Paolo II ha parlato davanti a sacerdoti, alla vita consacrata, alle persone consacrate, ai futuri sacerdoti, anche, su queste linee guida della nostra vita, della nostra identità sacerdotale, dell’identità delle persone consacrate, diceva che dobbiamo tener presente fortemente la nostra consacrazione a Cristo e alla Chiesa.

D. – Si è visto ancora una volta l’amore del popolo polacco per il Successore di Pietro: chiaramente Karol Wojtyła è per sempre nel cuore dei polacchi, ma anche con Benedetto XVI e ora con Papa Francesco si è visto un entusiasmo a volte anche commovente …

R. – Penso che sia una linea costante nella vita del nostro popolo; forse prima di Giovanni Paolo II eravamo – lo sappiamo – dietro al Muro: questa “Cortina di ferro” ci divideva molto, anche dai media, anche da questi contatti, che erano veramente rari. Avremmo voluto, 50 anni fa, che Papa Paolo VI potesse essere in mezzo a noi: il regime comunista non gli ha permesso di venire. [Al suo posto] c’era una sedia vuota con un mazzo di fiori. Mentre con Giovanni Paolo II noi ci siamo avvicinati non solo alla persona del Papa, ma soprattutto al Vicario di Cristo in terra. Ci siamo avvicinati: penso che tanta gente si sia avvicinata anche interiormente proprio alla Sede Apostolica. Per noi è una cosa molto importante, anche per la gente, che dobbiamo accogliere con cuore aperto ogni Successore di Pietro.

D. – Che cosa rappresenta per la Polonia, per la Chiesa ma non solo, questa Gmg in terra polacca? Una Gmg, poi, in un momento così particolare anche per l’Europa… Papa Francesco ha detto più volte: “Non solo la Chiesa, ma il mondo vi guarda” …

R. – Per noi è un grande dono. Non mi stanco di ripetere che a noi Papa Francesco ha fatto un grande regalo, un grande dono, una grande grazia di venire con la gente, con i giovani proprio a Cracovia, dando questo segno visibile che rimarrà nel cuore dei polacchi. E speriamo per la nostra Chiesa, per il nostro popolo che anche noi possiamo essere questi segni visibili, sia perso gli altri credenti ma anche verso il mondo: questo sarà anche il nostro compito qui, su questa Terra, di dare segni di speranza, di vicinanza, del sentimento di Dio alla gente.

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Lombardi: i giovani della Gmg hanno forza per cambiare il mondo

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A poche ore dalla Veglia della Gmg, e alla vigilia della Messa conclusiva, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, traccia un primo bilancio del raduno giovanile di Cracovia. L’intervista è dell’inviato, Alessandro Gisotti

R. – La Chiesa polacca è una grande Chiesa, ha una grande tradizione. Il popolo polacco ha una grande storia. E’ un popolo che ci ha dato tanti Santi, l’ultimo di essi il nostro carissimo e grande Giovanni Paolo II. Anche se in un tempo molto breve, Papa Francesco è entrato in profondità in contatto con il popolo e con la Chiesa polacca, un po’ in tutte le sue dimensioni. Ha dato loro il senso del suo affetto, della sua prossimità, del suo messaggio di essere Chiesa in uscita, di essere Chiesa creativa. Ha dimostrato un grande rispetto per la tradizione dei valori cristiani e della storia da cui questo popolo viene, da cui questa Chiesa viene, e allo stesso tempo – con discrezione, ma con decisione – ha dato anche al popolo e alla Chiesa polacca i suoi messaggi che sono quelli che sta dando a tutto il mondo: di essere in uscita, di essere missionari, di essere solidali, di essere dialoganti, di costruire una grande comunità di nazioni per un mondo di pace. Quindi, credo veramente sia stato un incontro felice, sereno, molto costruttivo e che possa dare alla Chiesa in Polonia, al popolo polacco quella serenità, quella gioia di continuare a guardare in avanti, sentendo di avere un Papa che è nelle tracce, nella direzione di Giovanni Paolo II, portandone avanti anche i messaggi essenziali, primo fra tutti quello dell’annuncio della misericordia nel mondo di oggi, che ne ha estremamente bisogno.

