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Sommario del 12/03/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: l'amore non sono parole, ma opere concrete

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“L’amore non sono parole, sono opere e servizio”. E’ uno dei punti chiave della catechesi di Papa Francesco all’udienza generale giubilare che ha tenuto stamani in una Piazza San Pietro gremita da oltre 50 mila fedeli. Soffermandosi sul gesto della lavanda dei piedi, il Pontefice ha sottolineato che il servizio è la via che Gesù ci ha indicato per vivere la fede. Quindi, ha ribadito che è fondamentale perdonarsi a vicenda e servire i più bisognosi. Il servizio di Alessandro Gisotti

Con la “lavanda dei piedi”, Gesù ha indicato ai suoi discepoli e a tutti i cristiani il servizio come “via da percorrere per vivere la fede in Lui e dare testimonianza del Suo amore”. E’ quanto sottolineato da Francesco all’udienza giubilare proprio incentrata sul tema “misericordia e servizio”. Un’udienza svoltasi in una soleggiata giornata quasi primaverile con oltre 50 mila fedeli venuti da tutto il mondo che hanno gremito Piazza San Pietro.

Il modo di agire di Dio è il servizio
Nella catechesi, il Papa si è dunque soffermato sul gesto “inatteso e sconvolgente” della lavanda dei piedi degli apostoli:

“Lavando i piedi agli apostoli, Gesù ha voluto rivelare il modo di agire di Dio nei nostri confronti e dare l’esempio del suo ‘comandamento nuovo’ di amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amato, cioè dando la vita per noi”.

L’amore non sono parole, ma opere
Francesco ha quindi messo l’accento sull’amore come “servizio concreto” che “rendiamo gli uni agli altri”. “L’amore - ha avvertito - non sono parole, sono opere e servizio; un servizio umile, fatto nel silenzio e nel nascondimento, come Gesù stesso ha detto: ‘Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra’”:

“Inoltre, si esprime nella condivisione dei beni materiali, perché nessuno sia nel bisogno. Questo della condivisione e della dedizione a chi è nel bisogno è uno stile di vita che Dio suggerisce anche a molti non cristiani, come via di autentica umanità”.

Perdonarsi a vicenda, pregare a vicenda
Non dimentichiamo, ha soggiunto, che “lavando i piedi dei discepoli e chiedendo loro di fare altrettanto, Gesù ci ha invitato anche a confessare a vicenda le nostre mancanze e a pregare gli uni per gli altri per saperci perdonare di cuore”. Ha così rammentato le parole di Sant’Agostino quando scriveva: “Non disdegni il cristiano di fare quanto fece Cristo. Perché quando il corpo si piega fino ai piedi del fratello, anche nel cuore si accende, o se già c’era si alimenta, il sentimento di umiltà”:

“Perdoniamoci a vicenda i nostri torti e preghiamo a vicenda per le nostre colpe e così in qualche modo ci laveremo i piedi a vicenda. L’amore, la carità e il servizio, aiutare gli altri, servire gli altri”.

Servire gli altri, questo è amore!
“C’è tanta gente – ha così detto a braccio – che passa la vita” nel “servizio degli altri”. La settimana scorsa, ha rivelato, “ho ricevuto la lettera di una persona” che “mi ringraziava per l’Anno della Misericordia; mi chiedeva di pregare per lei, perché potesse essere più vicina al Signore”:

“La vita di questa persona era curare la mamma e il fratello; la mamma a letto, anziana, lucida ma non si poteva muovere e il fratello disabile, sulla sedia a rotelle. Questa persona, la sua vita, era servire, aiutare. E questo è amore! Quando tu ti dimentichi di te stesso e pensi agli altri: questo è amore! E con la lavanda dei piedi il Signore ci insegna ad essere servitori, più servi, come Lui è stato servo per noi, per ognuno di noi”.

I giovani difendano i valori in cui credono
Dunque, ha concluso, “essere misericordiosi come il Padre significa seguire Gesù sulla via del servizio”. Al momento dei saluti ai tanti pellegrini in Piazza, ha rivolto un pensiero speciale – tra gli altri – ai fedeli dell’arcidiocesi di Napoli che ha ricordato "con nostalgia", accompagnati dal cardinale Crescenzio Sepe, il gruppo Amici del Cardinale Pironio, i giovani partecipanti all’Incontro dei volontari del Servizio Civile e l’Associazione dei Maestri Cattolici, in occasione del settantesimo anno di fondazione, come pure l’Adiconsum. Oggi, ha detto, ricorre la memoria liturgica di San Massimiliano di Tebessa, “martire per obiezione di coscienza durante l’impero romano”:

"Cari giovani, imparate da lui a difendere i valori in cui credete; cari ammalati, offrite le vostre sofferenze per quanti ancora oggi subiscono persecuzioni a causa della fede; e voi, cari sposi novelli, siate collaboratori di Dio nell’impegno di educatori dei vostri figli".

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Papa: vicini a chi attende una rapida verifica della situazione matrimoniale

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Papa Francesco ha incontrato stamane nell’Aula Paolo VI in Vaticano i partecipanti a un corso di formazione della Rota Romana sul nuovo processo matrimoniale e sulla procedura super rato. I nuovi provvedimenti in materia - ha detto - mostrano la sollecitudine della Chiesa verso quei fedeli che attendono una rapida verifica sulla loro situazione matrimoniale. Il servizio di Sergio Centofanti

Durante il Sinodo sulla famiglia – ha detto il Papa - sono emerse "forti aspettative per rendere più agili ed efficaci le procedure per la dichiarazione di nullità matrimoniale. Tanti fedeli, infatti, soffrono per la fine del proprio matrimonio e spesso sono oppressi dal dubbio” se sia valido o meno: “Ma questi fedeli in molti casi – ha osservato - trovavano difficoltà ad accedere alle strutture giuridiche ecclesiali ed avvertivano l’esigenza che le procedure fossero semplificate”. “La carità e la misericordia, oltre che la riflessione sull’esperienza - ha proseguito il Pontefice - hanno spinto la Chiesa a rendersi ancora più vicina a questi suoi figli, venendo incontro ad un loro legittimo desiderio di giustizia". Così il 15 agosto scorso sono stati promulgati i documenti Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, "che hanno raccolto i frutti del lavoro della commissione speciale istituita il 27 agosto 2014" con "un obiettivo eminentemente pastorale":

"Mostrare la sollecitudine della Chiesa verso quei fedeli che attendono una rapida verifica sulla loro situazione matrimoniale. In particolare, è stata abolita la doppia sentenza conforme e si è dato vita al cosiddetto processo breve, rimettendo al centro la figura e il ruolo del Vescovo diocesano, o dell’Eparca nel caso delle Chiese orientali, come giudice delle cause. Si è così ulteriormente valorizzato il ruolo del Vescovo o dell’Eparca nella materia matrimoniale; infatti, oltre all’accertamento per via amministrativa – rato e non consumato –, a lui è ora rimessa la responsabilità della via giudiziaria in ordine all’accertamento della validità del vincolo”.

È importante - ha detto ancora il Papa – “che la nuova normativa sia recepita e approfondita, nel merito e nello spirito, specialmente dagli operatori dei Tribunali ecclesiastici, per rendere un servizio di giustizia e di carità alle famiglie”:

“Per tanta gente, che ha vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica della validità o meno del matrimonio rappresenta un’importante possibilità; e queste persone vanno aiutate a percorrere il più agevolmente possibile questa strada (…) La Chiesa è madre e vuole mostrare a tutti il volto di Dio fedele al suo amore, misericordioso e sempre capace di ridonare forza e speranza. Ciò che più ci sta a cuore riguardo ai separati che vivono una nuova unione è la loro partecipazione alla comunità ecclesiale”.

Ma mentre “ci prendiamo cura delle ferite di quanti richiedono l’accertamento della verità sul loro matrimonio fallito – ha concluso Papa Francesco - guardiamo con ammirazione a coloro che, anche in condizioni difficili, rimangono fedeli al vincolo sacramentale”:

“Questi testimoni della fedeltà matrimoniale vanno incoraggiati e additati come esempi da imitare. Tante donne e uomini sopportano cose pesanti, grosse per non distruggere la famiglia, per essere fedeli nella salute e nella malattia, nelle difficoltà e nella vita tranquilla: la fedeltà. E sono bravi, eh?”.

