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Sommario del 03/05/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: Gesù è la via ma tanti cristiani sono mummie o vagabondi

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Gesù è la “strada giusta” della vita cristiana ed è importante verificare costantemente se lo si stia seguendo con coerenza oppure se l’esperienza di fede si sia smarrita o bloccata lungo la strada. È la sostanza della riflessione che Papa Francesco ha sviluppato all’omelia della Messa del mattino, celebrata a Casa S. Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis

La vita della fede “è un cammino” e lungo il tragitto si incontrano diversi tipi di cristiani. Papa Francesco ne fa un rapido catalogo: cristiani-mummie, cristiani vagabondi, cristiani testardi, cristiani a metà strada – quelli che si incantano davanti a un bel panorama e rimangono piantati lì. Gente che per un motivo o per l’altro ha dimenticato che la sola “strada giusta” – lo ricorda il Vangelo del giorno – è Gesù, il quale conferma a Tommaso e Filippo: “Io sono la via”, “chi ha visto me ha visto il Padre”.

“Mummie spirituali”
Francesco esamina una a una queste tipologie di cristiani in vario modo confusi, cominciando prima di tutto dal cristiano che, dice, “non cammina”, che dà l’idea di essere un po’ imbalsamato:

“Un cristiano che non cammina, che non fa strada, è un cristiano non cristiano. Non si sa cos’è. E’ un cristiano un po’ ‘paganizzato’: sta lì, sta fermo, non va avanti nella vita cristiana, non fa fiorire le Beatitudini nella sua vita, non fa le Opere di misericordia... E’ fermo. Scusatemi la parola, ma è come fosse una ‘mummia’, lì’, una ‘mummia spirituale’. E ci sono cristiani che sono ‘mummie spirituali’. Fermi, lì. Non fanno del male, ma non fanno del bene”.

I testardi e i vagabondi
Ecco apparire poi il cristiano ostinato. Quando si cammina, riconosce il Papa, capita di sbagliare strada, ma quella non è la cosa peggiore. Per Francesco “la tragedia è essere testardo e dire ‘questa è la strada’ e non lasciare che la voce del Signore ci dica” che non lo è, ci dica: “Torna indietro e riprendi la vera strada”. E poi la quarta categoria, quella dei cristiani “che camminano, ma non sanno dove vanno”:

“Sono erranti nella vita cristiana, vagabondi. La loro vita è girare, di qua e di là, e perdono così la bellezza di avvicinarsi a Gesù nella vita di Gesù. Perdono la strada, perché girano e tante volte questo girare, girare errante, li porta ad una vita senza uscita: il girare troppo si trasforma in labirinto e poi non sanno come uscire. Quella chiamata di Gesù l’hanno persa. Non hanno bussola per uscire e girano, girano; cercano. Ci sono altri che nel cammino vengono sedotti da una bellezza, da una cosa e si fermano a metà strada, affascinati da quello che vedono, da quella idea, da quella proposta, da quel paesaggio… E si fermano! La vita cristiana non è un fascino: è una verità! E’ Gesù Cristo!”.

L’ora delle domande
Osservando il quadro, riflette Francesco, viene da porsi delle domande. Il “cammino cristiano che ho iniziato nel Battesimo – si chiede – come va? E’ fermo? Ha sbagliato strada? Sono in giro continuamente e non so dove andare spiritualmente? Mi fermo davanti alle cose che mi piacciono: la mondanità, la vanità” o vado “sempre avanti”, rendendo “concrete le Beatitudini e le Opere di misericordia?”. Perché “la via di Gesù – conclude il Papa – è tanto piena di consolazioni, di gloria e anche di croce. Ma sempre con la pace nell’anima”:

“Rimaniamo oggi con la domanda, ma facciamocela, cinque minutini… Come sono io in questo cammino cristiano? Fermo, sbagliato, in giro girando, fermandomi davanti alle cose che mi piacciano o quello di Gesù ‘Io sono la via!’? E chiediamo allo Spirito Santo che ci insegni a camminare bene, sempre! E quando ci stanchiamo, un piccolo ristoro e avanti. Chiediamo questa grazia”.

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P. Lombardi conferma lettera del Papa al Presidente venezuelano Maduro

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In riferimento a notizie di agenzia circa una lettera di Papa Francesco al Presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Sede, ha confermato ieri la notizia, senza indicarne il contenuto. Ce ne parla Roberto Piermarini

"Il Papa segue con molta attenzione e partecipazione le vicende del Venezuela" ha detto Padre Lombardi. "Com’è noto, il suo più recente intervento pubblico è stato l’ampio passaggio, molto eloquente, che vi ha dedicato la Domenica di Pasqua nel Messaggio prima della Benedizione Urbi et Orbi nel quale il Papa affermava: 'Il messaggio pasquale (del Risorto) si proietti sempre più sul popolo venezuelano nelle difficili condizioni in cui si trova a vivere e su quanti hanno in mano i destini del Paese, affinché si possa lavorare in vista del bene comune, cercando spazi di dialogo e collaborazione con tutti. Ovunque ci si adoperi per favorire la cultura dell’incontro, la giustizia e il rispetto reciproco - affermava Papa Francesco - che soli possono garantire il benessere spirituale e materiale dei cittadini' ”.

"La serietà della situazione - ribadisce padre Lombardi - appare chiaramente anche dalla recente Dichiarazione dei vescovi del 27 aprile. Da parte sua il Nunzio, mons. Giordano, si è impegnato molto chiaramente per favorire il dialogo auspicato dal Papa".

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Papa: donne discriminate, il loro lavoro va difeso e valorizzato

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“Perché in tutti i Paesi del mondo le donne siano onorate e rispettate, e sia valorizzato il loro imprescindibile contributo sociale”. È questa l’intenzione universale di preghiera di Papa Francesco per il mese di maggio 2016, promossa dall’Apostolato della preghiera. Il Papa, come di consueto da qualche tempo a questa parte, l'ha accompagnata con alcune riflessioni in un videomessaggio. Il servizio di Roberto Piermarini

“È innegabile il contributo delle donne in tutti gli ambiti dell’attività umana, iniziando dalla famiglia. Ma soltanto riconoscerlo... È sufficiente?”. È la domanda che Papa Francesco si pone all’inizio del suo videomessaggio dedicato all’intenzione universale del mese di maggio dell’Apostolato della preghiera:

“Hemos hecho muy poco por las mujeres…
Abbiamo fatto molto poco – riconosce il Papa – per le donne che si trovano in situazioni molto difficili, disprezzate, emarginate, e perfino ridotte in schiavitù”. “Dobbiamo condannare – soggiunge – la violenza sessuale che soffrono le donne ed eliminare gli ostacoli che impediscono il loro pieno inserimento nella vita sociale, politica ed economica”.

“Se pensi che questo è giusto – conclude Francesco – fa conoscere questa petizione con me”:

“Es una oración: para que en todos los países…
È una preghiera: perché in tutti i Paesi del mondo le donne siano onorate e rispettate, e sia valorizzato il loro imprescindibile contributo sociale”.

Durante il videomessaggio compare in sovraimpressione una serie di affermazioni sul tema della tutela del lavoro femminile:
“Il mio lavoro vale tanto quanto quello di un uomo.
Non sarò mai una schiava
No alla violenza di genere.
Basta con la discriminazione nel lavoro
Uomini e donne siamo figli di Dio”.

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Mons. Vayalunkal nominato nunzio in Papua Nuova Guinea

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Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Papua Nuova Guinea mons. Kurian Mathew Vayalunkal, consigliere di Nunziatura, elevandolo in pari tempo alla dignità di arcivescovo. Il neo presule è nato a Vadavathoor, in India, il 4 agosto 1966. Ordinato sacerdote il 26 dicembre 1991, è stato incardinato a Kottayam. È laureato in Diritto Canonico. Entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 13 giugno 1998, ha prestato la propria opera successivamente presso le Rappresentanze Pontificie in Guinea, Corea, Repubblica Dominicana, Bangladesh, Ungheria e in Egitto. Parla Hindi, Tamil, Malayalam, Spagnolo, Inglese, Italiano, Francese e Tedesco.

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Papa, tweet: Gesù è incarnazione della misericordia di Dio

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Gesù Cristo, incarnazione della misericordia di Dio, per amore è morto sulla croce e per amore è risorto”.

