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Sommario del 29/05/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a diaconi: siate a servizio di Dio non della vostra agenda

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Ogni diacono è insieme un apostolo e un servitore: mai “schiavo” dell’agenda dei suoi impegni e sempre capace di “trascurare gli orari” per aprire tempi e spazi ai fratelli, secondo lo stile di Dio improntato alla “mitezza”. È il pensiero che Papa Francesco ha espresso all’omelia della Messa presieduta in Piazza San Pietro nel giorno del Giubileo dei diaconi. Vivendo così, ha detto loro il Papa, il vostro servizio “sarà evangelicamente fecondo”. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Uomini a servizio, disponibili e miti, perché Gesù lo è stato per primo. La vocazione, anzi l’ambizione del diacono – afferma Papa – non può essere diversa da questa. Servitore di tutti, del fratello atteso e di quello non previsto, elastico nell’accogliere e fare spazio a chi ha bisogno, non un burocrate del sacro per cui anche la carità, la vita parrocchiale, sono regolate da un orario di servizio.

Vita cristiana, vita di servizio
Sotto le nuvole di una primavera del tutto umorale, che vela a lungo di grigio la folla in Piazza San Pietro, centinaia di stole diagonali sono schierate davanti e di fianco all’altare per il loro Giubileo della misericordia. Francesco ricorda con le parole di un Padre della Chiesa che il primo “diacono di tutti” è stato Cristo e che lo stesso San Paolo, scrivendo ai Galati, si presenta sia come “apostolo” che come “servitore”. “Sono due facce della stessa medaglia”, osserva il Papa, perché “chi annuncia Gesù è chiamato a servire e chi serve annuncia Gesù”:

“Il discepolo di Gesù non può andare su una strada diversa da quella del Maestro, ma se vuole annunciare deve imitarlo, come ha fatto Paolo: ambire a diventare servitore. In altre parole, se evangelizzare è la missione consegnata a ogni cristiano nel Battesimo, servire è lo stile con cui vivere la missione, l’unico modo di essere discepolo di Gesù. È suo testimone chi fa come Lui: chi serve i fratelli e le sorelle, senza stancarsi di Cristo umile, senza stancarsi della vita cristiana che è vita di servizio”.

Aperti alle sorprese di Dio
Per riuscire in questa missione è necessario, indica il Papa, un allenamento quotidiano alla “disponibilità”, a donare la vita. “Chi serve – sottolinea Francesco – non è un custode geloso del proprio tempo, anzi rinuncia ad essere il padrone della propria giornata”:

“Chi serve non è schiavo dell’agenda che stabilisce, ma, docile di cuore, è disponibile al non programmato: pronto per il fratello e aperto all’imprevisto, che non manca mai e spesso è la sorpresa quotidiana di Dio. Il servitore è aperto alla sorpresa, alle sorprese quotidiane di Dio”.

“Trascurare gli orari”
Il servitore, prosegue, sa servire senza badare al “tornaconto”, aprendo “le porte del suo tempo e dei suoi spazi a chi gli sta vicino e anche a chi bussa fuori orario, a costo di interrompere qualcosa che gli piace o il riposo che si merita”. E qui, Francesco stacca gli occhi dai fogli dell’omelia per ripetere una considerazione che per lui è come una spina nel cuore:

“Il servitore trascura gli orari. A me fa male al cuore quando vedo orario – nelle parrocchie – da tal ora a tal ora. Poi? Non c’è porta aperta, non c’è prete, non c’è diacono, non c’è laico che riceva la gente … Questo fa male. Trascurare gli orari: avere questo coraggio, di trascurare gli orari”.

Lo stile della mitezza
Il Vangelo è pieno di storie di padroni e servitori. Nel brano liturgico del giorno spicca la vicenda del centurione che implora da Gesù la guarigione di un servo a lui caro. A colpire, nota Francesco, è l’estrema delicatezza con cui un ufficiale dell’esercito romano si premura di non disturbare il Maestro, affermando che com’è sufficiente per lui dare un ordine sapendo che verrà eseguito, anche per Gesù sarà lo stesso:

“Davanti a queste parole Gesù rimane ammirato. Lo colpisce la grande umiltà del centurione, la sua mitezza. E la mitezza è una delle virtù dei diaconi... Quando il diacono è mite, è servitore e non gioca a scimmiottare i preti, no, no… è mite. Egli, di fronte al problema che lo affliggeva, avrebbe potuto agitarsi e pretendere di essere esaudito, facendo valere la sua autorità; avrebbe potuto convincere con insistenza, persino costringere Gesù a recarsi a casa sua. Invece si fa piccolo, discreto, mite, non alza la voce e non vuole disturbare. Si comporta, forse senza saperlo, secondo lo stile di Dio, che è ‘mite e umile di cuore’”.