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Papa Francesco in Polonia dal 27 al 31 luglio per la Gmg di Cracovia

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Papa Francesco, accogliendo l’invito delle massime autorità e dei vescovi polacchi, si recherà in visita pastorale in Polonia dal 27 al 31 luglio prossimi in occasione della 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Cracovia. Lo ha reso noto oggi ufficialmente la Sala Stampa della Santa Sede. La Gmg si svolge nell'Anno giubilare sul tema «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).

Nel suo Messaggio per la Gmg, pubblicato nel settembre dell’anno scorso, il Papa ricorda ai giovani che la gioia di Dio è perdonare, ma la misericordia non è “buonismo”, né sentimentalismo perché non cancella la giustizia. Nello stesso tempo, però, “l’unica via per vincere il male è la misericordia”: la giustizia è necessaria, ma non sufficiente, perché “giustizia e misericordia devono camminare insieme”.

Quella di Cracovia è la prima Gmg ad essere celebrata, a livello mondiale, dopo la canonizzazione dei Giovanni Paolo II. Sarà la terza volta che un raduno internazionale dei giovani coincide con un Anno giubilare. Così accadde nel 1983-84, durante l’Anno Santo della Redenzione, e poi nel Grande Giubileo del 2000, quando più di due milioni di giovani di circa 165 Paesi si riunirono a Roma per la 15.ma Gmg.

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Presentato in Polonia il viaggio del Papa nel Paese

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Oggi è stato presentato a Cracovia e Varsavia una prima bozza del programma del viaggio che il Papa compirà in Polonia dal 27 al 31 luglio prossimi in occasione della 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù.

Il Papa arriva mercoledì 27 luglio all’aeroporto di Cracovia-Balice. I primi incontri sono quelli con il presidente della Repubblica e con i vescovi polacchi. La sera, la bozza del programma prevede che all’arcivescovado di Cracovia il Papa si affacci alla stessa finestra dalla quale Giovanni Paolo II usava parlare con i giovani.

Giovedì 28 luglio è prevista la tappa a Czestochowa con una preghiera privata davanti all’icona della Madonna Nera e la Santa Messa in occasione del 1.050.mo anniversario del Battesimo della Polonia.

Venerdì 29 luglio sono previsti in mattinata la visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e nel pomeriggio la Via Crucis sulla Spianata di Cracovia.

Sabato 30 luglio, visita al Santuario della Divina Misericordia a Łagiewniki; la bozza del programma prevede che il Papa attraversi la Porta Santa e si rechi nella cappella in cui è sepolta Santa Faustina Kowalska (la cappella non è nel Santuario, ma accanto). Quindi, la Santa Messa con i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi. Nel Santuario, è previsto che il Papa confessi alcuni giovani; poi il pranzo con alcuni di loro. In serata, la Veglia di preghiera per la Giornata mondiale della gioventù.

Domenica 31 luglio, Papa Francesco celebra in mattinata la Santa Messa con l’invio dei giovani. Nel pomeriggio l'incontro con i volontari della Gmg, il Comitato organizzatore e i benefattori. Infine, la cerimonia di congedo e la partenza per Roma.

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Angelus: il Papa dona 40 mila Vangeli, lo distribuiranno i nonni

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Questa domenica, al termine dell’Angelus verrà distribuito in Piazza San Pietro “Il Vangelo della Misericordia di San Luca”. Lo rende noto l’Elemosineria Apostolica. Il Papa - riferisce un comunicato - presenterà e mostrerà questo Vangelo, in formato tascabile, dalla finestra del Palazzo Apostolico e, quando sarà conclusa la preghiera mariana, donerà i 40.000 libretti alle persone presenti in Piazza. Questa volta, i volontari impegnati nella distribuzione saranno gli operatori e gli assistiti del Dispensario Pediatrico di Santa Marta in Vaticano, insieme a un migliaio di nonni e anziani provenienti dalla città di Roma.

E’ importante – sottolinea il comunicato - che “a consegnare il dono del Papa siano proprio coloro che con se stessi ci hanno trasmesso la vita e tramandano ai propri figli e nipoti i valori più belli e più grandi: ora, come saggi annunciatori della misericordia del Padre celeste, ci fanno dono e ci consegnano l’eredità più preziosa, il Vangelo di Gesù! Come sono esperti di misericordia i nonni, così da loro potranno impararla i figli e i nipoti”. Dopo la distribuzione dei Vangeli, tutti questi volontari varcheranno la Porta Santa della Misericordia.

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Padre “Pepe”: anche da Buenos Aires camminiamo con Francesco

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Segni di gratitudine, iniziative di preghiera, messaggi sui social network. Sono tanti i modi in cui già in queste ore, in tutto il mondo, viene celebrato il terzo anniversario dell’elezione di Papa Francesco che ricorre domani. Particolarmente emozionata, nella ricorrenza, è naturalmente la comunità di fedeli di Buenos Aires, soprattutto i più umili che erano i primi nel cuore dell’arcivescovo Bergoglio. Alessandro Gisotti ha raccolto telefonicamente la testimonianza di padre "Pepe" Di Paola, a cui Bergoglio ha affidato la cura pastorale dei poveri delle Villas Miserias: 

R. - Yo creo que la gente està muy feliz, durante…
Io credo che la gente sia molto felice.  Magari inizialmente si poteva credere che fosse solamente per la persona, che fosse solo una sensazione, poi però la gente si è resa conto che non si trattava di una sensazione! In questi tre anni da Pastore della Chiesa continua questo cammino di trasformazione, questo cammino spirituale, che sta rafforzando molti cattolici, magari anche lontani, dando grande speranza a tutti quei cattolici che desideravano una Chiesa più vicina alla gente, più vicina ai problemi della gente … E quindi lo viviamo con grande gioia sin dall’inizio del suo Pontificato e si va sempre più rafforzando col passare degli anni.

D. – Sono tre anni che abbiamo Francesco come Papa. Quali sono le cose che più la colpiscono rispetto agli anni di Bergoglio in Buenos Aires?

R. – Yo creo que lo mas importante de nosotros, los curas que...
Io credo che la cosa più importante per tutti noi, i sacerdoti che lavoravamo con lui in Buenos Aires, sia quella di testimoniare al mondo che Bergoglio è la stessa persona, con le stesse convinzioni riguardo agli immigrati, riguardo alla povertà, riguardo al relativismo, riguardo ai grandi problemi e all’attualità del mondo di oggi.  Anche quando era a Buenos Aires aveva una solidità spirituale ed ecclesiale e un atteggiamento austero …. La miglior testimonianza che possiamo dare è quella di dire che Bergoglio è coerente ed è la stessa persona! Oggi abbiamo la grazia che non è più in una sola diocesi, ma guida la Chiesa nel mondo. Quindi noi possiamo solo dare questa testimonianza, che continua cioè ad essere sempre la stessa persona che era prima di essere eletto alla Cattedra di Pietro.

D. – L’anniversario dell’elezione rappresenta anche il momento in cui Bergoglio è stato “tolto” all’Argentina dalla Chiesa universale. Manca alla gente di Buenos Aires e in particolare della “Villas Miserias”?

R. – Se lo recuerdan con mucho afecto, pero….
Lo ricordano con grande affetto! Credo che la gente di qui sia molto felice che lui sia lì a Roma e condivide con gli altri la gioia che prova; chi lo ha incontrato o lo conosce è felice di sapere che sia stato affidato alla Chiesa, alla Chiesa universale. E’ anche bello che gli italiani lo sentano così vicino, preghino per lui ed abbiano il suo ritratto in casa. E’ la presenza di Jorge Mario Bergoglio!

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Mons. Gallagher: libertà religiosa sempre più a rischio nel mondo

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La comunità internazionale deve “riaffermare il diritto alla libertà religiosa e condannare ogni tipo di discriminazione ed intolleranza per motivi religiosi in ogni angolo della terra”: questo il forte appello lanciato da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, intervenuto stamani, a Roma, ad un incontro di formazione missionaria. Incentrato sul tema “La nostra Chiesa è Chiesa dei martiri”, l’evento è stato promosso ed organizzato dal Centro diocesano per la Cooperazione missionaria tra le Chiese.

