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Sommario del 22/05/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa all’Angelus: prega per Vertice mondiale umanitario ad Istanbul

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Il Papa all’Angelus, nella Festa della Santissima Trinità, invita all’impegno quotidiano di “comunione”, “consolazione” e “misericordia”, specie verso l’umanità ferita da “ingiustizia”, “sopraffazione”, “odio” e “avidità”. Poi una preghiera speciale per l’avvio domani ad Istanbul del primo Vertice umanitario mondiale, cui prenderà parte una delegazione vaticana, presieduta dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, oggi in volo verso la Turchia. Infine un pensiero di vicinanza spirituale ai cattolici in Cina, che il 24 maggio celebreranno la Beata Vergine Maria “Aiuto dei cristiani”. Il servizio di Roberta Gisotti. 

Nel mistero della Trinità è “il rapporto tra Gesù, il Padre e lo Spirito Santo”, ha spiegato Francesco nella sua catechesi:

“Lo Spirito ci guida nelle nuove situazioni esistenziali con uno sguardo rivolto a Gesù e, al tempo stesso, aperto agli eventi e al futuro. Egli ci aiuta a camminare nella storia saldamente radicati nel Vangelo e anche con dinamica fedeltà alle nostre tradizioni e consuetudini”.

Ma anche, nel mistero della Trinità è “il nostro rapporto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”:

“Questa “famiglia divina” non è chiusa in sé stessa, ma è aperta, si comunica nella creazione e nella storia ed è entrata nel mondo degli uomini per chiamare tutti a farne parte.

“L’orizzonte trinitario di comunione ci avvolge tutti…”

“e ci stimola a vivere nell’amore e nella condivisione fraterna, certi che là dove c’è amore, c’è Dio”.

“Solidarietà” e “amore vicendevole” anzitutto “nelle comunità ecclesiali” ma anche – ha raccomandato Francesco – ”in ogni altro rapporto sociale, dalla famiglia alle amicizie all’ambiente di lavoro”. Quindi l’invito del Papa ad impegnarsi “negli avvenimenti quotidiani per essere lievito di comunione, di consolazione e di misericordia”.

“In questa missione, siamo sostenuti dalla forza che lo Spirito Santo ci dona: essa cura la carne dell’umanità ferita dall’ingiustizia, dalla sopraffazione, dall’odio e dall’avidità”.

Dopo la preghiera mariana, il pensiero di Francesco è corso al primo Vertice umanitario mondiale, convocato dall’Onu ad Instanbul,  per affrontare - ha ricordato - le “drammatiche situazioni” causate da “conflitti, problematiche ambientali ed estrema povertà.”

“Accompagniamo con la preghiera i partecipanti a tale incontro perché si impegnino pienamente a realizzare l’obiettivo umanitario principale: salvare la vita di ogni essere umano, nessuno escluso, in particolare gli innocenti e i più indifesi”.

Il Papa ha quindi espresso vicinanza spirituale ai fedeli cattolici in Cina, particolarmente devoti alla Beata Vergine Maria “aiuto dei cristiani”, venerata nel santuario di Sheshan a Shanghai, di cui ricorre la memoria martedi prossimo.  

“In questo Anno della Misericordia possano i cattolici cinesi, insieme a quanti seguono altre nobili tradizioni religiose, divenire segno concreto di carità e di riconciliazione. In tal modo essi promuoveranno un’autentica cultura dell’incontro e l’armonia dell’intera società, quell’armonia che ama tanto lo spirito cinese”.

E ancora un omaggio alla figura di “prete esemplare”, Francesco Maria Greco, sacerdote diocesano calabrese, fondatore delle Suore Piccole Operaie dei Sacri Cuori, beatificato ieri, nella sua città Acri.

Tra i saluti finali ai fedeli in piazza, un grazie ai fedeli ortodossi della Metropolia di Berat in Albania, “per la loro testimonianza ecumenica”.

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Tweet: Santissima Trinità faro di comunione con Dio e tra noi

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Nuovo tweet del Papa sull’account @Pontifex in nove lingue. “La festa della Santissima Trinità ci rinnova la missione di vivere la comunione con Dio e tra noi sul modello della comunione divina.

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Card. Filoni in Colombia: vescovi siano pastori al servizio dei fedeli

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Essere “pastori con l’odore delle pecore”, consapevoli che “nella Chiesa, l’autorità è al servizio degli altri” e “non può essere imposta che con l’amore”: questa l’esortazione rivolta dal card. Fernando Filoni ai vicari apostolici di Puerto Gaitán e di San Andrés y Providencia, in Colombia. I due presuli – mons. Raúl Alfonso Carrillo Martínez e  mons. Jaime Uriel Sanabria Arias – hanno ricevuto oggi l’ordinazione episcopale per mano del Prefetto nella Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, che ha presieduto la Santa Messa nella cattedrale di Bogotà.

Il saluto del Papa ai fedeli colombiani
Portando a tutti i fedeli presenti “il saluto e la benedizione del Santo Padre Francesco”, il porporato ha ricordato ai neo-vescovi l’importanza del ministero episcopale, sottolineando che “è Cristo stesso che, nella saggezza e nella prudenza del vescovo, guida il popolo di Dio verso la felicità eterna”. Ai fedeli di entrambi i Vicariati, il card. Filoni ha poi chiesto di “accogliere con gioia e gratitudine” mons. Carrillo Martínez e  mons. Sanabria Arias, restando accanto ad essi “con il cuore” e sostenendoli nel compito di “testimoniare il Vangelo per la santificazione del popolo di Dio che è stato loro affidato”.

Praticare carità, umiltà e semplicità
“I Vicariati apostolici – ha ricordato quindi il cardinale prefetto – sono circoscrizioni ecclesiastiche non ancora stabiliti come diocesi”. Per questo, “hanno bisogno di cure particolari, di un accompagnamento generoso e di uno sguardo vigile che li porti alla maturità”. Ne consegue – ha detto il porporato – che necessitano di vescovi che siano “autentici uomini di Dio”, nella “carità, umiltà e semplicità di vita”, amando “con amore paterno” i fedeli e prestando “particolare attenzione a coloro che non appartengono al gregge di Cristo”, perché anch’essi hanno bisogno di preghiere.

Attenzione particolare per i poveri
Ai neo-presuli, poi, il card. Filoni ha chiesto di prestare “particolare attenzione a sacerdoti, seminaristi, religiosi, catechisti”, senza trascurare “le chiese che necessitano di maggiori aiuti” e rimanendo sempre “fedeli custodi e amministratori dei misteri di Cristo per tutti”, perché “la Chiesa è di Cristo, di Dio” e bisogna porsi al suo servizio, “distinguendosi nella carità e di zelo verso tutti, specialmente i poveri”.

26 maggio, Messa inaugurale del Congresso missionario colombiano
Giunto in Colombia il 21 maggio, il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli vi rimarrà fino a sabato 28. Nei prossimi giorni, in particolare, visterà i Vicariati apostolici di Guapi e Puerto Leguízamo, mentre venerdì 26 maggio, a Bucaramanga, celebrerà la Santa Messa inaugurale del 12.mo Congresso Missionario nazionale, dedicato al tema "Siamo Chiesa colombiana in uscita missionaria". (I.P.)