D. – Mancano gli eventi finali, se così si può dire, della Gmg: cosa, secondo lei, è che colpisce di più di questa Gmg tra le tante che ha potuto vivere?

R. – Ogni Giornata della gioventù avviene in un contesto particolare e può portare quindi un suo messaggio specifico. Diciamo che per esempio, non so, quella di Parigi: quella di Parigi aveva dimostrato la gioia e la vitalità della fede in un mondo secolarizzato che non si aspettava, che rimaneva sorpreso della vitalità della fede dei giovani, ecco. E’ un messaggio diverso… Adesso, questo è un messaggio invece di coraggio e di speranza in un mondo travagliato da conflitti e da paure, questo mi sembra molto evidente, ed è un messaggio preziosissimo. Una cosa analoga era stata, per esempio, a Toronto, anche dopo gli attentati dell’11 settembre alle Torri Gemelle: era diversi mesi dopo ma l’impressione era ancora molto forte. Era di nuovo, anche in quel caso lì, un messaggio di speranza in un mondo che si sentiva incerto per la presenza dell’odio in forme nuove, che non conosceva ancora. Ed era stato un messaggio importante. Quindi, ogni Giornata della gioventù assume un significato particolare a seconda del contesto in cui si colloca. Le prime, la prima, quella di Czestochowa, era quella in cui si viveva un po’ l’Europa dell’Est che si apriva e quindi la possibilità dell’incontro con “i due polmoni dell’Europa”: anche quello era un messaggio nuovo, estremamente importante. Qui sappiamo tutti che momento stiamo vivendo della storia e l’evento “Giornata mondiale della gioventù” è un grande segno di speranza per questo mondo. E’ l’evento come tale che è il messaggio: l’evento come tale creato, naturalmente, dalla fede, dall’annuncio del Vangelo che richiama tutti questi giovani, queste forze meravigliose, questi entusiasmi e queste speranze meravigliose di futuro che hanno i giovani e le orienta, le catalizza, fa prendere loro coscienza della loro potenzialità di servizio e di annuncio per il mondo di oggi. Ieri il Papa: “Si possono cambiare le cose?”, chiedeva ai giovani. “Sììì”. Glielo faceva ripetere e glielo faceva ripetere: devono prendere coscienza, i giovani; prendono coscienza – questo milione e più di giovani che sono qui – che se ascoltano la Parola di Gesù, se credono all’amore piuttosto che all’odio, allora possono dare un contributo importante per questo mondo.

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Oggi in Primo Piano



Francia e Italia: cristiani e musulmani a Messa contro il terrorismo

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In Francia è la giornata della preghiera comune tra cristiani e musulmani, invitati dalle autorità islamiche francesi a partecipare alla Messa domenicale per solidarietà contro l’assassinio di padre Hamal vicino Rouen, ferito a morte da due terroristi legati al sedicente Stato Islamico. Un’iniziativa che è stata accolta positivamente anche in Italia. Il servizio di Michele Raviart

“Amore per tutti, odio per nessuno”, si legge nel cartello che un centinaio di musulmani hanno portato questa mattina nella cattedrale di Rouen per rendere omaggio, insieme a duemila cristiani a padre Hamel. L’arcivescovo della città, mons. Dominique Lebrun, li ha ringraziati all’inizio della Messa: “Affermate che rifiutate la morte e la violenza in nome di Dio”, ha detto, perchè“come abbiamo sentito dalle vostre bocche, quello non è l’Islam”. Musulmani in chiesa anche a Parigi, Bordeaux e Nizza, luogo dell’attentato del 14 luglio scorso, per un’iniziativa promossa con successo anche in Italia. Da nord a sud sono stati oltre 15 mila i fedeli islamici che, secondo il presidente delle comunità del mondo arabo italiane Foad Aodi, questa mattina hanno partecipato alla Messa domenicale. Imam responsabili di tre moschee erano a Roma a Santa Maria in Trastevere. Delegazioni anche a Trieste, Firenze, Napoli e Palermo. Ovunque appelli al dialogo e a una collaborazione più intensa tra cristiani e musulmani. “A noi fa molto male parlare di terrorismo islamico”, spiega l’imam di Vobarno, in provincia di Brescia, paese dove è cresciuto uno dei foreign fighters italiani, “sono criminali e falliti”, ha detto, “e come me la pensano gli altri imam”.

