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Sommario del 09/05/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Circolo S. Pietro: siate tenerezza di Dio per i poveri

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“Segno e strumento della tenerezza di Dio verso ogni persona, specialmente le più fragili e scartate”. È quanto Papa Francesco ha chiesto di testimoniare a membri del Circolo di San Pietro, ricevuti in udienza nella Sala Clementina del Palazzo apostolico. Come Maria da Elisabetta, ha detto il Papa, siate solleciti verso chi è nella necessità. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Non dorme sugli allori del “prestigio”, ma parte e va “in fretta” la carità fatta ai più poveri. Il Circolo di San Pietro, che si adopera per gli indigenti di Roma dal 1869, sa bene che la solidarietà non può mai aspettare e Papa Francesco indica il modello di questa sollecitudine in Maria che, appreso della gravidanza della cugina Elisabetta, parte rapidamente per andare ad assisterla.

Cercare il bene dei poveri
Il vostro sodalizio, riconosce Francesco, è per l’appunto questo, una “espressione di una Chiesa ‘in uscita”:

“Una Chiesa che cammina per cercare, visitare, incontrare, ascoltare, condividere e sostare presso le persone più povere. A ciascuno di voi è chiesto non semplicemente di andare incontro ai più bisognosi, ma di andare portando Gesù. È l’andare da discepoli, da amici del Signore; si tratta di condividere la sua parola, quella del Vangelo, di ripetere i suoi gesti di perdono, di amore, di dono, di non cercare il proprio prestigio, ma il bene degli altri”.

Portate Gesù non voi stessi
Ciò che si ravvisa nell’esperienza di Maria con sua cugina è un aspetto evidente: la Madre di Gesù porta non tanto la sua presenza a Elisabetta, ma la presenza di suo Figlio. Le porta, soggiunge il Papa, “la visita di Dio perché è in profonda comunione con Lui”. Ed è questo che un cristiano deve esprimere in ogni atto di carità:

“Maria è icona della fede. Solo nella fede si porta Gesù e non sé stessi. In questo Anno Santo della Misericordia, mentre ci sforziamo di percorrere la strada delle opere di misericordia, siamo chiamati a rinnovarci nella fede. Per portare la visita del Signore a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, dobbiamo coltivare la fede, quella fede che nasce dall’ascolto della Parola di Dio e cerca una profonda comunione con Gesù”.

Al termine, Francesco ringrazia il Circolo per la raccolta in favore dell’Obolo di San Pietro, “un segno della vostra partecipazione – dice – alla sollecitudine del Vescovo di Roma per le povertà di questa città”. Vi incoraggio, conclude, “a continuare nella vostra testimonianza al Vangelo della carità, ad essere sempre più segno e strumento della tenerezza di Dio verso ogni persona, specialmente le più fragili e scartate”. 

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Papa: lo Spirito Santo ci fa cristiani “reali”, non “virtuali”

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Lo Spirito Santo muove la Chiesa, ma per molti cristiani oggi è uno sconosciuto o perfino “un prigioniero di lusso”. E’ il monito lanciato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che lo Spirito Santo ci fa cristiani “reali” non “virtuali” e ha esortato i fedeli a lasciarsi spingere da Lui che ci insegna la strada della libertà. Durante la Messa, il Papa ha rivolto un pensiero speciale alle Suore vincenziane che lavorano a Casa Santa Marta, nel giorno della festa della loro fondatrice, Santa Luisa di Marillac. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Non abbiamo nemmeno sentito che esiste uno Spirito Santo”. Papa Francesco ha preso spunto dal dialogo tra i primi discepoli ad Efeso e San Paolo per soffermarsi sulla presenza dello Spirito Santo nella vita dei cristiani. Anche oggi, ha rilevato, accade come a quei discepoli che, pur credendo in Gesù, non sapevano chi fosse lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo muove la Chiesa e ci fa testimoniare Gesù
Molti, ha detto, dicono di avere “imparato nel Catechismo” che lo Spirito Santo è “nella Trinità”, ma poi non sanno “più di questo sullo Spirito Santo” e si chiedono cosa faccia:

“Lo Spirito Santo è quello che muove la Chiesa, è quello che lavora nella Chiesa, nei nostri cuori, è quello che fa di ogni cristiano una persona diversa dall’altra, ma da tutti insieme fa l’unità. E’ quello che porta avanti, spalanca le porte e ti invia a dare testimonianza di Gesù. Abbiamo sentito all’inizio della Messa: ‘Riceverete lo Spirito Santo e mi sarete testimoni in tutto il mondo’. Lo Spirito Santo è quello ci muove a lodare Dio, ci muove a pregare: ‘Prega, in noi’. Lo Spirito Santo è quello che è in noi e ci insegna a guardare il Padre e a dirgli: ‘Padre’. Ci libera da questa condizione di orfano nella quale lo spirito del mondo vuole portarci”.

Lo Spirito Santo, ha proseguito, è “il protagonista della Chiesa viva: è quello che lavora nella Chiesa”. Il pericolo, ha avvertito, “è che quando non viviamo questo, quando non siamo all’altezza di questa missione dello Spirito Santo” riduciamo "la fede a una morale, a una etica”. Non bisogna fermarsi al compiere i Comandamenti e “niente di più”: “Questo si può fare, questo non si può fare; fino a qui sì, fino là no! E da lì alla casistica e ad una morale fredda”.

Non rendere lo Spirito Santo un “prigioniero di lusso”
La vita cristiana, ha ribadito Francesco, “non è una etica: è un incontro con Gesù Cristo”. Ed è proprio lo Spirito Santo che “mi porta a questo incontro con Gesù Cristo”:

“Ma noi, nella nostra vita, abbiamo nel nostro cuore lo Spirito Santo come un ‘prigioniero di lusso’: non lasciamo che ci spinga, non lasciamo che ci muova. Fa tutto, sa tutto, sa ricordarci cosa ha detto Gesù, sa spiegarci le cose di Gesù. Soltanto – lo Spirito Santo - non sa fare una cosa: cristiani da salotto. Questo non lo sa fare! Non sa fare ‘cristiani virtuali’ ma non virtuosi. Lui fa cristiani reali, Lui prende la vita reale così com’è, con la profezia del leggere i segni dei tempi e ci porta avanti così. E’ il grande prigioniero del nostro cuore. Diciamo: ‘E’ la terza Persona della Trinità’ e finiamo lì…”.

Riflettere su cosa fa lo Spirito Santo nella nostra vita
Questa settimana, ha soggiunto, “ci farà bene riflettere su cosa fa lo Spirito Santo nella mia vita” e chiedersi se ci “ha insegnato la strada della libertà”. Lo Spirito Santo, che è in me, ha aggiunto, “mi spinge ad andare fuori: ho paura? Come è il mio coraggio, quello che mi dà lo Spirito Santo, per uscire da me stesso, per testimoniare Gesù?”. E ancora, “Come va la mia pazienza nelle prove? Perché anche la pazienza la dà lo Spirito Santo”:

“In questa settimana di preparazione alla Festa di Pentecoste, pensiamo: ‘Davvero io ci credo o è una parola, per me, lo Spirito Santo?’. E cerchiamo di parlare con Lui e dire: ‘Io so che Tu sei nel mio cuore, che Tu sei nel cuore della Chiesa, che Tu porti avanti la Chiesa, che Tu fai l’unità fra tutti noi, ma diversi tutti noi, nella diversità di tutti noi’… Dirgli tutte queste cose e chiedere la grazia di imparare - ma praticamente, nella mia vita - cosa fa Lui. E’ la grazia della docilità a Lui: essere docile allo Spirito Santo. Questa settimana facciamo questo: pensiamo allo Spirito e parliamo con Lui”.