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Dopo due anni riapre il Museo Etnologico in Vaticano

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Un viaggio tra secoli di cultura e usanze religiose che raccontano anche dell’amicizia di popoli lontani con la Sede di Pietro. Condensa tutto questo la riapertura, dopo due anni di lavori di ristrutturazione, del Museo etnologico dei Musei Vaticani. Martedì prossimo, alle 17.30, verrà presentato il catalogo “Le Americhe”, curato da padre Nicola Mapelli, responsabile del Museo, e da Katherine Aigner. Il religioso ne parla al microfono di Rosario Tronnolone

R. – Il Museo Etnologico è sostanzialmente “l’anima del mondo” o almeno a noi piace considerarlo così: è il luogo nel quale sono custoditi gli oggetti che da secoli, almeno dal 1691, sono stati inviati ai Pontefici. E tutti questi oggetti che sono stati donati raccontano una storia di amicizia, di dialogo. E noi vogliamo portare avanti questa storia, perché è una storia che parla delle culture e delle religioni. Abbiamo visitatori da tutto il mondo e quando vedono che, all’interno degli stessi Musei in cui sono custodite le opere di Raffaello e Michelangelo, si trova anche il dipinto di un aborigeno australiano o la statua scolpita dell’isola di Pasqua, i visitatori si emozionano perché sentono veramente che i Musei del Papa apprezzano non solamente l’arte rinascimentale di Michelangelo e Raffaello, ma quella di tutto il mondo.

D. – Parliamo adesso di questo catalogo che viene presentato il 24 maggio e che è dedicato alle opere americane che sono conservate nel Museo…

R. – Le opere custodite nel Museo sono più di 10 mila. Noi le abbiamo studiate per oltre cinque anni e ne abbiamo selezionate 200. Quindi, in questo catalogo di 400 pagine verranno presentate 200 opere dei Musei Vaticani che hanno relazione con il continente americano, dall’Alaska fino alla Terra del Fuoco, inclusa anche la nostra collezione precolombiana.

D. – Per la realizzazione del catalogo so che avete viaggiato proprio nel continente americano e quindi è stata anche l’occasione di incontrare molte persone…

R. – Esatto. La  cosa importante per noi è quello che vogliamo riassumere nella parola “riconnessione”: gli oggetti per noi non sono semplicemente delle opere d’arte, ma sono soprattutto degli “ambasciatori culturali”, tramite i quali noi ci rimettiamo in contatto con i popoli e i discendenti di coloro che li hanno donati ai Pontefici. E - personalmente - ho voluto storie molto toccanti: ad esempio, abbiamo qui nel Museo una maschera che proviene dalla Terra del Fuoco e che fu inviata al Papa quasi 100 anni fa. Abbiamo anche la foto e il nome di chi l’ha inviata tramite un missionario. Siamo riusciti a recuperare il villaggio e a trovare la figlia dell’uomo che ha donato l’oggetto. Io sono andato a trovarla e lei ha fatto un piccolo cestino di vimini intrecciati e noi nel Museo abbiamo esposto sia la maschera del padre che il cestino di vimini della figlia. Con questo, cerchiamo di far vedere che per noi il Museo è un museo vivo, che racconta la storia delle persone fino ai sentimenti più profondi.

D. – Il titolo del catalogo è “le Americhe”: mi sembra che questo plurale del titolo voglia anche in qualche modo sottolineare la pluralità delle varie etnie presenti sul continente americano...

R. – Questo catalogo cerca di mostrare la bellezza e la varietà di centinaia e centinaia di popoli e culture che si sono susseguiti nel tempo e nello spazio in questo vastissimo continente. E ognuno ha espresso la propria cultura, spiritualità, e in molti casi il proprio incontro con il cristianesimo e la propria interpretazione del cristianesimo. Per esempio, gli Inuit del Canada hanno donato a San Giovanni Paolo II un crocifisso, che abbiamo qui esposto, dove si trova simboleggiato un orso, perché per loro l’orso è l’animale onnipotente. Quindi, tramite questa raffigurazione, vogliono segnalare l’onnipotenza e la forza salvifica. Abbiamo il portamessale di Cristoforo Colombo e tante altre cose.

D. – C’è sempre, ed è un tema che ritorna in maniera quasi costante, il rapporto dell’uomo con la natura…

R. – Esatto. Le opere dei continenti americani sono fatte in larghissima parte di materiale organico, quindi realtà che derivano da vegetali e animali. Ma soprattutto questi popoli, tramite le loro espressioni artistiche, cercano di esprimere anche l’equilibrio che provano a mantenere tra loro stessi e il mondo naturale. Purtroppo, quello che abbiamo testimoniato tante volte nei nostri viaggi è il fatto che questo equilibrio venga distrutto. Abbiamo incontrato gruppi di indigeni che erano stati scacciati dalle loro terre perché, al posto delle loro case, volevano fare delle grandi piantagioni. Noi cerchiamo anche di rappresentare tutte queste storia, in modo tale da riuscire a dare voce anche agli ultimi.

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Oggi in Primo Piano



Austria: ballottaggio presidenziali. Candidato destra radicale favorito

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Gli occhi di tutta Europa puntati oggi sull’Austria dove si vota per il ballottaggio delle elezioni  presidenziali. Circa 6,4 milioni di cittadini sono chiamati a scegliere fra l'esponente della destra radicale, Norbert Hofer, e il candidato dei Verdi, Alexander Van der Bellen, escludendo per la prima volta i candidati dei partiti socialdemocratico e popolare, in questo momento assieme al governo. I risultati dopo la  chiusura dei seggi, alle 17.  Il servizio di Marco Guerra

Il 45enne Norbert Hofer del Partito della Libertà, la formazione nazionalista e euroscettica fondata da Haider, parte con il vantaggio dell'inattesa vittoria al primo turno con il 35,1% dei consensi. Ad una certa distanza, con il 21,3% delle preferenze, si era piazzato il 72enne candidato dei verdi Van der Bellen. L’esito del voto resta incerto secondo i sondaggi. Il Paese risulta diviso e tutta la campagna elettorale è stata incentrata sulla crisi dei migranti, che pressano alle frontiere austriache. Il presidente austriaco ha un ruolo in gran parte cerimoniale ma, comunque vada il ballottaggio, l’avanzata di Hofer ha già provocato un terremoto nella politica austriaca, con le dimissioni del cancelliere socialdemocratico, Werner Faymann, e con una destra radicale che ha saputo capitalizzare le paure dei ceti medio-bassi di fronte all’immigrazione e la globalizzazione.

Il vento austriaco preoccupa le altre cancellerie europee, mentre tra Roma e Vienna è di nuovo polemica dopo l’annuncio di quest’ultima dell’invio da martedì di ulteriori 80 agenti alla frontiera del Brennero, su richiesta del governatore del Tirolo, che accusa l’Italia di lassismo sui controlli dei migranti. Di residuali respingimenti e di controlli strettissimi su strade e treni parla invece la questura di Bolzano.