Aumentano le discriminazioni. Serve azione concertata tra gli Stati
Nel suo discorso, il presule ha espresso preoccupazione per l’attuale contesto in cui si registra “un crescendo esponenziale di casi di intolleranza, discriminazione, estremismo, fondamentalismo, rischi per le libertà individuali, soprattutto per quanto concerne la libertà religiosa e di espressione”, cui si aggiungono “gli attacchi e le minacce continue del terrorismo di varia matrice”. Si tratta di sfide che richiedono “un’azione energica e concertata tra gli Stati – ha detto mons. Gallagher – per salvaguardare i diritti umani, l’intero sistema democratico dei singoli Paesi e la sicurezza internazionale”.

Leggi su blasfemia e traffico illecito di armi causano fondamentalismo
Poi, l’arcivescovo si è soffermato sui fattori che sono all’origine degli estremismi e fondamentalismi religiosi, come ad esempio la promulgazioni di leggi sulla blasfemia, “facile pretesto” per perseguire chi professa un credo diverso da quello della maggioranza; i regimi autoritari o totalitari che limitano la libertà religiosa; la “piaga del traffico illecito di armamenti, la produzione e la vendita di armi da parte di soggetti di diritto internazionale” che prolungano i conflitti; la “continua destabilizzazione del Medio Oriente” che ha “aggravato le violenze” contro le minoranze religiose, comprese quelle cristiane, costrette “ad abbandonare le proprie case per fuggire dagli orrori della guerra e dalle persecuzioni”.

Garantire ai cristiani pieni diritti e pari dignità
Si tratta di “un esodo forzato”, ha ribadito mons. Gallagher, ricordando che tale dramma colpisce anche altri Paesi, come la Libia e la Nigeria, provocando “un’emorragia inarrestabile”. Al contrario, i cristiani “come cittadini di pari dignità, dovrebbero avere assicurate tutte le condizioni per permanere nelle loro terre di origine o di farvi ritorno”, con la garanzia del “pieno diritto di partecipare alla vita pubblica del Paese”. E neanche l’Occidente viene risparmiato, ha aggiunto il presule, perché in questa parte del mondo “le forme di discriminazione spesso appaiono sotto la parvenza della cosiddetta difesa dei valori democratici”.

Libertà religiosa va promossa, non limitata
Ricordando, quindi, che i cristiani sono il gruppo religioso che presenta “il numero più elevato di vittime”, mons. Gallagher ha affermato, con rammarico, che tale questione “non è stata presa in seria considerazione” e che “solo di recente” la comunità internazionale ha iniziato a riflettere ed  a prendere posizione sulla questione. La Santa Sede, invece, “ha sempre sostenuto l’importanza del rispetto della libertà religiosa, che va promossa e non limitata”. Infatti, “sulla base di questa libertà, intesa come diritto fondamentale – ha spiegato mons. Gallagher - si possono creare spazi di dialogo più ampi”, favorendo “le condizioni necessarie per costruire società più inclusive e stabili”, perché “la religione è parte dell’identità di un Paese e lo Stato deve preoccuparsi di mantenere e rispettare questa identità”.

Sradicare povertà, combattere ignoranza, promuovere dialogo
Ma allora come estirpare radicalismi e fondamentalismi? Intervenendo sulle “radici che li hanno generati”, ha detto mons. Gallagher, tra cui “l’ingiustizia, la disuguaglianza sociale e la povertà” che “costituiscono l’alveo ideale nel quale possono sorgere e attecchire visioni e prassi fondamentaliste”. Non solo: è importante anche “combattere l’ignoranza”, onde evitare “derive estremiste”. Ed in questo campo, la Santa Sede è “fortemente impegnata”, soprattutto attraverso la promozione del  dialogo interreligioso che favorisce “la mutua comprensione, il rispetto e la collaborazione fra i cattolici” ed i non cattolici. Senza dimenticare le numerose attività che la Chiesa cattolica porta avanti in tutto il mondo, nel campo educativo e sanitario, a beneficio di tutti, “senza alcuna distinzione e nel pieno rispetto delle diversità di ciascuno”.

Tutelare pace e diritti fondamentali di ogni persona umana
Infine, mons. Gallagher ha lanciato un appello ad “unire gli sforzi per una maggiore cooperazione e solidarietà a favore delle popolazioni colpite dalle guerre e per tutti coloro che subiscono ogni genere di oppressione a causa del loro credo religioso”, così da contribuire a “ridurre l’emergenza umanitaria”, “tutelare la pace e garantire il rispetto della dignità di ogni persona umana e dei suoi diritti fondamentali”. (A cura di Isabella Piro)

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Nomine episcopali in Vietnam

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Due nomine episcopali in Vietnam. Papa Francesco ha nominato vescovo della diocesi di Đà Nang mons. Joseph Đăng Đúc Ngân, trasferendolo dalla diocesi di Lang Són et Cao Bang, e ha nominato vescovo della diocesi di Lang Són et Cao Bang mons. Joseph Chau Ngoc Tri, trasferendolo dalla diocesi di Đà Nang.

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Vatileaks 2, riprendono le udienze

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Questa mattina presso il Tribunale della Stato della Città del Vaticano, nell’ambito del procedimento penale in corso per la divulgazione di notizie e documenti riservati, ha avuto luogo l’udienza dibattimentale a porte chiuse che era stata indetta dal presidente del Tribunale dopo il deposito della relazione tecnica compiuta dai due periti, d’ufficio e di parte. Erano presenti il Collegio completo, il promotore di Giustizia e tutti gli imputati con i loro avvocati. L’udienza è durata circa un’ora. Come già previsto, l’udienza dibattimentale proseguirà il prossimo lunedì 14 marzo alle ore 15.30.

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Roma, funerali di un senzatetto: il Papa offre un pranzo agli amici

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Stamane, nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina, è stato celebrato il funerale di un senzatetto, Boris, un polacco di 57 anni. Il clochard è morto circa due settimane fa in Via della Conciliazione. Le esequie, ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, si sono potute svolgere solo oggi a causa di adempimenti burocratici. Dopo il rito, tutti gli amici del senzatetto sono stati invitati nel Dormitorio "Dono di Misericordia" in Via dei Penitenzieri, messo a disposizione dai Gesuiti: qui hanno potuto ricevere un pranzo offerto da Papa Francesco.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “All’inizio del quarto anno”. 

Fino ai piedi del fratello: all’udienza giubilare Francesco parla di misericordia e servizio.

Un servizio di giustizia e carità alle famiglie: il Papa raccomanda di recepire e approfondire la nuova normativa sulla nullità matrimoniale.

Dialogo e carità contro le persecuzioni: l’arcivescovo segretario per i Rapporti con gli Stati a un incontro di formazione missionaria.

Neanch’io ti condanno: Enzo Bianchi sull’incontro tra Gesù e l’adultera.

Come resistere nella giungla di Calais: dalla città francese, Charles de Pechpeyrou a colloquio con una psichiatra che assiste i profughi.

Cercando un volto: l’introduzione dell’autore Marco Roncalli e la postfazione di Giuseppe Lupo al libro “Giubileo d’autore”.

La sfida dell’icona: Giovanni Cerro sugli artisti della tradizione bizantino-ortodossa al servizio della fede.