Mai sgridare
Questi, conclude il Papa, “sono anche i tratti miti e umili del servizio cristiano, che è imitare Dio servendo gli altri: accogliendoli con amore paziente, comprendendoli senza stancarci, facendoli sentire accolti, a casa, nella comunità ecclesiale, dove non è grande chi comanda, ma chi serve. E – soggiunge – mai sgridare: mai!”:

“Ciascuno di noi è molto caro a Dio, amato e scelto da lui, ed è chiamato a servire, ma ha anzitutto bisogno di essere guarito interiormente. Per essere abili al servizio, ci occorre la salute del cuore: un cuore risanato da Dio, che si senta perdonato e non sia né chiuso né duro (...) Cari diaconi, potete domandare ogni giorno questa grazia nella preghiera, in una preghiera dove presentare le fatiche, gli imprevisti, le stanchezze e le speranze: una preghiera vera, che porti la vita al Signore e il Signore nella vita”.

Grande gioia in Piazza San Pietro per la Messa nel giorno del Giubileo dei diaconi. Tre le parole del Papa che sono rimaste nel cuore dei numerosi diaconi presenti: servizio, mitezza e disponibilità. Marina Tomarro ha raccolto alcune testimonianze: 

R. – La nostra vita va declinata tutta su questi tre cardini; ci rimane spesso poco tempo ma dedichiamo tutto quel tempo al servizio, senza pensare se si fa tardi la sera, se si rinuncia magari ad un po’ di tempo per stare con gli amici … Il Signore ti chiede e ci chiede di essere portatori positivi di pace e di amore, e senza orologio …

R. – Questo deve caratterizzare la nostra vita quotidiana: in famiglia, in parrocchia, sul posto di lavoro, dappertutto!

D. – Lei è sposato?

R. – Sì: sposato, con figli.

D. – In che modo riesce a conciliare anche la vita familiare con il servizio di diaconato?

R. – Riesco a conciliarla nella misura in cui la mia famiglia mi è vicina: ed è molto vicina! Senza la mia famiglia non avrei mai potuto fare nulla di quello che sto facendo.

R. – Essere presenti, incontrare, accompagnare, amare: tutto in queste tre parole di carità.

R. – L’esempio me lo dà Papa Francesco, su come devo svolgere il mio servizio nella Chiesa. Quindi, quello che ha detto oggi è scritto nel mio cuore: non devo fare altro che perseverare in tutto questo.

D. – Lei è sposato?

R. – Sì.

D. – In che modo concilia anche la vita familiare con il servizio di diaconato?

R. – Io sono un architetto e da dieci anni sono diacono permanente in un contesto particolare che è un ospedale neuropsichiatrico di Limbiate, dove ci sono tanti fratelli che vivono una situazione particolare. Concilio tutto questo grazie all’aiuto e alla collaborazione anche di mia moglie, che mi aiuta molto nel ministero, oltre che nel lavoro: ci aiutiamo reciprocamente.

D. – Da dove venite?

R. – Dal Paraguay.

D. – Cosa vuol dire essere diacono?

R. – Servidor al pobre, al proximo, al enfermo, a todos ellos.

Servitore del povero, del prossimo, del malato, di tutti loro ...

R. – Io, dopo 29 anni di diaconato, penso proprio di aver riassunto la vita del diacono: la disponibilità, il senza-orario, l’amore, l’umiltà.

D. – Cosa vuol dire essere moglie di un diacono?

R. – Eh … sono 29 anni … lui fa il diacono, e tutta la famiglia appresso a lui. E’ aiutato molto dalla famiglia.

R. – Più che il diacono singolo, è la famiglia diaconale, perché l’impegno è della famiglia.

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Il Papa all'Angelus: in Siria preghiera per la pace con i bambini protagonisti

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All’Angelus, dopo la Messa presieduta in Piazza San Pietro nel giorno del Giubileo dei diaconi, il Papa ha ricordato, tra l’altro, l’odierna Giornata Nazionale del Sollievo “finalizzata ad aiutare le persone a vivere bene la fase finale dell’esistenza terrena”, e il tradizionale pellegrinaggio che si compie oggi in Polonia al Santuario mariano di Piekary. “La Madre della Misericordia - ha detto - sostenga le famiglie e i giovani in cammino verso la Giornata Mondiale di Cracovia”. Il Santo Padre ha anche ricordato che il prossimo primo  giugno, in Siria, si vivrà una speciale giornata scandita dalla preghiera. Il servizio di Amedeo Lomonaco

La Giornata Internazionale del Bambino – ha detto il Papa – sarà in Siria l’occasione, mercoledì prossimo, per una speciale preghiera che unirà le comunità cattoliche ed ortodosse:

“Vivranno insieme una speciale preghiera per la pace che avrà come protagonisti proprio i bambini. I bambini siriani invitano i bambini di tutto il mondo ad unirsi alla loro preghiera per la pace”.

In Siria sono quasi 2 milioni e mezzo i bambini sotto i cinque anni a rischio malnutrizione. E’ drammatica in particolare, in questi giorni, la situazione di oltre 3000 bambini intrappolati insieme con altre migliaia di persone in un campo profughi vicino a Damasco, quello di Khan Eshieh, dove è stato imposto un assedio completo che impedisce l’entrata nell’area di beni essenziali. Nella regione di Aleppo, inoltre, sono 1 milione e 200 mila i minori che vivono in condizioni drammatiche.