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Vertice umanitario a Istanbul. Ordine di Malta: vincere indifferenza

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Ridurre e prevenire i conflitti, garantire il rispetto del diritto umanitario, diminuire i rischi ed aumentare i finanziamenti. Su queste tematiche si articolerà il primo Vertice umanitario mondiale dell’Onu, da domani a martedì, ad Istanbul. Presente ai lavori una delegazione della Santa Sede, guidata dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin. Tra i partecipanti  anche rappresentanti del Sovrano Ordine di Malta, con a capo il Gran Cancelliere Albrecht Boeselager, che interverrà sul ruolo delle organizzazioni religiose negli scenari di crisi. All’ambasciatore Stefano Ronca, consigliere diplomatico dell'Ordine di Malta, Francesca Sabatinelli ha chiesto se di fronte alle crisi umanitarie, come denunciato dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, si stia effettivamente assistendo ad una “erosione dell’umanità”: 

R. – “Erosione dell’umanità” è sicuramente una definizione efficace ed appropriata. Potremmo chiamare questo fenomeno: indifferenza, egoismo, impermeabilità emotiva. E certamente l’Ordine percepisce chiaramente questo pericolo. Credo valga la pena interrogarsi da dove abbia origine. In effetti, oggi, da una parte viviamo le tragedie che ci compaiono sugli schermi televisivi come eventi virtuali. Poi, nello stesso tempo, siamo indotti a chiederci se non siamo invece in pericolo e ci chiudiamo di fronte al pericolo del terrorismo, degli immigrati. C’è un pochino questa contraddizione: se si tratti di una realtà virtuale o di pericolo. Poi, questo fenomeno di sterilizzazione delle emozioni ha certamente a che vedere anche con un materialismo dilagante. Il fatto che veniamo distratti dal considerare l’essere umano come l’obiettivo principale e che si finisca per considerarlo un mezzo, per cui poi l’obiettivo diventano le cose da difendere, le cose da ottenere. Quindi, sicuramente, è uno stato di cose, che tutti quanti noi percepiamo oggi, al quale va posto rimedio.

D. – Durante il Vertice ci si soffermerà sulle sfide importanti da affrontare per il raggiungimento dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, quali sono le principali secondo l’Ordine di Malta?

R. – L’Ordine di Malta è un Ordine ospedaliero rivolto ai poveri. Non vi è dubbio, dunque, che tra i 17 obiettivi, quelli della povertà e della salute costituiscano una priorità. Se posso dire, uno degli aspetti nell’agenda 2030 che, forse, andrebbe rinforzato è quello dell’attenzione ai diritti umani, che non sono abbastanza in evidenza, abbastanza presenti. Questo credo che al Summit di Istanbul verrà fuori sicuramente e da parte dell’Ordine di Malta e di altri partecipanti vi sarà un’azione in questa direzione: nella difesa, nel rafforzamento dei diritti umani.

D. – L’Ordine di Malta ritiene che questo Summit in Turchia possa davvero diventare un primo passo concreto per una nuova era di solidarietà internazionale, come auspicato dal segretario generale Ban Ki-moon?

R. – Io penso che sia giusto quello che ha motivato Ban Ki-moon nel lanciare questo Summit. I criteri che hanno guidato l’aiuto umanitario, che poi si sono affermati negli anni ’70 e ’80, sono ormai superati da un mondo che è profondamente cambiato. Perché, ad esempio, il principio dell’inviolabilità delle frontiere è messo in discussione. La popolazione mondiale è raddoppiata in una generazione. Sono entrati degli attori non statuali, che prima non avevano ruolo, sulla scena internazionale. Oggi 180 milioni di persone soffrono per i conflitti. 60 milioni sono i rifugiati che fuggono dai loro villaggi a causa delle guerre. Cento anni fa, nove vittime su dieci, nei conflitti, erano militari. Oggi si è completamente ribaltato il rapporto: nove vittime su dieci sono civili. Io credo, quindi, che se in questo Vertice si comincerà a capire meglio che la solidarietà non è solo nell’interesse di chi riceve l’aiuto, ma lo è anche nell’interesse di chi aiuta, il Vertice sarà già un grande successo.

D. – Quale sarà l’apporto dell’Ordine di Malta?

R. – L’Ordine di Malta si concentrerà in questo Summit su uno special event, dedicato al ruolo degli attori umanitari religiosi nel contesto delle emergenze e delle necessità delle popolazioni civili. Perché gli attori religiosi? Perché è stato dimostrato che le organizzazioni a base religiosa, a differenza di quanto avviene spesso con quelle laiche, sono indipendenti, neutrali, imparziali, arrivano prima delle altre, rimangono oltre la fase di emergenza e di ricostruzione, ricevono l’appoggio delle popolazioni, che comprendono e accettano più facilmente le motivazioni spirituali dell’aiuto che viene portato, piuttosto che motivazioni che non sono loro chiare, che non conoscono. Non ci dimentichiamo che l’84 per cento della popolazione mondiale appartiene a qualche credo religioso. I credi religiosi hanno valori comuni, la maggior parte dei valori delle religioni sono impostati alla solidarietà, all’aiuto, alla compassione. Specialmente oggi che entrano sulla scena internazionale degli attori non statuali, come dicevo, che non riconoscono i principi umanitari della convenzione di Ginevra, che addirittura ignorano od ostacolano, perché attribuiti a culture diverse, ad una cultura occidentale che a loro non appartiene ecco che, con questo tipo di interlocutori, è molto più facile impostare un dialogo su dei principi comuni, di carattere etico, appartenenti alle religioni, che non ad altri fattori, ad altri principi giuridici.

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Sri Lanka, inondazioni. Nunzio: in atto mobilitazione interreligiosa

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Iniziano ad arrivare in Sri Lanka gli aiuti internazionali per le circa 500 mila persone costrette a lasciare le proprie abitazioni a causa delle forti piogge, inondazioni e frane che hanno colpito Colombo e la periferia nord est della capitale, nelle zone attraversate dal fiume Kelani. Carichi di materiale di prima necessità stanno giungendo da India, Giappone, Australia e Usa. Le precipitazioni che hanno interessato il Paese per tutta la settimana, causando oltre 70 morti e circa 130 dispersi, stanno ora perdendo d’intensità, ma rimane l’emergenza. Ce ne parla l’arcivescovo Pierre Nguyên Van Tot, nunzio apostolico in Sri Lanka, raggiunto telefonicamente a Colombo da Giada Aquilino

R. – Le piogge, cominciate il sabato prima della Pentecoste, al momento sono cessate. Ci sono state tante inondazioni e anche frane. Qui ci sono colline con piantagioni di tè, ma hanno tagliato gli alberi e per questo l’acqua, scorrendo, ha portato con sé tanto fango, seppellendo la gente che viveva sotto le colline. Il governo ha cercato di intervenire e aiutare gli abitanti di quelle zone, ma le persone sepolte dal fango - è stato detto - non possono più essere trovate vive.

D. – Queste colline sono state interessate dal disboscamento e quindi per questo motivo le piogge hanno creato danni così gravi?

R. – Sì e non è la prima volta. Anche due anni fa ci sono state frane del genere. Spesso il governo ha chiesto agli abitanti di andar via da quelle aree, ma loro essendo impiegati in alcune ditte di tè non si sono potuti trasferire. Per questo motivo, dunque, hanno subito gravi danni e ci sono stati tanti morti.

D. – Ci sono anche molti sfollati: cosa serve a queste persone?

R. – Il governo sta chiedendo tante cose: cibo, vestiti, medicinali. Il ministero degli Affari Esteri invia messaggi alle ambasciate, chiedendo aiuti. Pure la gente di qua si sta mobilitando, fornendo generosamente quel che può.

