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Sommario del 30/05/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: Chiesa è libera nella profezia, ingabbiata nella legge fa schiavi

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Nel suo cammino di fede, la Chiesa e ogni cristiano devono badare a non chiudersi in un sistema di norme, ma a lasciare spazio alla “memoria” dei doni ricevuti da Dio, al dinamismo della “profezia” e all’orizzonte della “speranza”. Papa Francesco ha condensato in queste tre parole l’omelia della Messa del mattino, celebrata nella cappella di Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

L’impalcatura della legge che tutto delimita e il soffio liberante della profezia che spinge oltre i confini. Nella vita di fede l’eccesso di fiducia nella norma, avverte Papa Francesco, può soffocare il valore della memoria e il dinamismo dello Spirito. Gesù, nel brano evangelico del giorno, dimostra questo assunto a scribi e farisei – che vorrebbero metterlo a tacere – con la parabola dei vignaioli omicidi. Contro il padrone che per loro ha piantato, affidandogliela, una vigna ben organizzata, i contadini affittuari decidono di rivoltarsi, malmenando e ammazzando via via i servi che quel padrone invia a reclamare il raccolto che gli spetta. Culmine del dramma, l’assassinio dell’unico figlio del padrone, atto che potrebbe, ritengono a torto i contadini, far guadagnare loro l’intera eredità.

Casistica e libertà
Uccidere i servi e il figlio – immagine dei profeti della Bibbia e di Cristo – mostra, afferma Francesco, l’immagine di “un popolo chiuso in se stesso, che non si apre alle promesse di Dio, che non aspetta le promesse di Dio. Un popolo senza memoria, senza profezia e senza speranza”. Ai capi del popolo, in particolare, interessa alzare un muro di leggi, “un sistema giuridico chiuso”, e nient’altro:

“La memoria non interessa. La profezia: meglio che non vengano i profeti. E la speranza? Ma ognuno la vedrà. Questo è il sistema attraverso il quale loro legittimano: dottori della legge, teologi che sempre vanno sulla via della casistica e non permettono la libertà dello Spirito Santo; non riconoscono il dono di Dio, il dono dello Spirito e ingabbiano lo Spirito, perché non permettono la profezia nella speranza".

La memoria rende liberi
In fondo, riconosce il Papa, “Gesù stesso è stato tentato di perdere la memoria della sua missione, di non dare posto alla profezia e di preferire la sicurezza al posto della speranza”, ovvero l’essenza delle tre tentazioni subite nel deserto. Dunque, osserva Francesco:

“A questa gente Gesù, perché conosceva in se stesso la tentazione, rimprovera: ‘Voi girate mezzo mondo per avere un proselito e quando lo trovate, lo fate schiavo’. Questo popolo così organizzato, questa Chiesa così organizzata fa schiavi! E così si capisce come reagisce Paolo quando parla della schiavitù della legge e della libertà che ti dà la grazia. Un popolo è libero, una Chiesa è libera quando ha memoria, quando lascia posto ai profeti, quando non perde la speranza”.

Cuore aperto o ingabbiato?
La vigna ben organizzata, sottolinea il Papa, è “l’immagine del popolo di Dio, l’immagine della Chiesa e anche l’immagine della nostra anima”, che il Padre cura sempre con “tanto amore e tanta tenerezza”. Ribellarsi a Lui è, come per i vignaioli omicidi, “perdere la memoria del dono” ricevuto da Dio, mentre “per ricordare e non sbagliare nel cammino” è importante “tornare sempre alle radici”:

“Io ho memoria delle meraviglie che il Signore ha fatto nella mia vita? Ho memoria dei doni del Signore? Io sono capace di aprire il cuore ai profeti, cioè a quello che mi dice ‘questo non va, devi andare di là; vai avanti, rischia’? Questo fanno i profeti… Io sono aperto a quello o sono timoroso e preferisco chiudermi nella gabbia della legge? E alla fine: io ho speranza nelle promesse di Dio, come ha avuto nostro padre Abramo, che uscì dalla sua terra senza sapere dove andasse, soltanto perché sperava in Dio? Ci farà bene farci queste tre domande”.

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Riunione del Papa con i capi Dicastero su riforma dei media vaticani

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Questa mattina, Papa Francesco ha presieduto nella Sala Bologna del Palazzo Apostolico una riunione dei capi Dicastero della Curia Romana. Al centro dell’incontro la riforma dei media della Santa Sede. Mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, ha tenuto la relazione introduttiva.

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Il Papa a Scholas: nel dialogo tutti vincono, nessuno perde

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Papa Francesco ha ricevuto in udienza ieri pomeriggio nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano, i rappresentanti di oltre 40 università di tutto il mondo della Fondazione pontificia Scholas Occurrentes, riuniti nel Congresso mondiale a Roma da venerdì. Tema del seminario “Tra l’Università e la Scuola, un muro o un ponte”, con l’annuncio della costituzione di cattedre Scholas, uno spazio accademico per approfondire la pedagogia di Francesco che promosse, come arcivescovo di Buenos Aires, proprio questa rete. Il servizio di Debora Donnini: 

Serve dialogo e incontro

Un incontro vivace, fatto di domande di giovani al Papa e di sue risposte. Papa Francesco prima di tutto apprezza il clima di comunicazione, che rappresenta una sfida in questo mondo:

“Cuando los pueblos se separan, las familias se separan, los amigos se separan...
Quando i popoli si separano, le famiglie si separano, gli amici si separano: nella separazione solamente si trova l’inimicizia, incluso l’odio; invece, quando ci si unisce, si dà amicizia sociale, amicizia fraterna; e si dà una cultura dell’incontro, che ci difende da qualsiasi tipo di cultura di scarto. Grazie per questo e per quello che state facendo con questo”.

Il Papa si confida con i giovani…
Il Papa, come sempre in questi casi, entra in un rapporto di grande confidenza sulla sua vita:

“Yo, ni se me había ocurrido que me iban a elegir a mí. Fue una sorpresa para mí...
Io non avrei mai pensato che avrebbero eletto me. E’ stata una sorpresa per me… Però da quel momento Dio mi ha dato una pace che dura ancora oggi. E questo mi porta avanti. Questa è la grazia che ho ricevuto. D’altra parte, per natura, io sono incosciente e quindi vado avanti”. 
(applausi)

Le premiazioni e le testimonianze
Un incontro alternato anche da toccanti testimonianze e premiazioni per l’impegno per la pace, conferite a Richard Gere, Salma Hayek e George Clooney. Gli attori hanno ricevuto il premio, ha spiegato la conduttrice Lorena Bianchetti, per il loro impegno a favore dei giovani delle periferie. Quindi, il Papa sottolinea l’importanza di “dare appartenenza” alle persone. Dare appartenenza significa, infatti, dare identità:

“Entonces urge, es urgente ofrecer pertenencias de cualquier tipo...
“Quindi urge ed è urgente offrire appartenenza di qualsiasi tipo essa sia, affinché si senta di appartenere ad un gruppo, ad una famiglia, ad una organizzazione: e questo dà una identità”.