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Oggi in Primo Piano



Sud Sudan, la denuncia dell'Onu: stupri come paga per i soldati

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Le violazioni dei diritti umani nel Sud Sudan sono tra le più orrende al mondo, con l’utilizzo massiccio dello stupro come strumento di terrore e arma di guerra, ma anche utilizzato come paga per i combattenti. Lo denuncia un rapporto delle Nazioni Unite reso noto a Ginevra, e nel quale l'Onu descrive  le violazioni condotte dalle milizie del governo contro i civili.  Francesca Sabatinelli

Stupri come paga per i soldati, e poi saccheggi, massacri di adulti e di bambini. Sono terribili, e irripetibili  gli strazianti dettagli che fornisce l’Onu: sono le violazioni che i militari del governo conducono sui civili sospettati di sostenere l’opposizione, una violenza che è anche una  forma di pagamento, in sostituzione dello stipendio. Il Sud Sudan è una palestra degli orrori, dove si commettono, ritiene l’Onu, violazioni che possono costituire crimini di guerra e/o crimini contro l’umanità. E' lo Stato più giovane al mondo e tra i più dilaniati dalla violenza, preda di una guerra tra le fazioni del presidente Salva Kiir e del suo ex vice Riek Machar. Un conflitto iniziato alla fine del 2013 e che ha gettato la popolazione in uno stato di terribile miseria, di fame e di gravi malattie, dove i bambini vengono uccisi ma anche arruolati forzatamente nelle milizie armate, dove dei crimini del governo non si parla. Del conflitto nel  Paese fu il New York Times a scrivere che si trattava di una “delle guerre più crudeli, ingestibili e senza senso di tutto il continente africano, una di quelle che è peggiorata senza sosta”. In cinque mesi, nel 2015, sono stati segnalati oltre 1.300 stupri soltanto in uno dei 10 Stati, quello di Unity, ricco di petrolio. E di tutto questo sono colpevoli tutti: i gruppi di opposizione ma principalmente le forze governative e le milizie affiliate che, ha denunciato Amnesty International, sono stati autori dell'ennessimo orribile massacro, definito "crimine di guerra", di cui si è riuscito a trovare le prove: una fossa comune con oltre 60 corpi di uomini e bambini morti soffocati dopo essere stati rinchiusi in container non ventilati. I corpi sono stati poi scaricati in un campo nello Stato di Unity. Un episodio, scrive l'organizzazione, che dimostra "l'assoluta indifferenza del governo sud sudanese nei confronti delle leggi di guerra". 

Nel Sud Sudan si riscontrano tra i più alti livelli di mortalità materna e infantile per malnutrizione e patologie varie al mondo. Il 90% della popolazione vive con meno di 1 dollaro al giorno, meno del 50% della popolazione ha accesso ad una fonte di acqua, 135 bambini su 1.000 muoiono prima di raggiungere i 5 anni. Sono i dati forniti dall’organizzazione umanitaria Comitato Collaborazione Medica, presente in Sud Sudan dal 1983. Da tre anni vive lì, nella capitale Juba, Elisabetta D’Agostino, Rappresentante Paese del Ccm, che conferma al microfono di Francesca Sabatinelli quanto denunciato dall’Onu: 

R. – Qui, in capitale, arrivano ovviamente notizie, a volte sono confermate e a volte sono soltanto voci, però colleghi di altre organizzazioni umanitarie confermano che la situazione rimane pesantemente instabile e che le vittime principali di questo conflitto siano comunque i civili. Due settimane fa c’è stato un attacco addirittura all’interno di un campo di sfollati, all’interno di una base della missione delle Nazioni Unite, in cui sono stati uccisi diversi civili, diversi sfollati. La situazione economica del Paese, che sta ormai degenerando da un anno a questa parte, credo abbia ulteriormente inasprito il conflitto e la sofferenza della popolazione civile. Anche perché poi c’è un numero altissimo di militari e di soldati, ma non ci sono poi le risorse per pagarli e per sostenerli.

D. – E qui arriviamo proprio alla denuncia delle Nazioni Unite, laddove si dice che soldati, ma anche le milizie alleate, vengono legittimate a depredare, a stuprare proprio perché in assenza di paga…

R. – Le voci erano già arrivate e da un po’ si parlava del coinvolgimento diretto e, in qualche modo, anche un po’ confermato, delle milizie, dell’Spla (Sudan People’s Liberation Army – esercito governativo Ndr) in attacchi a villaggi che comprendevano, oltre a massicce ruberie nei mercati e nelle case, anche stupri e uccisioni di civili. Un po’ come se il concetto fosse: “Non riusciamo a pagarvi, visto che siete stati coinvolti in una azione militare, vi lasciamo liberi di prendervi quello che potete, quello che volete, nei villaggi limitrofi interessati dal conflitto”. Questo temo che avvenga anche in West  Bahr al-Ghazāl e non solamente nello Unity, ma anche in altre aree, perché il conflitto si è diffuso e ci sono stati focolai di scontri, che si sono poi allargati in  Central Equatoria, West Equatorial e West  Bahr al-Ghazāl. In tutti questi casi si è parlato di un massiccio coinvolgimento di civili come vittime, sia durante il conflitto stesso che in seguito, come conseguenza della libertà di questi militari di fare un po’ come credono e di ripagarsi da soli dello sforzo fatto.

D. – Nella capitale, a Juba, come vivete? Cosa accade?

R. – Dopo gli scontri del 2013 non è più stata coinvolta direttamente nel conflitto, ma in questi anni abbiamo vissuto un crescente livello di criminalità e un crescente livello di insicurezza, che spesso e volentieri ha riguardato anche lo staff delle organizzazioni internazionali e delle Nazioni Unite, si parla anche di stupri di staff internazionali. Anche qui si tratta di criminali che di giorno indossano la divisa e poi di notte la dismettono, ma tengono le armi per interessi personali e questo proprio perché non ricevono il salario o delle paghe adeguate. Questo tipo di crimini resta impunito! Diciamo che c’è stata una forte disattenzione, nonostante i molti richiami delle organizzazioni internazionali, delle reti e delle Nazioni Unite affinché il governo si spendesse per una maggiore sicurezza.

D. – Al di là di queste agghiaccianti testimonianze, in che condizioni socio-economiche è questo Paese?

R. – Il Paese è in una situazione pressoché disperata! La sterlina sudanese, la moneta locale, subisce una svalutazione gigantesca rispetto al dollaro. La guerra impedisce anche l’utilizzo del petrolio, che è poi la risorsa primaria del Paese, così come anche quel poco di attività agricola che permetteva un minimo di sostentamento. In questo momento siamo nella stagione secca e continuiamo a registrare un crescente numero di casi di malnutrizione, come spesso avviene, casi che possono portare a conseguenze gravi molto complesse, perché le condizioni sono sanitarie del Paese sono estremamente fragili, con una struttura molto povera, in cui la mancanza di infrastrutture rende spesso impossibile l’accesso della popolazione ai pochi servizi sanitari presenti. Molte Ong, come noi, stanno cercando di fare uno sforzo importante per rafforzare il sistema sanitario locale, ma i bisogni sono comunque altissimi al momento e, ovviamente, il conflitto non fa che peggiorare la situazione, perché viviamo in un Paese in cui ci sono quasi 4 milioni di sfollati interni, che hanno bisogno di tutto, che non hanno alcun accesso ai beni primari e che bisogna seguire. Oltre tutto si sta registrando una diminuzione - devo dire la verità - dei fondi disponibili da parte dei donatori per il protrarsi della situazione di instabilità e per la reticenza del governo e dell’opposizione a firmare gli accordi di pace.

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Siria: lunedì i colloqui di pace a Ginevra. Tregua fragile

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A due giorni dall’avvio dei negoziati di pace per la Siria a Ginevra, nel Paese la tregua regge solo parzialmente. Intanto si mette a punto il pacchetto di questioni che dovranno essere discusse dal governo di Damasco, dalle opposizioni e dai mediatori internazionali. L’auspicio dell’Onu è che si vada subito al voto per elezioni generali. Ce ne parla Giancarlo La Vella: 

Elezioni presidenziali e parlamentari entro 18 mesi. Lo ha detto ieri l'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, praticamente a poche ore dai colloqui di Ginevra, decisivi per il futuro del Paese al quinto anno di guerra. Da dopodomani al centro dei negoziati anche le questione del varo di un nuovo governo e di una nuova costituzione. De Mistura sottolinea che, se si andrà alle urne, saranno consultazioni sotto lo stretto controllo dell’Onu. Intanto, sul terreno, dopo due settimane, il cessate il fuoco sta funzionando a macchia di leopardo. Gli Stati Uniti puntano il dito contro il regime di Damasco e si dicono preoccupati dalle numerose violazioni della tregua, che coinvolgono troppo spesso la popolazione civile. Emblematico il commento del nunzio apostolico in Siria, mons. Zenari. Ai microfoni di TV 2000 il presule afferma: “Da due settimane a Damasco non ci sono bombardamenti, ma nel resto della Siria c’è ancora sofferenza. Oltre 10 mila bambini – sottolinea – hanno perso la vita in questo conflitto”.