D. – Il Paese esce da 30 anni di guerra civile. Poteva essere preparato ad un’emergenza del genere?

R. – Adesso, c’è il problema del trasporto dei materiali, perché l’acqua impedisce l’arrivo del cibo a queste persone. Tutto il Paese, comunque, si è mobilitato.

D. – Cosa rimane della guerra civile?

R. – La questione della riconciliazione è prioritaria: ci sono le ferite delle persone, si cerca ancora gente scomparsa, c’è chi poi è in prigione e ci sono stati morti da ambedue le parti.

D. – Cioè, tra comunità cingalese e comunità tamil?

R. – Sì, ci sono ancora molte ferite.

D. – Papa Francesco ha visitato lo Sri Lanka l’anno scorso, in un momento molto toccante. Quali speranze ci sono per il Paese?

R. – Il governo cerca di seguire la linea indicata dal Santo Padre, cioè la riconciliazione tra le etnie. Qua sono quattro le religioni. Al primo posto c’è il buddismo, che in questi giorni celebra la festa del Vesak, con la luna piena. Normalmente il governo organizzava celebrazioni, ma molte sono state cancellate. Poi ci sono gli induisti, i musulmani e i cristiani. Tutti vivono in armonia e anche quelli che non sono cattolici partecipano alle nostre celebrazioni. Sono molto aperti alla religione cattolica: i bonzi buddisti, ad esempio, hanno apprezzato molto il Santo Padre.

D. – Ci sono stati sforzi anche dal punto di vista interreligioso per questa emergenza delle intense piogge?

R. – Sì, tutti si sono mobilitati e lavorano insieme. Anche la Caritas lavora con i buddisti. Non c’è distinzione di religione: tutti collaborano con generosità.

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Pakistan: cristiani perseguitati, ma vanno in chiesa più di prima

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L'esercito pakistano ha affermato di aver ripreso il controllo dell'ultima roccaforte talebana nel Waziristan del Nord, a ridosso del confine afghano. I jihadisti sarebbero stati sconfitti dopo pesanti bombardamenti. Nel Paese, tuttavia, resta alto il pericolo integralista. Lo sanno bene le minoranze religiose, spesso perseguitate anche per via legale, come nel caso della legge sulla blasfemìa. Sono molti i cristiani, come Asia Bibi, ancora in carcere perché accusati ingiustamente di aver detto qualcosa contro l'islam. I religiosi cattolici promuovono in questo contesto la convivenza pacifica tra ragazzi musulmani e cristiani, in particolare nelle scuole. Valentina Onori ha raccolto la testimonianza di suor Rifat Arya, delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret: 

R. – Noi diamo sempre la preferenza ai poveri. Non siamo solamente noi che "facciamo" la misericordia agli altri, ma sono anche gli altri che la fanno a noi, con il loro stile di vita, i loro valori e anche con la loro semplicità. Non dobbiamo guardare solamente ai territori, ma anche alle persone: questo è molto importante. La persona è importante e lo è in tutta la missione della Chiesa e in tutti i rapporti interpersonali. Guardiamo la persona e chi aiutiamo. Nella nostra realtà - il Pakistan - è vero che c’è tanta povertà materiale, ma al tempo stesso c’è anche tanta ricchezza spirituale. Ed è questa la cosa più bella: che a partire da tutta la sofferenza e con la persecuzione dei cristiani in atto, la gente continua ad andare in Chiesa e anzi ci va più di prima. È questa la fede che è come una roccia: non è solamente dire e poi non fare. Oggi invece c’è bisogno di vivere la fede nel concreto.

D. – Come si può rinnovare la Chiesa, partendo da queste periferie?

R. – Uscendo da noi stessi: non una passeggiata, ma un’uscita significativa, che lasci un qualche messaggio all’altro. Quando trovi una famiglia, un bambino, un ragazzo, una qualunque persona che si trova nel bisogno, mostrare prossimità verso l’altro: questo vuol dire uscire da noi, come Chiesa, come cristiani. Questo è uscire da noi stessi, come Chiesa, come congregazione, come cristiani: verso l’altro. Non considerare l’altro come una persona estranea, ma uscire verso l’altro perché è mio fratello!

D. – Qual è l’esperienza che vivete come congregazione in Pakistan, in concreto, nella vita di tutti i giorni?

R. – Riceviamo le famiglie, la gente, nel dispensario per esempio, nell’area della salute. E questo dispensario funziona come un ospedale. Ogni giorno più di 100 persone vengono nella nostra casa. E questa è l’esperienza più concreta che si possa fare: consolare una persona ferita. Quando andiamo a visitare i villaggi, la gente vuole parlare, raccontare la loro storia, le loro ferite, così come le loro gioie. E questa è la vicinanza per noi: tante volte non è quello che dai, perché la gente non chiede questo, ma chiede di pregare per loro.

D. – È più difficile sanare le ferite della “periferia pratica” o della “periferia esistenziale”?

R. – Credo che sia più difficile sanare le ferite della periferia esistenziale. Dal punto di vista materiale, forse possiamo dare qualcosa alle persone; ma quando si tocca la loro vita e la loro storia, il curare in questo caso prende più tempo, prende più tempo l’avvicinarsi all’altro e farlo esprimere anche. Perché tante volte non è facile che l’altro riesca a parlare della sua vita.

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Grasso: Falcone "patrimonio morale" per tutti i magistrati

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L'Italia si prepara a ricordare ancora una volta, dopo 24 anni, la strage mafiosa di Capaci del 23 maggio 1992, quando persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta: Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Ricorda ai nostri microfoni quella tragica giornata il presidente del Senato, Pietro Grasso. L'intervista è di Daniele Gargagliano: 

R. – L’ultima volta che ho visto Giovanni Falcone è stata la mattina del 22 maggio del ’92 al Ministero della Giustizia… Eravamo d’accordo che saremmo dovuti partire insieme per Palermo, nel pomeriggio; poi, intorno alle 14.00, mi telefonò, dicendomi che non sarebbe stato più possibile, perché sua moglie doveva partecipare – l’indomani – ad una riunione per il concorso di Magistratura e che quindi avremmo dovuto rinviare. Io avevo necessità di rientrare a Palermo e quindi riuscì, all’ultimo momento, a trovare un posto su un volo di linea dell’Alitalia e rientrai quella sera a Palermo. L’indomani ebbi la notizia….E fu veramente un momento tragico, drammatico, di rabbia, di scoraggiamento, di reazione; incominciai a gridare: “Assassini! Assassini!”. Quando ebbi la notizia, corsi verso l’ospedale, perché era ancora vivo… Ma purtroppo arrivai che era già morto.

D. – Cosa le manca di più del giudice?

R. – Mi manca il fatto di essergli vicino, perché negli ultimi tempi lavoravamo insieme al Ministero; manca a tutti i magistrati l’eredità spirituale, il suo patrimonio morale. Però ha lasciato questo patrimonio morale, soprattutto quello di non abbattersi di fronte alle avversità, alle delusioni della vita e della professione e quello di non fermarsi mai davanti nella ricerca della verità. Del resto Buscetta un giorno gli aveva detto: “Signor giudice, lei forse diventerà famoso, perché io le do queste dichiarazioni e le svelo i segreti di Cosa Nostra, però guardi che Cosa Nostra non chiuderà mai il conto finché non la distruggerà o fisicamente o moralmente o non la delegittimerà!”. La risposta di Giovanni Falcone fu: “Non importa! Dopo di me ci saranno altri magistrati che continueranno…”. E così è stato.