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Siria, mons. Audo: i bambini sono il cuore del nostro dramma

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Mercoledì prossimo  le comunità cristiane della Siria pregheranno dunque per la pace. I protagonisti saranno i bambini. Su questa iniziativa, Amedeo Lomonaco  ha intervistato il vescovo caldeo di Aleppo e presidente della Caritas siriana, mons. Antoine Audo

R. – E’ una cosa che mostra come i cristiani siano presenti e radicati in Siria e nella Chiesa e non lasciano una occasione senza difendere la causa della nostra presenza, del nostro futuro. Penso che i bambini siano il cuore di questo dramma siriano. E’ una cosa molto importante il futuro della cristianità e di tutte le Chiese. Questo gesto ecumenico, tutti insieme in questa giornata del primo giugno, è molto significativo per noi, per la Chiesa universale.

D. – A proposito di universalità, i bambini siriani invitano tutti i bambini del mondo a pregare con loro …

R. – Penso che il bambino rimanga la persona più debole nella società: tutte le violenze ricadono sui bimbi, non hanno di che difendersi in questa situazione di violenza. In questo senso, il cuore di Nostro Signore vede nei bambini la strada del Regno di Dio, la strada dell’umiltà, la strada che fa domande sul potere del mondo. Il bambino è una buona maniera di fare un appello per la pace e per la riconciliazione.

D. – Qual è la situazione dei bambini in Siria?

R. – I bambini della Siria soffrono molto. Più di due milioni sono senza scuola; li vedo nelle strade di Aleppo, mentre camminano senza scarpe, senza pane, senza possibilità di avere una dignità. Usano i bambini in tante maniere per umiliare, per fare denaro …

D. – Proprio i bambini, però, possono essere strumenti di pace: nei loro occhi in cui sono riflessi dolore, sofferenza c’è anche  la speranza nel futuro, in un futuro di pace …

R. – Sì, anche la gente che pensa soltanto al potere e al denaro, vede la realtà dei bambini: ognuno di noi è stato bambino, ognuno di noi porta nel suo cuore la realtà di un bambino, una realtà di profonda felicità umana: si vede negli occhi, si vede nella storia. In questo senso è un tema spirituale-antropologico-umano molto profondo e spero che il Santo Padre ci aiuterà. Il Papa pone attenzione alle realtà umane dei più deboli, dei più semplici.

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P. Spadaro: l’Europa di Francesco, inclusiva e in movimento

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“La riflessione sul processo europeo porta Papa Francesco a lanciare la sfida di aggiornare l’idea di Europa”. E’ uno dei passaggi dell’articolo pubblicato da padre Antonio Spadaro sull’ultimo numero di Civiltà Cattolica. Nell’articolo, dal titolo “Lo sguardo di Magellano”, il direttore della rivista dei gesuiti si sofferma sul sogno europeo di Francesco, alla luce del discorso pronunciato dal Pontefice in occasione della consegna del Premio Carlo Magno. Alessandro Gisotti ha chiesto a padre Spadaro cosa significhi lo “sguardo di Magellano” con cui il Papa latinoamericano guarda all’Europa: 

R. – Papa Francesco ci ha abituati a guardare al centro dalle periferie. Questo significa che la realtà, il cuore delle cose lo si percepisce realmente se si avverte il battito del sangue proprio nella circolazione periferica. Noi abbiamo visto come Papa Francesco ha iniziato i suoi viaggi europei da Lampedusa, che è stato il primo grande viaggio europeo, più che italiano; e poi, al di là della cronologia, ha proseguito circondando i confini dell’Europa, quindi Lesbo, Istanbul, Sarajevo, poi andrà a Lund … In qualche modo è come se Papa Francesco stesse circumnavigando l’Europa per coglierne il cuore profondo. Papa Francesco è stato, tra l’altro, anche a Tirana, e da qui è rimbalzato a Strasburgo: è molto interessante, questo. Cioè il Papa ha raggiunto il cuore delle istituzioni europee guardando da un Paese che ancora deve entrare nell’Unione Europea e un Paese a maggioranza musulmana. Quindi, “lo sguardo di Magellano” – che è un’espressione proprio di Francesco – è uno sguardo che guarda all’Europa dal punto di vista di un esploratore.

D. – C’è un rinnovamento, un aggiornamento dell’idea che l’Europa ha di se stessa, che Francesco sta proponendo?

R. – Sì: Papa Francesco ha detto più volte che il tempo è superiore allo spazio. Allora, la sua visione è legata al divenire, al superamento dialettico di muri e ostacoli che avviene nel tempo. Per Papa Francesco, l’Europa non è una cosa, è un processo tuttora in atto all’interno di un mondo molto complesso e fortemente in movimento. Papa Francesco ha notato come i grandi Padri dell’Europa, che ha citato nel suo discorso per il Premio Carlo Magno, hanno articolato un progetto illuminato che è “work in progress”, che si sta compiendo. L’Europa è tentata di voler assicurare e dominare spazi, più che generare processi di inclusione e di trasformazione. Ma in questo modo, considerando se stessa come spazio da proteggere, andrà sempre più trincerandosi; invece deve accettare questo movimento nel tempo, questo processo che rende l’Europa se stessa, quella che è sempre stata, cioè un processo di integrazione di culture, di prospettive, di modi di vita.