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Canada. La preghiera del Papa per gli incendi a Fort McMurray

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La drammatica situazione nella città canadese di Fort McMurray - dove un incendio ha distrutto almeno 1600 edifici e costretto all'evacuazione 90.000 persone - ha toccato Papa Francesco che, addolorato dalla situazione, ha chiesto di pregare per la popolazione. In una lettera inviata in loco, il Segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, ha detto che "il Santo Padre è triste per la distruzione e la sofferenza causati dagli incendi che infuriano nella zona di Fort McMurray". "Egli prega per tutti gli sfollati - soprattutto i bambini - che hanno perso le loro case", si legge nella lettera ripresa dall'agenzia Fides.

La produzione di greggio molto criticata dagli ecologisti
I numeri della tragedia sono impressionanti che ormai è considerata la "catastrofe naturale più costosa della storia del Canada". Da quando è iniziato l'incendio, il 1 maggio, il fuoco si è esteso senza fermarsi in  un’area di almeno 100.000 ettari (1.000 chilometri quadrati). La città canadese di Fort McMurray - nel nord Alberta (Canada), oggi completamente deserta per l'incendio - è cresciuta dai 35.000 abitanti che aveva all'inizio del 1990 agli oltre 125.000 nel 2015. Questo grazie ad una sola attività: l'estrazione di petrolio in una superficie di circa 140.000 km2 delle cosiddette “sabbie bituminose”.

La causa dell'incendio collegata ai cambiamenti climatici
La produzione del greggio, che ha dato fama, denaro e sviluppo a questa zona, è stata molto criticata dagli ecologisti per la contaminazione richiesta per la produzione. La causa dell'incendio delle foreste è collegata ai cambiamenti climatici (l’inverno è divenuto troppo mite). La popolazione è fuggita al sud verso le città più vicine, che sono a circa 600 km. (C.E.) 

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Portogallo: messaggio del Papa per la Marcia per la vita

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Occorre “un rinnovato impegno per la promozione dei veri valori umani, morali e spirituali” in difesa della persona e della famiglia: scrive così Papa Francesco in un messaggio, a firma di mons. Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, inviato gli organizzatori della “Marcia per la vita” che si terrà sabato 14 maggio in Portogallo.

Rispettare diritti della persona, dal concepimento fino alla morte naturale
Nel documento, il Pontefice sottolinea l’importanza di “ispirare gli individui, le famiglie e la società portoghese nel perseguimento del bene comune, radicato nell’armonia, nella giustizia e nel rispetto dei diritti della persona umana, dal concepimento e fino alla morte naturale”. Papa Francesco ricorda, poi, quanto scritto nell’Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia sull’amore nella famiglia”, ovvero: “Uno sguardo attento alla vita quotidiana degli uomini e delle donne di oggi mostra immediatamente il bisogno che c’è ovunque di una robusta iniezione di spirito famigliare. Non solo l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado”. (n. 183)

Iniziativa giunta alla sesta edizione
Organizzata dalla Federazione portoghese per la vita, la Marcia è giunta alla sesta edizione e si svolgerà soprattutto a Lisbona, a partire dalle ore 15.00. Il tema di quest’anno è “Camminiamo sempre per la vita”. L’iniziativa assume anche un valore particolare, dato il dibattito in corso, all’interno del Paese, sulla possibilità o meno di legalizzare l’eutanasia. I promotori sperano che l’iniziativa sia “una chiara testimonianza pubblica per la difesa della vita in tutte le fasi del suo sviluppo”. (I.P.) 

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Dal Papa il nuovo ambasciatore del Giappone in Vaticano

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’ambasciatore del Giappone, Yoshio Matthew Nakamura, per la presentazione delle Lettere Credenziali, il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, l’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, nunzio apostolico in Libano, e l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, nunzio apostolico.

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Papa, tweet: Gesù asceso al cielo è vicino a ognuno di noi

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Gesù, asceso al Cielo, è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi”.

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Parolin in Lituania: promuovere la pace è proseguire missione di Gesù

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Oggi la diplomazia e la politica hanno bisogno di essere pervasi dalla misericordia, capace di superare tutte le situazioni di miseria umana. E’ il messaggio lanciato dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin da Vilnius, in Lituania. Il porporato ha incontrato stamani gli studenti dell’Istituto di Relazioni Internazionali e Scienze Politiche dell’Università della capitale lituana e altri rappresentanti della comunità accademica nella Chiesa dei Santi Giovanni Battista e Giovanni Apostolo. Prima, aveva visto il presidente della Repubblica Dalia Grybauskaite e visitato il Memoriale delle Vittime del 13 Gennaio che ricorda la strage compiuta dalle truppe sovietiche nel 1991 dopo la proclamazione d'indipendenza lituana. Il servizio di Debora Donnini:

Da Benedetto XV, eletto poco dopo l’inizio della Prima Guerra mondiale, a Papa Francesco: nell’ultimo secolo, l’attività diplomatica dei Pontefici al servizio della pace ha assunto sempre più rilevanza. Si snoda proprio attorno al tema della diplomazia della Santa Sede al servizio della Pace, il discorso del cardinale Parolin, che si trova da alcuni giorni in Lituania, dove è stato inviato come Legato pontificio per il Congresso Nazionale sulla Misericordia. In serata il cardinale si trasferisce in Estonia e l’11 maggio andrà in Lettonia, ultima tappa del suo viaggio nei Paesi baltici.

Promuovere la reciproca comprensione fra Stati e belligeranti
Centrali le recenti iniziative del Papa per promuovere “la reciproca comprensione” fra gli Stati e i gruppi belligeranti. La diplomazia della Santa Sede non è altro che la diplomazia del Papa stesso, rileva il porporato. E la Santa Sede è stata coinvolta nelle organizzazioni internazionali fin dall’inizio ed è stata attiva per promuovere una pace duratura, come “il rispetto dei diritti umani, incluso il diritto alla vita, il diritto alla libertà di coscienza e religione, la legge umanitaria, la protezione dell’ambiente, il disarmo, adeguate cure per migranti e rifugiati, lo sviluppo integrale umano” e così via. Il contributo della Santa Sede è morale e spirituale. “Promuovere la pace non è qualcosa di estrinseco alla missione della Chiesa”, è “una parte essenziale del suo compito” di proseguire la missione di Cristo.

Francesco per una pace a lungo termine
Per Papa Francesco, infatti, ogni autentica pratica religiosa non può trascurare di promuovere la pace. Il segretario di Stato richiama l’Evangelii Gaudium così come il Messaggio per la Giornata per la Pace di quest’anno e il Compendio alla Dottrina Sociale della Chiesa, per indicare che la pace è un dono di Dio ma richiede anche uno sforzo da parte dell’uomo. E il Giubileo della Misericordia ha molto da dire in questo senso così come vengono ricordati i viaggi di Papa Francesco a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, dove ha aperto la Porta Santa, e a Sarajevo. Papa Francesco, infatti, suggerisce alla politica e alla diplomazia l’importanza di lavorare più che per i risultati immediati per processi lunghi, che costruiscono. Bisogna combattere la rassegnazione e i propri interessi, coltivando una cultura della solidarietà. All’indifferenza umana, Dio oppone la sua misericordia, sottolinea il cardinale Parolin, e ovunque la Chiesa cerca di essere “mediatrice di misericordia”.

Il Giubileo della Misericordia via per la pace
Il Papa spera che il Giubileo della Misericordia produca risultati concreti. E’ importante che ci sia uno “sforzo per vincere l’indifferenza” e mostrare preoccupazione per i membri più vulnerabili della società come prigionieri, migranti, disoccupati e infermi. “Un approccio basato sulla misericordia, come è quello adottato da Papa Francesco e promosso attivamente dalla Santa Sede, ha molto da offrire alla diplomazia internazionale nel suo perseguimento della pace”, rileva il porporato. E i viaggi del Papa nei luoghi  dove le persone soffrono, con i suoi gesti e le sue parole, sono essi stessi “un potente messaggio di misericordia e un importante contributo alla pace”.