D. – Dal 1992, quindi il periodo delle stragi, ad oggi cosa è cambiato nell’opinione pubblica siciliana e nazionale? Ma soprattutto c’è una sensibilità diversa rispetto al fenomeno mafioso e quindi alla lotta alla legalità?

R. – Certamente da allora, dopo le stragi, è cambiato veramente tutto! Nella lotta alla mafia c’era già stato un cambiamento attraverso l’opera fattiva di Falcone, di Borsellino, del pool antimafia; attraverso il maxiprocesso di cui io sono stato giudice a latere dall’86 fino all’88 e poi nel ’92, nel gennaio ’92, la sentenza divenne definitiva; dopo le stragi ancora di più la sensibilità dei cittadini nella lotta alla mafia e al fenomeno mafioso ha assunto soprattutto a Palermo, soprattutto nella Sicilia occidentale una evoluzione eccezionale: si sono creati fenomeni come “Addio pizzo”, come tutte le fondazioni antiracket, come la “Fondazione Falcone”, la “Fondazione Caponnetto”; movimenti di cittadini che – non dimentichiamolo – cominciavano a fare catene umane che univano il Palazzo di Giustizia e l’“Albero Falcone”; giovani che volevano assolutamente cambiare la nostra terra. Sotto questo profilo, ancora oggi, c’è questa maggiore sensibilità che noi cerchiamo di estendere a tutti i giovani di Italia, perché il patrimonio e i valori che impersonano sia Falcone che Borsellino sono valori eterni, che i giovani devono conoscere, devono interpretare e devono impegnarsi come loro per migliorare il nostro futuro.

D. – A proposito di legalità le chiedo: a che punto è il progetto di riforma del Codice Antimafia e quali effetti positivi può portare soprattutto in materia di sequestri di beni mafiosi?

R. – Devo dire che è già a buon punto, perché è stato approvato da un ramo del Parlamento; adesso si trova all’esame della Commissione Giustizia del Senato, sono iniziate le audizioni di parecchie persone che possono dare un contributo per migliorarlo. Ci sono dei punti per rendere più efficace e tempestivo il sequestro e la confisca, per favorire la ripresa dell’azienda e soprattutto il mantenimento dell’occupazione; delle norme che possono rendere più trasparenti la scelta degli amministratori giudiziari, così come la riorganizzazione dell’Agenzia dei beni confiscati, anche attraverso una banca dati nazionale completa.

D. – Presidente Grasso, l’attualità ci porta all’attentato al presidente del Parco di Nebrodi…

R. – Noi abbiamo sempre sostenuto, anche quando ero Procuratore nazionale antimafia, che non si sarebbe dovuta trascurare l’agromafia e cioè la mafia che viene dall’agricoltura, dai terreni e questo perché ancora oggi rappresenta un interesse preminente negli affari di Cosa Nostra: lo sfruttamento dei terreni agricoli, lo sfruttamento dei lavoratori, lo sfruttamento dei mercati attraverso l’imposizione di balzelli e lo sfruttamento di tutte quelle che sono le disponibilità e tutte quelle che sono le possibilità, anche attraverso l’intimidazione di coloro che invece dovrebbero imporre regole uguali per tutti, come nel pagamento dei canoni di locazioni dei terreni, dei pascoli… Quindi il fenomeno è conosciuto, ma spesso questi fenomeni covano sotto la cenere finché non avviene un episodio del genere che li porta all’attenzione dell’opinione pubblica. Questo è quello che è avvenuto. Non dobbiamo fermarci, non dobbiamo assolutamente abbassare l’attenzione su questi fenomeni e considerarli nella loro gravità, soprattutto quando si rivolgono violentemente verso l’incolumità di cittadini, che vogliono fare il loro dovere. Oggi c’è una tale sensibilità che tutta la Sicilia, tutta la Nazione, è stata vicina al presidente del Parco dei Nebrodi: questo è un fatto veramente importante!

D. – Ricordare figure come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, giudici che si sono impegnati in prima linea per lo Stato, può essere un messaggio distensivo anche per quei contrasti a livello istituzionale in corso nel Paese?

R. – I contrasti istituzionali sono una dialettica, che può essere benefica per far venir fuori quelli che sono i temi importanti, come appunto i temi della giustizia. Non bisogna dimenticare che il problema della celerità della giustizia, di una giustizia giusta, che arrivi in tempo - sia per chi è colpevole che per chi è innocente - è quello che più sta a cuore non solo ai magistrati, ma anche alle istituzioni, alla politica. Quindi trovare dei punti di rasserenamento, di compromesso nel senso buono, nel senso di trovare la strada per procedere insieme, per costruire un sistema di giustizia migliore. Questo è quello che auspichiamo tutti e su questa strada si sta andando.

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I discorsi del Papa sul lavoro e l'impresa raccolti in un libro

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Cinque grandi discorsi del Papa sul lavoro e l'impresa raccolti in un volume per dare nuove idee sul modo di affrontare la crisi: il libro, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana con il titolo “Francesco. L’impresa come opera di misericordia. I discorsi agli imprenditori” è stato presentato a Roma, nel Palazzo Lateranense. Il servizio di Marina Tomarro: 

Un’attività economica rivolta al servizio della persona e del bene comune, dove l’obiettivo non è solo il guadagno ma la dignità dell’uomo. E’ questa l’idea che fa da filo conduttore ai cinque discorsi che Papa Francesco ha rivolto agli imprenditori in vari incontri ricordati nel volume “L’impresa come opera di Misericordia”. Il curatore del libro don Emilio Bettini, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore:

R. – L’attività imprenditoriale è certamente quella che ha sofferto maggiormente sia per la crisi economica sia dal punto di vista dei suoi dipendenti e dell’imprenditore. È necessario rendersi conto che l’impresa, cioè l’economia reale, quella che produce nuovi prodotti, che devono essere sostanzialmente aiutati, sostenuti e salvati all’interno di una crisi economica che è stata causata più da una fame di reddito facilmente ottenibile senza produrre nessun tipo di prodotto. Diciamo che è quella parte dell’economia sana che ha bisogno di essere sostenuta e di essere rivitalizzata.

D. - Impresa come opera di misericordia. Come vanno a coniugarsi questi due termini?

R. - Gestire la merce è possibile anche con regole ben precise di carattere economico. Gestire il personale che opera all’interno dell’impresa richiede necessariamente una visuale molto più ampia, che spazia non soltanto nell’economia ma va anche nell’ambito del trascendente, della  considerazione della dignità della persona, quindi diventa per l’imprenditore un lavoro faticoso, certamente bello, ma comunque faticoso perché si tratta di gestire un sistema complesso come quello della persona umana che forse è il sistema più complesso che esista nell’ambito dell’intero universo economico.