Bisogna fermare le aggressioni
E poi c’è il linguaggio dei gesti: una carezza, un sorriso. Il Papa chiede gesti concreti e di fermare le aggressioni. Ad esempio, il bullismo è un’aggressione che nasconde crudeltà, il mondo è crudele così come le guerre. E la crudeltà della guerra arriva fino ai bambini, fino a sgozzare un bambino. Per costruire un mondo nuovo, invece, abbiamo bisogno di eliminare tutti i tipi di crudeltà. Poi c’è la capacità di ascoltare gli altri:

“En el diálogo todos ganan, nadie pierde..."
Nel dialogo tutti vincono, nessuno perde. Nella discussione, c’è uno che vince e uno che perde: ma in realtà perdono entrambi. Il dialogo è capacità di ascolto, è mettersi al posto dell’altro, tendere ponti”.

Bisogna bandire orgoglio e superbia. Per Papa Francesco, il mondo ha bisogno di abbassare il livello di aggressività e di coltivare invece dolcezza, ascolto, un cammino insieme.

Il libro di risposte del Papa alle domande dei giovani
In questo vivace pomeriggio dove emerge tutta la ricchezza di Scholas, c’ è anche la preghiera di rappresentati religiosi, così come è stato annunciata una piattaforma digitale, attraverso cui i giovani potranno fare domande al Papa. Le risposte di Francesco confluiranno in un libro che sarà edito da Mondadori e uscirà ad ottobre o novembre. Non manca, poi, la musica dell’orchestra Scholas arts, che al termine del pezzo dona al Papa un antico violino.

Partita per la pace in Argentina
Sul “palco” di questo incontro di Scholas c’è spazio anche per lo sport, con le testimonianze del contributo che gli sportivi possono offrire per la causa della pace. Annunciato che la prossima partita per la pace sarà in Argentina, il 10 luglio. E proprio dal governo del Paese natale di Papa Francesco, arriva l’assicurazione che sarà varata una legge dello Stato a favore di Scholas Occurrentes.

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Papa, tweet: siamo custodi, non padroni di questa terra

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Siamo custodi, non padroni di questa terra, e ciascuno ha una personale responsabilità nel custodire il creato, prezioso dono di Dio”.

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Mons. Patrón Wong: Giubileo Sacerdoti, occasione di rinnovamento

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E' una settimana speciale per i sacerdoti e i seminaristi di tutto il mondo. Mercoledì inizia infatti il Giubileo a loro dedicato. Momento culminante è la Messa in Piazza San Pietro, celebrata venerdì prossimo da Papa Francesco, che il giorno prima guiderà un ritiro spirituale con ben tre meditazioni nel corso della giornata: alla Basilica di San Giovanni in Laterano, poi a Santa Maria Maggiore e infine a San Paolo. Sul significato di questo Giubileo dei Sacerdoti, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Jorge Carlos Patrón Wong, segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero: 

R. – Papa Francesco ha deciso, anzitutto, che in questo Giubileo i sacerdoti e i seminaristi si prendano cura di se stessi, si fermino un momento in mezzo alle tante attività pastorali, per trovare un po’ di riposo, di sollievo, di ristoro nel cuore del Buon Pastore, nelle braccia della Misericordia del buon Dio. E’ pure una grande opportunità per fissare di nuovo lo sguardo sulla persona di Gesù, per contemplare in Gesù questo grande amore, questa misericordia, questa carità pastorale, per ringraziarlo per le tante meraviglie che ha fatto per noi. E in noi ha fatto queste meraviglie, non perché siamo bravi o meritevoli del suo amore, ma perché Lui è misericordioso, ci ama, ha una bontà immensa. E noi siamo consapevoli della nostra debolezza e povertà, per questo abbiamo bisogno della Misericordia di Dio. Un terzo punto, molto importante, è ricominciare di nuovo, rispondere di nuovo con generosità a questa chiamata divina. E’ una grande opportunità per rinnovarci, per prendere di nuovo questo profumo del Buon Pastore, condividerlo con il nostro popolo, per ricevere nuovamente l’emissione dello Spirito Santo e rinnovare le nostre forze, il coraggio, l’entusiasmo e farci prossimi, vicini a tutti.

D. – Papa Francesco ribadisce sempre che i sacerdoti devono essere pastori di Misericordia, non burocrati della fede. Perché questa insistenza?

R. – Perché ogni sacerdote è la prima persona toccata dalla Misericordia di Dio. Non si può capire nessuna vocazione al mistero del servizio sacerdotale se non si è toccati dall’amore misericordioso di Dio Padre. Questo amore, però, ci trasfigura, ci cambia, ci muove, ci ricolma di gioia. Questi tre elementi sono molto esistenziali nella vita di ogni seminarista e sacerdote, toccati dalla Misericordia di Dio, trasfigurati dalla Misericordia di Dio e ricolmati di una gioia, di un senso profondo della vita.

D. – Francesco terrà giovedì tre meditazioni in tre Basiliche papali e poi venerdì la Messa in Piazza San Pietro. Una vera "full immersion", si potrebbe dire, di insegnamento, di catechesi sulla Misericordia per i sacerdoti; un evento davvero straordinario…

R. – E’ una "full immersion", perché il cuore di Papa Francesco è immerso nel cuore di Gesù Buon Pastore, è immerso nel cuore di ogni pastore, di ogni sacerdote, di ogni seminarista. Papa Francesco ci vuole tanto bene, prega per noi, dà tanti consigli concreti, conosce molto le fatiche, le aspirazioni, le sfide, le sofferenze, le gioie di ogni cuore sacerdotale e di ogni cuore di seminarista. E’ per questo che durante queste tre meditazioni e poi, nell’Eucaristia, il cuore di Papa Francesco, che è un cuore di un Buon Pastore, si rivolgerà, si aprirà totalmente ad altri cuori che sono pure cuori di pastori.

D. – Lei ha nel dicastero per il Clero la delega per i seminari. Cosa la colpisce incontrando i seminaristi di tutto il mondo, in questo Anno Santo della Misericordia?

R. – A me colpisce soprattutto che i giovani di oggi conoscano tutte le sfide, tutte le difficoltà, tutte le problematiche all’interno della Chiesa e fuori della Chiesa, nella società. Sono giovani coraggiosi, gioiosi, che hanno trovato nella chiamata di Gesù una grande avventura di vita, di amore, il senso profondo di condividere una realtà che è molto più grande del proprio cuore: l’amore di Cristo! Ho trovato nei giovani questo desiderio di fare una trasfigurazione interna, perché è interiore, ma sempre con altri. Vedo sempre sacerdoti, seminaristi che sono come amici, come fratelli e che fanno un cammino insieme. Sempre servire, amare le altre persone. L’amore che abbiamo ricevuto da Cristo, vogliamo farlo realtà quotidiana nel servizio concreto, pastorale. Con tutti i nostri limiti, diamo il meglio, affinché il Signore ci usi come semplici, umili strumenti per portare l’amore e la gioia del Signore, la gioia del Vangelo.