Sulle speranze dell’Onu per una stabilizzazione della Siria, Giancarlo La Vella ha parlato con Lorenzo Trombetta dell’Ansa di Beirut: 

R. – Da un punto di vista militare, sicuramente sembra prematuro. Certamente è uno sguardo che guarda molto lontano, e che sembra non tener conto di tutta una serie di ostacoli che ci sono sul terreno e che ci saranno anche a livello diplomatico.

D. – Nel novero degli argomenti esposti dall’Onu manca la questione Stato Islamico…

R. – Perché la questione dello Stato Islamico, nella narrativa dell’Onu, e in generale in quella degli Stati Uniti e della Russia, è una questione quasi disgiunta da quella della lotta per il potere in Siria. Come se la guerra all’Is fosse rubricata nella grande questione della guerra al terrorismo jihadista, come se non avesse nulla a che fare con le violenze in corso in Siria dal 2011. Quando poi sappiamo che l’Is arriva in Siria e in Iraq in un contesto fortemente dominato dalla violenza, dal vuoto di potere istituzionale locale. E quindi la sua presenza è strettamente legata, e quindi anche la lotta all’Is, alla questione della lotta per il potere in Siria. Questa, secondo me, è una delle contraddizioni nella teoria del processo di pace in Siria, per cui la lotta all’Is è una cosa e prosegue su un binario, mentre la lotta invece tra il cosiddetto regime e opposizioni siriane è un’altra questione.

D. – Le parti sembrano più concentrate su quello che potrà essere il ruolo del Presidente Assad…

R. – Questa è una questione sollevata sin dal 2011 dalle opposizioni siriane. Il governo cerca di spostare l’attenzione, invece, parlando di una lotta al terrorismo come “priorità” cercando di riportare l’attenzione sul fatto che la Siria non è una guerra tra chi vuole Assad e chi non lo vuole, quanto invece è una lotta tra chi non è veramente siriano e chi invece vuole il ristabilirsi della sicurezza e della stabilità. Al di là di questo, sappiamo che la lotta per il potere in Siria passa per il futuro personale, politico, di Bashar al-Assad.

D. – Un’altra cosa che sembra mancare dall’elenco degli argomenti in discussione è la soluzione del problema umanitario: dopo cinque anni di guerra la popolazione siriana è allo stremo. Sei d’accordo su questo?

R. – Assolutamente. Anche in questo caso la questione umanitaria non può essere disgiunta da quella politico-militare. La questione umanitaria è effetto di tutto questo groviglio. Quindi continuare ad occuparsi principalmente, come fanno molti Paesi della Regione e anche i Paesi occidentali, di portare aiuti o di come questi ultimi possono arrivare nelle regioni assediate, è come mettere un cerotto su una ferita molto ampia. Ma se non si va alle radici del conflitto che causa questa ferita, continueremo ad investire e a metter soldi su un conflitto che continuerà, perché da altre parti arriveranno armi, direzioni politiche, per cui l’uno o l’altro attore locale dovrà continuare a gestire il territorio usando le armi. 

Intanto, a cinque anni dall'inizio della guerra, Oxfam ha pubblicato un rapporto su quanto accaduto nel 2015. Fausta Speranza ne ha parlato con Riccardo Sansone, di Oxfam Italia: 

R. – L’ultimo anno ha registrato il numero più alto di morti dall’inizio del conflitto. E’ difficile quantificare esattamente il numero complessivo: le Nazioni Unite stimano intorno alle 50 mila perdite nel 2015, per un totale complessivo di 250 mila vittime dall’inizio del conflitto, ma si dice che siano anche di più.

D. – Che dire del ruolo della comunità internazionale proprio in relazione ai civili?

R. – Noi oggi usciamo con un Rapporto, insieme ad altre organizzazioni non governative internazionali e siriane, che analizza un po’ quelle che sono state le richieste dell’ultimo anno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e le mette a confronto con quella che è stata la realtà sul campo e anche con quello che è stato poi il comportamento e l’atteggiamento dei singoli Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Abbiamo fatto l’analisi in tre ambiti principali, che sono appunto la protezione dei civili, l’accesso umanitario e le comunità che vivono sotto assedio. Per ognuno di questi tre ambiti, il Consiglio di Sicurezza si era espresso chiedendo un’attuazione di azioni concrete per migliorare la condizione, sostanzialmente, alla fine, dei civili, e in tutti e tre gli ambiti purtroppo abbiamo rilevato, dati alla mano, che c’è stato un netto peggioramento, segnando appunto il 2015 come l’anno peggiore dall’inizio della crisi.

D. – L’Oxfam lancia un’iniziativa particolare a questo punto…

R. – Dopo cinque anni pensiamo che sia giunto il momento di dire “basta”, “adesso basta” e abbiamo lanciato unitamente a questo Rapporto una campagna, appunto “Adesso basta”, in cui chiediamo l’impegno sostanziale, ai tre attori principali - tutte le parti in conflitto, compresi i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza che sono a tutti gli effetti coinvolti nel conflitto - di fermare immediatamente gli attacchi sui civili e fare in modo che l’accordo per il cessate-il-fuoco raggiunto recentemente possa reggere e possa portare ad una soluzione di pace duratura e permanente; chiediamo anche al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di intraprendere i passi necessari affinché coloro che sono responsabili di violazioni, di crimini di guerra, siano ritenuti a tutti gli effetti responsabili; e sostanzialmente chiediamo coerenza con quanto viene richiesto ed emanato dal Consiglio di Sicurezza. Non può essere che un organo che fa delle richieste così puntuali e necessarie per la sopravvivenza dei civili in Siria, poi venga smentito dagli stessi Stati membri che lo compongono attraverso azioni militari dirette o supporti gruppi armati.

D. – A 5 anni dallo scoppio del conflitto, il Rapporto ha un titolo singolare “Benzina sul fuoco”, perché?

R. – Volevamo richiamare l’attenzione al fatto che nonostante siano state emanate diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, poi chi effettivamente avrebbe il potere di applicarle, di metterle in pratica, non lo fa affatto, anzi, se andiamo ad analizzare le azioni dei singoli Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, ognuno di essi nel 2015 ha iniziato operazioni militari, producendo un aumento della difficoltà, ad esempio, nel rifornimento degli aiuti umanitari nelle zone sotto assedio: è aumentato il numero delle persone in fuga; sono aumentati i morti civili. Tutto questo si è mosso in una direzione contraria a quelle che erano state appunto le richieste del Consiglio di Sicurezza.

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Gender, il biologo: i cromosomi non sono una teoria

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“Sapere per educare, relazioni, differenze, famiglia e bellezza”, è il tema della giornata di studi organizzata al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum dal Comitato articolo 26 e dall’Associazione non si tocca la famiglia. L’iniziativa, grazie al contributo di biologi, neuropsichiatri ed esperti di bioetica, ha voluto offrire formazione e sussidi scientifico-culturali per rispondere alla nuove sfide educative e alla deriva di una visione antropologica che porta ad un’identità fluida e indifferenziata. Ce ne parla Marco Guerra: 

Bisogna reimparare a rendere ragione a qualcosa che prima era evidente. Perché il bambino e i ragazzi che si strutturano non sono contenitori vuoti su cui imprimere ideologie e nuove teorie antropologiche. Nella famiglia, prima cellula della società, ogni essere umano struttura la sua personalità e sperimenta la bellezza della diversità. Per fare questo non basta più opporsi alle colonizzazioni ideologiche ma formarsi ed essere preparati, come spiega padre Marcello Bravo, direttore dell’Istituto superiore di Scienze Religiose al Regina Apostolorum:

R. – E’ importante che noi sappiamo passare dalla protesta alla proposta o piuttosto arrivare ad una posizione ferma e sicura, fondata sui valori cristiani e sui valori umani – perché in fin dei conti si tratta di questo – che siamo poi in grado poi di difendere e di giustificare. Cosa si deve fare? Proprio questo convegno ci dà la risposta. Bisogna formare, bisogna educare: sapere per educare. E’ assolutamente necessario formare i formatori. Bisogna dare consapevolezza alle persone che non basta quello che si riceve, ma che devi andare a cercare informazioni. Come capita oggi in tutte le Facoltà di Scienze Religiose c’è una materia di bioetica, c’è una materia di morale della vita…

D. – Quindi è importante introdurre corsi di bioetica sia nelle università, sia per i catechisti...

R. – Certo. La bioetica ha uno spazio già consolidato, ma che bisogna aprire: non deve restare ai livelli accademici, ma deve scendere e calarsi nella popolazione. Devono diventare agenti attivi, personaggi attivi e non solo passivi, nel senso che ricevono tutto dalla scuola o da altre componenti della società.