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Burundi: Onu approva invio 228 soldati per fermare le violenze

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Il consiglio di sicurezza dell’Onu ha votato a favore di una risoluzione per riportare la pace in Burundi, dove è in atto uno scontro tra il governo di Pierre Nkurunziza, al suo terzo mandato, e le opposizioni. Le associazioni umanitarie hanno registrato nell’ultimo anno casi di esecuzioni e detenzioni arbitrarie, anche di bambini, torture, sparizioni, crimini sessuali contro le donne. Il documento delle Nazioni Unite prevede l’invio di 228 poliziotti, chiede il rafforzamento del dialogo interno e un intervento efficace dell’Unione Africana. Tuttavia la risoluzione non è stata approvata all'unanimità: Cina, Angola, Egitto e Venezuela si sono astenuti. L’impegno dell’Onu porterà a risultati effettivi? Eugenio Murrali lo ha domandato all’africanista Massimo Alberizzi

R.- Il governo finora non ha dato il suo assenso. Ha detto che permetterà solamente l’ingresso di 50 poliziotti disarmati. Questo significa che saranno solamente dei testimoni, se vogliamo, di quello che potrebbe accadere per le strade di Bujumbura. Non credo che vengano dispiegati fuori dalla capitale. C’è di buono che finalmente il Consiglio di Sicurezza ha capito che bisogna fare qualcosa per questo Paese martoriato. Tra le altre cose – attenzione – non dobbiamo confondere quello che sta succedendo in Burundi con la guerra etnica. No. Direi che più che altro si tratta di una guerra di potere ed economica. Teniamo presente che nel Paese ci sono due etnie prevalenti: gli Hutu e i Tutsi. Nkurunziza fa parte dell’etnia degli Hutu, però ha contro di sé anche parte della sua comunità tribale, perché è un po’ anche un signore fuori dal comune, fuori dalla norma: ritiene di essere stato investito da Dio a guidare il Paese, quindi cerca anche una legittimazione esoterica.

D. - L’Unione Africana avrebbe dovuto inviare cento osservatori e cento esperti militari, però, per ora, siamo soltanto a 32 osservatori e 15 esperti . Un impegno inefficace?

R. - È inefficace perché l’Unione Africana è composta soprattutto da dittatori che temono il giorno dopo di essere anche loro inquisiti in qualche modo. Hanno paura che nel loro Paese qualcuno dica: “Mandiamo anche qui le truppe o la polizia o gli osservatori”.

D. – Il rappresentante dell’Egitto ha spiegato l’astensione dicendo che la risoluzione, così formulata, fa perdere alla comunità internazionale la possibilità di cooperare con il Burundi, perché di fondo può essere rigettata. Il Venezuela parla addirittura di un precedente negativo in questa risoluzione. È così?

R. - Finalmente qualcosa si muove. Certamente non è una delle risoluzioni migliori: anche se il governo del Burundi dovesse approvare l’invio di 228 poliziotti non è che si risolva molto. Rimarranno solamente come testimoni e assisteranno a violenze. Tra l’altro le missioni di pace che hanno avuto successo sono pochissime. Il problema è sempre politico e economico, in questi casi. E allora servono soluzioni economiche, ma non ai danni della popolazione. Per esempio, bisogna impedire che escano materie prime dal Burundi, fare sì che materie importanti –  diamanti, metalli preziosi, che sono in realtà congolesi –  non siano censiti come burundesi e non vengano poi esportati. Questo è il problema vero. Nessuno vuole mai mettere le mani su questioni economiche. Il Papa lo ha detto riguardo all’Is: “Questa non è una guerra di religione”, giustamente, è una guerra di soldi. Tutte le guerre sono di soldi. Pierre Nkurunziza è lì, non perché vuole difendere la sua popolazione o il benessere del Burundi: vuole difendere i suoi interessi personali – come tutti i dittatori africani –  della sua famiglia, se vogliamo, del suo gruppo di potere. Questo è il senso. Questo è quello che alla fine succede poi con l’Is. L’Is ha il controllo di alcuni pozzi petroliferi, per esempio in Libia. A chi pagano le royalties le compagnie petrolifere se non ai militanti islamici? Questo in piccolo succede anche in Burundi, perché il problema è sempre economico.