Da rilevare che l’account in lingua latina di Pontifex ha superato il traguardo dei 500 mila follower.

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Lavoro: al via seminario internazionale per il Giubileo

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“Il problema del lavoro è grave, per gli alti livelli di disoccupazione giovanile, e perché a volte il lavoro stesso non è dignitoso”. Con questo tweet lanciato dall’account @Pontifex, Papa Francesco pone l’accento su uno dei problemi maggiori della società contemporanea. Su questo tema, nel contesto del Giubileo della misericordia, è iniziato ieri a Roma un seminario internazionale, organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace insieme all’Organizzazione internazionale del lavoro. Il servizio di Michele Raviart: 

Dignità del lavoratore, giusti salari, facilità di accesso al credito per i giovani. Queste le chiavi per uno “sviluppo sostenibile” del lavoro, tema del workshop che vede riuniti fino a giovedì prossimo al Notre Dame Global Gateway di Roma organizzazioni internazionali e di ispirazione cattolica attive nel settore. Il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

“Papa Francesco ha già parlato di due fragilità: l’ambiente e i poveri. Anche il lavoro sta diventando una fragilità. L’obiettivo è sempre più quello del profitto, del reddito e del guadagno e l’uomo si trova sempre più nella precarietà. Come possiamo assicurare la dignità del lavoro? Come possiamo rendere il lavoro stabile? Come può contribuire, lo stesso lavoro, ad esperienze di pace nella società? Questo è proprio ciò che vogliamo trattare”.

Obiettivo del seminario è allora anche quello di formulare soluzioni a livello globale, a partire dalla tutela del lavoratore. Gianni Rosas, direttore della rappresentanza dell’Oil in Italia e San Marino:

“Nonostante siamo nel XXI secolo, continuano a permanere delle forme di lavoro in condizione di schiavitù e in mancanza di qualsiasi diritto. Ci sono delle criticità relative ai lavoratori, che lavorano però guadagnano meno di quello che è necessario per uscire dalle forme estreme di povertà. Non dimentichiamo che ci sono più di 400 milioni di lavoratori nel mondo che lavorano, ma vivono in condizioni di povertà, loro e le loro famiglie”.

Tutele contrattuali, quindi, ma anche proposte per affrontare l’eccesso di lavoro automatizzato e digitalizzato, che rischia di marginalizzare la persona umana – e in particolare i giovani - in nome di un profitto cieco. Ancora il cardinale Turkson:

“Come ha detto Henry Ford, lo scopo della finanza non è di fare profitto, ma di aiutare le persone a realizzare il bene comune. Se noi riusciamo, allora, a creare accesso al capitale per quelli che hanno buone idee di sviluppo e così via, i giovani non aspetteranno più il lavoro da qualcuno, ma potranno essere loro gli imprenditori e non andare, quindi, sempre alla ricerca del lavoro, ma essere creatori di lavoro”.

In questo senso sono da incentivare esperienze come il microcredito e la associazioni che promuovono il lavoro giovanile nei Paesi più poveri. Mons. Roberto Vitillo, capo delegazione alle Nazioni Unite di Ginevra per Caritas Internationalis:

“Noi crediamo che il mondo non sia molto attento a questo problema. Invece, in quasi ogni continente ci sono giovani ben preparati, ben educati, ma senza lavoro. Anche lo stipendio, però, deve essere giusto, per permettere specialmente alla famiglia di crescere bene, per permettere al lavoratore o alla lavoratrice di provvedere ai bambini, alla scuola, e anche a loro stessi, come genitori.

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Prima mostra sulle Bolle giubilari dell'Archivio Segreto Vaticano

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È stata inaugurata questa mattina a Roma, in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia, la mostra "Pereginatio Sancta" sulle Bolle dei giubilei custodite dall’archivio segreto del Vaticano. È la prima volta che questi documenti vengono esposti pubblicamente. La mostra è stata organizzata dall’Opera Romana Pellegrinaggi con Il Cigno Servizi e curata da mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano. L’esposizione sarà visitabile da domani a Palazzo del Vicariato Vecchio sino a fine luglio. Una testimonianza unica nel suo genere che raccoglie diverse Bolle giubilari, dalla prima firmata nel 1300 da Papa Bonifacio VIII, fino a quella vergata da Giovanni Paolo II nel 2000. L’allestimento mette in risalto i documenti grazie ad un’illuminazione dedicata, che ne preserva lo stato, e contiene le informazioni necessarie per ricostruire il contesto storico di ogni singolo Anno Santo. A margine della conferenza stampa di presentazione dell’evento, Daniele Gargagliano ha intervistato mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, che ha parlato anche dell’importanza, ancora oggi, della vocazione spirituale che guida i pellegrini nei loro viaggi. 

R. - È una straordinaria ed eccezionale occasione per tutti i pellegrini quella di poter vedere per la prima volta nella storia della Chiesa quei documenti che hanno dato origine a tutti i giubilei. Credo che sarà la prima volta, ma forse sarà l’ultima perché non è facile far uscire dagli scrigni dei tesori segreti degli archivi del Papa, documenti così preziosi, così rari. Visto l’Anno della Misericordia istituito da Papa Francesco, i responsabili degli archivi vaticani si sono resi disponibili per poterli mettere a disposizione dei pellegrini.

D. - Un quarto di secolo dall’ultimo giubileo. Cosa è cambiato all’interno della Chiesa soprattutto a livello di comunicazione e di apertura verso i pellegrini e verso i credenti in generale?

R. - Innanzitutto il cambiamento radicale è questo: mentre nel passato il pellegrinaggio era soprattutto un atto prettamente penitenziale, devozionale, legato alla pietà popolare, oggi è arricchito da un grande aspetto culturale, cioè l’incontro con l’arte, la storia, la cultura, le bellezze naturali, la religiosità dei luoghi e l’incontro con le persone che costituiscono un elemento fondamentale attraverso il quale il pellegrino riesce anche ad accogliere, ma soprattutto a vivere un rapporto sereno con la diversità, quindi con culture, religioni, etnie diverse. È molto importante aiutare l’uomo nell’esperienza del pellegrinaggio per fare non solo un cammino interiore, personale, di cambiamento e di conversione, ma anche un incontro con i fratelli, superando quell’individualismo, quell’egoismo, quell’assenza della solidarietà che è propria di una società del benessere e dei consumi, per far in modo che vivendo ed incontrando gli altri, insieme, si possa incontrare Dio.

D. – A proposito di comunità: nella Bolla di indizione del Giubileo, Papa Francesco fa riferimento al fatto che la vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è un “viator”. Cosa significa essere “viator” e pellegrini oggi?

R. – Il pellegrinaggio è la metafora della vita. Diremo che nel pellegrinaggio c’è tutta quell’esperienza in cui attraverso una decisione parti. Quindi nel cammino c’è un momento prima di tutto di decisione: parto e mi metto in movimento verso qualcuno, verso qualcosa. Ed è un movimento interiore. Poi c’è la meta, ovvero l’incontro nel santuario dove si ha la possibilità di sostare. Oggi, il fatto di fermarsi, di riflettere, di pensare, di interiorizzare uno spazio ed un tempo è un’occasione unica ed indispensabile per aiutare l’uomo a costruire un’autentica civiltà dell’amore.

D. - Anche per i giovani; lei ha parlato di questa società iperdinamica. Lanciare un messaggio di riflessione e di approfondimento degli aspetti spirituali nella vita è un messaggio utile per i giovani …

R. – Soprattutto per i giovani. E questo lo aveva intuito molto bene Giovanni Paolo II, quando instituì le Giornate Mondiali della Gioventù. Di quelle Giornate lui ne faceva degli autentici e specifici pellegrinaggi non solo verso santuari, che la tradizione e la storia del passato avevano lasciato alla comunità cristiana, ma anche a luoghi e spazi – pensi Denver, le montagne del Colorado, Parigi, - dove incontrandosi i giovani facevano memoria di un’esperienza, di un incontro forte, incisivo, perché il giovane ha bisogno ancora oggi di fermarsi.