D. – Papa Francesco ha parlato di “colonizzazione ideologica”, parlando della teoria del gender. L’allarme è altissimo anche per il Santo Padre...

R. – Ma certo! Questo comporta, per noi, opporsi a questa cultura, a questa imposizione culturale. Ma non basta opporsi, bisogna anche proporre una vera cultura fondata sulla dignità della persona. Siamo di fronte ad una mercificazione dell’uomo, ad una mercificazione della donna e ad un retrocedere dei diritti stessi che il femminismo ha legittimamente stimolato e proposto.

Il dato biologico - è stato ribadito durante l'incontro - deve essere rispettato perché le differenze tra sessi sono iscritte nei cromosomi, nella quantità di ormoni e persino nelle connessioni neurologiche. Sentiamo il biologo e docente di sciente naturali, Enzo Pennetta:

R. – Quello che va messo in luce è il fatto che non si può prescindere da certi dati naturali e ritenere che il comportamento sia totalmente “appreso”.

D. – Quindi bisogna rispettare la propria natura con un’educazione che tenga conto, appunto, anche dell’antropologia dell’essere umano...

R. – Certamente. Per l’accoglienza dell’altro, bisogna partire da un’identità e ognuno di noi ha un’identità che è data dalla cultura, ma c’è anche un dato biologico di partenza che non può essere eliminato o trascurato. Per cui sicuramente, anziché negare, annullare differenze come magari certi orientamenti vorrebbero proporre, le differenze vanno invece riconosciute e, solamente una volta fatto questo, ci si può relazionare tra individui.

D. – Questa operazione deve essere fatta di concerto tra scuola e famiglia?

R. – Sì: la famiglia non deve assolutamente abdicare al suo ruolo. E’ un concerto scuola-famiglia che magari adesso più che in passato va evidenziato.

Bisogna quindi ripartire da una nuova alleanza tra scuola e famiglia, ma è proprio tra le mura domestiche che inizia la sfida della formazione: Elvira Lozupone docente di pedagogia all’università di Tor Vergata:

R. – Bisogna, oggi come oggi, soprattutto per il fatto che ci troviamo in un mondo interculturale, cercare di comporre le differenze. E la famiglia ha proprio questo compito importantissimo: a partire dalle dinamiche tra maschile e femminile, tutto questo arricchisce la formazione del bambino, che fin dalla più tenera età impara così a dialogare, ad ascoltare, perché sa che si trova di fronte a mamma o a papà; ma trova anche un interlocutore che è diverso da lui e questo lo fa crescere come persona completa. Ci sono delle caratteristiche maschili e femminili che costituiscono anche encefali che funzionano a livello diverso. È proprio di questa differenza intrinseca che non si può assolutamente fare a meno per uno sviluppo equilibrato del bambino.

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Al Santa Cecilia torna Daniele Gatti per le sinfonie di Schumann

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Ritorna a Roma, dove mancava dal 2008, il maestro Daniele Gatti, per dirigere l'Orchestra e il Coro di Santa Cecilia nelle quattro “Sinfonie” di Schumann proposte insieme alla “Rapsodia per contralto” e al “Canto del destino” di Brahms. Un ciclo di due concerti imperdibili che inizia questa sera al Parco della Musica. Il servizio di Luca Pellegrini

La vita di Schumann fu tragica, minata dalla depressione e da un profondissimo disagio mentale che lo portò alla morte. Ma la sua musica, no. E le sue quattro Sinfonie, anche se così legate al suo mondo, alla sua personalità, lo dimostrano. Perché la terra che raccontano e la natura e le stagioni - "Primavera" è conosciuta la Prima, scritta in soli quattro giorni, "Renana" la Terza - sono l'essenza stessa della trasfigurazione della vita immersa in una pace duratura, in un mistero e in una contemplazione. Certo questi lavori sono pieni di citazioni classiche e romantiche, e furono non poco criticati nel tempo per quella scrittura orchestrale talvolta ridondante, talvolta frammentaria, ma che è la cifra distintiva di Schumann. Ma chi è Schumann? Daniele Gatti risponde, emozionato anche per il ritorno sul podio alla direzione dell'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, della quale è stato direttore stabile dal 1992 al 1997, anni per lui importantissimi e fecondi:

R. – Una personalità poliedrica. Penso che il compositore Shumann oggi sia certamente interessante per noi musicisti da riscoprire e non darlo per scontato perché si potrebbe dire: “Se mettiamo una sinfonia di Schumann in programma, rischia di essere un programma che non sostiene”; no, invece, no perché bisogna andare probabilmente a puntare su quello che è il bello, l’essenza della pagina scritta. Il messaggio certamente arriverà da quello. Non so quanto poi il pubblico possa avvertire la tecnica di composizione, il rigore … Credo che sia un viaggio all’interno di un racconto dove lui, differentemente da altri compositori, utilizza determinati mezzi tecnici che sono suoi; uno fra tutti riconoscibilissimo dal pubblico è “l’ostinato ritmico”, questa ossessività …  Ad esempio, l’allegro della seconda Sinfonia è costruita su quel ritmo puntato che alla fine non sene può più. Questa ossessività che però non è incontrollata, è tenuta assolutamente sotto controllo.

D. - Alcuni storici considerano le sinfonie di Schumann quasi un’autobiografia di suoni. È d’accordo? 

R. – Non penso che le sinfonie di Schumann stiano alla produzione di Schumann come le sinfonie di Brahms stanno alla produzione brahmsiana. Schumann è un compositore che ci ha lasciato delle pagine indimenticabili soprattutto nella musica da camera, nella musica liederistica. Le sinfonie rimangono una tappa fondamentale per quello che riguarda lo sviluppo sinfonico nella musica tedesca dell’800. Probabilmente è quel ponte di mezzo che congiunge Brahms a Beethoven; bisogna passare attraverso Mendelssohn e attraverso Schumann. Non sono brani sperimentali; trovo che siano brani che potremmo definire “un allargamento del suo pensiero cameristico”, nonostante Clara stessa dicesse che l’orchestra era il naturale sfogo per suo marito Robert per quanto riguardava l’espressione e lui stesso immediatamente prima di scrivere la sua prima sinfonia dichiara: “Ho bisogno di un’orchestra. Ho bisogno di scrivere per orchestra”. Però poi all’interno ci sono moltissimi momenti in cui il camerismo riemerge. Quindi rimangono delle composizioni affascinanti per questo motivo secondo me: l’alternarsi del respiro sinfonico a momenti di estrema intimità. I romantici comunque trovavano nella loro arte il terreno per confessare le loro emozioni. Con Schumann questo avviene in pieno.

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Il commento di don Gianvito Sanfilippo al Vangelo della Domenica

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Nella quinta Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo in cui scribi e farisei, per mettere alla prova Gesù, gli conducono una donna sorpresa in adulterio, chiedendogli se sia da lapidare come scritto nella Legge. Gesù risponde:

«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma: 

La tentazione di denunciare il peccato altrui per una giusta condanna, dimenticando le proprie mancanze, è sempre presente nei nostri cuori. Gesù, in un silenzio denso di rispetto per il reo e per chi accusa, si accinge a proclamare con gesto muto e pacato tutta la novità della buona Notizia. Egli traccia col dito, sulla pietra di cui è lastricato il cortile del Tempio, misteriosi segni che evocano un’altra mano, divina, che incise, anch’essa su tavole di pietra, parole di vita, eredità e benedizione per tutti i popoli. Ed è proprio da questo patrimonio, a cui Cristo sembra alludere, sfolgora lo splendore della Verità che salva: “Nessuno è innocente! Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Al contempo, però, proprio la Parola di Dio, il Salvatore, si rivolge all’adultera, e a tutti noi, con rassicurante tenerezza: “Nessuno ti condanna, va in pace e non peccare più”.  Lo stile inconfondibile della Misericordia prevale in ogni tempo salvando la dignità di chi è caduto, la gloria del Padre allontana l’accusa da chi si pente, invitandoci, oggi, al reciproco perdono che dà vita e rende credibile il Vangelo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Etiopia: il Giubileo della Misericordia viaggia sulle onde radio

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Se le distanze sono immense, il messaggio del Giubileo della Misericordia può viaggiare anche attraverso le onde radio. Succede in Etiopia, dove la Chiesa cattolica locale ha deciso di usare tutti i mezzi disponibili per diffondere la conoscenza dei temi dell’Anno Santo straordinario indetto da Papa Francesco e incoraggiare a metterli in pratica. In particolare - riferisce l'agenzia Sir - la conferenza episcopale, attraverso il suo Segretariato esecutivo (Ecs), ha scelto di trasmettere, su alcuni dei principali canali nazionali, programmi speciali.