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Parolin inaugura mostra sulla misericordia ai Musei Capitolini

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Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin è intervenuto oggi all’inaugurazione, nei Musei Capitolini di Roma, della mostra intitolata “La misericordia nell'arte. Itinerario giubilare tra i capolavori dei grandi artisti italiani”, promossa da Roma Capitale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata dal Centro Europeo per il Turismo e Cultura. L'evento si inserisce nell'Anno Santo straordinario indetto da Papa Francesco.

“La misericordia - ha detto nell’occasione il porporato - è il cuore del Vangelo” e “la comunità cristiana nel corso dei secoli ha voluto rendere omaggio a questo dono divino e lo ha fatto, tra l’altro, attraverso la realizzazione di capolavori d'arte”. Capolavori – ha aggiunto - che “parlano da soli e sono un autentico connubio tra arte, storia e fede”. Questi artisti – ha osservato – “hanno saputo mostrare la misericordia incarnata nella realtà quotidiana”, rendendo “tangibile a ogni sorta di persona, a qualunque estrazione sociale appartenga, che la misericordia non è solo un concetto astratto, ma si rende visibile nelle opere compiute per carità. Il capolavoro di Piero della Francesca, il Polittico della Misericordia, o quello di Caravaggio, conosciuto come le Sette opere di misericordia – ha spiegato - rispondono a questo inespresso bisogno dell'uomo di vedere e di toccare con mano le verità della fede”.

Queste opere d'arte - ha quindi affermato il cardinale Parolin – “mantengono lo stesso impatto visivo ed espressivo di un tempo. Non hanno perso la loro attualità! La Madonna, che con il suo manto protegge e ripara i fedeli, esprime anche a noi quell'attenzione materna, quell'affetto e quella dedizione che una Madre riserva ai suoi figli. Quel mantello aperto è rivolto a ognuno di noi che l'osserviamo. Le braccia spalancate sono un invito a ricorrere a Lei, ad avere fiducia, a non temere niente e nessuno che verrà a turbare il cuore dei suoi figli”.

La mostra suddivide il percorso in due sezioni, una dedicata alla “Madonna della Misericordia”, l’altra alle “Sette Opere di Misericordia Corporali”. Nella prima si possono ammirare, tra l’altro, un dipinto di Niccolò Alunno, proveniente dalla Pinacoteca Comunale di Assisi, una tavola della fine del Quattrocento del Museo Diocesano di Orte, una tela di Jacopo Zanguidi detto Il Bertoja della Galleria Nazionale di Parma.  Nella seconda sezione si possono vedere un bassorilievo di Pietro Bernini del Museo Nazionale di San Martino, la Carità di Guido Reni e un dipinto di Pierre Subleyras del Museo di Roma. I due grandi capolavori di Piero della Francesca e di Caravaggio, per la delicatezza e l’importanza delle opere, sono documentati attraverso pannelli didattici. 

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Nel dialogo tutti vincono: il Ppa isponde alle domande di alcuni youtuber durante un congresso mondiale di Scholas Occurrentes.

Un articolo di Lucetta Scaraffia dal titolo "La rivoluzione cammina": trenta fotografi per il giubileo di Francesco.

Studiando da Papa: Gianpaolo Romanato su Achille Ratti in Polonia dopo la prima guerra mondiale.

Sposa non serva: Cristiana Dobner sulle opere in italiano corrente di Maddalena de' Pazzi.

Siamo appena all'aurora: l'arcivescovo Bruno Forte in memoria del cardinale Loris Francesco Capovilla.

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Oggi in Primo Piano



Truppe irachene a Falluja, offensiva a Raqqa: in difficoltà l'Is

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In Iraq, truppe governative, appoggiate dalla coalizione internazionale e dall’aviazione irachena, sono entrate a Falluja, occupata dal sedicente Stato islamico. Operazioni sono in corso, inoltre, in una zona a sud est di Mosul. Anche in Siria è iniziata una vasta offensiva, alla quale partecipano decine di migliaia di combattenti curdi, per liberare Raqqa, considerata la capitale siriana dei jihadisti. Per le popolazioni di queste due città sono ore drammatiche. Il servizio di Amedeo Lomonaco

Il centro della città di Falluja è circondato dalle forze governative. I miliziani jihadisti tentano di ostacolare la loro avanzata con razzi, bombe ed obici. Solo poche centinaia di famiglie sono riuscite ad uscire dalla città, la prima a cadere nel 2014, in Iraq, sotto il controllo delle milizie jihadiste. Secondo alcune stime, si trovano ancora a Falluja oltre 50.000 civili e si teme che possano essere usati come scudi umani dalle formazioni jihadiste che non esitano ad uccidere, in particolare, chi fugge dalla città e quanti si rifiutano di combattere al fianco dei miliziani dello Stato islamico.

Nuova operazione a sud est di Mosul
L’offensiva contro le formazioni jihadiste in Iraq è su più fronti. Migliaia di peshmerga curdi iracheni hanno lanciato nuove operazioni nella zona di Khazir, a sudest della città di Mosul. L'obiettivo è di liberare i villaggi curdi dalla presenza dei combattenti jihadisti e avanzare poi verso Mosul, considerata la capitale irachena dello Stato islamico e caduta nel 2014 sotto il controllo delle milizie jihadiste. L'operazione è cominciata con raid aerei della coalizione internazionale a guida statunitense.

Iniziata offensiva per liberare Raqqa
Sono giorni drammatici anche per la popolazione di Raqqa, in Siria, dove sono oltre 300 mila i civili rimasti in città, obiettivo di una possibile, imminente operazione condotta soprattutto da parte di forze curde. Secondo l’Onu, sono decine di migliaia i civili che rischiano la vita tentando la fuga. I miliziani dello Stato islamico, nonostante queste vaste offensive, riescono comunque ancora a conquistare nuovi territori nel nord della Siria, verso il confine con la Turchia.

Si è dimesso il capo negoziatore dell'opposizione siriana
Il fronte delle trattative per la riconciliazione fa registrare infine un nuovo intoppo. Il capo negoziatore dell'opposizione siriana, Mohammad Alloush, ha annunciato le sue dimissioni. Ha spiegato che si tratta di un gesto di protesta per lo stallo nei colloqui di pace. “L'esperienza dei tre round di negoziati a Ginevra non ha avuto successo – ha scritto Alloush su twitter - a causa dell'intransigenza del regime siriano che continua a bombardare civili e l'incapacità della comunità internazionale di rendere effettive le proprie decisioni”.