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La Libreria Editrice Vaticana al Salone del Libro di Torino

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Sono oltre 1000 gli editori presenti al Salone Internazionale del Libro di Torino in programma dal 12 al 16 maggio sul tema “Visioni”. La Libreria Editrice Vaticana (Lev) partecipa anche quest’anno. Ascoltiamo il direttore, don Giuseppe Costa, al microfono di Sergio Centofanti: 

R. – La Libreria Editrice Vaticana si presenta con grande speranza. E questo già dai colori scelti per lo stand: una nave bianco-azzurra, con strisce gialle; una vela bianca e gialla; la scritta “Remate, siate forti anche col vento contrario. Remiamo a servizio della Chiesa, remiamo insieme” e questa frase di Papa Francesco è proprio in alto su questa vela, che vuole ricordare la vela e la barca sì di Pietro, ma anche e soprattutto quelle dei naufraghi. In questo senso il libro vuole essere un segno di speranza. Noi abbiamo portato 500 titoli e circa 25 mila volumi che speriamo di lasciare ai torinesi.

D. – C’è qualche evento particolare?

R. – Abbiamo previsto due interventi, due eventi. Uno dedicato alla cultura dell’arte: una grande riflessione sull’art. 9 della Costituzione Italiana; un saggio scritto dal prof. Flick, che verrà presentato dal prof. Settis e da Gianni Riotta. Sabato, poi, avremo un incontro sul linguaggio di Papa Francesco dal punto di vista letterario, glottologico e filologico. Interverranno Tullio De Mauro, presidente del Premio Strega, oltre che grande esperto di linguaggio e di lingua italiana; il prof. Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, la massima Accademia italiana che difende la lingua italiana. Due eventi che attireranno certamente molto l’attenzione della critica e l’attenzione dei media. Per il resto ci affidiamo al nostro catalogo, che resta la carta vincente. L’Editrice Vaticana è una editrice che vende anche su catalogo. Oltre a vendere tutti i libri dei Pontefici, in particolare di Papa Francesco, vendiamo libri di storia, arte, liturgia, che anche dopo anni hanno un grande valore scientifico.

D. – Quali sono le prospettive dell’editoria oggi?

R. – L’editoria segna il passo attualmente, anche se c’è qualche segnale di ripresa: c’è stato per l’editoria dedicata ai ragazzi e c’è ancora per l’editoria religiosa, con un incremento di circa il 12 per cento, trainati dai grandi eventi della Chiesa cattolica e dagli interventi di Papa Francesco. La Lev, chiaramente, si avvantaggia di questa situazione, perché si trova al centro del magistero ecclesiale, che resta il focus dell’intero catalogo della Libreria Editrice Vaticana. 

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Perfetto sconosciuto: all'inizio della settimana che precede la Pentecoste il Papa invita i cristiani a riscoprire lo Spirito Santo. 

Non è scienza ma convenzione: in prima pagina, un editoriale di Laura Palazzani sugli embrioni umani e i limiti della ricerca.

Diplomazia al lavoro per il futuro della Siria.

La parte conclusiva dell'ultimo scritto del teologo protestante Karl Barth raccolto nel piccolo libro "Ultime testimonianze" e la postafazione del suo allievo e biografo, Eberhard Busch, con un articolo di Marcello Filotei dal titolo "La musica non è per i musicisti".

Eroi dell'assurdo: Charles de Pechpeyrou sui "liquidatori" grandi dimenticati della catastrofe di Chernobyl.

Inquinamento e povertà: Carlo Triarico sulla crisi di un modello di sviluppo.

Diplomazia di misericordia: a Vilinius il cardinale segretario di Stato ricorda l'azione della Santa Sede al servizio della pace.

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Oggi in Primo Piano



Proteste in Grecia: sacrifici insostenibili. Fmi: tagliare il debito

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Mercati europei nervosi nel giorno dell’Eurogruppo straordinario sulla Grecia: ieri il Parlamento di Atene ha approvato nuove misure di austerità per sbloccare la seconda tranche del terzo piano di aiuti internazionali da 86 miliardi di euro. Al centro del contestato provvedimento la riforma delle pensioni e un aumento di tasse da 3,6 miliardi di euro. Migliaia le persone scese in piazza per protestare. Al microfono di Paolo Ondarza il commento dell’economista Leonardo Becchetti

R. – Dopo l’ultima crisi, nella quale stava quasi per uscire dall’euro, la Grecia ha fatto sacrifici enormi. Ha un obiettivo ambiziosissimo ed esagerato, che è quello di un attivo di un ulteriore 5 per cento. La posizione giusta, in questo momento, è quella del Fondo Monetario Internazionale che ha detto che non si siederà più al tavolo, se non verrà accettato un condono del debito. La situazione greca è insostenibile, se non ci sarà un taglio del debito.

D. – Andare ad aumentare le tasse, toccare i risparmi, le pensioni non rischia di peggiorare la situazione economica delle famiglie in Grecia?

R. – Diciamo che c’è un problema dal lato greco di evasione, però sicuramente la strada per rimettere la Grecia in sesto non era quella dell'austerità. C’erano possibilità e strade diverse... La via dell’austerità, che è stata scelta da molti anni a questa parte, è una via che di fatto ha progressivamente peggiorato la situazione del Paese, anche se c’è stato un parziale miglioramento della finanza pubblica da alcuni punti di vista.

D. – Quali considerazioni, a livello più generale, si possono fare in merito all'economia europea? Tra un mese c’è il referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, come incide la "questione Grecia"?

R. – Io penso che ci sia l’interesse di tutti di chiuderla. Lo scenario di fondo, però, è quello di sempre: l’Europa, invece di mettere in moto dei processi di mutualizzazione del debito, delle politiche fiscali espansive, che avrebbero potuto rilanciare alla grande l’area euro, ha di fatto sbagliato le politiche post-crisi finanziaria 2007, puntando sulla rigidità, puntando sull’austerità, che - di fatto - riflette una mancanza di fiducia tra i Paesi partner.

D. – E’ una strada, quella dell’austerity, che non può essere - dal suo punto di vista - a questo punto modificata, rivista?

R. – Se ne parla moltissimo… Di fatto un po’ è stata corretta dall’azione provvidenziale di Draghi. Ma la politica monetaria espansiva da sola non basta, anche se potrebbe fare un passo ulteriore in avanti, che è quello del “People Quantitative Easing”, ovvero del denaro che arriva direttamente dalla Banca Centrale ai cittadini. C’è bisogno di una risposta della politica fiscale, che sia molto più forte di quella che c’è adesso. 

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Pakistan: ucciso musulmano difensore dei diritti dei cristiani

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Da musulmano, difendeva i diritti della minoranza cristiana e non solo. Era giornalista e attivista dei diritti umani nel suo Paese, il Pakistan, Khurram Zaki, ucciso sabato scorso a Karachi. L’uomo stava cenando in un ristorante quando, dall’esterno, uomini armati a bordo di motociclette gli hanno sparato. Zaki era il direttore del sito “Let us Build Pakistan - Lasciateci costruire il Pakistan”, che condanna il settarismo e promuove la democrazia e i valori progressisti. Esiste una foto che ritrae il giornalista con il crocifisso in una manifestazione pubblica in difesa dei diritti dei cristiani. A rivendicare il barbaro assassinio un gruppo che si è separato dai Talebani pakistani: Zaki sarebbe stato ucciso per la sua recente campagna contro un imam della Moschea Rossa di Islamabad, denunciato per incitamento all’odio e violenza contro la minoranza sciita. Giada Aquilino ha intervistato Qaiser Felix: la scorsa settimana ha portato al Papa, durante la veglia di preghiera per “asciugare le lacrime” in San Pietro, la propria testimonianza di giornalista cattolico pakistano perseguitato, costretto a rifugiarsi in Italia per mettere al sicuro se stesso e la propria famiglia dalle ritorsioni di alcuni gruppi terroristici. A lui abbiamo chiesto perché un altro attivista dei diritti umani sia stato ucciso in Pakistan: 

R. – E’ una notizia molto triste, ma non è certo nuova: hanno già ucciso diverse persone. Chi alza la voce, loro vogliono ucciderlo, perché non credono nel dialogo. Loro pensano che solo ciò che dicono e fanno sia vero. Non c’è proprio spazio. Per questo sono dovuto scappare.