E attraverso le parole del Papa viene fuori un immagine di un imprenditore che deve diventare un operatore di misericordia, capace di andare oltre un mero guadagno personale ma con lo sguardo rivolto verso il futuro della comunità. Ascoltiamo il commento di Lorenzo Tagliavanti, presidente della Camera di Commercio di Roma:

R. – L’imprenditore mette insieme le persone, quindi il valore dei lavoratori, dei tecnici, degli imprenditori, con quelli delle materie prime per creare quella ricchezza necessaria per poter garantire ad una popolazione del mondo crescente uno stato di benessere e serenità. Da questo punto di vista la responsabilità dell’imprenditore è cambiata negli anni: anni fa, in fondo, all’imprenditore veniva chiesto di creare il profitto per il benessere della sua azienda, dei suoi lavoratori; oggi invece gli si chiede un pezzo in più, cioè garantire il futuro.

D. – Costante è l’invito di Papa Francesco a rivolgersi al bene comune e alla dignità dell’uomo. Allora in che modo rispondere a questa sua esortazione?

R. – Anche nei posti di lavoro è importante che la dignità dell’uomo sia rispettata, ma le leggi delle economie più avvedute ci dicono che dove questa viene rispettata, la stessa azienda sarà un’azienda maggiormente in grado di risolvere i problemi e creare ricchezza. Quindi l’elemento umano fuori dall’azienda, ma soprattutto dentro l’azienda, è fondamentale.

D. – In che modo oggi le imprese potrebbero essere aiutate maggiromente a svilupparsi?

R. – Sicuramente con la collaborazione. Dobbiamo sapere che nessuno di noi riesce a risolvere da solo i problemi. Questo vale anche per il grande imprenditore. Bisogna saper delegare all’interno dell’azienda, così come bisogna saper collaborare fuori da esse. Un’azienda che punta solo al profitto è probabilmente destinata a non realizzare profitto ma soprattutto anche a fare degli errori. Quindi queste sono le principali caratteristiche dell’imprenditore del futuro.

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Orchestra Piazza Vittorio: la "geografia musicale" nelle scuole

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L’Orchestra di Piazza Vittorio entra nelle scuole di Roma per parlare con i ragazzi di immigrazione e di dialogo. I musicisti portano fino al primo giugno, negli Istituti periferici della capitale, dove più forte è la presenza straniera, la loro esperienza positiva di immigrazione e di integrazione all’insegna della ricerca e della conoscenza reciproca. Il progetto si chiama “A scuola con l’Orchestra di Piazza Vittorio”. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

Sono sette i musicisti dell’Orchestra più multietnica d’Italia a raccontare ai ragazzi le tradizioni musicali dei loro Paesi e gli strumenti che portano con sé nel loro viaggio artistico. Una lezione di “geografia musicale”, che spazia dal solfeggio con le tabla, i tamburi indiani, alla storia dell’oud, il progenitore del liuto e della chitarra fino ai ritmi delle percussioni latinoamericane e africane. Pino Pecorelli è il bassista dell’Orchestra:

“Raccontiamo in modo molto semplice e alla nostra maniera come gli strumenti, spostandosi assieme alle persone, abbiano creato nuovi suoni e come spesso proprio dall’incontro delle culture siano suonate le musiche che oggi tutti quanti hanno nelle orecchie”.

La musica nelle lezioni va di pari passo al racconto della storia di ciascun musicista, del percorso che li ha portati in Italia e del loro contributo al dialogo e alla contaminazione musicale:

“Proviamo, attraverso la musica, a farli riflettere sul fatto che non bisogna fermarsi alle prime apparenze, non bisogna avere paura di chi è diverso da noi, ma bisogna ascoltarlo perché probabilmente avrà da dirci qualcosa di molto bello e di utile alla nostra stessa crescita”.

Sei gli istituti romani coinvolti, tra VII e V Municipio, dove la presenza di studenti stranieri arriva fino al 70%. Ma per i ragazzi la diversità non è un problema, spiega il vicepreside dell’Istituto Comprensivo Via dei Sesami di Centocelle, Sandro Alquati:

“Loro sono veramente molto più preparati e molto più avanti di noi nell’accogliere: l’altro, per loro, è qualcuno che porta nuovi sapori, nuovi suoni e nuove esperienze. Qualche cosa che va a integrare il loro personale percorso”.

Alla fine dei nostri concerti siamo molto entusiasti e ci accorgiamo che con i ragazzi è uno scambio alla pari e che non la finiscono mai di fare domande: il ricordo più bello nell’esperienza con una bambina egiziana di nove anni. Ancora di Pino Pecorelli:

“E’ stato un episodio molto bello, in una scuola di periferia, di una bambina egiziana, molto timida, che per l’appunto diceva: 'Ho visto un mio simile che suona lo strumento che voglio suonare io. Se ce l’ha fatta lui, ce la posso fare anche io!'. Voleva suona l’oud, che vedeva suonare dal musicista tunisino… Questa è, forse, un po’ la sintesi di quello che cerchiamo di fare: raccontare una esperienza di immigrazione positiva, riuscita e felice, in un momento in cui l’immigrato è sempre associato alla disperazione, al dolore e alla paura.

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Nella Chiesa e nel mondo



I mezzi di sussistenza al centro della 16.ma Giornata della biodiversità

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"Integrare la biodiversità, sostenere le persone e i loro mezzi di sussistenza". È il tema della 16.ma Giornata mondiale della biodiversità (International Day for Biological Diversity) . La ricorrenza è stata proclamata nel 2000 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per celebrare l’adozione della Convenzione sulla Diversità Biologica e si celebra ogni 22 maggio.

In questa giornata si tengono numerose iniziative in tutto il mondo per promuovere il valore della varietà biologica della fauna, della flora e dei diversi ecosistemi del pianeta Terra. Fra gli obiettivi dichiarati c’è anche quello di sensibilizzare l’opinione pubblica circa le specie in via di estinzione e i paradisi naturali assediati dall’antropizzazione. Secondo recenti studi sono 596 le specie animali oggi a rischio estinzione, ma gli scienziati ipotizzano che, oltre al milione e 700 mila specie animali e vegetali finora descritte, ve ne siano ancora oltre 12 milioni sconosciute, mentre solo il 6 per cento dei mari è stato finora esplorato.

Gli scienziati hanno anche stimato un valore del Pil della biodiversità  - l’insieme dei servizi essenziali offerti dai sistemi naturali come ad esempio, la depurazione delle acque da parte degli ecosistemi umidi, le capacità di assorbimento del carbonio da parte delle foreste – che sarebbe il doppio di quello mondiale.

Questa 16.ma giornata  della biodiversità anticipa di un giorno i lavori dell’Assemblea mondiale sull’ambiente dell’Onu, che si apriranno domani, lunedì 23, a Nairobi in Kenya. L’evento riunirà fino al 27 maggio 2300 delegati di 170 Paesi per parlare di sviluppo sostenibile, cambiamento climatico, rifiuti in mare e traffico di animali. (M.G.)

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Afghanistan: governo e talebani confermano la morte del mullah Mansour

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Un alto comandante talebano, il governo, i servizi e la presidenza dell’Afghanistan confermano l’uccisione del leader dei talebani afghani, il mullah Akhtar Mansour. Il capo del gruppo islamista radicale è morto nella notte tra venerdì e sabato, in un'area al confine tra Pakistan e Afghanistan, a seguito di un attacco di un drone statunitense.  Sulla vicenda è intervenuto anche il capo della diplomazia americana, John Kerry, affermando che il mullah Akhtar Mansour, colpito da un raid aereo Usa, era "una minaccia per le truppe americane, per i civili afghani e per i colloqui di pace".