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"Donne chiesa mondo": si rinnova l'inserto dell'Osservatore Romano

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Veste grafica completamente nuova e contenuti potenziati per il mensile tutto al femminile dell’Osservatore Romano,“ Donne, chiesa mondo”, coordinato da Lucetta Scaraffia. A quattro anni dalla sua nascita, da questo mese diventa una rivista di quaranta pagine a colori che, ai consueti approfondimenti legati al ruolo della donna nella Chiesa, aggiunge due rubriche curate dalle sorelle di Bose. La presentazione oggi in Vaticano alla presenza del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin. Il servizio di Gabriella Ceraso

"Se non ascoltassimo con attenzione la voce delle donne nei grandi momenti decisionali della vita della Chiesa perderemmo apporti decisivi nell’elaborazione di nuovi progetti ed orizzonti, che possono diventare il futuro di una realtà bimillenaria come la Chiesa, offrendole l’originalità dell’apporto del genio femminile". "E’ questa la realtà", sottolinea ancora il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, che il mensile “Donne chiesa mondo”, "ricorda a tutti" e "suggerisce anche che le donne hanno molto da dire ed è dunque indispensabile ascoltarle":

"Il mensile, quindi, non solo fa conoscere e valorizza la presenza femminile nella Chiesa, ma apre la via a una nuova e positiva abitudine, quella di ascoltare le donne, di guardare al molto che hanno da dire e alle numerose iniziative che sanno realizzare, per mettere in atto quella sinergia del maschile e del femminile che tante volte è stata invocata nei documenti ufficiali, ma non sempre messa in pratica".

L’intuizione dei Papi, a questo proposito, ricorda il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, risale a molto lontano:

"Già Papa Giovanni aveva visto nella promozione della donna una dei segni dei tempi, e questo più di mezzo secolo fa. Poi, è venuta l’applicazione del Concilio, è venuto Benedetto XVI che per primo ha voluto una maggiore presenza femminile nell’Osservatore Romano e le donne hanno risposto in maniera straordinaria".

Cresciuto, dalle quattro pagine del 2012, alle quaranta del maggio 2016 – con grafica molto elegante, sponsor unico Poste italiane, e una previsione di 18-20 mila copie – il mensile avrà una redazione sempre al femminile e una dimensione internazionale accentuata, con tre continenti rappresentati da redattrici dall'Argentina, dall'Africa e dall' Europa, e una presenza ebraica nella persona della prof.ssa Anna Foa. Le novità, dalla voce della coordinatrice, Lucetta Scaraffia:

"Intanto, volevamo avere una veste più agile, perché si potesse leggere – per esempio – in tram o a letto, invece quel paginone era un po’ scomodo… E poi volevamo ampliare le possibilità per le donne di far sapere il loro punto di vista. Poi, abbiamo allargato la redazione, abbiamo contatti in tutto il mondo, veniamo stampati anche in spagnolo, forse saremo stampati anche in tedesco… Papa Francesco continua a dire che le donne dovrebbero essere più ascoltate, avere posti più importanti, così come pure i laici. Quindi, noi siamo in quella linea".

Novità che apporta al mensile una maggiore attenzione alla dimensione spirituale, pur presente da sempre, saranno due rubriche affidate alle sorelle della comunità di Bose, una sulle donne artiste e sul loro contributo di bellezza apportato al mondo e una sulla Bibbia, nell’ottica propria della comunità di "spezzare la Parola divina col fratello". Ancora Lucetta Scaraffia:

"Bose è un centro di vita intellettuale, nel mondo cattolico, molto importante. Le sorelle vi svolgono un ruolo importante di pensiero e di riflessione. Quindi, era anche naturale che confluissero le due iniziative, la nostra e la loro vita".

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Partecipazione invece di condanna: in prima pagina un editoriale di Birgit Mock sull'Esortazione apostolica "Amoris laetitia"

Nuovi orizzonti: il cardinale Pietro Parolin presenta il rinnovato mensile "donne chiesa mondo"

Voce visionaria: Elena Buia Rutt su "L’opera poetica" di Elio Fiore

Aurora Morelli su qualche esempio di interpretazione psicanalitica sbagliata: Pensiero latitante

Italo Calvino un classico del Novecento: stralcio dal libro "L’invisibile e il suo dove"

"Di cosa aver paura? Il Giubileo della Misericordia in compagnia di Teresa di Lisieux" di Claudio Maria Celli

Parrocchia atipica: Nicola Gori intervista il cappellano della Guardia Svizzera Pontificia alla vigilia del giuramento delle nuove reclute

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Oggi in Primo Piano



Siria. L'Onu: "Occorrono tregua e interventi umanitari"

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Non c’è pace per la Siria. Si registrano oggi nuovi sanguinosi combattimenti in varie zone del Paese e un pesante bombardamento dei ribelli su un ospedale di Aleppo, nella zona controllata dal regime. Almeno tre i morti e una ventina i feriti. Intanto la diplomazia internazionale è al lavoro per stabilizzare la fragile tregua in corso e salvare il processo di pace. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha lanciato un nuovo allarme per la drammatica situazione umanitaria. Quale la strada per risolvere la grave situazione? Giancarlo La Vella ha intervisto Massimo Campanini, docente di Islamistica e Storia dei Paesi islamici all'Università di Trento: 

R. – Bisogna che Stati Uniti e Russia addivengano ad una vera convergenza: depongano cioè le rivalità reciproche e arrivino veramente a un’intesa, che possa soddisfare entrambe le parti. La seconda clausola sta nel fatto che le componenti interne siriane, che discutono del futuro della Siria, sono molto eterogenee e quindi non è facile portarle a una convergenza. La terza difficoltà sta nella questione lagata al futuro del Presidente Bashar al-Assad: in qualche modo dovrà o lasciare il potere o comunque farsi da parte. Però è evidente che il regime di Bashar al-Assad non può essere distrutto così facilmente, anche perché le conseguenze potrebbero essere imprevedibili: la caduta di Bashar al-Assad dovrebbe essere – a mio avviso – mantenuta distinta dalla distruzione fisica del suo sistema di potere.

D. – Secondo lei, i colloqui di Ginevra arriveranno a qualcosa di concreto?

R. – Dipende… Si tratta semplicemente di un primo passo: certamente fondamentale e necessario, però bisogna anche semplificare perlomeno i problemi cui abbiamo accennato prima. 

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Corridoi umanitari, a Roma altri cento profughi dalla Siria

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E’ arrivato stamattina, all’aeroporto romano di Fiumicino, il secondo gruppo di profughi, 101, provenienti dai campi rifugiati del Libano, giunti in Italia grazie ai corridoi umanitari organizzati da governo italiano, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Comunità di Sant'Egidio e Tavola Valdese. Si tratta soprattutto di siriani, in particolare tra loro nuclei familiari di cristiani, che provengono dalle città più martoriate della Siria. Quattro gli iracheni. Francesca Sabatinelli ha intervistato Daniela Pompei, responsabile dei servizi immigrazione della Comunità di Sant’Egidio: 

R. – La gran parte di queste persone sono siriane: un buon gruppo viene da Aleppo, una parte, il gruppo dei cristiani, viene da Hassaké, sono armeno-cattolici e assiri. I cristiani, in particolare, sono famiglie intere che sono venute via, quindi sono presenti anche molti anziani, oltre ad adulti e bambini. La particolarità di questo secondo gruppo è la presenza di diverse situazioni di vulnerabilità: bambini malati, con disabilità, bambini che hanno necessità di interventi. C’è un bambino di 40 giorni che deve essere operato urgentemente.

D. – Sono i gruppi con le maggiori vulnerabilità che usufruiscono di questi corridoi umanitari. Anche in questo caso ci sono situazioni di grave disagio e di malattia…

R. – Sì, esatto. E poi ci sono donne sole con bambini. Questa è l’altra vulnerabilità che abbiamo individuato in questo gruppo. Ci sono almeno cinque nuclei familiari, solo di donne con bambini, e poi una famiglia irachena in cui il papà è solo con i figli – con una figlia seriamente malata – la cui moglie è morta in Libano.