D. – Quando lei parla di “loro” chi intende?

R. – Gruppi terroristici che sono diventati - dal 1980 ad oggi -  molto, molto forti.

D. – Zaki era da sempre schierato in difesa della minoranza sciita in un Paese a maggioranza sunnita, ma difendeva anche i diritti della minoranza cristiana. Cosa significa un impegno del genere in Pakistan?

R. – E’ un lavoro molto duro, molto difficile, perché la maggioranza pensa che soltanto quello che dicono loro sia vero. Non si può alzare la voce, invece la gente vuole alzarla contro le discriminazioni, contro gli attacchi alle chiese, alle moschee e alle persone che non sono sunnite. E' sempre stato così.

D. – Ricordiamo la figura di Shahbaz Bhatti, il ministro cristiano per le minoranze, assassinato nel 2011. Lei a Papa Francesco ha raccontato la difficile vita alla quale sono costretti i cristiani in Pakistan, discriminati dalla legge contro la blasfemia, spesso vittime di violenze e anche di assassinii. Qual è stata la sua esperienza da giornalista cristiano in Pakistan?

R. – Volevo dar voce alle minoranze, perché non hanno voce. La maggior parte sono poveri, fanno lavori modesti e la stampa non racconta le loro storie. Quindi era un lavoro interessante e mi piaceva molto. Però purtroppo i gruppi terroristici sono diventati molto forti e anche il governo non riesce a bloccarli e a punirli. E’ davvero difficile: una lotta molto dura, forse anche molto lunga.

D. – Lei e la sua famiglia siete stati minacciati?

R. – Sì! E’ per questo che sono dovuto scappare. Sono stato minacciato con telefonate, lettere…

D. – Minacce di morte?

R. – Sì!

D. – Se fosse rimasto sarebbe stato ucciso?

R. – Come abbiamo visto adesso col caso dell’attivista Zaki, ma anche con Shahbaz Bhatti, con il governatore del Punjab, Salman Taseer, un musulmano che ha parlato contro la legge sulla blasfemia, dicendo che bisognava rivederla: lo hanno ucciso! Io ero un ‘pezzo piccolo’…

D. – All’improvviso lei si è trovato catapultato in un Paese straniero, lontano dalle persone più care - che poi, per fortuna, ha ritrovato in Italia - e anche impossibilitato a svolgere il mestiere di giornalista. Il suo impegno a favore delle minoranze come può continuare dall’Italia?

R. – Il primo ostacolo è la lingua italiana, che ancora sto imparando, perché per lavorare come giornalista e per scrivere bisogna impararla molto bene. In Pakistan lavoravo in inglese. Forse però da qui in futuro potrò fare qualcosa, mi piacerebbe se riuscissi a fare qualcosa.

D. – Cosa sogna per il suo Paese, ma anche per tutte le minoranze religiose o etniche nel mondo?

R. – Per me, la cosa importante è il rispetto verso tutti: tutti hanno la libertà di praticare la propria fede, la propria religione. La cosa importante è il dialogo. Quindi c’è speranza, sempre. Io sono un cattolico e ho sempre speranza. Però, alcune volte, è necessario fare un passo indietro – come ho fatto io – per aspettare un momento migliore.

D. – Giovedì scorso ha ricevuto un segno, una rassicurazione da Papa Francesco, quando gli ha portato la sua testimonianza?

R. – Sì! E’ la seconda volta che andavo con tutta la mia famiglia da Papa Francesco. E’ stato un momento importante per la nostra vita. Gli abbiamo chiesto di pregare non soltanto per noi, ma anche per i nostri fratelli cristiani in Pakistan. Sempre c’è speranza! Noi vogliamo fare tante cose, ma bisogna aspettare anche la risposta del Signore.

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Elezioni Libano: al voto dopo 6 anni per le municipali

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In Libano, si torna a votare dopo sei anni. Si sono chiuse le urne per le municipali a Beirut e nella Valle della Bekaa. Nella capitale ha vinto la “Lista dei beirutini”, sostenuta del primo ministro Saad al Hariri, che ha conquistato tutti i 24 seggi disponibili seppur con un’affluenza del 20 per cento. Nell’area a maggioranza sciita in netto vantaggio, invece, il partito di Hezbollah insieme a quello di Amal, anch’esso sciita. Nessun seggio invce per “Beirut Madinati”, la lista civica di opposizione formata da giovani attivisti e professionisti, che è nata sulla scia delle proteste contro la cattiva gestione dei rifiuti nella capitale del Paese. In Libano si aspetta da due anni l’elezione del presidente della Repubblica, dopo la fine del mandato di Michel Suleiman nel maggio del 2014. Sui risultati elettorali e sull’instabilità del Paese, Daniele Gargagliano ha chiesto a Camille Eid, giornalista libanese di Avvenire, di tracciare un bilancio sulle eventuali prospettive di rilancio del Libano: 

R. – Rappresentano un test che ha avuto successo, sulla possibilità di svolgere elezioni nonostante il clima teso dovuto alla vacanza presidenziale da ormai due anni e alla guerra in Siria con il flusso di circa un milione e mezzo di profughi siriani in Libano. Il ministro dell’Interno ha dimostrato di poter indire elezioni in circostanze non ottimali.

D. – E’ un voto democratico?

R. – E’ un voto democratico, anche se – devo dire – l’affluenza a Beirut è stata molto timida – attorno al 20 per cento; quindi è anche un voto di protesta, perché tutti i partiti politici di Hariri, ma anche dei suoi oppositori, sono coalizzati contro una lista civica, o della società civile, che intendeva protestare contro l’intera classe politica. La vittoria è stata comunque di Hariri, che ha raccolto tutti i seggi, che a Beirut sono 24.

D. – In una parte, invece, dell’area di Bekaa, il partito sciita di Hezbollah è in gran vantaggio …

R. – Nella Bekaa, la regione a maggioranza sciita, hanno vinto i sostenitori di Hezbollah; a Zahlé, il capoluogo a maggioranza cristiana, ha vinto invece la lista sostenuta dai partiti cristiani.

D. – Perché “Beirut Madinati”, cioè la lista della società civile formata da giovani attivisti e professionisti, non ha avuto successo a questa tornata elettorale?

R. – Purtroppo, la bassa affluenza al voto a Beirut non ha permesso a questa lista di raccogliere nemmeno un seggio, perché ha visto che l’intera classe politica o tutti i partiti – Hariri, falangisti e anche i partiti sciiti – si sono coalizzati dietro a Hariri per opporsi a una simile lista. Questo è un peccato perché rappresentava anche un cambiamento per la società libanese; comprendeva anche nomi noti a livello internazionale, come la regista del film “Caramel”, Nadine Labaki.

D. – In Libano, una persona è stata arrestata per presunta compravendita di voti, a Zahlé; ci sono stati anche feriti tra i sostenitori di diverse fazioni … Qual è il termometro della tensione sociale, nel Paese?

R. – Cose di questo tipo – almeno per quanto riguarda la compravendita di voti – rientra un po’ nella “normalità”: a tutte le elezioni abbiamo assistito a casi di questo tipo. Si parla comunque di una giornata alquanto tranquilla, dal punto di vista della sicurezza. E lo stesso ministro dell’Interno, proprio per dare la prova che le elezioni si svolgessero in un clima quantomeno democratico, ha tenuto la sua conferenza stampa proprio a Arsal, a pochi chilometri dal confine siriano, dove si trovano gli elementi di al Nusra e di Isis. La località, nota per la sua vicinanza al conflitto siriano, invece ha visto un’elezione tranquilla o che rientri, quantomeno, nella normalità.