Il primo ministro afghano, Abdullah Abdullah, sostiene che “è più che probabile” che il leader dei talebani Mullah Mansour sia morto nel raid "fuori dal territorio dell’Afghanistan”. Abdullah ha quindi evidenziato che "si tratta di un colpo davvero serio per i talebani".

Mansur, leader  supremo del sedicente Emirato islamico dell'Afghanistan, è stato il successore del mullah Omar, la cui morte nel 2013 era stata tenuta nascosta per due anni. Il capo talebano era salito al potere a fine luglio dello scorso anno, ma era stato da subito contestato dalle fazioni rivali. Washington e Kabul ritengono che la morte di Mansour avrà impatto positivo sui negoziati di pace in Afghanistan. Il leader talebano era infatti considerato uno dei principali oppositori al processo di riconciliazione nazionale. (M.G.)

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Turchia: congresso dell’Akp per eleggere successore di Davotuglu

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Domenica di Congresso straordinario per il partito governativo turco Akp, chiamato ad eleggere il successore di Ahmet Davotuglu, che un mese fa si era dimesso sia da premier sia da segretario del partito. In pratica si tratta solo di un passaggio formale perché c’è solo un candidato alla segreteria: il ministro dei Trasporti, Binali Yildirim, un fedelissimo del presidente Recep Tayyip Erdogan, il quale ha già annunciato che, appena chiuso il Congresso, gli darà anche l'incarico di formare il governo.

Il Congresso rafforzerà la leadership di Erdogan, in base alla quale partito e governo sono rispettivamente l'organo politico e quello istituzionale, che attuano il suo personale programma. Davutoglu si era infatti dimesso in contrasto con i metodi e gli obiettivi del Capo dello Stato.

Secondo molti osservatori, il successore di Davutoglu, Yildirim, garantirà infatti che il legame tra Erdogan e l'Akp non venga mai tagliato. La fedeltà di Yildirim al presidente e al partito è considerata indiscussa. Fu lui a oscurare YouTube e Twitter tre giorni prima delle elezioni amministrative del 2014,  quando alcune intercettazioni compromettenti, che giravano sul Web, rischiavano di erodere i consensi dell'Akp.

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Regno Unito. Incontro interreligioso: insieme per il bene della società

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“Le comunità di fede contribuiscono in modo unico alla crescita della sfera pubblica in questo Paese e credo che questo sia sempre più riconosciuto, se si pensa al loro impegno sociale in tutti i campi che arriva dove le istituzioni hanno grandi difficoltà ad arrivare”: è quanto ha dichiarato venerdì sera l’Arcivescovo di Canterbury e Primate della Comunione anglicana, Justin Welby, all’annuale ricevimento dei  leader e rappresentanti delle comunità cristiane e delle principali religioni del Regno Unito nella residenza di Lambeth palace.

Lavorare insieme è possibile ed è importante per la società
L’evento è stato un’occasione per dimostrare e affermare l’importanza del lavoro svolto dai gruppi religiosi nelle comunità locali e della loro collaborazione, in particolare attraverso il programma “Near Neighbours” promosso dalla Chiesa d’Inghilterra. Un messaggio quindi contro la riemergente intolleranza religiosa e razziale che in questi ultimi anni ha fatto crescere le tensioni comunitarie nel Paese. Nel suo saluto agli ospiti, l’arcivescovo di Canterbury ha ricordato l’obiettivo che accomuna le comunità di fede: “A volte possiamo non essere d’accordo su alcune cose, ma sono molto grato per il fatto che possiamo lavorare insieme e condividere il nostro comune desiderio di prosperità per ogni essere umano in questo Paese”, ha detto.

Uno sforzo comune per servire la comunità
Welby, inoltre, ha richiamato l’attenzione su un nuovo progetto appena avviato a Londra che consiste in un gemellaggio tra una chiesa e una moschea:  “Non si tratta — ha precisato — di culto comune, ma di uno sforzo comune per servire la comunità, e prego Dio per questo coraggioso passo in avanti compiuto dalle comunità cristiane locali e dalla leadership musulmana locale”. (L.Z.)

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Bolivia. I vescovi: no a progetto di legge su identità di genere

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“Preoccupazione e ferma opposizione”: sono i sentimenti espressi dal Segretariato generale della Conferenza episcopale boliviana di fronte al progetto di legge sull’identità di genere recentemente approvato dalla Camera dei deputati. In particolare, in una nota, i vescovi di La Paz lamentano la mancanza di un dibattito pubblico sull’argomento e di un’informazione adeguata della popolazione, soprattutto perché “si tratta di una norma che riguarda tutti i boliviani, in quanto colpisce la dignità ed il valore di ogni essere umano”.

No a discriminazioni sessuali, ma rispettare la legge naturale
Ribadendo, poi, che “lungi dal condannare, la Chiesa cattolica esprime rispetto e solidarietà verso le persone e le famiglie che soffrono a causa di problemi di identità sessuale e respinge ogni forma di discriminazione e di violenza” basata sul sesso, al contempo i vescovi boliviani ricordano “i principi della legge naturale, la morale Vangelo ed i diversi contributi della medicina” in questo ambito, sottolineando come “l’adozione e l’attuazione di una simile legge non risolve i problemi di fondo. Anzi: può diventare una fonte di maggiore sofferenza per gli individui e la società”.

Il corpo è dono di Dio e merita dignità
“Dono di Dio che merita di essere trattato con dignità”, il corpo – continuano i presuli – “ha una sua specifica identità ed un suo orientamento che non possono essere manipolati dalle libere scelte degli individui”. Invece, l’ideologia di genere “ignora il principio secondo il quale la determinazione del sesso è costitutiva della persona, rimuovendo la naturale complementarietà tra maschio e femmina, che vengono ridotti ad un mero fattore culturale come se l’uomo non fosse creato da Dio”.

Tutelare obiezione di coscienza dei funzionari pubblici
Per questo, la Conferenza episcopale boliviana lancia un appello alle istituzioni affinché promuovano una conoscenza più approfondita sul tema, lasciando spazio al necessario dibattito pubblico e guardando sempre “al criterio fondamentale del bene comune, in particolare per ciò che riguarda la famiglia, cellula fondamentale della società”. Infine, i presuli di La Paz pongono l’accento “sulla necessità di regolamentare giuridicamente il diritto all’obiezione di coscienza del personale sanitario e dei funzionari di stato civile, allo scopo di prevenire eventuali violazioni dei loro diritti”. (I.P.)

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Siccità in Cambogia, Paese in ginocchio. Piano di emergenza della Caritas

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Temperature fino a 40 gradi, riserve d’acqua in esaurimento, fiumi in secca e possibile epidemia di colera: è drammatica la situazione che sta vivendo la Cambogia, a causa di una delle peggiori ondate di siccità della sua storia. 19 su 24 le Province del Paese in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza; 500mila i cambogiani senz’acqua corrente, né potabile, mentre il bestiame ha cominciato a morire di fame e di sete ed i contadini vendono le loro terre, non riuscendo più a coltivarle. 

Conseguenze terribili sulla popolazione
“Le conseguenze di questa siccità nelle nostre comunità sono terribili”, afferma mons. Figaredo Alvargonzalez, prefetto apostolico di Battambang, una delle province più colpite. "Nei villaggi, non c'è acqua potabile, né quella corrente – spiega il missionario gesuita - Le persone hanno iniziato a scavare per approfondire i pozzi, ma molto spesso non trovano niente ". 