D. – Nella recente intervista a “La Croix” in cui il Papa ha parlato molto dell’Europa, ha sottolineato che il dovere del cristianesimo per l’Europa, appunto, è il servizio. Come si declina oggi questo richiamo?

R. – Il Papa ha parlato delle radici cristiane dell’Europa, ma riconosce queste radici in un gesto: il gesto della lavanda dei piedi. Tutto sommato, qui si coglie il senso profondo del cristianesimo che non è la conquista del potere o mettersi, costituirsi in un partito, perché il momento in cui il cristiano si costruisce come una parte dentro il tutto, si mette in contrasto con altri, quindi individua un nemico. Qui il compito del cristianesimo oggi non è individuare i propri nemici, ma essere di servizio a questa umanità. Il Papa attinge al pensiero di un grande gesuita, filosofo e teologo Przywara, un tedesco di origine polacca – che ha citato esplicitamente sia nel suo discorso per il Premio Carlo Magno, sia nell’intervista a “La Croix”.

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Ambasciatore Minasyan: Papa troverà un'Armenia che guarda al futuro

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Il Programma armeno della Radio Vaticana compie questa domenica 50 anni. Il 29 maggio 1966 veniva, infatti, messa in onda la prima trasmissione in lingua armena, grazie al cardinale Krikor Bedros XV Agagianian. In questi anni la redazione ha raggiunto gli armeni di tutto il mondo portando la parola del Vangelo e del Papa anche laddove era vietata, come nei Paesi comunisti. Oggi si sta preparando all’ormai imminente viaggio di Papa Francesco in Armenia che si svolgerà dal 24 al 26 giugno. Sulle attese di questa visita, il responsabile del Programma, Robert Attarian, ha intervistato l’ambasciatore armeno presso la Santa Sede, Mikayel Minasyan

R. – Non solo l’Armenia, ma gli armeni, ovunque si trovino, provano una profonda gioia per la tanto attesa visita del Santo Padre, che si compirà alla fine di giugno. Il Papa viene accogliendo gli inviti dei Patriarchi armeni e del presidente della Repubblica e, quindi, dell’intero popolo armeno, che non vede l’ora di poter mostrare a Papa Francesco la più profonda stima e riconoscenza per la vicinanza che ha sempre dimostrato di avere per il nostro popolo, ancora dai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires. I rapporti tra le nostre realtà non hanno probabilmente precedenti e da come si sta delineando il programma di questa visita, ogni momento della sua permanenza nel nostro Paese ne sarà la testimonianza. A partire dal fatto che soggiornerà, come fece Giovanni Paolo II, presso il Palazzo Patriarcale, insieme al fratello, il Katholikos di tutti gli armeni. Questo fatto non si è tutt’oggi registrato per nessun’altra Chiesa non cattolica: che ospitasse il Papa nella residenza del Patriarca.

D. – Quale Armenia troverà il Papa?

R. – Oggi l’Armenia è una giovane e dinamica Repubblica che compie 25 anni di indipendenza dall’Unione Sovietica. Giovane come Stato, ma con una lunga storia che l’Armenia affronta con serenità e sulla quale costruisce la propria forza identitaria, così necessaria nel mondo globalizzato di oggi. Il Papa troverà un’Armenia che guarda al futuro, un’Armenia che cerca di superare la difficile eredità di un’economia pianificata e scommette sulla tecnologia, puntando sull’educazione. Un’Armenia che, in virtù del dolore subito nel passato, vuole e si impegna per avere un mondo di pace, soprattutto nella nostra regione.

D. – Qual è la situazione geopolitica oggi nella regione?

R. – La mia ultima frase si riferiva esattamente alla situazione nella regione in cui viviamo. Ciò che fino a non molti anni fa sarebbe considerato il peggior incubo, oggi purtroppo è diventata una realtà. L’Armenia fa fronte a tutta una serie di disastri umanitari che colpiscono la regione del Medio Oriente e del Caucaso. La Repubblica del Nagorno Karabakh, che per anni ha vissuto il dramma delle violazioni del cessate-il-fuoco stabilito dal 1994, è stata attaccata sotto il sostanziale silenzio della comunità internazionale. Episodi come quelli che abbiamo visto non possono purtroppo non ricordare alla nostra popolazione di quanto accaduto in Anatolia 100 anni fa - mi riferisco al genocidio armeno – o di quanto accade ancora oggi alle comunità cristiane del Medio Oriente sull’orlo dell’estinzione. L’Armenia, negli ultimi anni, è terra di accoglienza anche dei cristiani siriani, nel limite delle nostre possibilità. La solidarietà con il mondo cristiano e la pace nelle nostre terre sono i temi che saranno affrontati insieme al Pontefice durante la sua visita in Armenia e si pregherà insieme per un concreto impegno per un mondo migliore.