Messaggio universale
Le trasmissioni, prevalentemente in amarico – lingua ufficiale e compresa comunemente all’interno delle varie comunità che abitano l’Etiopia – hanno riguardato in particolare tre stazioni radio, le più ascoltate dalla popolazione. “Sono emittenti laiche – specifica al Sir, Makeda Yohannes, la portavoce del Segretariato – ma durante le festività di Natale e dell’Epifania lo spazio dedicato alle comunità cristiane è più ampio, quindi abbiamo scelto di concentrare i nostri primi messaggi in quei giorni”. La scelta dei canali e dello stesso mezzo di comunicazione, prosegue Yohannes, non è stata casuale, ma risponde alla missione che la Chiesa si è data per l’Anno Santo, sottolineandone ancora una volta il carattere “diffuso”.

Radio: strumento facilmente accessibile a tutti
“Seguendo le parole del Santo Padre abbiamo voluto inviare il messaggio della Misericordia non solo ai cattolici ma a tutte le persone di buona volontà, che significa a tutto il popolo: è per questo che abbiamo scelto un mezzo di comunicazione come la radio, che è facilmente accessibile in ogni parte del Paese e anche alle comunità etiopi che vivono oltre i confini, attraverso le trasmissioni in diretta su internet”, spiega infatti la portavoce dell’Ecs.

Media preziosi
Difficile, del resto, pensare a un veicolo più adatto a trasmettere su larga scala un messaggio in un Paese con una superficie di oltre 1 milione e 100mila chilometri quadrati e la cui popolazione ormai sfiora i cento milioni. In condizioni che, peraltro, vanno da quelle della capitale Addis Abeba – al centro di importanti programmi di espansione e di ammodernamento delle infrastrutture – ad aree rurali in cui il livello dei servizi resta enormemente più basso. Le onde radio, però, raggiungono anche gli angoli più remoti dell’Etiopia e negli anni sono state utilizzate per diffondere importanti messaggi in aree dove, in alcuni casi, nove persone su dieci non hanno accesso a televisione e giornali.

Cattolici nel Paese pari all’1%
Campagne di educazione sanitaria, progetti per l’agricoltura o l’alfabetizzazione, persino iniziative per la risoluzione dei conflitti locali, che hanno tra l’altro visto protagoniste le piccole “community radio”, stazioni che trasmettono per una specifica comunità locale o su un territorio ristretto. A questa filosofia l’iniziativa dell’Ecs ha cercato di dare un respiro nazionale. In effetti, nonostante i cattolici etiopi siano una piccola percentuale (circa l’1%) della popolazione, che prevalentemente aderisce alla Chiesa ortodossa locale o all’Islam, “virtualmente, il messaggio ha potuto raggiungere tutti i cittadini”, nota ancora Makeda Yohannes.

Azioni concrete
L’invito che è stato rivolto alla popolazione di ogni credo, continua la portavoce “è stato quello a celebrare i giorni di festa con atti concreti”. Un appello che riprende direttamente la bolla Misericordiae Vultus con cui Papa Francesco ha indetto l’Anno Santo straordinario e in cui, citando il Vangelo di Matteo e le parole San Giovanni della Croce, invita a praticare le opere di misericordia corporali e spirituali. Ma l’iniziativa della Chiesa ha voluto legare a questo tema un altro aspetto del magistero papale, quello legato ai temi ambientali, che è particolarmente prezioso per il Paese.

Il dramma della siccità
Nel momento in cui l’Etiopia soffre gli effetti di una siccità che ha portato i raccolti, in alcune zone, a ridursi del 90%, la scelta di Ecs è stata dunque quella di concentrare l’attenzione anche sull’enciclica Laudato si’ e sul tema del cambiamento climatico. Un’impostazione, questa, che probabilmente verrà replicata in altre trasmissioni simili, già allo studio, come conferma Makeda Yohannes: “Vorremmo che iniziative del genere continuassero, in particolare per diffondere attraverso i media la Dottrina sociale della Chiesa cattolica. – dice – Ci sono tante informazioni, iniziative e messaggi, all’interno della Chiesa, che andrebbero condivisi con tutti!” (A cura di Davide Maggiore)

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Il vescovo Shomali: “Misericordia per la Terra Santa”

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La Terra Santa ha bisogno di una “misericordia senza confini” che abbracci e coinvolga tutte le comunità religiose presenti: è l’appello lanciato dal vescovo William Shomali, vicario patriarcale di Gerusalemme, presiedendo una conferenza interreligiosa, organizzata nell’ambito dei programmi per l’Anno giubilare, in cui diversi rappresentanti religiosi hanno offerto una declinazione della “misericordia di Dio”, ognuno per il suo culto.

La Misericordia nelle tre religioni monoteiste
Come riferito all'agenzia Fides dal Patriarcato di Gerusalemme, l'evento, titolato “Misericordia senza confini. Celebrare la Misericordia di Dio in Ebraismo, Cristianesimo e Islam”, è stato organizzato il 10 marzo dalla Pontificia Università Salesiana di Gerusalemme e ha visto la partecipazione, tra gli altri, del leader islamico Qadi Iyad Zahalka, giudice presso il Tribunale della Sharia di Gerusalemme, e del rabbino David Rosen.

La misericordia scaccia ogni forma di violenza e di discriminazione
Il vescovo Shomali ha citato Papa Francesco sul tema della Misericordia, ricordando che essa viene riconosciuta dalle tre religioni monoteistiche come “uno dei più importanti attributi di Dio”. “C'è un aspetto della misericordia che va oltre i confini della Chiesa cattolica”, ha detto, osservando che “la misericordia scaccia ogni forma di violenza e di discriminazione”. Per questo, secondo il vicario, costituisce un approccio e un criterio “rilevanti per l'area del Medio Oriente e in Terra Santa, dove l'odio e la violenza, hanno sopraffatto la compassione e la misericordia”.

L'educazione ha un ruolo nel favorire la pace o l'odio, la compassione o la vendetta”
Il vescovo ha sottolineato la necessità di conciliare misericordia e giustizia”, notando l’importanza di insegnare e diffondere nell’educazione dei giovani, il paradigma della “misericordia verso gli altri”. “L'educazione – ha detto mons. Shomali – ha un ruolo cruciale nel favorire la pace o l'odio, compassione o vendetta”, invitando a “rimuovere dal curriculum delle nostre scuole qualunque passaggio danneggi l'immagine dell’altro o contribuisca a far crescere l’esclusione”. “Abbiamo bisogno di creare nuovi programma di apprendimento con testi scolastici che contengono valori condivisi” ha concluso, e la misericordia è uno di questi. (P.A.)

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Vescovi Brasile: per superare la crisi rifiutare la corruzione

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“Viviamo una profonda crisi politica, economica e istituzionale che ha come motivo di fondo la mancanza di riferimenti etici e morali, pilastri per la vita e l'organizzazione di tutta la società”: lo affermano i vescovi del Brasile, che in una nota diffusa al termine della riunione del Consiglio permanente della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb), riunitosi a Brasilia dall’8 al 10 marzo, si soffermano sulla crisi attuale che sta vivendo il Paese.