D. – Che cosa ne sarà di queste persone?

R. – Innanzitutto, tutti quanti questa mattina, quando sono arrivati in aeroporto a Fiumicino, hanno fatto i controlli soliti che si fanno a persone provenienti da altri Paesi, quindi hanno fatto la foto segnalazione e hanno depositato la domanda di asilo, che continuerà però nei luoghi, nelle questure, dove loro andranno a vivere. Un buon nucleo andrà a Torino, ospite della Diaconia Valdese, una famiglia andrà a Novara, ospite della Comunità di Sant’Egidio, un altro nucleo, di una ventina di persone, andrà a Milano. Poi, ci sono varie famiglie, ospitate anche singolarmente, in parrocchie, per esempio, in una parrocchia di Terni e in una parrocchia di Frosinone. Alcune famiglie saranno poi ospitate a Roma, alcune singole persone nella Comunità di Sant’Egidio e altre in istituti religiosi. Addirittura, c’è una famiglia con un figlio in cui la mamma è senza un braccio e il papà ha una poliomielite gravissima, che sarà ospitata da una cooperativa cattolica che si occupa di disabili. Un altro nucleo di una decine di profughi sarà ospitato da una fondazione cattolica di Potenza. Sono venuti a prenderseli contentissimi. I responsabili di questa associazione ci avevano cercato qualche tempo fa, dicendoci di non dormire la notte, vedendo in televisione le immagini dei bambini che muoiono in mare e di volere fare qualcosa. E’ anche un po’ una risposta che hanno voluto dare all’appello del Papa. Adesso, tutti inizieranno corsi di lingua italiana, concluderanno le loro pratiche per la richiesta d’asilo, si iscriveranno al Servizio sanitario nazionale e faranno tutti i loro percorsi.

D. – Ricordiamo anche che queste sono persone che arrivano dai campi profughi del Libano, fuggiti dalle guerre e dai bombardamenti e in più anche da situazioni di difficile convivenza nei campi profughi…

R. – Assolutamente. Vivevano in condizioni di estrema precarietà in Libano, che da solo accoglie un milione e duecentomila profughi siriani, che vivono in campi in alcuni casi autorizzati, ma che in gran parte non lo sono, o che vivono in appartamenti terribili, in situazioni di estrema precarietà. Alcune di queste persone, come dicevo prima, vengono da Aleppo e stamattina erano disperate per la situazione laggiù. Sono molto, molto preoccupati. In realtà, i siriani sperano molto nella pace e nella tregua, perché sono persone che non naturalmente vogliono emigrare, non hanno desiderio di emigrazione e lo fanno veramente perché costretti. Se la guerra finisse, credo che alcuni tornerebbero pure nel loro Paese.

D. – Ovviamente, i corridoi umanitari continueranno…

R. – Assolutamente! Noi siamo all’inizio, questo è il secondo viaggio e alla fine di maggio ci sarà già il terzo, con un nucleo che viene dal Libano di circa 60 persone, che sono state già individuate. Siamo in attesa del completamento di tutta la procedura. Tra l’altro, un aspetto molto positivo di questa progettazione dei corridoi umanitari è che garantisce l’arrivo in sicurezza per i profughi e, secondo, garantisce la sicurezza ai cittadini europei. Queste persone, infatti, sono molto controllate prima del rilascio del visto dalle nostre ambasciate, nei vari Paesi dove si attua il progetto, e sono controllate anche dalle autorità libanesi che, alla fine, dopo il rilascio del visto italiano, devono autorizzare l’uscita e fare un’ulteriore verifica. E’ quindi essenzialmente un progetto che garantisce la salvezza ai profughi, l’arrivo in sicurezza, ma garantisce sicurezza ai cittadini europei.  

Per un gruppo che, fortunatamente, arriva in sicurezza, a migliaia però continuano a rischiare e ad affidarsi ai trafficanti per arrivare sulle coste europee. Tra loro, molti minori non accompagnati. Sono di ieri i dati di Eurostat che dichiara 90 mila i minori giunti in Europa nel 2015, dei quali il 13% non arriva ai 14 anni. In Italia, nei primi mesi di quest’anno gli arrivi di questi ragazzini sono stati 2.600, nello stesso periodo dell’anno scorso erano 600. Francesca Sabatinelli ha intervistato Giovanna Di Benedetto, portavoce di "Save The Children": 

R. – Questi ragazzi hanno un vissuto di grande sofferenza e di grande dolore. Ciò che li spinge a partire o è la situazione di dittatura, come spesso ci dicono per esempio per ora i ragazzi del Gambia o dell’Eritrea, in cui non c’è libertà e loro non hanno alcuna possibilità, oppure la privazione economica che li spinge ad andare via perché non vedono alcun domani. Altri, invece, vanno via perché non hanno più nessuno al mondo, e cercano una vita e un futuro migliore. Troviamo un po’ di tutto ma, sicuramente, c’è un grande vissuto di sofferenza che spinge questi ragazzi ad abbandonare il loro Paese. Poi, come tutti noi purtroppo sappiamo fin troppo bene, il viaggio è pericolosissimo: questi ragazzini vedono e subiscono ogni tipo di violenza, vedono morire persone care durante il tragitto e durante il periodo di permanenza in Libia e poi c’è la terribile traversata del Mediterraneo, che continua a essere una delle rotte assolutamente più pericolose. Le persone che sono arrivate con gli ultimi sbarchi ci hanno raccontato che tanta, ma proprio tanta gente non ce l’aveva fatta, era caduta in mare. Quindi, ci sono stati diversi naufragi.

D. – Che cosa chiede “Save the Children”?

R. – Noi chiediamo che la protezione dei minori sia al centro di ogni risposta europea alla crisi dei rifugiati. Le domande d’asilo devono essere valutate in base agli standard internazionali, le persone devono essere accolte in modo dignitoso, in centri di ricezione adeguati, le operazioni di ricerca e di salvataggio in mare devono concentrarsi sul salvare vite umane e non certo sul respingere le persone.

D. – Attualmente, in Italia che tipo di accoglienza c’è per questi minori?

R. – Sicuramente, sono stati fatti diversi passi avanti rispetto all’anno scorso. Per esempio, sono state individuate delle strutture di prima accoglienza ad alta specializzazione dedicate ai minori. Quello che noi chiediamo è che ci sia un ampliamento della rete di accoglienza, un adeguamento qualitativo di tutte le strutture dedicate ai minori, la definizione anche di una procedura uniforme per accertare la minore età dei migranti in arrivo, la velocizzazione della nomina di un tutore per ogni minore solo e la promozione dell’affido familiare. Quest’ultima è una misura importante perché consente ai minori di crescere, seppur, è chiaro, temporaneamente, in un ambiente familiare, considerato che si tratta di ragazzi che sono stati costretti a lasciare la famiglia, per chi di loro ce l’ha: quindi sono da soli e hanno bisogno di un ambiente familiare dove poter vedere rispettate le proprie esigenze e i propri diritti di bambini.

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Greenpeace: Trattato libero scambio Usa-Ue , molti punti critici

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E’ già stato ribattezzato "Ttip leaks", la pubblicazione di 13 dei 17 capitoli dei negoziati del Trattato di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti (Ttip) di cui è venuta in possesso Greenpeace Olanda. Una fuga di documenti riservati da cui emergerebbe la pressione degli Stati Uniti sull’Unione Europea su un abbassamento di tutele in tema di difesa dell’ambiente, della salute e dei diritti dei cittadini. Valentina Onori ha sentito Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia: 

R. – Finalmente i testi sono accessibili ai comuni mortali. Fino ad ora era difficile anche per i parlamentari europei, che poi dovrebbero votare questo testo in parlamento, accedere ai documenti.