D. - Human Rights Watch, ma anche la rappresentante degli Stati Uniti, Samantha Power –  che tra l’altro ha detto che gli Stati Uniti hanno accettato questa soluzione minima rispetto a quelle che erano le loro attese –  ha sottolineato le gravi violenze contro le donne e nella risoluzione stessa si legge di 348 esecuzioni extragiudiziarie, 651 casi di tortura, 270mila richiedenti asilo nei Paesi limitrofi. La situazione a livello sociale è allarmante?

R. - Sì, questi sono dati minimi. Io francamente credo che i numeri siano molto, molto, molto più alti. Gli Imbonerakure, l’ala giovanile del partito al potere, mi ricordano molto gli Interamue ruandesi, che ammazzavano extragiudizialmente tutti quelli che gli erano “antipatici”. Quindi il problema è anche questo: se si trasforma questa guerra economica in una guerra etnica si rischia il genocidio. Ed è molto facile aizzare gli antagonismi etnici in Africa.

D. - Quindi lo spettro del Ruanda è davvero presente, come ha sottolineato il rappresentante francese François Delattre?

R. - Ha perfettamente ragione, anche se qualche colpa la hanno anche i francesi in Ruanda. La comunità internazionale, Bill Clinton chiesero scusa al Ruanda per non essere intervenuti. Gli interventi poi sono sempre calibrati rispetto alla politica internazionale. Adesso, l’Egitto dice che non è sufficiente, il Venezuela che è un primo passo pericoloso. Certo non auspico una polizia internazionale che faccia il bello e il cattivo tempo, anche perché c’è il rischio che alcune volte venga utilizzata non per difendere la popolazione, ma per difendere i regimi a seconda che questi ultimi siano accondiscendenti, ad esempio, a concedere concessioni petrolifere alle grandi multinazionali o no. Quindi non auguro questo, ma devo dire che in certi casi, come questo del Burundi, un corpo di polizia o forse addirittura un corpo militare sarebbe auspicabile, prima che si arrivi al genocidio ruandese, quando poi i corpi di polizia non sono arrivati. È bellissimo il libro del generale canadese Roméo Dallaire, che spiega bene come vedeva ammazzare la gente per strada e lui, uomo dell’Onu, uomo di pace, non è riuscito a fare niente perché la politica glielo impediva.

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Brasile: Lula rinviato a giudizio, l'eroe del popolo divide il Paese

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L'ex Presidente brasiliano Inacio Lula sarà processato con l'accusa di "tentata ostruzione alla giustizia", nell'inchiesta sul grande scandalo dei fondi neri versati da Petrobras ai vertici del Partito dei lavoratori (Pt), il partito da lui fondato. Insieme a Lula saranno processate altre sei persone tra politici, imprenditori e banchieri. Eletto trionfalmente nel 2003 è rimasto in carica fino al 2010, Lula è ancora molto amato dai brasiliani, ma il Paese si è ora diviso tra chi lo vorrebbe nuovamente alla presidenza nelle elezioni del 2018 e chi invece lo ritiene un traditore e vorrebbe vederlo scontare in prigione la pena che potrebbe pervenire dalla Corte federale di Brasilia. Silvonei Protz, responsabile del programma brasiliano della Radio Vaticana, ha approfondito l'argomento al microfono di Michele Ungolo

R. – Per la prima volta Lula è portato a quello che chiamano “lava jato” (“operazione autolavaggio”, operazione anticorruzione), un processo che lo vede indagato anche per oltraggio alla giustizia. E Lula ha già dichiarato che davanti a questa nuova situazione ha ancora più voglia di candidarsi alle prossime elezioni, nel 2018. Che cosa succede, però? Succede che paradossalmente, lui ha votato una legge che si chiama “ficha limpa” (“tabula rasa”), come “mani pulite” in Italia, per non permettere che persone sotto processo possano presentarsi come candidati. Ma lui dice di volersi presentare nonostante questa nuova situazione che lo vede indagato. Non dipenderà, comunque, più da lui. Adesso è una questione di giustizia e se c’è questo “ficha limpa” sarà applicato anche lui, e perciò nel 2018 e nel 2022 non potrà assolutamente presentarsi. E’ un momento molto particolare; particolare anche perché sarebbe la prima volta che un ex-Presidente è indagato e rientrando in questo “ficha limpa”. Lui, quindi, non può essere un candidato alle presidenziali.