Non soddisfare la logica del mercato ma le necessità della gente
“La ricerca di risposte – prosegue il testo, ripreso dall'agenzia Fides - richiede discernimento, con serenità e responsabilità. È importante ribadire che qualsiasi soluzione che soddisfi la logica del mercato e gli interessi particolari prima delle necessità della gente, specialmente dei più poveri, nega l'etica e devia dal cammino della giustizia”. La nota firmata dal presidente, dal vicepresidente e dal segretario generale della Cnbb, si apre con una citazione biblica: “Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia” (Gc 3,18).

Le autorità devono garantire la trasparenza e ridare fiducia alla gente
I vescovi sottolineano che per superare la crisi occorre “il rifiuto sistematico di qualsiasi tipo di corruzione, migliorare lo sviluppo sostenibile e il dialogo”. “Il Congresso Nazionale e i partiti politici – sottolineano - hanno il dovere etico di promuovere e rafforzare la governabilità. I sospetti di corruzione devono essere rigorosamente studiati e giudicati dalle autorità competenti. Questo garantisce la trasparenza e ristabilisce un clima di credibilità nazionale”.

Per superare la crisi ricorrere al dialogo
Non è questo il momento per infiammare gli animi, esortano ancora i vescovi brasiliani, ricordando invece che “la situazione richiede l'esercizio del dialogo fino all’estremo”. Le manifestazioni popolari “sono un diritto democratico che deve essere garantito a tutti da parte dello Stato. Devono essere pacifiche, nel rispetto delle persone e delle istituzioni”. Infine ribadiscono che ogni brasiliano è chiamato “a cercare soluzioni ai problemi che abbiamo di fronte”, ricordando che tutti “siamo chiamati a dialogare per costruire un Paese giusto e fraterno”. (S.L.)

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Austria. Voce di 50 teologi sui rifugiati: no a nuovi muri

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“La protezione delle persone in difficoltà che fuggono dalla guerra, dalle violenze e dalle persecuzioni” è principio etico che non può essere messo in discussione da nessuno, perché si tratta di “un elemento chiave del cristianesimo, dell’umanità e della moderna cultura dei diritti umani” con implicazioni “ben più ampie degli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione di Ginevra”. Così si legge nella “Dichiarazione di teologi e responsabili ecclesiali riguardo la politica austriaca sui rifugiati”, resa pubblica oggi e sottoscritta da cinquanta teologi, responsabili di ordini religiosi e istituzioni ecclesiali dell’Austria.

Europa trovi percorso comune per affrontare sfida umanitaria
Il documento – riferisce l’agenzia Sir - ricorda che “una politica di misure a breve termine, per interessi nazionali e con azioni unilaterali rischierebbe di indebolire l’Ue e destabilizzerebbe gli altri Paesi membri”. Di qui, l’esortazione affinché l’Austria collabori nel “trovare un percorso comune europeo per affrontare la sfida umanitaria” ora e nel lungo periodo, cercando “soluzioni comuni” riguardo “le cause dell’immigrazione e la situazione dei rifugiati nei Paesi confinanti con le aree di guerra civile”.

Condanna della politica della paura e della xenofobia
Il documento termina con una netta condanna della “politica calcolata della paura e della disumanità” fatta di “incitamento ai sentimenti xenofobi, diffusione di notizie false sui rifugiati e opposizione all’accoglienza dei richiedenti asilo in Austria”. “Solo un approccio concreto e responsabile al tema dell’asilo – si sottolinea - è in consonanza con i valori europei”.

Rispetto e dialogo per risolvere la crisi
​Da ricordare che di recente mons. Giles Zsifkovics, vescovo di Eisenstadt e commissario per i Rifugiati e l’integrazione della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), ha ribadito che “solo in un ambiente di ascolto rispettoso e aperto dialogo di scambio l’uno con l’altro, riusciremo a bloccare lo sviluppo della crisi”, operando “con lo stile di umanità cristiana nei Paesi d’origine dei rifugiati, in quelli di transito e in quelli riceventi”. (I.P.)

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Vescovi Angola: Stato gestisca fondi pubblici con onestà

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Senso di responsabilità ed onestà nella gestione dei fondi pubblici: queste le due indicazioni offerte dalla Conferenza episcopale di Angola e São Tomé (Ceast) ai leader istituzionali del Paese, al termine della sua Assemblea plenaria, svoltasi dal 2 al 9 marzo.

Non perdere la speranza di fronte alla crisi economica
Nel comunicato conclusivo dei lavori, i vescovi angolani sottolineano l’importanza, per i dirigenti pubblici, di essere in grado di costruire adeguatamente il bene comune, gestendo le risorse pubbliche in modo responsabile. Dai vescovi anche un appello agli imprenditori affinché investano di più nel Paese, così da creare opportunità lavorative per i giovani e combattere la disoccupazione. In particolare, mons. Filomeno do Nascimento Vieira Dias, presidente della Ceast, ha esortato i fedeli a non perdere la speranza di fronte alla crisi economica e finanziaria nazionale, legata al calo del prezzo del petrolio sul mercato internazionale. Con una produzione di 1,83 milioni di barili al giorno, infatti, l’Angola è il secondo Paese africano produttore del greggio, subito dopo la Nigeria.

Preoccupazione per mortalità infantile e carestia 
Preoccupazione, inoltre, è stata espressa dai presuli per l’alto tasso di mortalità infantile e di vittime adulte dovute a patologie come la malaria e la febbre gialla. Al riguardo, è bene ricordare che nei giorni scorsi la Ceast ha siglato un protocollo di cooperazione con il Ministero della Difesa angolano relativo alla sanità. L’accordo riguarda in particolare l’assistenza medica dei missionari negli ospedali militari dell’Angola. Non solo: la carestia e la siccità che attanagliano il sud del Paese, continuando a mietere vittime, hanno spinto la Ceast a chiedere l’impegno di tutti per mobilitare gli aiuti.

Trenta vescovi presenti
​Alla Plenaria della Chiesa angolana hanno preso parte trenta vescovi. Tra gli altri temi esaminati, la formazione permanente, l’espansione della rete di Radio Ecclésia, i preparativi per l’Assemblea interregionale dei vescovi dell’Africa meridionale, in programma a novembre in Lesotho, e l’organizzazione del primo Congresso ecclesiastico nazionale che sarà ospitato ad agosto dall’arcidiocesi di Huambo. (I.P.)

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Vietnam: Chiesa in prima linea per aiuto allo studio

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L’educazione umanistica degli adolescenti e dei giovani “è una cosa che preoccupa molto, perché essa è ciò che aiuta le giovani generazioni a diventare brave persone, per la Chiesa e la società”: così padre Vincent Nguyễn, segretario generale della Commissione episcopale vietnamita per l’educazione, commenta all’agenzia AsiaNews il rapporto del governo locale su istruzione e lavoro nelle fasce più giovani della società.

La metà dei giovani in zone montuose non ha accesso alla scuola superiore
I dati pubblicati dall’esecutivo vietnamita ed aggiornati al 2015, evidenziano che il 27% della popolazione (circa 25 milioni di persone) ha meno di 15 anni. Di questi, il 70% vive nelle aree rurali del Paese, ma solo il 4,3% raggiunge la laurea universitaria, mentre più del 10% dei ragazzi non completa le scuole elementari. Non solo: nelle aree montuose del Paese, più della metà dei giovani non ha accesso alla scuola superiore.

Sostenere i giovani anche dal punto di vista psicologico
“Bisogna costituire programmi di consulenza – aggiunge padre Nguyễn - per aiutare gli studenti ad affrontare gli anni scolastici anche dal punto di vista psicologico”. Anche dal punto di vista lavorativo, la situazione della gioventù vietnamita appare difficile: i dati del governo evidenziano, infatti, che la disoccupazione, nella fascia che va dai 15 ai 24 anni ha toccato il 50,3%, con il tasso più alto nelle zone urbane.

L’impegno della Chiesa nel settore educativo
​Da ricordare che da anni la Chiesa vietnamita è in prima fila per aiutare i giovani desiderosi di andare a scuola. Ostelli, corsi gratuiti e borse di studio sono messi a disposizione da varie diocesi e parrocchie in tutto il Paese, mentre diversi ordini e congregazioni religiose sono impegnati nell’istruzione. A metà settembre, inoltre, prenderanno il via le prime lezioni del corso di laurea in Teologia del nuovo Istituto cattolico vietnamita, in fase di ultimazione ad Ho Chi Minh City. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 72

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.