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Oggi in Primo Piano



Mediterraneo: 13 mila migranti soccorsi questa settimana

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Prosegue l’emergenza migranti nel Mediterraneo: sono 13 mila le persone tratte in salvo nel corso di questa settimana. A Pozzallo arrestati 4 presunti scafisti. Per il presidente del Consiglio Renzi il sistema di accoglienza non è al collasso, ma serve una strategia per l’Africa. Il presidente della Repubblica Mattarella: servono politiche di accoglienza coerenti e palnetarie. La cronaca nel servizio di Elvira Ragosta

Sedici operazioni di soccorso della Guardia Costiera  nella sola giornata di ieri per salvare 1900 persone partite dalla Libia. Sale a 13 mila il numero dei migranti soccorsi nell’ultima settimana nel Mediterraneo, che torna ad essere la rotta della speranza, mentre diminuiscono gli arrivi in Grecia. L'Alto commissariato Onu per i rifugiati teme che circa settecento persone siano annegate in tre naufragi. Più di mille i migranti sbarcati stamattina in Sicilia e seicentotrenta a Reggio Calabria. Con questi ultimi anche le salme di quarantacinque compagni di viaggio che non ce l’hanno fatta, compresi tre minori. A Pozzallo la polizia ha fermato 4 persone, tra cui  un cittadino sudanese, presunto scafista di due barconi, ciascuno con circa cinquecento persone, che attraversavano il mare legati da una fune. Quando la seconda imbarcazione, quella trainata ha cominciato a imbarcare acqua, l’uomo ha tagliato la fune nell’affondamento sarebbero morti in 400. “Il nostro sistema di accoglienza non è al collasso- dice ad Avvenire il presidente del Consiglio, Matteo Renzi- anzi è un modello in Europa e nel mondo”, aggiungendo che il problema si risolve solo con una strategia per l’Africa. Un altro salvataggio è avvenuto nel canale della Manica. La Guardia costiera britannica ha tratto in salvo nella notte 19 persone a bordo di un gommone che imbarcava acqua, mentre è cominciato in modo volontario lo sgombero della tendopoli di Ventimiglia, dopo l’ordinanza firmata dal  sindaco. Di immigrazione ha parlato oggi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Da Sarajevo, dove ha partecipato al meeting dei Paesi balcanici, Mattarella ha detto:' "E' un fenomeno epocale e destinato a durare nel tempo" e "atteggiamenti solitari e di chiusura sono effimeri e inefficaci. Occorrono al contrario politiche unitarie e coerenti, azioni coordinate a livello planetario nel campo della solidarieta' e dell'accoglienza". 

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Iraq: cristiani e musulmani pregano insieme per la pace

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In Iraq la chiesa della Regina del Rosario a Baghdad ospiterà domani pomeriggio una preghiera interreligiosa contro le violenze e il terrorismo. A lanciare l’iniziativa il patriarca caldeo Louis Rapahël Sako: quel che serve – afferma - “non sono le opzioni militari, ma la preghiera”. Pregheranno insieme cristiani, musulmani, sabei e yazidi. Ma sentiamo, al microfono di Gabriella Ceraso, lo stesso patriarca Sako: 

R. – Se cristiani e musulmani ed altri pregano sinceramente davanti a Dio, questo cambierà la mentalità, cambierà la cultura, aiuterà anche la riconciliazione. Questa preghiera sarà trasmessa dalla televisione e dunque la gente vedrà. Anche i testi sono ben preparati, appropriati alla situazione. Ognuno di noi metterà una candela davanti alla Madonna e la Madonna è rispettata da tutti. Io non ho trovato altro. Alcuni mi avevano chiesto un incontro tra i politici: veramente, è molto difficile. La preghiera può cambiare, forse non la situazione ma gli uomini.

D. – Quindi una preghiera proprio per questa occasione, una preghiera che possa essere per tutti, perché tutti quelli a cui voi parlate sono persone che sono state ferite da questa guerra che non ha fine …

R. – Tutti sono stanchi. Dodici anni di guerra e scontri, rifugiati, morti, orfani. Dove va il nostro mondo? Dunque bisogna aprire gli occhi e ottenere una riconciliazione, riconoscere l’altro, rispettare l’altro. Siamo in una unica società, tutti siamo cittadini e dunque perché tutto questo male? E’ contro la volontà di Dio ma anche contro il suo destino … La religione ha una missione e la missione della religione è per l’uomo. Tutto è per l’uomo: Gesù è per l’uomo, il Vangelo è per l’uomo ma anche per i musulmani il Corano è per l’uomo e non al contrario. Dunque, l’uomo dev’essere una persona felice. Tutta questa brutta guerra non ha senso. E’ contro tutto!