D. – Quali sono gli aspetti più caldi, più controversi di questa documentazione?

R. – Sono critici per vari aspetti, soprattutto legati all’ambiente e alla salute. Tutta la normativa europea è basata sul principio di precauzione, un principio che è iscritto nel Trattato dell’Unione e cioè che qualunque nuova sostanza o prodotto che va in commercio deve prima dimostrare di non essere nocivo. Negli Stati Uniti, invece, vige il principio opposto, cioè che tutto si può commerciare e soltanto quando l’autorità pubblica dimostra che quella sostanza è nociva al 100% questo viene proibito o limitato. Noi abbiamo visto, soprattutto in campo agricolo per pesticidi, chimica e clima un approccio completamente diverso nel Trattato. L’altro aspetto riguarda il tipo di sistema  giuridico che verrebbe esteso a tutta una serie di argomenti per quanto riguarda le controversie tra gli investitori e gli Stati, quindi se una multinazionale  ritiene di essere stata danneggiata da una decisione che le istituzioni pubbliche hanno preso, può far causa allo Stato. Queste cose hanno avuto un dibattito, fino ad  ora, privo dei testi. Grazie a Greenpeace Olanda, che li ha resi noti, oggi almeno possiamo vedere quali sono le posizioni americane e quelle europee. Quello che ci preoccupa è che, mentre nelle parentesi quadre che riguardano gli Stati Uniti si vedono tutte le pressioni che il Paese fa per allentare certi vincoli che loro ritengono barriere non doganali, non tariffarie al commercio (le parentesi quadre in un testo negoziale sono le posizioni di una parte, non sono un testo condiviso), in nessuna parte di queste 248 pagine i negoziatori europei fanno presente che esiste un principio che è quello di precauzione il quale impedisce di fare certe cose. Se il trattato mettesse assieme la parte migliore della normativa americana  sull’ambiente e sulla salute e la parte migliore della normativa a tutela dell’ambiente e della salute che c’è in Europa le cose per noi andrebbero bene. Quindi, non siamo contrari al fatto che ci sia un trattato di libero scambio, siamo contrari al fatto che per far posto al libero scambio si debbano ridurre le tutele.

D. – Quanto sono attendibili questi documenti?

R. – Questi documenti sono stati fatti vedere a gruppi di giornalisti di indagine tra i più importanti in Germania legati al Süddeutsche Zeitung che li ha pubblicati in anteprima. Sono stati analizzati a lungo prima di essere rilasciati, perché ovviamente si tratta di testi che sono entrati nell’ultimo round che si è svolto ad aprile, quindi sono i testi in entrata e non in uscita. Abbiamo pubblicato 13 capitoli su 17 di testo consolidato – il Trattato previsto dovrebbe contare 25 se non 30  articoli. Aspettiamo che la Commissione europea pubblichi tutto e soprattutto consenta ai cittadini e ai parlamentari di partecipare ad un dibattito, perché il rischio è che altrimenti questi documenti dalle stanze segrete passino come un tutt’uno in parlamento – quindi prendere o lasciare – e nessuno ha visto nulla prima.

D. – Che impatto concreto sperate abbia sui negoziati?

R. – Noi speriamo che questo testo venga abbandonato.

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Unioni civili. Renzi non esclude la fiducia alla Camera

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Le unioni civili tornano ad accendere il dibattito politico dopo che ieri il premier italiano Renzi ha annunciato che tra i prossimi 10 e 12 maggio si terrà la votazione definitiva alla Camera, probabilmente con la fiducia. Il servizio di Paolo Ondarza

Superata la tappa della Commissione Giustizia il ddl Unioni Civili arriva alla Camera. E anche qui Renzi non esclude il ricorso al voto di fiducia dopo quello del Senato dello scorso 25 febbraio accompagnato dalle polemiche per l’accordo tra Pd, Area Popolare e Verdiniani. Giulio Alfano, docente di Etica Politica alla Pontificia Università Lateranense

R. –  Questo è stato un provvedimento che ha avuto un itinerario molto sofferto e molto lungo, che dà l’impressione della necessità di arrivare a conclusione più per una richiesta dell’Europa che per un comune sentire sia del popolo italiano che delle forze politiche. Sono abbastanza dubbioso se la società civile sarebbe favorevole o meno a questo. Certamente, nella situazione attuale, ci sono ben altre priorità, che non sono solo quelle economiche, ma anche quelle educative. In questi anni è passata una cultura del diritto che ha messo in sordina il vero diritto che è il diritto naturale. Se si arriva a pensare che l’amore è un diritto, mentre invece è un sentimento, questo significa capovolgere tutto l’asse interpretativo dell’etica.

D. – Che cosa si può dire in merito a questo annuncio del Presidente del Consiglio di un nuovo possibile voto di fiducia?

R. – C’è una maggioranza che ha timore di perdere dei pezzi. Si tratta di una maggioranza non sicura dei propri voti: quando si esprime un voto di fiducia il motivo è questo.

D. – Il “sì” alla fiducia da parte della Camera appare scontato: lei è di questo avviso?

R. – Anch’io sono abbastanza di questo avviso, perché l’eventuale voto negativo, non dico che provocherebbe la crisi di governo, ma metterebbe in difficoltà un esecutivo alla vigilia di una grossa consultazione elettorale, in capoluoghi di provincia fondamentali per capire il futuro della politica di questa maggioranza.

D. – Stiamo parlando di un provvedimento che ha visto – lo ricordiamo – lo stralcio della “stepchild adoption”; dell’obbligo di fedeltà. Ma secondo molti restano dei caratteri che configurerebbero il cosiddetto “simil-matrimonio”, e questo costituirebbe un possibile profilo di incostituzionalità del testo…

R. – Questo è probabile, perché nella Costituzione si parla di “società naturale fondata sul matrimonio”. Questo provvedimento è presentato come “Unioni civili”, e non come “Matrimoni”. Quindi bisogna vedere come avverrà il confronto tra la Costituzione e il Codice: nella prima si parla di matrimonio come “società naturale”, nel Codice si parla esplicitamente di “matrimonio tra uomo e donna”.

D. – Dopo questo pronunciamento, la parola passerà al Presidente della Repubblica, Mattarella…

R. – Il Capo dello Stato, da persona avveduta qual'è, e che ha anche, al di là suo vissuto politico, un ruolo istituzionale super partes, vedrà, consultando gli organi deputati, se questo provvedimento è in sintonia con gli statuti costituzionali; e soprattutto se è in sintonia con le leggi che derivano da queste realtà costituzionali. Nella Costituzione non c’è neanche scritto che il matrimonio è “indissolubile” o che è “tra uomo e donna”, ma che lo Stato italiano – la Repubblica italiana – riconosce il matrimonio come “società naturale”. Bisognerà approfondire il significato di “società naturale”: è una questione molto delicata. Quindi il Presidente della Repubblica, nella sua lungimiranza, ma anche tenendo conto che ci troviamo di fronte un uomo con un grosso spessore etico, saprà valutare, consultando anche le personalità e gli organi competenti, la specificità di questo provvedimento. 

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Ccee: incoraggiati dal Papa ad affrontare sfide per l’Europa

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All’indomani dell’incontro con Papa Francesco, i membri della presidenza della Ccee, il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, hanno tenuto una conferenza alla Sala Marconi della Radio Vaticana. Tra i relatori il presidente dell’organismo, il card. Péter Erdő, e i due vicepresidenti il card. Angelo Bagnasco e mons. Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari. Il servizio di Alessandro Gisotti

Il Papa incoraggia i vescovi europei ad affrontare le grandi sfide che oggi sono sempre più urgenti per il Vecchio Continente. E’ quanto affermato dall’arcivescovo di Budapest, il card. Péter Erdő, che – parlando alla Sala Marconi della Radio Vaticana – ha condiviso i sentimenti vissuti nell’udienza con Francesco:

R. - Il Santo Padre ci ha incoraggiati ed ha parlato anche delle sue preoccupazioni riguardo all’Europa. Ci ha incoraggiato, perché l’Europa deve ritrovare le sue radici cristiane. La nostra missione è quella di non far dimenticare queste verità, perché il cristianesimo è una forza vitale ed è di questo continente il denominatore comune delle culture dei singoli popoli.

I popoli europei devono riconciliarsi, ha aggiunto il porporato ungherese. E a proposito delle sfide per l’Europa ha affermato che vanno trovate risposte cristiane ai problemi. Dal canto suo, l’arcivescovo di Genova, il card. Angelo Bagnasco ha parlato dell’importanza della formazione delle coscienze personali e comunitarie. Qualcosa che diventa particolarmente urgente davanti al movimento imponente di migranti e, parlando dell’integrazione degli immigrati, ha osservato che bisogna passare da un modello di multiculturalità ad uno di interculturalità:

E’ necessario aiutare l’uomo europeo a vivere insieme: perché se non lo sanno fare gli uomini, tantomeno lo sapranno fare gli Stati. E lo si vede… Vivere insieme non in modo funzionale, ma perché è questa la sua profonda natura, la sua verità più vera. Vivere insieme, perché l’uomo è relazione e tagliandosi dalle relazioni, si taglia si se stesso.