Sul significato delle operazioni militari a Falluja e nella zona di Raqqa, Amedeo Lomonaco ha intervistato Stefania Azzolina, analista del Centro Studi Internazionali, esperta di Nord Africa e Medio Oriente: 

R. – Falluja, dopo la presa di Ramadi, è l’unica roccaforte in mano allo Stato Islamico nella provincia di Al Anbar. Una buona percentuale di tutti gli attentati nell’area circostante Baghdad avveniva grazie a questo sostegno logistico di cui lo Stato Islamico godeva a Falluja. Quindi la presa di Falluja rappresenterebbe un passo importantissimo per la “bonifica” di questa a regione, in questo momento sotto la stretta osservazione delle forze di sicurezza che stanno cercando di arrivare al confine siriano per cercare di rompere la continuità territoriale dello Stato Islamico tra Siria ed Iraq.

D. – Uno scenario simile si registra proprio in Siria, dove è iniziata un’offensiva che dovrebbe portare, poi, alla liberazione di Raqqa. Anche questa è una operazione fondamentale per rompere le ultime difese dello Stato Islamico…

R. – Raqqa rappresenta la capitale dello Stato Islamico e in questo momento ci sono forze curde che stanno scendendo da settentrione verso sud:  in questo momento vi è una operazione volta a liberare il sobborgo a nord di Raqqa. Anche in questo caso, stiamo comunque assistendo ad una avanzata delle forze peshmerga. Questa operazione è fondamentale per poi pensare ad una pianificazione su Raqqa, che di fatto rappresenterebbe – appunto – una delle grandi battaglie finali contro lo Stato Islamico. Non bisognerà soltanto guardare alla capacità di penetrare all’interno del centro cittadino, ma sarà anche fondamentale la fase di stabilizzazione della stessa cittadina.

D. – Mentre sul versante del terreno si nota comunque un certo dinamismo che è quello tipico delle fasi cruciali, prosegue invece lo stallo soprattutto sul fronte dei negoziati: in queste ore si è dimesso il capo negoziatore dell’opposizione siriana. La porta del dialogo sembra, purtroppo a questo punto, esclusa e si procede solo sul versante militare?

R. – In realtà non è possibile escludere del tutto l’opzione diplomatica: un accordo a livello internazionale dovrà esserci. E parlo soprattutto per quanto riguarda il caso siriano, perché in Siria si innescano diversi interessi regionali e quindi in questo caso l’Iran, l’Arabia Saudita, ma anche la Turchia e la Russia, che tante influenze hanno nel contesto siriano. La Siria rappresenta uno di quei “teatri terzi” del Medio Oriente, in cui si stanno definendo quelli che saranno gli assetti politici del nuovo equilibrio che ci si augura la regione mediorientale troverà da qui a diversi anni.

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Migranti, nuovi sbarchi al Sud. A Ventimiglia la Diocesi si mobilita

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Non si attenua la crisi dei migranti. Centinaia le vittime nel Mediterraneo in questi giorni. Due uomini ritenuti gli scafisti dell'imbarcazione naufragata giovedì nel Canale di Sicilia, provocando la morte di almeno 45 persone, sono stati fermati dalla Polizia. Sugli arrivi, il premier Renzi ha affermato che "non c'è nessuna invasione, i numeri sono gli stessi" dello scorso anno. Intanto a Ventimiglia, il vescovo Antonio Suetta ha lanciato un appello affinché i parroci accolgano i migranti sgomberati dall’accampamento vicino al torrente Roja. Alessandro Guarasci: 

Prosegue l’arrivo di immigrati, soprattutto sulle coste meridionali dell’Italia. A Pozzallo sono sbarcato in 321, tra loro anche 130 minori. Altri 346 sono arrivati a Brindisi e 400 circa a Corigliano. Intanto a Ventimiglia sono stati sgomberati i profughi accampati alla foce del fiume Roja. Secondo la Croce Rossa sono circa 300 i migranti in città. Il vescovo, mons. Antonio Suetta, ha detto che è in trattativa con la Prefettura di Imperia per la realizzazione di una tendopoli nel parcheggio del seminario a Bordighera:

R. – Stiamo ragionando - ma non abbiamo ancora definito nulla - riguardo la realizzazione di due o tre siti di nostra proprietà per fare un’accoglienza in forma di tendopoli. Spero che riusciremo a raggiungere questo accordo perché sembra che si voglia far prevalere la linea dura di sgomberare e portare via, mentre invece – a ieri – su richiesta della Prefettura, abbiamo accolto un gruppo di 20 profughi in seminari.

D. - Come sta trovando le autorità? Sono disponibili a venire incontro alle esigenze di queste perone?

R. - Direi assolutamente sì. C’è lo sforzo comune di studiare delle soluzioni che siano praticabili che non siano di disagio alla cittadinanza. Confido che con la buona volontà si possano trovare.

D. - Come sta reagendo la popolazione in questo momento? Vede solidarietà da parte dei comuni cittadini?

R. - In prevalenza sì, poi magari ci sono voci fuori dal coro che sono anche comprensibili talvolta, perché si amplificano le paure o si seguono dei fantasmi pregiudiziali. In realtà, la maggior parte della gente guarda con simpatia e con umanità questa situazione.

D. - Ci sono alcune forze politiche che vi stanno criticando per questa vostra apertura. Voi come rispondete?

R. - Risponderei di venire a vedere direttamente sul campo. Credo che l’aspetto umano della precarietà e della necessità di queste persone debba essere prevalenti. Lo è di fatto.

Il vescovo ha chiesto ai parroci di aprire le porte delle parrocchie. Così ha fatto padre Francesco Marcoaldi, della Chiesa di San Nicola da Tolentino:

R. – Penso che qui ci siano da 100 a 120 migranti, compresi molti giovani. Sono qui da ieri dopo pranzo; sono arrivati verso le sette e mezzo, noi abbiamo aperto le porte, hanno dormito nel salone parrocchiale e gli abbiamo fornito tutti i servizi necessari perla loro igiene. Stiamo dando loro del cibo anche grazie all’aiuto della Caritas.

D. - Quali sono le condizioni di salute, di igiene di questi migranti che avete accolto? Come li avete trovati?

R. - Fino ad ora sulla spiaggia, per strada, sotto i ponti; per cui le condizioni sembrano quelle di ragazzi normali, ma si nota tristezza, sofferenza, incapacità di poter risolvere i problemi; sono scoraggiati. Per quanto riguarda la salute non saprei, c’è di tutto, anche ragazzi molto sciupati.

D. - Come sta vivendo questo momento la popolazione di Ventimiglia?

R. - Lei sa che questa popolazione vive questo problema da molto tempo. Tutto è iniziato quanto il centro è stato chiuso, quindi questa gente si è rifugiata dove ha potuto. La maggior parte di loro vive lungo la spiaggia o sulla foce del torrente Roja; vivono sotto i ponti, nei giardini pubblici. Tempo fa sono stati vicino alla ferrovia e la gente si lamentava. C’è molto appoggio da parte della gente che si è presentata in parrocchia offrendo la propria collaborazione. Direi che c’è un’alta percentuale di gente disposta ad aiutare.