D. – Siamo, in Iraq, in un momento molto molto delicato. C’è Falluja, forse c’è Mossul, ci sono momenti di violenza che si preparano. Le voglio solo chiedere: questa preghiera è anche per la popolazione che potrebbe soffrire per queste nuove azioni di guerra?

R. – A dire la verità, noi ogni giorno qui, nel Patriarcato, preghiamo per Falluja e per Mossul; ho anche chiesto a tutti i preti di pregare per questa gente, che non solo non ha da mangiare ma vive nel panico. Io sono molto indignato, umiliato a vedere tutta questa gente e non so come fare. Oggi pensavo, anche con i nostri preti, di aprire una mensa per dare cibo a questi poveri, a questi profughi. Ho anche chiesto alla Caritas di portare cibo e medicine a questi sfollati. Per noi è un dovere, non solo perché siamo cristiani, ma perché siamo cittadini, uomini. La fede non è una faccenda ideologica: dev’essere un impegno.

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Cappellani carcerari europei: prevenire radicalizzazione detenuti

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Prenderà il via questo lunedì a Strasburgo l’incontro dei cappellani carcerari europei. Organizzato dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, l’evento, dal titolo “Radicalizzazione in carcere: uno sguardo pastorale”, avrà l’obiettivo di individuare strade concrete per evitare lo sviluppo del fondamentalismo tra i detenuti. Federico Piana ne ha parlato con mons.Paolo Rudelli, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa: 

R. – L’incontro intende mettere in contatto l’attività del Consiglio d’Europa sul tema della prevenzione della radicalizzazione nelle carceri e l’attività che la Chiesa svolge in questo campo. C’è una presenza molto importante dei cappellani delle carceri e quindi abbiamo pensato che mettere assieme questi due mondi fosse importante.

D. - Quanto è importante in questo ruolo il cappellano delle carceri?

R. - Il cappellano ha un ruolo di accompagnamento nella dimensione spirituale con una sua autonomia; non è legato direttamente all'amministrazione carceraria. Quello che può essere importante è – e anche il nostro incontro lo vuole mettere in luce – la collaborazione tra cappellani o persone incaricate della cura spirituale di diverse confessioni, nel senso che questa collaborazione può contribuire a creare un clima di maggiore rispetto ed anche di dialogo all’interno del carcere.

D. -  Perché probabilmente la collaborazione tra elementi di varie religioni aiuta a prevenire la radicalizzazione e l’estremismo…

R. - Dovrebbe aiutare soprattutto a mettere in luce l’importanza della dimensione spirituale per la vita umana; è importante anche la tutela della libertà religiosa all’interno delle carceri ma, al tempo stesso, è un fattore di condivisione, di pace, non di violenza o di estremismo.

D. - Il coordinamento dei cappellani delle carceri a livello europeo, secondo lei, può essere rafforzato anche con queste iniziative che mirano a  condividere informazioni ed esperienze?

R. - Sì. In realtà poi ogni nazione ha una realtà molto diversa per quanto riguarda il servizio in carcere. Comunque questo incontro vuole aiutare a riflettere, anche a livello europeo, su questa realtà e mettere in contatto l’attività della Chiesa e le attività di un’organizzazione internazionale come il Consiglio d’Europa che ha come scopo la difesa dei diritti umani, anche delle persone in carcere.

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Nella Chiesa e nel mondo



Pakistan: legge sul divorzio evita conversione forzata all'Islam

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In Pakistan, l’Alta corte di Lahore ha deciso di ripristinare la vecchia legge sul divorzio del 1869 che regolava i matrimoni cristiani prima della modifica effettuata nel 1981. La modifica introdotta sotto il regime militare dal generale Zia-ul-Haq, ammetteva il divorzio solo in caso di adulterio ed è stata a lungo criticata da organizzazioni cristiane, che lamentavano discriminazioni rispetto alla popolazione musulmana e chiedevano maggiori tutele per la minoranza cristiana in tema di matrimonio

Meno conversioni forzate all’Islam
“La possibilità di divorziare anche se non è stato commesso adulterio contribuirà a diminuire le conversioni forzate all’islam, un escamotage che le persone attuavano per poter essere sciolti dal primo matrimonio. Ora le conversioni, se avverranno, saranno autentiche e genuine”, spiega all’agenzia Asianews Cecil Shane Chaudhary, direttore esecutivo della Commissione nazionale Giustizia e pace della chiesa cattolica pakistana (Ncjp).

Non messa in discussione la sacralità dell’unione matrimoniale
Per diversi anni gli attivisti della Ncjp hanno denunciato le discriminazioni contenute nella legge del 1981, che “incatenava” le donne ai loro mariti anche in caso di violenza o poligamia, quando gli uomini si convertivano all’islam e sposavano altre mogli. Gli attivisti non mettevano in discussione la sacralità dell’unione matrimoniale, che per il movimento cristiano resta un principio fermo, quanto piuttosto l’incertezza della norma e i lunghi tempi di attesa per una sentenza. Anche per Ata-ur Rehman Saman, insegnante cristiano e coordinatore della Ncjp la decisione dell’Alta corte di Lahore, è una buona decisione per la comunità cristiana “perché ridurrà il volume delle conversioni all’islam tra coloro che vogliono dissolvere il matrimonio cristiano”.