D. – Nel 2003, la sua elezione fu un vero e proprio trionfo. Quali cambiamenti ha portato in Brasile?

R. – Lula è molto popolare in Brasile; è una persona che in un certo senso ha dato dignità ai poveri, ai miserabili, perché ha aiutato tantissima gente a uscire dalla povertà e questo è un suo grande pregio. Per questo è anche visto da una grande parte della popolazione brasiliana come qualcuno che viene per salvare, il salvatore della Patria. Però, allo stesso momento che cosa è successo? Sono successe tante cose che hanno portato a mettere dei punti interrogativi in tutta la sua gestione. Lui è molto amato: questo bisogna dirlo assolutamente. Ha fatto tantissime cose per il bene del Brasile. Il problema è quello che sta uscendo fuori adesso, con tutti questi “conchavo” (complotti), le accuse che arrivano nei suoi riguardi, con gli imprenditori, con le implicazioni a livello politico, con “Petrobras” … E allora, finché non si farà chiarezza con tutto questo che coinvolge Lula, che è diventato un personaggio politico e storico in Brasile, ma anche in tutta l’America Latina e sullo scenario internazionale, questo punto interrogativo macchia un po’ la sua storia.

D. – La maggior parte dei cittadini lo crede un eroe, in molti hanno fiducia in lui. Altri, invece, pensano che sia un traditore …

R. – Sì. Il Brasile in questo momento è molto diviso, in questo senso: ci sono quelli che appoggiano Lula – non soltanto il Pt, il suo partito, il Partito dei lavoratori (Partido dos Trabalhadores) – ma nel senso di quello che Lula ha permesso di fare a quelli che sono membri del suo partito e del suo governo. Questo è il punto interrogativo. Non forse tanto su Lula, ma su quello che hanno fatto quelli che erano vicini a Lula. E questo, naturalmente, ricade sul Presidente: lui che era in un certo senso l’“amalgamatore” di tutto questo cambiamento del Brasile. E questo punto interrogativo ricade sulla sua storia, perché lui ha permesso che questo succedesse. Lui dice che non sapeva: ma è possibile che il Presidente non sapesse di tutto questo?

D. – Come cambierà adesso lo scenario politico?

R. – C’è molta gente che vuole vedere Lula in prigione, e c’è anche una grande parte del Brasile che vuole vedere Lula un’altra volta Presidente. Perciò vediamo un Paese molto diviso. In questo momento, anche come riflesso di tutto questo, noi abbiamo l’impeachment della Presidente Dilma, anche lei del Partito dei lavoratori e colei che ha preso il posto di Lula: perciò, c’è un coinvolgimento che parte da Lula e arriva fino alla Presidente. Dobbiamo aspettare la votazione dell’impeachment del Senato: da quel momento si potrà capire veramente in quale direzione andrà il Brasile.

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Prof. Arasa: Gmg "social" grazie a Francesco, leader del web

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Quella di Cracovia è stata una Gmg a forte vocazione "social". La presenza sui vari canali del web di informazioni condivise e rilanciate sugli eventi della Giornata ha permesso di avere, come mai in passato, informazioni e impressioni molto apprezzate in particolare da chi non ha potuto parteciparvi. Un fenomeno che spiega il prof. Daniel Arasa, vice decano della facoltà della Comunicazione della Pontificia Università Santa Croce, che con 30 studenti dell'ateneo ha lavorato con l'Ufficio comunicazione della Gmg proprio per la parte riguardante i social network. L'intervista è di Alessandro Gisotti: 

R. – E’ un fatto che in questa Gmg ci sia questa nuova realtà, che non c’era – almeno in modo così massiccio – a Rio e senz’altro a Madrid o nelle precedenti Gmg. I giovani di oggi, quindi, oltre a partecipare in modo fisico, nel luogo, quando non possono venire seguono da vicino gli eventi. Fenomeni e app come il Facebook Live, Twitter e tutti gli altri canali permettono a tantissime persone di condividere questi momenti e lo dimostrano i numeri che stiamo vedendo nei diversi account della Gmg.