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L’Iran vieta pellegrinaggio alla Mecca, tensione con Riad

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I pellegrini sciiti a settembre non andranno alla Mecca. Dopo l’ultimatum di 24 ore lanciato sabato scorso all’Arabia Saudita, è questa la decisione presa da Teheran e motivata da ragioni di “dignità e sicurezza” dopo la strage di fedeli avvenuta l’anno scorso a Mina – a pochi chilometri dalla Città Santa – dove rimasero schiacciate nella calca oltre 700 persone, più di 400 iraniani. Ma sono davvero solo queste le ragioni della scelta dell’Iran? Roberta Barbi lo ha chiesto all’islamologo gesuita padre Samir Khalil Samir: 

R. – C’è questo fatto: sono morti 464 iraniani l’anno scorso, sostengono quindi che la sicurezza non è come dovrebbe essere. Hanno avuto delle trattative tra di loro, che non sono però arrivate a un risultato. Si deve anche ricordare, però, che l’Organizzazione degli Stati Islamici – che si è riunita a metà aprile in Turchia – ha condannato anche l’Iran. Era di tendenza molto saudita, in quanto ha considerato sia gli Hezbollah che la Siria come terroristi e l’Iran come colui che appoggia sia Hezbollah del Libano, sia la Siria. L’hanno anche accusato di aver sostenuto lo Yemen.

D. – L’Iran sciita da un lato e dall’altro la dinastia sunnita wahabita che governa a Riad: due Paesi che nel gennaio scorso hanno interrotto le relazioni diplomatiche. Come mai?

R. – Perché c’è da parte dei sunniti un attacco contro gli sciiti: non sopportano gli sciiti. L’Arabia Saudita è quella che guida il gioco: ha bombardato lo Yemen – la parte sciita dello Yemen – lo aveva fatto anche nel Bahrein. All’Organizzazione dei Paesi Islamici – erano presenti 50 Paesi su 57 – ha fatto una condanna diretta all’Iran, dicendo che sostiene il terrorismo. Invece, tutti sanno che chi sostiene l’Is è l’Arabia Saudita, il Qatar, che lo finanziano. C’è un confronto totale tra le due parti, ma con attacchi più forti da parte dell’Arabia Saudita, che si considera il vero islam.

D. – La rivalità tra le due potenze del Golfo si vede anche dalle opposte posizioni che occupano nelle crisi regionali: pensiamo a Siria, Iraq, Yemen, Libano…

R. – Tutto parte dall’odio dei sunniti contro gli sciiti, che considerano eretici. Allora tutto diventa un pretesto... Certo, che gli sciiti non hanno simpatia per i sunniti, ma non attaccano direttamente. Tutto ciò che non corrisponde alla visione saudita che guida il gruppo sunnita perché ha le finanze – Arabia Saudita e Qatar – diviene motivo per condannare gli sciiti. Non sono arrivati a mettersi d’accordo sul numero dei pellegrini: prima l’Iran aveva diritto a mandare 100 mila pellegrini, poi è stato ridotto a 70 mila e adesso a 50 mila. Sono tutte piccole cose, che rinforzano, però, l’odio mutuo che per il momento è sempre a favore dell’Arabia Saudita, che è più forte.

D. – In passato, per tre anni consecutivi l’Iran aveva già boicottato il pellegrinaggio a La Mecca per e la cosa aveva innescato una escalation di violenza. C’è questo rischio anche stavolta?

R. – Il fatto di boicottare non crea rischio per nessuno, perché non ci saranno. Ma non risolve la situazione globale, perché non sono arrivati a trovare degli accordi: ciascuno accusa l’altro di esagerare le condizioni o, al contrario, di ridurre le condizioni di accettazione. C’è un problema: il mondo islamico non riesce a essere un mondo unito. Il terrorismo attuale in Siria e in Iraq è sunnita, al cento per cento, ed è sostenuto da questi Paesi sunniti che hanno il petrolio e che sono ricchi.

D. – Il pellegrinaggio non poteva essere, invece, una buona occasione per riavvicinare i due Paesi?

R. – Certo. Se loro avessero cercato di mettersi d’accordo, ma non è questo il caso. Stanno rafforzando l’opposizione, soprattutto da parte dei sunniti, che rappresentano la maggioranza. Faccio un esempio: esistono piccoli gruppi di sciiti in Egitto, in Africa del Nord e già questo è considerato come inaccettabile perché l’Egitto è un Paese sunnita e dice: “Non avete diritto neanche di avere una cappella sciita nel nostro Paese!”. In questa intransigenza c’è il contrario di tutto quello che noi chiamiamo ecumenismo. È ora che il mondo musulmano cambi atteggiamento e dica: “Bene, siamo diversi, ma che male c’è?”.

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Nigeria: dopo un anno di presidenza Buhari, Boko Haram arretra

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Circa 11.600 prigionieri liberati e diverse aree del Paese ritornate sotto il controllo governativo. Il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, ha diffuso un documento che fa il bilancio della lotta al gruppo terroristico Boko Haram, dopo un anno dal suo insediamento. Il gruppo islamista si è ritarato da molte aree del nordest del Paese grazie all’azione della forza multinazionale della regione. Tuttavia, si segnalano nuove violenze nella città di Biu, dove sei persone sono morte a seguito di un attacco ad un checkpoint. Marco Guerra ne ha parlato con l’africanista redattore della rivista “Africa” dei Padri Bianchi, Enrico Casale: 

R. – Io ritengo ci sia stato un cambio di passo nella lotta al terrorismo. La minaccia di Boko Haram era veramente forte, soprattutto negli ultimi mesi della presidenza di Obasanjo. Guay, nel momento in cui si è insediato, ha subito promesso interventi decisi contro la diffusione di questo movimento. La collaborazione tra gli Stati della regione ha certamente dato un contributo molto forte a questa lotta. Il coordinamento tra le forze armate del Camerun, della Nigeria, del Niger, del Ciad ha sicuramente ristretto il campo di azione di Boko Haram. Detto questo, Boko Haram non è ancora sconfitta.

D. – Infatti, anche in questi ultimi giorni c’è stato un attentato con almeno sei vittime. Ma qual è lo stato di salute di Boko Haram?

R. – In realtà, non si conosce di fatto lo stato di salute di Boko Haram. Si sa che qualche settimana fa il suo leader ha annunciato di voler abbandonare la lotta armata. Probabilmente, ci sono delle tensioni interne a Boko Haram. Va detto, però, che questo movimento jihadista non opera da solo, ma opera all’interno di un network più grande che è il network dell’Is, del Daesh, cioè dello Stato islamico, quindi ha anche a disposizione risorse che gli permettono di poter continuare. La relazione tra l’Is e Boko Haram è dimostrata anche dal fatto che proprio oggi Kobler, il delegato dell’Onu che si occupa della Libia, ha parlato di membri nigeriani, di Is, che lavorano a Sirte e nel Sud della Libia. C’è, quindi, un network, delle collaborazioni, che rendono più difficile il contrasto a questo movimento.