La sentenza rimuove ambiguità e protegge meglio le donne
Secondo Peter Jacob, attivista e direttore del Centre for Social Justice (Csj), la sentenza rimuove “una delle ambiguità create in passato e tenta di armonizzare le leggi esistenti in materia di divorzio con la legge del 2015 sulle violenze domestiche e la protezione delle donne”. Il Christian Marriage Act e il Divorce Act, aggiunge, “non prevedono ancora la parità tra i sessi, che può essere raggiunta solo attraverso una nuova legislazione”. (L.Z.)

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India, inaugurato Santuario dedicato a S. Antonio di Padova

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In India, la diocesi di Pune, nello Stato del Maharashtra, ha inaugurato il nuovo santuario dedicato a Sant’Antonio di Padova. A presiedere la cerimonia di benedizione del nuovo edificio, mons. Thomas Dabre, vescovo della diocesi. Ad AsiaNews il presule spiega: “Ci siamo cimentati nell’impresa per rispondere alla devozione spontanea dei fedeli cristiani e delle altre confessioni. Partendo dalla cappella esistente, ne abbiamo ampliato la struttura e assegnato lo status di santuario diocesano. Siamo grati a tutti coloro che ci hanno offerto sostegno spirituale e materiale" per questo nuovo santuario che è un "monumento nell’Anno della misericordia”.

Struttura in grado di accogliere 200 fedeli
La costruzione del luogo di preghiera nasce dalla sollecitazione di mons. Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in India, che nel settembre 2012 pose la prima pietra del santuario. La costruzione ultimata è decorata con vetrate colorate e può accogliere fino a 200 fedeli. Mons. Dabre afferma: “La devozione a Sant’Antonio evidenzia la presenza e la potenza della forza divina nelle vite degli uomini santi, e sant’Antonio è uno di loro. Così la devozione al Santo è in realtà riconoscere il potere di Dio nel trasformare la vita e aiutare gli esseri umani nei loro bisogni e problemi”.

Devozione a Sant’Antonio, antidoto al materialismo contemporaneo
“Viviamo in un’epoca di materialismo – aggiunge il vescovo – ateismo e indifferenza verso Dio e i valori spirituali. Nella nostra epoca di globalizzazione, è in aumento l’interesse per il consumismo e l’edonismo”. Per questi motivi, “la devozione a sant’Antonio di Padova è da apprezzare ancora di più perché è contro la cultura dominante, e giunge come correzione delle tendenze materialistiche. Bisogna dare a Dio il primo posto e quello più elevato nella vita umana”.

Il nuovo Santuario, un segno di misericordia
Mons. Dabre ritiene che “la devozione al Santo testimoni anche che la presenza di Dio agisce per il bene e il benessere degli esseri umani, in particolare per i bisognosi e i poveri”. Il santuario è diventato un “segno di misericordia, compassione, carità e amore per i poveri e coloro che soffrono”. L’obiettivo della diocesi, sottolinea ancora il presule, “è DI promuovere il santuario come manifestazione della misericordia di Dio. Non ci interessa incentivare solo il culto e i rituali, che non hanno significato se non trasformano le vite delle persone e non comunicano l’esperienza liberatrice della misericordia del Signore”.

Simbolo di dialogo interreligioso
Il vescovo spera che il luogo diventi un “potente strumento dell’amore di Dio, soprattutto tra i poveri e i sofferenti”, oltre che strumento di “evangelizzazione, pace e armonia. I fedeli non cristiani vengono qui e si pongono di fronte a Dio insieme ai figli di Dio”. “Questo – conclude mons. Dabre – può aiutare a creare uno spirito di fratellanza, cordialità e gentilezza tra tutti i devoti. Per ora, è già un simbolo di relazione tra le religioni”. 

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Libia, ucciso capo Is e mente attentato al Bardo

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Morto in Libia Khalid Aslhaib, il coordinatore del sedicente Stato islamico nell’Africa del Nord, nonché la mente degli attentati terroristici al Museo del Bardo di Tunisi. Aslhaib, secondo quanto riportato da un comunicato delle milizie di Misurata, sarebbe stato ucciso nella notte insieme ad alcuni membri della tribù  dei Gheddafi al checkpoint di Baghla, a sud di Sirte. Le milizie di Misurata, fedeli al governo di accordo nazionale di Tripoli, aggiungono poi che Sirte è ormai praticamente circondata da ovest e da sud. Nella roccaforte dell'Is in Libia vi sarebbe il caos e molti leader terroristi si starebbero muovendo verso la località sotto il loro controllo di Harawa, ad est di Sirte.(E.R.)