D. – E’ significativo che anche il Papa è molto presente sui social in questa Gmg, perché non solo pubblica tweet, ma anche foto sul suo nuovo account Instagram @Franciscus. Quindi, il Papa partecipa a questa Gmg social…

R. – Certo, il Papa è soprattutto un leader e un leader anche nella rete. Sono i followers, sono gli stessi fan, le stesse persone che lo seguono in rete, che lo retwittano, girano i suoi messaggi e fanno crescere questa popolarità. Ovviamente non è che il Papa stia tutto il tempo in rete, ma ha una presenza veramente costante nell’ambito digitale.

D. – Può parlarci un po’ dell’esperienza dei ragazzi della Santa Croce, che sono con lei per questo impegno?

R. – Per loro, una trentina di studenti di 13 Paesi diversi, un gruppo quindi internazionale, questa è veramente un’esperienza umana in primo luogo, nell'incontrare persone di tutto il mondo e dei loro stessi Paesi, poi professionale perché c’è una collaborazione molto seria nei diversi dipartimenti: nell’ambito dei social media, nel press office, nella pagina web della Gmg, nel settore fotografico... E senz’altro un’esperienza spirituale: qualsiasi Gmg ha questa componente, indimenticabile perfino per la gente che lavora come professionista.

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Nella Chiesa e nel mondo



Musulmani nelle chiese. Card. Bagnasco: “lieti e grati” per il gesto

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“Siamo molto lieti e molto grati, insieme alle nostre comunità cristiane”, “grati di questa pronta risposta a un appello che aspettavamo”. È una “condanna netta e permanente, senza se e senza ma”. La presenza dei fedeli musulmani durante le Messe odierne, in Francia e in Italia, come gesto di solidarietà verso i cristiani e di condanna della violenza terroristica dopo l’attacco nella chiesa di Rouen, viene commentata positivamente dal card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei. 

Si sta creando una reazione corale al terrorismo islamico
Da Cracovia, dove partecipa assieme ai giovani italiani alla Gmg che si conclude oggi, afferma: “Il fatto è che non sempre abbiamo sentito una reazione corale, ora questo invece si sta creando – si legge su Avvenire di oggi -. È vero infatti che il mondo musulmano è abbastanza frammentato per motivazioni di carattere teologico, che non ci competono, ma su questo punto fondamentale di condanna netta della barbarie si può essere tutti d’accordo. E ora mi pare che si vada in questa direzione”. 

Prima risposta al fondamentalismo barbaro deve arrivare dal mondo islamico
“La religione vera – afferma il porporato – porta sempre all’amore, alla pace, illumina la vita, tutto ciò che invece che si tinge di morte può dirsi religioso ma non lo è, mai”. La “condanna della violenza fondamentalista” ha un “grande valore che unifica e supera tutte le distinzioni… La primissima risposta al fondamentalismo barbaro e brutale deve arrivare dal mondo islamico, perché se chi pratica la violenza si sente circondato da una condanna netta, chiara, permanente, senza paura credo dovrà prenderne atto”. 

La crisi dell’Europa prima che politica è spirituale
L’arcivescovo di Genova si augura che questo sia “l’inizio di un percorso nuovo” perché “sappiamo tutti che la crisi dell’Europa prima che politica è spirituale”; occorre dunque riaffermare “il primato dello spirito, che significa elevare l’uomo a un livello più alto di pensiero, di azione e di sentire. Credo che questo sia un valore condiviso da tutte le religioni”. (R.P.)

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Tunisia: cade il governo Essid. Ora governo di unità nazionale

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In Tunisia il parlamento del Bardo ha sfiduciato il governo guidato da Habib Essid con 118 voti contrari, 3 a favore e 27 astenuti. Sarà ora compito del Presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi aprire le consultazioni per la formazione di un nuovo governo di unità nazionale, comprendente il maggior numero di parti politiche e sociali del Paese. Un progetto fortemente voluto dal Presidente e nato lo scorso 13 luglio, quando rappresentanti di nove partiti politici, dei sindacati e degli imprenditori avevano firmato il cosiddetto “accordo di Cartagine”, in cui si stabiliva una tabella di marcia per la creazione di un governo di unità nazionale in grado di mettere in atto le riforme economiche e sociali necessarie per lo sviluppo della Tunisia, colpita da disoccupazione e terrorismo. Essid aveva bloccato questo piano rifiutando di dimettersi prima della sfiducia del Parlamento. “Ho la coscienza a posto, ho compiuto fino in fondo il mio dovere”, ha detto il capo del governo, in carica dal gennaio 2015, che ha ribadito di aver voluto seguire la Costituzione prima di lasciare il governo. Le consultazioni inizieranno lunedì. (M.R.)