D. – Cosa manca ancora affinché i partiti riescano a trovare un accordo per eleggere il presidente della Repubblica?

R. – Manca una soluzione di compromesso al conflitto siriano: il 24 maggio, il Libano compie due anni di paralisi istituzionale, dovuta proprio ai veti incrociati tra i partiti. L’accordo avvenuto tra il generale Aoun e l’altro candidato cristiano, Samir Geagea, purtroppo non ha ancora sbloccato l’intero processo a causa dell’opposizione nei confronti del generale da parte di Hariri. Intanto, il patriarca maronita si è incontrato oggi a Parigi con il presidente francese e sicuramente ce la sta mettendo tutta per spingere le potenze occidentali ad accelerare questo processo e quindi risolvere la crisi siriana e sbloccare la situazione.

D. – Quale significato può avere questo voto per le comunità cristiane libanesi?

R. – E’ un voto di fiducia, anzitutto; perché se pensiamo che a Beirut la lista vittoriosa conta 24 esponenti ed è divisa a metà tra cristiani e musulmani, quantomeno è un voto di fiducia nel futuro che il Libano continuerà a reggere grazie alla formula di fiducia islamo-cristiana. E quindi il ruolo dei cristiani nella politica libanese, se attualmente non viene giocato pienamente a causa della vacanza della carica suprema, quantomeno si gioca a livello dei consigli locali, con la parità prevista dalla Costituzione.

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Unioni civili in aula. Gandolfini: governo ha impedito dibattito

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Approda oggi in aula alla Camera la legge sulle unioni civili. Il premier Renzi ha annunciato che martedì o mercoledì sarà posta la questione di fiducia sul testo e che giovedì 12 maggio la legge sarà votata. Il ddl viene quindi "blindato" dal governo come è avvenuto al Senato e in Commissione Giustizia a Montecitorio, senza la possibilità di essere dibattuto ed emendato. Stamane Massimo Gandolfini, presidente del "Comitato Difediamo i Nostri Figli", promotore del Family Day, ha lanciato un appello per il rispetto delle prerogative parlamentari e ha presentato le prossime iniziative per difendere la famiglia naturale. Il servizio di Marco Guerra: 

Un appello a tutti i parlamentari cattolici affinché non votino una legge che può stravolgere l’antropologia della società italiana, la consegna al presidente della Repubblica di un documento giuridico che evidenzia tutti i profili di incostituzionalità di questo testo e la costituzione dei comitati per il ‘no’ al referedum costituzionale per evitare che un sistema monocamerale e controllato da un solo partito approvi nuove leggi, definite divisive contro la vita e la famiglia, senza il dovuto confronto democratico. Massimo Gandolfini traccia gli impegni del Comitato del Family Day a poche ore dall’approdo alla Camera del ddl sulle unioni civili "blindate" dalla fiducia, come spiega nostri microfoni:

“Ci sono due fiducie: una al Senato, e adesso è annunciata anche quella alla Camera. In Commissione Giustizia al Senato è stata "scippata" la legge; alla Commissione Giustizia della Camera non è stato fatto nessun dialogo né dibattito e quindi è una legge che passa senza essere stata discussa da nessuno dei parlamentari. E ciò nonostante ci fossero tanti emendamenti, che dovevano essere presi in considerazione anche nel merito, e che potevano modificare la legge in senso decisamente virtuoso, in maniera da tutelare i diritti delle persone e dell’unione civile, senza per questo renderla un simil-matrimonio. Questa è anche una delle ragioni per la quale ci stiamo appellando al presidente della Repubblica, perché valuti con estrema attenzione e rigore i profili di incostituzionalità. Abbiamo presentato un documento ‘ad hoc’, e speriamo che possa essere valutato anche in tempi brevi, ma con estremo rigore”.

Una battaglia per i diritti del bambino a non essere "programmato orfani di madre o di padre" e non contro i diritti della persone, ci tiene a specificare Massimo Gandolfini:  

“La battaglia sulle unioni civili apre l’enorme, delicatissimo, pericolosissimo utero in affitto con la stepchild adoption a tutti. È una bugia dire che nel nuovo testo non esiste più. Infatti, nel comma 20 del maxi-emendamento c’è esattamente la possibilità di adozione da parte di coppie omosessuali. E viene quindi violato totalmente  il diritto del bambino ad avere un padre e una madre”.

L’impegno contro la deriva antropologica e la difesa di più piccoli è stato incoraggiato anche dal recente colloquio che Gandolfini ha avuto con Papa Francesco:

“Il Papa ha definito ancora una volta l’ideologia gender, che è al fondo di tutto questo, una ‘colonizzazione ideologica’, e soprattutto l’importanza di difendere il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre. Per cui ci sentiamo, insieme a tutti gli amici del Comitato, ancora più motivati ad andare avanti su questa strada”.

E chiedendo al premier Renzi di confrontarsi pubblicamente e lealmente con il popolo del Family Day, Gandolfini ha infine spiegato l’impegno per il ‘no’ in vista del referedum costituzionale di ottobre:

“Noi non stiamo facendo una battaglia contro Matteo Renzi. Noi non vogliamo fare una battaglia contro le persone. Noi vogliamo fare battaglia contro idee e leggi che sono veramente inique, brutte e ed inaccettabili. Perché le unioni civili sono una strategia dentro qualcosa di molto più grande. Già si parla di modificare la legge sulle adozioni dei bambini – la Legge 184 – sotto lo slogan ‘adozioni per tutti’. Non famiglia per tutti i bambini, no! ‘Adozione per tutti’. C’è il tema dell’eutanasia; delle droghe leggere; del ‘divorzio express’; il divorzio rapido è già stato approvato… Allora è chiaro che questa è una strategia di governo. Se è successo quello che è successo con le unioni civili, in cui c’erano dei passaggi obbligati, che istituzionalmente potevano portare a delle modifiche, cosa accadrà domani, quando ci sarà un’unica Camera con una maggioranza assoluta da parte del partito del premier? Passeremo da una democrazia parlamentare a un premierato. Quindi i ‘Comitati per il no’ nasceranno ufficialmente qui a Roma il 28 maggio. E poi è soprattutto un grande lavoro, casa per casa, per fare presente le nostre istanze”

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Ue invia agenti antiterrorismo nei campi profughi in Italia e Grecia

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L'Unione Europea sta inviando agenti antiterrorismo nei campi profughi "in vari punti caldi di Grecia ed Italia", con l'obiettivo di identificare combattenti jihadisti. Lo dice a El Pais il colonnello Manuel Navarrete, direttore del Centro europeo contro il Terrorismo, istituito quest'anno. Gli specialisti di Europol, i cosiddetti 'guest officers' - afferma Navarrete - aiuteranno le autorità dei due Paesi "a identificare i possibili terroristi, persone che avendo l'opportunità di sfruttare questo flusso di migliaia di rifugiati possono nascondersi tra di loro ed entrare in Europa". Uno strumento in più ma che suscita forti dubbi nel Silp-Cgil, il sindacato dei lavoratori della Polizia. Al microfono di Valentina Onori, il segretario generale Daniele Tissone: 

R. – In un’ottica di condivisione e scambio di informazioni, anche alla luce di possibili segnalazioni - penso ai tanti documenti falsi - se vi sono degli ulteriori elementi rispetto ai quali gli investigatori possono coadiuvare e aiutare le forze di polizia, ben venga. Mi sento però di dire che è solo un versante, perché la stragrande maggioranza delle persone che compongono questo esodo sono richiedenti asilo e profughi. E quindi non vorrei che si confondesse l’idea dell’immigrazione con quella della criminalità. È un versante rispetto al quale si deve indagare e devono essere utilizzate tutte le risorse disponibili. Quindi ben venga questa forma di prevenzione e intelligence, che - mi auguro - sia anche supportata da una serie di risorse.