D. – Tanti prigionieri liberati, abbiamo detto, ma delle 200 studentesse per le quali si è mobilitata l’opinione pubblica mondiale – ricorderemo il motto “Bring back our girls” – ancora non si sa niente…

R. – C’è un mistero su queste ragazze. Recentemente, ne sono state liberate due e si sa che alcune di queste studentesse sono state impiegate come schiave dai miliziani di Boko Haram. Le loro condizioni certamente non sono delle migliori. Si aspetta appunto di conoscere meglio il loro destino nelle prossime settimane. Una di queste ragazze, se non vado errato, ha dichiarato di essere stata violentata più volte, tanto che è rimasta addirittura incinta. Vengono utilizzate, quindi, come schiave sessuali e non solo.

D. – L’arretramento di Boko Haram può far sperare per il processo di pacificazione della Nigeria, di questo Paese che, comunque, è diviso in due anime, cristiani e musulmani?

R. – Certamente, può far sperare in una pacificazione, anche se non imminente – lo ripeto – delle aree del nordest della Nigeria. A questo va anche aggiunto il fatto che, se a nord l’offensiva sta producendo i primi piccoli risultati, si stanno riaccendendo a sud quelle tensioni che sembravano sopite, soprattutto nel Delta del Niger, quei movimenti che lavorano contro, operano contro le grandi multinazionali che estraggono idrocarburi in quella regione. Se è vero, quindi, che al nord ci sono piccoli spiragli, il rischio è che la guerriglia si riaccenda a sud. La speranza è che Guay riesca a tenere insieme il Paese e a pacificarlo interamente.    

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Comunali Milano. Don Colmegna: partecipazione è decisiva

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Conto alla rovescia per oltre 1.300 i Comuni italiani chiamati al voto il prossimo 5 giugno, con un possibile turno di ballottaggio previsto per il 19 giugno. Sono un milione i cittadini che devono scegliere il candidato sindaco, tra le città che vanno alle urne anche Milano. Sulle priorità della Chiesa in vista della scelta elettorale, Valentina Onori ha intervistato don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità a Milano: 

R. – La priorità della Chiesa, di fronte a queste elezioni, è stata evidentemente quella di richiamare alcuni temi fondamentali che sono legati a tutta la pastorale e che anche Papa Francesco sta portando avanti. Quindi, un approccio di carattere solidale rispetto soprattutto al tema dell’immigrazione: c’è stata una riproposizione dei temi dell’immigrazione, che quindi entrano fortemente nella valutazione, anche se qui c’è una discriminante ancora importante. C’è tutta una ricchezza delle realtà che si impegnano dal punto di vista dell’ispirazione cristiana, che hanno posto un contributo riguardo al bene comune, guardando quindi a una cultura politica che non sia legata agli interessi privati e all’"io", e amministrare con idee. L’altro punto che ha richiamato la realtà del mondo cattolico è sostanzialmente l’area metropolitana: uno sguardo non soltanto sui confini della città, ma anche su questo allargamento. E’ su questi temi che si è impostata una realtà di rifiuto del linguaggio rancoroso, del linguaggio della contrapposizione, cercando di riscoprire invece l’anima civica, solidale, amica. Ecco, attorno a questi temi ci vuole fortemente una passione. Anche il Terzo settore si è impegnato tantissimo, non per chiedere alla politica ma per fare politica. Una politica nel senso più profondo della parola, come costruzione della polis, della cittadinanza inclusiva.

D. – Voi, della Casa della Carità, quali problemi urgenti riscontrate nei quartieri?

R. – Certamente, il tema della povertà, che si dilata e che diventa sempre più forte. Ci sono tanti problemi di solitudine: c’è una presenza degli anziani che è decisiva, chiedono di rompere la loro solitudine, di essere aiutati. Questa domiciliarietà che stiamo sviluppando all’interno della Casa della Carità credo sia molto importante. Anche qui torna la questione del territorio come luogo di confronto e di condivisione e non solo come luogo di separatezza e di chiusura.

D. – Nei sondaggi emerge una percentuale molto alta di astensionisti. E questo è proprio il sintomo di una lontananza dal mondo politico…

R. – Questa è una grande preoccupazione che abbiamo. Lo sforzo che si fa è quello di avvertire che la partecipazione è un elemento decisivo, perché se si crea scollatura – come si sta intravedendo – e disinteresse, cresce la cultura dell’indifferenza e l’indifferenza non fa bene. I poveri chiedono che ci sia una partecipazione seria, motivata, articolata. Il senso di disinteresse crea poi delle sacche di disorientamento, di abbandono, di marginalità, che però ci interroga e ci inquieta. La prima indicazione è partecipare e poi portar dentro, nelle scelte, i propri contenuti e i propri riferimenti.

D. – In questa campagna elettorale ha visto molti contenuti?

R. – Si sono solo dichiarati sullo sfondo. Non c’è stato un approfondimento… Questa è una patologia dell’esperienza amministrativa e politica che va superata. Sono i contenuti e le idee che fanno crescere lo sviluppo di una città. La Milano, che deve essere la Milano del futuro, deve accorgersi che c’è la volontà di una partecipazione per superare i limiti e le contraddizioni. Spesso c’è contrapposizione tra centro e periferia. Io credo che le periferie siano il luogo in cui la città abita, non possono accettare un rifiuto della politica e della partecipazione come un bene. Si capiscono le ragioni del rifiuto e, appunto, per questo bisogna impegnarsi molto di più a ricostruire fiducia. I giovani attendono proposte e sono capaci già di essere creativi, certo con modalità diverse: i vecchi canoni dell’aggregazione vengono saltati. Il paradosso che continuamente dico: se si pone al centro il tema della sofferenza, della vulnerabilità, della povertà, per superarla e per mettere elementi di condivisione, noi creiamo sviluppo. Non è assistenzialismo e cronicizzazione dei problemi. Milano ha bisogno di una politica che risponda a questo grande patrimonio di esperienze di società civile. Bisogna ricostruire la fiducia.

D. – Voi, come Casa della Carità, cercate di superare questa separazione tra "azione e riflessione" come ribadite nel vostro sito. La politica aiuta in questo?

R. – La coniugazione tra spirituale, capacità mistica e politica ha bisogno di un altro versante della politica. Io credo che abbiamo bisogno di interventi per non andare solo nelle polemiche da talk-show e televisive, nelle battute e apprendere dai giornali e dai titoli delle contrapposizioni. La politica deve anticipare: se segue i sondaggi semplicemente non è una politica rischiosa, una politica coraggiosa. Dobbiamo approfondire, dobbiamo stare sui problemi.