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Bangladesh: trovato il mandante della strage di Dacca

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La polizia del Bangladesh ha identificato il mandante dell’attentato di Dacca del primo luglio scorso, quando un commando jihadista uccise 22 persone in un ristorante. Si tratta di Tamim Chowdhury, trentenne con doppia cittadinanza canadese e bengalese. L’uomo, al cui nome gli inquirenti sono risaliti dopo un blitz antiterrorismo in cui sono morte 9 militanti, sarebbe il leader e maggior finanziatore di una frangia particolarmente violento di un gruppo estremista locale, l’Jmb. Chowduhury, che faceva da collegamento tra il Jmb e lo Stato Islamico, sarebbe il mandante di altri tre attacchi e si pensi si trovi ora in Bangladesh. (M.R.)

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Unicef: in Nigeria 1 bambino su 5 in pericolo di vita per malnutrizione

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L’Unicef continua a garantire assistenza a milioni di bambini colpiti dal conflitto nel nordest della Nigeria, nonostante l’attacco a un convoglio umanitario avvenuto due giorni fa nel Paese. Nell’attacco – riferisce l’ufficio stampa dell’organizzazione umanitaria – un operatore “è stato ferito e sono stati sospesi gli spostamenti degli operatori delle Nazioni Unite nelle aree ad alto rischio del Paese”. 

2 milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari
“Stiamo lavorando duramente a Maiduguri, capitale dello stato del Borno”, dichiara Jean Gough, rappresentante Unicef in Nigeria. “Continuiamo a chiedere di aumentare gli sforzi per raggiungere le persone in disperato bisogno di aiuto in tutto lo Stato. Non possiamo lasciare che questo terribile attacco ci impedisca di raggiungere oltre 2 milioni di persone che hanno un immediato bisogno di assistenza umanitaria”. 

La violenza ha colpito agricoltura e mercati e distrutto strutture sanitarie e igieniche
“Le nostre squadre volevano raggiungere le persone in forte stato di crisi. La violenza ha colpito anche l’agricoltura e i mercati, ha distrutto riserve alimentari e danneggiato e distrutto strutture sanitarie e igieniche. Dobbiamo assolutamente raggiungere la maggior parte di queste comunità”. Secondo Unicef - riporta l'agenzia Sir - quest’anno solo nello Stato del Borno, 244mila bambini “saranno colpiti da malnutrizione acuta grave. Se non saranno raggiunti e sottoposti a cure mediche, 1 bambino su 5 morirà”. (R.P.)

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Quebec: Domenica della catechesi sul tema della misericordia

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“La misericordia al cuore della nostra fede”: su questo tema, la Chiesa cattolica del Québec si appresta a celebrare, il prossimo 25 settembre, la Domenica della catechesi. L’evento coinciderà con il Giubileo dei catechisti e delle catechiste che, con il loro impegno di trasmettere la fede, sostengono la vita delle comunità cristiane, in particolare nelle parrocchie.

Aprirsi alla misericordia del Padre
“La Chiesa – scrive mons. Paul Lortie, presidente dei vescovi del Québec – ha la missione di annunciare Gesù Cristo, volto della misericordia del Padre. Attraverso la catechesi, essa accompagna le persone che, nel corso del loro cammino di fede, si avvicinano a Cristo, si aprono alla misericordia del Padre e ne vengono a poco a poco trasformati”.

Dare testimonianza di Gesù Risorto
In quest’ottica – aggiunge il presule – “la Domenica della catechesi è l’occasione di rendere grazie per tutti i frutti resi nella vita delle comunità e per l’impegno dei tanti catechisti in questa missione indispensabile alla vitalità e allo sviluppo della Chiesa”. Di qui, l’invito di mons. Lortie a tutti i battezzati a “dare testimonianza delle loro esperienze personali con Gesù Risorto, che li riconcilia con il Padre e trasforma le loro vite”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 213

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.