D. – I terroristi non potrebbero utilizzare, in qualche modo, la via battuta dai migranti?

R. – Se è vero che il 90 per cento dei migranti dichiarano che avrebbero usato servizi illegali per arrivare nei Paesi dell’Unione europea, e che solo nello scorso anno questo è costato dai tre ai sei miliardi, più che dire che c’è un legame tra questi esodi e il terrorismo, direi che la criminalità organizzata - il terrorismo - si può servire di queste persone: le sfrutta, le fa pagare per venire illegalmente nei Paesi dell’Unione Europea. Anche la rotta balcanica oggi desta la maggiore apprensione, però tutto deve essere colpito: il traffico delle armi, che orbita intorno agli sporchi affari del terrorismo internazionale e delle organizzazioni criminali, come i crimini finanziari. Questi sono tutti aspetti importanti, che però si potranno anche risolvere solamente nel momento in cui ci saranno anche importanti sviluppi politici nel quadrante mediorientale. E mi riferisco in particolare alla situazione libica, rispetto alla quale si rende sempre più ingovernabile il fenomeno degli esodi.

D. – Il direttore di Europol ha detto che una cooperazione con i Paesi di partenza, come ad esempio Siria e Libia, renderebbe più efficace l’individuazione di questi presunti jihadisti: è fattibile?

R. – Il fenomeno dei “foreign fighters”, degli emulatori e soprattutto delle cellule ben organizzate, è un fenomeno nuovo, ma si tratta di un fenomeno pernicioso e pericoloso con il quale la nostra società si sta confrontando. Quindi ben vengano la condivisione e lo scambio di informazioni. Tutti i versanti sui quali si può lavorare sono importanti, anche quello dell’immigrazione clandestina. Però l’equazione che l’immigrazione sia legata al fenomeno terroristico è un’equazione, almeno per quanto riguarda l’esodo dei profughi e dei richiedenti asilo, sbagliata. Le cellule ben organizzate non si avvarrebbero mai, anche alla luce dei tanti controlli di polizia, almeno nel nostro Paese, a far passare e transitare su quelle rotte, criminali di un certo livello e incalliti. Quindi il problema potrebbe sorgere per eventuali fiancheggiatori. Credo che il problema debba essere affrontato a 360° e che vi sia bisogno di una sempre maggiore attenzione da parte dell’Unione Europea, di tutto l’Occidente e anche del nostro Paese, rispetto a questi fenomeni. Mi sembra che comunque l’attività di prevenzione finora messa in atto sia positiva e che abbia dato anche i suoi risultati. È chiaro che si tratta di un fenomeno nuovo che deve essere studiato, analizzato, e rispetto al quale bisogna trovare le giuste soluzioni. Perché se è vero che il sedicente Stato islamico avrebbe minacciato di colpire l’Europa anche attraverso gli esodi e i traffici, il problema si pone ed è giusto cercare di correre ai ripari.

D. – Questi agenti anti-terrorismo nei campi profughi d’Italia e Grecia potrebbero essere una soluzione…

R. – Lo scambio di informazioni è essenziale, anche su questo versante. Ma direi che un ulteriore versante sia quello di condurre un’attività molto fina e molto attenta di intelligence anche con i Paesi mediorientali dai quali provengono le minacce.

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Giornata vittime terrorismo. Fioroni: riesaminare vicenda Moro

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Oggi Giornata in ricordo delle vittime del terrorismo e delle stragi. Alla Camera celebrazione alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, mentre a via Caetani e a Torrita Tiberina è stato ricordato Aldo Moro. ll servizio di Alessandro Guarasci: 

La Giornata del ricordo del vittime coincide con l’anniversario della morte di Aldo Moro. A Montecitorio, presente il capo dello Stato, Mattarella, subito dopo le testimonianze dei parenti delle vittime è intervenuta la presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha ricordato come “per onorare chi ha sacrificato la propria vita bisogna rendere le Istituzioni e la politica sempre più pulite e sobrie”:

"Bisogna combattere senza incertezze la corruzione, l'illegalità, il malaffare e bisogna dare voce ai tanti italiani che in modo onesto e generoso fanno politica, si impegnano nel volontariato, si occupano di tutelare i beni comuni della nostra società. Non siamo tutti uguali". 

La lotta alla violenza politica passa anche per i giovani. Infatti, questa mattina sono state premiate scuole e ragazzi che hanno realizzato lavori sugli anni del terrorismo. Poco prima, il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha deposto una corona a Via Caetani dove fu trovato il corpo di Aldo, mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha pregato sulla tomba dello statista Dc a Torrita Tiberina. Ma cosa rimane della sua politica? Giuseppe Fioroni, presidente della Commissione d’inchiesta sul caso Moro:

R. – Rimane la convinzione che Moro sia stato il più grande statista italiano, che ha saputo cogliere i segni dei tempi, che aveva avviato quel processo di cambiamento e di innovazione per portare l’Italia a una democrazia integrale – noi abbiamo detto “matura” – o dell’alternanza, 38 anni fa. E che la sua morte ha impedito quel percorso e ha fatto perdere decenni all’Italia. Il futuro del nostro Paese e dei nostri figli sarebbe stato diverso.

D. – Lei più di qualche volta ha detto che ci sono molti lati oscuri nel rapimento e nella sua uccisione. Verso quali direzioni bisogna ancora indagare, secondo lei?

R. – Noi stiamo cercando di ricostruire le ragioni per le quali chi poteva sapere non ha voluto sapere, e chi poteva aiutare a liberare Aldo Moro non ci ha aiutato a liberarlo. La pista dei terroristi tedeschi, la pista dell’ndrangheta, i rapporti con l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. C’è ancora una verità che va illuminata. 

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Nella Chiesa e nel mondo



Iraq: lettera del Patriarca Sako al clero emigrato negli Usa

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Dividere il corpo ecclesiale in gruppi separati è “un peccato grave”, in un momento in cui la Chiesa caldea è sollecitata anche dalle drammatiche circostanze storiche a custodire con particolare cura l'unità. Per questo, anche le comunità in diapora che appartengono all'eparchia di san Pietro dei Caldei, con sede a San Diego, in California, sono chiamate a camminare sulla via della riconciliazione, e approfittare della nomina del nuovo amministratore apostolico per favorire il ritorno al proprio “eccellente inizio”. Così il Patriarca Louis Raphael I si rivolge ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli della diocesi caldea negli Usa, nella lettera - ripresa dall'agenzia Fides - in cui annuncia anche la nomina come loro amministratore apostolico sede vacante dell'arcivescovo Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, in attesa che il Sinodo caldeo proceda all'elezione del nuovo vescovo, dopo che sabato scorso Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Eparchia presentata da mons. Sarhad Jammo.

Sako invita i sacerdoti a vincere tentazione di mantenere posizioni comode e di prestigio
 Nel messaggio inviato all'eparchia di San Pietro dei Caldei a San Diego, il Patriarca si rivolge in particolare alla "coscienza" dei monaci e sacerdoti caldei che dall'Iraq si sono trasferiti negli Usa senza il consenso dei propri superiori. Il Patriarca li invita a riflettere sulle proprie responsabilità di persone consacrate a Cristo, e a liberarsi da tutti gli ostacoli che gli impediscono di compiere la loro missione, a cominciare dalla tentazione di mantenere posizioni comode e di prestigio. "Per favore”, ripete il primate della Chiesa caldea, “non permettete a nessuno di separarvi dalle vostre diocesi e dai vostri monasteri d'origine... Il vostro futuro consiste nell'affidarsi al Signore, per rendere testimonianza a Cristo non solo a parole, ma con l'esempio, rinnegando voi stessi, amando e servendo la vostra gente, a partire da chi è nel bisogno”.