Il presidente della Cei ha evidenziato che le Chiese in Europa stanno facendo tutto il possibile per dare accoglienza ai migranti, proprio come esortato da Papa Francesco. Quindi, ha messo in guardia da quelle lobby che in forza di interessi economici stanno cercando di destrutturare l’uomo per poi manipolarlo più facilmente. Ancora, il card. Bagnasco - rispondendo alle domande dei giornalisti - ha detto che il referendum sull’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea è segno di un forte disagio verso le istituzioni europee che richiede un serio esame di coscienza:

Evidentemente si esprime un disagio. Qualunque sarà il risultato su cui noi adesso non dobbiamo esprimerci, ma c’è un disagio oggettivo che dovrebbe far riflettere, che deve far riflettere seriamente gli organismi europei.

A margine della conferenza, il card. Bagnasco ha quindi affermato che erigendo muri e lager, l’Europa non vuole bene a se stessa. E a proposito delle unioni civili in Italia ha detto che la Chiesa è favorevole a che siano riconosciuti “i diritti individuali che ognuno legittimamente rivendica” ma non condivide che le “unioni civili siano equiparate ai matrimoni” come avviene con la legge Cirinnà. Dal canto suo, l’arcivescovo di Scutari, mons. Angelo Massafra ha parlato della gioia della Chiesa e della popolazione albanese per la Beatificazione dei 38 martiri del regime comunista, il cui decreto è stato firmato da Papa Francesco nei giorni scorsi, e per la Canonizzazione di Madre Teresa, figlia della terra d’Albania.

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Giornata libertà di stampa: diritto a informazione e libertà individuali

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“Accesso all’informazione e alle libertà fondamentali: questo è un tuo diritto!”. Ce lo ricorda l’Onu in occasione dell'odierna Giornata mondiale della libertà di stampa, ancora oggi del tutto o in parte negata in troppi Paesi, a costo perfino della vita di tanti giornalisti e altri operatori dell’informazione, oltre 700 uccisi negli ultimi 10 anni. Ma c’è anche una libertà manipolata come spiega, al microfono di Roberta Gisotti, Mimmo Càndito, presidente in Italia dell’organizzazione internazionale “Reporter senza frontiere”. 

R. – Siamo abituati ad immaginare una repressione del diritto di parola, della libertà di pensiero con i regimi dittatoriali ed autoritari. Quando invece si parla dei sistemi democratici – pensiamo al nostro Paese – opera un altro intervento che è quello della manipolazione del potere sull’esercizio della libertà di stampa e sul libero fruire delle informazioni. Allora, quando si fanno delle classifiche come quelle di Reporters sans frontières, bisogna scavare un po’ sotto. Per quanto riguarda l’Italia, l’anno scorso ci sono stati 528 casi di pallottole spedite per posta, minacce telefoniche, intimidazioni, aggressioni fisiche, macchine bruciate, … che hanno costretto i giornalisti a sottoporsi alla cura degli agenti che ne difendono la vita. Queste cose accadono e se ne sa poco, ci dovrebbe essere una maggiore presa di posizione e di responsabilità da parte della società.  Appare anche un altro caso: qualche mese fa c’è stata la fusione tra le società del mio giornale – La Stampa  - e la società del gruppo editoriale Repubblica-L’espresso. Può accadere che questo comporti una tendenziale omologazione dei flussi informativi come per ragioni industriali.

D. - Si ragiona dunque poco su quanto la libertà di stampa sia collegata al godimento delle altre libertà democratiche …

R. - L’informazione, il giornalismo, costruisce la realtà. Se questo flusso è controllato, intimidito, represso o comunque non può muoversi ed articolarsi liberamente nel suo pluralismo di voci, evidentemente ne risente il complesso, il totale della società. È un percorso che sfugge, perché? Perché c’è una galassia autentica di strutture informative, quindi si ha l’impressione che ci sia ovviamente il libero procedere del pensiero e della manifestazione dello stesso. Purtroppo invece la realtà dei fatti è piuttosto diversa.

D. – Forse c’è anche poca consapevolezza che a limitare la libertà di stampa non sono solo gli Stati, le strutture governative, ma molto spesso sono grandi gruppi di potere che in tantissimi Paesi hanno preso il possesso di gran parte dei media …

R.- Sì, questo succede anche in Italia. I processi di concentrazione tendono a limitare: perché questo? Perché per ragioni – anche – di ordine politico, ideologico, di massimizzazione del profitto e di riduzione degli investimenti industriali per ottenere il massimo dei risultati e dei ricavi, si può passare progressivamente da questa concentrazione verso una sorta di omologazione dell’informazione, cioè si riducono le articolazioni nelle quali la società autenticamente rappresenta sé stessa. È pericoloso in un quadro nel quale le fonti di informazione stanno prolificando in termini straordinari, però la loro capacità di articolarsi all’interno di questo sistema viene sempre più ridotta da ragioni economiche. Se il giornalismo non sa difendere la propria autonomia dalla pressione di questi elementi, è un giornalismo sicuramente danneggiato, forse anche perdente.

D. - È caduta anche l’illusione che l’ambiente digitale di per sé avrebbe favorito comunque la libertà di stampa?

R. - Sì, siamo tutti consapevoli e coinvolti da questa democratizzazione. Chiunque può essere produttore di informazione, questo è vero. Soltanto quello che stiamo vedendo o meglio quello che sta accadendo ma lo vediamo sempre meno – poco comunque – è che quattro grandi società stanno assumendo progressivamente il controllo dei nuovi media. Stanno in qualche misura concentrando sempre più l’articolazione – pur leader ancora – dei flussi informativi. È per questo bisogna discutere di questa questione anche nel momento stesso in cui stiamo lavorando sullo smartphone, sul nostro computer. Siamo sicuramente liberi finora, in questo momento, di esercitare un intervento sui flussi informativi, però non siamo ancora nella possibilità – o forse non lo siamo più – di controllare completamente il fluire di queste nostre articolazioni mediatiche. Quindi dobbiamo riflettere anche su questo. Quindi se una giornata come questa ha un significato, certamente leviamo il nostro tributo con tutta la retorica possibile a coloro che sono in galera o che sono stati ammazzati o che vengono ammazzati o minacciati ogni giorno, ma portiamo anche il nostro sguardo oltre, al di là, scaviamo sotto ciò che la realtà drammaticamente ci presenta, perché c’è qualcosa di più profondo che ci sta sfuggendo sotto l’apparente libertà assoluta di manifestarsi individualmente. Qualcuno ragionava, forse Ulrich Beck, molto intensamente sulla riduzione dei diritti collettivi e l’affermazione sempre più netta dei diritti individuali; questo significa sostanzialmente la frammentazione, l’atomizzazione della società e quindi la minore capacità degli individui di rispondere in termini credibili di difesa reale alla pressione dei grandi poteri quali essi siano.

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Scudetto inglese a Leicester. Il vescovo: "Vittoria dei piccoli"

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La città britannica di Leicester è in festa. La locale squadra di calcio, piccola realtà agonistica rispetto ad altri ricchi e blasonati club, ha conquistato ieri sorprendentemente con due giornate di anticipo lo scudetto della Premier League. Le congratulazioni alla compagine e all’allenatore, l’italiano Claudio Ranieri. Giancarlo La Vella ne ha parlato col vescovo di Nottingham, mons. Patrick Joseph McKinney

R. – I think it is a fairytale story…

Penso sia una favola, una storia meravigliosa di un piccolo club, con pochi soldi e con giocatori respinti da club importanti, provenienti da serie minori, che sono riusciti a dare forma insieme ad una squadra fantastica, che è riuscita a superare le più forti e ricche squadre del Campionato. E’ una grande storia. Sono felice per la squadra e sono felice soprattutto per i sostenitori e per tutte le persone all’interno della diocesi, che sono tifose e che seguono il Leicester City. Una storia meravigliosa, dunque. Sono felice per loro.

D. – La vittoria del Leicester è anche la vittoria dell’allenatore italiano, Claudio Ranieri…

R. – Indeed, I was one who said…

Sicuramente. Sono stato uno di quelli che ha pensato che sarebbe stato un allenatore perfetto e che li avrebbe guidati verso il successo. E’ un uomo amabile, squisito e umile e che ha lavorato veramente bene con la squadra. Hanno raggiunto un risultato sorprendente. Penso, però, che molte persone nel Paese siano felici che la squadra meno favorita, una piccola squadra, che ci si aspettava andasse giù e retrocedesse, sia andata contro tutti i pronostici degli esperti e dei campioni. E’ una storia fantastica.