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Nigeria, in un anno liberati 11.600 prigionieri Boko Haram

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In Nigeria sono 11.600 i prigionieri del gruppo terrorista Boko Haram liberati nel corso del primo anno di presidenza di Muhammadu Buhari. La notizia è stata diffusa dalla presidenza attraverso un comunicato, secondo cui il trasferimento a maggio 2015 del Centro di comando militare della Nigeria a Maiduguri ha contribuito al successo nella lotta contro la guerriglia nella parte nordorientale della Nigeria. Da dicembre 2015 – secondo la nota presidenziale - l'esercito nigeriano ha riconquistato tutti i territori del Paese in precedenza sotto il controllo Boko Haram". Un risultato ottenuto anche grazie al finanziamento di 21 milioni di dollari alla Multinational joint task force (Mnjtk), una forza multinazionale formata principalmente da unità militari provenienti da Benin, Camerun, Ciad, Niger e Nigeria, con sede a N'Djamena, in Ciad, allo scopo di porre fine alla rivolta Boko Haram. (E.R.)

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Gmg Cracovia. Raccolta fondi per i giovani dell'Est Europa

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Sono oltre 1,3 i milioni di zloty (pari a circa 297.000 euro) raccolti in Polonia nell’ambito del progetto “Un biglietto per un fratello”. Scopo della campagna – spiega l’agenzia Sir – è raccogliere fondi per i giovani di tredici Paesi dell’Europa dell’Est (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Lituania, Moldavia, Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan) per permettere loro di partecipare alla Giornata mondiale della gioventù, in programma a Cracovia dal 26 al 31 luglio prossimi.

Oltre 4200 i pellegrini dell’Est Europa in arrivo a Cracovia
Il denaro raccolto servirà, infatti, a pagare i costi del loro soggiorno a Cracovia: dal cibo ai trasporti, fino allo zaino della Gmg. Sono oltre cento i gruppi provenienti dall’Est Europa, per un totale di 4.200 pellegrini, iscritti fino ad oggi alla Gmg. “Senza questo aiuto – spiega padre Krzysztof Dukielski, vicedirettore del Comitato organizzatore locale della Gmg – un gran numero di giovani non avrebbe avuto nessuna possibilità di partecipare.”

Raccolta generosa
“Sebbene Cracovia sia una destinazione relativamente vicina - sottolinea - da un punto di vista economico essa appare molto lontana. Basti pensare che il costo di un pacchetto per il pellegrino è di 690 zloty (circa 160 euro), molto più elevato di un salario medio in Ucraina, Bielorussia e Kazakistan”. La cifra raccolta fino ad oggi, dice con soddisfazione padre Dukielski, “è più del doppio rispetto al necessario”. (I.P.)

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Argentina. l’11 e il 12 giugno, colletta nazionale della Caritas

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“Se date il meglio di voi, il mondo può essere diverso”: questo il tema con cui, l’11 e 12 giugno prossimi, la Caritas Argentina promuoverà la sua tradizionale colletta annuale. Il motto scelto per l’iniziativa – informa l’agenzia cattolica Aica – è ispirato alle parole rivolte da Papa Francesco ai giovani cubani, durante l’incontro svoltosi a L’Avana lo scorso mese di settembre.

Dio ci ha donato il meglio di sé: suo Figlio
“Sarebbe bello – ha detto in conferenza stampa il vescovo di Goya, mons. Adolfo Ramón Canecín – se la colletta di quest’anno ci aiutasse a guardare profondamente in noi stessi, perché siamo nell’Anno Santo della Misericordia e ci prepariamo a celebrare  il Congresso eucaristico nazionale, in programma dal 16 al 19 giugno a San Miguel de Tucumán. “Dio – ha sottolineato il presule – non ci ha dato le briciole o gli avanzi, ma ci ha donato il suo Figlio Unigenito, cioè ci ha donato il meglio di sé. Quindi, dare il meglio di sé significa imitare Dio”. Non solo: “Anche Gesù ha dato il meglio di tutto ciò che aveva – ha evidenziato il presule – perché ha donato la Sua vita per noi”.

Contribuire al bene del Paese
Guardando, poi, al bicentenario dell’indipendenza del Paese, che ricorrerà il 9 luglio prossimo, il vescovo di Goya ha esortato “ogni argentino a dare il meglio di sé per il bene del suo Paese”. Di qui, l’appello del presule ad essere generosi nel contribuire alla colletta della Caritas non limitandosi a donare “il surplus, ma anche il necessario, perché Dio ama chi dona con gioia e c’è più gioia nel donare che nel ricevere”.

Oltre 32 mila volontari in più di 3 mila parrocchie
Da ricordare che Caritas Argentina conta oltre 32mila volontari che operano in più di 3.500 parrocchie, cappelle, uffici e centri di missione, a fianco dei più svantaggiati. Lo scorso anno, la Caritas ha raccolto 52.139.540 pesos (pari a 3.346.822 euro) destinati a programmi di assistenza immediata e di promozione umana. Parte del ricavato ha contribuito a realizzare progetti per le micro-imprese, corsi di formazione professionale e piani di inclusione (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 150

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.