Il Patriarca invita a 'vivere e morire nel luogo dove Dio ci chiama'
La vicenda dei monaci e dei sacerdoti diocesani che hanno lasciato le proprie diocesi e comunità religiose in Iraq per emigrare e trasferirsi all'estero senza il consenso dei superiori è da lungo tempo al centro della sollecitudine pastorale del Patriarcato caldeo e del Sinodo caldeo. “Dobbiamo vivere e morire nel luogo dove Dio ci chiama” aveva scritto il Patriarca Luis Raphael in un messaggio dedicato a questo problema pastorale già nel settembre 2014. 

Sacerdoti e religiosi chiamati non alla vita comoda ma a servire i fratelli
Sacerdoti e religiosi – si leggeva già in quel pronunciamento patriarcale, rilanciato dalla Fides - “non devono avere come aspirazione la ricerca di condizioni di vita confortevoli, ma servire i fratelli seguendo Cristo, anche accettando di portare la croce, quando ciò viene richiesto dalla circostanze. Per questo nessuno può abbandonare la propria diocesi o la propria comunità religiosa senza l'approvazione formale del vescovo o del proprio Superiore, secondo quanto è stato ribadito anche in occasione del Sinodo dei vescovi caldei tenutosi nel giugno 2013”. (G.V.)

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Tanzania: incendiata chiesa cattolica di Nyarwele

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Una chiesa cattolica è stata data alla fiamme nel nord-ovest della Tanzania. Si tratta della chiesa di Nyarwele, nella regione di Kagera, nell’estremo nord-ovest della Tanzania, al confine con Uganda, Burundi e Rwanda.

Terzo luogo di culto cristiano dato alle fiamme nell’area in un anno
Secondo notizie giunte all’agenzia Fides, il fatto è avvenuto il 2 maggio. Secondo i testimoni le fiamme hanno distrutto tra l’altro documenti della parrocchia, sedie, panche, libri liturgici e il generatore. Si tratta del terzo luogo di culto cristiano dato alle fiamme nell’area dall’inizio dell’anno. Negli ultimi quattro mesi sono stati bruciati un tempio della Tanzania Assemblies of God ed uno Pentecostale. Nel settembre 2015, sempre a Kagera, erano state bruciate nel giro di una settimana ben sei chiese, tra cui quella cattolica di Kitundu.

Il vescovo invita tutti alla calma e alla collaborazione
“Quelli che pensano che distruggendo le nostre chiese non pregheremo più, si sbagliano...c’è un grande albero vicino alla chiesa e continueremo a riunirci lì per pregare” ha detto don Fortunatus Bijura, uno dei sacerdoti che operava nella chiesa distrutta. Mons. Almachius Vicent Rweyongeza, vescovo di Kayanga, la diocesi sotto la quale ricade Nyarwele, ha invitato tutti alla calma e alla collaborazione con le autorità di polizia per portare di fronte alla giustizia gli autori di questi crimini. (L.M.)

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Londra: gli auguri dei vescovi al nuovo sindaco Khan

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“Accolgo con favore Sadiq Khan come nuovo sindaco di Londra”: con queste parole, il card. Vincent Nichols, presidente della Conferenza episcopale inglese, ha saluto l’elezione del primo cittadino della capitale britannica. Khan, figlio di immigrati pakistani e di religione musulmana, è stato eletto sabato scorso, come esponente laburista. A lui, il card. Nichols assicura le sue preghiere “per l’importante compito durante il quale dovrà affrontare le grandi sfide di Londra, la sua ricchezza, la sua diversità e la sua energia”.

Conservare le differenze, con spirito di sana convivenza
Ricordando, poi, quanto detto da Papa Francesco il 6 maggio, in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno, il porporato ha ribadito che “la bellezza radicata in molte delle nostre città si deve al fatto che sono riuscite a conservare nel tempo le differenze di epoche, di nazioni, di stili, di visioni. (…) La ricchezza e il valore di un popolo si radica proprio nel saper articolare tutti questi livelli in una sana convivenza”. “Che questo stesso spirito – ha concluso il card. Nichols – possa ispirare il nostro nuovo sindaco”. (I.P.)

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America Latina: diocesi di frontiera per salvaguardia del Creato

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Analizzare i problemi ambientali comuni per cercare soluzioni condivise: con questo obiettivo, da oggi all’11 maggio, i rappresentanti delle “diocesi di frontiera” dell’America Latina si incontreranno in Argentina. L’evento, giunto alla 31.ma edizione, si terrà nella città di Paso de la Patria, nella provincia argentina di Corrientes. Per la loro riflessione, i partecipanti all’incontro – vescovi, sacerdoti e laici provenienti da  Paraguay, Uruguay, Argentina e Brasile – prenderanno spunto dall’enciclica “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, siglata da Papa Francesco.

Promuovere un’ecologia integrale
Al centro del dibattito – riferisce l’agenzia Sir – “i diversi aspetti di un’ecologia integrale che consideri le dimensioni umane, sociali e pastorali per la regione e la vita dei popoli”. Si analizzeranno, inoltre, alcune questioni relative alla desertificazione, lo sviluppo e il modello economico agroindustriale argentino. Prevista, infine, una valutazione dell’impatto di tali tematiche sui diversi settori: economia, ambiente, salute e conflitti sociali.

Numerosi vescovi presenti
Tra i partecipanti all’evento, il frate brasiliano Sergio Goergen, specializzato nei temi di desertificazione, e il vescovo di Pelotas, mons. Jacinto Bergmann. Tra i presuli presenti anche quello di Tacuarembò, in Uruguay, mons. Julio Bonino; il vescovo di Gualeguaychu, mons. Jorge Lozano; l’arcivescovo di Corrientes, mons. Andrés Stanovnik; il vescovo di Concordia, mons. Luis Collazuol, e l’arcivescovo di Resistencia, mons. Alfredo Dus. (I.P.)

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Vescovi Paraguay: trasparenza e verità su abusi sui minori

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È una condanna ferma quella che i vescovi del Paraguay ribadiscono, in una nota, per tutti i casi di abusi sui minori perpetrati da alcuni membri del clero. Riunitasi in questi giorni nella sua 210.ma Assemblea plenaria, la Conferenza episcopale del Paese (Cep) esprime il suo “immenso dolore per lo scandalo di coloro che hanno provocato gravi conseguenze sulle persone vulnerabili”. “Non accettiamo questi fatti e li condanniamo – si legge nella nota dei presuli – perché contraddicono il messaggio e la missione della Chiesa cristiana. Chiediamo perdono per quanto avvenuto”. 

Verità e trasparenza, secondo quanto sancito da apposito Protocollo
Rifiutando, poi, “ogni accusa di occultamento”, i vescovi riaffermano il loro “impegno per la verità, la trasparenza e l’azione ferma”. In tutti i casi, scrivono i presuli, “si procederà con le indagini necessarie, nell’ambito dell’apposito Protocollo”, fino a quando i relativi casi verranno spiegati ed i colpevoli saranno severamente puniti di conseguenza”. Il Protocollo stabilisce, infatti, indicazioni precise sulle procedure da avviare per le denunce di abusi contro i minori secondo la normativa dettata dalla Sede Apostolica, e per elaborare il rapporto delle indagini che sarà poi opportunamente inviato alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Vicinanza alle vittime
​Quindi, rivolgendosi ai mass-media, la Cep esprime apprezzamento per coloro che svolgono il proprio ruolo “nella formazione dell’opinione pubblica” che “ha il diritto di ricevere informazioni veritiere, responsabili ed imparziali”. Infine, manifestando “vicinanza a coloro che sono stati colpiti da questi gravi crimini” ed “assumendosi la responsabilità di Pastori”, i vescovi si impegnano a “lottare risolutamente per prevenire simili atti che producono danni incalcolabili per tutti coloro che confidano nella Chiesa e nei suoi pastori”. (I.P.)