D. – E’ possibile per il Leicester vincere ancora in futuro?

R. – That remains to be seen…

E’ da vedere. Spero e prego che si possa costruire qualcosa di solido su questa vittoria. E’ una bellissima storia, ma sarebbe un peccato se fosse solo una storia stagionale. Penso, voglio credere e voglio pregare, che possano costruire qualcosa grazie a questo e avere successo per molti anni a venire. 

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Nella Chiesa e nel mondo



Iraq: Is attacca villaggio cristiano nella Piana di Ninive

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Nelle prime ore di oggi le milizie del sedicente Stato islamico (Is) hanno sferrato un pesante attacco contro Teleskuf, un villaggio cristiano nei pressi di Alqosh, nella piana di Ninive, causando gravi danni. La zona è a nord di Mosul, roccaforte in Iraq del gruppo jihadista che da due anni controlla la regione. Secondo quanto riferisce una nota del Patriarcato caldeo ripresa dall'agenzia AsiaNews, nell’assalto sono rimasti coinvolti alcuni cristiani, che facevano la guardia agli ingressi del villaggio. I feriti sono stati subito trasportati negli ospedali della zona.

Il controllo dell’area è affidato a gruppi di cristiani
Le comunità cristiane della piana di Ninive hanno abbandonato le loro case e i loro villaggi fra il giugno e l’agosto del 2014, in concomitanza con l’ascesa di Daesh (acronimo arabo per l'Is) nella regione. In particolare gli abitanti di Teleskuf sono fuggiti ad agosto, cercando rifugio a Erbil e in altre aree del Kurdistan irakeno. Qualche mese più tardi (verso la fine del 2014) i miliziani jihadisti sono indietreggiati abbandonando l’area, che è poi finita sotto il controllo dei Peshmerga (i combattenti curdi) i quali ne hanno scongiurato la distruzione. Da qualche tempo il controllo e la guardia dell’area è affidato a gruppi di cristiani, rimasti coinvolti oggi nell’attacco. 

La Chiesa caldea teme che gli scontri possano causare altri sfollati 
Fonti del Patriarcato caldeo manifestano ad AsiaNews profonda preoccupazione “per la presenza dello Stato Islamico nel villaggio” e per le distruzioni causate. Il timore è che gli scontri e le violenze si possano estendere ai villaggi vicini, costringendo i cristiani a fuggire di nuovo. A complicare il quadro la possibilità che “vi possano essere ancor più famiglie di sfollati” rispetto alle “molte che già ci sono” e che vanno sostenute e curate. “Facciamo affidamento alle persone di buona volontà - conclude la nota del Patriarcato - perché si fermino questi atti di terrorismo”.

Monito del Patriarca Sako contro la classe politica e istituzionale irachena
​La situazione in Iraq non sembra dunque migliorare e oggi anche i cristiani sono finiti nel mirino dei jihadisti del Califfato. Non più tardi di ieri il Patriarca caldeo Mar Louis Raphael Sako aveva lanciato un durissimo monito contro la classe politica e istituzionale irakena, incapace di avviare un programma “condiviso” di rinascita del Paese. In precedenza l’ausiliare di Baghdad mons. Shlemon Warduni aveva affermato che l’Iraq ha raggiunto “il momento più basso” della sua storia. (R.P.)

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Yemen. Mons Hinder: Padre Tom sarebbe vivo

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A due mesi dal massacro perpetrato da un commando terrorista nella Casa di cura di Aden, dove hanno perso la vita quattro suore Missionarie della Carità insieme ad altre 12 persone, non si hanno ancora notizie certe di padre Tom Uzhunnalil, il sacerdote salesiano che si trovava nella struttura e che i terroristi hanno prelevato e portato via con loro dopo aver compiuto la strage. Nell'assenza di informazioni verificate, continuano a circolare voci sulla sua permanenza in vita.

Mons. Hinder: il suo rilascio potrebbe essere imminente
“Le ultime parole, in un certo senso rassicuranti, mi sono giunte in maniera indiretta circa dieci giorni fa. Mi è stato detto che padre Tom è vivo e che il suo ritorno in libertà potrebbe essere imminente. Ma da allora non è successo nulla. Speriamo e preghiamo per lui” riferisce all'agenzia Fides il vescovo Paul Hinder, vicario apostolico per l'Arabia meridionale. Nelle trattative sono coinvolti apparati di sicurezza locali, che continuano a seguire la vicenda con la discrezione dovuta, pur nell'assenza di sviluppi concreti.

Continua in Yemen l'opera delle Missionarie della carità
​Intanto, le suore di Madre Teresa presenti in Yemen continuano a operare nelle loro case di Sana'a e a Hodeyda, al servizio di chi soffre di più, in un Paese ancora dilaniato dal conflitto tra le forze armate governative e i ribelli Huthi. (G.V.)

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Vescovi Filippine: appello per voto trasparente e responsabile

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A una settimana dalle elezioni generali del 9 maggio nelle Filippine, in cui sarà scelto anche il nuovo Presidente, i vescovi del Paese lanciano un ultimo appello agli elettori per una scelta oculata e giusta, nella consapevolezza che per i cattolici il voto “non è solo un dovere civico”, ma “anche una dichiarazione di fede”.

Non si può proclamare Cristo e accettare il governo di chi ha opinioni opposte
In una lettera pastorale diffusa lunedì, il presidente della Conferenza episcopale (Cbcp), mons. Socrates Villegas, ribadisce che l’episcopato non appoggia nessun candidato e che il voto è libero, ma che  “esiste una differenza fondamentale tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e in politica non tutto è giusto”.  “La scelta di un candidato che prende posizioni non solo rischiose sul piano politico, ma, peggio, moralmente biasimevoli, non può e non deve essere fatta dai fedeli cattolici”, afferma la lettera. Infatti, “non si può proclamare Cristo Re e allo stesso tempo accettare il governo di chi ha opinioni opposte”.

Una novena di preghiera nazionale per la buona riuscita delle elezioni 
“Il desiderio di cambiamenti dei filippini è comprensibile, ma - insiste l’arcivescovo di Lingayen-Dagupan - ciò non può tradursi nel “sostegno ad un candidato le cui parole, azioni e programmi politici hanno una scarsa considerazione per i diritti di tutti e sono apertamente indifferenti, se non ostili alla Chiesa e ai suoi insegnamenti morali”. Il presidente della Cbcp, invita inoltre i fedeli laici a una novena di preghiera nazionale per la buona riuscita delle elezioni. 

I vincitori siano strumenti di pace e di riconciliazione
Quindi, in conclusione, il presule si rivolge ai candidati esortandoli a garantire un processo elettorale trasparente e un voto informato, mentre ai futuri vincitori chiede di essere “strumenti di pace, di riconciliazione e di guarigione” e di garantire la tutela dei “diritti del popolo di Dio sanciti dalla Costituzione”.

Un mese fa la pubblicazione dei “10 comandamenti” della Cbcp per le elezioni
La lettera del presidente della Cbcp, giunge a un mese dalla pubblicazione,  di dieci comandamenti della Cbcp per le elezioni, in cui i vescovi filippini avevano invitato a scegliere leader politici animati da una “visione” alta del bene comune e dediti al servizio dei cittadini. (L.Z.)

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Chiesa Sudafrica: disoccupazione giovanile è una bomba sociale

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“La disoccupazione giovanile continua a porre un pericolo alla sicurezza della nostra nazione e alla stabilità della vita della nostra famiglia. È una bomba a orologeria che presto esploderà tra noi” afferma mons. Abel Gabuza, vescovo di Kimberley e presidente della Commissione “Giustizia e Pace” della Southern African Catholic Bishops’ Conference (Sacbc), in una dichiarazione in occasione della festa del 1° maggio, ripresa dall'agenzia Fides.