Villaggi isolati e scuole chiuse
Già alla fine di aprile, il governo aveva lanciato una campagna di aiuti alla popolazione, mobilitando i veicoli militari per trasportare l’acqua nelle Province più colpite dalla siccità. Ma molti villaggi remoti del Paese non sono stati ancora raggiunti. Intanto, l’Unicef lancia l’allarme per la scolarizzazione: solo nella provincia di Ratanakiri, ad esempio, 136 delle 203 scuole primarie soffrono di scarsità d'acqua e devono affrontare ad un tasso di assenteismo “molto elevato” da parte sia degli studenti che degli insegnanti.

Caritas stanzia 300mila dollari
Non solo: cresce il rischio di epidemie, come quella del colera. Molte persone, infatti, sono state ricoverate con febbre alta e irritazioni cutanee, poiché la mancanza di acqua non permette le normali pratiche igienico-sanitarie. Di fronte a tale dramma, la Caritas Cambogia è scesa in campo: “Non possiamo lasciare che la gente si ammali e muoia – ha detto Kim Rattana, presidente dell’organismo – Per questo, è stato avviato un piano di emergenza, con lo stanziamento di 300mila dollari (pari a 270mila euro circa), per aiutare 9mila famiglie fino a luglio”.

Progetto di aiuti a lungo termine
La Caritas sta fornendo anche acqua potabile, pompe ed attrezzature di perforazione per aiutare la popolazione a scavare pozzi più profondi e garantire, così, l’irrigazione dei campi agricoli. In un progetto a lungo termine, l’organismo caritativo prevede poi di formare gli abitanti alla gestione periodica delle risorse idriche ed alla coltivazione di alimenti particolarmente resistenti. Secondo gli esperti, questa grave siccità, provocata dal fenomeno climatico globale de El Niño e dalla massiccia deforestazione della Cambogia, potrebbe continuare fino a luglio, a causa del ritardo nell’arrivo dei monsoni. (I.P.)

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Ghana: appello dei leader cristiani per elezioni corrette e trasparenti

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Un appello congiunto affinché le elezioni generali, in programma entro quest’anno, si svolgano in un clima di correttezza e trasparenza: a lanciarlo, in un lungo comunicato, è la Conferenza episcopale del Ghana, insieme al Consiglio cristiano del Paese. La nota è stata diffusa ieri, al termine dell’incontro annuale tra i due organismi, svoltosi ad Accra. “Siamo preoccupati – scrivono i firmatari – per il clima politico che si respira in vista delle elezioni” e per gli episodi verificatisi di “impunità, intimidazioni, accuse e contro accuse, discorsi basati sull’odio, violenze tra i partiti, minacce di rapimenti e di omicidio”, falsificazione dei registri elettorali. Di qui , l’appello “a tutti i politici e agli elettori ad esercitare la calma e la moderazione” nel processo di voto.

No a compravendita dei voti e a clima elettorale violento
“Tutto ciò mette tristemente in luce le tanto acclamate credenziali democratiche del Paese” affermano i leader cristiani, chiedendo poi alle parti in causa di “chinare la testa per la vergogna” e di “smetterla di fare delle elezioni una questione di vita o di morte per il Paese”. Al contempo, i cittadini vengono esortati “a respingere quei candidati che vogliono vincere” comprando i voti, perché persone del genere “una volta arrivate al potere, non faranno nulla a favore della popolazione”. Un ulteriore appello viene rivolto alla Commissione elettorale, affinché organizzi votazioni “libere, leali, trasparenti e credibili”, “generando un clima di fiducia” in Ghana e “continuando a rimanere neutrale ed onesta in ogni suo atto”.

Frenare la tragedia delle migrazioni
Ma la dichiarazione congiunta affronta anche altri temi focali per il Paese africano, come quello delle migrazioni: addolorati per “i tanti migranti africani che muoiono nei deserti del Nord Africa e nel Mar Mediterraneo”, i due organismi religiosi chiedono “a tutti gli Stati e governi africani di avviare misure efficaci per frenare questa tragedia”, puntando, in particolare, su politiche socio-economiche adeguate e su opportunità di lavoro per i giovani, vittime della disoccupazione. A questi ultimi, tra l’altro, i leader cristiani chiedono di “restare nei loro Paesi d’origine, lavorando duro per sbarcare il lunario”, senza presupporre che “l’Europa o altre nazioni al di fuori dell’Africa garantiscano automaticamente facilitazioni e comfort”.

Condanna del fanatismo religioso. Sanità, materia d’urgenza
Centrale, poi, la condanna congiunta del “fanatismo e del fondamentalismo religioso” il cui emergere recentemente in Ghana, viene definito “deplorevole”. “Chiediamo alla popolazione – si legge nel documento – di fare attenzione per non cadere vittima delle macchinazioni di quei ciarlatani che si definiscono ‘uomini di Dio’. Noi siamo pronti ad affrontare questi eccessi perpetrati in nome della religione”. Il documento affronta, poi, la questione del sistema assicurativo sanitario nazionale, definito “materia d’urgenza”, dati i continui fallimenti delle istituzioni. Ricordando che le associazioni cristiane del Ghana forniscono “il 40 per cento di tutti i servizi sanitari del Paese”, i leader cristiani esprimono rammarico per “essere stati ignorati”, riguardo alla proposta di istituire un Segretariato nazionale, afferente al Ministero della Salute, per regolamentare la situazione.

Preoccupazione per il settore educativo
La medesima preoccupazione viene espressa riguardo al settore educativo, nel cui ambito gli organismi religiosi hanno sempre fornito agli studenti “una formazione accademica di eccellenza ed un’educazione integrale”, nonostante “la mancanza di un documento ufficiale” di collaborazione tra Stato e Chiesa. Di qui, l’appello alle autorità affinché redigano un disegno di legge sulla formazione e pongano fine anche ai tanti brogli che gli alunni mettono in atto per superare gli esami. “Deploriamo e condanniamo questo annoso problema”, scrivono i firmatari, “e chiediamo che venga stroncato sul nascere”.

Lottare contro corruzione e disoccupazione
Quindi, la dichiarazione congiunta guarda alle tematiche economiche nazionali: pur lodando gli sforzi compiuti dal governo per risanare le finanze del Paese, i leader cristiani sottolineano la necessità di un maggior impegno, soprattutto per combattere la disoccupazione giovanile ed “il cancro della corruzione che ha pervaso ogni settore della vita del Ghana”. “Preghiamo – scrivono gli esponenti – affinché, nel prendere decisioni economiche e sociali, il governo sia sempre guidato dal principio che il Paese viene prima di tutto”.

Lavorare per la pace e l’unità nel Paese
In quest’ottica, la dichiarazione richiama anche l’importanza della salvaguardia del Creato, messo a rischio da “uno sfruttamento abnorme delle foreste e delle risorse nazionali, da attività minerarie non regolamentate, dall’inquinamento delle falde acquifere”. “I cristiani invece – prosegue il testo - hanno di dovere di prendersi cura della loro casa comune, per il bene proprio e delle generazioni future”. Infine, la dichiarazione esorta tutti i fedeli a lavorare per “la pace, l’armonia, l’unità ed il benessere del Ghana”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 143

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.