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Brasile: alla Settimana per l'Unità il tema dei migranti

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In Brasile, come in diversi altri paesi dell’America Latina, la settimana che precede la solennità di Pentecoste è dedicata alla preghiera per l’unità dei cristiani. “Chiamati e chiamate a proclamare le grandi opere del Signore" è il tema scelto per la settimana di quest’anno in Brasile, dall’8 al 15 maggio, che trae spunto dal versetto biblico 1Pt 2,9 richiamando la realtà delle migrazioni. Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides, la proposta del tema è del movimento ecumenico della Lettonia, adattata in Brasile dal Movimento Ecumenico Curitiba (MoveC).

L'Europa chiude le porte ai migranti
Nella lettera dei rappresentanti delle diverse comunità cristiane brasiliane diffusa per la circostanza - riferisce l'agenzia Fides - si sottolinea che “l'anno 2015 è stato caratterizzato dalle ondate migratorie. Anche all'inizio di quest'anno, abbiamo visto in Europa, migranti e rifugiati disperati alla ricerca di nuove condizioni di vita. I loro Paesi sono stati distrutti da guerre e disastri ambientali. Alcuni Paesi hanno scelto di chiudere le proprie frontiere per impedire l'ingresso ai migranti. Altri stanno pensando a questa possibilità”.

In Brasile atteggiamenti razzisti contro i migranti
Quindi evidenziano che “in Brasile, la situazione non è così drammatica come lo è in Europa. Ma anche qui è aumentato il numero di migranti e rifugiati… Purtroppo, nel 2015, alcuni migranti sono stati picchiati e sono stati oggetto di preconcetti. Atteggiamenti razzisti e pregiudizi non sono coerenti con le grandi opere di Dio”. Il testo ricorda che in passato un numero significativo di gruppi etnici è arrivato in Brasile per motivi legati alla fame e alla guerra, trovando qui accoglienza e protezione.

Verso i migranti non tolleranza ma rispetto
“Il battesimo ci chiama al rispetto per i migranti. Più che tolleranti, dobbiamo essere rispettosi – esorta la lettera -. La tolleranza dovrebbe portare al riconoscimento del diritto alla dignità che è insito in ogni essere umano. Siamo chiamati e chiamate a proclamare le grandi opere del Signore! Che questa proclamazione si traduca in atteggiamenti di dialogo, accoglienza e rispetto per quelle persone che vengono nel nostro Paese in cerca di nuove opportunità di vita”. (S.L.)

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Uganda: i vescovi ricordano i Martiri del Paese

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“La verità vi farà liberi”: sarà questo versetto, tratto dal Vangelo di Giovanni, il motto con cui la Conferenza episcopale dell’Uganda (Uec) ricorderà, il prossimo 3 giugno, i Martiri del Paese. La celebrazione si terrà presso il Santuario di Namugongo, lo stesso visitato da Papa Francesco nel suo viaggio in Uganda, compiuto a novembre 2015. “Chiediamo ai cristiani ed a tutte le persone di buona volontà – ha detto in conferenza stampa mons. Joseph Antony Zziwa, vicepresidente dell’Uec -  di contribuire generosamente a questo evento grandioso e speciale per la vita della Chiesa, che permette di rafforzare la nostra fede”.

Santuario di Namugongo eretto sul luogo del martirio
I Santi Martiri Ugandesi sono un gruppo di ventidue servitori, paggi e funzionari del re di Buganda, nell’odierna Uganda, convertiti al cattolicesimo dai missionari d'Africa del cardinale Charles Lavigerie, i cosiddetti “Padri bianchi”, che vennero fatti uccidere in quanto cristiani sotto il regno di Mwanga II tra il 15 novembre 1885 ed il 27 gennaio 1887. Papa Benedetto XV ha beatificato tali martiri il 6 giugno 1920, mentre Paolo VI li ha canonizzati l’8 ottobre 1964. Il Santuario di Namugongo è stato eretto sul luogo del martirio di San Carlo Lwanga, il più celebre del gruppo, e dei suoi 12 compagni.

Papa Francesco: onorare la memoria dei Santi fino ai confini del mondo
Lo scorso novembre, proprio a Namugongo, Papa Francesco ha sottolineato che l’eredità dei Martiri ugandesi è rappresentata da “vite contrassegnate dalla potenza dello Spirito Santo, vite che testimoniano anche ora il potere trasformante del Vangelo di Gesù Cristo. Non ci si appropria di questa eredità con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso. La onoriamo veramente, e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto portiamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo”. (I.P.)

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Libertà religiosa: lo slovacco Figel inviato speciale Ue

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È Ján Figel il “Rappresentante speciale per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’Unione Europea”. A nominarlo è stato il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che aveva annunciato tale incarico venerdì scorso, in Vaticano, a margine della cerimonia di consegna del Premio Carlo Magno a Papa Francesco. Figel, slovacco, è stato Commissario europeo per istruzione, formazione, cultura e gioventù nel quinquiennio 2004-2009; entra in carica per un periodo iniziale di un anno. 

Libertà religiosa è un diritto fondamentale
“La libertà di religione e credo è un diritto fondamentale alla base della costruzione dell’Unione europea – ha dichiarato Junker, citato dall’agenzia Sir - Alla luce delle persecuzioni che continuano a colpire le minoranze etniche e religiose, è ancora più importante proteggere e promuovere questo diritto dentro e fuori l’Ue”. “Sono certo – ha concluso - che l’inviato speciale Ján Figel ci sosterrà in questo compito aiutandoci a mettere meglio a fuoco il problema”.

Il sostegno del Parlamento Europeo
L’iniziativa di nominare tale figura è stata sostenuta dal Parlamento Europeo, che l’aveva auspicata già nella risoluzione del 4 febbraio 2016, dove si afferma: “In considerazione dell’importanza della promozione e della protezione della libertà di religione e credo al di fuori dell’Ue, nel contesto dei programmi comunitari di dialogo e assistenza che riguardano i Paesi terzi, l’inviato speciale avrà la funzione di consulente speciale del Commissario per la cooperazione e lo sviluppo, Neven Mimica”. (I.P.) 

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Auxilium. Giubileo Università: “Saperi scientifici e pedagogici"

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Pomeriggio di studio e dibattito oggi alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium a Roma su “Saperi scientifici e saperi pedagogici a confronto: per un bene-essere della persona”. Il Seminario intende interpellare le neuroscienze, ritenute la “rivoluzione copernicana” nello studio della mente umana.

Ricerca medica e filosofia 

Il primo intervento su “Neurobioetica: ponte tra bioetica, filosofia e natura” è affidato ad Alberto Carrara, coordinatore del Gruppo di neurobioetica, Fellow della Cattedra Unesco in Bioetica e Diritti umani e docente all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. “Un approccio integrativo tra ricerca medica e riflessione filosofica come questo - anticipa il prof. Carrara - può essere molto utile per favorire il confronto e un serio dibattito, oltre ad integrare i saperi e le loro applicazioni alla persona umana che si caratterizza sempre, anche quando fragile, malata o prossima alla morte naturale, quale unità-totalizzante di dimensioni biologiche, psicologiche, sociali e spirituali”.

Pedagogia del bene-essere

A seguire sarà la relazione di Caterina Cangià, direttore scientifico del Centro di potenziamento educativo e cognitivo Multimedia, su “Una pedagogia del bene-essere della persona alla luce delle neuroscienze cognitive”.  “È una pedagogia del bene-essere - sottolinea la prof.ssa Cangià - che si declina nella relazione di ‘ogni’ persona con se stessa, con gli altri e con l’Altro-trascendente; e della relazione di ‘ogni’ persona con l’ambiente-natura, con l’ambiente-cultura e con l’ambiente-media. Una pedagogia del bene-essere che educa alla realizzazione di sé come dal progetto di Dio, attraverso l’espressione creativa”.

Giubileo delle Università

Il Seminario all’Auxilium si inserisce nel cammino in preparazione al Giubileo delle Università e dei Centri di ricerca e delle Istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica in programma a Roma dal 7 all’11 settembre 2016 sul tema “Conoscenza e Misericordia. La terza missione dell’Università”. (R.G.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 130

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.