Governo riveda la politica dei sussidi salariali per i giovani
Mons. Gabuza chiede al governo soluzioni “urgenti e concrete”, in particolare, rivedendo la politica dei sussidi salariali per i giovani, che dovrebbero incentivare la loro assunzione. “Le recenti statistiche sulla disoccupazione giovanile indicano che i sussidi salariali per i giovani non sono stati capaci di sradicarla. Nonostante lo schema dei sussidi, i giovani senza lavoro sono cresciuti da 3,14 milioni nel 2009 agli attuali 3,38 milioni” afferma il presidente della Commissione Giustizia e Pace. Il programma di sussidi, avviato nel 2014 e che doveva concludersi entro dicembre 2016, è stato prolungato di un altro anno. Secondo mons. Gabuza questo non è però sufficiente a creare nuova occupazione, perché “entro la fine di dicembre di quest’anno, si suppone che il programma crei 423.000 nuovi posti di lavoro. Anche se si riuscisse a raggiungere l’obiettivo prefissato, questo sarebbe ancora molto al di sotto delle 3,2 milioni di opportunità di lavoro giovanile di cui il Paese necessita”.

Nel mondo la dignità del lavoro è subordinata al potere del profitto
​“Giustizia e Pace” ritiene inoltre che i sudafricani dovrebbero essere preoccupati perché "la realtà della disoccupazione giovanile nel nostro Paese è un sintomo di un problema più profondo di un capitalismo senza freni che ha creato una crisi economica globale che i capitalisti stessi non sono in grado di risolvere”. Mons. Gabuza conclude avvertendo che “in un mondo in cui la dignità del lavoro è subordinata al potere del profitto, creiamo una società dello scarto nella quale si perde il profondo rispetto della dignità del lavoro e dove la gioventù e gli anziani sono ridotti a costi di produzione che possono essere facilmente eliminati quando è necessario”. (L.M.)

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Congo: i vescovi ricordano l'impegno cattolico di Papa Wemba

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“Un cattolico impegnato che ha portato la testimonianza della Chiesa diffondendo il messaggio del Sinodo dei vescovi per l’Africa sulla riconciliazione, la giustizia e la pace”. Così mons. Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe e presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo (Cenco), ricorda Papa Wemba, al secolo Jules Shungu Wembadio, considerato l’icona della musica congolese e ambasciatore della cultura nazionale. Il cantante - riferisce l'agenzia Fides - è morto ad Abidjan (Costa d’Avorio) il 24 aprile, mentre si esibiva, a seguito di un malore.

Il Paese piange l'ambasciatore della musica e della cultura congolese
Nel porgere alla famiglia le condoglianza“ a nome della Cenco e miei personali”, mons. Djomo intende “attraverso questo messaggio raggiungere tutti coloro che si sentono colpiti da questo lutto”. “In particolare - prosegue il testo - penso all’intero popolo congolese che piange uno dei suoi ambasciatori della musica e della cultura che ha portato al di fuori delle frontiere la ricchezza straordinaria della musica congolese”.

Ha diffuso il messaggio del Sinodo dei vescovi per l’Africa
Il presidente della Cenco sottolinea inoltre l’impegno cristiano di Papa Wemba. "Con fierezza ricordiamo di Papa Wemba, oltre al suo immenso talento e alla sua brillante carriera musicale, la figura di cristiano cattolico impegnato, che ha portato la testimonianza della Chiesa diffondendo il messaggio del Sinodo dei vescovi per l’Africa sulla riconciliazione, la giustizia e la pace. 

Un suo album prodotto dalla Radio Vaticana per accompagnare l "Africae Munus"
​Papa Wemba ha partecipato all’uscita, nel 2011, dell’Album Afrika Tenda Amani (“Africa per la pace” in swahili), un album prodotto dalla Radio Vaticana per accompagnare la pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale “Africae Munus”. Nel novembre 2011, Papa Wemba - ricorda Mons. Djomo - aveva partecipato al concerto per l’arrivo di Papa Benedetto XVI a Cotonou in Benin, sempre nel quadro della consegna dell’Esortazione post-sinodale “Africae Munus”, un concerto basato sulle sue principali tematiche: la riconciliazione, la giustizia e la pace”. (L.M.)

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P. Lombardi: Francesco “grande comunicatore della misericordia di Dio”

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Con le sue parole, ma soprattutto con i suoi gesti, Papa Francesco è il “grande comunicatore della Misericordia di Dio”. Lo ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, intervenuto ad un incontro organizzato nel pomeriggio di ieri, a Palazzo Incontri a Firenze, dalla Commissione diocesana per le comunicazioni sociali. 

Comunicazione e misericordia: un “binomio fecondo”
Ad intervistare Padre Lombardi, dopo una breve introduzione del direttore dell’Ufficio diocesano, Antonio Lovascio, lo storico-giornalista Franco Cardini; Paolo Ermini, direttore del “Corriere Fiorentino”; Maurizio Naldini, già inviato de “La Nazione” e attuale responsabile culturale della Misericordia di Firenze; Guido Torlai, caporedattore della sede Rai toscana. Della scelta singolare di mettere insieme nel messaggio per la Giornata mondiale dell’8 maggio “comunicazione e misericordia”, come “binomio fecondo” ha parlato nel suo saluto il cardinale arcivescovo Giuseppe Betori, riferisce il settimanale “Toscana Oggi”.

La scelta di Bangui per aprire l'Anno della Misericordia
Per inquadrare il messaggio di Francesco, padre Lombardi lo ha collocato nell’orizzonte del Giubileo, apertosi significativamente non a Roma, ma a Bangui. Un luogo dove c’è “infinito bisogno di conforto”, di quella misericordia che Dio non smette mai di riversare sull’uomo. E a questo proposito il direttore della Sala Stampa vaticana ha ricordato il primo Angelus del Papa, quando raccontò di quella “donna anziana, ultraottantenne” che in confessione gli disse che “se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”. 

La comunicazione deve favorire la cultura dell'incontro
Francesco è “grande comunicatore della Misericordia di Dio”, e a dimostrarlo basterebbe la recente visita a Lesbo “dove la maggior parte del tempo non l’ha impiegata in discorsi, ma ad incontrare personalmente centinaia di profughi”. Ecco allora la sottolineatura, contenuta nel messaggio per la giornata 2016, di una comunicazione che favorisca la cultura dell’incontro, che costruisca “ponti e non muri”. (R.P.)

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Irlanda: nelle scuole staffetta del rosario per anno giubilare

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Nell’ambito del Giubileo della misericordia, l’arcidiocesi di Armagh in Irlanda lancia per il mese di maggio una “staffetta del rosario” che si svolgerà nelle scuole di tutta l’arcidiocesi.

Coinvolgere gli alunni e il personale delle scuole nei misteri della fede
“La mia intenzione – ha scritto il Primate d’Irlanda mons. Eamon Martin nel suo messaggio ripreso dall’agenzia Sir – è che, attraverso le arcidiocesi, il maggior numero possibile di giovani imparino a pregare insieme una decina del rosario alle ore 12 di ogni giorno durante il mese di maggio. Poi, come in una staffetta, passeranno la recita del rosario alle loro famiglie e amici”. Lo scopo di questa staffetta, spiega mons. Martin “è quello di coinvolgere gli alunni e il personale delle scuole nei misteri della nostra fede e di essere parte di ciò che Papa Francesco ha descritto come uno ‘straordinario momento di grazia e di rinnovamento spirituale’ in questo anno di misericordia”.

Inviati 19mila rosari, con altrettanti biglietti di preghiera
Già molte scuole della diocesi hanno risposto all’invito dell’arcivescovo per partecipare alla “staffetta”: fino ad oggi la diocesi ha spedito 19mila rosari, con altrettanti biglietti di preghiera. Per molti bambini sarà possibile anche portare i propri rosari a scuola. “Invito tutti i fedeli della diocesi a raccogliere il testimone della ‘staffetta’ e a darlo ad altri – ha spiegato Eamon Martin -. Con l’hastagh #RosaryRelay useremo i social per invitare il maggior numero di persone a recitare una decina del rosario e quindi di trasmettere l’invito ai loro amici, colleghi e familiari”. Per accompagnare l’iniziativa e “per aiutare le persone che non conoscono, o possono aver dimenticato come pregare il Rosario”, l’arcidiocesi ha messo a disposizione diversi sussidi sul sito www.archdioceseofarmagh.com (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 124

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.