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Nella Chiesa e nel mondo



A Sotto il Monte le esequie del cardinale Capovilla

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Una celebrazione sobria, ma molto partecipata: si sono svolte così, stamane, a Sotto il Monte, in provincia di Bergamo, le esequie del cardinale Loris Francesco Capovilla, scomparso il 26 maggio scorso all'età di 100 anni. La liturgia è stata presieduta dal vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi, che ha concelebrato con alcuni vescovi della Lombardia, altri nativi della diocesi di Bergamo e altri legati da affetto al compianto porporato. Al termine della celebrazione, mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e successore del card. Capovilla alla guida di questa diocesi, ha tenuto la commemorazione del porporato.

Fedeltà assoluta e leale ai Successori di Pietro
In particolare, il presule ha ricordato alcune caratteristiche del cardinale scomparso, storico segretario di Papa Giovanni XXIII, tra cui “la percezione della cattolicità della Chiesa e l’urgenza di amarla obbedendo a Dio e seguendo il Papa nell’aprirsi con Lui al soffio vigoroso del rinnovamento fedele ispirato dallo Spirito del Signore”. “La fedeltà assoluta, leale e libera ai Successori di Pietro – ha detto il presule - è stata una costante dell’intera esistenza di don Loris”. Centrale anche, nella vita del card. Capovilla, la parola “riforma”: “Ispirato dalla profezia del Concilio Vaticano II, da lui totalmente sposata – ha sottolineato mons. Forte – egli si spese senza risparmio per tradurla nella vita della Chiesa”.

Cardinale misericordioso, uomo buono, amico fedele
L’arcivescovo di Chieti-Vasto ha infine letto alcune parole scritte da Elisa, figlia di Marco Roncalli, nipote di Papa Giovanni XXIII: “Era un uomo veramente grande, Loris Francesco Capovilla. Amava la storia e ne traeva insegnamenti. Non era solo sapiente, era anche saggio”. “Pur consapevole dei propri limiti, nutriva una speranza sconfinata nell’avvenire – scrive Elisa - Si sarebbe privato di tutto, pur di aiutare il prossimo. È stato un prete, un vescovo, un cardinale misericordioso, un uomo buono, un amico fedele. Mi dicevi sempre che, quando una persona muore, in realtà  torna a casa. E io sono sicura che tu ora stia bene Si è spento Capovilla? No, per me si è acceso”.

Tumulato accanto a padre David Maria Turoldo
Deposto in una “bara da poveri”, secondo il suo espresso desiderio, il card. Capovilla è stato poi tumulato presso l’antica abbazia di Fontanella di Sotto il Monte, vicino all’amico padre David Maria Turoldo. (I.P.)

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Leader religiosi Kenya: no a violenza, cercare soluzioni pacifiche

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“Il protagonismo delle due maggiori formazioni politiche, specialmente la disputa sulla Commissione elettorale indipendente, è una minaccia alla pace, alla coesione e all’unità dei keniani”, affermano i leader religiosi del Kenya in una dichiarazione intitolata “Per amore del nostro Paese, venite e discutiamo” Il documento, riportato dall’agenzia Fides, è stato firmato al termine di una riunione tenutasi al Centro di ritiro delle Piccole Figlie di San Giuseppe, a Karen, alla quale hanno partecipato rappresentanti della Conferenza episcopale del Kenya e di tutte le principali confessioni religiose del Paese: cristiani, musulmani, indù ed evangelici.

No alla polarizzazione della vita politica nazionale
In particolare, scrivono i leader religiosi, l’estrema polarizzazione della vita politica nazionale in vista delle elezioni generali del 2017, richiede “una soluzione urgente per evitare una crisi imminente che potrebbe complicare le elezioni del prossimo anno e far sprofondare il Paese nella violenza elettorale”. Nel messaggio si porgono anche le condoglianze alle famiglie delle vittime degli incidenti avvenuti il 23 maggio durante le dimostrazioni indette in diverse parti del Kenya dall’opposizione per chiedere lo scioglimento della commissione elettorale, accusata di non essere imparziale, bensì favorevole al presidente in carica, Uhuru Kenyatta.

Necessario il dialogo per il bene del Paese
I leader religiosi invitano, quindi, al dialogo tra i sostenitori del capo di Stato e la coalizione dell’opposizione, che ha annunciato nuove manifestazione di protesta per l’inizio di giugno. Inoltre, a tutti gli attori politici, si ricorda che “il popolo keniano li riterrà responsabili se il Paese dovesse ricadere nell’anarchia a causa di interessi politici inamovibili”. Il documento si conclude riaffermando la disponibilità dei leader religiosi a contribuire al dialogo e alla pacificazione nazionale.

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Bosnia-Erzegovina: duemila al Santuario di Komušina verso la Gmg

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Più di duemila ragazzi (tra i quali anche i 150 che andranno alla Gmg in Polonia) hanno partecipato, in questo fine-settimana, alla 45esima “Giornata dei giovani” in Bosnia-Erzegovina. Un appuntamento che si tiene come da tradizione l’ultimo sabato del mese di maggio. È stato il santuario mariano di Komušina-Kondzilo ad ospitare i ragazzi che sono arrivati da tutto il Paese.

Incontro sul tema giubilare della misericordia
La giornata di sabato – riferisce l’agenzia Sir - ha avuto un prologo nella serata di venerdì 27 maggio con una veglia di preghiera alla quale ha partecipato il cardinale Vinko Puljić, arcivescovo di Sarajevo che, l’indomani, ha celebrato la messa, e guidato momenti di preghiera e riflessione. Si sono alternati momenti di festa a testimonianze di giovani impegnati in attività sociali con i poveri. “Questa giornata – ha detto il card. Puljic sabato ai giovani – ha un significato particolare perché cade nell’Anno santo della misericordia. Per questo, con sentimenti di fede riflettiamo sul messaggio che Papa Francesco ha rivolto in occasione della Gmg di Cracovia: Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia”.

Aprire il cuore al perdono
“In questo santuario dedicato alla Madonna – ha aggiunto il porporato – cercheremo di scoprire la gioia del perdono di Dio attraverso una confessione onesta e sincera. Questo evento meraviglioso deve preparare ad aprire il nostro cuore e la nostra anima a perdonare il prossimo e a diventare costruttori di pace”. “Che questo pellegrinaggio  - è stata l’esortazione conclusiva dell’arcivescovo ai giovani - possa rinnovarvi nella fede, infondervi coraggio per la vita e che possiate con entusiasmo costruire un futuro pieno di fiducia nella bontà di Dio”.

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Al via la campagna per la libertà religiosa promossa dai vescovi Usa

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“Testimonianza di libertà”: questo il tema scelto per la prossima “Fortnight for Freedom”, la campagna per la libertà religiosa promossa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). Giunta alla sua quinta edizione, l’iniziativa ha avuto origine nel 2012 e si svolge ogni anno dal 21 giugno, festa di San Tommaso Moro, patrono dei politici e San John Fisher, fino al 4 luglio, Festa dell’indipendenza. L’evento si articola in preghiere, riflessioni, catechesi e manifestazioni, con l’obiettivo di mobilitare la comunità cattolica e richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla difesa della libertà religiosa, principio fondamentale sancito dal Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.

L’esempio di 14 uomini e donne di fede
Tra gli eventi, si segnala in particolare il convegno sulla libertà religiosa organizzato dalla Diocesi di Rockville Centre per il 27 giugno, alle 19.30. Per l’edizione 2016, inoltre, i fedeli sono chiamati a riflettere sulla vita e le opere di 14 uomini e donne di fede, provenienti da tutto il mondo, che hanno reso testimonianza di un’autentica libertà in Cristo. Tra loro, ci sono il Beato Romero, San Massimiliano Kolbe, Santa Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein) e Santa Caterina Tekakwitha. (I.P.)

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Chiesa indonesiana: proteggere le foreste del Paese

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La conversione in favore dell’ambiente “che ci ricorda sempre Papa Francesco non è solo un richiamo morale per i fedeli cristiani, ma anche un’urgenza per tutti gli indonesiani”. Lo scrive mons. Ignatius Suharyo, arcivescovo di Giakarta, in una lettera pastorale dal titolo “Proteggere la madre terra, il grembo della vita”. Pubblicato in occasione della Giornata internazionale dell’ambiente del prossimo 5 giugno, il messaggio è un appello alla comunità cattolica ad amare, proteggere e rispettare il pianeta e la natura, come delineato nell’ultima enciclica di Papa Francesco “Laudato si' sulla cura della casa comune”.

Dal 2000, 10 milioni di acri di foreste sono andati perduti
L’arcivescovo Suharyo – riferisce l’agenzia AsiaNews - ricorda la risoluzione delle Nazioni Unite sull’ambiente del 1971, affermando che dopo 45 anni la situazione dell’ecosistema è peggiorata in modo notevole: “La Chiesa cattolica – scrive il presule – di cui noi tutti siamo membri, è chiamata a rispondere all’appello con azioni e condotta di vita”. Le condizioni dell’ambiente indonesiano sono molto preoccupanti. Eccessivo inquinamento e disboscamento senza freni hanno messo a dura prova le foreste tropicali dell’arcipelago, soprattutto nelle isole di Sumatra, Kalimantan e Papua. Secondo il rapporto dell’Osservatorio forestale indonesiano, a partire dal 2000 sono andati perduti almeno 10 milioni di acri di foreste. Gran parte di questo danno è dovuto al disboscamento che fa posto alle piantagioni di palma da olio.

Inquinamento rende l’aria irrespirabile
La terra, scrive mons. Suharyo, soffre anche nelle vaste aree inquinate dove sono presenti le industrie minerarie, che senza posa gettano i propri rifiuti nei fiumi. A Giakarta la situazione non è meno complicata. Il gran numero di centrali industriali e di mezzi di trasporto rendono l’aria della capitale quasi irrespirabile. Secondo i dati della polizia, nelle strade della città ci sono 4 milioni di automobili e 13 milioni di motocicli in più di quelli che la viabilità consentirebbe. Per questo motivo, la città è la peggiore al mondo per il traffico, congestionato durante tutto l’arco della giornata.

Suggerimenti per un’ecologia responsabile
Anche i fiumi di Giakarta sono inquinati, così come le strade dove viene accumulata sporcizia e vengono abbandonati rifiuti in modo abusivo: la città, infatti, produce 8mila tonnellate di spazzatura al giorno. Per questi motivi l’arcivescovo della capitale ha dato alcune direttive pratiche ai cattolici. Si consiglia di: ridurre l’uso di confezioni di plastica, privilegiando i materiali riciclabili; abituarsi a portarsi dietro un bicchiere resistente invece che consumare l’acqua in contenitori usa-e-getta di plastica; ridurre l’uso del polistirolo e imparare a separare l’immondizia, fra materiali di plastica e gli altri. “Queste abitudini – scrive mons. Suharyo – dovrebbero essere introdotte e praticate da tutti i cattolici, incluse le canoniche, le residenze pastorali dei sacerdoti, i religiosi e le suore, comprese le strutture scolastiche”.

Iniziative parrocchiali a tutela dell’ambiente
Da ricordare che negli ultimi anni, l’arcidiocesi di Giakarta è stata molto attiva sulle tematiche ambientali, promuovendo numerose iniziative a favore della città. Per esempio, gruppi di parrocchiani ogni fine settimana si ritrovano per andare a raccogliere l’immondizia dalle strade.

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Pontificie Opere Missionarie: aperta l'assemblea generale

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“Risvegliare la coscienza della missione oggi. Le Pom al servizio delle giovani Chiese”: su questo tema si è aperta oggi l’Assemblea generale annuale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom). L’evento è ospitato dalla Casa di Esercizi dei Salesiani, a Roma, e vede la presenza dei direttori nazionali delle Pom provenienti da tutti i continenti. In programma, le “Giornate pastorali” (oggi e domani); una giornata dedicata al 100.mo anniversario della Pontificia Unione Missionaria (1 giugno) e la sessione ordinaria dell’Assemblea (dal 2 al 4 giugno).

Celebrazioni per il centenario della Pontificia Unione Missionaria
I lavori – riferisce l’agenzia Fides - sono stati aperti dall’arcivescovo Mons. Protase Rugambwa, segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e presidente delle Pom, con gli adempimenti di rito, alcune testimonianze e l’introduzione al lavoro in workshops. Nel pomeriggio di oggi la relazione del cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e quella dell’arcivescovo Rugambwa. Quindi, il giorno dopo, lavoro in workshops, dibattito, incontri continentali. Mercoledì primo giugno la giornata sarà dedicata alla celebrazione del centenario della Pontificia Unione Missionaria (Pum), con una visita a Ducenta (Aversa), dove è sepolto il Beato padre Paolo Manna, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere (1872-1952), fondatore della Pum. Presiederà la Concelebrazione eucaristica il cardinale Filoni.

Gli interventi dei relatori
Giovedì 2 giugno avrà inizio la Sessione ordinaria dell’Assemblea, durante la quale i segretari generali delle quattro Pontificie Opere Missionarie presenteranno il rendiconto dell’anno trascorso, la previsione di bilancio e le richieste di sussidio ai progetti che sono pervenute. Prenderanno quindi la parola: il segretario generale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, padre Ryszard Szmydki, Omi; il segretario generale della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo p. Fernando Domingues, Mccj; la dott.ssa J. Baptistine Ralamboarison, segretaria generale della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria; p. Fabrizio Meroni, Pime, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria e direttore del Ciam. Alle relazioni seguiranno gli interventi dei presenti, la discussione in aula e l’approvazione dei progetti. L’ultima relazione sarà di mons. Carlo Soldateschi, incaricato dell’amministrazione.

Sabato 4 giugno, prevista udienza con il Papa
Il programma di venerdì 3 giugno prevede i vari adempimenti finali dell’Assemblea. L’intervento conclusivo del presidente delle Pom, Mons. Rugambwa, chiuderà i lavori. Sabato 4 giugno è in programma l’udienza con Papa Francesco.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 151

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.